Votes given by Rasta._.BE

  1. .


    A tutti noi, giocatori e giocatrici del GOT-gdr

    vi ringrazio per aver scelto di passare anche questo 2023 insieme a noi.
    L'ultimo anno è cominciato col botto, con l'uccisione di Lionel e Luthor per mano di Red; perdere due pg a cui eravamo affezionati e farlo on game per mano di un altro giocatore è stato uno shock un po' per tutti e ha portato strascichi e risentimenti non troppo semplici da gestire. Però è stato straordinario vedere il coraggio con cui avete affrontato la situazione da tutti i punti di vista. E non siete stati gli unici a lasciarci! Cosa dire del povero Doran, primo e forse unico caso di pg ucciso in moderazione dallo staff? Quanto è stato emozionante vederlo provare a fuggire e a caricare di fronte all'inevitabile fine?
    Chapeau anche a Lyanne e Philipp che hanno preso in mano le redini di una capitale incasinata e stanno cercando di salvare il salvabile nonostante la situazione non sia affatto semplice. Quanto sono cresciuti i nostri personaggi dall'inizio del GOT ben 8 anni fa?
    Vicben si è sposato, Lily quasi.
    Aconé ha ucciso per la prima volta.
    Guardate in quanti sono diventati Lord! Osmund, Vicare, Edwin...
    Leonard è pronto a rivoltare il continente con le sue alleanze.
    E che impatto hanno sulla guerra in Essos le decisioni di Lotarq ed Alexandros...
    Osservate che personaggi siete riusciti a creare e quanto sono belle le loro rotondità: il duetto di similitudini e differenze tra Vidya e Josephine, l'evoluzione di Corinna che è diventata molto più di una cavaliera, il cammino dell'eroe di Himra (se non vi sto nominando è perché siete tantissimi e purtroppo non riesco a leggere tutti come vorrei).
    Abbiamo visto l'ingresso anche di tanti nuovi giocatori quest'anno che si stanno rivelando ottimi elementi. Il mio cuore batte per Eivor oramai, lo sapete, ma complimenti anche a tutti gli altri! Ascolto i vostri moderatori anche quando non leggo le vostre role e so che questo 2023 ci ha portato carne fresca di ottima qualità.

    Se il 2023 ON game è stato ricco di avvenimenti, quello OFF non è stato da meno.
    Con l'assenza di Ila (<3) a gestire i malumori e le rimostranze è rimasto lo zoccolo duro dello staff e questo ha portato ad attriti più decisi in alcune circostanze, eppure mi riempie di orgoglio vedere come siete riusciti a mettere da parte le esigenze personali a favore di una visione comune.
    Grazie per la fiducia che ci continuate a dare, per i feedback gentili, la pazienza di sopportare gli errori e la maturità di accettare decisioni che non vi piacciono.
    Davvero grazie.
    Quando questo non è stato possibile, nell'unica occasione in cui siamo dovuti ricorrere al ban, è stato un ban molto pesante per il forum e per me personalmente. Avere il Concilio e la Corte stretti attorno a me è stato fondamentale e non finirò mai di ringraziarvi per questo.
    Lo so, dico e ripeto sempre che il GOT è solo un gioco, ma come si chiama un gioco a cui dedichi ogni giorno tempo ed energie? Come si chiama quando Paky ed Azama iniziano a punzecchiarsi e a me viene da sorridere, oppure Black si sposa ed io sono sinceramente felice per lui?
    Il GOT in questi 8 anni mi ha dato conoscenze, amici e un pezzo di famiglia.
    Grazie per questo 2023.

    Un 2023 che è stato l'anno, infine, in cui abbiamo salutato il nostro founder, Devil.
    Ogni dio vecchio e nuovo sa quante volte ci siamo scontrati e quanto il suo latitare negli ultimi tempi fosse diventato un problema da gestire per la sottoscritta. Eppure confesso che quando la vita e i suoi mille impegni lo hanno portato a chiudere questo capitolo di vita, la lacrimuccia m'è scesa.
    Con Devil se ne sono andate le fondamenta del GOT, lo spirito con cui è sorto e la passione (anche se ballerina) che ci ha regalato indimenticabili avventure.
    Porterò avanti il suo progetto con orgoglio fino a quando avrete voglia di condividere il vostro tempo con me.

    Vi voglio bene,
    Freene


  2. .
    [YouTube]


    Harald era in netto ritardo.
    Dopo aver salutato la preside Aconé sulla statale, passando a dieci centimetri in moto dalla sua vettura, si precipitò assieme a Halvard e Duncan al più vicino negozio di abbigliamento da cerimonia, per affittare dei vestiti decenti per il ballo di quella sera.

    Uscirono tutti e tre completamente cambiati, certo erano ancora dei rudi bikers, però si sarebbero mischiati facilmente nella società civile con quegli abiti, il trucco sarebbe stato quello di parlare il meno possibile.

    Presa in leasing la limousine, messo a guidare Egdar, il padre di Harald, e tirate su le compagne fregne della Quinta C, la sezione rivale della loro, Harald e i suoi Boyz federe il loro ingresso nella sala da Ballo.

    Harald entrò esibendo sicurezza e spavalderia, nulla di troppo insolito per lui. I soldi per la serata li fece rubando la cancelleria durante i dibattiti dei giorni precedenti, ne avanzarono, a dirla tutta, anche abbastanza da poter riempire la tanichetta di Gin che riposava nel taschino interno del suo smoking.
    -"Ma guarda un po' quanti sfigati", disse ad alta voce guardando al tavolo della sezione B.
    Le mani del ragazzo di ferro scivolarono sul fianco della bionda della C, tirò quindi un colpetto sugli alti glutei della giovane tennista, e le dichiaro ad alta voce le intenzioni per la serata,
    -"Bene.. Puoi andare.. Mi hanno visto con te in abbastanza da poterne parlare per i prossimi tre mesi".
    La ragazza strabuzzò gli occhi, si accollo alla spalla del razziatore di cancelleria, e si dimostrò estremamente indisposta.
    -"Oh.. So de Fiano Romano fja da 'na mignotta, levati un po' da'r cazzo che sennò t'arriva na cinquina in faccia!", disse stizzito; era difficile per Harald dimenticare tutte le citazioni di René Ferretti, col tempo sarebbe migliorata la sua condizione.

    Con sguardo severo diede indicazione ai suoi compari di disperdersi, e di cercare qualche malefatta da suggerire al giovane di ferro in secondo momento.
    Harald si ritenne soddisfatto quando i suoi bikers si dileguarono tra la folla.
    Tirò un sospiro di sollievo a sapere che non avrebbe dovuto rovinare quella serata da solo, quindi si diresse verso il tavolo della sua classe.

    Muovendosi con sicurezza tra le coppie e i nugoli di single spaventati dall'evento, si trovò davanti un volto fin troppo familiare.

    hey dragetto, disse a Beloros dandogli il cinque,Bel lavoro alla recita.. e Bel lavoro anche al dibattito . Fatti una moto e vieni con me e i ragazzi , disse Harald indicando Halvard dall'altra parte della sala.
    Duncan stava tirando uno schiaffo all'uomo di ferro perché nella bocca di Halvard c'erano all'incirca sei piccoli tramezzini, lo schiaffo fece uscire buona parte del bolo sulla faccia di una ragazza della quinta F, e i due bikers si misero a ridere dell'esito.
    Non proprio la scena più fica di sempre.

