Un pesce in fuga

Quest secondaria: Elston Tully, Rowan Tully, Freyja Tully

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  1. Rege
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    Lord Hoster Tully era un uomo legato alla corrente, proprio come il fiume riusciva a seguire gli eventi e a mantenere floride le sue terre così spesso minacciate nel corso dei secoli. Era il degno discendente della sua stirpe: legato al dovere, alla famiglia e all’onore, non amava nulla al di sopra dei suoi figli e di sua moglie, tranne la propria casata, voleva che il nome Tully sopravvivesse ad ogni sovrano e ad ogni guerra.
    Ormai non era più un giovane inquieto votato alla battaglia ma un marito devoto e un padre amorevole quanto severo, vi erano ben pochi desideri che animavano il suo spirito ma durante le nozze del principe Daerion Targaryen e della principessa Selene Stark non aveva potuto evitare di riflettere. Voleva vedere i suoi figli sposati a donne fertili e gentili mentre per sua figlia sperava in un uomo d’onore che la proteggesse e ne facesse tesoro.
    Agognava di sentire il suono di piccoli passi per i corridoi di Delta delle Acque, voleva avere talmente tanti nipoti da confonderne i nomi.
    Quel giorno il viaggio di ritorno sarebbe iniziato, le Terre dei Fiumi li attendevano generose e aveva rivisto vecchi amici e nemici sotto l’intervento del drago anche se ancora doveva comprendere il giovane Re che sedeva sul trono di spade.

    I suoi figli sarebbero partiti per primi e più rapidamente nella prima carrozza, le guardie li avrebbero scortati a cavallo, lui e Minisa invece sarebbero saliti sulla seconda seguiti dalla terza carica di valige e servitori. Rowan si era comportato bene alla Fortezza e durante il torneo, anche Elston per quanto in disparte come sua sorella.
    La morte di Jhon Arryn aveva colpito tutti duramente macchiando quel matrimonio particolare di fuoco e sangue com’era usanza dei draghi, entro meno di un mese sarebbero ripartiti per il funerale raggiungendo la Valle e tutti coloro che erano stati presenti al matrimonio si sarebbero rivisti.


    Descrivete la partenza nel primo post, iniziando dal momento in cui vi svegliate o da come avete passato la notte fino alla mattina. Parlate della preparazione e dei saluti a chi vi è caro o con cui dovete parlare, salite quindi in carrozza o a cavallo, sarete scortati e lentamente inizierete a distaccarvi dai vostri genitori le cui carrozze sono più pesanti. Parlate, scherzate, tramate e pomiciate stile Lannister…insomma, sentitevi liberi di aggiungere particolari e di prendere iniziative.
    Se desiderate fare una chiacchierata particolare con più post mandate un MP a Rege che vi darà tutto il tempo che volete, sempre se non la fate arrabbiare u.u


    Avete una settimana di tempo per postare, fino alle 00:00 del 12/11/2016.
    Se non riuscite scrivetemi o proseguirò e potrete aggiungervi in seguito.


    Edited by Rege - 5/11/2016, 20:24
     
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  2. Littlethumb
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    Avrei preferito di gran lunga non dormire che sopportare il sonno inquieto e frammentario che mi venne incontro a mezzanotte passata. Mi svegliai diverse volte, forse a causa del pugnale che premeva contro la mia testa, avendolo nascosto nel cuscino; avevo preferito non separarmi dall'acciaio dell'uomo del nord, nemmeno durante la notte, perché dovevo sempre ricordare il prezzo delle mie azioni, e niente come quella lama sortiva in me un simile effetto. Rigirandola tra le mani, incantato dai riflessi che la luce produceva sul metallo, non potevo non pensare alle squame argentate di un pesce, ma in questo caso di uno decisamente letale.
    Guardando fuori dalla finestra, constatai che anche il freddo ed il mal tempo avevano deciso di dare a Jon Arryn il loro personale commiato: il falco era morto durante il torneo, e suo figlio avrebbe presto preso il suo posto. Quella dipartita improvvisa aveva lasciato tutti sorpresi, quasi intontiti dallo shock, e si era deciso che un mese dopo gli avvoltoi si sarebbero visti a Nido dell'Aquila per spartirsi i pezzi del cadavere. Certamente ser Damon non avrebbe lasciato farsi manipolare così facilmente, ma solo i Sette si potevano dire al corrente degli oscuri meccanismi che muovevano i pezzi del gioco del trono. Dal canto mio avevo un altro funerale da preparare, e dovevo fare in modo che andasse per il meglio.
    Non potevo dire se i brividi che mi colsero mentre infilavo la corazza di pelle fossero dovuti al freddo fuori dalle mura o a quello che si era insediato nella Fortezza Rossa e dentro di me, più subdolo, e altrettanto letale; forse era a causa del gelido acciaio che continuavo a sentire ancora come se a contatto con la mia pelle, nonostante fra esso e la cute ci fossero abbondanti strati di lana e stoffa. Ero vestito con abiti semplici, che nulla avevano a che vedere con il guardaroba di un nobile, ma avevo avuto l'accortezza di coprirmi con due mantelli: uno più interno, in tutto e per tutto uguale a quelli venduti dai mercanti per le strade, un altro invece di stoffa pregiata, con su disegnata l'effige di casa Tully; era abbastanza largo da coprire tutto il corpo, ed uno stretto nodo sarebbe bastato a nascondere quasi completamente il mio insolito vestiario. Deglutii, sperando che fosse sufficiente a d occultare anche la profonda insicurezza che mi tormentava da quella notte.

    "Non puoi ripensarci, non ora. Ti sei ripromesso tante volte di andare fino in fondo, senza inciampo, Elston. L'alba non è lontana, ma adesso, adesso giunge l'ora più buia della notte." L'egocentrismo era l'unica cosa che era riuscita fino a quel momento a far rimanere salda la mia volontà, e quell'inebriante sostanza chiamata vanità non avrebbe finito di giungermi alle labbra proprio nel momento del bisogno. Rilassai i muscolo, poi mi versai un mezzo bicchiere di vino dalla caraffa poggiata sul comodino. Non era molto alcolico, ma fu sufficiente a scaldarmi abbastanza per prendere coraggio, ed aprire per l'ultima volta la porta di quella stanza nel ventre del drago.

