Vidya Bolton

Arte della Spada 1

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    Parlato Vidya
    Parlato Walton


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      Forte Terrore · 284AA
    Vidya lanciò una veloce occhiata alle sue spalle e si strinse nel mantello, a disagio, le esili dita affondate nel morbido tessuto all’altezza del collo. Il tratto di corridoio appena percorso era vuoto, ma la sensazione di non essere sola si era fatta particolarmente intensa. Le ombre accucciate agli angoli, sfuggenti la debole luce delle scheletriche fiaccole che sporgevano lungo le umide pareti, sembravano essersi fatte più scure e … solide. Tese l’orecchio. Il mormorio che proveniva dall’esterno creava un costante rumore di sottofondo, scivolando fino a lei distorto e indistinto. L’aria era tesa, simile a quando passava accanto alle gabbie del canile e poteva udire il basso e roco respiro dei mastini e scorgere le loro iridi baluginare nel buio. Era certa di udire un ulteriore fruscio oltre a quello del suo abito sulla pietra. Aumentò il passo, il cuore che le martellava nel petto, cercando di trattenersi dal correre.

    Raggiunse il ponte coperto che si affacciava sulla piazza d’armi e si rese conto solo in quel momento di aver trattenuto il fiato. Inspirò a pieni polmoni la fredda aria invernale e tornò a voltarsi, scrutando l’oscurità oltre l’arco alla ricerca di qualche segno della presenza di qualcuno… o qualcosa.

    Nulla.

    Sospirò. Il Forte non era più sicuro. Non con Shaelyne fuori controllo. In assenza di Roose il clima di tensione si era acuito, appesantito dalla serpeggiante paura che prendeva corpo giorno dopo giorno. Con capi chini e sguardi inquieti, le serve sussurravano di abiti macchiati di sangue e di resti di piccoli animali trovati nella camera della nipote. Ci si muoveva lungo i tetri corridoi in punta di piedi, reagendo con occhi guardinghi ad ogni rumore e chiudendo la serratura di ogni porta a doppia mandata durante la notte. ‘Quando sarebbe passata a prede più grandi?‘ era la domanda inespressa sulle labbra di molti.

    Si avvicinò alla balaustra ed osservò la scena nel cortile. Il Maestro d’armi si muoveva tra i giovani soldati impegnati negli allenamenti, un severo cipiglio stampato sul volto mentre, tra correzioni e improperi, li studiava, tentando di individuare fra di loro gli elementi migliori ed eventuali anelli deboli.

    «È così che avete intenzione di difendere il vostro Lord e garantire la sicurezza delle sue terre?!» Walton li pungolò in tono di sfida. «Nelle vostre vene scorre il sangue dei Primi Uomini! Siete Guerrieri del Nord, non fottuti cavelierucoli da torneo!» La sua voce, roca e tonante, si impose sul risuonare dell’acciaio e il sordo impatto di legno e lame contro il cuoio che riempiva l'aria tutt'intorno, giungendo fino a lei forte e chiara.

    Lo ascoltò continuare a spronarli, ricordando loro i doveri di un guerriero. Onore. Coraggio. Fedeltà. Preparandoli alla realtà dei campi di battaglia, allontanandone l’immagine romantica creata da ballate e racconti. Sangue. Brutalità. Ferocia. Ribadendo, a chi si mostrava annoiato dalla ripetitività dei movimenti, l’importanza della costanza nella preparazione - unico modo per affinare tutte quelle abilità che gli avrebbero permesso di ‘sopravvivere e imporsi sui loro opponenti’. Forza, tecnica, destrezza e precisione.


    Quindi lo vide avviarsi, accigliato, verso il gruppo delle nuove reclute. I loro movimenti goffi e scoordinati persino agli occhi dell’inesperta Lady. «Tu. Ehi tu! Cosa hai intenzione di fare impugnando così il pugnale?! Pelare patate!?!»

