Posts written by Erica30

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    Il prezzo di una vita

    Ottieni:
    10pe + 12pe lunghezza +3 pe bonus +4 pe interazione = 29pe
    1 punto diplomazia✔
    1 punto marzialità✔
    2 punti parametro a piacere✔
    -6 affinità schiavisti✔

    tutti i tuoi oggetti ti vengono confiscati (lasciali in scheda ma non li potrai utilizzare)


    Edited by Erica30 - 21/3/2024, 11:48
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    Sentire il termine “comprata” in riferimento ad un essere umano fece scendere un brivido lungo la schiena di Astrid. Da quello che sapeva, quel genere di pratiche nel continente occidentale era bandito da molti anni, forse addirittura da secoli, in base a quel che rammentava, ma soltanto per un istante. Ciò che contava realmente era che, schiava o meno, avesse guarito Kristoff da ogni genere di malanno… ma il dubbio non era ancora pronto per dissiparsi: lei e suo figlio avrebbero avuto la schiavitù come destino analogo a quello della vecchia che li aveva aiutati?

    I piedi le affondavano a fatica sulla striscia sabbiosa che separava la torre dalla costa vera e propria e in quel momento ringraziò mentalmente di non avere catene alle caviglie. Che quello fosse un implicito segno di non essere ancora stata ridotta in schiavitù e che quindi non fosse destinata a servire qualche bordello dall’altra parte del mondo?

    “Lo ha” Ribadì Astrid senza usare né astio né rabbia, ma mantenendo un tono il più civile possibile. Difficile credere che quella ragazza così pacata fosse la stessa pronta a cavar via gli occhi della sua rapitrice soltanto poche ore prima, probabilmente vista dall’esterno avrebbe dato perfino l’impressione di soffrire di un qualche disturbo di personalità, ma di fronte ad un evento traumatico del genere come avrebbe potuto essere altrimenti.

    Chiaramente non rivelò alcun dettaglio sull’identità del padre di Kristoff: perfino lei sembrava aver cominciato a credere all’idea che in realtà fosse il figlio naturale di Vicare, partorito dopo una nottata d’amore a Braavos solo alcuni mesi prima, ma ciò giocava a suo vantaggio. Rivelare che il padre del bambino fosse originario di Essos avrebbe potuto portare la rapitrice a cambiare i propri piani e quindi tale dettaglio decise di tenerselo per sé.
    L’idea di diventare una schiava sembrò allontanarsi di qualche altro passo quando la donna rivelò i piani escogitati per arricchirsi col rapimento della Grafton: non era una situazione semplice, tutt’altro… era comunque prigioniera e lo sarebbe stata per chissà quanto e chissà dove, ma fino a quel momento era stata di parola circa l’aiutare Kristoff… per cui non aveva motivi per dubitare circa il fatto che sarebbe stata trattata bene, una volta giunta a destinazione, ma qualche punto oscuro rimaneva comunque e farvi luce non costava nulla.

    “Le persone che… avete in mente?” Ripeté Astrid, con un’espressione a metà tra il timoroso e l’incerto “E… chi sono, costoro?”
    Un particolare che i suoi rapitori non potevano sapere era la conoscenza più o meno approfondita della lingua parlata ad Essos e di per sé Astrid decise subito che forse sarebbe stato meglio fingere di non capire assolutamente nulla di ciò che la donna e l’uomo appena sceso dal grosso veliero si stessero dicendo, le loro parole erano inframezzate da nient’altro che il rumore delle onde che s’infrangevano sulla costa.
    Ciò che riuscì a carpire conteneva un nome fondamentale: Volantis.

    Non apparteneva a Westeros, di questo ne era assolutamente certa, ma di Essos la ragazza dai capelli ramati aveva visto soltanto Braavos, per cui quell’informazione si rivelò al contempo fondamentale e inutile: anche se fosse riuscita a procurarsi un corvo e a lanciare l’allarme, non avrebbe saputo fornire alcuna indicazione precisa su dove sarebbe stata trasportata. Per quel che ne sapeva, Volantis avrebbe potuto essere il nome di un’intera regione di Essos, sarebbe stato l’equivalente di dire di essere tenuta prigioniera nel Nord: un’indicazione troppo vaga per poter dare qualche indizio utile.
    Posando il proprio sguardo sulle guance di Kristoff, che finalmente avevano ripreso colore, i suoi occhi colsero lo sguardo semiaddormentato del neonato e con il dito indice andò a sfiorargli la punta del naso, in maniera tale da fingere di non stare ascoltando ciò che la donna e il marinaio si stessero dicendo.
    Vi fu poi un secondo uomo al quale venne consegnato il compito di “consegnare un messaggio”: non era dato sapere chi fosse il destinatario e di sicuro in quel caso Astrid non poteva chiederlo apertamente, pena il tradire la propria conoscenza della lingua parlata da quelle parti e il giocarsi l’occasione di carpire ulteriori conversazioni in futuro.

    Non appena la donna che l’aveva condotta fin là tornò a rivolgersi alla sedicenne dal volto lentigginoso, Astrid annuì e s’incamminò lungo la passerella che l’avrebbe portata sul ponte più alto della nave, scortata da colei che la teneva in ostaggio. Il vento cominciò a scompigliarle i capelli con forza leggermente maggiore man mano che saliva verso l’alto e in quel caso si assicurò che Kristoff fosse ben coperto e al riparo da sbalzi termici, per lo meno fino a che non fosse stata al sicuro sottocoperta.

    “Quanto ci vorrà prima che la nave attracchi nuovamente? Rischierò che mio figlio si ammali di nuovo?”
    La preoccupazione di eventuali ricadute ai danni del bambino era ovviamente sincera, ma posta in quella maniera, tale domanda presentava anche una funzione “logistica”: il tempo di navigazione le avrebbe potuto far capire, a spanne più o meno larghe, quanto distante l’avrebbero portata e ciò avrebbe potuto tornarle utile, sebbene non fosse chiaro neppure a lei in che modo.
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    Astrid non si sbagliava: la donna che aveva condotto la Grafton in quel suo temporaneo luogo di detenzione era proprio colei che stava salendo le scale. Stringendo a sé Kristoff, la ragazza coi capelli rossi non si privò di un’occhiata per metà dubbiosa e per metà titubante circa l’atteggiamento che la sua rapitrice aveva dimostrato in quella specifica occasione. Che la stesse deridendo o che fosse realmente di buon umore non era dato saperlo, a dire il vero il rumore metallico che proveniva dal sacchetto stretto tra le sue mani lasciava pochi dubbi sull’origine di un’eventuale sincerità celata dietro al suo buonumore.
    La vera domanda, ora, riguardava soltanto Astrid e suo figlio: che ne sarebbe stato di loro?

    “Aspettate, che?” Indagò quasi con incredulità, la sua voce era più simile ad un sussurro ma in quella particolare circostanza mantenne il proprio tono neutrale e calmo, molto diverso da quello aggressivo e al vetriolo con cui aveva condotto la precedente conversazione con la rapitrice.
    Probabilmente quella domanda non avrebbe avuto alcuna risposta, ma forse il dimostrarsi più ben disposta e collaborativa avrebbe potuto aiutarla a carpire qualche informazione… sebbene il suo obiettivo di proteggere Kristoff ad ogni costo non fosse assolutamente diminuito d’importanza. O forse si trattava di una trappola… era meglio non aggredire, ma nemmeno abbassare la guardia.

    Muovendo qualche passo in avanti verso l’uscita della stanza, come a dare prova del proprio voler cooperare con loro avrebbe potuto giovarle, da un certo punto di vista. Doveva essere pragmatica e sfruttare ogni occasione apparentemente benevola per garantirsi ogni vantaggio utile… e in quel caso erano le informazioni a rivelarsi cruciali.

    Le scale che conducevano verso la parte bassa della torre furono l’occasione perfetta per Astrid, che cercò di scambiare qualche parola con la donna, tenendo Kristoff vicino al proprio petto e gettando ogni tanto qualche sguardo verso di lui, come ad accertarsi che fosse tutto a posto.
    “Grazie per aver, insomma, mandato qualsiasi cosa fosse quello che ha guarito mio figlio” Mormorò, scoccando un’occhiata sinceramente grata, senza però dare voce all’altra domanda che invece ancora martellava la sua testa: perché l’aveva fatto? Il timore principale era che un neonato morto non avrebbe potuto essere venduto a degli schiavisti… e ciò le fece gelare il sangue al solo pensiero. Doveva tuttavia scoprirlo, non poteva attendere ancora.

