Morte e Rinascita

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    Primo del Suo Nome, Re dei Tasti delle Barre Spaziatrici e dei Primi Punti, Sovrano dei Libri e Protettore della Biblioteca

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    Quando Rheagar aprì gli occhi vide su di se un soffitto sconosciuto. Grigia pietra poggiata su robuste travi di legno scuro. Nell'aria aleggiava un leggero odore di muffa, ma si sentiva qualcos'altro...pesce, forse?
    Il giovane sovrano si rese conto di essere sdraiato su un letto che pareva essere fatto di paglia, il corpo avvolto in quelle che parevano spesse pellicce di orso o di lupo. Subito dopo si rese conto che, sotto quelle coperte, era completamente nudo. Rhaeagar voltò la testa da un lato, cercando di capire dove si trovasse, ma una stilettata di dolore gli attraversò il corpo dalla testa ai piedi. Con gli occhi che si appannavano intravide un'ombra troneggiare su di lui, poi tutto cadde nel vuoto.

    La Sala del Trono era vuota e silenziosa. La luce argentea della luna filtrava dalle ampie vetrate rimbalzando sul marmo e sui teschi dei draghi, i quali creavano giochi di ombre inquietanti che si dipavano per tutta la Sala. In fondo alla Sala, posto nell'alto di un pulpito, il Trono di Spade di spade riluceva sinistro, come una grossa mano artigliata che cercava di fendere le tenebre. Proprio sopra di esso, quasi fosse in agguato, l'enorme teschio di Balerion il Terrore Nero. Il drago, morto da centinaia di anni, sembrava pronto ad azzannare chiunque avesse osato avvicinarsi. Rhaegar però non temeva il drago e, con passo sicuro, prese ad avvicinarsi a quello che ormai era il Suo scranno. Il rumore degli stivali contro il marmo rimbombava per tutta la Sala. All'improvviso un corvo, le piume più nere della notte più buia, entrò da qualche anfratto, gracchiando rumorosamente. Era un corvo enorme, il più grosso che Rhaegar avesse mai visto, e tra le zampe artigliate reggeva quella che sembrava una corona: la Sua corona! Il corvo volò oltre il giovane Targaryen, lasciando cadere la corona proprio ai piedi del Trono, infine sparì in un turbinio di fiamme nere e subito fu luce! Luce forte, abbagliante, che costrinse Rhaegar a socchiudere gli occhi che parevano trafitti da mille lame. Quando finalmente gli occhi del Re si abituarono alla luce, si accorse che il Trono era sparito e anche la Sala del Trono era scomparsa. Al loro posto v'erano le alte mura bianche del Grande Tempio di Baelor. L'aria sapeva d'incenso e mille torce percorrevano i sette muri delle divinità. Rhaegar era al centro esatto del Tempio ed intorno a lui v'erano quattro feretri. Rhaegar li riconobbe senza nemmeno guardarli troppo, erano i suoi fratelli: Daerion, Kraer, Selene e loro madre, Rhaella. I loro sudari erano neri e rossi, agli occhi le pietre che gli avrebbero consentito il trapasso. Lacrime scesero copiose dagli occhi del Re, ma non v'era tempo per piangere! Sotto di lui infatti una nera voragine di oscurità lo riusucchiava facendolo cadere nel vuoto. Il Re precipitava dall'alto del mondo, il suo sguardo ora abbracciava tutto: vide Approdo del Re e la Fortezza Rossa, vide il Mare Stretto in tempesta e le onde infrangersi sugli irti scogli di Roccia del Drago e vide che tutto era in fiamme e lui intanto precipitava sempre più veloce finché non lo udì. Il ruggito del drago si spanse sulla terra e all'improvviso tutto scomparve e Rhaegar stava lì, in piedi al centro della Sala del Trono, Balerion era vivo ed il Trono di Spade era avvolto dalle fiamme. Ma Rheagar non temeva il drago e non temeva il fuoco, quindi raggiunse il Trono e vi si sedette, la corona che riluceva era ben salda in testa, ed egli bruciò insieme al Trono. Rhaegar però non temeva il fuoco e in quell'istante, di nuovo, il drago ruggì.

    Quando Rhaegar aprì gli occhi, gli parve di riconoscere il soffitto. Robuste travi di legno scuro sostenevano la grigia pietra. Nell'aria aleggiava un leggero odore di pesce arrostito, ma si sentiva qualcos'altro...muffa, forse?
    Il giovane sovrano si rese conto di essere ancora sdraiato su quello che pareva essere un letto fatto di paglia. Il suo corpo, ancora nudo, era coperto da quelle che sembravano pellicce d'orso e di lupo. Rhaegar si voltò, cercando di capire dove si trovasse e vide un camino alla sua destra dentro al quale scoppiettava un bel fuocherello. Solo in quell'istante si rese conto che, effettivamente, la stanza era molto più calda di quello che sembrava. Rhaegar stette a contemplare le fiamme per qualche minuto, poi voltò la testa dalla parte opposta. Vide che al suo capezzale v'era un uomo addormentato. Aveva il volto di chi avesse visto parecchio, ma non ancora troppo. Aveva indosso un vecchio saio grigio e al collo pendeva una pesante catena.
    Rhaegar provò a chiamarlo, ma la bocca era impastata dal troppo inutillizzo, sentiva la lingua gonfia tra i denti e qualcosa gli grattava dolorosamente la gola, per cui, al posto delle parole, uscì un rantolo lamentoso. Al Maestro però bastò quel suono per destarsi. Rhaegar lo vide muovere le labbra, ma i suoni erano lontani e ovattati. Il Maestro parve intuire, allora provò ad avvicinarsi. Le orecchie del Re però parevan di marmo e l'unica cosa che riuscì a sentire fu con il naso ed era l'alito del Maestro che sapeva di vino forte e cipolle. Infine il Maestro scosse la testa e prese a trafficare con alcune ampolle ed una tazza di legno. Poi appoggiò la tazza alle labbra del Sovrano, costringendolo a berne il contenuto. L'effetto fu quasi immediato, la vista gli si annebbiò nuovamente e il vuoto lo avvolse.

