Incomprensioni

Role libera tra Tarquin Ward e Hadray Tyrell

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    Era stata una lunga cavalcata, quel giorno. Avevano cavalcato dalle prime luci dell’alba fino a tarda nottata, e i cavalieri, sfiniti, erano subito crollati a dormire. Ma Hadray, per quanto stanco, non riusciva a chiudere occhio. La mente era disturbata dai ricordi di quella strana sostanza verdognola che si infiamma e bruciava tutto il versante della Montagna, dal sangue di Morric, dalla velata diffidenza dei Manwoody e del Martell. Tutti questi cambiamenti nella sua vita, da un giorno all’altro, lo avevano lasciato inebetito, quasi stordito. Il giorno prima era ad Alto Giardino, a sorbirsi i discorsi sulla responsabilità che sua nonna e sua madre gli facevano, che stava diventando grande, pronto a scappare per correre da Aconè per fare gare di arrampicata sugli alberi, e l’istante dopo si trovava al Passo, in mezzo a banditi, disertori, alfieri preoccupati e eredi diffidenti.
    Ma quella sera non aveva voglia di pensare. Decidere cosa fare una volta tornato a casa, riflettere su cosa era meglio dire e cosa no a quell’irresponsabile di suo padre, prepararsi alle rivelazioni della sorella… Quella non era la serata giusta. Aveva visto cose oltre l’umano, ed erano quelle a preoccuparlo, quella sera. Lui poteva intessere tutte le trame diplomatiche che voleva, addestrarsi allo sfinimento ma “ci sono pericoli che sfuggono alla portata delle spade”.
    E quella sera, a quanto pareva, non era l’unico a non riuscire a dormire.
    “ “Spero che tu mi capisca, per quella.”
    Esordì a voce bassa, per non disturbare il riposo della sua scorta e indicando la corda che strettamente legava i polsi dell’uomo che gli si era presentato come coppiere.
    “ “Un uomo arriva al mio cospetto, chiedendomi di aggregarsi a me con lo scopo – o la scusa - di difendermi dai pericoli inarrivabili dalle armi, e appena ne intravede l’occasione cerca di allontanarsi… Lo perdo di vista, e lo trovo chino sul cadavere di una creatura che di umano aveva ben poco, con il suo sangue ancora addosso.”
    Non lo stava guardando negli occhi, mentre lo diceva. Osservava lo scoppiettare del fuoco con sguardo assorto, perso nei suoi pensieri.
    Fortunatamente la sua collera verso l’uomo, nei giorni dopo il viaggio, era andata scemando. Ed era giunto il momento di chiarire le cose.
    “Sei veramente il coppiere di mio padre, Tarquin Ward? Bada bene, non accetterò menzogne, questa volta. Cos’era veramente quella cosa, nella grotta? Quella che hai ucciso, cosa l’ha resa così… grottesca?.”
     
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    Viaggiare a cavallo era già di per sé qualcosa che Tarquin non amava per niente, ma viaggiare a cavallo con le mani legate, un uomo appresso e la costante sorveglianza dei cavalieri era una vera tortura. La voce di ciò che era successo si era sparsa in fretta, anche tra chi non aveva visto Tarquin col pugnale in mano ed il cadavere del mostro sotto di sé. Alcuni cavalieri lo guardavano con sospetto, altri parevano ignorarlo volutamente, ma a lui non poteva importare di meno. Erano tutti null'altro che buffoni in armatura, a parole pronti ad affrontare qualunque minaccia per il loro lord, nei fatti fanciulli tremanti davanti ad un avversario deforme.
    Il gruppo aveva iniziato a cavalcare appena sorto il sole, ed aveva terminato la marcia quando il buio si era già eretto come dominatore del mondo. Tutti i valenti uomini di Alto Giardino erano crollati, vittime della stanchezza... anzi, non tutti, visto che il giovane coppiere era decisamente sveglio. Immobile, silenzioso, osservava il fuoco, riflettendo su quello che gli era successo. Sul fuoco verde nato da quello strano liquido, sulle rivelazioni di Ziben, sui draghi e sulla magia. Perché di magia si doveva trattare, cos'altro poteva portare in vita un drago? O rendere il fuoco liquido? Nel mondo c'erano un'infinità di cose che sfuggivano alla sua comprensione, ed era estremamente deciso a rimediare. Voleva quel sapere, lo desiderava come mai aveva desiderato qualsiasi altra cosa! Ma era conscio che sarebbe stato difficile trovarlo, in quanto la Cittadella proibiva quel genere di cose; ma stando alle parole del bizzarro individuo dalla lingua lunga, c'era un posto ad Essos dove poteva trovare quel sapere.

    “ Asshai. Asshai. Asshai.”

    Il coppiere ripeteva quel nome nella sua testa come un mantra, sin da quando avevano abbandonato Dorne, quasi temesse di dimenticarlo. Stava ancora ripetendo quel nome, quando la voce del giovane lord lo riportò alla realtà.
    Il biondo sembrava tornato in sé, rispetto al giorno in cui aveva trovato il coppiere nella caverna, tanto che, in un certo senso, stava provando a convincere Tarquin che l'averlo messo agli arresti, era stata una decisione cautelativa. Parlava a bassa voce, in modo da lasciare che i suoi uomini riposassero, o forse perché sperava di poter condurre quella discussione senza testimoni. Qualunque fosse il suo intento, voleva una sola cosa... la verità. Tarquin chinò il capo in segno di rispetto: sapeva chi aveva davanti e sapeva qual'era il proprio posto.

    “ La verità è come un puttana mio lord: dà agli uomini quello che vogliono avere, ma fornisce solo un piacere effimero. ”

    Ovviamente tenne quel pensiero nella sua mente, per quanto fosse vero. La verità è sempre oggetto di interpretazioni arbitrarie, influenzata dal punto di vista altrui e da ambizioni personali. L'unico modo per essere certi di conoscere qualcosa, è esaminare tutti i fatti in maniera razionale, rinunciando ad affibbiarvi significati personali, concetti di etica e inutili moralismi.

