Amicizie inaspettate

Libera tra Ausel Lydden ed Elly Lannister

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    Elly ricordava perfettamente ciò che era accaduto qualche sera prima, durante una delle tante cene a base di cinghiale. Era stato ciò che aveva gettato le basi di quella che sarebbe potuta essere l’inizio di una gran bell’amicizia tra Ausel e la piccola Lannister. Sebbene il rapporto tra i due non fosse partito esattamente nel migliore dei modi, le cose avevano assunto un’inaspettata piega positiva dopo quell’incidente durante la cena ed Elly, il giorno seguente, aveva mentalmente ringraziato più e più volte i Sette per averle concesso l’occasione di conoscere qualcuno in maniera un po’ più approfondita, al di fuori delle classiche ricorrenze di palazzo, che non avevano certo il potere di mostrare la vera natura delle persone.
    Se ci si limitava solo ai banchetti, le possibilità di conoscere qualcuno a fondo divenivano scarse, se non nulle, e il partire per una guerra a fianco dell’esercito, per Elly, si trasformò da una tragica eventualità a qualcosa di ben più entusiasmante.
    Chiaramente non era certo felice per tutti quei soldati che avrebbero perso la vita durante l’assedio di Approdo del Re, ma quei fatti sembravano lontani mille leghe, in confronto a quello che invece stava vivendo in quei giorni.

    Elly aveva deciso, nonostante fosse qualcosa di piuttosto insolito, per una come lei, di prendere l’iniziativa e cercare di ripetere quanto sperimentato durante una delle sere precedenti. Per poter mettere in pratica quel piano, tuttavia, le serviva una scusa per allontanarsi dalla cena, che lei aveva fortunatamente finito in anticipo. Di proposito, la leoncina aveva preferito evitare di abbondare col cibo, in modo da poter concludere il proprio pasto abbastanza velocemente, in anticipo sul resto dei commensali. Una volta conclusa la cena, Elly aveva lanciato un silenzioso sguardo ad Ausel, attendendo che i suoi occhi incrociassero quelli azzurri della Lannister, per poi indicare l’uscita della tenda con il solo ausilio dello sguardo. Non voleva certo destare sospetti negli altri presenti, ragion per cui il tutto andava fatto in modo discreto, lontano dalla portata delle malelingue che si sarebbero certamente divertite a sparlare dei due, cosa che avrebbe potuto mettere nei guai sia Ausel che Elly, in realtà. Persino le amicizie, se tra due nobili rampolli, spesso potevano instaurarsi solo con la benedizione delle rispettive famiglie e né la ragazzina ne il Tasso avevano la minima voglia di passare per simili idiozie al limite del burocratico.

    Fu così che Elly, dopo aver atteso pazientemente qualche minuto, in modo da placare ogni possibile sospetto sul fatto che avesse concluso la propria cena con largo anticipo rispetto agli altri presenti, si ritrovò a chiedere il permesso a suo padre Steffon di poter tornare nella sua tenda. Il Lord di Lannisport la fissò interdetto per qualche istante ed Elly temette, per un istante, che potesse addirittura leggerle la mente e capire quali fossero le sue reali intenzioni, ma ciò non accadde: Lord Steffon infatti si limitò a fare un leggero gesto di consenso con la mano, senza replicare nulla, preferendo di gran lunga godersi quella miriade di sapori contenuta all’interno del cosciotto di pollo che stringeva nell’altra mano.

    La ragazzina non perse dunque tempo, ma sapeva anche di dover fare le cose per bene, onde evitare qualsiasi incidente di percorso che avrebbe potuto mandare all’aria i progetti e far finire nei guai i due.
    Era veramente seccante, dal punto di vista di Elly: possibile che, dopo un’intera giornata di cavalcata attraverso sentieri tortuosi e larghe pianure verdeggianti, non potesse scegliere neppure con chi trascorrere il resto della serata, in modo da prepararsi mentalmente al giorno successivo?

    Poco importava, comunque; Elly doveva arrangiarsi coi mezzi e le capacità a sua disposizione e in un certo senso quello poteva anche essere visto come una specie di “addestramento” per quando si sarebbe trovata presso la subdola corte di Approdo del Re: pianificare segretamente le proprie azioni, in combutta con qualche persona fedele a suo zio Tywin, sarebbe stata la norma, di lì a poco, per cui un po’ di pratica non poteva che giovarle.

    Dopo aver bevuto l’ultimo sorso d’acqua dal calice svasato, Elly si avviò verso l’uscita, senza troppa fretta, badando bene di mantenere un passo ed una postura tali da non destare sospetti in nessuno: la fretta era cattiva consigliera e rovinare tutto a giochi ormai fatti sarebbe stato un vero peccato, oltre che motivo di frustrazione per la ragazzina.

    Il sole, quella sera, era già calato, ma a differenza di quella precedente il cielo era ancora flebilmente illuminato dagli ultimi raggi del sole ormai celatosi oltre l’orizzonte.
    Elly, comunque, non si limitò a fermarsi sulla soglia della tenda, come il giorno precedente; decise infatti di muovere qualche altro passo in avanti, sedendosi su una panca collocata fuori da un’altra tenda posizionata di fronte a quella dove si stava consumando la cena in quel momento: rimaneva a portata di sguardo per chiunque si fosse avventurato al di fuori dopo di lei, il suo volto illuminato da un paio di torce poco distanti sarebbe stato perfettamente riconoscibile da Ausel, in caso avesse ricevuto a sua volta il permesso di allontanarsi in anticipo dalla cena.

    Probabilmente, per non attirare sospetti su entrambi, il Tasso avrebbe dovuto aspettare qualche minuto prima di seguire l’esempio della piccola Lannister, ma Elly era dispostissima ad aspettare e non si preoccupò neppure di eventuali guardie di passaggio: con ogni probabilità non erano interessate a porre domande sul perché una Lannister si trovasse là fuori, completamente da sola, ma si preparò comunque un paio di risposte d’emergenza, in caso quell’eventualità si fosse concretizzata.
     