    Il suo cavallo era nervoso. Agitava la testa in segno di disapprovazione, mentre dalle narici fiotti di vapore uscivano violenti come geyser. L'aria era fredda quella mattina, eppure Rhaegar, sotto l'armatura di acciaio nero, sudava. Il suo cavallo era nervoso e anche lui lo era. Il motivo di quell'irrequietezza stava dinnanzi a loro, ad un centinaio di metri di distanza. Il Cavaliere Misterioso appariva massiccio ed imponente nella sua armatura lucente. Il suo stallone nero manteneva un portamento fiero, talmente immobile che pareva di marmo. Lo scudo del Cavaliere Misterioso era senza insegna, apparendo nero come il cavallo; dall'elmo però partiva un cimiero blu, unica nota di colore in un mare di nero e acciaio.
    L'elmo di Rhaegar era molto meno sobrio: dalle tempie partivano infatti due grandi ali di drago, mentre sulla fronte facevano capolino le tre teste del drago, il simbolo della sua Casata. Il suo scudo recava l'emblema dei Targaryen, rosso su sfondo nero; e anche sul petto, rilucente di centinaia di rubini, svettava il famoso simbolo.
    Il Targaryen strinse la presa sulla lancia, tenendola ritta davanti a se. La punta, forgiata a forma di pugno chiuso, era puntata al centro esatto dello scudo avversario.
    Il suono del corno arrivò lesto e con un colpo di speroni i due cavalieri partirono al galoppo l'uno incontro all'altro, a separarli solo una staccionata. L'impatto fu violento, tanto che entrambe le aste si spezzarono mentre scaraventavano a terra i due cavalieri.
    Rhaegar si trovò ad annaspare nel fango, doveva alzarsi, il torneo non era finito. Un calciò però, violento quanto un maglio in mano ad un fabbro, lo colpì al fianco, scaraventandolo più in là di diversi metri. Il fiato corto, provò ad alzarsi e vide il suo avversario: era un gigante, alto ben più di due metri, le braccia che parevano scoppiare, una Montagna che troneggiava minacciosa, pronta a franare sull'Ultimo Drago. Rheagar annaspò nel fango del guado, cercando di recuperare la spada, ma la Montagna lo afferrò con le sue possenti mani, sollevandolo in aria come per poi lanciarlo, con la stessa facilità con cui si lanciano i sassolini negli stagni. Rhaegar perse l'elmo, mentre annaspava e rantolava, la bocca incrostata di fango e sangue. Stava per cedere, lo sentiva, ma poi la vide: rilucente nell'aura di morte che li avvolgeva, nera come il nome che portava, la sua spada lo chiamava a gran voce. Fu così, proprio quando la Montagna stava per assalirlo per l'ultima volta con i suoi muscoli di roccia e perfidia, che Rhaegar afferrò l'elsa della spada e con l'energie rinnovate dalla disperazione, si scagliò urlando contro il suo nemico.
    La lama però colpì il vuoto. La Montagna era scomparsa, proprio come se non fosse mai esistita. Rheagar si ritrovò al centro della Sala del Trono, nudo e senz'armi. Davanti a lui, un drago fatto di ombre e di fiamme gli mostrava i denti con aria di sfida. Rhaegar non temeva il drago e prese ad avvicinarsi, la mano tesa davnti a lui. Il drago, emise un leggero brontolio, ma poi, riluttante, prese ad avvicinarsi a Rhaegar. E fu così che si trovarono faccia a faccia, drago e uomo. Scaglie e carne. Ombra e luce. Fuoco e Sangue.