    Non salutai nessuno prima di partire, nemmeno Caleb; Elston Tully doveva morire, ed era meglio che mia abituassi sin da subito all'idea di essere invisibile. E poi mi bastava essere costretto a confrontarmi un'ennesima volta con mio fratello, dopo il nostro ultimo colloquio.
    Ma dovere è anche garantire il futuro di ogni componente. Soccorrere il consanguineo qualunque cosa accada. Perdonare un padre. Consolare una madre. Volere il bene di un fratello.
    Le sue parole mi rimbombavano nella testa, nonostante fossero in un certo qual modo un segno di rassegnazione, quasi di assenso difronte ai miei progetti; infatti a tormentarmi di più non era il suo dissenso, assente in quelle frasi, ma proprio il fatto che egli fosse pronto a rinunciare alla mia presenza perché io realizzassi i miei sogni.
    -Come possiamo lasciarti andare?- Eppure, lui era pronto a farlo. Dentro di me si mescolavano la gratitudine per un amore incondizionato, ed il rimorso, perché, nonostante le sue ultime parole, era chiaro che gli sarei mancato.
    Per andare avanti, bevvi un altro sorso dall'otre della vanità. ripetendomi che i sacrifici erano necessari per il bene maggiore. Ma bisogna stare attenti quando si beve da quest'otre, perché il suo contenuto è stato intorbidito dal nettare della follia.

    Voltai il capo verso la Fortezza Rossa, prima di uscire dalla capitale e raggiungere la mia famiglia. Per le arterie della città si distingueva il viavai della servitù e degli animali che trasportavano i carichi pesanti, e tutti gli altri scellerati capricci che i lord dei fiumi si erano portati con loro. Lì, in quella confusione doveva esserci anche lui,il povero uomo la cui vita avevo deciso di distruggere.
    "Ricorda il fine superiore Elston. Ricordalo. Tutto il resto è nulla." Una sorsata più decisa delle altre, lo dovetti ammettere.
    Passai davanti alla carrozza dei miei genitori, li salutai con un rispettoso cenno del capo, ma nulla di più, anche se sicuramente in futuro mi sarei di certo pentito di quel gesto.
    "Hoster soffrirà, non posso e non voglio evitarlo." Un ultima sorsata, mentre aspettavo silenziosamente l'arrivo dei miei fratelli.
     
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  3. GoT_Staff
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    La quest è ferma da un mese, uppo il topic, gli interessati mi diano un segno di vita, così vediamo se proseguire o chiudere, merci :)
     
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  4. RowanNA
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    Il cielo era plumbeo. Plumbeo come gli occhi verdi di Rowan Tully. Osservava i sottili cirri che lentamente scorrevano su quella tela poco variopinta quel giorno. All'apparenza mite, dirigeva i propri passi verso le carrozze della sua famiglia, che lo avrebbero condotto a Delta delle Acque, a casa. Ne era stato talmente tanto lontano per così tanto tempo che a stento ricordava gli odori e i colori, prepotentemente sgomitati dalle tonalità fin troppo vivaci delle terre che aveva visitato. Un intero anno ormai, lo separavano dal luogo natio e l'idea di ritornare non riusciva comunque ad eccitarlo. Era semplicemente pacifico il freddo volto del Tully. Vi erano eccessivi problemi risolti e da risolvere perché la sua mente potesse far spazio a nuove sensazioni. Sensazioni avevano allagato i suoi sensi fino alla nausea negli ultimi giorni e ancora poco si capacitava di quel che aveva dovuto affrontare, da solo. Cose che non avrebbe mai creduto, il giorno che aveva salutato con affetto la madre, di trovare sul suo cammino. Era stato tanto sicuro di sé, e continuava ad esserlo. Eppure Elston e Hoster, Keriann, Daerion... individui che esistevano e direttamente o meno avevano incrinato le sue certezze e le certezze che amava rivoltare e maneggiare a suo vantaggio. Forse temeva che da quel momento in cui s'era sentito afflitto dalla stanchezza, dal peso della verità, fosse una macchia indelebile che neppure Phoebe Arryn era riuscita a smacchiare. Forse credeva che non sarebbe più potuto essere autonomo e indipendente come una volta.
    Non vi era timida rassegnazione a carezzare il suo animo, però. Ora vi era placida mitezza, la quiete che sia dopo che prima, preannunciava la tempesta. Una lunga e silenziosa preparazione psicologica, fisica, mentale. Non erano tornati numeri e calcoli e lucide formule a governare le sue riflessioni, ma era sulla via della ripresa. Non lo attecchivano i ricordi e la sua sicurezza, sebbene fosse di natura diversa, era più salda che mai. Con uno spirito così straordinariamente forgiato, s'avvicinò alla carrozza in cui doveva entrare. Il suo sguardo poteva consigliare fosse distratto -e il costante ragionamento poteva dare adito a tale congettura-. Invece era attento a quel che accadeva: soltanto non gli importava ancora come quando se ne prendeva maniacalmente cura. Quando s'abbassò per far sì che la sua statura non gli permettesse di entrare nel mezzo di trasporto, immediatamente il suo molle pensiero si focalizzò su quel che significava e su quel che sarebbe conseguito, una volta incrociati gli occhi con il fratello. Gli stessi occhi che s'erano incrociati fuori dalla Sala, dopo la consegna dei doni agli sposi. Per Rowan era mutato talmente tanto lo scenario e le istanze; il rosso si domandava se non fosse lo stesso per Elston.
    Si sedette e osservò il giovane. Pareva pensieroso. Preoccupato. Non poteva biasimarlo, in fondo. Le sue labbra disegnarono un debole sorriso. Volle tingersi di un incoraggiamento sinceramente sentito. Elston non correva incontro ad una condanna, aveva fiducia che sarebbe riuscito a fare la cosa giusta e se avesse avuto bisogno di un appoggio, inutile dire che ci sarebbe stato, come gli aveva dichiarato al matrimonio. Quell'ombra enigmatica, tuttavia, era discesa nuovamente sul viso del ragazzo, tant'è che Rowan si chiese se avrebbe mai compreso totalmente Elston. Se così non fosse stato, tutto ciò che gli aveva detto sarebbe risultato amaramente vano: egli era diverso, e diversi pensieri affollavano la sua mente, era chiaro. Che avesse colto il segno o meno, questa era tutt'ora un'incognita. Non lo spaventava, ma sicuramente lo mise allerta. Avrebbe voluto che in quel momento Elston gli parlasse e gli rivelasse ciò che covava.
    Però l'uomo era Rowan Tully e il consanguineo lo sapeva, la sua voce non avrebbe articolato un discorso propositivo o di qualunque altro senso, poiché non era sicuro di quel che percepiva (se fosse reale o no) e preferiva studiare e attendere. Il suo carattere gli imponeva di rispettare il silenzio del fratello e aspettare che quest'ultimo parlasse, se e solo se lo avesse voluto. Poggiò le mani sulle ginocchia, composto, e dopo quella breve analisi del volto fraterno, il suo si voltò verso la finestrella. La carrozza aveva dato i primi segni di vita e muoveva i seguenti passi.
    Uno enigmatico nei modi, l'altro enigmatico nei pensieri, forse perfino a se stessi. Rowan, seguendo le linee del paesaggio che strisciavano taciturne, ebbe la tentazione di andare a rimescolare e attingere dai ricordi passati, senza che questi potessero ora mai danneggiarlo. Ma la questione presente era quella che doveva importargli. Il suo vigore rinsaldato gli permise di ancorare la sua sensibilità al presente solamente. Fortunatamente, non era più una fatica. Gonfiò i polmoni dell'aria che annaspava e poi sfiorava il suo viso. Il viaggio privo di certezze era cominciato.
    Un silenzio surreale.
    La quiete.
     