    << Mio lord, siete un uomo cauto, questo vi rende onore. >>

    Disse Tarquin, mantenendo il volto basso e la voce calma.

    << Sì, sono davvero il coppiere di vostro padre, da numerosi anni ormai. Riguardo a quella cosa, non è mia intenzione contraddirvi mio lord, ma ritengo che fosse umano quanto lo siamo tutti noi. Sono certo che gli strani libri dati alle fiamme contenessero la ragione della sua deformità... ma ormai, dubito che questo mistero sarà risolvibile. >>

    Stava mentendo, in parte, come sempre. Non poteva dirgli la verità, i suoi ordini erano stati precisi: la cosa ironica era che stava lavorando per il bene dell'Altopiano, eppure doveva mentire a colui che un giorno ne avrebbe avuto il controllo. Tarquin per quanto fosse un umile servo, era però consapevole di come andavano quel genere di cose! Ai lord e ai guerrieri la gloria delle battaglie, ai sovrani l'onere di portare pace, alle spie ed a coloro che studiavano i misteri, andava il compito di sporcarsi le mani.

    << Riguardo al fatto che vi ho abbandonato, vi assicuro che non era quella la mia intenzione. Ho ricevuto degli ordini, i quali, come già vi dissi, mi imponevano di unirmi a voi e di vegliare su pericoli di natura ambigua. Non sono certo se si riferissero a spie, strani spostamenti o a quell'uomo deforme: io sono un servo, non mi è dato fare domande. Mi è stato inoltre imposto l'obbligo di segretezza... obbligo che probabilmente sto in parte violando, riferendovi tutto ciò. >>

    Il coppiere alzò il volto, guardando lord Hadray.

    << Vi ho abbandonato per poter investigare senza coinvolgere gli affari diplomatici in questa faccenda, ma mentre i vostri uomini mi conducevano sulle rocce, l'uomo deforme ci ha colto di sorpresa, prendendomi come ostaggio. Nella sua caverna mi ha interrogato a lungo: io gli ho detto di chiamarmi Allan e di essere un ricercato dell'Altopiano, in modo da non rivelare la vostra presenza. Poi tutto è degenerato quando ha tentato di darmi fuoco con uno strano liquido... la montagna è crollata su di noi, ma io sono riuscito ad appropriarmi del suo pugnale e ad ucciderlo. >>

    Terminato di parlare, il coppiere rimase in silenzio, in attesa che il suo lord prendesse la parola. Alla fine, non gli aveva detto nulla che già non sapesse o che in ogni caso potesse immaginare; lord Hadray, non era l'unico ad essere cauto.
     
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    Hadray, sospirò, rimanendo a fissare il fuoco che scoppiettava di fronte a lui. Parole, parole, parole, ancora parole. Purtroppo però, erano parole che aveva già sentito. Non degnò di un sguardo il coppiere, ormai aveva capito quanto quell’uomo misurasse con precisione chirurgica ogni parola, per centellinare ogni informazione. Coglierlo in errore era impossibile, mai avrebbe detto qualcosa di fuori luogo… Qualcosa di contraddittorio. Questo era ormai palese. Ma Hadray non poteva permettersi di prendere quell’uomo sottogamba. Quante cose sapeva? Quante ne aveva scoperte in quella grotta? E soprattutto, quanto era pericoloso? Cosa era in grado di fare? Non ne aveva la più pallida idea, e si sa, nell’animo umano l’ignoto produce sensazioni contrarie. Poteva spaventare, o allo stesso tempo arpionare l’interesse di una persona fino a renderla completamente assuefatta.
    Cominciò a tamburellare con le dita sul terriccio umido su cui era seduto, dando vita ad un lungo silenzio, tramite il quale voleva dare la possibilità all’uomo di riflettere su ciò che lui stesso aveva detto, per lasciarlo in dubbio, su cosa gli avrebbe risposto.
    “Questo lo so già”
    Altro lungo silenzio. Hadray sapeva essere magnanimo, con chi era in grado di capire, ma poteva essere altrettanto sconsiderato se qualsiasi cosa avesse minacciato la sicurezza della sua famiglia, o della sua terra. E la pericolosità di quell’ individuo, lui, non la conosceva.
    Dopodiché, rise. Per quanti anni suo padre aveva coltivato in seno un personaggio così ambiguo, senza accorgersi di nulla? Si trattava di bravura del coppiere, o di stupidità del Lord? Molto probabilmente, si trattava di entrambe le cose.
    Decise di togliersi qualsiasi protezione, con lui. Nessuno lo ascoltava, e tanto, se anche non l’avesse fatto, sicuramente l’uomo avrebbe capito cosa muoveva il suo animo. A volte, per avere una certezza, bisogna rischiare l’incertezza. Doveva arrivare a fondo, e non era come le altre volte. Niente spade, schivate o parate. Ma animo contro animo, personalità a contatto.
    Giochiamo a carte scoperte, allora.
    “Cosa ami, Tarquin Ward? Io, amo la mia terra, e la mia famiglia. Darei la mia stessa vita, per Aconè, e non posso pensare di danneggiare alcuna di queste cose. E’ ovvio che tu non sei soltanto un semplice coppiere, e la tua conoscenza non so fin dove arrivi. Ma non voglio nascondermi. Voglio capirti. Ma capiscimi tu, io non posso permettermi di far correre alcun rischio, a ciò che amo.”
    Era sincero, forse aveva sbagliato ad essere così esplicito, ma non aveva in mente altre idee.
    “Parli di ordini, ma chi ti ha dato questi ordini? Perché a te? Rischiare la vita non è tra le mansioni di un servo di corte, e tu, mi pare l’abbia ben rischiata, al passo. Cosa cerchi Tarquin Ward? Il denaro? La fama? Potere? Conoscenza? Cosa?”
    Più parlava con l’uomo, e più gli poneva domande, più i quesiti gli saltavano in testa, e più sentiva di dover sapere sul suo conto.
    “Deformità di quel genere hanno luogo nelle nostre terre hanno luogo qui, e né io né mio padre ne sappiamo nulla. Mi capisci ora?”
    appoggiò il gomito sulla gamba destra, e la testa sul palmo della mano, sconsolato. Non sapeva che fare, con lui. Come doveva comportarsi, con lui? Era un grattacapo, perlomeno come lo erano stati quelli al passo. Sperava si confidasse, per riuscire a venirne fuori, per riuscire a comprendere di più tutti quegli eventi. Chi sei, Tarquin Ward?
     