    Harald ridacchiò osservando i compagni fare i grezzi, passò la mano sulla spalla del compagno congedandolo e passò oltre.

    Un Re ha bisogno di una regina, e quella sera ne avrebbe trovata una.

    Harald prese degli occhiali da sole, nascosti ben bene nella tasca dell'occhiello, se li mise su e con un sorriso languido e sguardo indagatore spogliò con gli occhi un paio delle sue compagne di classe.

    Il sorriso di Harald si ingrandì, tant'è che si videro chiaramente anche i denti.
    Oh..hoo.., disse gongolando, allora è proprio vero che questi occhiali a raggi-x.. Non funzionano un cazzo.

    Dove la tecnologia non funzionava si andava di fantasia. Quello sguardo predatorio, però, all'improvviso sparì, lasciando posto ad un espressione tonta incorniciata da un vago ed improvviso rossore sulle gote.

    Harald fece una dozzina di passi in avanti, salutò l'amico Leonard sussurrandogli al passaggio "Stasera non sono disponibile detective " e continuò dritto fino al suo bersaglio.
    "Signorina 'Scortesia'", annuncio Harald avanti a Vidya, "ho fatto bene a mettere questi occhiali da sole.. mi abbaglieresti altrimenti ".
    Un momento di imbarazzo fece sì che la sua sicurezza decadesse in un sol momento tutta assieme.
    "P-p per il pallore.. ", disse impacciato smettendo di guardarle gli occhi.

  3. .

    SCENA 4



    Ok, toccava a lui entrare in scena. Beloros continuava a domandarsi come mai si era ritrovato in una situazione assurda simile e l'unica risposta che riusciva a darsi era che la professoressa Aconé fosse una sadica pericolosa. Mentre si assicurava l'imbracatura della fune che lo avrebbe calato in scena, il ragazzo ripassò mentalmente le indicazioni di Harald, il regista. Lo stile del film era poliziesco/noir, quindi avrebbe dovuto recitare di conseguenza. Nessun problema, a parte il fatto che non sapeva recitare. Francamente, non aveva capito un cazzo di come avrebbe dovuto comportarsi o cosa avrebbe dovuto dire, ma almeno le azioni che doveva compiere sembravano abbastanza semplici. Certo, se la fune non si fosse spezzata. Un'assistente di scena gli mise in mano una gran quantità di fazzoletti rossi che avrebbero rappresentato le fiamme scaturite dalle sue mani. Vabbeh, via il dente, via il dolore.
    Fu calato in scena rapidamente, tanto da fargli venire un nodo allo stomaco. Una volta a terra, esitò un attimo: non sapeva proprio che dire. Improvvisando, lanciò i fazzoletti rossi sugli attori presenti, i quali probabilmente lo presero per deficiente.
    "Queste fiamme mostreranno a tutti quanto il potere vi abbia resi marci dentro!", annunciò. Cerco di utilizzare un tono più noir possibile, ma gli uscì dalle labbra una voce strozzata e lievemente più acuta del solito.
  4. .
    Arthur e i due uomini che Tosco aveva mandato con lui a raccogliere informazioni erano ancora in giro per la città di Approdo del Re e, camminando all'apparenza indifferenti di ciò che li circondava, in realtà prestavano orecchio ad ogni parola che veniva detta intorno a loro.
    Cercando così di non dare nell'occhio, ma annotando ogni informazione utile sul nome di Illyria Targaryen o su cosa si diceva della guerra appena passata come un alone di morte e terrore sulla vita della Capitale, i tre si addentrarono sempre di più nei vicoli maleodoranti e squallidi di Fondo delle Pulci.
    Il giovane Arthur era nato in una di quelle bettole fatiscenti, ma non ricordava quello squallore. Certo quel quadrante della città non era mai stato sfarzoso né tantomeno popolato da gente ricca o almeno benestante, ma Arthur non aveva mai visto quel livello di fatiscenza e povertà.
    Il ritorno nella sua terra natia risvegliò nel giovane bastardo uno strano misto di emozioni che nemmeno lui riuscì ad identificare fino in fondo. Di certo c'era la soddisfazione di non essere rimasto bloccato in quella povertà e in quel anonimato che caratterizzava la gente di Fondo delle Pulci. Inoltre lì aveva conosciuto Oromis, che lo aveva cresciuto come se fosse un padre. Per poi abbandonarlo anche lui come avevano fatto i suoi veri genitori senza neanche una spiegazione.

    Un senso di profondo rimpianto minacciò di sopraffarlo e una solitaria lacrima gli sgorgò dall'occhio al ricordo di Oromis. Se la asciugò velocemente e si avvicinò ad una donna vestita di stracci che stava seduta su un gradino sudicio davanti ad una bettola marcescente.

    Salve donna, sapete dirmi cosa è successo qui? Avete vissuto l'orrore della guerra? chiese Arthur iniziando a chiedere altre informazioni che sarebbero poi servite a Tosco.

    La donna si guardò intorno come per capire se quello strano tizio dai capelli bianchi e dagli inquietanti occhi viola stesse parlando con lei. Poi vedendo di essere sola parlò con una voce gracchiante.

    Oh si, io c'ero. Mi trovavo vicino alla Porta del Drago quando accadde. Cadde fragorosamente e subito la mia casa venne presa d'assalto da uomini con lo stemma del Drago. A quanto pare quello sulle mura, il Lannister, si è rifiutato di scendere e questo ha fatto infuriare il Re che ha dovuto attaccare la sua stessa città. Ma è durato poco. Il Lannister è stato catturato si. E non credo che sia più contento adesso. detto ciò iniziò a ridacchiare da sola e disse ancora
    Poi non ricordo altro che fuoco, polvere, fumo e grida. La gente bruciava viva e un fuoco verde smeraldo divorava le loro carni. Anche il Re è rimasto ferito, ma grazie a lui la città si è salvata... In parte.

    Arthur represse un brivido immaginando quello che la donna gli stava narrando. Probabilmente lei stessa era ancora traumatizzata da quello che aveva visto e subito.
    La guerra porta sempre fame, distruzione e morte, ma spesso ci si dimentica l'impatto psicologico che ha sui sopravvissuti. Su quelli che non sono stati abbastanza fortunati da morire se la vita che dovevano vivere era quella che stava vivendo quella donna.
    Arthur si chinò davanti a lei, prese una stella di rame da un borsello e la premette nella mano di quella donna. Sapeva che era poco e che non poteva assicurarle una vita dignitosa, ma poteva almeno permetterle di comprarsi un tozzo di pane da mangiare e avendo lui conosciuto la fame sapeva quanto quella misera moneta poteva fare la differenza.

    Salutata la donna i tre si incamminarono di nuovo e seguendo le indicazioni dei passanti a cui fecero altre domande sulla guerra che si era abbattuta su di loro recependo così altre informazioni arrivarono nel punto in cui era esploso l'altofuoco.
    Le case distrutte e scheletriche facevano da contorno ad un cratere che deturpava le strade. La gente sopravvissuta era ancora nera per l'effetto del fumo e del fuoco e qui e là si vedevano ancora dei cadaveri bruciati ed anneriti.
    Vicino a quel terribile paesaggio si trovava un capannello di gente che ascoltava lo stesso predicatore che i tre uomini di Tosco avevano ascoltato di sfuggita prima.
    Arthur decise di ascoltarlo meglio quella volta così si avvicinò curioso cercando di nascondere con le braccia lo stemma che aveva sul petto per evitare di farsi riconoscere.