    “E questo luogo più… adatto? Quale sarebbe? Ci state per vendere a degli schiavisti di Essos?”

    Quella sembrava l’opzione più probabile, nel momento in cui i suoi occhi azzurri incontrarono nuovamente la brillante luce del giorno. La nave su cui sarebbe stata imbarcata non sarebbe stata quella che l’aveva portata su quelle rive, anzi, quella stava già cominciando a prendere il largo, portata chissà dove dai venti marini.

    Quella su cui sarebbe stata condotta Astrid era molto più grande, all’apparenza progettata per lunghe traversate… ma l’equipaggio intento a trasportare vari beni ed oggetti al suo interno non sembrava affatto originario di Westeros… il che rafforzò ulteriormente l’idea di essere prossima ad essere venduta a qualcuno.
    “Ci state riportando a Città del Gabbiano? Mio padre ha già pagato il riscatto?” Chiese con forzato garbo la ragazza, quasi a volersi illudere che nel giro di poche ore tutto un accordo per il loro rilascio fosse già stato stretto e che i soldi per il riscatto fossero già stati pagati. Quante possibilità c’erano?

    “C’è qualcosa che possiamo fare per sistemare questa situazione in modo amichevole? Un accordo, qualcosa…”
    Il terrore la stava palesemente divorando viva ogni minuto che passava e l’eventualità che di lì a poco si sarebbe ritrovata Kristoff strappato dalle braccia sembrava quasi una realtà, ma avrebbe lottato fino alla morte in senso letterale per impedirlo, qualora quella fosse davvero stata la loro intenzione.
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    Furono ore lunghissime, quelle che Astrid fu obbligata a trascorrere in quei nuovi confini a lei completamente ignoti, ma quantomeno la sconosciuta che sembrava essere dietro al rapimento suo e di suo figlio, nonché della sua scorta, sembrava essere stata di parola e non aveva pianificato alcunché di maligno per causare un peggioramento delle condizioni di salute di Kristoff, il cui ciclo di dormiveglia si alternava con l’allattamento ogni poche ore.
    La Grafton dai capelli rossi era per lo meno riuscita a mantenersi in forze e quella zuppa portatale come vitto non era nemmeno male, considerate le condizioni in cui si era suo malgrado ritrovata… o forse era l’aver realizzato di essere digiuna da ore e quindi anche del pane secco sarebbe risultato una pietanza quasi luculliana.

    Le domande non smisero mai, comunque, di tormentarla a più riprese. Il sollievo di vedere il proprio bambino migliorare di ora in ora riaccese in lei quel briciolo di speranza che credeva di aver perso, ma il vederlo riprendere un colorito più o meno sano e di non sentire più la raucedine nel suo respiro andava a scontrarsi con il realizzare quelle che erano le proprie condizioni: si trovava chissà dove, prigioniera, con il cavaliere incaricato di scortarla massacrato di botte e senza neppure sapere se la sua assenza a Città del Gabbiano fosse stata notata.

    L’indomani, la scena sembrò ripetersi e l’anziana era tornata, accompagnata da quella medicina sconosciuta ma efficace e dalla zuppa che Astrid centellinò: era pur sempre una prigioniera e non poteva mai sapere quando sarebbe giunto il successivo pasto. Ben diverso fu invece il suo approccio alla boccetta d’argilla, in tutto e per tutto simile a quella che poche ore prima aveva cominciato a lenire i malesseri di Kristoff.
    Con la medesima pazienza che l’aveva contraddistinta anche durante la prima somministrazione, Astrid s’accertò di non sprecare neppure una goccia di quel medicamento che, per quanto sconosciuto fosse, era altresì in grado di far sentire visibilmente meglio suo figlio.
    A differenziare la sua precedente giornata dal minimo comune denominatore dell’ansia e della paura di ciò che ne sarebbe stato di lei fu il trambusto che all’esterno cominciò a generarsi dapprima in modo lieve, per poi diventare costante, come se una gran viavai di persone avesse cominciato ad avvicendarsi proprio ad alcune decine di metri in linea d’aria da dove la ragazza era rinchiusa.

    Non riusciva a capire bene cosa stesse accadendo, la distanza non le permetteva purtroppo di carpire alcuna delle parole che componevano la discussione tutt’altro che affabile tra uno dei mercenari e quella che riconobbe subito come la donna che l’aveva colpita al volto. A farle piombare il cuore in gola, tuttavia, fu la vista di quelli che Astrid riconobbe come gli uomini incaricati di scortarla a Città del Gabbiano. Inutile dire che la loro destinazione sarebbe stata un’altra, sconosciuta e sperduta chissà dove, forse ad Essos. Incappucciati e in catene in quel modo, probabilmente sarebbero stati venduti a qualche mercante di schiavi, nel migliore dei casi.
    Non vi era alcuna traccia di Ser Stone, nel cuore di Astrid sperava vivamente che fosse ancora vivo, ma dentro di sé era come sapesse che non lo avrebbe mai più rivisto…

    Con Kristoff in braccio, Astrid si sentì improvvisamente perduta: non poteva andare da nessuna parte, non aveva più neppure un aiuto o qualcuno su cui contare, né qualcuno disposto a difenderla: erano soltanto lei e suo figlio, che istintivamente strinse al proprio petto non appena una serie di rumori, provenienti dalle scale che portavano ai piani inferiori, squarciarono il silenzio che altrimenti permeava quegli ambienti: ora che non vi era più nessuno a difenderla, avrebbero cercato di portarle via Kristoff con la forza? Di fronte a quell’eventualità, Astrid avrebbe opposto una resistenza tale da poter essere piegata solo e soltanto uccidendola, ma una flebile speranza sembrò di nuovo alimentarsi dentro di lei: se la sua rapitrice era stata così magnanima dal provvedere alle cure di Kristoff, forse c’era spazio per un minimo di dialogo? Forse con un approccio diverso, le cose sarebbero cambiate e Astrid non se la sentiva di sbarrare tale percorso prima di essersi resa conto della sua eventuale inaccessibilità…
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    Astrid avrebbe tanto desiderato ribattere nella maniera acida e tagliente con cui aveva rispedito al mittente insulti neppure tanto velati, ma in uno sprazzo di lucidità apparente, si rese conto che la scelta migliore fosse quella di mordersi la lingua ed evitare ulteriori provocazioni, non tanto per la propria incolumità quanto per quella di Kristoff, in quel momento ancora tra le sue braccia e stretto saldamente (ma non con una forza tale da fargli male o causargli alcun tipo di danno) dalla giovane madre coi capelli rossi. Astrid sapeva che movimenti improvvisi o bruschi potevano davvero causargli danni di ogni genere e il proprio obiettivo, ora, era quello di tenerlo al sicuro.

    Fu allora che decise di chiudersi in un silenzio improvviso, come se avesse appena perso l’uso della parola. I suoi sguardi assassini, coi quali contraccambiò le parole della sua rapitrice sconosciuta, a suo avviso erano più che eloquenti ma una cosa era certa, di sicuro non sarebbero bastati ad intimidire né lei né i suoi uomini… ma forse un simile atteggiamento poteva aver pagato, in qualche modo. Per esasperazione, per compassione (Non mostrata) o per qualsiasi altro motivo, Astrid era riuscita a strappare un “qualcosa per tenerli in vita”… parlava di cibo? O qualcosa di più utile per il piccolo Kristoff, rimasto la sola compagnia per la ragazza nell’istante in cui i suoi rapitori, assieme alla donna che sembrava muovere i fili, chiusero la porta alle spalle della Grafton, lasciandola sola in quella stanza.