    L’oggetto del rimprovero, un ragazzetto allampanato dall’ispida zazzera biondo cenere e il volto smunto ricoperto di lentiggini, si bloccò, mortificato. Il metallico clangore che riempiva l’aria diminuì fino quasi a sparire, sostituito da un sommesso sghignazzare, mentre l’attenzione di gran parte del cortile si concentrava sulla scena.

    L’uomo borbottò qualcosa contrariato riguardo ‘la mancanza delle basi’ e, con uno sputo a terra, afferrò bruscamente il pugnale dalle mani del biondino, berciando ai soldati di smetterla di comportarsi ‘come una mandria di uri’ e riprendere i loro allenamenti per poi ordinare alle reclute di disporsi in cerchio intorno a lui.

    «Il coltello è un’arma letale, la più letale a corta distanza» disse, muovendosi lungo la fila, squadrandoli uno ad uno. «E, vista la sua facile reperibilità, è anche l’arma che più spesso incontrerete brandita da delinquenti e banditi nel corso dei vostri pattugliamenti.» Il brigantaggio era da sempre stato una piaga per ogni feudo e, con le guerre in corso, sembrava essersi acuita. Non trascorreva giorno senza che giungessero notizie di assalti a carrozze e convogli per mano di criminali, disertori… e disperati. «L'arma che, in molti casi,» continuò, percorrendone il filo smussato con il ruvido polpastrello, «sarà tutto ciò che vi impedirà di precipitare oltre la soglia dell’Oltre.»

    Il gruppo lo ascoltava in silenzio, palesemente intimidito dalla massiccia presenza del Maestro D’Armi. Walton Gambe d’Acciaio - così chiamato per via delle gambiere che era solito indossare. Un uomo rude e brutale, temuto quanto rispettato, e, se si dava ascolto ai timorosi sussurri che circolavano su di lui, completamente privo di scrupoli. Il più letale e fedele dei mastini di Roose.

    «Per assicurare la riuscita ed efficacia dei vostri colpi il modo in cui impugniamo il coltello è fondamentale.» Afferrò dunque il pugnale e, alzando il braccio, mostrò la presa.

    «Questa è la ‘dritta’: pugno stretto attorno al manico - come se stessimo maneggiando un bastone- e pollice richiuso sulle altre dita.» Fece una pausa, dando il tempo alle reclute di imitarlo. «È la presa più naturale ed istintiva. Comoda a brevissima distanza, se si vuole spaccare il cranio del nemico con il pomolo o se si vogliono sferrare stoccate di forza.» L’uomo mostrò dunque una variazione della stessa che invece prevedeva il puntare il pollice verso la lama, ‘adatta a qualsiasi tipo di pugnale’ poiché ‘permetteva la massima libertà di movimento e maggiore precisione nei colpi’.«Se non volete spezzarvi le dita con la guardia ricordatevi sempre di richiudere il pollice prima dell’impatto.»

    Quindi passò ad una seconda presa.

    «Infine c’è la ‘rovesciata’.» Rivolse la punta del coltello in basso, tenendo il pugno in alto in modo da essere visibile a tutti. «Posizionando il pollice contro il pomolo - in questo modo - eviterete che durante gli affondi la mano scivoli verso la lama.» Una presa da esperti, che ‘riduceva la distanza e costringeva ad andare più vicino all’avversario’ ma che al contempo ‘dava il vantaggio di poter imprimere maggiore potenza nei tagli e nelle stoccate’.

    «Non esiste una presa migliore in assoluto», spiegò, «ma solo quella che più si adatta alle vostre caratteristiche o alla situazione. È dunque bene che riusciate a padroneggiarle tutte.»

    Vidya guardò il maestro scegliere una delle reclute, invitandolo al centro con lui prima di riprendere a parlare, conciso e didattico.

    «Nel combattimento con il coltello non ci sono schemi predefiniti.» Non era un balletto e non esisteva coreografia prestabilita. Ogni scontro era a sé, l’unica certezza il fatto che raramente entrambi gli opponenti arrivavano alla fine illesi. «A fare la differenza è la tecnica quanto l’istinto e la prontezza di spirito. Dovrete essere in grado di leggere l’avversario di fronte a voi per decidere sul momento ogni azione, di attacco o di difesa che sia.»