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  5. Rege
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    Scusate il ritardo ragazzi, immagino la sorellina non apparirà quindi dite pure che dorme o come vi pare che torna indietro...
    Come previsto vi distanziate dai genitori di alcune ore:
    Elston: Puoi iniziare a ordire il tuo piano o fare come preferisci, io lascio molta libertà a te sfruttare l'occasione!
    Rowan: Per ora ti lascio seguire sta a te notare cosa vi circonda, avere dubbi ecc...

    Si sta avvicinando l'ora di pranzo, sapere che i vostri genitori si fermeranno per mangiare ma voi potete decidere di proseguire aumentando la distanza ulteriormente.
     
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  6. Littlethumb
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    Davanti a noi, la Strada dell'Oro si avvinghiava attorno alle colline, quasi volendo celare dietro quei cumuli di terra cosa ci saremmo di lì a poco trovato dinnanzi; dietro di noi, le statue animali della Porta del Leone ci scrutavano con i loro occhi di pietra, cariche di un'aria di superiorità e di onniscenza.
    Mi strofinai le mani, cercando vanamente di vincere il freddo che si era insinuato fin nelle punte delle dita, ed erano freddi anche gli occhi di mio fratello, due pozzanghere che si specchiavano nel cielo. Rowan mi era seduto accanto, e il contatto con il suo corpo non poteva che farmi pensare che quelle sarebbero state le ultime ore che avremmo trascorso insieme. Era veramente così che avevo intenzione di spenderle, guardando il vuoto fuori dal finestrino di una carrozza? Fino ad allora avevo atteso quel momento intrappolato in un limbo tra paura e bramosia, ma mentre stavo catastroficamente precipitando nella sua spirale non desideravo altro che posticipare l'istante in cui avrei toccato il suolo, rifiutare di compiere una decisione.
    Sotto di noi, potevo sentire i primi segnali del moto della carrozza; la ruota aveva già iniziato a sobbalzare, la sua parte inferiore sfiorava sobbalzando i solchi della strada con lo stesso tremolio con cui un amante accarezza per la prima volta il corpo della sua amata. Sorrisi, pensando a quel paragone sciocco e fanciullesco, che così tanto portava in sé di Elston il-ragazzo-dei-libri, il nobile di Delta delle Acque che rimaneva col naso tra le pagine di un poema cavalleresco. Quel ragazzo però, sarebbe dovuto morire quel giorno.
    Avevo pensato che il sacrificio più grande sarebbe stato rinnegare la mia famiglia, ma effettivamente sarebbe stato buttarsi alle spalle la mia identità; guardai Rowan, e mi resi conto che egli faceva parte di entrambe.