    Quando Rhaegar aprì gli occhi riconobbe il soffitto sopra di lui. Di grigia pietra sostenuta da robuste travi di legno scuro. Nell'aria si sentiva odor di muffa e di pesce, mentre da un punto sulla destra sentiva un fuoco scoppiettare. Il fuoco, insieme alle coperte di pelliccia di orso e di lupo, lo tenevano al caldo, nonostante fosse completamente nudo in quel letto fatto di paglia. Rhaegar si voltò e vide che il Maestro non c'era e che la porta in fondo alla stanza era chiusa. Il giovane sovrano sentì allora l'irrefrenabile impulso di alzarsi e, senza altre titubanze, scostò le coltri che lo coprivano e si alzò. La prima sensazione che provò una volta in piedi fu un violento capogiro che lo costrinse a sedersi a bordo del letto per qualche minuto. Si sentiva meglio, ma era ancora molto debole.
    Mentre cercava di riprendersi dalle vertigini, cominciò a studiare la stanza. Si trovava in ampio stanzone quadrato, dalle mura pressoché spoglie. Nel muro di fronte alla porta era stato scavato un grosso focolare in pietra. Il camino era rude e semplice, come la maggior parte dei camini presenti a nord dell'Incollatura. A pochi metri dal focolare era stato posto il letto sul quale si era svegliato e alla sinistra di questo ci trovava un piccolo tavolino, affiancato ad una semplice seggiola di legno dall'aspetto scomodo e malconcio. Sopra il tavolino trovava posto un piccolo catino, anch'esso in legno. Un pezzo di stoffa pendeva dal bordo. Al fianco del bacile una piccola ampolla contenente un liquido biancastro ed un bicchiere di legno. Alla destra di Rhegar, appoggiato quindi al muro di fronte ai piedi del letto, c'era un altro tavolo in legno sopra il quale attendeva un catino di dimensioni maggiori, mentre sulla parte di muro fiancheggiante quel tavolo, era stato appeso un rozzo specchio dagli angoli sbeccati. Nella stanza non vi era null'altro, nulla che potesse fornire a Rhaegar qualche informazione su dove si trovasse. L'unica cosa certa era che, ovunque egli fosse al momento, non si trovava più nelle terre Oltre la Barriera.
    Pregando i Sette di non avere più capogiri, Rhaegar si alzò dal letto: dalla sua posizione non riusciva infatti a riflettersi nello specchio ed il Re provava l'irrefrenabile impulso di guardarsi e sapere cosa in lui era cambiato.
    La prima cosa che balzò ai suoi occhi fu il taglio di capelli. Quando era stato catturato i capelli del Re erano una cascata d'argento lunga fino a metà schiena, ora invece contemplava una spettinata zazzera. Il lato sinistro del volto era invariato rispetto al passato con la solita piccola cicatrice sullo zigomo sinistro, osservarla riportò alla luce l'immagine di suo padre che lo colpiva in viso. Il lato destro del volto era invece molto cambiato: tre cicatrici ne sfiguravano l'immagine. La prima era un semplice taglio sulla guancia, lungo solo un paio di centimetri; la seconda era una ferita un po' più ampia e profonda, posta al di sopra della tempia al confine con la zona occipitale, forse era la conseguenza del colpo ricevuto prima di perdere i sensi; era però la terza cicatrice quella più orribile a guardarsi, un grosso taglio che partiva da sotto lo zigomo e saliva verso la tempia, per poi scendere di nuovo e fermarsi alla mandibola. Quel taglio non sembrava diverso da molte altre ferite di guerra se non per il fatto che la lama che l'aveva inflitto oltre al dolore gli aveva portato via anche l'orecchio. Ed era proprio quella che Rhaegar stava osservando: la totale mancanza di gran parte del padiglione auricolare ridotto al solo lobo che, come il davanzale di una finestra, pendeva dall'orbita vuota di quel che restava del suo orecchio.
    L'uomo dalla testa completamente rasata lo prese per i capelli con violenza trascinandolo a se. Dalla sua bocca fuoriusciva un olezzo di sangue e morte, mentre dagli occhi color del ghiaccio brillava la follia. Rhaegar cercò di scostarsi da quel volto e da quello sguardo, ma l'uomo lo strattonò ancora più forte, appoggiandogli la lama del pugnale d'osso alla gola. Poi, gli sussurrò qualcosa all'orecchio destro, Rhaegar ne potè sentire l'alito caldo seguito dalla sgradevole sensazione di qualcosa di viscido e umido: l'uomo gli stava leccando l'orecchio, con gusto, ma non quel gusto passionale come quello di un amante, no, quella leccata aveva qualcosa di sinistro e preoccupante che fece rabbrividire il Re. Disgustato da quello che sapeva stava per succedere, il Sovrano tentò inutilmente di divincolarsi, ma era troppo tardi. Rhaegar sentì perfettamente i denti affilati dell'uomo perforare la cartilagine. Lo strattone non arrivò mai troppo tardi ed un dolore lancinante, molto più forte di quelli provati fino a quel momento, persorse la testa ed il corpo del Re, il quale si ritrovò a terra urlante come non mai, le mani strette là, dove fino a pochi attimi prima c'era il suo orecchio ora stretto tra i denti dell'uomo dalla testa rasata che lo guardava sogghignando.
    Rhaegar si riscosse, tornando a concentrarsi sul suo riflesso allo specchio. Abbassò lo sguardo dal moncherino che era ora il suo orecchio destro, fermandosi appena sotto la clavicola destra. Lì infatti si trovava un foro appena cicatrizzato, dal diametro spesso un paio di centimetri. Mentre lo osservava, Rhaegar sentì di nuovo la carne che veniva perforata lentamente...
    L'uomo dalla testa completamente rasata era tornato e adesso gli stava sopra. Era andato avanti per ore e Rhaegar aveva il corpo intorpidito dal dolore. Quando l'uomo era arrivato, il Re era rannicchiato in un angolo, la testa ancora dolorante dopo che quello gli aveva strappato l'orecchio a morsi. Quando lo vide arrivare, Rhaegar rabbrividì dal terrore, ma non vacillò e guardò l'uomo negli occhi con aria di sfida. Questi rise, una risata malvagia, folle e con un balzò fu subito sul sovrano, afferrandolo di nuovo per i capelli. La fitta di dolore che percorse nuovamente la testa del Re, impedisse a quest'ultimo di ribellarsi all'uomo, il quale lo trascinò al centro della stanza, gettandolo poi accanto al fuoco. L'uomo rasato sguainò quindi ancora una volta il pugnale e cominciò a tagliare e a strappare via i brandelli che ancora coprivano il corpo del Re il quale si ritrovò nudo come un verme, a strisciare nel terreno ghiacciato. Rheagar temette quello che stava per accadere e cercò di divincolarsi dall'uomo, il quale provò a bloccare il sovrano per le caviglie, ma mancò la presa beccandosi invece un calcio in pieno volto. Ma fu una mossa sbagliata. L'ira prese il sopravvento negli occhi color del ghiaccio dell'uomo che, in tutta risposta, gli mollò un calciò nei testicoli. Il dolore fu lancinante, come quello di milioni di ossa spezzatesi tutte nel medesimo istante, talmente forte che Rhaegar quasi non sentì che l'uomo lo aveva ripreso per i capelli, costringendolo a girarsi, il volto sofferente schiacciato al terreno freddo. Gli ci volle qualche momento a Rhaegar per riprendersi, ma si rese presto conto che quello era solo l'inizio del suo patire e se ne accorse nel modo peggiore. E fu il dolore peggiore, anche peggio dell'orecchio o delle lame, quando sentì il membro dell'uomo penetrarlo. L'urlo di Rhaegar risuonò nell'aria, ma nessuno poteva sentirlo. Nessuno avrebbe sentito i singhiozzi del Re mentre quell'uomo abusava di lui con potenti colpi di reni. Rheagar poteva sentire il pene dell'uomo scavare dentro di lui e ne fu terrorizzato e disgustato e cerco di divincolarsi, di rifiutarsi ma ottenne solo altro dolore venendo di nuovo strattonato per la testa. Quando l'uomo fu soddisfatto uscì da Rhaegar con la stessa violenza con la quale era entrato. Il Re era però stravolto dal dolore, gli occhi erano semichiusi nell'agonia e la sua mente era al limite dell'incoscenza. L'uomo lo strattonò di nuovo, girandolo e sedendoglisi sopra lo stomaco, infine, quasi dolcemente, si avvicinò all'orecchio sano del Re sussurrandogli qualcosa. Il giovane sovrano non era però in grado di rispondere a nulla né, tantomeno, di sentire qualsiasi suono, intorpidito com'era dal dolore. L'uomo non la prese bene e con una mano lo afferrò per il collo e Rheagar si ritrovò a sperare che lo uccidesse, ma ciò non avvenne. Ciò che avvenne fu altro dolore, fu la lama del pugnale che gli scavava sotto la clavicola. L'uomo infine se ne andò, lasciando il pugnale d'osso conficcato nella ferita. Rhaegar poteva sentire il sangue colare da essa, così come sentiva il bruciare là dove l'uomo era entrato, là dove ora un rivolo di sangue e sperma fuoriusciva bagnando le natiche del Re.