    Sentì che l'uomo stava parlando di Illyria Targaryen. Di come lei avrebbe spazzato via la nobiltà dai 7 Regni per ridare il potere al popolo che l'avrebbe innalzata sopra a tutti. Lei aveva il favore degli Dei, a suo dire, che gli avevano affidato il compito di epurare i 7 Regni dall'opulenza, dalla ricchezza di pochi sulla morte di molti. Narrò di come il Re era ricorso al fuoco del suo drago per zittire, in un atto di mera forza, una fedele e di come Illyria aveva giurato vendetta per questo. Infine udì quell'uomo richiamare la folla affinché alcuni di essi si unissero al loro esercito di fedeli che avrebbero poi compiuto il destino che la Targaryen stava disegnando per loro.

    Terminato che ebbe il suo sermone il predicatore si allontanò ed Arthur, preoccupato, vide alcuni popolani seguirlo, di certo per ingrossare le fila della Targaryen.
    Il giovane bastardo tornò in fretta dai suoi due commilitoni riferendo ciò che aveva appreso. Doveva parlare assolutamente con Tosco per metterlo al corrente di tutta la situazione.

    893 parole
    Modificato


    Edited by Pk96 - 1/3/2021, 10:15
  5. .
    La schiscetta di Vicben
    Sei lontano da casa, costretto a marciare in guerra con il cuginastro?
    Non sai nemmeno dove sta oramai casa tua?
    Non ti piace guardare negli occhi la cena che mangi ogni sera prima di ammazzartela nei boschi?
    Se sei un Vicben, prova quest'insalata facile facile!

    Preparazione10 minuti
    Cottura90 minuti
    DifficoltàLa farebbe anche Caleb!
    CostoE chi se ne frega, siete nobili!


    Ingredienti:

    • 300 g di ceci

    • 3 foglie di alloro

    • 1 rametto di rosmarino

    • 300 g di mozzarelline

    • 300 g di ciliegini

    • 100 g di olive nere

    • 2 cipolle rosse

    • 10-12 ravanelli

    • olio, sale e pepe

    Prendete un bel secchio d'acqua fresca dal pozzo, buttateci i ceci secchi in ammollo e poi andatevene a dormire, bisogna riposare almeno 8 ore a notte per combattere al meglio.
    La mattina scolate i vostri ceci e buttateli in un calderone con l'alloro, il rosmarino, altra acqua, sale e pepe e mi raccomando...il fuoco sia basso o vi si brucia tutto.
    Mescolate.
    Mescolate.
    Mescolate.
    E quando non mescolate tagliate tutto il resto. Tagliate le olive, i pomodorini, i ravanelli, le cipolle e se volete pure le mozzarelle.
    Prendete un cecio col cucchiaio, assaggiatelo, com'è? Duro?
    Mescolate.
    Mescolate.
    Mescolate.
    Prendete un cecio, assaggiatelo, com'è? Morbido? Apposto. Scolate i ceci e metteteli in una ciotola con tutta la roba che avete tagliato prima.
    Un bel filo d'olio.
    Perfetto potete portarvela in guerra.
    Per il portapranzo....beh, siate creativi!

    Fatto in castello per Rasta!
  6. .
    Ce l'aveva fatta. Caleb aveva vinto la battaglia, aveva sconfitto il gigante.
    Mentre la mastodontica creatura cadeva a terra in un rombo terrificante, spezzando gli alberi e sollevando un'enorme quantità di neve e terra, Caleb fissava risoluto la sua preda.
    Aveva vinto.
    Per gli Dei, aveva vinto!

    Sorrise un lungo istante, il petto gonfio di orgoglio.
    Poi urlò, urlò selvaggiamente, dando sfogo a quella spietata furia che aveva guidato le sue azioni.
    Urlò come un animale, come un predatore.
    Urlò come il gigante, anche di più. Urlò come una creatura possente, come un vincitore, come il combattente definitivo.
    Urlò come un re trionfante, come il Dio della Guerra in persona.

    Ce l'aveva fatta. Il Nord era nuovamente salvo grazie a lui. Ce l'aveva fatta.
    Rise, pianse, tese gli arti allo spasimo, tentando di capacitarsi di ciò che aveva fatto.
    Aveva ucciso una bestia leggendaria, aveva sconfitto il più grande dei guerrieri, un titano che pestava gli alberi come fossero steli d'erba.
    Inspirò, imponendosi la calma, ma i suoi occhi sfavillanti non smisero di manifestare il suo orgoglio e la sua gioia.

    Gli arcieri, stupefatti, si erano avvicinati alla scena: fissavano il Lord con tanto d'occhi e la bocca spalancata, increduli.
    Uno di loro si avvicinò al gigante, dopodiché annuì lentamente: la bestia era morta, Lord Caleb aveva vinto.
    Il Lord levò un pugno al cielo, ergendosi vittorioso come se stesse brandendo una saetta, quando, lentamente, i soldati si inginocchiarono.
    Uno dopo l'altro, tutti gli uomini di Caleb erano ai suoi piedi, il capo basso. Stavano implorando perdono, perdono per aver abbandonato il loro signore sul campo di battaglia. Perdono per qualcosa che, normalmente, sarebbe stato punito con la morte.
    Si erano macchiati di codardia, erano scappati alla vista del soldato che era morto, disobbedendo anche agli stessi Faror, Jan e Thraur.

    Eppure...
    Si tolse l'elmo, tenendolo sotto il braccio sinistro. Guardò ciascuno dei soldati: alcuni di loro tremavano, altri rimanevano immobili, chi con le spalle dritte, chi tenendole curve.
    Temevano la morte, erano scappati per sfuggirle, eppure, di fronte alla vittoria di Caleb, erano tornati per affrontarla nuovamente, rischiando la vita per sua mano.
    Si fidavano di lui, ora. Adesso tutti i presenti sapevano che Caleb era un guerriero senza pari, che non sarebbe mai caduto in battaglia, che avrebbe sempre protetto il Nord.

    In circostanze diverse, avrebbe sogghignato, ma la tensione era troppo grande per spezzarla in quel modo.
    Alzatevi, uomini del Nord. Ordinò.
    Oggi siete scappati dal campo di battaglia, non vi è alcun onore, in questo. Asserì, il tono grave che marcò l'ultima parte della frase.
    Porterete sempre con voi la vergogna di questa azione.
    Eppure, una volta vista la vittoria, siete tornati, ben sapendo che, in passato, qualunque altro Lord di Grande Inverno avrebbe preso la vostra vita come pegno per la vostra azione.