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    Il giovane lord era meno sprovveduto di quanto Tarquin si sarebbe di certo augurato, difatti, le parole che udì non lo incantarono minimamente. Il coppiere non venne degnato di uno sguardo, mentre per contro, lui guardava il giovane molto, molto attentamente. Il suo modo di tamburellare le dita, il suo lungo silenzio, potevano dire tutto e niente, ma a Tarquin trasmisero un'idea ben precisa: lord Hadray era preoccupato. Invece, il coppiere non lo era affatto; calmo, gelido come sempre, continuò a guardare il suo signore. Era abituato ad aspettare, a cogliere il momento giusto, in quello era di certo migliore degli uomini che li circondavano. Dunque, semplicemente si mise ad aspettare, incerto su ciò che avrebbe ricevuto come risposta, per quanto più si protraeva il silenzio, più era certo che le sue parole non avessero sortito alcun effetto. Nonostante Tarquin fosse legato, il loro era un confronto impari: il giovane lord non aveva nulla che Tarquin desiderasse, nemmeno la libertà, se voleva dire rinunciare a ciò che aveva duramente guadagnato. Il coppiere, piuttosto, era disposto a morire! Non avrebbe mai ceduto, né sulla conoscenza che aveva acquisito, né su ulteriori informazione inerenti alla sua missione. Da una parte, vi era la ferrea volontà di non condividere ciò che aveva imparato, perché di certo gli sarebbe stato impedito di continuare a studiarlo, dall'altra, il desiderio di non tradire colui che aveva risposto fiducia nelle sue capacità. Già... quella era un'altra cosa con cui, se si fosse liberato, avrebbe dovuto fare i conti... non ci aveva pensato fino a quando si era ritrovato legato e con Hadray davanti. Di certo avrebbe riferito tutto a Lomys, almeno per quanto riguardava le parole di Ziben... ma il suo diario? Era suo dovere consegnarlo, ovviamente... ma se così avesse fatto, non lo avrebbe più rivisito! Aveva già perso quegli antichi tomi, che gli erano sfuggiti tra le dita candendo nelle fiamme, rinunciare anche al diario non era qualcosa che aveva intenzione di fare.

    Lo Hadray ruppe il silenzio, solo per poi ripristinarlo. Pareva quasi angosciato dalla situazione, mentre il coppiere, che fino a poco prima si stava perdendo nel fiume inarrestabile dei suoi pensieri, era ancora calmo e deciso sul da farsi. Ciò che però fece vacillare le sue convinzioni, non fu il silenzio, bensì la risata del giovane lord, che ridendo dimostrava tutta la sua giovane età, cosa che Tarquin non aveva mai fatto. Il coppiere rimase stranito, quella sembrava una risata sincera, ma lui non poteva, anzi, non doveva fidarsi di quel giovane che con tanta insistenza stava cercando una verità che non poteva conoscere. Ancora più sorprendente, fu la domanda che venne emanata con leggerezza pochi istanti dopo la risata, assieme alle parole che la seguirono.

    “ A che gioco state giocando lord Hadray? ”

    Tarquin rimase impassibile. In realtà però, faticava a credere alle sue orecchie: lo stesso giovane che lo aveva fatto arrestare, che aveva su di lui un potere inferiore solo a quello del padre, stava tentando di avere una sorta di scambio di vedute. Era impossibile, quella situazione andava contro ogni logica! Il giovane poteva comandare, pretendere, torturare e mettere a morte, se lo desiderava... invece stava tentando di comprendere il suo interlocutore, per quanto consapevole della sua natura, almeno in parte. Il coppiere non seppe giudicare se quella fosse una mossa molto furba, o solamente molto stupida: aprirsi così con un individuo di cui diffidare, era qualcosa di follemente azzardato. Eppure, la probabilità che lord Hadray avesse mentito era da escludere, il suo legame per la sorella era sincero, per quanto strano agli occhi di Tarquin. Perfino le domande seguenti, sembravano più spinte da una sincera e benigna preoccupazione, che da qualcosa di più cupo e malevolo. Non vi era alcun dubbio, lord Hadray sarebbe diventato un sovrano degno di ogni rispetto, un giorno. Era forte, onesto, leale alla sua famiglia sopra ogni altra cosa... ma davanti a lui vi era qualcuno che non conosceva nulla di tutto ciò, qualcuno che aveva conosciuto solo odio e interessi secondari per buona parte della sua vita. La famiglia per lui non contava nulla, anzi, aveva pregato per potersene liberare, e la sua terra natia non era altro che un fetido villaggio di bigotti ignoranti. Loro due venivano da mondi diametralmente opposti, difatti erano con tutta probabilità l'uno l'opposto dell'altro, troppo diversi per comprendersi davvero.

    << Vi capisco, mio signore; ma temo comunque di non potervi essere utile. >>

    Il coppiere si prese una pausa, non che dovesse pensare a cosa dire, ma semplicemente, quella situazione aveva preso una piega troppo strana per i suoi gusti.