    Un altro capogiro colpì Rheagar, costringendolo ad appoggiarsi al tavolino, il quale traballò. Il Re tremava come una foglia nel ricordare. Il Targaryen sapeva che quei ricordi lo avrebbero tormentato per tutta la vita ed ebbe paura. Paura che quei momenti così terribili lasciassero un segno troppo profondo nella sua mente, paura che si sarebbe ridotto all'ombra di se stesso, come era accaduto a suo padre. Paura che il terrore ed il dolore si sarebbero trasformati nella stessa follia che aveva preso la mente di Aerys. Il giovane sovrano cercò tuttavia di scacciare quei pensieri. Farlo gli costò tutta la sua determinazione e solo i Sette sapevano quanto ancora gli sarebbe servita davanti a quello specchio. E Rhaegar se ne rese conto solo quando, per trovare un po' di coraggio o forse solo il conforto dell'essere ancora in vita, si portò la mano sinistra al volto e finalmente si accorse di ciò che davvero aveva perso per sempre. Dalla mano infatti mancavano due dita. Il mignolo e l'anulare adesso erano risolti a due mezzi moncherini, le falangi ridotte alla metà di loro stesse...
    Qualcuno lo aveva medicato. Una fascia adesso gli stringeva parte della testa. I suoi capelli, una volta motivo di vanto, erano stati brutalmente tagliati ed ora erano solo cenere e fumo. Un'altra fascia gli copriva la spalla all'altezza della clavicola. Chi l'aveva curato aveva cercato di cauterizzarla, Rhaegar poteva ancora sentire l'odore di pelle bruciata, ma aveva fatto un pessimo lavoro. La fasciatura era infatti sporca di sangue, segno che la ferita si era riaperta. Gli avevano anche dato delle pellicce per scaldarsi ed una ciotola di zuppa che ormai era diventata fredda accanto al suo essere inerte. I suoi pensieri continuavano a mescolarsi nel dolore, la sensazione dello stupro ancora vivida. Poteva ancora sentire i colpi del suo aguzzino dentro di lui, il membro duro che gli schiudeva il retto. Rhaegar rabbrividì e si rannicchiò dentro le pellicce. Ed egli tornò in quel momento. Rhaegar non si voltò, ne aveva paura. Non voleva incrociare il suo sguardo folle, non voleva sentire l'olezzo del suo alito, non voleva essere toccato di nuovo. Ciò che uno vuole e ciò che uno ottiene però sono spesso dettami inconciliabili e quindi lo vide con la coda dell'occhio avvicinarsi a lui. Per lunghissimi istanti non accadde nulla. Rhaegar sentiva la sua presenza alle sue spalle, ma pareva non volersi avvicinare. Il Re cominciò segretamente a nutrire la speranza che se ne andasse senza infierire, ma come già detto, ciò che uno vuole spesso non è ciò che ottiene. Il colpo arrivò violento proprio in mezzo alla schiena, gettando nuovamente Rhaegar a faccia in giù nel terreno freddo. Dolorante, Rheagar tentò di rialzarsi, ma un altro colpo, stavolta al fianco, lo fece desistere dal reagire. L'uomo con la testa rasata allora, non potendo più prenderlo per i capelli, lo afferrò per un braccio, costringendolo a girarsi e così gli fu di nuovo sopra. Rhaegar avrebbe voluto divincolarsi, ma la debolezza ed il dolore unite al peso e alla forza dell'uomo glielo impedirono. A quel punto l'uomo gli prese la faccia, serrandogli la mascella tra le sue dita a tenaglia, mentre con l'altra mano strappava via la fasciatura, scoprendo il moncherino che ora c'era al posto dell'orecchio del Re. Si avvicinò dunque con la bocca e prese a sussurrargli cose. Gli disse che era diventato il suo giocattolo preferito. Rheagar vide il pugnale d'osso appoggiarsi alla guancia e incidergli lentamente la pelle. Gli disse che lo avrebbe fatto a pezzi un poco alla volta senza mai ucciderlo. Cominciò a tagliare partendo da sotto lo zigomo, Rheagar sentì la lama sfregare sulle ossa e salire verso ciò che rimaneva dell'orecchio. Il dolore gli avvolse nuovamente la testa come il fuoco mentre la lama percorreva la tempia per poi cambiare strada all'improvviso e dirigersi verso il collo. Non era abbastanza. Non era soddisfatto. Rhaegar piangeva, ma l'uomo sapeva chq il dolore che provava era nulla rispetto a quello già provato. Allora gli prese la mano sinistra e afferrò con forza il mignolo. L'uomo sorrise e poggiò la punta del pugnale all'attaccatura dell'unghia e poi cercò il suo sguardo. I folli occhi color del ghiaccio dell'uomo si scontrarono con quelli ametista del Re, ed il Re vide che il sorriso s'era fatto più ampiò. Rhaegar lo pregò, lo supplicò di fermarsi, ma le sue preghiere divennero urla mentre il pugnale scavava sotto l'unghia alla ricerca dell'osso.