    Il silenzio regnò sovrano per qualche lungo istante, Caleb venne affiancato da Zephirus, il quale scrutava i soldati con la stessa intensità del padrone.
    Ma io non sono come i miei predecessori.
    Scrutando a fondo ciascuno dei soldati, Caleb annuì lentamente. Avete compreso che potete riporre le vostre vite nelle mie mani, avete compreso che non vi lascerò mai andare allo sbaraglio. Ho consacrato la mia vita al Nord, a voi, e manterrò il mio giuramento.
    Dopodiché, fece un cenno ai soldati. Ora prendete il teschio di quella bestia e agganciatelo ai cavalli, lo voglio a Grande Inverno come monito, e come ricordo di questo momento.
    Chinò il capo, congedando momentaneamente i soldati.
    Voltandosi, sorrise. Aveva fatto la cosa giusta, ne era certo.

    *****



    Thraur non era affatto conciato bene.
    Assolutamente, il suo fisico muscoloso era stato ridotto ad uno straccio a causa del colpo che il gigante gli aveva inflitto, un colpo tanto forte che il guerriero era fortunato ad essere ancora in vita.
    Thraur... Sussurrò Caleb, avvicinandosi a lui.
    Abbiamo vinto, Caleb? Abbiamo vinto? Esalò il guerriero, lo sguardo spiritato attraverso la visiera dell'elmo. Era esausto, pover'uomo, il suo corpo stava per cedere, sarebbe stato un miracolo vederlo sopravvivere al viaggio.
    Abbiamo vinto... Ora non mollare, però, lascia che ci prendiamo cura di te.
    Non vi fu risposta, perché Thraur era già svenuto.

    L'impossibilità di costruire una barella improvvisata, vista l'evidente difficoltà nel trasportarla da cavallo e attraverso le strade di montagna, si rivelò subito evidente. Per questo, l'unica possibilità per Caleb fu di far trasportare Thraur a cavallo, appoggiato inerte alla schiena di Jan. Non era di certo la scelta migliore, ma sicuramente avrebbe permesso loro di muoversi velocemente, e forse di arrivare da Maestro Luwin in tempo per salvare la vita di Thraur.

    Almeno, era quello che Caleb si augurava. Per gli Dei, Thraur si era praticamente sacrificato per lui, come poteva tollerarlo? Come poteva accettare che il suo amico rischiasse di morire per colpa sua?
    Avrebbe preferito morire lui stesso sotto i pugni di quel gigante, piuttosto, maledizione.

    Si avvicinò al bambino del Clan dei Liddle, inginocchiandosi di fronte a lui.
    Sei stato molto coraggioso, piccoletto. Sorrise appena. Hai fatto un ottimo lavoro, venendo a chiamarmi per proteggere la tua gente, e non mi è sfuggito il modo in cui hai provato a fermare il gigante tu stesso. Sei stato molto, molto bravo. Si complimentò, posando sulla piccola spalla una mano guantata.
    Questa vittoria è iniziata grazie a te, dovresti esserne fiero.

    Gli porse i coltelli da lancio: nessuno dei suoi soldati utilizzava quel genere di armi, quindi dedusse che fossero i suoi.
    E ti ringrazio per il prestito. Concluse, alzandosi. Ora vai dalla tua famiglia, non correrete più alcun pericolo. Se mai dovessero insorgere altri problemi, sai dove trovarmi. Lo salutò, chinando il capo.

    Montò a cavallo. Anche lui, ora, doveva tornare a casa.

    *****


    Sì, cioé... Hai colpito molto bene, per essere uno che non sa usare i coltelli da lancio.
    Caleb sogghignò. Jan si era impelagato in un discorso ben complicato, per le sue ridotte capacità diplomatiche: aveva iniziato a fare un complimento a Caleb, poi aveva scoperto che il Lord non aveva mai utilizzato dei coltelli da lancio, quindi non poteva più elogiare la sua maestria con quel genere di arma, e stava cercando un modo di risolvere la questione.
    Povero Jan: non si complimentava mai con nessuno, e l'unica volta che gli capitava di farlo, prendeva un granchio.

    E' questione di mira, Jan, ma non di abilità con i coltelli. Spiegò lentamente lo Stark, tenendo lo stiletto in bilico sull'indice destro.
    Non serve saper utilizzare un'arma alla perfezione, come non serve avere una forza sovrumana, se si sa dove colpire.
    Ammiccò verso Thraur. Se il gigante avesse usato nel modo giusto la forza con cui, immagino, lo ha colpito, in questo momento avremmo dovuto raccogliere Thraur con una pala, perché sarebbe stato ridotto ad una poltiglia informe.
    Le parole crude dello Stark aleggiarono per qualche istante nel silenzio, finché questi non annuì. Capisci, no? Io ho mirato all'occhio del gigante, un punto che, se ferito, avrebbe in ogni caso provocato danni a dir poco gravi.

    Il guerriero annuì lentamente. Capisco... Ma, allora, come applichi una cosa del genere ad un combattimento vero e proprio?
    Il Lord di Grande Inverno si alzò in piedi, parandosi di fronte al suo interlocutore.
    Ci sono alcuni punti, punti deboli del corpo, che puoi colpire per fare un male incredibile ai tuoi avversari, per farla breve.
    Questi punti sono: la testa. Disse, ammiccando verso il volto dell'amico. In particolare, la testa ha una particolarità: per ottenere la massima efficacia da un pugno diretto ad essa, devi colpirla a mano aperta nel caso tu colpisca il cranio, mentre stringere la mano nel caso tu stia colpendo il volto. Immagina di ricevere una spinta in grado di farti perdere l'equilibrio, che per di più colpisce con la forza di un pugno: sarebbe ben più forte di un normale cazzotto, no?


    Jan annuì nuovamente, la spiegazione proseguì.
    Gli occhi, la gola... Sono due punti particolari, che puoi colpire per abbattere il tuo avversario, che sia rendendolo cieco o mozzandogli il fiato. Non vi è onore nel farlo, certo, ma qui non stiamo più parlando di duelli, come puoi immaginare.
    Rimuginò qualche istante. Pensa cosa succederebbe se tu concentrassi in un dito la forza di un pugno, conficcandolo nell'occhio del tuo avversario: ne morirebbe, non trovi?
    E, in effetti, il gigante era morto.
    Poi ci sono le orecchie, le orecchie sono assurdamente vulnerabili, senza contare che, oltre a staccarle a morsi, potresti usarle per assordare il tuo avversario con un urlo improvviso, che magari ti potrebbe permettere di avere la meglio in un corpo a corpo.

    Caleb passò a spiegare come le costole fossero facilmente frantumabili, ricordando a Jan quanto fosse assurdamente doloroso averne una rotta. Ci erano passati entrambi, dopo la battaglia contro i Bruti, ed entrambi si erano miracolosamente salvati, sebbene il maestro di Ultimo Focolare avesse dovuto vegliare su Caleb per giorni e giorni, durante i quali nessuno aveva la certezza che il Lord avrebbe riaperto gli occhi.

    E l'inguine, l'inguine, Jan! Non c'è parte del corpo più vulnerabile! Un singolo urto, e il più grande dei guerrieri si ritrova a cantare come un usignolo.
    I due si guardarono negli occhi, poi scoppiarono a ridere: il fatto che Caleb fosse, allo stato attuale delle cose, il più grande dei guerrieri, non era affatto d'aiuto. Caleb si augurò che Jan non lo stesse immaginando a gridare con voce stridula.
    Sì, probabilmente il guerriero lo aveva fatto.