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    Erano trascorsi alcuni giorni dall’ultimo vero dialogo che Ausel aveva avuto con suo padre. In quella discussione, lontano dalla colonna di uomini, Ausel aveva finalmente compreso cosa suo padre vedeva in lui, cosa lo rammaricava e cosa di suo figlio lo deludeva.
    Ausel ne era ora consapevole e per quanto si sforzasse di risultare cambiato da quel giorno, nulla realmente era cambiato. In pochi giorni non si poteva diventare ciò che non si era diventato in quindici anni.
    Nonostante avesse tutte le intenzioni di cambiare e di diventare migliore, aveva bisogno di tempo e di stimoli. L’essere definito codardo di certo doveva essere uno dei migliori stimoli, per gli altri forse. Ausel aveva discusso con sui padre non sentendosi così, codardo. Si era fatto un’autoanalisi e alla fine aveva compreso che la sua codardia derivava dal fatto di non volersi mettere in mostra. Per Ausel non era così importante farsi vedere dagli altri: preferiva restare nelle retrovie e dare man forte. Non era quello che poteva fare da front man.
    Altrettanti giorni erano passati da quando Ausel aveva parlato con Elly e aveva, soprattutto, riso con lei. Per quanto sembrasse una ragazzina piccola e minuta, con meno anni d quanti ne dimostrava, Elly sembrava essere capace di alternare momenti di ilarità con momenti più profondi. Stava ancora lottando con il suo carattere cercando di far emergere l’uno o l’altro, anche se sembrava far capolino sempre il suo lato da ragazzina, da ingenua lady che per la prima volta vedeva il mondo con i suoi occhi. Ausel stava ancora ricordando il malinteso sulla colpevolezza o meno dei cuochi e le risate derivate dallo sguardo truce e gli occhi di fuoco.
    Era stato un momento di luce in una marcia segnata da continue ombre. Ombre perché Ausel era sempre confinato nelle retrovie a discutere con altri cavalieri o meno. Aveva visto qualche volta, o meglio dire intravisto, Aldray e Steffon che conducevano i loro cavalli ora da un lato della colonna ora dall’altro. Sembrava che ogni giorno cercassero nuovi compagni da cui farsi guardare le spalle.
    Ausel sapeva che quella semplice chiacchierata avuta qualche giorno prima non voleva dir nulla per loro che avevano già visto compagni morire. Qualcosa aveva appreso, però; tutto inutile non era stato.

    Erano nel padiglione centrale a consumare la cena come nei giorni precedenti. La cavalcata era stata estenuante e giorno dopo giorno la fatica si faceva sentire soprattutto in coloro che non cavalcavano così continuatamente da molto tempo. Il tempo era stato clemente fino a quel momento e Ausel poteva ringraziare i Sette per qualcosa.
    Nei giorni precedenti Ausel ed Elly erano stati posizionati in posti diversi dove era difficile anche guardarsi e vedere se l’altra c’era o meno. Quella sera, invece, Elly si era seduta a portata di vista di Ausel. Al Tasso, così come a tutti gli altri, era stato servito un cosciotto di qualcosa che stentava fosse essere pollo. Quanti pennuti avrebbero dovuto uccidere per sfamare quella colonna di uomini. Probabilmente era chissà cosa spacciato per qualcos’altro condito e servito su un letto di altro ancora.
    Ausel aveva finito di cercare di intravedere qualcosa di buono in ciò che gli portavano. Era della semplice cucina da campo dove era già tanto se la carne era cotta e condita.
    Se la prima sera aveva fatto lo schizzinoso con la carne di cinghiale poco morbida e stopposa, le altre sere aveva limitato i suoi standard a livelli sempre più bassi e sempre meno “gustosi”. La carne che Ausel stava mangiando era qualcosa di commestibile, sì, ma di una secchezza da far invidiare i cachi meno maturi. Masticava perdendo la cognizione di quanto tempo avesse masticato fino a che non si scocciava e ingoiava quel boccone divenuto qualcosa di indecente solo a pensarci. Aveva consumato fino ad ora una coppa di vino speziato in più rispetto alla sua dose serale per mandar giù quella carne. Di certo non si poteva definire ubriaco, ma stava iniziando a bere oltre il consentito. Una nota positiva in tutto ciò erano gli aromi. Almeno davano un senso gustoso alla porzione, oppure era il vino a parlare per il suo palato.
    Gli altri non sembravano vederla come la vedeva lui. Erano felici di ingurgitare qualcosa e di poter dire di aver la pancia piena per un’altra giornata. Forse era questo che mancava nella visione generale delle cose al giovane Tasso. Ancora non era cosciente di dove si trovasse e di quali fossero le conseguenze e le limitazioni del caso.
    Dall’altro lato Elly aveva terminato la sua porzione molto prima degli altri, molto prima anche di Ausel. Una volta conclusa la cena la piccola Lannister aveva lanciato delle occhiate ad Ausel che in un primo momento aveva cercato di evitare non sapendo cosa volessero dire, per poi soffermarsi e osservare cosa volesse. Stava indicando l’uscita della tenda con lo sguardo e muovendo gli occhi in modo da far intendere che da lì voleva uscire fuori. Ausel non aveva tutta questa voglia di uscire all’aperto, ma l’alternativa era terminare quella porzione così poco appetitosa.
    Elly si alzò e chiese commiato a suo padre chiedendogli di ritornare nella sua tenda. Il padre, lord Lannister di Lannisport dopo aver addentato quel pezzo di carne diede il consenso. Elly uscì dalla tenda dopo aver bevuto un ultimo sorso dal suo calice. Ausel, invece, aveva il calice nuovamente vuoto. Qualcuno al suo lato cercò di riempirgli nuovamente la coppa, l’ennesima. Ausel aveva superato il suo classico numero di coppe da consumare a cena e si sentiva strano. Qualcosa dentro di se si stava ribellando e gli stava chiedendo a gran voce di non bere ancora. Ausel ascoltò quella voce lasciando la coppa lì, osservandola, ma non bevendo da essa. Aveva già superato di una coppa piena il consueto e non voleva aggiungere la vergogna di un figlio ubriaco alla lista delle manchevolezze che suo padre aggiornava di volta in volta. La carne era quasi terminata. Elly era uscita da un po’ e probabilmente era già arrivata alla sua tenda.
    Un altro boccone e questo strazio termina.
    Ausel mangiò il suo ultimo boccone. Aveva bisogno di mandarlo giù con qualcosa e, anche se si era ripromesso di non bere da quella coppa, la prese e bevve un bel sorso accompagnando quella poltiglia gommosa. Suo padre lo stava guardando o era solo una sua impressione?
    Ausel non poteva saperlo. Posò la coppa e chinò lo sguardo verso il basso. Aveva terminato di cenare così come gli altri. A differenza loro, però, Ausel non aveva nessuno con cui parlare. Alzò nuovamente lo sguardo per vedere suo padre e gli sembrò che non lo stesse guardando. Alla fine allungò nuovamente il braccio verso la coppa di vino e … eccolo. Nuovamente quella sensazione che qualcuno lo stesse guardando. Probabilmente era la sua immaginazione, perciò decise di prendere una boccata d’aria e schiarirsi le idee.
    Suo padre sembrava non volergli rivolgere la parola, nulla di particolarmente diverso dalle altre sere. Il Tasso si alzò dal suo posto e si congedò dagli altri che fecero un piccolo cenno del capo per poi tornare nuovamente a chiacchierare tra loro.
    Ausel guadagnò l’uscita senza voltarsi indietro e oltrepassò la porta della tenda.
    Quando Ausel uscì il sole era già sparito da diversi minuti, molti minuti. Ausel si avviò verso la sua tenda imboccando il sentiero che conduceva a quella sua dimora da campo. Su una panchina era seduta una ragazzina che Ausel riconobbe in Elly:
    "Sera, Elly."
    Ausel la guardò stupito. Si stava chiedendo se avesse sentito bene prima o si era immaginato tutto. No, aveva sentito bene.
    "Ma, non dovevi ritornare alla tua tenda? Cosa ci fai qui tutta sola?"
     