    << Gli ordini che ho ricevuto erano scritti su una lettera non firmata, non so chi sia il mandante: anche se in tutta franchezza, dubito siano molte le persone in grado di muoversi senza essere viste nel palazzo. Una cosa però ve la posso dire con certezza... questa persona vi ha molto a cuore... molte sono state le raccomandazioni che ho ricevuto, tali da farmi pensare che si possa trattare esclusivamente di qualcuno che vuole solo il bene vostro e della vostra famiglia. >>

    Tarquin fece uno sforzo per provare a parlare con la massima naturalezza, provando a rinunciare alla sua aria dura ed inflessibile, anche se ci riuscì solo parzialmente. Era bravo a mentire ed a mostrarsi per quello che non era, non a caso, aveva ancora una volta detto la verità omettendo però tutto ciò che potesse creare problemi o compromissioni. Ma mai si era trovato con qualcuno davvero disposto ad ascoltare il suo punto di vista, dunque, pur mantenendo una notevole diffidenza, provò ad approfondire quelle confusionarie informazioni. Non che volesse davvero aiutare lord Hadray, o forse lo voleva, ma non ne era consapevole: la volontà di mantenere la segretezza e quella di rassicurare il giovane, sembrano danzare assieme sul filo di una lama.

    << Chiedo inoltre venia, se oso parlare liberamente... ma temo di dover dire una cosa che non può rimanere vaga. Io lavoro da dieci anni ad Alto Giardino, se pur da lontano, vi ho visto crescere, così come ho visto crescere vostra sorella e vostro fratello. A palazzo, un servo come me passa perlopiù inosservato, dunque, ho potuto notare cose che ad altri sfugge molto spesso, soprattutto a nobili e cavalieri... >>

    Lo sguardo di Tarquin si fece più intenso e la sua postura leggermente più rigida, quasi facesse fatica a parlare di ciò che aveva visto. Era forse una recita? Stava ancora mentendo? Difficile dirlo con certezza.

    << Ci sono persone, mio lord, che operano in segreto per il bene della vostra famiglia. Non so dirvi se esse siano vostri congiunti, spie o qualsiasi altra forma di aggregazione dal fare furtivo, ma in compenso, so che costoro operano in modo da mantenervi al sicuro. Lo fanno a volte con discrezione, a volte in maniera più evidente, ma in ogni caso, lo fanno in modo da non compromettervi in alcun modo né di coinvolgervi in affari pericolosi. Un giorno sarete il lord di Alto Giardino, dovrete dominare l'Altopiano e mantenerlo com'è ora, florido e pacifico, un compito gravoso anche per il migliore fra gli uomini. Per questo, coloro che vogliono il vostro bene, spesso agiscono alle vostre spalle: fanno in modo che siate protetto e che non dobbiate preoccuparvi di questioni che vi darebbero solo affanni. >>

    Quella, per quanto un po' gonfiata, era un verità indiscutibile; come aveva constato nella sua prima visita alla Cittadella, le radici della famiglia Tyrell erano più radicate nell'Altopiano di quanto si possa immaginare. Soprattutto, una certa Regine di Spine, pareva essere fin troppo onnipresente, quando si parlava di potere ed ingaggi. In effetti, per quanto Tarquin fosse certo della volontà della Cittadella dietro la sua missione, vi era una certa probabilità che anche al Regina di Spine avesse a che fare con l'incarico, o che quanto meno ne sapesse qualcosa. Quella, era di certo una donna a cui il coppiere doveva prestare attenzione, forse anche più attenzione di quanta ne riservasse al volere dei Maestri.

    << Per quanto riguarda me, come vi ho detto, servo da dieci anni la vostra famiglia... quando sono arrivato ad Alto Giardino ero povero, mio lord, e non conoscevo nessuno. Sono però riuscito a farmi assumere come sguattero, fino al giorno in cui sono stato notato: da allora servo come coppiere. Non vi è nulla che amo particolarmente, a dire il vero, non ho più alcun famigliare in vita da molto tempo, né altre persone con cui condivida un legame. Mi accontento della mia posizione, e se serve, sono pronto a mettermi in gioco, come ho fatto obbedendo agli ordini che mi sono stati dati. Poiché vedete mio lord, ciò che ho lo devo unicamente ad Alto Giardino, alla vostra famiglia... dunque, se mi viene ordinato da chi vi ha a cuore, di prestare servizio e di rischiare la vita, è per me un onore poter dimostrare la mia fedeltà. >>

    Ancora un volta un mix di bugie e verità difficile da interpretare, nonostante tutto, Tarquin non poteva tradire la fiducia di Lomys né l'unica cosa che amava: la conoscenza! Anche se forse, dire che l'amava non rende l'idea, in quanto la conoscenza rappresentava la sua unica ragione di vita, la sua ancora di salvezza e la sua più grande maledizione. La conoscenza era la sua vita, ed un giorno probabilmente, sarebbe diventata la sua morte.
     