    La lezione proseguì ancora per qualche minuto, durante il quale Caleb proseguì, illustrando a Jan altri piccoli punti deboli: le dita, le ginocchia, i piedi...
    Dopodiché il Lord, sebbene ancora dolorante per lo scontro con il gigante, insistette per indossare i pesi da allenamento e allenarsi un altro po' con Jan, provando a mettere a frutto la nuova conoscenza che il guerriero delle montagne aveva appreso, sebbene simulando.
    Lo scontro non si protrasse a lungo, perché, improvvisamente, un gemito si levò dalla bocca di Thraur.
    Allarmati, entrambi scattarono verso l'amico ferito, ma questi non reagì, perché stava semplicemente dormendo.

    *****


    Era notte, Caleb impugnava un pugnale, fissando Faror negli occhi.
    Il suo avversario era forte, illeso dallo scontro, probabilmente più forte di lui.
    Aveva deciso di insegnare ai suoi gregari tutti i segreti che conosceva nell’arte della ronda, una conoscenza che aveva precedentemente trasmesso a Thraur. Per farlo, bisognava svuotare la propria mente da ogni cosa. Tutto ciò che non era strettamente necessario, ciò che non riguardava il compito che lì, su due piedi, si sarebbe dovuto svolgere, non era altro che una futile distrazione.
    Pochi dati, concisi. Caleb annuì, Faror si allontanò nel buio, come Jan aveva già fatto.
    Dovevano muoversi in silenzio, evitare di causare rumore, rumore che avrebbe destato lo Stark.
    Se voleva che nessuno soffrisse più per lui, il miglior inizio sarebbe stato insegnare a loro stessi come mantenere la guardia alta in qualunque frangente. Non poteva vegliare sempre su tutti, era questa la crudele verità, il resto erano inutili chiacchiere.
    E lui non poteva permettere che altri soffrissero al posto suo, non di nuovo.
    Il silenzio lo avvolse, freddo quanto il metallo che fasciava i suoi arti.

    Sentì dei passi, un respiro profondo, il rumore di un ramo afferrato. Quel modo di camminare era quello di Jan, sicuramente. Stava provando a non affondare nella neve con i passi, eppure il rumore che, seppur lieve, era stato causato da quei movimenti, era più che sufficiente per lo Stark ad identificare l’avventore.
    Quando Jan attaccò, fu semplice respingerlo e neutralizzarlo, tanto che Caleb nemmeno avrebbe avuto bisogno di aprire gli occhi: il sibilo della lama aveva parlato da solo, indicando velocità e traiettoria del colpo con precisione millimetrica. Nessuna parola avrebbe potuto eguagliare quella comunicazione, così diretta ed efficace.

    Caleb adorava il combattimento al buio, avvolto nel silenzio più totale, dove chi era più abile a percepire i nemici aveva la meglio. Gli permetteva di utilizzare appieno i suoi sensi, spingendo il suo corpo ad uno stato percettivo che superava quello umano, una capacità che gli era stata donata dal duro allenamento, ripetuto nel corso degli anni.
    Gli venne da sorridere al pensiero di quando, anni prima, prima ancora che incontrasse Aconé, non era altro che il giovane e timoroso figlio di Lord Rickard Stark, il secondogenito. Il figlio che, in fondo, sarebbe soltanto rimasto un'ombra alle spalle del fratello più grande.
    Dei, quanto si era sbagliato, quanto si erano sbagliati tutti quanti, a credere così...

    Faror, che fino ad allora doveva essere rimasto in silenzio alla ricerca di particolari utili a perfezionare quella tecnica, mosse qualche passo verso Caleb.
    Malgrado le ferite, il Lord gli fu addosso in un lampo, e il movimento venne seguito dall'aspettato tuono, dovuto allo scontro dei due corpi, che a loro volta urtavano il terreno innevato in un tonfo sordo.

    Non serviva altro che la concentrazione assoluta su un singolo punto e la capacità di assimilare informazioni da tutti i dintorni.
    Bisognava mantenere la respirazione costante, il passo silenzioso, in modo da impedire ai rumori da essi causati di arrecare distrazione.
    Ed essere sempre pronti ad affrontare un nuovo, pericoloso nemico, così che nessuno potesse mai cogliere impreparati coloro che esercitavano la ronda.

    Più che ronda, effettivamente, si trattava della conoscenza alla base dell'essere vigili: si poteva applicare ad un turno di guardia come ad una passeggiata nel bosco, o persino ad una giornata nel mercato cittadino. L'importante era mantenere la guardia sempre alta, e non perdere mai la cognizione di sé stessi nello spazio che si occupa.
    E' la capacità di comprendere come la propria presenza interagisce con chi ci circonda, persone, animali o cose che siano.

    Fu allora che Caleb iniziò a camminare, fermandosi ogni volta ad indicare gli errori commessi dai suoi gregari.

    Faror, hai il piede troppo carico, così il tuo prossimo passo sarà instabile.
    Jan, non toccare i rami, scricchiolano.
    Jan, attento a non fare frusciare la neve, quando ci passi in mezzo.
    Faror, stai attento a mantenere un'andatura costante...

    Gli ordini furono innumerevoli, ma il duro allenamento era l'unico modo che lo Stark aveva, per salvare la vita ai suoi gregari, in futuro.
    Guardò Thraur: pur senza aprire gli occhi, sapeva bene dove si trovasse. Il guerriero era coricato su un fianco, il respiro spezzato, il corpo dolorante, era salvo per miracolo.
    Il lupo si augurò con tutto sé stesso che Luwin riuscisse a salvare il suo amico.
    Non lo avrebbe lasciato morire. Per nulla al mondo.

    *****


    Cosa era successo, quel giorno? Cosa era successo, tra lui e Zephirus? Pensava di essere svenuto, eppure aveva sentito raccontare come il metalupo avesse salvato la vita al bambino, agendo con una prontezza decisiva.
    Ricordava quell'azione, ricordava... Dei, ricordava il suo corpo, riverso a terra.
    Che gli era successo?

    Rabbridì, pensando a tutti gli scenari possibili. Eppure... Eppure solo uno, tra tutti, sembrava realistico.
    Ripensò ad Aconé, a suo figlio... Le parole della Tyrell erano impresse nella sua mente, come fossero state marchiate a fuoco.

    Ho conosciuto la potente magia degli Antichi e non sarò di certo io a subire passivamente il Fato che qualcun altro ha deciso per me poiché se c'è qualcuno al mondo in grado di forgiare il suo Destino sono io.

    La potente magia degli Antichi...

    "Devo presentarti mio figlio, ma non per il nome che porta e nemmeno perché in lui scorre il mio stesso sangue. Devi conoscere mio figlio perché è stata la magia del tuo Nord e dei tuoi Dei a portarlo da me."

    La magia del Nord, la magia degli Antichi Dei...

    "Flick era al termine della sua vita su questa terra ed era troppo legato agli umani per andarsene in silenzio come i suoi fratelli. Mi ha aiutato donando la sua vita per salvare quella di mio figlio che ora ne porta i segni sulla sua pelle. Due piccole voglie dietro l'orecchio, sono due rune che in Antica Lingua significano dono e vita."

    Rune... Dono, vita... La magia di una razza superiore, antica...
    Qualcosa di selvaggio, di intoccabile, di ancestrale.