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    Per tutto il tempo che Elly trascorse là fuori, estremamente esposta agli sguardi delle poche guardie di passaggio, si sentì estremamente nervosa. Se qualcuno avesse deciso di parlare con suo padre o con chi di dovere, anche solo per chiedere delucidazioni in merito alla presenza di una Lannister poco più che ragazzina nel bel mezzo di un campo militare, e per di più in completa solitudine, si sarebbe cacciata nei guai: si sarebbe subita in prima battuta un terrificante interrogatorio da parte di suo zio Tywin o di suo padre Steffon, per poi passare ad una sorveglianza a vista della sua persona per chissà quanto tempo. In quel caso, avrebbe potuto dire arrivederci alla possibilità di trascorrere altre serate con Ausel Lydden, senza ombra di dubbio.

    Addirittura, ci fu un istante in cui la ragazzina temette di veder comparire la minacciosa sagoma di Lord Tywin all’orizzonte, come una specie di fantasma che emerge dalle tenebre, ma nessuno sembrò passare di là per minuti interi. Alcuni rumori come il tintinnio delle armature, qualche sconclusionata parola in lontananza e soprattutto i maledetti passi che calcavano il terreno erboso su cui si trovavano, erano tutti elementi ben presenti e soprattutto costantemente udibili, da parte della piccola Lannister ma, forse a causa di un inaspettato colpo di fortuna, o per la benevolenza dei Sette, o forse per entrambi, nessuno fece la sua apparizione in quel lungo corridoio di tende, che sembrava essere totalmente isolato dal resto dell’accampamento.

    Fu una fortuna che la pazienza fosse una virtù innata, nella ragazzina di Lannisport: Ausel probabilmente aveva dovuto inventarsi chissà quale scusa per lasciare il luogo della cena prima del tempo, ma questo non poteva che essere un aspetto positivo della situazione: se fosse riuscito a mantenere un basso profilo proprio come aveva fatto lei, nessuno avrebbe avanzato alcun dubbio su quell’allontanamento e tutti, all’interno della tenda, avrebbero continuato a fare ciò che preferivano: gustarsi cibi che per il resto delle truppe risultavano essere inarrivabili, ubriacarsi e raccontarsi storie di guerra o pettegolezzi di corte. E, per quanto la riguardava, nessuna di quelle cose interessava minimamente Elly.
    Non per un atteggiamento di superiorità nei loro confronti, tutt’altro. Il motivo era ben diverso ed era più legato all’ignoranza della giovane in fatto di dicerie di palazzo o su gloriose battaglie svoltesi ai quattro angoli di Westeros: anche se avesse voluto partecipare a simili discorsi, avrebbe fatto una figura barbina: se ne sarebbe rimasta seduta, in silenzio, ad annuire in modo condiscendente, senza avere la minima idea di ciò di cui stesse parlando il suo eventuale interlocutore.

    Passarono alcuni minuti, prima di veder agitarsi il lembo di pesante tessuto che copriva l’entrata della tenda: per un attimo, Elly ebbe quasi paura di vedere chi sarebbe emerso dalle profondità di quel luogo che odorava di spezie e vino, ma nel vedere il colore biondo dei capelli di Ausel potè tirare un lungo respiro di sollievo.
    Era riuscita a convincerlo ad abbandonare a sua volta la cena tra nobili prima della sua effettiva conclusione… ma il piano non era andato esattamente a buon fine. L’espressione stupefatta sul volto del giovane Tasso era più che eloquente e fu sufficiente a permettere ad Elly di fare due più due: tutte quelle occhiate che la ragazzina aveva lanciato in direzione del Lydden non avevano avuto un buon esito. Poco male, comunque… la sorte aveva comunque permesso ai due di incrociarsi anche quella sera, per cui non aveva di che lamentarsi.
    “Ausel” Gli sorrise la ragazzina, facendo un rispettoso cenno col capo in segno di saluto, per poi passare alla domanda che le era stata posta a proposito della sua solitaria presenza là fuori.
    “Sai, la mia vicina continuava a blaterare qualcosa sul punto e croce e su alcuni ricami da lei realizzati e sinceramente ne avevo avuto abbastanza di sentir parlare di merletti e fiocchetti. E visto che la notte porta consiglio, ho pensato di farmi consigliare direttamente dalle stelle” Rispose scherzosamente, puntualizzando tuttavia il vero motivo subito dopo.
    “No dai, sto scherzando, sulle chiacchere della mia vicina di tavolo intendo… però è vero, non ce la facevo più a stare là dentro”

    Non volendo metterlo in imbarazzo per non aver colto i segnali che gli aveva lanciato durante la cena, Elly gli domandò “E tu invece? Anche tu sei uscito usando una scusa?”
    Non poteva certo dirgli “A dire il vero mi sono allontanata perché speravo di passare un po’ di tempo da sola con te”, sarebbe risultato estremamente fraintendibile e forse avrebbe messo persino a disagio il povero Ausel, per cui si limitò a dire solo parte della verità, almeno inizialmente. Se il loro rapporto fosse proseguito in maniera positiva, allora probabilmente gli avrebbe rivelato quel piccolo retroscena, che per il momento avrebbe invece conservato per sé.
     