    Per qualche istante, Astrid rimase paralizzata sul posto, si aspettava di svegliarsi da un momento all’altro nel sottocoperta della nave diretta a Porto Bianco, di scoprire che non fosse stato altro che un bruttissimo incubo, ma l’opprimente umidità, il sapore metallico del sangue condensato sul suo labbro, il peso di Kristoff tra le sue braccia… erano tutti elementi troppo concreti, troppo distinti per poter lasciare più di un paio di secondi di vita a quel dubbio.
    I suoi occhi, dalla finestra che dava sul mare, scrutarono l’orizzonte… sperava d’intravedere una flotta di navi alla cui testa vi era quella di Vicare, dirette verso la spiaggia con la sola intenzione di liberare lei e gli uomini della sua scorta. Il suo atteggiamento aveva probabilmente fatto uccidere Ser Stone e di questo sicuramente se ne sarebbe rimproverata per il resto della sua vita… ma se voleva sopravvivere, sarebbe stato necessario giocarsi meglio le future carte, ammesso che gliene fossero rimaste da giocarsi. Astrid non poté non ripensare alle parole della sua rapitrice: avrebbe chiesto un riscatto? La minaccia di venderla a qualche casa del piacere del Continente Orientale era appunto una vuota minaccia atta a tenerla buona al suo posto oppure era un modo crudele per ripagare l’insolenza della ragazza dalla chioma color fuoco?
    Non passò molto tempo prima che finalmente un rumore di passi differente da quello udito decine di minuti prima infrangesse il silenzio che fino a quel momento era stato riempito soltanto dai sussurri sommessi di Astrid rivolti a Kristoff e dal mare che in lontananza sembrava mormorare minaccioso verso la torre.

    Il motivo di tale differenza venne svelato quando una donna mai vista prima, dall’aria decisamente più anziana e meno loquace, portò quella che aveva tutta l’aria di essere una sorta di brodo atto a nient’altro che dare qualche caloria per mantenere in vita la prigioniera. Ad attirare maggiormente l’attenzione di Astrid però fu la boccetta d’argilla che accompagnava quello che sarebbe stato il pasto della ragazza: non aveva idea di che cosa fosse né di che cosa contenesse, ma con un cenno d’assenso del capo, non si fece pregare e fece passare entrambi gli oggetti dall’altra parte delle sbarre d’acciaio, facendo attenzione sia a non farsi scivolare Kristoff che a non danneggiare la boccetta.

    Il gesto privo di parole dell’anziana era stato infatti sufficientemente chiaro da farle capire chi dovesse consumare cosa e, come una donna in apnea da troppo tempo e bisognosa di prendere una boccata d’aria, Astrid si sistemò sul fondo della stanza, sistemandosi il neonato tra le braccia prima di sfilare il tappo dalla boccetta d’argilla e portarsi l’orlo vicino al naso.
    Non riusciva a distinguere alcun odore famigliare, il dubbio che fosse veleno le attraversò la mente per qualche istante, ma in precedenza la rapitrice aveva dimostrato, seppur in modo velato, un certo grado di “empatia” nei confronti di un bambino che (Questo però soltanto dal punto di vista di Astrid) esattamente come la madre non c’entrava niente in qualsiasi fosse la motivazione dietro a quel rapimento.
    Avvelenarlo sarebbe stato estremamente stupido, da parte della donna che li aveva condotti fino a lì. Che fare, quindi? Il rischio valeva la candela, d’altra parte… non fare nulla sarebbe stata una condanna pressochè certa per il bambino stretto tra le sue braccia, per cui non vi era davvero altra scelta.
    Sistemando la testa del neonato in maniera tale che il liquido della boccetta non gli andasse per traverso, Astrid ebbe grande cura nell’avvicinare il bordo della boccetta alle labbra del bambino, inclinandola di quel tanto che bastava per spillarne alcune gocce tra le labbra del bambino, procedento a poco a poco e prendendosi tutto il tempo necessario per evitare di sprecare anche la più piccola porzione del liquido contenuto al suo interno. Servì una grande pazienza, ma una volta terminata quella delicata operazione, andò a posare un bacio sulla fronte del bambino, quasi come a volerlo rassicurare della sua presenza.
    Aveva forse avvelenato inconsapevolmente suo figlio? Aveva fatto il gioco crudele di quella donna? Oppure l’aveva davvero aiutata? E se così fosse stato… come avrebbe dovuto comportarsi, da quel momento in poi? La fuga non sembrava possibile, subito dopo aver somministrato il contenuto della boccetta a Kristoff, Astrid si guardò attorno e si rese conto che al di fuori della robusta porta che la separava dal resto della torre, non vi erano altre uscite…e di sicuro la finestra non era un’opzione praticabile… non lo sarebbe stata neppure senza un neonato a carico, in una condizione del genere era del tutto infattibile.
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    In altre circostanze, soltanto qualche mese prima di dare alla luce Kristoff, Astrid si sarebbe comportata in modo completamente diverso, nonostante il proprio temperamento ribelle. Avrebbe sicuramente cercato un punto d’incontro, un qualcosa che potesse interessare a quella donna a capo del gruppo di mercenari che l’aveva rapita assieme a suo figlio… ma in quel caso qualcosa di più istintivo ed animalesco aveva cominciato a prendere possesso delle sue corde vocali e di quella parte del cervello che controllava reazioni e risposte. Era di sicuro quanto di peggio potesse fare, ma la disperata volontà di difendere Kristoff la stava portando a compiere una serie di decisioni che, dall’esterno, sarebbero risultate oltremodo rischiose ma che dal suo punto di vista potevano essere l’unico modo per cavarsela.

    Stava quasi per rispondere a quel “vediamo di mettere le cose in chiaro” quando un pizzicore si allargò sul lato del volto. Il suo sguardo, che fino a poco prima era rimasto fisso a scontrarsi con quello della sconosciuta, ora fissava in maniera vuota una porzione non meglio definita dell’altro capo della stanza. La sua mente ci mise più di qualche istante ad elaborare quanto appena accaduto e prima ancora che riuscisse a processare il tutto, avvertì un sapore metallico e una specie di pizzicante bagnato scorrere sul lato del suo collo.
    Il suo primo istintivo pensiero fu quello di trovare un posto dove poggiare Kristoff, ancora stretto tra le sue braccia, prima di cercare di ripagare con la stessa moneta l’onta appena subita, lavandola via nella stessa maniera in cui aveva lavato via altri gesti simili, quando aveva non più di dieci anni peraltro con ragazze decisamente più grandi di lei.

    In quel caso però non si trattava di una qualche litigata per un inchino troppo goffo o per qualche pettegolezzo giunto alle orecchie sbagliate: il coltello puntato contro di lei a pochi centimetri dal volto rappresentava un più che valido motivo per farla desistere e se ciò non fosse stato sufficiente, intervennero anche i mercenari presenti nella stanza ad immobilizzare le braccia di Astrid, prima ancora che quest’ultima avesse modo di “scegliere” (Come se la scelta dipendesse da lei e non da un repentino scatto d’ira) come rispondere.
    La situazione aveva raggiunto un livello di paradosso senza precedenti, nella vita della Grafton: più veniva minacciata, più si sentiva mancata di rispetto… e più a sua volta perdeva il controllo. Dimostrare debolezza dopo quell’iniziale tentativo di tenere testa alla rapitrice, nella sua testa, significava una resa… e tutti sapevano cosa accadesse alle ragazze rapite che si arrendevano.

    “Lasciatemi!” Ringhiò la ragazza, cercando di divincolarsi con strattoni da parte di entrambe le braccia che tuttavia non potevano essere irruenti come avrebbe desiderato, per via di Kristoff ancora tra le sue braccia. Fu proprio a quest’ultimo che le attenzioni di Astrid si rivolsero di scatto, andandolo a coprire come meglio poteva col proprio corpo, per evitare che il filo della lama si avvicinasse ancor di più al neonato.
    Alla domanda platealmente provocatoria della donna, Astrid tentò un nuovo strattone in avanti nel tentativo di liberarsi, facendo si che il braccio sinistro si facesse maggiormente carico del peso di Kristoff rispetto a quello destro: se fosse riuscita a far perdere la presa al mercenario collocato dietro di lei sulla destra, Astrid probabilmente avrebbe tentato di sferrarle un pugno sul volto, scelta non propriamente saggia, visto ciò che la sconosciuta si era dimostrata in grado di fare ad un cavaliere addestrato al combattimento, ma tutti i suoi tentativi di liberarsi sembravano vani.