    La porta si aprì all'improvviso, discostando, fortunatamente, Rhaegar dallo strazio della memoria. Fece il suo ingresso una servetta di giovane età, portante con se un mucchio di panni. Entrò sovrappensiero, forse, e fu per quello che non vide subito che il letto era vuoto ed il suo ospite in piedi. Fu forse per questo che quando lo vide, il suo Re, in piedi, nudo davanti allo specchio, che strillò spaventata, lasciando cadere i panni a terra. Lo spavento si tramutò poco dopo in stupore che si mescolò nell'imbarazzo nel vedere il suo Re in piedi, nudo, proprio davanti a lei.
    Mio Signore.. disse inginocchiandosi, Vi siete alzato, finalmente
    Rhaegar la guardò a lungo prima di riuscire a trovare la voce da troppo tempo obliata Dove sono?, chiese infine.
    Skagos, Maestà.., la servetta si alzò, ma tenne lo sguardo ben piantato a terra, Corro subito ad informare il Maestro!
    E così dicendo, senza nemmeno raccogliere i panni da terra, corse via, lasciando nuovamente Rhaegar da solo. Il Re stette qualche minuto al suo posto, poi, un po' barcollante si diresse verso il punto in cui la servetta aveva lasciato cadere i panni. Rhaegar li raccolse e lentamente si diresse verso il letto, dove infine appoggiò le vesti. Prese poi il pezzo di stoffa appoggiato al catino, lo immerse nell'acqua fredda e, dopo averne strizzato via il liquido in eccesso, prese a tergersi il corpo. L'acqua fredda produsse sollievo nel corpo e nella mente del Re, che prese quindi a pensare a dove si trovasse e, soprattutto, come c'era arrivato...
    Rhaegar era rannicchiato in un angolo lontano dal fuoco, il corpo abbandonato contro le pareti di legno. Avvolto nelle sue pellicce, il giovane Sovrano contemplava con aria catatonica le fasciature strette là dove una volta c'erano le sue dita. La tortura era andata avanti per ore, un millimetro alla volta il pugnale era penetrato nella pelle e nella carne, fino a raggiungere le falangi. L'uomo dalla testa rasata gli aveva strappato le ossa a mani nude, aprendo la carne con il pugnale, per poi affondare la punta delle sue dita ed afferrargli l'osso. A nulla erano valse le urla di dolore del Re, anzi, l'uomo dalla testa rasata sembrava eccitarsi di più ad ogni urlo. Gli tagliò le dita solo quando non era rimasto nient'altro che pelle sanguinolenta e penzolante. Poi lo stuprò un'altra volta, ma stavolta Rhaegar non oppose resistenza ed accettò, ormai arreso, che quel mostro lo profanasse ancora una volta. Questo però non ridusse il dolore ad ogni colpo di reni. Infine l'uomo con la testa rasata lo lasciò a terra agonizzante, più morto che vivo. Non era ancora arrivato il momento per morire però e, mentre perdeva i sensi, vedeva i compagni dell'uomo venire a curarlo. Ed ora era lì, le fasciature tutte al loro posto, rannicchiato in attesa del prossimo incubo. Non tardò ad arrivare. Rhaegar sentì la porta di legno scricchiolare e si voltò: l'uomo dalla testa rasata era lì, sogghignante come sempre, gli occhi color del ghiaccio illuminati dalla solita follia ed il pugnale d'osso già stretto in mano. L'uomo si avvicinò lentamente, con passi studiati, quasi delicati, fermandosi solo quando fu davanti al giovane Targaryen, il quale lo guardava rassegnato, pronto a subire l'ennesimo tormento. Ed il pugno arrivò dritto sulla parte di volto ferita. Rhaegar cadde, riverso a terra, ma ormai il dolore era acqua passata, lui oramai non era altro che un cadavere in attesa di morire. Il Re sputò un grumo di sangue insieme ad un molare e, senza nemmeno preoccuparsi di ripulire la bocca, si rialzò, pronto a farsi colpire di nuovo. Ed il colpo arrivò. Sempre nello stesso punto e Rhaegar sentì le fasciature riempirsi di sangue nuovo. E si rialzò. Ancora un colpo, seguito da un calcio allo stomaco. Rhaegar ebbe un conato di bile, ma dopo qualche secondo ritornò a sedere. Ormai era insensibile al dolore. L'uomo con la testa rasata parve capirlo e smise di sorridere, anzi, il suo volto si trasformò in una maschera di rabbia mentre afferrava il Re per un braccio trascinandolo in piedi, per poi scaraventarlo di nuovo a terra, accanto al fuoco. E fu proprio trovandosi ad un soffio dalle fiamme che Rhaegar si riscosse e lo sentì, nella sua testa e nel fuoco che bruciava, sentì il ruggito del drago: non sarebbe morto nelle mani di quell'uomo! Rhaegar si voltò di scatto e vide la sua occasione! L'uomo dalla testa rasata non lo stava guardando! Anzi, sembrava distratto da qualcosa che avveniva all'esterno...fu allora che Rhaegar, urlando, si scaravantò contro il suo aguzzino afferrandogli la gola. L'uomo fu colto dalla sorpresa e nel tentativo di difendersi dal coraggio e dalla furia del Re, perse la presa sul pugnale, cadendo a terra trascinato dal Targaryen. La presa del giovane Sovrano era però troppo debole e l'uomo se ne liberò subito, ribaltando la situazione: ora erano le sue dita a stringere la gola del Re! Tuttavia Rhaegar non si arrese e prese a colpire il volto dell'uomo più e più volte. Ma giorni e giorni di torture e ferite stavano avendo la meglio sul corpo di Rhaegar, era troppo debole per poter ferire quell'uomo. Stava quindi per gettarsi tra le braccia dello Sconosciuto quando, con la coda dell'occhio, vide il pugnale d'osso a poca distanza. Rhaegar allora allungò le dita restategli nella mano sinistra, afferrando la lama e colpendo l'uomo dritto all'orecchio. Il pugnale trapassò con facilità la tempia dell'uomo, il quale, infine, cadde sul fianco. Rhaegar si rialzò tossendo e barcollando, osservando incredulo il cadavere dell'uomo dalla testa rasata: era davvero morto? Non importava, prendendo energia dalla consapevolezza di essere di nuovo libero, Rhaegar corse via dalla stanza dov'era rinchiuso. Il giovane sovrano non badò a nulla nella sua fuga disperata. Non vide le fiamme che avvolgevano il complesso in legno, né vide i bruti fuggire cercando di mettersi al riparo. Corse sempre diritto e finalmente fu fuori!

    La porta si riaprì mentre Rhaegar allacciava la cintura. Le vesti che la servetta aveva portato erano calde e comode, foderate di pelliccia sia all'interno che all'esterno, mentre la cintura era di cuoio morbido.
    Come ti senti, Mio Signore?, chiese il Maestro inchinandosi.
    Molto meglio , rispose Rhaegar, Grazie per le tue cure, Maestro...?
    Ainsley, Maestà , disse il Maestro avvicinandosi, E non merito i tuoi ringraziamenti: ho fatto solo il mio dovere di Maestro, e dicendolo si accarezzò la catena che portava al collo.
    La porta si aprì di nuovo e la servetta fece nuovamente il suo ingresso. Guardando il Re divenne rossa in viso ed abbassò lo sguardo, poi, senza dire una parola consegnò un paio di stivali in cuoio al Sovrano. Le calzature sembravano vecchiotte, ma ancora in buono stato. Rhaegar lì accettò e ringraziò la servetta per i suoi servigi. Quella bofonchiò imbarazzata qualcosa inchinandosi, poi lasciò la stanza chiudendosi la porta alle spalle.
    Il Re quindi si sedette ai bordi del letto per infilarsi gli stivali.
    Mi spiace non poter offrire di meglio ad un uomo della tua levatura, Maestà...Skagos è piccola e povera...
    Rhaegar sorrise al Maestro, I vostri doni sono molto più che apprezzati, Maestro Ainsley: ne sono più che grato..., poi continuò, Piuttosto dimmi: da quanto tempo sono vostro ospite?
    Quasi due mesi, Maestà , rispose il Maestro.
    Due mesi!, esclamò stupito Rhaegar.
    Il Maestro annuì Al tuo arrivo le tue condizioni erano disperate: eri praticamente assiderato, gli occhi erano vitrei e la pelle quasi secca...quando però siamo riusciti a scaldarti, le varie ferite riportate hanno cominciato a fare infezione e hai avuto la febbre alta per giorni..., il Maestro sospirò, Ad una persona normale sarebbe bastato molto meno per morire...gli dei devono averti a cuore...
    Rhaegar aveva lo guardava quasi incredulo.
    Il Maestro gli sorrise Quel tuo drago è una bestia incredibile, Maestà, è anche grazie a lui che sei ancora in questo mondo.
    Lo sguardo del Re si fece ancora più incredulo, Ikarus? E' qui?
    Certo, rispose Maestro Ainsey quasi divertito, Quando sei sparito ha fatto qualche danno sputando fuoco qua e là , fece una pausa, Poi, circa tre mesi fa si è stabilito qui sull'isola; ci ha praticamente sempre ignorati...noi per paura gli abbiamo offerto qualche capra, ma non le ha nemmeno sfiorate...è rimasto così, fermo e immobile per giorni, gli occhi fissi al cielo sopra di noi...poi, improvvisamente, una mattina è partito, sfrecciando via come un demonio alla vista di un santo...noi credavamo si fosse semplicemente stufato di stare qui, ma invece dopo qualche ora era tornato, portando te svenuto tra gli artigli...Ora fa la guardia alle porte del Castello in attesa del tuo risveglio...incredibile, vero?
    Ma l'esaltazione di Aimsey era nulla riguardo allo stupore e alla meraviglia di Rhaegar...