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    Elly guardò Ausel come stupita per poi salutarlo e dichiarare prima una cosa per poi smentirsi sulle chiacchiere della sua vicina di tavolo. Ausel stava guardando la ragazzina dagli occhi azzurri e i capelli biondi con occhi curiosi e un’espressione tra l’interessato e il dubbioso.
    Tralasciando la reale motivazione che ad Ausel interessava poco, Elly si era scocciata di sedere a quel tavolo e aveva preferito uscire all’aria aperta. Ciò che non riusciva a comprendere il giovane Tasso era come fosse possibile che una ragazzina, per di più una Lannister, venisse lasciata così, sola, senza la guardia di nessuno. Ausel non conosceva bene le abilità di Elly, però, erano già due volte che la piccola Lannister di Lannisport venisse lasciata sola, abbandonata alla buona volontà degli uomini lì presenti. Vuoi che Ausel stesse pensando troppo alla sua pellaccia in quei giorni, vuoi che la ragazzina avesse sicuramente dei privilegi, qualcosa comunque non gli tornava.
    Ritornando alla reale motivazione, Elly non volle sbilanciarsi troppo se non dire che non ce la faceva più a stare lì dentro. Tutto sommato nemmeno Ausel voleva stare lì dentro per una semplice motivazione che poteva essere alla portata di tutti. Ausel parlava poco con gli altri e quasi nessuno si era legato a lui tanto da parlare durante le cene. A differenza di suo padre che si dava da fare a instaurare rapporti più o meno fruttuosi e diplomatici e politici, Ausel se ne stava nel suo cantuccio aspettando che gli altri si avvicinassero a lui, ipoteticamente. Aveva ricevuto un’istruzione tale da fargli impedire di essere il primo ad approcciarsi ad eventuali figure di spicco. Sua madre lo aveva avvisato di non prendere iniziative ma di aspettare sempre e solo le direttive di suo padre. Era lui a doverlo presentare agli altri ufficiali o persone di rilievo. E Ausel aveva fatto così, aveva aspettato. Solo con Elly si era buttato quasi di petto. Volendo dirla tutta, era stato suo padre a costringerlo a parlare con la ragazzina, quasi come una concessione.
    Elly gli chiese se avesse trovato una scusa per uscire dalla tenda, anche lui. Ausel ripensò alle parole della piccola Lannister e cercò di trovarci un senso. Aveva appena detto di essere uscita perché non ce la faceva più a sentire i discorsi della sua vicina, se tutto ciò era vero e ora gli stava chiedendo se anche lui avesse trovato una scusa.
    "In realtà no. Perché tu che scusa hai usato?"
    Ausel era uscito perché non riusciva a stare lì a rimirare quel pezzo di carne senza consistenza e senza sapore se non quelli delle spezie. Non voleva nemmeno pensare a cosa realmente fosse. Sì, aveva ancora degli standard troppo alti a livello culinario e ancora non riusciva a farsi scendere quei pasti da campo.
    Ausel era rimasto in piedi e non osava chiedere se potesse sedersi accanto a lei. Non voleva imbarazzarla e non voleva nemmeno avere molti problemi nel caso qualcuno fosse passato di lì vedendoli uno accanto all’altro. Inoltre la vicinanza con la tenda dove erano appena usciti non era così ampia.
    "Comunque credo di non aver trovato di buon gusto ciò che ci hanno servito."
    Molto probabilmente ciò che realmente dava fastidio ad Ausel era la discussione con suo padre. Non aveva trovato ancora un punto di unione e non sapeva ciò cosa avrebbe comportato.
    Bisognava anche dire che, dopo aver riso con Elly qualche sera prima, Ausel aveva fatto un brutto sogno che lo aveva svegliato nel cuore della notte. Era lì, con la spada in mano che alzava come per difendersi o per attaccare. A prima vista non riusciva a dire cosa stesse facendo, ma dopo qualche minuto la stessa arma calava colpendo, con un colpo secco e agghiacciante il capo di Gluk.
    Aveva anche urlato, probabilmente. Comunque il giorno dopo era stato male e non aveva nemmeno cenato molto. La sera aveva rifatto nuovamente quel brutto sogno, solo che questa volta il volto di Gluk si muoveva e la sua bocca urlava con una voce simile allo stridio delle unghie su una superficie liscia. Le parole che fuoriuscivano dalla sua bocca insanguinata erano delle stilettate nel cuore di Ausel.
    Perché mi hai ucciso. Cosa ti ho fatto di male?
    In effetti, cosa gli aveva fattoi di male? Nulla. Non gli aveva fatto nulla e quelle parole erano ancora più dolorose a sentirsi. Ausel si era svegliato, quella seconda notte, piangendo. Stava cercando di capire per quale motivo proprio lui era stato costretto a fare tutto quel male. Era inutile ripetersi che lui sarebbe stato il primo e presto sarebbe stato soppiantato da altri corpi morti, da altri volti che non conosceva.
    Era ancora troppo presto per lui. Era ancora troppo presto dimenticare la sua prima uccisione.
    L’unica cosa che riusciva a fare, forse anche male, era “rispettare” le parole di sua madre.
    È più semplice sorridere che spiegare le motivazioni della propria tristezza.
    Aveva sorriso quando doveva e rattristarsi quando non visto.
    Negli occhi perso di Ausel si poteva notare qualcosa che lo rendesse pensieroso o lontano miglia da dove stava in quel momento.
     
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    Con ogni probabilità, Ausel si trovava là fuori per l’esatto motivo che aveva spinto Elly ad allontanarsi dalla cena prima del tempo: il senso di disagio vissuto in mezzo a quella marmaglia di nobili, i cui discorsi poco avevano a che fare con due come loro. Non perché si sentissero superiori o perché volessero in qualche modo cercare di apparire come “differenti”, ma per il semplice e lampante motivo che molti degli argomenti trattati dai Lord e dalle Lady, tra un morso e l’altro, non interessavano a due ragazzi della loro età.
    Elly, non appena ebbero scambiato le prime parole, si scostò di lato, lasciandogli sufficiente spazio per sedersi a sua volta, sebbene apparisse piuttosto riluttante a farlo. Forse era ancora quell’imbarazzo che aveva provato anche la prima volta che si erano incontrati e che ora tornava a riproporsi, anche dopo la serata precedente, in cui sembrava essersi volatilizzato nel nulla?
    La ragazzina dagli occhi chiari non ebbe tempo di invitarlo ad accomodarsi e dovette sperare di potersi limitare ad un approccio “gestuale”, in quanto la sua bocca venne subito impegnata nello spiegare ad Ausel quali motivazioni aveva deciso di dare, per chiedere ed ottenere il permesso per allontanarsi dal luogo della cena.
    “Nulla di che, a dire il vero. Sono rimasta molto sul generico, mi sono limitata a dire che mi sentivo molto stanca e che avrei preferito andare a riposare, ma un po’ d’aria fresca non può che farmi bene” Gli rispose sorridendo, notando tuttavia una qualche scintilla di tristezza, nei suoi occhi. Non erano quelli anche solo momentaneamente spensierati che aveva avuto modo di contemplare il giorno precedente. Era solo un dubbio, che tuttavia parve non voler allontanarsi da Elly per minuti interi. Magari si stava addirittura sbagliando, e questo sarebbe stato imbarazzante, in caso Ausel non si fosse realmente sentito abbattuto per chissà quale motivo, per cui forse era meglio andarci piano e cercare di capire passo passo se ci fosse un problema all’orizzonte.
    Forse, ipotizzò Elly, era legato semplicemente al fatto che non avesse apprezzato la cena, come del resto gli disse lo stesso Tasso?
    “Uhm… a dir la verità neanche io… ho mangiato di meglio, diciamo così” Mormorò Elly, in modo concorde alle affermazioni appena udite. No, non poteva trattarsi solo di quello: è assai difficile che una persona, per quanto sensibile, potesse buttarsi giù solo ed esclusivamente per un pasto di qualità non eccelsa: era matematico che ci fosse qualcos’altro, nascosto nel cuore di Ausel. Qualcosa di più profondo e personale.
    Forse per una strana sensazione di fiducia in se stessa, forse per il modo in cui avevano parlato la sera precedente o per chissà quale altra motivazione, Elly decise di prendere di petto la situazione ed affrontare il problema.
    “Sembri turbato da qualcosa, però…” Cominciò a dire la ragazzina, guardandolo dritto negli occhi, in modo da manifestare una certa sicurezza nelle sue parole. Si stava giocando il tutto e per tutto, la pena per un fraintendimento era una brutta figuraccia, a cui tuttavia avrebbe pensato solo e se si fosse effettivamente verificata.
    “Sicuro che vada tutto bene?” Gli domandò subito dopo, cercando di fargli capire che in fondo sapesse che una singola cena dal gusto non proprio sopraffino non poteva essere abbastanza per abbattere il morale di qualcuno. E, se lui ne avesse voluto parlare, avrebbe ascoltato la sua risposta.
     