    Caleb gemette, tenendosi il capo tra le mani. Qualcosa di ben più profondo del legame tra animale e padrone si era sviluppato tra lui e Zephirus. Era questa la verità, e questo portava ad una spiegazione piuttosto semplice: quel legame non aveva nulla di umano. Era una forza, un potere ancestrale che esisteva da ben prima di lui, un qualcosa che aveva contaminato il suo corpo, come un morbo, come il tifo che aveva ucciso Keriann.

    Tremò per un lungo istante, odiava la magia con tutto sé stesso, aveva paura di ciò che non poteva controllare, di ciò che andava al di là del suo raggio d'azione.
    Deglutì con forza, mantenendo il contegno che la sua posizione di Lord gli imponeva.
    Guardò Zephirus, che passeggiava accanto a lui. Il metalupo ricambiò lo sguardo.

    Forse si sbagliava. Forse non si trattava di un anatema, né di un morbo.
    No, forse si trattava di un dono, di una possibilità, di una strada che avrebbe potuto intraprendere al pari di quella con la spada.
    Magari, avrebbe acquisito una grande maestria anche nell'uso di quella strada capacità, e non soltanto nell'arte della guerra.
    Era una possibilità, un'occasione.
    Malgrado ciò lo inquietasse, perché doveva lasciarsela sfuggire?

    *****


    Erano arrivati, la strada del Re aveva nuovamente condotto il Lord di Grande Inverno a casa.
    Con un teschio colossale trainato dai cavalli, Caleb Stark si avvicinò a Città dell'Inverno, attirando lo sguardo di un'infinità di curiosi.
    I bambini si avvicinavano, guardando meravigliati quell'oggetto grande più di loro, gli adulti ridevano, dandosi di gomito ed esultando all'indirizzo del loro Lord.
    Decine di fanciulle lo guardavano, sventolando fazzoletti per salutarlo. Nei loro sguardi vide struggente desiderio, sorpresa, curiosità...
    Un sentimento accumunava però tutti i presenti: gratitudine. Perché Caleb ce l'aveva fatta, aveva vinto, li aveva salvati, e tutti lo sapevano.
    Rise felice nel vedere che le madri tendevano ad allontanare i bambini dal teschio del gigante, come se potesse arrecare loro qualche danno. Ma non era più così, no? Non era più così, grazie a Caleb.
    Aveva salvato tutti quanti, ce l'aveva fatta. Li aveva protetti ancora.
    Un canto, improvvisamente, si levò dalla folla.

    Torna, torna Caaaleb Stark
    torna l'incubo dei giganti.
    Torna, torna Caaaaleb Stark
    a lui van tutti i nostri canti!
    Torna, torna Caaaaleb Stark
    nessuno mai lo batterà,
    torna, torna Caaaleb Stark
    il nostro Lord sempre ci proteggerà!


    Caleb sgranò gli occhi, quasi commosso. Un canto, un canto per lui, dedicato al suo ritorno da quello scontro micidiale.
    Si erse in piedi, tenendosi in equilibrio a cavallo, e levò Ghiaccio al cielo, aumentando ulteriormente le urla di gioia dei suoi sudditi.
    Aveva vinto per loro.
    Ora lo sapeva.

    Le porte della fortezza si aprirono, e Caleb trovò ad accoglierlo la corte al completo: c'era sua madre, c'erano Ser Rodrick, c'era Jory. C'erano Yothar e il maestro Luwin, c'era persino Amerey, la quale sembrava smaniare dalla voglia di esaminare l'enorme teschio e l'unico motivo per cui non si si era già lanciata era Jotun, il quale la stava trattenendo al suo posto.

    Udì un urlo di approvazione, seguito da applausi e altre urla: cavalieri, reclute, scudieri... Tutti elogiavano il valore di Caleb, tutti elogiavano la sua vittoria. Quello era un giorno di festa, il giorno in cui il Nord riconosceva la vittoria su una creatura pericolosa, capace di portare la devastazione nelle sue terre.
    L'unico rimpianto di Caleb, in quel momento magnifico, fu l'assenza di Aconé: avrebbe amato poter tornare a casa e vederla lì, ad aspettarlo, fiera di lui.
    Ma ci sarebbe stato tempo anche per quello, in fondo.

    Maestro Luwin, un uomo pratico e, proprio per questo, un eccellente maestro, corse immediatamente incontro al gruppo, chiedendo a Caleb se fosse ferito o meno, e controllando ciascuno dei suoi compagni di viaggio. Caleb, però, dovette lasciare a Faror e Jan il compito di indirizzare l'anziano uomo da Thraur, perché in quel momento la corte si era avvicinata per parlare con lui.

    Sua madre gli sorrise, posandogli una mano sul ginocchio, pareva orgogliosa di lui, sebbene si fosse inizialmente opposta alla sua scelta di partire per quella missione.
    "Bentornato a casa, Caleb."
    Il Lord le sorrise di rimando. Grazie, madre.

    Smontò da cavallo, facendo una smorfia nel sentire un dolore alla schiena: per quanto avesse voluto minimizzare di fronte ai suoi compagni di viaggio, il gigante gli aveva dato una bella botta, con quel pugno... Aveva bisogno di essere controllato dal maestro, senza alcun dubbio.

    Si avvicinò a Jotun, salutandolo con una vigorosa pacca sulla spalla, dopodiché si inginocchiò di fronte alla piccola Amerey, porgendole con gentilezzaa la bambola che lei gli aveva offerto prima della sua partenza.
    Avevi ragione, sai? Mi ha protetto... Sussurrò, sorridendole gentilmente e accarezzandole il volto. Ora è tutto finito, siamo fuori pericolo, visto? Gli ho veramente dato una lezione.

    Si alzò e salutò con gioia Ser Rodrick e Jory, i quali ricambiarono con un saluto militare. Era felice, finalmente si sarebbe potuto riposare.
    ...E invece no.
    Yolthar si avvicinò al Lord con espressione grave, inchinandosi profondamente, per poi sussurrare un adorabile: "Ho delle pessime notizie."

    Dall'occhiata che tutti i membri della corte rivolsero alla vecchia spia, Caleb poté dedurre che fossero ben a conoscenza di che terribili notizie il Lord era in procinto di udire.
    Così, giusto nel caso Caleb avesse perso l'allenamento, no?

    "E' appena tornato, ne parleremo più tardi, quando si sarà riposato." Stabilì Lady Elysa in tono perentorio. Ma Caleb alzò una mano, l'espressione risoluta.
    Non possiamo concederci il lusso di perdere tempo. Vi chiedo solo un'ora di tempo, in modo che Maestro Luwin possa medicare le ferite mie e dei miei compagni, poi inizierà la riunione, nella sala grande.

    Oh, e... Jory.
    Chiamò, le sopracciglia aggrottate. Ti dispiacerebbe dare disposizioni affinché quel teschio venga lucidato, ripulito e appeso alle spalle del mio scranno? Voglio che sia ben visibile a tutti, e che tutti ricordino di cosa sono capace, prima di anche solo pensare di minacciare la mia terra.

    *****


    Maestro Luwin non era una persona che si lanciava in grandi turpiloqui, di solito.
    Eppure, quando vide il corpo pressoché inerte di Thraur, persino lui imprecò appena.
    Riesci a sistemarlo, maestro? Domandò Caleb, preoccupato.