    Walton impugnò il coltello e, prim’ancora che il giovane accanto a lui potesse rendersi conto di cosa stesse avvenendo, simulò un attacco, testandone la reattività per poi invitarlo a tentare di fare lo stesso con lui, costruendo sui suoi errori una lezione sulle posizioni di guardia e di attacco.

    «Una buona guardia deve assicurare sia mobilità che la protezione dei punti vulnerabili del corpo.» L’uomo ordinò alla recluta di piegare leggermente le gambe e, tenendo il coltello all’altezza del fianco, alzare uno degli avambracci a mo' di scudo davanti a sé. «Il braccio alzato vi permette di deviare i colpi del vostro opponente e, all’occasione, aprire un varco per colpirlo.» Mostrò quindi come la posizione offrisse stabilità e permettesse facilmente balzi e scatti in avanti, assicurando nel mentre la copertura degli organi vitali.

    «Un altro tipo di posizione prevede che la mano viva sia tenuta arretrata rispetto all’arma, andando a proteggere il busto» continuò, osservando e correggendo le posture degli aspiranti guerrieri. «Il vantaggio di questa posizione è che offre la possibilità di infliggere colpi rapidi e su ogni punto di attacco. Lo svantaggio è che tiene esposta la mano armata, dovete quindi assicurarvi di tenerla sempre in movimento.»

    Infine si concentrò sull’attacco, illustrando i possibili angoli in una serie ripetuta di veloci - e letali - mosse.

    «La chiave è nella rapidità e precisione, non solo nella forza» l’udì dire, tra un rimprovero e l’altro. «E, per acquisirle, per ottenere la velocità muscolare e la coordinazione necessaria, dovrete allenarvi in modo costante, finché sentirete il coltello come un’estensione del vostro braccio.»

    Vidya, affascinata ed intrigata, rimase lì ad osservare le reclute ripetere le sequenze mostrate sotto l’occhio vigile e critico del Maestro d’Armi. Di tanto in tanto si voltava tendendo l'orecchio e scrutando le ombre, in allerta. Sempre in allerta.

    «Ricordate. Il coltello è il vostro migliore alleato.»

    *


    Era tornata sul ponte il giorno seguente e quello dopo ancora, sfruttando quel vantaggioso punto d’osservazione per seguire discretamente le lezioni e prendere nota di ogni insegnamento utile, conscia di non avere dalla sua la fisicità e doversi dunque concentrare su tecnica e destrezza. Alla sera, poi, al sicuro tra le mura della sua stanza, provava a mettere in pratica quanto appreso, utilizzando il semplice coltello che le portavano in accompagno dei pasti, nel tentativo di acquisire quanta più manualità possibile.

    Un processo ripetitivo e noioso, con il concreto pericolo di imparare in modo errato non avendo una guida al suo fianco e un'arma adatta, ma non poteva permettersi altrimenti.

    Trascorsero un paio di settimane, poi, sfruttando la pioggia che quel giorno aveva costretto i soldati a liberare prima del solito la piazza d’armi, aveva deciso di intrufolarsi nel capanno delle armi e mettersi finalmente alla prova.

    Poggió la lanterna accanto ad una delle rastrelliere e osservò i diversi pugnali presenti, studiandone il filo - doppio o singolo - e saggiandone il peso alla ricerca di quello più… giusto per lei. Scelse infine un vecchio pugnale da caccia dalla punta ricurva e il manico in legno consumato dalla stretta di centinaia di reclute nel corso degli anni e si avvicinò al manichino degli addestramenti.

    Ogni colpo, aveva detto Walton, se ben assestato poteva incapacitare o uccidere -più o meno velocemente- chi lo riceveva.

    Lo scopo è quello di infliggere il massimo danno nel minor tempo possibile.”