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    Elly, quasi leggendo nella mente di Ausel, si scostò lasciandogli dello spazio per sedersi su quella che doveva essere una panca messa lì per permettere a chiunque passasse di li di sedersi e riposarsi o scambiare qualche parola. Non aveva invitato Ausel a sedersi in modo chiaro, attraverso le parole, ma con un gesto della mano. Ausel non volle osare così tanto, un po’ per semplice imbarazzo, un po’ perché non si sentiva nell’umore giusto.
    Elly gli spiegò cosa aveva detto per potersi togliere di impaccio da una cena che stava prendendo una piega noiosa per lei: era rimasta sul generico. Il giovane Tasso fece spallucce e continuò a fissare la ragazza.

    Come Ausel, anche Elly non aveva gradito ciò che gli avevano propinato a cena dicendo di aver mangiato cose molto più gustose. Ausel annuì.
    "Ti capisco. Sono arrivato alla conclusione di non essere ancora entrato nell’ottica di ciò che stiamo per fare, o meglio, di ciò che sto per fare. Sono ancora legato alla buona cucina di casa e qualunque cosa provo a mettere sotto i denti sembra non essere ciò che ricordavo."
    In parte era vero. Nulla sembrava rispecchiare la buona cucina che il Tasso aveva imparato ad apprezzare a Deep Den. Tutto sembrava troppo poco cotto, troppo poco morbido e troppo poco gradevole al gusto. Tutto era diverso da ciò che mangiava a casa, tutto era diverso da casa. Doveva ancora entrare nel vivo della questione, ancora non aveva compreso che casa era alle sue spalle e doveva guardare avanti, verso un futuro ignoto dove avrebbe dovuto dare tutto se stesso per poter ritornare nuovamente ad assaporare quei magnifici manicaretti, i biscotti di quando era bambino o grandicello che le cuoche preparavano con le mandorle e il miele, quel profumo di cannella e fiori d’arancio proveniente dalle scorte di Coldmoat.
    Doveva entrare nell’ottica che tutto sarebbe stato diverso e prima lo imparava prima poteva andare avanti e guardare oltre. Lo stesso discorso doveva imporselo per il ricordo di Gluk ancora così vivo nella sua mente.

    Elly sembrò guardarlo dentro perché se ne uscì con un semplice e quanto mai incisivo “sembri turbato”. Avrebbe dovuto dar prova di sé per assecondare le parole e l’insegnamento di sua madre. Avrebbe dovuto mentire a Elly, forse. Non sapeva se potersi confidare con lei, confidare la sua preoccupazione e le sue paure, segreti che a stento era riuscito ad esternare a suo padre. Elly lo stava guardando negli occhi, fissandolo e cercando di scoprire qualche minimo segnale di incertezza o di bugia.
    Ausel cercò di sorridere, un sorriso di circostanza, mesto e poco felice.
    "No, è solo una tua impressione. Turbato è una parola grossa. Direi più ansioso e timoroso di ciò che potrebbe accadere. Si dicono tante cose in questi giorni che non sai dove sta la verità e dove iniziano le fantasie e le storie degli uomini."
    Era turbato Ausel. Turbato non per ciò che aveva detto. In parte sì, ma ciò che lo inquietava realmente erano le parole che suo padre gli aveva lasciato qualche giorno prima. Avrebbe dovuto lasciare il segno, farsi un nome e agire essendo arrivato il momento della spada. Doveva dimostrare di non essere un codardo. Purtroppo non sapeva come. Non sapeva veramente cosa fare o cosa dire o cosa inventarsi per non essere il codardo che aveva descritto suo padre.
    All’ulteriore insistenza di Elly, Ausel si sedette nel posto che gli aveva riservato.
    "Sì, Elly. È l’imminente guerra che mi turba e che mi fa pensare. Qualche buona dormita e … non so cosa potrebbero farmi riprendere."
    Cercò di abbozzare una risata, qualcosa che cercasse di distogliere l’attenzione di Elly e facesse cambiare l’argomento della discussione.
    "Tu, invece? Hai avuto problemi per esserti liberata dalle grinfie della tua amazzone barra guardia del corpo?"
     