    “Ho detto che si sarebbe mosso per mio figlio, ma qui ci sono anche io, nel caso in cui non ci fossi arrivata”

    La voce di Astrid era tagliente, sputò per terra parte del sangue che le era finito sulle labbra prima di continuare.

    “Secondo voi mio padre pagherà un riscatto solo per uno dei due? O pagherà un riscatto in assoluto se mi uccidete? Se io muoio, lo verrà a riprendere con i propri soldati e probabilmente con quelli di altri lord che vogliano aiutarlo. Se il vostro obiettivo è guadagnare qualche dragone d’oro, non potete uccidermi, mio padre non pagherà un riscatto solo per suo nipote, non se sua figlia è morta”

    Fu allora che Astrid decise di giocarsi il tutto per tutto: la tensione le aveva fatto montare una nausea tremenda, una di quelle in grado di aggrovigliarle le budella e farle pizzicare la gola, ma allo stesso tempo il sangue le raggiunse il cervello e le fece pizzicare le vene del collo e delle braccia a causa dell’adrenalina.
    “Se aveste voluto uccidermi l’avreste già fatto. Sperate di guadagnarci qualcosa con me, è l’unico motivo per cui vivete in questa fogna e di sicuro io non sono nemmeno la prima”

    Edited by Erica30 - 10/1/2024, 17:42
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    Per quanto minacciosa potesse sembrare, quella donna sembrava aver sottovalutato un particolare che invece per Astrid risultava di vitale importanza: stava proteggendo suo figlio, almeno nella sua testa. Tutto ciò che aveva fatto sin dal momento in cui aveva lasciato la capitale era stato compiuto soltanto con l’intento di mettere Kristoff al sicuro il più in fretta possibile e sebbene quella vecchia parlasse dandosi l’aria di donna vissuta all’apparenza soltanto basandosi su una semplice questione anagrafica, Astrid sapeva benissimo come stessero le cose. L’ansia e la paura generatesi in lei erano smosse soltanto dal timore che al figlio che stringeva tra le braccia capitasse qualcosa.

    “Evidentemente parlate senza sapere un beneamato cazzo di cosa stia succedendo ad Approdo del Re. Uscire dalla Fortezza Rossa significa esporsi già al rischio di trovarsi con la gola tagliata, secondo voi come ci saremmo dovuti arrivare nelle Terre dei Fiumi o in qualsiasi altro castello delle terre della Corona? Volando?”

    Le sue dita strinsero Kristoff al proprio petto, mentre il suo sguardo feroce e avvelenato non si discostò neppure per un attimo da quello di colei che non sembrava avere alcuna intenzione di abbassarlo neppure di fronte ad un atteggiamento del genere. Era palese che nella voce di quella sconosciuta non vi fosse altro che risentimento e odio, ma mosso da chi o che cosa… questo non era dato saperlo: Astrid non aveva mai fatto del male a nessuno e tutto ciò non sembrava altro che una rappresaglia per qualche torto che i Lord di Westeros dovevano aver commesso ai danni di quella gente.

    “Non è certo colpa mia essere nata figlia di un Lord, né di mio figlio, né di nessun altro. Io non ho mai fatto niente a nessuno, ho passato mesi prigioniera di non so nemmeno io quale schiavista e sono viva per miracolo; quindi, perché cazzo ve la state prendendo con me? Vi piace prendervela con chi non si può difendere, immagino, uh?”

    Se Astrid avesse avuto una qualche arma per le mani, coltello o daga che fosse, e se Kristoff non fosse stato là accoccolato tra le sue braccia, di sicuro avrebbe tentato di aprire quell’estranea come un salmone, sebbene la fine che aveva fatto Ser Stone fosse un più che valido motivo per farla desistere. Morire per difendere suo figlio… tanto fanciullesco e coraggioso quanto stupido. Degno di lei, insomma.
    A farle digrignare i denti per un istante bastarono le ultime parole che, lapidarie come una freccia, le trapassarono i timpani, facendole pulsare una vena nella tempia.

    “Kristoff rimane qui con me” Ringhiò con rabbia, rimandando al mittente quello che suonava come un ordine perentorio e preparandosi mentalmente a combattere fino all'ultimo respiro “Se volete prenderlo, dovrete uccidermi. E non credo sia nel vostro interesse lasciare che muoia, in ogni caso. A mio padre di me non importa, sono una femmina nel caso in cui non ci foste arrivati, razza di ritardati.”

    Triste a dirsi, ma effettivamente metterli di fronte a quella che rappresentava una triste consuetudine nel continente occidentale.
    “Non gliene potrebbe fregare di meno, esattamente come quando venni rapita dagli schiavisti. Ma con suo nipote maschio è tutta un’altra storia: non credo proprio sia nel vostro interesse lasciare che le sue condizioni si aggravino, se volete incassare il riscatto. Non ci riuscirete se il nipote di Lord Grafton dovesse diventare un cadavere. Avrete un cazzo di Maestro o qualsiasi cosa da queste parti, o siete messi talmente male che l’unica cosa che riuscite a fare è rapire ragazze di sedici anni?”

    La sola idea che il suo bambino morisse le faceva gelare il sangue e dal suo punto di vista era proprio in momenti del genere che doveva trovare la forza d’impuntarsi e cercare di ribaltare la situazione a proprio favore.

    Non avrebbe lasciato che Kristoff cadesse nelle mani di coloro che, a parole, “se ne sarebbero presi cura”. Non lo aveva portato in grembo per nove mesi per lasciarlo alla mercè di una squilibrata in cambio di qualche altra ora di… che cosa? Prigionia? Per quanto ne sapeva, sarebbe stata venduta a qualche schiavista di Volantis e ciò non sarebbe avvenuto senza che combattesse.
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    Per quanto la riguardava, avrebbe potuto continuare ad utilizzare quella passivo-aggressività più tendente alla seconda che non alla prima per tutto il tempo che lo avrebbe desiderato; per com’era fatta Astrid, non si sarebbe fatta minimamente intimorire dal tono utilizzato da quella sconosciuta, né dai vuoti ed empi giudizi di una donna che almeno all’apparenza non sapeva neppure lontanamente cosa significasse essere madre o fare delle scelte col solo pensiero di mettere al sicuro il proprio figlio o la propria figlia. Il viaggio in mare non era stata certamente una sua idea, ma di questo probabilmente ne avrebbe fatto menzione soltanto in un luogo appropriato.
    Ciò che la preoccupava, oltretutto, non era certo la velata minaccia di morte avanzata ai danni della Grafton dai capelli rossi e ai suoi uomini: se il suo destino fosse stato quello di morire per avere salva la vita di suo figlio, lo avrebbe fatto senza pensarci su due volte… ma ciò che davvero la spaventava era quello di lasciarlo in balia degli eventi, di perfetti sconosciuti che da un lato avrebbero potuto semplicemente fingere di preoccuparsi per Kristoff solo per convincerla a consegnarglielo: l’unica occasione in cui ciò sarebbe avvenuto, lo aveva già deciso pochi istanti prima in una specie di delirante ragionamento in cui la sua immaginazione aveva proiettato diversi esiti di quel rapimento.
    Ciò che però davvero sollevava più di qualche interrogativo in Astrid era l’atteggiamento di quelli che a tutti gli effetti sembravano essere un mucchio di sottoposti alla donna: questo era davvero inspiegabile, per quello che ne sapeva lei, nessuna donna poteva che non fosse una regina o una Lady aveva mai potuto vantare posizioni di prestigio tali, men che meno di poter comandare una guarnigione o qualsiasi cosa fosse quella cosa a cui appartenevano tutti quegli armigeri.