    Neanche a dirlo, il maestro si lanciò subito all'opera.
    E' stato colpito dal pugno di un gigante...

    Un calcio. Lo corresse Faror.

    Un calcio, ecco... Mi ha salvato la vita, ma quel... Coso era troppo forte, lo ha scagliato via.
    Il maestro aveva ormai spogliato il guerriero, e immediatamente iniziato a raddrizzare le ossa rotte, bendando e steccando pressoché ogni arto.

    Grazie agli Dei nessun osso è spezzato, ma parecchi sono incrinati, quel calcio dev'essere stato poderoso. Commentò il maestro.
    Caleb annuì lentamente, mentre il maestro prendeva varie pomate, spalmandole sui lividi che tempestavano la pelle di Thraur, con particolare il suo volto.

    Era una situazione così maledettamente complicata... Caleb deglutì, eppure Luwin non esitò nemmeno un istante, muovendosi con estrema maestria finché ogni ferita di Thraur non venne trattata nel migliore dei modi.

    Se la caverà, anche se per dovrà rimanere a riposo il più a lungo possibile...

    Scrutò Caleb, Faror e Jan, dubbioso. Chi è il prossimo?

    I due guerrieri delle montagne indicarono Caleb, in silenzio, il quale si fece avanti.
    Non sono ferito, ma la schiena, le ginocchia e le spalle...
    Esitò, odiava confessare una debolezza.
    Fanno male, immagino che il combattimento non abbia giovato troppo al mio corpo.

    Mentre si spogliava, indicando al maestro i punti dolenti, il vecchio sbuffò, osservando lo Stark con occhio indagatore.

    E tu, esattamente, cosa hai fatto?

    Io ho bloccato un pugno di quel gigante. Replicò Caleb in totale tranquillità.

    Il maestro gemette, poi sbuffò, alzando gli occhi al cielo, facendo scoppiare a ridere il Lord.

    *****


    Poco dopo, Caleb si avviò verso il suo scranno, seguito da Faror e Jan. Siccome odiava mostrarsi vulnerabile, aveva nascosto tutte le fasciature sotto degli abiti puliti. Non era ferito, soltanto... Ammaccato, e Luwin gli aveva assicurato che si sarebbe ripreso del tutto nell'arco di pochi giorni.
    Si sentiva diverso, mentre guardava la Sala Grande, l'esperienza appena vissuta lo aveva cambiato nel profondo, anche se non sapeva ancora come.

    Fissando lo sguardo negli occhi dei suoi secondi, annuì lentamente.
    Ditemi cosa sta succedendo.


    Nella quest ho inserito questi add:
    Punti deboli 1 a Jan (600 parole, 16 pe di ricompensa base)
    Punti deboli 2 a Jan (600 parole, 16 pe di ricompensa base, 2 punti marzialità a Jan per il completamento dell'add)
    Ronda a Jan (800 parole, 22 pe di ricompensa base)
    Ronda a Faror (800 parole, 22 pe di ricompensa base)

    I pe totali degli add sono:
    Caleb: (22+16)*2 pe base + (25% tratto Marziale -25% pg addestratore +25% pesi da allenamento) + 4 bonus mod = 95 pe + [4 bonus mod]
    Jan: (16*2 +22) pe base + (25% in quanto pg addestrato + 25% tratto marziale) + 3 bonus mod = 81 pe + [3 bonus mod]
    Faror: 22 pe base + (25% in quanto pg addestrato + 25% tratto marziale) + bonus mod = 33 pe + [bonus mod]


    Nel post c'è anche una role di cura, con la quale:
    I pv di Thraur passano da 6/109 a 42/109
    I pv di Caleb passano da 153/206 a 206/206

    Inoltre, utilizzo (faccio utilizzare a Luwin) 6 oli di Eucalipto, 1 benda e 1 estratto di Achillea (in scheda di Caleb) per aumentare i pv di Thraur di 10*6 +2 +6, portandoli a 109/109


    Parole richieste per il post: 600*4 + 800*2 = 4000
    Parole scritte: 4010 ca.
  7. .
    Il percorso di Aconé:
    g