    Ciò che vide lo lasciò interdetto. Si trovava nel mezzo di quel che pareva un piccolo villaggio. Pochi edifici in legno con i tetti coperti di pellicce. Intorno al villaggio correva una cresta montuosa, che lo cingeva, proteggendolo come le mura di una fortezza. Davanti a lui invece, il suo sguardo si perse nell'infinità grigiastra del Mare dei Brividi. Una piccola banchina collegava la spiaggia ghiacciata alle onde del Mare, ma non c'era neanche una zattera. Rhaegar cadde in ginocchio: era impossibile fuggire da lì. Lo sconforto era tale che non si accorse che gran parte di quell'agglomerato di case era in fiamme. L'urlo che sentì alle sue spalle, però, arrivò dritto alle orecchie di Rhaegar. Il Re si voltò ed il suo sgomento non poté che crescere, insieme al terrore che quella vista gli procurava. L'uomo dalla testa rasata infatti, correva verso di lui, il pugnale d'osso ancora impiantato nella testa. Era impossibile, pensava Rhaegar. Tutto ciò che stava vedendo era completamente inconcepibile! Come poteva quell'uomo essere ancora vivo? Che pure lo Sconosciuto ne avesse paura come ne aveva lui? Oppure lì, Oltre la Barriera, gli Antichi Dei avevano controllo anche sulla morte? Non ci fu bisogno di nessuna risposta. Dal nulla infatti, una grande sagoma scura si frappose tra Rhaegar ed il suo incubo. Il drago, furioso come non mai, ruggì la sua rabbia in faccia all'uomo dalla testa rasata, poi, con un scatto della testa simile a quello di una serpe velenosa, afferrò l'uomo tra le sue fauci mortali, scuotendolo violentemente prima di scagliarlo in aria di molti metri. Infine, con una violenta fiammata scarlatta, quello che per Rhaegar era diventato l'incubo peggiore, divenne semplice polvere trascinata dal vento. Ikarus si voltò poi verso il suo compagno di una vita e Rhaegar ebbe solo il tempo di scambiare uno sguardo, prima che i tormenti e le fatiche prendessero il sopravvento sulle sue forze, prosciugandolo riducendolo come corpo morto che cade sulla neve...

    Rhaegar portò il boccale di corno alla bocca e bevve una grossa sorsata di birra. Il liquido fresco gli scese giù dalla gola come ambrosia, rinfrancandolo. Due servitori poi, gli poggiarono davanti un piatto di zuppa di pesce ed una cesta di pane nero. Altri due servi fecero lo stesso, servendo Lord Eugéne Magmar, Signore di Skagos. L'uomo aveva il volto indurito dalle battaglie e dalle intemperie, tipico dei signori del Nord; i capelli erano argentati, prossimi a divenir bianchi, mentre gli occhi avevano il colore dell'acciaio affilato. Il Lord di Skagos lo aveva accolto in un'ampia Sala, forse la più grande della Fortezza, dove aveva fatto preparare un grosso tavolo rettangolare. Lì Lord Eugéne lo aveva invitato a sedere, dicendogli che presto avrebbero portato il cibo. Il Lord lo aveva accolto con gentilezza austera, non con il solito e mellifluo servilismo alla quale Rhaegar era stato abituato a Sud dell'Incollatura. Ancora una volta fu grato per l'approccio alla vita che avevano lì, a Nord del Continente, estraneo dai giochi di corte e dai servilismi striscianti e dai sutterfugi nell'ombra. Lì a Nord vigeva una sola regola: la Sopravvivenza. Il potere era cosa superflua.
    Come buona regola dell'ospitalità, cosa molto cara lì al Nord, Rhaegar aspettò che il Lord assaggiasse per primo il cibo. Allora il Lord prese una fetta di pane dalla cesta e lo immerse nella zuppa fumante, poi lo risollevò, usandolo come cucchiaio. Infine portò il cibo alla bocca. Il Lord masticò lentamente, assaporando il cibo. Dopo venti secondi buoni, finalmente deglutì e, sorridendo, disse E' buono!
    Rhaegar allora lo imitò, prendendo una fetta di pane e immergendola nella zuppa, ma non fece in tempo a risollevarla che il Lord disse: Mio Re, non c'è bisogno di queste cerimonie nel mio castello...so perfettamente cosa vuol dire aver fame
    Ed il Re gli fu grato. Fece cadere direttamente il pane nella zuppa, poi prese il cucchiaio di legno posto al fianco alla ciotola e, dimenticando tutte le norme di comportamento, si avventò sul piatto con voracità. Ne trangugiò tre ciotole piene.
    Quando infine vide che il suo ospite si fu rifocillato, il Lord prese nuovamente la parola.
    Sai dirmi, Sire, da quanto tempo sei scomparso?
    Rhaegar fece scosse la testa negativamente Il tuo Maestro dice che sono tuo ospite da due mesi ormai .
    Già..., fece quello, In totale sono più di cinque mesi che manchi dal Continente...
    Per Rhaegar fu un colpo al cuore quello. Era davvero passato così tanto tempo? E la Guerra?
    La guerra è vinta. I Bruti sono morti, catturati o fuggiti..., rispose il Lord, Molti uomini si sono distinti, tra cui il nuovo Lord Stark...quel giovane sembra promettente...la perdita del padre è stata un duro colpo, ma il Nord sembra essere in buone mani...
    Rhaeagar annuì compiaciuto, Caleb Stark è un uomo in gamba, se vale anche solo metà di quel che valeva Rickard, non avrà nessun problema...
    Il Lord infine guardò dritto negli occhi il Re, E tu, mio Re? Sei sparito e riappari dopo mesi mezzo morto e mutilato...cosa ti è successo?
    Il Re temeva quel momento. E' successo che il vostro Re è un grande idiota..., sospirò, "Il più grande cavaliere dei Sette Regni"...sono anni che vengo definito così...ma la verità è che sono stato catturato come il più grande idiota dei Sette Regni...il mio cavallo sarebbe senza dubbio più assennato di me...