    I suoi pensieri vennero comunque distratti dal pianto di Kristoff, sul quale si spostò immediatamente l’attenzione della giovane madre che lo portava in braccio e che riprese a coccolarlo nel tentativo di far cessare il suo pianto, sebbene nella sua testa riecheggiassero ancora le parole della sconosciuta che poco prima aveva ridotto in fin di vita Ser Stone. Era come se non fosse minimamente infastidita dalla presenza di un neonato ma che, anzi, quest’ultimo fosse l’unico a cui il tono di riprovazione e di accusa rivolto a lei e ai suoi uomini sembrava essere stato risparmiato.
    All’apparenza quella torre non era adibita a luogo in cui vivere, decisamente no: non vi erano né letti né brande né altro… da un lato quindi il timore di essere imprigionata là dentro svanì nel nulla, ma dall’altro… significava forse che il suo destino sarebbe stato un altro?
    Per il momento conveniva comunque dimostrarsi accomodante, nonostante il desiderio di cavar gli occhi fuori dalle orbite di quella sconosciuta era ancora molto vivo in Astrid, che ancora cercava di stringere Kristoff contro il proprio petto.
    Una cosa era certa, comunque: chiunque fosse quell’estranea, di sicuro aveva una solida conoscenza del Continente Occidentale.
    “Sì, esattamente. Sono la figlia di Lord Grafton, non vedo come questo cambi le cose.” Cominciò Astrid in tono asciutto, sforzandosi di non far trapelare la benché minima briciola di paura, per poi rispondere alla domanda circa le azioni dei suoi rapitori.

    “Sono stati loro ad unirsi a noi, non il contrario. Hanno catturato una nave piena di quei fanatici che stanno mettendo sottosopra Approdo del Re, ed è proprio a causa di quei fanatici se io e mio figlio siamo stati costretti ad imbarcarci per andarcene dalla Capitale, visto che non era più un posto sicuro.”
    Prendendo un istante di pausa, gettò un rapido sguardo al neonato stretto tra le sue braccia per poi continuare, facendo subito ben intendere dal tono della voce che nel proprio racconto non vi fosse alcun desiderio di farsi compatire, ma solo di raccontare i fatti per come stavano.

    “E’ nato là poche settimane fa, l’alternativa era quella di esporlo ad un rischio ancor più grande con un viaggio via terra che avrebbe richiesto mesi. Durante il viaggio mio figlio si è ammalato e hanno deciso, col mio consenso, di separarmi dal gruppo e farmi approdare a Città del Gabbiano per far curare mio figlio. A Porto Bianco sarebbe stato più semplice trovare un Gran Maestro, ma ci sarebbe voluto troppo tempo. Tuttavia sulle navi su cui viaggiavamo si sono verificati dei furti di cui tutti sono stati vittime, sia i mercenari che noi. Per quanto ne posso sapere, potrebbero essere stati ‘i vostri esimi colleghi’…”
    La voce di Astrid cambiò per un attimo, accentuando queste ultime quattro parole con aria di disprezzo, quasi sibilando poi il resto del discorso.

    “… per poi avere una scusa per rapirci e… che vogliono fare, venderci? In ogni caso loro sapevano benissimo quale fosse la situazione e quali fossero le condizioni di mio figlio e io gliel’ho anche proposta una soluzione che potesse far contenti tutti: rimanere al largo di Città del Gabbiano, mandare qualcuno dei loro a parlare con mia madre, farsi consegnare l’oro richiesto e liberarci, invece no: visto che vi preoccupate tanto della vita di mio figlio e non capisco nemmeno il perché… bhè posso dirvi questo: io la scelta di fargli affrontare un viaggio in mare non l’ho presa certo a cuor leggero, la scelta era correre quel rischio o correre quello di essere ammazzati dai fanatici nella capitale. I tuoi ‘esimi colleghi’ invece se ne sono fregati altamente di come stesse mio figlio e lo hanno costretto a prolungare inutilmente il viaggio in mare solo per poter guadagnare due Dragoni d’oro in più che potevano tranquillamente ricevere da Città del Gabbiano”

    Il tono di Astrid, per quanto avvelenato e intriso d'odio fosse, era anche venato di una profonda sincerità: non era stata lei a mettere a repentaglio inutilmente la vita di suo figlio: il come aveva agito era imputabile a nulla che non fossero agenti esterni, realtà su cui lei non aveva il controllo ma che doveva comunque affrontare.
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    La capacità di ragionamento di Astrid era andata a farsi benedire da molti minuti a quella parte, ma allo stesso tempo conservava una sorta di strana lucidità, come se sentisse di avere il controllo dei propri pensieri ma anche di essere prossima al perderne il dominio nel giro di qualche istante.

    “E’ un cavaliere, che cosa cazzo vi aspettavate se osate minacciare la sua signora? Una stretta di mano?!” Sibilò velenosamente, soffocando il nodo alla gola ma al contempo lasciando andare la propria presa sul braccio della donna capì di aver fatto guadagnare a Ser Stone qualche altro minuto: tutto ora stava a scoprire se fosse in grado di passare la notte e sopravvivere alle ferite ricevute o se invece tutto ciò non avesse fatto altro che prolungargli la sofferenza. A giudicare dai rantoli e dall’aspetto tumefatto del suo volto, che Astrid osservò con un’espressione pietrificata e sconvolta, sembrava già essere più di là che di qua. Avrebbe voluto dire qualcosa, scusarsi per aver messo a repentaglio la sua vita in un modo del genere, ma dalla sua bocca non fuoriusciva alcun suono, soltanto quello dei propri respiri accelerati.

    A distogliere la sua attenzione da quella terribile vista intervenne la voce della misteriosa donna che era stata in grado di appendere la vita del cavaliere di Città del Gabbiano ad un filo con una facilità disarmante, ma il tono di giudizio con cui venne apostrofata in maniera sprezzante non riuscì proprio a farselo andare giù.

    “E secondo voi perché stavamo cercando di tornare a Città del Gabbiano? Lo vedo anch’io che mio figlio non sta bene, non avevamo un Gran Maestro con noi quando siamo salpati dalla Capitale, sono stati i tuoi uomini o chiunque cazzo siano questi… a far sì che mio figlio peggiorasse! Se ci avessero portato a Città del Gabbiano fin da subito non sarebbe successo niente!” Replicò digrignando i denti con fare rabbioso mentre stringeva Kristoff al petto.
    Che fosse una madre giovane lo sapeva e l’aveva accettato come sua nuova condizione, quello che invece non accettava era il giudizio di una donna che nemmeno era a conoscenza dei fatti per come realmente stavano.

    Fu però quel “Per tutti i modi in cui ci avete trattato” a non avere alcun senso: lei non aveva trattato nessuno in alcun modo: che c’entrassero suo padre o gli altri lord del Continente Occidentale? E che colpa poteva mai averne lei? Malvolentieri, ma costretta, si rese conto di non avere altra scelta se non quella di eseguire quell’ordine perentorio di raggiungere la torre che svettava a pochi passi da là…

    Gettando un’ultima, colpevole occhiata a Ser Stone, ancora riverso sul ponte della nave, Astrid strinse nuovamente al petto il figlio e si incamminò per poi scendere dalla nave, in preda a sensi di colpa di ogni genere, nonché all’incertezza più assoluta.
    I suoi piedi affondavano nella sabbia con facilità e camminare in quel modo non era affatto facile, specialmente quando si sentiva le gambe molli come budino, ma per fortuna la sua destinazione non si trovava a più di un paio di minuti di strada: poteva soltanto sperare che gli altri soldati della sua scorta non finissero per essere giustiziati, in sua assenza… ma di ciò non aveva ricevuto alcuna garanzia.
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    Per quanto Astrid tentasse, Kristoff diventava sempre più inconsolabile ad ogni crisi di pianto e cercò comunque di fare del proprio meglio anche in quell’occasione per calmarlo, ma al timore per le condizioni del bambino si aggiunse anche quella che nella testa della ragazza dalla chioma ramata venne immediatamente interpretata come una minaccia: quella donna che fino a poco prima si era limitata a conversare poco amabilmente coi due mercenari, ora era diretta verso i prigionieri… e la prima persona con cui se la prese senza tanti giri di parole fu proprio la stessa Grafton.

    La ragazza, dal canto proprio, si chiuse in un profondo silenzio, si limitò a sorreggere lo sguardo colmo di disprezzo che quella sconosciuta le aveva lanciato, come a lasciar intendere che, nonostante se la stesse effettivamente facendo sotto dalla paura, per il bene di suo figlio non si sarebbe fatta intimidire, specialmente da una completa sconosciuta che non aveva idea di cosa significasse essere madre. Il respiro pesante della Grafton, colmo di paura, forse tradivano un po’ la sicurezza che invece pretendeva di ostentare, ma nulla di più.