    -Grazie, Row.- Tentai di infrangere il silenzio con quelle due semplici parole. Mi riportarono ad un bambino, con la testa affondata tra le braccia del fratello maggiore, mentre fuori dalle mura della sua stanze il vento si dibatteva e agitava contro le solide mura di Delta delle Acque.
    -Grazie, Row.- Diceva il bambino, quando finalmente il placido suono di una pioggerella lieve sostituiva quello della tempesta. Non ero certo che anche in quel caso la quiete sarebbe tornata nelle nostre vite altrettanto facilmente, ma quel "grazie" costituiva tutto ciò che potevo dare a mio fratello,
    -Le tue parole, Rowan. Quelle dell'altra volta... ci ho pensato stanotte, sai? Mi hanno aiutato molto, più di quanto potessi sperare.- Dissi, mentre la mia mano istintivamente si stringeva attorno all'elsa della lama nascosta; si ritrasse immediatamente, per evitare che mio fratello sospettasse troppo della sua presenza.
    Non volevo che lui sapesse interamente del mio piano, ma sarebbe stato meglio se lui fosse stato preparato nel momento in cui i suoi ingranaggi si sarebbero messi in moto, momento che si faceva più vicino ad ogni passo dei cavalli trainanti.
    Ci stavamo pian piano distanziando da lord Hoster e lady Whent, la cui carrozza era invisibile a causa del nutrito gruppo di servi e nobili minori che li precedevano. Forse stavano avendo uno dei loro soliti battibecchi, o magari mio padre era ancora immobilizzato nel suo silenzio, rigido come un blocco d marmo. Scossi la testa, scacciando ogni pensiero legato a loro due.
    -Mi hanno fatto riflettere molto, ma tu mi conosci troppo bene. Sai che io tremo troppo, che anche quando provo a sembrare deciso ed irremovibile, dentro il tarlo ha già cominciato a mangiare il legno. Tu sei sempre stato così forte, così d'appoggio per tutti noi. Essere stato il suo secondogenito è il più grande regalo che papà mi abbia mai fatto. - Sorrisi, tentando di dare uno stampo più rilassato e leggero ad una conversazione di cui avrei voluto serbare solo ricordi positivi.
    Attorno a noi si vedevano alcuni alberi, segno della nostra vicinanza a Bosco del Re. Markus doveva essere alcune ore davanti a noi, e non ci sarebbe voluto molto perché egli raggiungesse il punto stabilito, qualche miglio prima dell'incrocio che portava a Tempio di Pietra e alle Terre dei Fiumi; il poco di geografia che sapeva sarebbe bastato se solo avesse avuto l'accortezza di chiedere indicazione a qualche servo più istruito.
    -Per questo ho ancora bisogno di tempo per ponderare le mie scelte. Del tempo da solo... Penso che più tardi andrò a fare una passeggiata, la mia mente ha bisogno di spazi aperti e di quiete. Quando torneremo a casa, penso che sarò finalmente in grado di darti una risposta. Anche se è ora di pranzo, meglio continuare ad avanzare, prima rivediamo i fiumi, meglio sarà.-
    Sopra di noi, il cielo, unico conoscitore delle menzogne che le mie labbra avevano appena lasciato fuoriuscire.

    Scusate per il mio estremo ritardo, mi sono accorto solo ieri del progresso della role. Riguardo alla sorellina, ho totalmente ignorato la sua esistenza per ora.
     
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  7. GoT_Staff
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    La delegazione in ritorno verso Delta delle Acque iniziò a rallentare il suo ritmo di viaggio, servitori e guardie frenarono dunque il loro passo e il loro galoppo in seguito agli ordini provenienti dalla carrozza dei Lord che venne fatta accostare per permettere di consumare il pranzo più agevolmente.
    Con la lunga carovana ormai ferma e presa a frugare tra le provviste in cerca di vettovaglie da consumare per il pasto, nessuno sembrò fare troppo caso al secondogenito di Casa Tully che, come indicato al fratello maggiore, aveva deciso di proseguire da solo per un po' precedendo la carrozza dei genitori lungo la strada per le Terre dei Fiumi. Solo uno sguardo, severo e penetrante, lo raggiunse. Proprio dal finestrino di quella carrozza. Gli occhi gravi e stanchi di Lord Hoster lo squadrarono solo per qualche istante prima che questi si allontanasse dalla sua vista.
    Gli alberi del Bosco del Re iniziavano a costeggiare la passeggiata del giovane Elston dal lato meridionale, mentre gli uccellini accompagnavano il suo cammino con il loro vociare e i loro schiamazzi. Il limitare Nord del Bosco del Re era un luogo ideale per un incontro, neppure uno sprovveduto sarebbe riuscito a perdersi; lì dove le Rapide Nere originate da Tempo di Pietra si incontravano con l'affluente proveniente dall'Occhio degli Dei, esisteva un incrocio che dalla Strada dell'Oro si dipartiva in un largo sentieri che si inoltrava nelle Terre dei Fiumi. Sbagliarsi era impossibile, acque e strade per una volta collaboravano ad indicare la via a qualsiasi viandante.
    E infatti Markus era lì.
    Poco più di un ragazzino, corporatura minuta e capelli castano rossicci, assomigliava vagamente ad Elston, se non fosse che il servetto di Delta delle Acque aveva due profondi occhi scuri e un naso molto largo.

    "Mio signore, eccovi!"


    Procedo a sbloccare Elston, Rowan può aggiungersi quando vuole accodandosi con i post precedenti.
     
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  8. Littlethumb
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    Il cavallo camminava ai margini della colonna con il capo chino, le grandi pupille fisse sul terreno sottostante. Avevo congedato Rowan solamente pochi minuti prima, sperando che prima o poi trovasse il modo di risolvere l'intricato enigma delle mie azioni, e magari comprenderle, alla luce delle nostre parole degli ultimi giorni.
    "No, non posso che esserne certo, Rowan capirà. Spero solamente che trovi il modo di consolare nostra madre, povera donna." Alla mia sinistra il chiacchiericcio e la confusione erano esplosi, mentre il vasto corteo di servi e alfieri lentamente interrompeva la marcia e cominciava la sua scomposta ricerca di vettovaglie tra le casse e i barili delle Terre dei Fiumi. Bambini avvinghiati alle sottane delle madri strillavano, adempiendo alla richiesta dei loro stomaci sempre affamati, mentre gli uomini tentavano di accaparrarsi una razione in più di birra giocando d'azzardo nei pressi dei barili colmi di alcolici.
    In quella festosa atmosfera mi sentii al sicuro, protetto dal mio silenzio e dalla mia natura schiva: era difficile che gli occhi di qualcuno si spostassero da piatto di minestra ad un ragazzo che silenzioso si allontanava dall'accampamento.
    -Allora io vado, Rowan. Se non ritorno entro il tramonto tranquillizza i nostri genitori, sai che non serve che stiano in pensiero per me.- Pregai che mio fratello prestasse fede a quelle parole.
    Appena fuori dalla carrozza avevo sentito un vuoto dentro di me, mentre realizzavo che quelle sarebbero potute essere le nostre ultime parole; provai a ricordare l'odore delle candele che bruciavano nella sua stanza mentre fuori ruggiva il temporale, la consistenza della gonna di lady Whent quando da piccolo ci tuffavo la faccia dentro, il fiume che scorreva attorno alle pupille di mio padre, prima che tutto ciò svanisse nella memoria.
    Ricacciai indietro le lacrime, gettandomi i sentimentalismi alle spalle. C'era spazio solo per il mio ego, per i miei sogni, per i miei progetti. Mi sforzai di illudere la mia mente che la mia vita fosse più importante di quella di tutti gli altri, perché sarebbe stato lo strumento di grandi cose.
    Improvvisamente avvertii un brivido lungo la spina dorsale, come se un'onda di acqua gelida mi avesse investito in viso; fermai il cavallo, sentendomi osservato. Alle mie spalle l'allegra festa quotidiana del pranzo continuava, e non c'era nulla di anomalo nella situazione; una decina di metri dietro di me scorsi la carrozza dei miei genitori, ma non fui in grado di dire se mio padre mi avesse osservato allontanarmi o meno.
    "Mi dispiacerebbe davvero molto se l'ultima immagine di suo figlio fosse quella di un uomo che silenziosamente si allontana, senza averci scambiato una parola, come uno sconosciuto... Un'immagine davvero profetica, padre."
    Scrollai le spalle e feci ripartire l'animale, fino a che tutta la colonna scomparve dalla mia vista.

