Il prezzo di una Vita

Quest Astrid

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  1. Erica30
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    Sentire il termine “comprata” in riferimento ad un essere umano fece scendere un brivido lungo la schiena di Astrid. Da quello che sapeva, quel genere di pratiche nel continente occidentale era bandito da molti anni, forse addirittura da secoli, in base a quel che rammentava, ma soltanto per un istante. Ciò che contava realmente era che, schiava o meno, avesse guarito Kristoff da ogni genere di malanno… ma il dubbio non era ancora pronto per dissiparsi: lei e suo figlio avrebbero avuto la schiavitù come destino analogo a quello della vecchia che li aveva aiutati?

    I piedi le affondavano a fatica sulla striscia sabbiosa che separava la torre dalla costa vera e propria e in quel momento ringraziò mentalmente di non avere catene alle caviglie. Che quello fosse un implicito segno di non essere ancora stata ridotta in schiavitù e che quindi non fosse destinata a servire qualche bordello dall’altra parte del mondo?

    “Lo ha” Ribadì Astrid senza usare né astio né rabbia, ma mantenendo un tono il più civile possibile. Difficile credere che quella ragazza così pacata fosse la stessa pronta a cavar via gli occhi della sua rapitrice soltanto poche ore prima, probabilmente vista dall’esterno avrebbe dato perfino l’impressione di soffrire di un qualche disturbo di personalità, ma di fronte ad un evento traumatico del genere come avrebbe potuto essere altrimenti.

    Chiaramente non rivelò alcun dettaglio sull’identità del padre di Kristoff: perfino lei sembrava aver cominciato a credere all’idea che in realtà fosse il figlio naturale di Vicare, partorito dopo una nottata d’amore a Braavos solo alcuni mesi prima, ma ciò giocava a suo vantaggio. Rivelare che il padre del bambino fosse originario di Essos avrebbe potuto portare la rapitrice a cambiare i propri piani e quindi tale dettaglio decise di tenerselo per sé.
    L’idea di diventare una schiava sembrò allontanarsi di qualche altro passo quando la donna rivelò i piani escogitati per arricchirsi col rapimento della Grafton: non era una situazione semplice, tutt’altro… era comunque prigioniera e lo sarebbe stata per chissà quanto e chissà dove, ma fino a quel momento era stata di parola circa l’aiutare Kristoff… per cui non aveva motivi per dubitare circa il fatto che sarebbe stata trattata bene, una volta giunta a destinazione, ma qualche punto oscuro rimaneva comunque e farvi luce non costava nulla.

    “Le persone che… avete in mente?” Ripeté Astrid, con un’espressione a metà tra il timoroso e l’incerto “E… chi sono, costoro?”
    Un particolare che i suoi rapitori non potevano sapere era la conoscenza più o meno approfondita della lingua parlata ad Essos e di per sé Astrid decise subito che forse sarebbe stato meglio fingere di non capire assolutamente nulla di ciò che la donna e l’uomo appena sceso dal grosso veliero si stessero dicendo, le loro parole erano inframezzate da nient’altro che il rumore delle onde che s’infrangevano sulla costa.
    Ciò che riuscì a carpire conteneva un nome fondamentale: Volantis.

    Non apparteneva a Westeros, di questo ne era assolutamente certa, ma di Essos la ragazza dai capelli ramati aveva visto soltanto Braavos, per cui quell’informazione si rivelò al contempo fondamentale e inutile: anche se fosse riuscita a procurarsi un corvo e a lanciare l’allarme, non avrebbe saputo fornire alcuna indicazione precisa su dove sarebbe stata trasportata. Per quel che ne sapeva, Volantis avrebbe potuto essere il nome di un’intera regione di Essos, sarebbe stato l’equivalente di dire di essere tenuta prigioniera nel Nord: un’indicazione troppo vaga per poter dare qualche indizio utile.
    Posando il proprio sguardo sulle guance di Kristoff, che finalmente avevano ripreso colore, i suoi occhi colsero lo sguardo semiaddormentato del neonato e con il dito indice andò a sfiorargli la punta del naso, in maniera tale da fingere di non stare ascoltando ciò che la donna e il marinaio si stessero dicendo.
    Vi fu poi un secondo uomo al quale venne consegnato il compito di “consegnare un messaggio”: non era dato sapere chi fosse il destinatario e di sicuro in quel caso Astrid non poteva chiederlo apertamente, pena il tradire la propria conoscenza della lingua parlata da quelle parti e il giocarsi l’occasione di carpire ulteriori conversazioni in futuro.

    Non appena la donna che l’aveva condotta fin là tornò a rivolgersi alla sedicenne dal volto lentigginoso, Astrid annuì e s’incamminò lungo la passerella che l’avrebbe portata sul ponte più alto della nave, scortata da colei che la teneva in ostaggio. Il vento cominciò a scompigliarle i capelli con forza leggermente maggiore man mano che saliva verso l’alto e in quel caso si assicurò che Kristoff fosse ben coperto e al riparo da sbalzi termici, per lo meno fino a che non fosse stata al sicuro sottocoperta.

    “Quanto ci vorrà prima che la nave attracchi nuovamente? Rischierò che mio figlio si ammali di nuovo?”
    La preoccupazione di eventuali ricadute ai danni del bambino era ovviamente sincera, ma posta in quella maniera, tale domanda presentava anche una funzione “logistica”: il tempo di navigazione le avrebbe potuto far capire, a spanne più o meno larghe, quanto distante l’avrebbero portata e ciò avrebbe potuto tornarle utile, sebbene non fosse chiaro neppure a lei in che modo.
     
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