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    Entrambi i giovani sembravano essere afflitti dal medesimo problema, d’importanza tutt’altro che vitale, chiaramente, ma che a lungo andare li avrebbe provati psicologicamente in maniera anche piuttosto marcata. Entrambi, con molta probabilità, erano stati strappati all’ambiente in cui erano abituati a vivere e a cui erano avvezzi ed era sicuramente normale che le differenze con la nuova realtà in cui i due erano stati catapultati potessero in qualche modo farli sentire a disagio o fuori posto.
    Un esempio perfettamente calzante era, appunto, il cibo: probabilmente ad Approdo del Re avrebbero trovato standard culinari ben più elevati, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare… che dal punto di vista di Elly pareva più un vero e proprio oceano. Prima di poter nuovamente consumare un pasto decente, avrebbero dovuto prendere la Capitale… ed Elly sapeva quanto quell’importante avvenimento potesse essere una specie di “punto debole” per Ausel: il solo farne menzione, pensava Elly, avrebbe potuto cambiare radicalmente il suo umore in un istante e decise di girare al largo dall’argomento, aspettando che Ausel gliene parlasse per primo, sempre che ne avesse avuto voglia.
    Condivideva perfettamente quel senso di disorientamento ed era per questo che Elly capiva perfettamente ciò che il Tasso, apparentemente riluttante a sedersi di fianco a lei, intendesse dire.
    “Non dirlo a me. Pochi giorni che siamo partiti e già ho nostalgia di Lannisport e di Castel Granito. Chissà quando le rivedrò…” Mormorò la ragazza, fissandolo negli occhi, velati di un senso di mancanza autentico e genuino. L’idea di poterci lasciare la pelle, ad Approdo del Re, non l’aveva neppure sfiorata, ma tale ingenuità non era affatto un bene: non valutare i rischi dei compiti che le sarebbero stati assegnati l’avrebbe portata a sottovalutare i pericoli che l’avrebbero attesa a corte e questo non poteva permetterselo.
    Come volevasi dimostrare, però, Elly aveva sbagliato a leggere le emozioni di Ausel: non era stato un errore grave, questo no, ma quello che aveva visto nei suoi occhi non era turbamento, come d’altro canto il ragazzo stesso le spiegò, mettendosi a sedere di fianco a lei dopo l’ennesima insistenza, da parte della leoncina dai capelli biondi.
    Non si trattava di turbamento, le disse: quello che aveva visto in realtà era un “semplice” senso di ansia e paura per ciò che entrambi sapevano sarebbe accaduto di lì a poco.
    Questa era una cosa che, invece, Elly poteva benissimo comprendere con un minimo di empatia ma che, di contro, in realtà non poteva capire appieno: non perché la ritenesse la futura battaglia una cosa di poco conto, tutt’altro… il vero problema era che lei non si sarebbe mai trovata in una situazione analoga a quella di Ausel, per cui immedesimarsi in lui le riusciva solo fino ad un certo punto. Il resto era tutto intuito e immaginazione, motivo per cui doveva cercare di dimostrarsi realista e coi piedi per terra, ora più che mai.
    “Credo di poter capire. Nel senso, non voglio mentirti sul fatto che sappia cosa provi un soldato a poche decine di ore da una battaglia, è una cosa che non potrò mai sapere…” Cominciò a dirgli, guardandolo negli occhi con fare serio e preoccupato, allo stesso tempo. Quelle parole avevano risvegliato qualcosa in lei. Il ricordo delle parole di Elizeha cominciò a risuonarle nella testa e il sapere che quel ragazzo, in quel momento seduto di fianco a lei, di lì a poco avrebbe potuto non esserci più, la faceva sentire estremamente agitata e nervosa. Fino a quel momento, le battaglie e le guerre erano state lontane centinaia di leghe da lei, e tutto l’eroismo di cui narravano i cantastorie era svanito nel nulla. Ora c’erano solo sentimenti puri e sinceri coi quali fare i conti.
    “Però sono più che certa di una cosa: non tutte le fantasie e le storie degli uomini che hai menzionato prima sono vere, e allo stesso modo non tutte sono false. Secondo me la verità sta nel mezzo. Anzi, la perfezione sta nel mezzo” La ragazzina fece una piccola pausa, per poi sorridere leggermente, ricordando di aver letto quella frase in un libro non troppo tempo prima. Solo ora sembrava capire cosa intendesse dire.
    “Gli eroi spesso non vivono abbastanza a lungo per poter raccontare a qualcuno delle proprie gesta, non a caso sono spesso le ballate a raccontarci di loro. E i codardi, oh, i codardi non si troverebbero alle porte di una battaglia. Sarebbero scappati ben prima, ma tu sei ancora qui. Il che secondo me è più che sufficiente per poter dire che tu non sei un codardo. Ma ti prego, non comportarti da eroe, in caso qualcuno ti chiedesse un tale sforzo, anche in modo velato”.
    Quell’ultima frase l’aveva pronunciata in riferimento al rapporto tra Ausel e Lord Lydden: non aveva avuto modo di indagare approfonditamente, ma da quel poco che aveva visto, poteva affermare che tra i due non scorresse buon sangue e sapeva bene quanto i padri, specialmente se nobili, pretendessero che i figli si lanciassero in ardite imprese al solo scopo di tenere alto il nome della casata.
    “I gesti di eroismo migliori sono quelli che accadono per caso, per l’allineamento corretto delle stelle, per via della fortuna o per chissà che altro. In quel caso, se accadono, ben venga… ma altrimenti non andare a cercarli di tua iniziativa” Mormorò infine, guardandolo dritto negli occhi e deglutendo nervosamente.
    Le parole del Tasso, che nel frattempo si era seduto di fianco a lei, l’avevano a sua volta intimorita e nella voce di Elly vi era più sincerità che mai.
    Ormai sentiva, per quanto potesse essere strano, dopo soli pochi giorni di conoscenza, di essersi affezionata a lui, forse perché era stato l’unico ad averla calcolata senza essere stato costretto dai genitori, durante banchetti o ricevimenti a Castel Granito o a Lannisport.
    Ed amicizia significava prendersi cura degli altri, con ogni mezzo a propria disposizione. Alla fine della fiera, ciò che lo turbava non era altro che la guerra. Tutte le strade conducevano a quello spaventoso spettro, quella spada di Damocle che avrebbe penduto sul loro capo per i giorni a venire.
    Lentamente, Elly andò a cercare il contatto tra la propria mano e quella di Ausel, quasi a cercare di consolarlo col contatto fisico, ma preparandosi anche ad un eventuale respingimento da parte del ragazzo, forse non abituato a simili gentilezze.
    In seguito Ausel, forse per deviare dai pensieri che l’avevano afflitto fino ad allora, andò a cambiare completamente argomento, domandandole se sbarazzarsi di Elizeha avesse comportato conseguenze, per lei.
    Elly scosse la testa, sbuffando una leggera risata.
    “Nah, tragitto per la mia tenda è talmente breve che persino mio padre ha concordato sul fatto che, per questa sera, potessi anche farne a meno. E credo che Elizeha sia stata felice di avere un po’ di tempo per sé, almeno credo” gli disse. Attorno a loro ancora nessun segno di vita, se non fosse stato per alcuni rumori in lontananza e qualche cicaleccio proveniente da chissà dove, la quasi penombra, rischiarata solo da alcune torce, avrebbe potuto far pensare ai due di essere persino finiti in un universo parallelo.
     
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    Elly aveva nostalgia della sua casa e di Castel Granito, come Ausel aveva nostalgia di Deep Den. Oltre a sentire gli affetti di casa, sentiva anche la mancanza di Lajos. Era il ragazzo a cui Ausel si era avvicinato per primo nella sua breve vita e che gli aveva permesso di essere ciò che era. Doveva a lui i momenti più belli della sua vita, i palpitamenti del cuore, la gioia di vederlo il giorno dopo e quello dopo ancora. Non era un pensiero costante, ma affollava spesso la sua mente da ragazzo. I suoi occhi castani, quei capelli mossi, quel viso così bello e … soprattutto lui.
    [Non dimentichiamoci che Ausel è un ragazzo con gli ormoni a palla e in astinenza da un po’.]
    Chissà se anche Elly avesse qualcuno che l’attendeva a casa, qualcuno che avesse rubato il suo cuore e i suoi occhi così come il figlio del conciaio aveva rubato quelli del giovane Tasso.
    La ragazza di Lannister fissò Ausel dritto negli occhi mormorando quelle parole sottovoce. Non poteva domandarglielo apertamente, sarebbe stato poco cortese e fuori luogo, ma che male c’era a fare qualche domanda.
    "Non vedi l’ora di rivedere chi?"
    Ausel le sorrise. Aveva posto una domanda molto personale, imbarazzante e che poteva creare un lieve, se non accentuare un rossore naturale sulle guance della fanciulla. Probabilmente aveva qualche cottarella, sempre se non era stata già promessa a qualcuno che non amava, sempre se aveva già assaggiato il dolce sapore di quel sentimento.
    Ausel la fissò come l’aveva fissata qualche sera prima, uno sguardo che le creava imbarazzo.