    Gli alberi di Bosco del Re, mossi dal vento come le corde di un liuto, intonavano quell'arcana litania funebre che ci aveva accompagnato sin dalla morte di Jon Arryn, cantata all'unisono con le onde del fiume dalle Rapide Nere; stavo risalendo il suo corso fin quando esso non si sarebbe incontrato con l'affluente dell'Occhio degli Dei, dove anche la Strada dell'Oro incrociava la via per Tempio di Pietra. Ed era al centro di quella convergenza di acque e strade che mi attendeva il mio destino.
    "No Elston, non esiste nessun destino. Davanti a te c'è solo ciò che ti stai costruendo con le tue mani." Pensieri egocentrici che ben riflettevano il modo di pensare che mi ero autoimposto per accettare il gesto che avrei voluto compiere.
    -Mio signore, eccovi!- Proprio al centro dell'incrocio mi aspettava un paio di profondi occhi scuri, che insieme a dei capelli rossicci e ad un naso largo condivano la corporatura minuta di Markus. Con lui mie ero sempre comportato come se ci fosse stato un rapporto d'amicizia tra noi, che il servetto aveva visto inspiegabilmente fiorire negli ultimi mesi. Cosa pensava lui di me? Nonostante me lo fossi chiesto diverse volte, non me ne importava più di tanto.
    Avevo indotto il mio cervello a smettere di considerare quello stalliere come una persona, ma come un mezzo, un oggetto della stessa valenza di un coltello o di una forchetta. Si può provare dolore per la perdita di una posata?
    Nonostante quel colossale e impegnativo lavoro di automanipolazione, dentro di me un rumore di fondo continuava a dirmi che ciò avevo intenzione di fare era sbagliato, inammissibile; era lo stesso rumore di fondo che irrompeva prepotentemente nei miei pensieri quando mi ritrovavo solo con mio fratello, o quando la sera prima mi ero rivoltato nel letto alla ricerca del sonno.
    Ero addirittura quasi riuscito ad impormi di odiare Markus; lui mi aveva raccontato nel buio del parco degli dei della sua prima esperienza sessuale, un mondo che per me era sempre rimasto inaccessibile. Quella notte provai invidia per il ragazzo delle stalle, e era proprio a quell'invidia che mie ero aggrappato fino a quel momento.
    "Vedi quel suo sorriso? Dietro quel volto innocente si sta beffando di te Elston, si sta beffando della tua assoluta incompetenza, dei tuoi fallimenti."
    La testa, mi scoppiava, avrei desiderato affondarla in un secchio di acqua gelata, o meglio, nella gonna di lady Whent come quando ero bambino. Invece mi si dipinse un sorriso in faccia, e con aria stanca mi rivolsi allo stalliere.
    -Ciao Markus. Quante volte ti ho detto di chiamarmi Elston?- Accennai ad una lieve risata. -Queste nozze reali mi hanno davvero sfinito, ci vorrebbe una passeggiata nel parco degli dei ed una bella chiacchierata, non è vero? Allora, dato che non credo che ci siano molti alberi-diga da queste parti, che ne dici di fare due passi a Bosco del Re? Oggigiorno la foresta è sicura, ed è quasi impossibile perdersi. E poi in caso di pericolo posso sempre contare sul prode ser Markus per proteggermi.-
    Terminai ridendo, in un forzato sfogo di ilarità, mentre le mani impazienti si serravano attorno alle briglie del cavallo. Non avevo mai sentito la lama di Caleb Stark così vicina alla pelle.
     
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  9. GoT_Staff
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    "Oh, ma voi siete assolutamente in grado di proteggere voi stesso Sig..Elston!" iniziò lo stalliere seguendo il secondogenito di Lord Hoster mentre questi si inoltrava tra le fronde del Bosco del Re. Al limitare settentrionale di quella Foresta, il terreno si presentava piuttosto battuto, anche se non erano presenti sentieri veri e propri, segno del passaggio di diversi cavalli, per lo più cacciatori e taglialegna.
    "Le nozze sono state uno spettacolo, non è vero? C'era una servetta, una delle ancelle di Lady Blackwood, beh, non era propriamente devota ai Sette se capite cosa intendo. Anche se, ha urlato il loro nome più di una volta con me, eh eh..Voi? Qualche avventura da raccontare?"
    Mano a mano che procedevano il Bosco si infittiva, i rumori della Foresta si facevano più ravvicinati, così come i tronchi degli alberi, tanto da rendere difficile proseguire a cavallo.