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    Nuovamente Hadray tacque alla luce di quel focolare danzante. Era molto bravo, quell’uomo, a parlare. Intavolava frasi e periodi ben congegnati, votati a convincere il suo interlocutore della veridicità delle sue parole, facendogli dimenticare la realtà delle domande che aveva posto, ma questa volta, questa volta, non c’era riuscito.
    Rimase impassibile, di nuovo, ma questa volta, il tamburellare delle dita si fermò, e il palmo della mano destra si contrasse in un pugno deciso, strettissimo, le cui dita sembravano voler spingere di più e ancora di più sul palmo, ma tutto il resto del corpo rimase indifferente.
    Sollevò il pugno, in direzione del coppiere, ed alzò l’indice in sua direzione.
    Anche il suo viso, si voltò, e per la prima volta in tutta la serata, lo guardò dritto negli occhi, nella faccia chiaramente leggibile tutta l’estrema conflittualità della sua giovinezza e l’estrema maturità dei guai che si era trovato ad affrontare, lieve barba incolta sulla pelle liscia e delicata del sedicenne.
    ”Tu stai giocando con me, Tarquin Ward.”
    Lentamente, si alzò in piedi, e afferrò il pugnale da caccia che portava sulla fondina accanto al ginocchio sinistro. Lo soppesò, vi fece passare sul piatto della lama un dito, come a volerne sentire la forma. Si avvicinò al coppiere, e lo appoggiò con il piatto della lama sulla coscia.
    Se non avesse avuto le mani legate avrebbe potuto afferrarlo.
    ”Vorresti forse farmi credere che eseguiresti ciecamente ordini scritte su lettere senza mittente solo perchè ti dicono di proteggermi? Non sei uno sprovveduto come la maggior parte di loro.”
    Disse, osservano e indicando gli uomini della sua scorta.
    ”E cosa ne sa, un coppiere, di pericoli nelle ombre, di uomini deformi e di occulto? Perchè lo fai? Cosa ti è stato dato in cambio? Dubito che tu lo faccia soltanto per zelo o per eccessiva devozione al dovere. Se cosí fosse, accettereste sicuramente il ruolo di mio personale protettore. Vivreste a stretto contatto con me 24 ore al giorno, cosí da potermi difendere da tutti i pericoli di questo mondo, e io potrei tenervi d’occhio, sempre, tutte le ore, tutti i giorni. Ma no, voi non lo fate per questo.”
    Pausa di silenzio. Stava veramente rischiando molto, e lo sapeva, ma aveva capito delle cose, su quell’uomo, ed era giunto il momento di giocarsi il tutto per tutto.
    ”È sul filo del rasoio che stiamo giocando. Quel coltello… potrebbe significare molte cose, sta a te decidere. Potrebbe liberarti dalle corde della mia costrizione, potrebbe fare del male, a me o a te. O potrebbe semplicemente star lì. Solo tu puoi sceglierlo, solo tu. Esponiti a me, Tarquin Ward. Chi sei, cosa spinge le tue azioni?”
    Silenzio, coperto solo dal florido scoppiettare del fuoco da campo. "E non chiamarmi Lord, non lo sono. Almeno non ancora.”
     
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    Le parole del coppiere risuonarono a vuoto, poiché nessuna parve far breccia nel giovane erede di Alto Giardino, almeno apparentemente. Era interessante vedere come il giovanotto reagiva, e fu anche più interessante vederlo perdere la calma, con tanto di indice accusatore! Tarquin fu quasi sul punto di perdere l'espressione seriosa ed iniziare a ridere, quel gesto poteva appartenere solo al mondo dei nobili, dove accusare ed infangare è ritenuta un'offesa imperdonabile. E per gli Dei! Con quale veemenza il giovane stava condannando l'uomo davanti a lui, il quale, pur essendo legato, pareva riuscire ad evitare le domande con maggior abilità di quella che il lord dimostrava nel saper ottenere ciò che voleva. Infine, come sempre capita, fallite le azioni diplomatiche e i tentativi di coercizione, al giovane non rimasero che le minacce. Estrasse dunque un pugnale di cui fece bella mostra, per poi lasciare ogni decisione nelle mani del coppiere... il quale nonostante tutto, non mostrava ancora alcun segno di preoccupazione. Questo perché non era preoccupato, casomai seccato, non ne poteva davvero più di tutte quelle sciocchezze! In tutta franchezza poi, a forza di discutere, gli era venuta una sete non indifferente.
    Tra l'altro Hadray era il secondo in poco tempo a puntargli addosso una lama, cosa che in un certo senso Tarquin trovò ironica. Non fosse stato per il fatto che aveva ucciso Ziben, forse lui ed Hadray avrebbero potuto imbastire una bella conversazione su quanto fosse divertente puntare lame contro il coppiere, magari proprio lì, davanti al fuoco, scambiandosi consigli sulla posizione della lama. Quanto meno però, Ziben aveva avuto il buon gusto di non fingere che la presenza del coltello dipendesse solo dal coppiere. Quella lama dipendeva unicamente da Hadray, il quale avrebbe valutato se le seguenti parole sarebbero state di suo gusto, nulla di più. In quella forma metallica sottile ed allungata, non c'era scelta, ma solo costrizione, come lo stesso giovane aveva detto riferendosi alle corde che legavano Tarquin. Lui, quel biondino, non era di certo il primo a legare il coppiere, non era il primo a puntargli addosso un'arma, non era il primo a volere qualcosa da lui con la forza... tutte quelle cose, lui le aveva già vissute molto prima che Hadray imparasse a impugnare anche solo un cucchiaio.

    << “Esponiti a me”... se è questo che volete, così sia. Niente fronzoli e formalità. >>

    Lo sguardo di Tarquin divenne diverso: molto più serio, ed in un certo senso, anche feroce.

    << Ditemi, Hadray Tyrell, quanto tempo avete vissuto in mezzo alla vostra gente fuori da palazzo? Quanti anni? Mesi? Quanto lontano vi siete spinto senza la vostra bella scorta, da solo, disarmato e senza amici su cui contare? Quante volte avete dovuto contare solo su voi stesso, senza il nome Tyrell ad aiutarvi? >>

    Il coppiere diede il tempo al suo interlocutore di pensare a quelle domande, poi, senza perdere l'irremovibile ferocia del suo sguardo, continuò a parlare.