    Atmosfera
    Forse per gli Stark visitare le Cripte era un modo per sentirsi vicini ai propri antenati ma per la Tyrell non aveva funzionato e quel luogo freddo, buio ed umido era servita solo a farle sentire suo fratello sempre più morto, sempre più lontano. Aveva bisogno di qualcos'altro per onorare la morte di Hadray e cercare di esorcizzare il peso del lutto che le premeva sul petto; non esistevano templi dedicati ai Sette a Grande Inverno e Caleb le aveva suggerito una visita al Parco degli Dei, alle fronde del Grande Albero sotto il quale gli uomini della sua terra pregavano i loro Dei. Era stato così gentile da accompagnarla, non già verso il pesante cancello in ferro che avrebbe fatto troppo rumore aprendosi, ma presso una delle due piccole porticine in legno laterali, tanto piccola da permettere tranquillamente il passaggio di Aconé ma da costringere Caleb ad accucciarsi per evitare di sbattere la testa. Probabilmente il Lupo l'avrebbe accompagnata anche oltre, ma la Rosa gli aveva domandato di fermarsi lì e di aspettarla; era un momento troppo intimo per poterlo condividere con qualcuno, anche fosse lo Stark.
    Si era tirata fin sopra il capo il mantello scuro che tante volte alla Fortezza Rossa l'aveva riparata da sguardi indiscreti e si era avviata a passo leggero in mezzo a quel giardino che sembrava occupare almeno un quarto dell'intera fortezza. Si mosse come un'ombra nell'oscurità della notte, accarezzando con lo sguardo i pini, i frassini ed i biancospini, gli alberi-sentinella e le querce che formavano una fitta calotta; un buio diverso però da quello delle cripte, animato dall'abbaiare lontano dei cani e dallo squittire degli uccellini. Ad ogni passo calpestava un manto erboso e di foglie secche ed un terreno oramai non più coperto di neve; il Parco degli Dei di Alto Giardino era un luogo di pace e tranquillità e nulla di più, un boschetto lussureggiante e accogliente, quello che stava attraversando in quel momento invece aveva qualcosa di selvaggio e primordiale animato da una forza possente che pure non riusciva a scorgere.
    A rischiarare il buio di quella calotta ci fu una strana luminosità che la Tyrell non faticò a riconoscere: era il bianco marmoreo del tronco di un Albero-Diga, più grande di tutti quelli che aveva incontrato fino a quel momento. Le foglie rosse con cui la sua folta chioma svettava nel cielo della notte sembravano lacrime di sangue che colavano sui rami non meno impietosamente della resina che bagnava i tagli nella corteccia. Si avvicinò lentamente ed in silenzio, costeggiando il laghetto di acque nere che si stendeva ai piedi dell'Albero. Il volto intagliato nel tronco sembrava sofferente o almeno questo è ciò che percepiva l'animo turbato della fanciulla che non riusciva a comprendere come la gente potesse trarre conforto dormendo sotto quello sguardo. Avrebbe voluto toccarlo, forse persino scorticarlo per togliere quello sguardo dal suo cuore, ma non mosse neppure un muscolo restando in piedi di fronte all'Albero come se fosse un vecchio nemico.
    O un vecchio amico.
    "Mi hai mostrato quello che è successo alla mia famiglia, mi hai mostrato la morte di mio fratello."
    Aveva parlato in un sussurro non udibile neppure dalle sue orecchie ma non c'era bisogno di strillare, era convinta che il messaggio sarebbe arrivato anche in un bisbiglio sommesso.
    "Non è morto per una spada, né per un veleno. Sei stato tu a prendergli la vita? E' per questo che me lo hai mostrato? Perché non ero con lui?"
    Ogni singola parola grondava la disperazione di una mortale che non aveva alcuna risposta per le sue domande, tanto da rivolgerle addirittura agli Dei. Non aveva creduto nelle parole del Septon e non avrebbe prestato ascolto a quelle dei contadinotti del Nord, eppure era lì a porre domande ad un vecchissimo albero aspettandosi neppure lei sapeva cosa. Forse perché aveva già sperimentato la sua magia. Era stato un Figlio della Foresta a donarle il fiore per salvare sua madre, perché non avevano fatto lo stesso per Hadray che tanto di più meritava la vita? Era perché Aconé non era con lui?
    La colpa era solo sua.
    Infilò una mano sotto al mantello per cercare nelle tasche la boccetta in vetro che conteneva la resina scura dell'Albero incrociato nei boschi di Alto Giardino, ma le dita calde della fanciulla incontrarono invece il freddo metallo di uno strumento fin troppo familiare.
    Esitò.
    Quindi facendosi forza chiuse la mano attorno all'impugnatura dell'arma estraendola lentamente dal mantello per portarsela di fronte agli occhi: era lo stiletto che le aveva donato il fratello per le Nozze di Fuoco, una semplice lama decorata con intarsi di roselline per tutto il pomello. La fitta che le attraversò il cuore fu talmente grande da farle tremare le gambe e costringerla a chinarsi ginocchioni a terra per evitare di cadere più rovinosamente. Le avevano tolto tutto. Victor era morto.
    Hadray era morto.
    Daerion era morto.
    Suo figlio ed Amerey le sarebbero stati portati via dal Re.
    E infine avrebbe dovuto dire addio anche a Caleb ora che l'Altopiano dipendeva da lei.
    Serrò gli occhi in una morsa dolorosa mordendosi le labbra e lasciando che il rimorso ed il terrore ne attraversassero ogni muscolo. La mano sinistra si chiuse a pugno, feroce, e la destra impugnò la lama dello stiletto sollevandola sopra il polso del braccio libero. Se erano stati gli Dei a prendersi la vita di Hadray, ora sarebbe stata lei ad offrir loro la sua pur di tornare insieme a lui. Avvicinò la punta dello stiletto alla pelle bianca pungendola un poco e lasciando scivolare una singola goccia di sangue lungo il bordo delle dita. Era inutile lottare, lei ci aveva provato con tutte le sue forze. Aveva rinunciato a Caleb, aveva obbedito ad un matrimonio ingiusto per salvare la propria famiglia. Aveva fatto il suo dovere. Sempre. E le stavano portando via ogni cosa, dove non arrivavano gli uomini persino gli Dei agivano beffando il suo destino. Singhiozzò una sola volta mentre cercava il coraggio di affondare più in profondità la lama, ondeggiando avanti ed indietro sulle ginocchia, come un condannato sul patibolo. Un momento, solo un piccolo momento.
    Ancora un momento...
    Un piccolo raggio di luce le accarezzò le palpebre costringendola ad aprire gli occhi.
    Era la Luna che si divertiva a giocare con qualche oggetto a non troppa distanza dalla ragazza riflettendovi sopra la sua luce in piccoli raggi che andavano a cadere sull'Albero-Diga e sullo specchietto scuro sottostante.
    In piedi
    Non fu la ragione a guidare i passi di Aconé lontano dallo stagno di pece, né la coscienza la spinse a seguire i riflessi della Luna. Era solo l'istinto che l'aveva tirata di nuovo in piedi sulle sue gambe ed ora l'accompagnava verso il limitare del Parco degli Dei, lontano però dalla porticina dove Caleb la stava ancora aspettando. Quando l'ultimo biancospino si fece da parte permettendole di passare, una piccola porta in legno delimitò l'ingresso verso qualcosa che gli occhi della Tyrell non avevano ancora visto: era una costruzione di vetro con alcuni pilastri d'acciaio e pietra a tenerne in piedi la struttura. Erano loro a riflettere la luce della Luna guidandola fino a quello strano edificio che, almeno dall'esterno, le sembrava una serra.
    Si trascinò all'interno cercando di non emettere un fiato né un singolo suono e quando finalmente entrò in quella specie di giardino di vetro il cuore perse un paio di battiti nel petto.
    Era meraviglioso.
    Faceva caldo, tanto che la ragazza si abbassò finalmente il cappuccio che ne aveva coperto il volto fino a quel punto avanzando e studiando ogni anfratto di quel magico luogo. C'erano ortaggi e verdura, di quelli che sarebbero morti nel rigido clima esterno. C'erano piccoli alberi da frutto e fiori, persino di varietà su cui la fanciulla non aveva mai posato lo sguardo. Aveva trovato un pezzo di casa persino in un luogo tanto lontano e tanto freddo. Avanzò senza neppure accorgersene giungendo ad una piccola aiuola di tulipani di diverse forme e colori. Ce ne era uno dai petali dorati come i capelli di Hadray, che sembrava morente; la corolla pendeva verso il basso e le foglie sembravano di un verde quasi spento.
    "No."-continuava a sussurrare accovacciandosi a terra fino all'altezza dei fiori che divennero i suoi più preziosi interlocutori. "Noi cresciamo forti."
    Tirò un filo dall'orlo del mantello scucendolo e strappandolo tra i denti, quindi se lo fece passare un paio di volte attorno all'indice e lo usò per legare il piccolo fusto del tulipano agli altri fratelli che restavano in piedi dritti e sicuri. Immerse le mani nella terra inspirandone a fondo l'odore che tanto le ricordava casa, quindi le usò per compattarla attorno alla radice del fiorellino ricostruendo la base che qualche imprudente giardiniere doveva avergli tolto con una piedata. Un tocco leggerissimo dell'indice sui petali del tulipano, una carezza dolce che accompagnò una melodia vecchia che intonò in un filo di voce prima di rivolgersi a quel tulipano quasi in preghiera.
    "Abbiamo rinunciato a tutto, persino ad amare come se l'amore fosse clandestino. Hanno calpestato i nostri sogni ma noi non abbiamo mai smesso di credere nel sudore, nel sangue e nel coraggio delle nostre scelte. Ora che il destino ti ha gettato in mezzo al cielo come spazzatura, è cambiato tutto. E' cambiato che non mi fa più paura."
    Io non ho paura
    Il luccichio della lacrime le inumidì lo sguardo ma una sola goccia osò bagnarle la guancia sinistra e sapeva di forza più di che tristezza.
    "Buonanotte fiorellino."

    Mi fa male scrivere con la Mannoia di sottofondo.
    Saluto l'epoca di Hadray con questa vecchissima perla: e niente, buonanotte fiorellino.
  8. .
    Eventuali risposte d'ora in poi dovranno tenere conto di questa realtà
  9. .
    Sai la cosa divertente? Più ti conosco e meno vorrei conoscerti -3-
9 replies since 12/11/2014
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