    Quando Rhaegar si svegliò, la prima cosa che percepì fu un lancinante mal di testa che partiva dalla zona tra la tempia e l'occipite e si propagava per tutto il resto del cranio. Nonostante il dolore capì che si erano fermati e che doveva essere notte. Le voci che lo circondavano erano molte, alcune parlavano la lingua comune, ma la maggior parte si esprimeva in strani vocaboli dai suoni gutturali. Probabilmente un qualche dialetto dell'Oltre la Barriera. Qualcuno gli strappò via il cappuccio, cosicché potette vedere chi aveva di fronte. Erano una decina di uomini, tutti vestiti con pezzi di armatura sgangherata e pellicce di foca. Gli sguardi erano foschi e i più lo ignoravano. Uno di loro però, con capelli e barba biondi, gli ficcò una ciotola tra le mani legate, intimandogli di mangiare e non fiatare. Vista la situazione Rhaegar non poté che obbedire...
    Rhargar bevve un sorso di birra.
    Lo avevano portato fino alla costa. Rhaegar vide le onde infrangersi contro gli scogli e trasformarsi in spuma bianca. Poco lontano dalla costa, poteva osservare una nave con le vele ammainate. Una vera nave. L'imbarcazione era molto più piccola rispetto all'Ala di Drago, il veliero della Famiglia Reale, ma era molto più grande delle canoe utilizzate normalmente dai Bruti per attraversare le strette braccia di mare che collegavano L'Oltre ai Sette Regni. Il giovane Sovrano era altresì convinto che nessuno dei popoli dell'Oltre possedesse le capacità tecniche per lo sviluppo di un mezzo di trasporto di tali dimensioni. La nave non issava nessuna bandiera ai suoi alberi, nessun simbolo di Casata. Che il giovane Karstark avesse ragione? Che ci fossero davvero gli Uomini di Ferro dietro quell'invasione? O il vero nemico era qualcun altro?
    Rhaegar non ebbe tempo di chiederselo, perché i suoi "nuovi amici", lo costrinsero a camminare verso l'unica caletta sabbiosa in mezzo alle coste rocciose. Lì, una lancia li attendeva con a bordo altri due bruti. Fu lì che i suoi rapitori lo scaricarono, scambiando poche parole con i due barcaioli. I due lo presero senza troppe cerimonie, gettandolo nella barca, mentre uno dei rapitori spingeva l'imbarcazione lontano dalla spiaggia. Ci volsero poche remate per raggiungere la nave. Una volta a bordo, Rhaeagar si guardò intorno. L'intero equipaggio era formato da bruti, tutti uomini, vestiti di pellicce di foca o di meta-lupo. Sembravano tutti indaffarati, pronti a fare vela verso chissà quale porto. Forse Rhaegar sarebbe stato fortunato e lo avrebbero portato al cospetto di chi stava agendo dietro le quinte. Tuttavia non ebbe modo di chiederlo, perché i due barcaioli lo trascinarono sotto coperta, infilandolo nella stiva e legandolo mani e piedi in un angolo sgombro. Infine, non contento, il più grosso dei due gli mollò un pugno in pieno zigomo e facendolo cadere in una dolorosa incoscienza.

    Rhaegar fece una pausa, prendendo fiato e guardando dritto negli occhi il Lord di Skagos. Quest'ultimo aveva l'aria preoccupata e i suoi crucci disegnavano rughe sulla sua fronte.
    Stai dicendo che quei primitivi si sono alleati con quei figli di puttana delle Isole? chiese il Lord.
    Artos Karstark sostiene di averli visti...quella nave però non recava nessun'insegna. Poteva venire da ovunque.
    Oltre la Barriera non ci sono le risorse necessarie a costruire navi. Le poche imbarcazioni che hanno le rubano ai Guardiani della Notte o a noi. Io possiedo tre navi, Maestà, le stesse da molti anni e ti assicuro che in nessuna delle tre un Bruto vi ha messo piede da vivo. Se il Karstark dice di aver visto gli Uomini di Ferro, allora dev'essere vero. Solo dei figli di puttana di quel calibro possono abbassarsi a fare patti con quei predoni. Tra simili si ci intende, dicono
    Rhaegar abbassò lo sguardo. Era proprio un patto quello che avrebbe voluto stringere con i Bruti e con Thored, il loro Re. Aveva impiegato mesi a convincere Rickard Stark che quella era la mossa giusta per porre fine a secoli di sanguinosi conflitti. A quanto pare qualcun altro aveva avuto la stessa idea, ma l'aveva messa in pratica prima di lui.
    Gli avevano dato da bere qualcosa. Vino per scaldarsi dicevano. Gli avevano fatto bere qualcosa ed ora si trovava lì. Ma lì dove? Non era più sulla nave, quello era certo. Il pavimento non era altro che terreno battuto, duro e freddo, molto freddo. Le pareti erano di legno, con assi che sembravano create da chi non avesse proprio idea di come si lavorava il legno. Inchiodate storte, con molti spifferi e muffa che cresceva un po' ovunque. La porta sembrava l'unica parte solida e massiccia. Al centro della stanza era stato collocato un focolare che doveva evitare, almeno credeva lui, di farlo morire assiderato. Tuttavia, faceva talmente tanto freddo, che neanche il calore del fuoco riusciva a scaldare l'aria, se non nelle immediate vicinanze. Lì stava Rhaegar. A circa trenta centimetri dal fuoco. Le mani e i piedi ancora stretti nelle corde. Gli avevano tolto tutto. Le vesti, la cotta, lo scudo e Sorella Oscura. Ora aveva indosso una sforma pelliccia di foca e nient'altro se non la sua pelle diafana. Lo stomaco reclamava cibo da un bel po' e alla fine si era arreso. Anche la gola, resa secca dalla sete e dal freddo, si era calmata. La lingua gli sembrava un enorme verme spiaggiato tra i denti. Da quanto tempo era lì? Rhaegar non lo sapeva. In realtà non sapeva nemmeno quando erano arrivati in quel lì. Era parecchio però che stava seduto davanti al focolare. Da parecchie ore...o erano solo pochi minuti? O erano passate intere giornate? No, impossibile, qualcuno doveva venire ad attizzare il fuoco e, da quando era sveglio, Rhaegar non aveva visto nessuno. E nessuno vide per molto tempo.
    Quanto aveva dormito? Rhaegar non si era nemmeno accorto di essersi addormentato, ma quando aprì gli occhi vide che il fuoco era più vivo che mai. Era venuto qualcuno, mentre dormiva come un idiota? La risposta si trovava vicino a lui: qualcuno gli aveva portato una ciotola di qualcosa. Appena la vide, lo stomaco, rimasto quieto fino al quel momento si mosse. Rhaegar non aveva scelta e si tuffò sul cibo. Era zuppa di pesce ed era tiepida, segno che chiunque gliel'avesse portata doveva essere andato via da un pezzo. Il Re si maledì per aver dormito, ma trangugiò quella zuppa come fosse ambrosia.
    Rhaegar decise di contare il tempo in ciotole di zuppa, giusto per farsi un'idea di quanto tempo fosse passato. Adesso erano arrivati a sette ciotole. Tutte comparse come per magia mentre dormiva. Fece un rapido calcolo. Se gliene portavano due al giorno erano passati tre giorni ed ora era alla metà del quarto giorno. Se invece la frequenza era di una sola scodella ogni ventiquattro ore, allora doveva essere passata una settimana. Rhaegar optò per la seconda opzione.
    No no no! Era impossibile! Non potevano essere passate due settimane! Era troppo pensava Rhaegar mentre trangugiava la quattordicesima ciotola. Che si fosse sbagliato?
    Rhaeagar si svegliò di soprassalto e vide che un energumeno, dalla barba e dai capelli lunghi e biondi, stava aggiungendo legna al fuoco. L'uomo parve accorgersi che il suo prigioniero fosse sveglio e si voltò a guardarlo, ma non disse nulla. Rhaegar di contrò insistette molto, chiedendosi dove fossero, da quanto tempo fosse lì, chiedendogli se potesse vedere Thored. Nulla di quello che diceva però pareva essere recepito, perché quello continuò imperterrito ad ignorarlo, anche quando il Re gli urlò contro maledizioni di ogni genere. Quello finì di attizzare il fuoco e silenzioso se ne andò, lasciando Rhaegar di nuovo da solo.
    Il grosso uomo era diventato una presenza fissa. Non sempre Rhaegar riusciva a vederlo, ma spesso si svegliava mentre lui stava lì o da poco se n'era andato. Il Re tutte le volte lo sfiniva di domande, urlandogli fino a squarciarsi la gola. Inutile dire che fu tutta fatica inutile.
    Rhaegar si svegliò nuovamente di soprassalto. Aveva sentito delle voci ed un rumore. Cose ben diverse rispetto al silenzio surreale nel quale era stato sepolto fino ad allora. Le urla si fecero insistenti. Quel tipo di urla che un soldato come Rhaegar conosceva bene. Urla di gente trapassata a fil di spada. Che qualcuno lo avesse trovato? Quello pensò Rhaegar. Erano passate settimane, almeno credeva lui, qualcuno doveva essersi accorto della sua assenza. Jon, sua madre, i lord del nord. Qualcuno. Il Re iniziò a gridare per far sentire la sua presenza e subito qualcuno arrivò. Rhaegar sentiva i colpi alla porta di chi la voleva sfondare. Ed infine a porta si aprì, crollando sotto il peso dell'energumeno biondo che cadeva con una spada d'osso conficcata nel petto. Rhaegar alzò lo sguardo e lo vide. Sogghignante il suo incubo oltrepassò l'uscio per la prima volta. L'uomo dalla testa rasata lo guardava con i suoi occhi color del ghiaccio ed il terrore colse Rhaegar per la seconda volta in vita sua.