    << Io ho vissuto più di metà della mia vita fuori da Alto Giardino, a contatto col vero mondo. Volete sapere com'è? Volete sapere come sono le persone che lo abitano?... non sono altro che sciacalli, pronti ad ogni nefandezza. Io lo so bene, l'ho sperimentato in prima persona: mio padre, il mio migliore amico e tutti quelli che avevo a cuore sono stati uccisi da un gruppo di banditi che attaccarono l'umile villaggio in cui vivevo. Eravamo poveri contadini, io, mio padre e suo padre prima di lui, così come tutte le persone che vivevano assieme a noi, ma questo non fermò né il fuoco né le lame. Io e pochi altri ci siamo salvati, ma il villaggio era distrutto, così come le nostre vite... eppure, io non mi sono dato per vinto! Sono arrivato ad Alto Giardino, affamato, sporco e sfinito. Ho venduto tutto quello che avevo per darmi una ripulita e per provare a farmi assumere presso il palazzo. Se non ci fossi riuscito, sarei certamente finito a mendicare... o peggio... ma ci sono riuscito! Da solo, senza nessun aiuto. Negli anni di servizio mi sono poi fatto notare, dato che ero l'unico in grado di usare anche la testa nel mio lavoro; così sono finito a fare il coppiere, abbastanza intelligente da sapere come trattare al meglio voi nobili. Ora, grazie alla mia posizione, quando posso ceno nelle cucine, assieme ai cuochi che conosco da dieci anni, le persone che sono più vicino a chiamare amici. Quando il lavoro me lo permette, mi reco dal Maestro Lomys, l'uomo alla cui bontà devo la mia istruzione! Voi reputate poco tutto questo? Voi davvero al mio posto avreste rifiutato un ordine di chi vi ha garantito tutto questo? >>

    Tarquin si chinò leggermente in avanti, in modo da poter vedere meglio Hadray; il suo viso, i suoi occhi, la barba che cominciava a spuntare sulle guance.

    << Risparmiatemi la scenetta del nobile capace di capire queste cose e provate a ragionare sulla mia posizione, prima di puntare il dito senza ragione né criterio. Credete di essere voi ad avermi garantito tutto questo? Voi che non conoscevate neanche il mio nome? Vostro padre mi garantisce questa posizione, gente più in alto di me fa sì ch'io non torni per la strada... quindi, se questa gente mi chiede di fare qualcosa nel vostro interesse, non vedo perché dovrei negarlo. D'altronde l'avete detto anche voi che non sono come la marmaglia che vi portate dietro... ora rispondetemi, quanto credete durerei nel vostro mondo se mi rifiutassi di eseguire questo genere di ordini? >>

    Il volto si contrasse in maniera evidente, quasi stesse reprimendo l'ira che stava facendo lentamente sgorgare fuori. La mascella divenne rigida in attesa di aprirsi di nuovo, mentre gli occhi, scuri e profondi come le tenebre, parevano infiammarsi.

    << Ah, a tal proposito. Non so niente di magia! Di piscio verde che prende improvvisamente fuoco e di cose del genere! Ma sopravvivo a situazioni peggiori da quando ero più giovane di voi, non a caso, quando quel bastardo deforme mi ha preso alle spalle, i vostri coraggiosi uomini tremavano come foglie, mentre io con la lama alla gola sono riuscito a ragionare! Come pensate sarebbe andata con qualcuno di diverso da me al mio posto? Di certo avrebbe mandato ai Sette Inferi l'intera missione, spiattellando tutto al quell'uomo! Ma non io, IO, ho avuto abbastanza sangue freddo e furbizia da ribaltare la mia situazione senza mettervi in pericolo, credete forse sia stato facile? O piacevole? Io devo molto alla vostra famiglia, ma mai mi sarei aspettato che per ripagare tale debito, mi sarei ritrovato in una simile situazione! Eppure, ormai è fatta, come fatto è il mio dovere, dato che siete qui sano e salvo. Oltre ad aver ripagato i Tyrell, con questo spero anche di essermi garantito la mia fottuta posizione! Dalle cene coi cuochi alle lezione del Maestro Lomys! >>

    La coscia di Tarquin iniziò a premere contro il pugnale.

    << Se ciò non vi basta, fate quello che volete, ma evitatemi altre fandonie. Tagliatemi la gola! Qui, adesso! E che questa baggianata abbia fine! E per pietà, evitate anche di fare sciocchi pensieri come “potrebbe essere pericoloso?” “potrebbe volere la rovina della mia famiglia?”. Dell'oro non mi importa, del potere non mi importa, ed anche se mi venisse fatta l'offerta di tradirvi in cambio di cariche o cose simile, ci sputerei sopra. Una carogna rimane carogna anche se si fa chiamare “Sir” oppure “Lord”. >>

    Il coppiere raddrizzò la schiena, mettendosi in modo tale da poter attendere al meglio il suo giudizio.

    << Ora sapete chi sono e cosa voglio. Cosa pensate di fare, Hadray di casa Tyrell? >>

    Era la prima volta che si riferiva in quella maniera ad un membro della corte, nemmeno la vecchia strega dei Sette Dei aveva ricevuto parole tanto astiose dall'umile servo. Lui però non ne poteva davvero più di quella seccante situazione, dunque, aveva deciso di fare un po' come Hadray, ovvero di giocarsi la carta della perdita di pazienza. Solo che, ancora una volta, le sue erano state parole scelte accuratamente; il giovane lord avrebbe anche potuto usare tutte le spie del mondo, ma tutte avrebbero confermato la veridicità di quella dichiarazione. Ovviamente vi erano anche bugie, come il fatto che avesse amato suo padre, Allan e tutti gli altri. Ma a sua stessa detta, Hadray amava la sua famiglia, dunque, farlo sbattere contro una realtà per lui difficile da affrontare, era certamente un modo furbo per smuoverlo. In pratica, Tarquin non aveva davvero perso il controllo, per quello, ci voleva ben altro, come Ziben aveva malauguratamente imparato. In apparenza però, non vi era alcuna calma in lui, soprattutto agli occhi chi come Hadray aveva visto solo il suo lato freddo e calcolatore, privo i ogni sentimento e reale confessione. Il giovane erede aveva appena ricevuto un vasto quadro generale del coppiere, ma nemmeno Tarquin, il quale aveva sperato fin dall'inizio di puntare su una simile situazione, riusciva a prevedere quale sarebbe stata la reazione del nobile. In ogni caso però, era pronto davvero a morire, come vera era la furia che aveva infuso in quel discorso.
     