    Successivamente Elly provò a spiegare come poteva cercare di capire il senso che attanagliava Ausel. Lo stava guardando negli occhi. Se con suo padre, Ausel era costretto quasi sempre ad abbassare lo sguardo incapace di sostenerlo, con Elly era più semplice anche se ciò gli creava un po’ di disagio, un disagio particolare, non come quello che provava quando Lajos lo guardava, ma nemmeno come quello che gli creava suo padre. Era più un senso di agitazione che un vero disagio. Provò a consolarlo dicendogli di trovare la verità nel mezzo. Tra tutte le parole e i discorsi che il giovane Ausel aveva sentito in quei giorni, come aveva supposto, non tutti si sarebbero realizzati. Avrebbe dovuto trovare la realtà dei fatti in mezzo a quel groviglio di informazioni, cosa non troppo semplice con lo stato d’animo che stava assalendo il giovane Tasso. Avrebbe dovuto lavorare un pochino per poter poi trovare quella verità.
    "Forse hai ragione. Non devo farmi prendere dall’agitazione. È che ciò è tutto nuovo per me e sembro così sbagliato."
    Ormai lo aveva detto e non poteva tirarsi indietro. Era sbagliato sì, ma Elly, così come suo padre, non potevano sapere la reale motivazione di quel senso di erroneità. Poteva sembrare tutto basato su una sensazione di incapacità, di non essere portato con le armi e con la spada, ma ciò che turbava Ausel era tutt’altro, era il suo non essere un uomo completo, di non essere ciò che si sarebbe definito “normale”.

    Elly cercò nuovamente di sollevare l’animo del ragazzo dicendogli che gli eroi non vivevano abbastanza. Nulla che Ausel non sapesse già Lui non voleva essere un eroe, non voleva combattere in prima linea, non voleva versare il sangue degli altri o sentirselo scorrere sulle mani. Non voleva sporcarsi direttamente le mani. Avrebbe preferito attaccare da lontano,. Con arco e frecce, con i coltelli da lancio, con qualunque cosa tranne la spada e sentirsi il calore del liquido rosso che gli insozzava le dita rendendole appiccicose, puzzolenti e … sporche. Non voleva essere sporco. Attaccare da lontano generava pur sempre morte, ma non in modo così sporco. Lui non si sarebbe sporcato delle loro viscere, del loro sangue, del loro cervello come era successo con Gluk.
    Elly gli aveva anche detto che non doveva sentirsi un codardo perché sarebbe già stato lontano miglia da quelle porte e da quella via. Avrebbe voluto dirle che non tutti potevano fare quella scelta. I soldati che li seguivano, così come i contadini che a stento sapevano armeggiare con la spada, non si trovavano lì per loro volontà Erano stati costretti. Molti di loro sarebbero morti ancor prima di poter ripensare alla grande stupidaggine che stavano facendo e scappare. Ausel avrebbe voluto scappare? No. Non voleva trovarsi in prima linea. Non si riteneva un codardo, quello no. Pensava solo che dalle retrovie sarebbe stato tutto diverso, migliore e meno orrendo. Non avrebbe visto la vista spegnersi negli occhi dei suoi nemici come aveva visto in quelli di Gluk.
    Ausel annuì e sorrise alle dolci parole di Elly. Si stava preoccupando di lui e questo era bello da sentirselo dire.
    "Grazie. Ti prometto che non farò l’eroe."
    Anche perché non sapeva farlo e non lo avrebbe voluto fare.

    Ausel, seduto accanto a lei s sentì sfiorare la mano. Il contatto con la ragazzina gli fece ritrarre la mano. Era stato un gesto incondizionato, quasi un riflesso. Aveva allontanato la mano per avvicinarsela al corpo. Non guardò Elly per evitare di incrociare il suo sguardo. Ci mancava solo che anche Elly scoprisse il suo segreto, il segreto che la prostituta, forse, aveva già intuito.

    Ausel non provò a dire nulla. Non voleva sembrare scortese, nonostante lo fosse stato.
    "Ah, va bene allora."
     
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    Quanto Elly aveva appena detto a proposito della sua nostalgia verso i luoghi dove era cresciuta, dove riponeva praticamente tutti i ricordi e ai quali era affezionata in modo strettissimo, non mancò di suscitare un qualche senso di curiosità in Ausel. In realtà la ragazzina se lo era aspettato, per certi versi, aveva messo in conto sin da subito che prima o poi sarebbero probabilmente giunte domande che altro scopo non avevano se non scoprire qualcosa sulla vita di Elly prima della sua partenza da Castel Granito, diretta verso una guerra che non avrebbe neppure combattuto in prima persona. In un certo senso, dunque se lo aspettava, ma non pensava minimamente che potesse arrivare quel tipo di domanda, da parte sua.
    Ausel infatti arrivò a domandarle se ci fosse qualcuno che non vedeva l’ora di rivedere, nel caso in cui fosse tornata a Castel Granito in tempi brevi, opzione alla quale Elly purtroppo non si sentiva di guardare con fiducia o speranza: sapeva che sarebbero passate settimane intere, mesi, o forse anni, prima di poter rivedere il mare dalla grande balconata di Castel Granito.

    Alla domanda del Tasso, comunque, Elly arrossì distintamente e le sue guance parve che dovessero prendere fuoco da un momento all’altro, a causa del calore che la giovane poteva percepire su di esse. Non sapendo bene cosa fare, decise di sorridergli a sua volta, ma in quel caso l’imbarazzo da lei provato era perfettamente leggibile sul suo viso.

    “Ehm… in che senso? No nessuno, in realtà. Cioè, quel che spero di rivedere presto sono i luoghi in cui sono cresciuta. Il mio desiderio è sempre stato viaggiare, ma non in queste circostanze…” Cominciò a dire, sperando di riuscire a sviare l’attenzione di Ausel, con risultati che si assestavano tra il pessimo e il nullo. Fu allora che dovette prendere il coraggio a due mani e parlargli di un argomento del quale non aveva mai fatto parola con nessuno.

    “Non… non c’è nessuna persona di quel tipo, se intendevi questo. Nel senso, nessuno mi ha mai guardata in quel modo. Anzi, a dire il vero, nella mia vita credo di aver passato più tempo a parlare con le ragazze che coi ragazzi. Ai pranzi ufficiali mi scansavano senza troppi complimenti e quei pochi che mi rivolgevano la parola lo facevano solo perché costretti dai genitori. E la cosa durava dieci minuti, non di più. Dieci minuti di parole vuote e di circostanza…” Mormorò, sforzandosi di continuare a sorridere, sebbene avesse iniziato a sentirsi piuttosto affranta. Era riuscita a togliersi dalla mente quel fastidioso pensiero per non sapeva neppure quanto tempo e quella sera sentiva di esserci ricascata. Non sapeva bene cosa potesse mai avere di sbagliato, per non riuscire ad attirare l’attenzione di alcun ragazzo.
    Anche lei, dopotutto, era entrata nella fase dell’adolescenza e gli ormoni avevano iniziato a farsi sentire, ma nessuno sembrava aver mai anche solo provato un vago senso di interesse nei suoi confronti. E ogni volta che ci ripensava non poteva che provare un sempre maggiore desiderio di incontrare la persona giusta, quella che potesse farla sentire non di troppo o quanto meno voluta…
    Si sentiva sola, questo sì. Ma doveva nasconderlo, aveva dovuto celarlo alla vista, da un paio di anni a quella parte, perché una Lannister non poteva permettersi debolezze di alcun tipo. Ma forse con Ausel avrebbe potuto fare un’eccezione. Si era già comportata in maniera diversa rispetto a tutti gli altri coetanei maschi che Elly aveva incontrato nel corso degli anni, e forse… forse quello poteva essere già un inizio.