    Per ora continua e vediamo cosa hai in mente
     
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  10. Littlethumb
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    -Oh, ma voi siete assolutamente in grado di proteggere voi stesso Sig..Elston!- Markus rispose alla mia battuta seguendomi con il suo cavallo al limitare della foresta; accennai ad un sorrisi tirato, l'incertezza palesemente visibile sul mio volto. Sotto gli zoccoli dei cavalli il terreno era battuto, facilmente percorribile, e un qualcosa appena riconducibile ad un sentiero si apriva la strada fra la vegetazione del sottobosco. Quella doveva essere una via che i taglialegna e i cacciatori del re utilizzavano regolarmente, dato che nessuna strada vera e propria attraversava la foresta. Intorno a noi la vegetazione mostrava i segni di un leggero disboscamento, là dove l'acciaio si era scontrato contro il legno della corteccia; nei punti in cui l'azione dei boscaioli era stata più efficente non rimaneva che qualche ceppo che mostrava il midollo nudo, all'aria aperta, come il braccio mozzato di un guerriero caduto. Quei moncherini inerti, talvolta solitari, talvolta radunati in gruppi si quattro o cinque, presentavano vecchie cicatrici, dalle quali una resina giallastra ormai solidificata fuoriusciva come sangue raggrumato. Camminavamo in un campo di battaglia che ancora portava i segni di una guerra, eppure prima che il sole fosse tramontato la Terra avrebbe ancora una volta bevuto sangue, questa volta non di un albero ma di un essere umano.
    La mia mente mi stava portando a scorgere segni premonitori e presagi catastrofici in ogni elemento della natura, così come prima i miei occhi mi avevano ingannato difronte alle ricche portate delle Nozze Reali; non c'era alcun dubbio che stessi vivendo un'illusione, una menzogna, che se non controllata mi avrebbe condotto alla pazzia; la semplice consapevolezza di ciò mi raggelava il sangue nelle vene.
    Il passo dei cavalli sul terreno si faceva via via più ovattato man mano che il manto di fogliame secco diventava più spesso, procedendo verso il cuore della foresta; non sentivo alcun suono, nemmeno i passettini degli scoiattoli e delle altre creature silvane che continuavano la loro vita quotidiana incuranti di quei due strani visitatori.
    Fu Markus a decidere di rompere il silenzio.

    -Le nozze sono state uno spettacolo, non è vero?- Le parole caddero nel silenzio, rimbalzando come un sasso sulla superficie dell'acqua che infine affonda nel profondo.
    -Spettacolo pacchiano, rumoroso e grottesco, ma pur sempre un gran spettacolo. Il Re... i Sette Regni gli sfuggono dalle mani, come stavano sfuggendo ad ogni sovrano prima di lui. Sei molto fortunato a non aver studiato la storia del continente Markus; ti sei risparmiato dal vedere i cicli di guerra e di sangue che continuano a ripetersi dai tempi dei Primi Uomini.- Avevo un tono gelido, che malcelava la mia insofferenza per le sue chiacchiere in quel momento. Generalmente mi ero sempre mostrato attento alle frivolezze che andava ciarlando, e quel comportamento brusco avrebbe potuto far suonare un campanello d'allarme nella testa dello stalliere.
    -C'era una servetta, una delle ancelle di Lady Blackwood, beh, non era propriamente devota ai Sette se capite cosa intendo. Anche se, ha urlato il loro nome più di una volta con me, eh eh...Voi? Qualche avventura da raccontare?-
    Provai a rimediare alla mia precedente sgarbatezza.
    -Sono felice che tu diffonda la nostra religione Markus.- scherzai. -Purtroppo io non sono riuscito a cimentarmi nelle tue poco ortodosse preghiere, sono stato così male per via del cibo in questi giorni che nemmeno ho assistito al torneo a cui ha partecipato mio fratello. Questa ventata d'aria fresca mi sta facendo proprio bene!-
    In realtà le ragioni del mio malessere riguardavano lo stalliere molto più personalmente, ma avrebbe avuto modo di comprenderle non molto più tardi. Mentre chiacchieravamo quasi non ci eravamo resi conto di esserci inoltrati molto nella foresta; intorno a noi i rumori del bosco si erano fatti più intesti, e i robusti abeti più ravvicinati.
    Se prima avevamo attraversato un campo di caduti, in quel momento eravamo nell'accampamento dell'esercito regolare, armato di tutto punto prima della battaglia. il cuore perse un battito quando mi resi conto che il mio posticipare quel momento era giunto al termine; fermai il cavallo, fingendo un improvviso stupore.
    -Hai sentito Markus? Sembrava un orso, o magari un lupo o non so quale animale che abita questa maledetta foresta.- Piagnucolai, mentre mi calavo nella parte del lord titubante e spaventato; in realtà non avevo udito nulla di anomalo, ma difficilmente Markus mi avrebbe contraddetto. -Potresti andare avanti tu? Beh io non sarei mai capace di trattare con simili animali selvatici, però posso provare a coprirti le spalle, in caso succedesse qualcosa di inaspettato.-
    Sfilai il pugnale nascosto, infilandolo nella cintura. Per quei brevi istanti che toccai la lama la sentii come bollente, ansiosa di entrare in azione. Controllai appena i movimenti febbrili nel braccio, mentre un volto triste e giovane si rifletteva nell'acciaio.
     
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  11. GoT_Staff
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    Markus aggrottò la fronte alla richiesta del suo Signore. No, non aveva udito nulla e probabilmente quello era solo un nobile codardo spaventato dall'idea di passeggiare in un bosco senza la sua scorta, ma cosa avrebbe dovuto fare? Prendere in giro il figlio del suo Lord per la sua vigliaccheria?

    "Ehm..ce...certo Si..Elston. Vado a controllare.."

    Estrasse il pugnale in legno che teneva nelle brache dando le spalle al Tully e provando ad addentrarsi nei cespugli.