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    E, come d’abitudine ormai, dopo le parole del coppiere, ebbe luogo il solito, canonico silenzio. Quelle lunghe pause erano veramente indecifrabili e con molta probabilità fastidiose, per chi cercava di relazionarsi con lui, ma ormai erano un tratto distintivo della sua personalità sognante. Il perché le adottasse, era quasi impossibile da capire. Le usava per riflettere, per lasciar sbollire la rabbia? Per avere maggior lucidità nella risposta? O era semplicemente un vile modo per nascondersi?
    Il biondo rimase qualche secondo con lo sguardo perso in fondo al lungo intreccio di tronchi della foresta, rielaborando quanto detto con incredibile veemenza dall’uomo. Si era esposto, finalmente, e questo era un grosso passo avanti. Forse, spostare la discussione sull’orlo del baratro dell’odio e della violenza si era dimostrata la carta giusta da giocare, in quel momento. Ora, i pezzi del puzzle che gli mancavano erano arrivati al loro posto, aveva gli strumenti concreti per comprendere i gesti di quel servo così particolare.
    Ora aveva la chiave di quella discussione.
    Per la seconda volta, sorrise, stanco. Tarquin si era sfogato. E’ vero, si era sfogato rimanendo comunque attento a quello che diceva, manipolando la verità e dicendo soltanto quello che gli andava di dire, ma questo Hadray non lo sapeva, e ciò che aveva sentito gli bastava. La tensione accumulata in tutti quei giorni sembrò allentarsi un po’.
    “Vedi… è divertente come riusciamo a capirci perfettamente sotto alcuni aspetti e allo stesso tempo a fraintenderci con estrema facilità sotto altri punti di vista.”
    Si passò una mano lungo i folti capelli biondi, sistemandoseli, e ritornò a guardare il fuoco, dopo aver lanciato una breve occhiata al suo interlocutore.
    “Vedete… no, non sono io quello dei due che trarrebbe vantaggio dal mentirvi, credimi… E no, non capisco tutto questo, Tarquin. Non me ne importa, ve lo dico chiaramente, non me ne importa della fine che ha fatto il tuo villaggio né la tua famiglia. Io non ho ancora perso nessuno dei miei familiari, è quello che cerco di evitare, ma non ho interesse nel preoccuparmi di voi, quando devo preoccuparmi di mia sorella, di mia madre e di mia nonna, per quanto ne possa avere bisogno. E del nostro nome.”
    Un giorno dovrò capirle, queste cose, lo so. Quando sarò lord sarò un uomo giusto, ma la mia famiglia verrà sempre prima di tutto. Ora più che mai. Mi preoccuperò per la sorte dei miei sudditi, ma per dovere ed ottemperanza, non per interesse personale.
    Pensò.

    Ancora una volta, tacque e lentamente si risollevò in piedi, afferrò il pugnale, e con incredibile determinazione affondò la lama, direttamente in mezzo tra le mani del coppiere, tagliando la corda strettamente legata.
    Ho avuto quello che cercavo, infine. Non credete che avremmo risparmiato del tempo, se questo sfogo lo aveste avuto prima? Comunque sia, non ci sono problemi, è finita. Quel coltello non era una minaccia, ma un’offerta di liberazione. Era questa l’incomprensione di cui parlavo poco fa. Lomys ti ha istruito, è così quindi… Beh, credo che farò così. Sarai il mio coppiere, una volta tornati ad Alto Giardino, così sarai molto più libero nei movimenti. Potrai andare dal Maestro quando lo desideri, e potrai cenare con i cuoichi o con gli altri servi quando più lo riterrai opportuno, purché voi continuate a fare quello che già fate, tenere d’occhio i pericoli da cui non mi posso proteggere con una lama. Occulto, altofuoco, uomini mostruosi. Non sono cose che comprendo, né che posso rischiare di combattere. Continuate a tenermi d’occhio come avete fatto al passo, e io vi garantirò più libertà. “
    Lentamente, girò la testa e posò lo sguardo su quell’uomo dalla barba prominente.
    “Sempre che tu non abbia qualcosa in contrario.”
    E gli sorrise, solare.
     