    La vera minaccia però venne a crearsi nell’istante in cui, con un ordine perentorio, quella sconosciuta le ordinò di consegnarle Kristoff. Astrid, per tutta risposta strinse ancor più a sé il neonato tra le proprie braccia e una semplice parola che riassumeva bene quello che pensava di lei, di quei mercenari e di quella dannata situazione sfuggì dalle labbra della ragazza.

    “Vaffanculo” Sibilò, un attimo prima che tutta quella situazione accelerasse all’improvviso: il trambusto generato da Ser Stone tutto d’un tratto confuse la stessa ragazza, che con un sussulto tentò di farsi piccola piccola contro il parapetto della nave: approfittando del braccio teso della sconosciuta, il cavaliere di Casa Grafton si era rialzato di scatto e l’aveva allontanata da Astrid sferrando un paio di colpi che in un primo momento parvero efficaci per una manciata di secondi ma che in realtà produssero un effetto completamente inaspettato: quando Ser Stone, per l’ennesima volta, passò all’attacco, la mercenaria, sempre che tale potesse definirsi -contrattaccò in un modo talmente efficace e brutale da far urlare Astrid dall’orrore che si consumò sotto i suoi occhi: Ser Stone, il miglior cavaliere di Città del Gabbiano e che all’apparenza doveva avere la meglio in pochi secondi su quella donna, era stato letteralmente preso e massacrato senza pietà: l’odore del sangue colpì immediatamente le narici di Astrid, che dovette mettere tutta sé stessa nel tentativo di non vomitare, reprimendo un conato soltanto a causa del terrore che l’aveva investita come un vero e proprio tsunami.

    “Basta! Lasciatelo stare!” Gridò alzandosi in piedi, approfittando della fasciatura che manteneva il neonato “legato” al corpo di Astrid, la quale si diresse ad ampie falcate verso il punto della nave dove si stava consumando quell’atroce crimine, tentando di frapporsi tra Ser Stone, ormai esanime e col volto ormai ridotto ad una maschera di sangue e all’apparenza esanime. Non sapeva se fosse ancora vivo, ma Astrid non poteva comunque permettere che qualcuno che aveva servito così fedelmente la sua famiglia morisse per mano propria, per la propria ignavia e codardia. Stringendo a sé Kristoff, con un braccio, come a far capire che non glielo avrebbe mai consegnato, tentò d’intervenire e il primo istinto fu quello di tentare di interrompere la presa della donna su Ser Stone, cercando di spingerla via con l’unico braccio disponibile per tale azione.
    Ser Stone, che era almeno il doppio più robusto della ragazza, era stato facilmente messo fuori gioco, per cui se quella donna avesse voluto avere la meglio su Astrid, sarebbe stato un gioco da ragazzi, ma in quel momento tutto ciò che Astrid volle fare fu sia proteggere Kristoff che il cavaliere che aveva cercato di difenderla.

    “Non vi consegnerò Kristoff, non importa quanto possiate fare del male a me o ai miei uomini, quindi tutta questa violenza è inutile!” Sbraitò con sguardo stralunato, recapitando un paio di epiteti non propriamente cordiali all’indirizzo di quella donna. Aveva paura di lei, certamente, ma la paura che qualcuno potesse far del male a Kristoff era sufficientemente più forte per permetterle di moltiplicare il proprio coraggio per cento.
    Fu un tentativo di mediazione alquanto patetico, se ne rendeva conto lei stessa, ma una sedicenne terrorizzata come lei in quel momento non aveva davvero altre frecce al proprio arco ed era costretta a giocarsela con ciò che aveva.

    Edited by Erica30 - 10/1/2024, 17:44
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    Le possibilità di successo di quel piano così raffazzonato ed improvvisato non giocavano certamente a favore dei prigionieri: non solo ciò che stava facendo Astrid avrebbe potenzialmente causato un inasprimento delle loro condizioni di prigionia, se scoperta a tentare di liberare Ser Stone e gli altri prigionieri, ma chi poteva garantirle che non ci sarebbero state eventuali punizioni fisiche da affrontare? Per lei… o per il figlio che portava con sé e che in quel momento sembrava essersi temporaneamente calmato, quel tanto che bastava per permettere ad Astrid di concentrarsi sullo sciogliere quel nodo: qualche progresso sembrava farlo, ma chiunque lo avesse stretto sapeva certamente il fatto proprio.

    Ma… per quale motivo un mercenario avrebbe mai dovuto avere così tanta esperienza nello stringere nodi in grado di risultare ostici per chiunque? In un primo momento, l’ipotesi che la giovane Grafton ritenne più probabile fu un parallelismo tra quel nodo e quelli da conoscere necessariamente per poter condurre una vita in mare senza problemi di sorta, ma in ogni caso qualcosa sembrava comunque non tornarle… e tale sensazione parve amplificarsi a dismisura non appena una figura nascosta dall’oscurità, ormai sopraggiunta come una lugubre coperta buia, montò a bordo della nave. Astrid si distrasse per non più di un paio di secondi, quel tanto che bastava a rendersi conto che il nuovo arrivo fosse a sua volta una donna, esattamente come lei… e la cosa non mancò di farle asciugare la bocca a causa del nervosismo: aveva udito ben poche storie di donne ammesse in luoghi del genere, solitamente popolati invece da mercenari, armigeri e dalla peggior feccia tutta al maschile. E nei pochi casi in cui c’erano di mezzo donne… spesso il tutto si traslitterava in un unico, semplice termine, tanto semplice quanto banale.
    Schiavisti.

    Che la sorte stesse davvero cercando Astrid per vendicarsi della menzogna raccontata molti mesi prima per giustificare la propria fuga improvvisa da Città del Gabbiano? Ora la situazione che fino a poco tempo prima aveva prospettato come ciò che realmente era accaduto al momento della sua scomparsa, quando ancora non sapeva di portare in grembo Kristoff, si stava materializzando sotto ai suoi occhi? Non poteva permetterlo, non poteva permettere che a suo figlio fosse fatto qualcosa di male, ma ciò che Ser Stone disse subito dopo fu anche ciò che produsse un violento brivido gelido lungo la spina dorsale della ragazza dai capelli lunghi.

    “E se… non fossero mercenari?” Sussurrò Astrid in maniera impercettibile, in modo che le proprie parole non attraversassero l’etere ed attirassero l’attenzione involontaria dei loro carcerieri, collocati sull’altro lato della nave. Imprecando mentalmente contro i nodi e la loro solidità, Astrid riuscì ad insinuare un paio di dita al di sotto delle corde. Era come se sciogliendone uno se ne materializzassero altri tre, ma mentalmente continuava a ripetersi di concentrarsi e di far presto, implorando mentalmente che Kristoff non riprendesse a piangere proprio in quel momento. Non voleva ammetterlo, ma l'eventualità che i mercenari vedessero i loro ostaggi come merce da vendere era tutt'altro che remota e la sola idea fu in grado di far rivoltare le budella di Astrid, procurandole un fitto senso di nausea.

    Ci stava decisamente mettendo troppo, ogni secondo era una lama in più che le veniva puntata alla gola o almeno così pensava… ma c’era anche da considerare un altro fattore: l’incognita di cosa fare subito dopo. I loro rapitori avevano comunque la superiorità numerica dalla loro parte e non sapevano neppure dove la nave fosse approdata. La soluzione chiaramente non era quella di combattere, ma di fuggire… ma dove?
    Facendo scivolare un altro capo della corda dal nodo appena sciolto, Astrid si concentrò sui polsi del cavaliere incaricato di proteggerla: liberati quelli, far scivolare fuori le mani e donar loro una rinnovata libertà sarebbe stato facile… ma a quel punto cosa avrebbero potuto fare?
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    Più il tempo passava, più la situazione confondeva Astrid: non erano prigionieri, ma gli uomini che erano là con lei erano stati legati come criminali qualunque… non richiedevano un riscatto, ma un “risarcimento dei danni”… perché non attendere davanti alla costa di Città del Gabbiano, allora? Le navi di casa Grafton non erano certo sufficienti per un assalto in piena regola per cui non avrebbero potuto fare nulla neppure volendo.

    Rassegnata, Astrid si adagiò di schiena contro il bordo legnoso della nave, di fianco a Ser Stone e con Kristoff stretto tra le braccia e lo sguardo rivolto di fronte a sé, quasi come se stesse studiando coloro che si trovava di fronte, alla ricerca di qualche intenzione nascosta.