    Passò la punta del coltello su quella che doveva essere la testa, soffermandosi sugli avvallamenti di quel cranio di paglia, testando la resistenza della tela. Un colpo inferto agli occhi, aveva appreso, poteva accecare l’avversario e, se inferto con abbastanza potenza, poteva causare la rottura dell’osso sfenoide e risultare mortale. La mano le tremó leggermente e serró le palpebre di colpo, impedendo alla propria mente di volgersi a certi ricordi. Trasse un respiro per ricomporsi, indi riprese a far scorrere la lama, ripetendo tra sé e sé il livello di vulnerabilità delle diverse zone e le possibili aree di accesso.

    I punti vitali come cuore, cervello e polmoni erano, non solo protetti naturalmente dallo scheletro, ma, solitamente, coperti da elmi, armature e cotte di maglia, bisognava dunque trovare vie alternative, causando emorragie che potessero bloccare l’afflusso di sangue a quegli organi, o concentrarsi su quelle zone che, nonostante la vulnerabilità, rimanevano scoperte.

    Un taglio al viso o alla fronte non sarebbe stato fatale, ma il conseguente sanguinamento avrebbe potuto rappresentare un vantaggio, accecando temporaneamente l’avversario.

    Una stoccata nella parte inferiore della mascella, lì dove c’era il tessuto molle, vasi sanguigni e nervi, sarebbe stata invece mortale, così come un colpo di taglio o affondo al collo per recidere la carotide, o, se c’era l’occasione, una coltellata alla nuca.

    Lo scricchiolio della sbarra di legno che veniva sollevata seguito dal cigolio delle cerniere della vecchia porta irruppero improvvisamente nella quiete del capanno. Vidya si voltò di colpo, colpevole, e si ritrovò a incrociare lo sguardo di un perplesso Walton. Lo guardò rimanere in silenzio mentre cercava di dare un senso alla scena dinanzi a lui, alternando lo sguardo tra lei e il manichino.

    «Non credo che vostro fratello approverebbe…» disse alla fine, il ‘non dopo Odilia’ chiaro seppur inespresso. «Personalmente non ho nulla in contrario all’addestramento delle donne.» Si strinse nelle spalle. Le possenti braccia conserte sul petto e un piccolo sorrisino a curvargli le labbra. «Ho visto le Orse in azione e chiunque pensi che un esponente del gentil sesso non possa reggere il confronto con noi uomini si sbaglia. Ma sono eccezioni. Frutto di anni di preparazione e … predisposizione.»

    Aveva ragione. Il suo era un corpo debole e le sue condizioni di salute non le avrebbero mai permesso di raggiungere una forma tale da poterle far brandire la spada come una Nymeria del Nord. Non che ne avesse interesse. Lei si sentiva più portata ad usare le lame per incidere la pelle con precisione chirurgica, piuttosto che penetrare e lacerare la carne nella frenesia della battaglia.

    «Non ho alcuna aspirazione a diventare una guerriera» ribatté incolore. Era ridicolo persino pensarlo.«È un periodo difficile e i pericoli sono dietro ogni angolo» i Bruti… Shaelyne. Si fermò e abbassò lo sguardo sul coltello che stringeva nel pugno. «Essere in grado di difendersi può fare la differenza.»

    Sentì gli spietati occhi di Walton continuare a scrutarla in silenzio, quindi un lungo sospiro.

    «Per difendervi» ripeté, annuendo lentamente. «Suppongo abbiate ragione.» Sciolse le braccia e le si appressò, sistemandole la presa sul manico prima di farle cenno di procedere e assestare un colpo al manichino.

    «Vediamo cosa sapete fare.»

    La giovane Bolton fissò quell'informe pupazzo di tela e paglia per qualche attimo, visualizzando davanti a sé un corpo reale - dal volto pallido e familiari occhi chiari - quindi affondó di scatto la lama, sentendo il tessuto lacerarsi e l'imbottitura opporre resistenza, costringendola ad imprimere più forza per far penetrare il pugnale del tutto. Un colpo sporco e debole, ma tutto sommato deciso.

    «Beh,» commentò asciutto il Maestro d’Armi,«sarà certamente una sfida.»


    Parole: 2331/600

    Tratto: Studioso lv2
    Ricompense: 5 punti esperienza



    perché una Bolton non può non saper usare un pugnale :shifty:
     
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