    Rhaeagar raccontò al Lord le torture ed i supplizi ricevuti, cercando di non sorfermarsi troppo su nessuno dei tormenti. Ogni tanto faceva una pausa per ricordare un particolare, ma infine raccontò tutto fino a quando non vide Ikarus venire a salvarlo.
    Dovevano essere i Thenn disse Lord Eugéne quando il Re terminò il suo racconto, Anche i Bruti li temono...se un Bruto normale è un selvaggio primitivo, i Thenn non sono altro che bestie sanguinarie...
    Stettero entrambi zitti per qualche minuto, il racconto del Re era stato pesante per entrambi, infine fu nuovamente Lord Magmar a prendere la parola Mi dispiace che tu abbia dovuto subire tutto questo, Maestà...una volta che tutti lo avranno saputo, nessuno potrà biasimarti per l'essere scomparso...anzi...basterà guardarti in viso per capire che non eri a giocare..., il Lord fece una pausa, D'altro canto, le cose sono parecchio precipitate ultimamente...questa è arrivata l'altro ieri con un corvo..., Lord Magmar gli porse una piccola pergamena.
    Rhaegar la afferrò incuriosito e la aprì lesto. Era di Varys. Come faceva l'eunuco a sapere che fosse lì? Era una domanda idiota, pensò Rhaegar e si affrettò a leggere la lettera.

    Mio Re, mi dispiace disturbare la tua guarigione, ma è necessario che tu torni presto. Lord Tywin si è finalmente rivelato il traditore che è, ed ha attaccato la capitale usurpando il Tuo Trono. La Regina tua madre e le due principesse sono fuggite appena in tempo. Ora la Regina chiamerà in consiglio i Tuoi alfieri ed è dunque con celerità che ti prego di far rotta immediata per Roccia del Drago.
    Sempre con Devozione, Lord Varys.



    Gli occhi di Rhaegar si erano fatti colmi di stupore e di ira nel leggere quelle parole. Non gli importava più come Varys avesse potuto contattarlo, ma solo del contenuto del suo messaggio. Il Re si alzò rapido dalla sedia. Doveva partire e subito.
    Il mio popolo non può seguirti in battaglia, mio Re , disse il Lord alzandosi anche lui, Ma ti aiuteremo in qualsiasi modo: i traditori non meritano pietà
    Rhaegar gli pose una mano sulla spalla e lo guardò dritto negli occhi, Non fosse per te, mio Lord, a quest'ora sarei solo un cadavere...non ho altro da chiedere, ma sono in debito anzi...
    [...]
    Ikarus si trovava fuori dalle porte del Castello, esattamente come gli aveva detto il Maestro. Non appena si guardarono, il drago, emise un sonoro ruggito di vittoria al quale Rhaegar rispose con un sorriso ed una pacca sotto al muso. Poi, usando le zampe come scaletta, si issò all'attaccatura delle ali. Rhaegar provò finalmente sollievo nel sentire le familiari vibrazioni sulle squame di Ikarus. Il Lord ed il Maestro lo raggiunsero e Rhaegar vide che il Maestro portava con se un mantello di pelliccia.
    Questo è per te, mio Re...fa freddo e tu sei ancora convalescente, vorremmo evitare di saperti morto dopo aver faticato tanto per tenerti in vita, disse il Lord mentre il Maestro porgeva il mantello al Re, il quale lo accettò con gratitudine.
    Il vostro sforzo non sarà dimenticato disse il Sovrano, Sistemerò la faccenda e farò in modo di dimostrarmi riconoscente
    Poi Rhaegar si rivolse al drago che fremeva sotto di lui. Sōvegon adere, issa raqiros!
    Ed il drago aprì le immense ali e con un colpo di quelle si sollevò da terra di qualche metro. Rhaegar fece un cenno di saluto al Lord ed al Meastro, Ikarus ruggì energico, poi fu un altro batter d'ali, ed un altro ancora finché non furono in alto. Il mare grigio era ovunque e si mescolava con il cielo. Ivestragī's jikagon!
    E con un ultimo, fortissimo battito delle immense ali, Ikarus volò più veloce di quanto avesse fatto fin'ora...
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    Corri a Roccia del Drago, va, che hanno iniziato senza di te
    + 5 pe interazione plot twist
    + 5 affinità Ikarus
    + 3 affinità Magmar
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    Assicurati di farti vedere dal maestro anche a casa per le ferite rimanenti, ti ci vogliono almeno altre 2 role di cura per riprenderti
     
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