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    Condottiero

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    I silenzi di Hadray stavano diventando vagamente fastidiosi, Tarquin non capiva se quella fosse una strategia per innervosire eventuali interlocutori, un suo tratto caratteristico, o semplicemente l'incapacità di pensare rapidamente. Qualunque cosa fosse, poco importava, l'esca era stata lanciata, ora la preda poteva abboccare, oppure poteva divorare colui che stava provando a catturarla. Il coppiere doveva solo attendere, una cosa che sapeva fare decisamente bene: era la pazienza la prima lezione che la vita gli aveva impartito. Ogni situazione affrontata con pazienza e perseveranza, con logica e astuzia, può diventare un'opportunità tutta da sfruttare. Era esattamente quello che era successo con Hadray, la loro “partita” non era altro che l'ennesima prova di pazienza a cui il destino aveva sottoposto il coppiere. Lo scopo del nobile era quello di ottenere chiarezza, quello dell'uomo di riuscire a nascondere ciò che aveva scoperto. Dopo un faticoso dialogo, i due erano finalmente giunti ad un punto cruciale; come sempre, fu Hadray il primo a parlare. Le sue parole stupirono il coppiere, non tanto per il contenuto, ma per la brutale sincerità! A nessun nobile era mai importato nulla della plebe, come a nessun Re e a nessun Primo Cavaliere, coloro che affermavano il contrario non erano che dei falsi e degli ipocriti. Almeno Hadray Tyrell aveva avuto il fegato di dire la verità, cosa che Tarquin apprezzò, se pur alla sua maniera fin troppo distaccata.
    Senza molto preavviso e senza interrompere uno dei suoi consueti silenzi, il giovane si alzò, prese il coltello... e liberò Tarquin dalla morsa delle corde. Fu una cosa rapida, tanto che il coppiere a malapena se ne accorse inizialmente, inoltre, nel vedere il nobile armato, i suoi primi pensieri non furono dei migliori. Ma alla fine si ritrovò libero, incolume e solo coi polsi un po' indolenziti, anzi, a dire il vero, si ritrovò anche con un'offerta del tutto ragionevole. Le parole finali del giovane erano davvero invitanti: la possibilità di essere libero di muoversi per il palazzo in cambio di protezione, sembrava a dir poco ottima. Fu proprio per questo, che Tarquin non poté fare a meno di fiutare puzza di trappola! Forse così non era, forse il giovane era sincero, ma il coppiere non si fidava di nessuno, nemmeno delle persone che conosceva. Perché dunque si sarebbe dovuto fidare di quel ragazzo? Non ce l'aveva con lui per la questione dell'arresto, quella era del tutto superflua, ma la loro vicinanza sarebbe potuta essere più problematica di quel che sembrava. Probabilmente Hadray voleva essere sicuro di poter tenere sott'occhio le mosse di Tarquin e questo a lui non piaceva minimamente. Eppure, superficialmente, l'offerta era buona; semplicemente necessitava di un maggior utilizzo di discrezione e scaltrezza. Muovendosi adeguatamente, Tarquin avrebbe potuto sfruttare la cosa a sua vantaggio, soprattutto perché aveva ancora qualcosa di importante da fare, qualcosa che doveva fare lontano da tutti. Il diario nero stava attenendo di essere letto!
    Gelido fu lo sguardo che Tarquin riservò al nobile, in modo che questi potesse vedere una continuazione della precedente recita iraconda. Poi però, un lieve sorriso si fece largo sul volto dell'uomo, curvando la barba ai lati della bocca e mettendo in risalto i suoi lineamenti duri.

    << Nulla in contrario. La vostra è un'offerta generosa. Così sia dunque... avrete la mia protezione ed il mio aiuto ogni volta che lo chiederete ed ogni volta che ve ne sarà bisogno. Fino ad allora, continuerò il mio lavoro di coppiere e rimarrò nell'ombra, come ho sempre fatto... sono certo che questo farà comodo sia a voi che a me. Tutta la mia recente visibilità, francamente, è stata spossante. >>

    Il sorriso, più simile ad una sottile smorfia che però non coinvolgeva gli occhi, sempre gelidi nel loro modo di fissare il mondo, finì per svanire rapidamente. Venne sostituito da un inchino e da un volto serioso, quasi che la rabbia provata non fosse del tutto passata; ovviamente, non era così. Nonostante i suoi sospetti, Tarquin era lieto di essere infine riuscito a mantenere tutte le informazioni in suo possesso segrete, e si era perfino creato un alibi e l'esplicito permesso di conferire con Lomys. Certo, la condizione di protettore non era il massimo, ma la possibilità che l'erede di Alto Giardino fosse nuovamente coinvolto in questioni della Cittadella era minima, soprattutto se i Maestri avrebbero dimostrato di possedere un po' di criterio. Tutto sommato, la questione si era risolata nel migliore dei modi.

    << Ora col vostro permesso, vorrei riposarmi anch'io... ma prima, c'è una cosa che vorrei dirvi... prendetelo come un consiglio, un avvertimento su ciò che vi aspetta. >>

    Lo sguardo di Tarquin mutò in maniera netta: divenne serio, molto più serio del solito e per un attimo abbandonò la sua consueta freddezza. Le pensati sopracciglia calarono leggermente, dando un'aria più cupa al suo volto, sul quale, una volta alzatosi, danzavano ritmicamente le ombre della notte e la luce delle fiamme. La sua figura, avvolta in quel gioco di contrasti, alta e ben eretta, pareva diversa da quella di un semplice coppiere. Aveva qualcosa di vago, incomprensibile e forse anche misterioso, come un'apparizione venuta dal mondo dei sogni.

    << Vi ho visto parlare col principe di Dorne... deduco che le questioni diplomatiche si siano risolte per il meglio... >>

    Il tono del coppiere era lento, costante, lapidario.

    << Avrete anche superato questa prova, mio signore, ma non crediate che sia la fine... le vostre scelte quotidiane, il vostro modo di comportarvi, perfino il vostro amore per la famiglia a cui appartenete, finiranno per diventare prove... poiché, invero, non importa se voi siete un nobile, un Re, un soldato, un saggio o un contadino...>>

    Silenzio. Muto, gelido silenzio.

    << Le prove della vita, terminano solo col bacio dello Sconosciuto. Tenetelo sempre a mente. >>

    Senza ulteriori indugi, Tarquin si congedò, immergendosi nelle ombre della notte, nascondendosi dietro ad uno degli alberi dell'accampamento. Lì, nel buio circondato dalle luci delle fiamme, la mano del coppiere si soffermò sull'oggetto dei suoi desideri, ancora celato sotto i vestiti. Quella che aveva detto al giovane lord era una dura verità, ma era giusto che la imparasse rapidamente: nella vita, ogni giorno non è altro che una nuova prova piena di strade da intraprendere. Solo la morte libera da queste prove, nient'altro lo può fare. Quel giorno, Tarquin aveva scelto di condividere qualcosa di vero con qualcuno, solo per il gusto di farlo; subito dopo, aveva scelto di rifugiarsi tra le ombre, avvinto dalla sua mente tormentata e da un'ossessione a cui solo la morte avrebbe messo fine.
     
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    Hadray Tyrell

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