    Non essere autoconclusivo e divertiti...per ora
     
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  12. Littlethumb
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    Come avevo previsto, Markus anche se con riluttanza, aveva accettato la mia richiesta, estraendo il suo pugnale di legno e precedendomi nella nostra camminata; probabilmente mi credeva un codardo, un vigliacco, un lord che non era capace di badare a se stesso e che necessitava delle guardie di suo padre anche per usare la latrina.
    Non sarebbe stato nemmeno troppo lontano dalla realtà: quale parola meglio di "codardo" può descrivere un uomo che pugnala alle spalle un innocente puramente per il suo tornaconto personale?
    Avevo già calpestato la famiglia ed il dovere, non mi sarei fermato quando avrei dovuto fare lo stesso con l'onore. Markus necessitava di morire perché la sua vita non era altro che un minuscolo tassello di un mosaico più grande, che i suoi occhi di stalliere non erano in grado di vedere: ucciderlo sarebbe stato un atto di pietà, avrebbe finalmente dato un senso ad un'esistenza il cui solo fine era perpetuare se stessa, mangiare e dormire. Il macellaio prova dolore per il maiale, il giorno prima del banchetto? No, invece gioisce, perché quello stesso maiale che fino alla notte prima esisteva solamente per vivere finalmente poteva deliziare un palato, far tintinnare di piacere le terminazioni nervose della lingua di un uomo.
    Quei pensieri turbinosi contemporaneamente mi affascinavano e mi disgustavano, aprendo interrogativi nella mia mente.
    -Ah Elston, hai preso in mano una scure più pesante di quanto le tue braccia possano sopportare. Decidere a chi togliere la vita è un onore davvero impegnativo per un corpo di carne... I Sette hanno delegato uomini come te, uomini destinati alla grandezza, per portare a termine la loro opera.- Più andavo avanti in quello scellerato delirio, più mi pareva ragionevole l'idea di uccidere lo stalliere.
    Non sarebbe stato troppo difficile, infondo; il pugnale d'acciaio non avrebbe trovato difficoltà a lacerare la pelle di quel giovane viso, a tranciare le carotidi e a far sbocciare un fiore rosso su quel collo vigoroso e robusto; non sarebbe stato difficile far scivolare sul terreno il corpo inerte dello stalliere, inondarlo di fango e terriccio finché il rosso non si fosse confuso con il marrone. Dopo quei momenti difficili, la mia fuga sarebbe stata in discesa.
    Prima di agire mi fermai un attimo a guardare colui che avrei benedetto con la mia follia. I capelli crespi, la schiene che faceva su e giù seguendo l'andatura del cavallo; essendo alle sue spalle non potevo scorgere cosa quegli occhi scuri covassero, se magari dietro di essi si nascondessero desideri, sogni, speranze, proprio come dietro ai miei.
    Ripensai alla servetta di casa Blackwood con cui aveva giaciuto la notte prima: magari si erano dati appuntamento nelle Terre dei Fiumi, e durante il nostro viaggio la sua mente di popolano non aveva fatto altro che pregustare quei momenti di piacere.
    Le mie convinzioni vacillarono sotto quel duro colpo.
    Poi un'altra immagine mi si dipinse nella mente: un grande faro, la cui sommità sarebbe stato quasi impossibile scorgere se non fosse stato per la luce abbagliante che da lì proveniva; il garrire dei gabbiani irrompette nelle mie orecchie, mentre due grandi sfingi verdognole mi fissavano con sguardo interrogativo.
    Vecchia Città mi aspettava, attendeva l'arrivo di un maestro che l'avrebbe colpita con lo stesso fragore delle onde del Tridente. Le sfingi che custodivano l'ingresso della Cittadella me l'avevano detto, ponendomi allo stesso tempo una grande domanda: "hai il coraggio di uccidere per avere tutto questo?"
    -Il coraggio di uccidere... Markus secondo te l'omicidio può essere giustificato?-
    Per gli istanti successivi il mondo sembrò muoversi al rallentatore. Il mio cavallo un paio di passi indietro a quello di Markus, quasi fianco a fianco, mentre faticosamente avanzavamo nel bosco.
    Non attesi che lo stalliere si girasse nella mia direzione, nemmeno che mi rispondesse.
    "Ora vai, e fai quello che io non ho avuto modo di fare."
    Le parole di Caleb Stark accompagnarono la mia lama, la sua lama, mentre essa compiva il tragitto che l'avrebbe dovuta portare a scontrarsi contro il collo di Markus, lì dove il collo si incontra con la gabbia toracica e tutto il corpo sembra aver cospirato per rendersi vulnerabile, nudo.
    Attesi.
    [color=DarkSeaGreen"]Insegui il tuo sogno."[/color]

    Ci tenevo a rendere chiaro che sì, Elston sta veramente tendendo a diventare uno psicopatico e che i suoi pensieri sono mezzo deliranti, se non si fosse già capito per la dose di baggianate che ha cominciato a sparare.
    Spero di non essere stato autoconclusivo
     
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  13. GoT_Staff
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    La lama dello Stark affondò nel collo del povero sprovveduto, scavandosi un varco tra le sue carni e schizzando sangue sul volto così vicino del Tully.

    "Sig...El...Perc.."

    Brontolii gorgogliavano dalle labbra pregne di sangue di Markus mentre questi si rendeva conto che a colpirlo non era stato un nemico, non un animale selvaggio, ma il Signore che così fedelmente aveva servito.
    L'arma in legno, unica difesa del ragazzo, fu scagliata contro il secondogenito di Lord Hoster, su quel viso così vicino. Colpi rabbiosi e decisi di chi tentava di allontanare il proprio carnefice, prima forti e veloci, poi a poco a poco più lenti e deboli, fino a quando il legno del pugnale cadde a terra, seguito dal corpo esanime del servitore.
    Elston era riuscito ad ucciderlo dunque, al prezzo di una macchia sulla sua coscienza, di un labbro superiore spaccato nel suo solco centrale fino al naso, e dell'incisivo superiore destro rotto dal legno.

    Che si fa ora?
    -1 punto vita
     
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    Rowan ha accumulato un totale del 100% di malus in questa quest.