    ***

    Il loro arrivo, dopo una decina di ore di navigazione o poco più, non fu dei più rassicuranti: Astrid non aveva idea di dove diamine si trovasse questa famosa Spiaggia Azzurra, non ricordava neppure che gliene fosse mai stata fatta menzione durante le lunghe lezioni a Città del Gabbiano, per cui individuarne la posizione così a colpo d’occhio sarebbe stato difficile se non impossibile. A giudicare dalla sicurezza con cui la nave entrò in quella che aveva tutta l’aria di una baia utilizzata già altre volte dai mercenari per chissà quale giro d’affari piuttosto losco, quella non doveva certo essere la prima volta che si adoperavano in scenari del genere. Avevano fatto male, malissimo a fidarsi ma continuare a rimproverarsi non sarebbe servito assolutamente a nulla.
    Cercando di cullare Kristoff quel tanto che bastava per farlo smettere di piangere, Astrid osservò la stragrande maggioranza dei mercenari smontare dalla nave, alcuni di essi lanciarono più di qualche sguardo al piccolo gruppetto originario della Valle che erano riusciti a catturare, ma ciò che catturò maggiormente l’attenzione della ragazza dai capelli rossi fu il modo con cui i mercenari si dimostrarono così fiduciosi da annullare completamente ogni buonsenso, lasciando poche guardie là sulla nave.

    Non poteva contare sul favore delle tenebre, in quanto il sole ancora illuminava il cielo col proprio tepore, ma Astrid notò che coloro che erano stati lasciati a sorveglianza dei prigionieri non fossero esattamente attenti e ligi al proprio dovere: probabilmente parte di loro stava già pensando al bordello in cui sperperare i soldi del “risarcimento”, come lo chiamava Naaro.

    Approfittando del pianto di Kristoff, che continuò comunque ad essere coccolato il più possibile ma i cui vagiti coprivano la maggior parte dei suoni che avrebbero potuto produrre con una conversazione appena sussurrata, Astrid si avvicinò quel tanto che bastava a Ser Stone per far sì che soltanto lui potesse udirla, sistemandosi furtivamente in maniera tale che il proprio corpo coprisse ciò che stava facendo nell’istante in cui allungò una mano dietro alla schiena del cavaliere, cercando di sciogliere il nodo che stringeva i suoi polsi, impresa non facile in cui riuscire, motivo per cui decise di sistemare Kristoff in una posizione sicura contro il proprio petto, usando temporaneamente il mantello come supporto in modo da avere entrambe le mani libere.
    “Ne sono rimasti pochi sulla nave, se riuscissi a slegarvi poi potremmo slegare anche gli altri soldati della scorta e pensare ad un piano, però siete tutti disarmati… potreste provare a cogliere di sorpresa quelli che sono rimasti e usare le loro armi, ma arrivando qui ho visto una… non so cosa fosse, una torre d’osservazione o cose simili” Spiegò la ragazza, che comunque di certo non brillava per doti strategiche: il piano che si era venuto a creare nella sua mente era soltanto frutto dell’improvvisazione.
    “Il punto è che là sopra c’erano guardie o non so che cavolo fossero… se ci vedono è la fine”

    Astrid imprecò mentalmente nel tentativo di sciogliere il nodo che stringeva i polsi di Ser Stone: da bambina era un vero talento a disincastrare corde di vario tipo strette da nodi solidi come l'acciaio, al porto di Città del Gabbiano, ma doveva ammettere che coloro che avevano imparato a fare nodi del genere conoscessero il fatto loro.

    Edited by Erica30 - 10/1/2024, 17:44
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    Astrid conosceva bene i giuramenti che legavano un cavaliere alla casata che serviva ed era palese che il gesto appena compiuto da Ser Stone, a seguito della richiesta della Grafton, fosse quanto di più forzato potesse mai fare, ma del resto che altre opzioni avevano? Quali percorsi alternativi avrebbero mai potuto battere? Anche la superiore esperienza dei soldati Grafton nel combattimento non sarebbe bastata, di fronte ad una soverchiante superiorità numerica come quella che si ritrovavano di fronte.

    Da morti non sarebbero certo riusciti a tornare a casa, da prigionieri invece sì. Per il momento c’era una questione più urgente da sistemare: l’intuito di Astrid la stava portando a pensare che il passo successivo sarebbe stato raggiungere un porto che i mercenari ritenessero sicuro e da lì passare poi alle trattative per un riscatto degli ostaggi che avevano appena ottenuto.
    Se la situazione che si profilava sarebbe stata davvero la suddetta, ci sarebbero stati sia vantaggi che svantaggi.
    Il primo e più importante aspetto positivo era ovviamente la concreta possibilità di tornare a casa in un tempo relativamente breve, oltre al fatto di poter contare su un trattamento dignitoso per lei e per i soldati che l’accompagnavano… ma ciò che non smetteva di preoccuparla era invece la possibilità che Kristoff peggiorasse… e per evitare ciò fu necessario che Astrid sfoggiasse la sua migliore abilità diplomatica.

    “Sentite… il riscatto che chiederete a mio padre verrà pagato sicuramente, ma a me serve un Maestro o qualcuno di simile per mio figlio. Non ve ne fregherà niente e questo l’ho già capito, ma per voi sarà molto più semplice ottenere l’oro che vorrete se a mio padre giungerà la notizia che sia la figlia che il nipote stanno venendo trattati bene. Nessuno, nemmeno i Lord del Continente Occidentale, scambiano volentieri ostaggi in caso sapessero che non sono stati trattati dignitosamente. C’è qualcuno a questa… “spiaggia azzurra” o come si chiama che ne capisca qualcosa di malattie o cose del genere?”


    La sua voce, a dispetto della situazione tragica in cui si trovavano, era tranquilla e pacata… ma soltanto perché aveva capito che se avesse davvero voluto vedere quei mercenari penzolare per le loro budella da un albero avrebbe dovuto comportarsi in maniera più strategica e assennata rispetto a quanto fatto poco prima. Stringendosi Kristoff al proprio petto, gli scoprì leggermente il capo e ne carezzò la fine capigliatura rossastra.

    Questo evitò di dirlo ad alta voce, ovviamente, per evitare che i provvedimenti nei suoi confronti si facessero più duri… ma se Kristoff fosse morto, sicuramente si sarebbe lasciata morire anche lei. Non di fame o di sete, alla prima occasione utile avrebbe tentato di farla finita nel modo più efficace disponibile in quel momento… e quell’idea le faceva rivoltare le budella dal nervosismo e dalla paura, ma doveva essere forte per suo figli.
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    In un certo senso, la situazione che si era venuta a creare era quella che Astrid aveva raccontato di aver vissuto quando, alcuni mesi prima, era inspiegabilmente scomparsa da Città del Gabbiano. In quel caso, tuttavia, la situazione era ben diversa: il rischio che stava correndo era ben più reale di quanto avesse immaginato e il tentativo di far ritornare al proprio posto i mercenari non ebbe alcun effetto, se non quello di gettare ulteriore legna sul fuoco, ormai divenuto un vero e proprio incendio.

    Ser Stone, Astrid glielo leggeva negli occhi, non aspettava altro che un ordine per estrarre la spada. Effettivamente non era mai stato un uomo di molte parole, da quel punto di vista, colei a perdersi in chiacchiere era più che altro l’erede al seggio di Città del Gabbiano, lui invece era più palese che fremesse per infilzare il mercenario di fronte a lui come uno spiedino… e la ragazza dai capelli rossi, muovendo un paio di passi all’indietro, si ritrovò combattuta: da un lato, il desiderio di vendicare l’onta di aver ricevuto parole simili da un pezzente che in un’altra situazione si sarebbe ritrovato a pendere per il collo dalle mura di Città del Gabbiano era molto forte, ma dall’altra doveva guardare le motivazioni che la trattenevano dal dare l’ordine… e la prima era stretta fra le sue braccia, in completo silenzio, eccezion fatta per qualche colpo di tosse.
    Se ciò non fosse stato sufficiente e già lo era, agli occhi, di Astrid, c’era anche da considerare l’aspetto morale: davvero avrebbe mandato a morire nove degli uomini al servizio di Casa Grafton per un “insulto”? Aveva avuto la lingua troppo lunga ed ora il peso di tale avventatezza lo avrebbe dovuto pagare lei, era giusto che ne portasse lei la responsabilità, non suo figlio né tantomeno i soldati che la scortavano. La sconfitta, in un eventuale combattimento sul ponte della nave, era pressochè certa: per un soldato Grafton c’erano almeno quattro mercenari, anche le armature decisamente più pesanti potevano fare ben poco, in uno scontro corpo a corpo come quello. Stavolta dovevano giocarsela con più accortezza ed evitare di peggiorare ulteriormente la situazione.