    -Per ragioni di trama dunque non potrà più rispondere e sarà mosso come png fino a Delta, da lì potrà riprendere.

    -RowanNa ha già comunicato il congelamento del pg che sarà ibernato a Delta fino a maturità completa.
     
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  15. Littlethumb
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    La lama si aprì la strada nel collo di Markus, lacerando pelle, tendini e muscoli fin quando il suo cammino non fu rallentato dalla trachea. Il sangue mi schizzò in faccia, come i sette unguenti con cui venivano consacrati i cavalieri. Aspettai qualche istante prima di estrarre il pugnale dalla gola palpitante e colpita dagli spasmi dello stalliere, ogni muscolo teso nel futile tentativo di respirare, di far affluire un po' d'aria ai polmoni; il servo stava annegando nel suo stesso sangue, affondando in una prigione vermiglia che non gli avrebbe mai lasciato scampo: le labbra piene del liquido rosso tentavano di articolare parole, suoni che potessi comprendere in modo da dargli delle risposte, in modo che lui potesse capire le ragioni di quell'atto all'apparenza folle e sconsiderato.
    -Sig...El...Perc..-
    Già, perché l'avevo ucciso? Quegli ultimi istanti erano stati talmente rapidi che avevo finito con il perdere la concezione di ciò che mi circondava; rimasi imbambolato per qualche secondo, scavando alla ricerca della risposta a quella domanda che era riuscita a cogliermi alla sprovvista. Quella manciata di secondi mi costò caro, perché una cieco furore muoveva le mani di Markus, che stringevano il misero pugnale di legno del ragazzo.
    Colpi furiosi, disumani, accompagnati da dei brontolii che erano più simili ai versi di un animale selvaggio che alla voce di un uomo; lo stalliere aveva fatto appello alle ultime forze che gli erano rimaste in corpo, e lottava con la disperazione di colui che sa che la sua vita gli sta scivolando via davanti agli occhi. Sentii il sapore ferroso e dolce del sangue tra le labbra, quando i miei incisivi cedettero sotto i colpi del legno, mentre un solco mi si apriva dal labbro fino alle narici.
    Ma ad ogni pugnalata i colpi del servo si facevano più fiacchi, più disperati, mentre via via acquisiva consapevolezza dell'inutilità del suo gesto, fino a che con un tonfo la sua arma rudimentale non cadde sul terreno; Markus seguì la sua sorte poco dopo, i folti capelli intrecciati con fango e foglie.
    Gli occhi, però, erano rimasti ben visibili. Mi fissavano con quella strana espressione che solo gli occhi di un cadavere possono avere; gli ultimi di vita erano ancora impressi in quelle pupille castane, mentre tutto il corpo trovava nuovamente la pace, l'armonia. Scesi da cavallo, muovendomi come in sogno.
    Con movimenti flemmatici, mi sfilai dalle spalle il mantello con l'emblema dei Tully, apprestandomi a vestire il cadavere.
    Sollevai le braccia, la schiena e il bacino, mentre con la stessa cura di una madre che si occupa del figlio infante, annodai la cappa attorno al collo squarciato di Markus. Ebbi modo di vedere con attenzione ciò che la lama di Caleb Stark aveva inflitto sul suo corpo, i segni terribili dell'agonia che il servo aveva vissuto negli ultimi minuti.
    Non mi sarei reso conto della realtà della macabra scena che avevo davanti se non per il pulsante dolore che avvertivo nel labbro superiore, e per il calore del sangue della mia vittima a contatto con la mia pelle.
    Nessun sentimento muoveva il mio cuore in quegli attimi, alienato e distante da tutto ciò che mi circondava.
    I mie movimenti erano meccanici, freddi, tanto che sentivo le mie mani come appartenenti a qualcun altro che aveva deciso di prendersi terribilmente beffa di me.

    Dopo qualche minuto, quello che sarebbe stato chiamato il cadavere di Elston Tully giaceva disteso nel bel mezzo di Bosco del Re; i cani non avrebbero tardato a farne un grande bottino, e così disperso nel cuore della foresta sarebbe stato difficile che qualcuno potesse imbattersi casualmente nei suoi resti. Ma c'erano dei particolari che sicuramente avrebbero rivelato la vera identità del cadavere: il naso era troppo largo, e il colore più scuro degli occhi sarebbe stato subito riconosciuto.
    Sapevo che c'era un unico modo per risolvere il problema, ma sfregiare il mio stesso cadavere continuava a sembrarmi un'idea macabra e meschina nonostante ciò che avessi già fatto non fosse stato da meno. Scrollai le spalle, ripetendomi nella testa la cantilena che ormai mi era familiare.
    "Elston sei ad un passo dal successo. Hai liberato il servo dalle sue catene, l'hai fatto apparire come un nobile e ora ti tiri indietro all'ultimo momento?"
    In futuro sarei stato disgustato dalla facilità di come fossi ceduto alle lusinghe del mio egoismo.
    Tenni strette le briglie del cavallo, imposi all'animale di avvicinarsi al cadavere; il destriero tentava di rifiutare il meschino compito che gli avevo imposto, ma a nulla servirono i suoi lamenti quando lo zoccolo incontrò sotto di sé la carne molle dello stalliere. Markus si era preso cura anche del cavallo che ora lo stava calpestando, ironia della sorte.
    Ossa scricchiolarono ed infine si spezzarono, con un suono molto simile ad un lamento straziante. Tormentato da quei rumori infernali ordinai al cavallo di correre verso Sud-Est, nella direzione contraria al muschio, verso la Cittadella, verso i miei sogni. Gettai solamente uno sguardo a ciò che in passato era stato un essere umano, ma fu un grave errore: l'immagine di quel cadavere mi avrebbe perseguitato nelle notti insonni, mi avrebbe atteso negli anfratti delle pareti e probabilmente sarebbe stata felice di salutarmi al momento della mia morte.
     
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15 replies since 5/11/2016, 19:50   363 views
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