    “Fate come dice” Disse asciutta, voltandosi brevemente dietro di sé e lanciando un’occhiata ai soldati che l’accompagnavano senza tradire alcuna emozione pur essendo, dentro di sé, terrorizzata da ciò che sarebbe potuto accadere in caso avesse pronunciato un’altra parola di troppo, ma preparandosi mentalmente a quelli che sarebbero stati giorni assai oscuri sia per lei che per Kristoff, nonché per tutti coloro che l’accompagnavano. Allungando una mano, andò a posarne il palmo sull’elsa dell’arma impugnata da Ser Stone, scambiando un’occhiata fugace con lui. La bocca le era diventata secca come il deserto di Dorne e da un certo punto di vista maledì il momento in cui aveva accettato di effettuare quella traversata con gente del genere
    “Non morirà nessuno qui per colpa mia” Pensò tra sé, attendendo che il disarmo degli armigeri là con lei venisse ultimato.
    “Io ho mio figlio in braccio, quindi lasciatemi le mani libere, legatemi le caviglie piuttosto, tanto su 'sta cazzo di nave non vedo dove potrei andare”.

    Ciò su cui non avrebbe lasciato spazio di trattativa era poter tenere Kristoff sempre con sé, non che i mercenari sembrassero particolarmente interessati a lui, ma era comunque meglio mettere in chiaro le cose fin da subito: il solo pensiero era in grado di farle accelerare il battito cardiaco a tal punto da farle temere che, da un momento all’altro, le potesse chizzare fuori dal petto: pian piano, il piccolo sussurro della follia si stava impadronendo della sua mente in preda al panico e, ne era convinta, si sarebbe gettata in mare assieme a lui qualora tale richiesta non fosse stata assecondata.

    assieme a lui qualora tale richiesta non fosse stata assecondata.
    La domanda vera e proprio, adesso, diventava un’altra: messasi a sedere in fondo alla nave, con le dita affondate nel tessuto che avvolgeva suo figlio, Astrid osservò il cielo sferzato dal vento mentre le parole di Naaro risuonavano come un eco nelle sue orecchie: Spiaggia Blu? Che diamine di posto era? Astrid non l’aveva mai sentito nominare, poteva solo sperare che l’intenzione dei mercenari fosse quella di trovare un posto sicuro dove rintanarsi in attesa di un riscatto e non quello di venderli a qualche schiavista.
    In quel caso la fuga sarebbe stata pressochè impossibile… e Astrid sarebbe stata costretta a scegliere la via allo stesso tempo più semplice e difficile per una madre.

    Edited by Erica30 - 10/1/2024, 17:44
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    Di tutti gli inconvenienti che sarebbero potuti capitare, una volta imbarcati sulla nave dei mercenari, quello che si era verificato fu uno dei peggiori in assoluto, non tanto a causa del pericolo imminente che venne a creare. nessuno sembrava intenzionato a tagliare la gola a lei, a suo figlio e agli uomini che l’accompagnavano, quanto per via di ciò che avrebbe potuto comportare.
    Il piano di Astrid si era dimostrato a rischio fallimento fin da subito, non perché fosse mal studiato o con qualche difetto, semplicemente perché non aveva tenuto da conto della venalità dei mercenari: effettivamente non erano come i suoi uomini, legati da un vincolo di fedeltà a casa Grafton, seguivano semplicemente il richiamo dell’oro, nonostante il capitano dei mercenari stessi sembrasse accampare scuse che potessero dare una qualche parvenza di credibilità a quel “cambio di termini”.
    Sistemandosi Kristoff tra le braccia, Astrid rimase in silenzio per qualche istante e poi si fece avanti, ignorando le ciocche rosse della sua chioma sferzata dal vento: se si fosse ritrovata ad affrontare una simile situazione soltanto qualche anno prima, probabilmente avrebbe agito d’impulso ed avrebbe ordinato ai suoi uomini di massacrare coloro che si rifiutavano di portarla a Città del Gabbiano, ma gli ultimi avvenimenti l’avevano resa più saggia e sviluppato il suo senso della misura: a parte per gli otto soldati Grafton dietro di lei, soltanto ser Stone era in grado d’ingaggiare battaglia, ma l’inferiorità numerica appariva schiacciante: per ognuno di loro vi erano almeno tre o quattro mercenari, non sarebbe stato affatto difficile per questi ultimi avere la meglio. No, la forza non era la tattica migliore da utilizzare… non in maniera diretta, almeno.
    La diplomazia doveva avere necessariamente un ruolo di prim’ordine… ma anche in quel caso avrebbe dovuto dimostrare la propria posizione di forza anche semplicemente utilizzando le parole e non la spada.
    “Se posso, signori” Disse Astrid, cercando di attirare l’attenzione dei presenti.

    “Voglio ricordarvi che avete accettato un pagamento di un certo tipo, che razza di reputazione pensate di farvi se doveste agire così con ogni persona che vi assume? Tempo tre ingaggi e vi ritrovereste a saccheggiare qualche peschereccio per sopravvivere”
    Per tutto il tempo, Astrid mantenne il contatto visivo con il mercenario con cui stava dialogando, in modo da dimostrare di non avere paura.
    “Mica siete stati gli unici ad aver subito dei furti, tutto il gruppo li ha subiti, quindi non inventiamoci cazzate sul perché stiate facendo questa scelta. Ve lo dico molto chiaramente-”
    Era un rischio: la sincerità prematura poteva potenzialmente metterli in una situazione difficile, ma se ciò fosse andato a buon fine, forse sarebbe riuscita a fare qualche passo avanti.

    “-Se vi aspettate che vi sganciamo 80 dragoni d’oro sull’unghia potete scordarvelo, perché non li abbiamo. In compenso possiamo fare un accordo di questo genere: voi portateci a Città del Gabbiano ed annunciate di averci preso come prigionieri e di volere un riscatto, così i…”
    Astrid si fece rapidamente un conto mentale per capire quale fosse la cifra complessiva che avrebbero dovuto sganciare a quei figli di puttana per far sì che Kristoff non morisse a causa di una malattia fino ad allora sconosciuta.
    “… 230 dragoni d’oro li chiederete direttamente a loro e li otterrete di sicuro, senza correre il rischio di vederci scappare via. Per quanto riguarda la vostra idea di portarci altrove… bhè, vi racconto questa cosa: già una volta in passato sono stata rapita e portata ad Essos, mio padre ha sguinzagliato mezzo mondo ed è riuscito a trovarmi, anche per via delle sue importanti conoscenze a corte”

    Si trattava certamente di un bluff, ma solo in merito alla sua fuga ad Essos, da tutti conosciuta come un “rapimento”.
    “E chi mi aveva rapito faceva parte di un gruppo molto grosso di tagliagole esattamente come voi. Vi lascio immaginare cosa gli uomini di mio padre abbiano fatto ai responsabili. Ora, secondo voi, ad una quarantina di mercenari sgangherati che hanno dovuto rubare una nave perché troppo al verde per poterne comprare una cosa pensate che farebbero? Tu che cosa credi, ser Stone? Conosci mio padre quanto me, dopotutto”
    Gli chiese, voltandosi nella sua direzione

    “Tuttavia, vi sto offrendo due scelte, vista l’urgenza del vostro aiuto: ottenere ciò che chiedete una volta giunti a destinazione o ritrovarvi con braccia e gambe tagliate e sistemati sulla battigia a farvi mangiare da gabbiani, granchi ed insetti. Io se fossi in voi non avrei dubbi su cosa scegliere”


    Edited by Erica30 - 10/1/2024, 17:43
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