    Purtroppo, o per fortuna, Elly non aggiunse altro, in quanto il loro discorso andò a vertere su un argomento del tutto diverso. Fu allora che la ragazzina venne a conoscenza di un altro particolare di cui era rimasta all’oscuro fino ad allora. Era una sensazione vissuta da Ausel che spesso aveva sperimentato anche lei… quella di essere una specie di tassello fuori posto, un moscerino bianco in mezzo ad esseri del tutto diversi. E, per ovviare a quella sensazione, la ragazzina si era autoconvinta di un fatto assai semplice, nel corso dei mesi.

    “Anche io spesso mi sento in quel modo, Ausel…” Gli disse, senza interrompere il contatto visivo con gli occhi chiari del Lydden “E secondo me nessuno di noi è fuori posto o sbagliato, o almeno io mi sono convinta così. Sono le persone attorno a noi che ci fanno sentire in quel modo. L’importante, a mio parere, è rimanere fedeli a ciò che siamo davvero e non cambiare solo per il desiderio di altre persone, siano esse lord, re o chiunque altro”
    Questo era ciò che aveva spinto Elly ad andare avanti nel corso degli anni, senza fermarsi e chiedersi se stesse sbagliando qualcosa e se, forse, avrebbe dovuto dar sempre retta agli ordini e alle imposizioni di coloro che volevano assumere il controllo sulla sua intera esistenza. Forse anche Ausel ci aveva già pensato, forse anche lui stava agendo esattamente come la piccola Lannister, o forse no… in caso, Elly sperava sinceramente che quelle sue parole potessero in qualche modo aiutarlo, così come lei era stata aiutata a tranquillizzarsi dalla frase che Ausel le disse dopo aver ascoltato il suo discorso. Il sapere che non si sarebbe tuffato nella mischia a spada tesa, in maniera imprudente e solo per far felice il lord suo padre, le faceva ben sperare. Non tanto da essere addirittura ottimista, ma per lo meno ora poteva valutare l’opzione che il Tasso superasse l’assedio che ci sarebbe stato di lì a qualche giorno.

    Ciò che avvenne dopo, però, dal punto di vista di Elly, fu quanto di più simile ad una specie di sonno disturbato. Le era capitato altre volte, durante una profonda dormita, di sognare gli avvenimenti più vari, ma ogni volta che si svegliava non possedeva che frammenti di ricordi relativi alle immagini che nelle ore precedenti si erano susseguite nella sua testa.
    In quel caso, però, quel poco che riusciva a rammentare era tutto accaduto realmente. Il calore della mano di Ausel che si ritraeva, una frase che il ragazzo aveva pronunciato subito dopo e poi… il silenzio. Un’assenza di suoni colmata solo dai respiri dei due, che erano rimasti senza dire nulla per qualche istante. Elly si ricordava di avergli lanciato qualche occhiata, quasi come se stesse attendendo il momento giusto, quello in cui Ausel si fosse girato verso di lei, contraccambiando il suo sguardo… e poi era accaduto quello di cui quasi si pentì immediatamente.
    Col senno di poi, Elly non riuscì mai a trovare una spiegazione sul perché lo avesse fatto. Un letale misto di ormoni, tensione, paura di non poter mai più rivedere quel ragazzo, la sensazione di essere considerata per la prima volta… ma forse aveva commesso un errore di valutazione. Cercare di baciarlo in quel modo lo aveva di sicuro spaventato e se così non fosse stato, quel sentimento sarebbe stato compensato da Elly stessa, che si sentiva smarrita e disorientata. Guardava il ragazzo di fianco a lei con aria piuttosto confusa, come se non avesse capito cosa diamine fosse appena accaduto.
    Quando poi la sua mente riuscì ad elaborare quei pochi frammenti di informazioni che ancora possedeva, Elly sussurrò, con un filo di voce, un semplice “Scusami…”.
    Ma, con ogni probabilità, era troppo tardi per quello. Sicuramente aveva finito per rovinare l’unico rapporto che, magari, col tempo si sarebbe potuto evolvere in altro. E lei, da ragazzina idiota quale era, aveva deciso di bruciare le tappe. Ed ora ne avrebbe pagato le conseguenze. Se ne vergognava, ma ormai ciò che era stato fatto non poteva più cancellarlo.
     
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    Alla domanda di Ausel, su un potenziale pretendente che l’aspettava a Castel Granito, Elly iniziò ad arrossire. Quel suo avvampare così, senza porsi un freno, dimostrava tutta la sua età e la sua inesperienza nel nascondere i sentimenti. Ausel non era tutto questa esperienza, anzi, gli si potevano leggere le cose in faccia e la giovane Lannister ne era stata capace fin dal primo momento. La cosa che salvava il giovane Tasso era la sua capacità di sviare o dire tutt’altro, come poco prima aveva fatto con la causa del suo turbamento. Ausel non poté non sorridere a quell’esternazione di imbarazzo che stava colorando il viso di Elly rendendolo ancor più evidente sotto gli occhi azzurri e i capelli biondo dorati. Elly continuò a dire che la sua mancanza era dettata ai luoghi e non a una persona in particolare e, senza che Ausel riuscisse a capirne il motivo, ella si confidò a un perfetto sconosciuto. Ausel non avrebbe mai rivelato una cosa del genere al primo o alla prima che incontrava. Erano argomenti molto delicati e che preferiva tenere per se. Soprattutto perché non avrebbe potuto dire “Eh, sai, a me piacciono i ragazzi”. Era un argomento tabù che lo stesso Ausel aveva dovuto faticare per accettare. Sapeva che era qualcosa di “osceno”, di sacrilego. Non solo gli uomini lo ritenevano un atto vergognoso quello di amare una persona dello stesso sesso, ma anche gli dei, quei Sette Dei che avrebbero dovuto aiutare e rendere la vita degli uomini migliore, ripudiavano un sodomita. Ausel ancora non era arrivato alla conclusione del perché era toccato a lui. Aveva chiesto molte volte a quei dei insensibili e sordi il perché. Perché renderlo così e poi rifiutarlo come fosse pietrisco che andava a pungere il piede. Non gli avevano risposto e aveva cercato, invano, una spiegazione anche nei suoi amati libri. Nulla gli dava la risposta che avrebbe voluto cercare, perciò perché parlarne.
    Ausel aveva rinchiuso quel suo essere al suo interno non dicendolo mai a nessuno se non a una persona: Lajos. Era stato difficile, ma anche facile con lui. Lui era diverso, il loro rapporto era diverso, ovviamente, eppure era stato difficile dirglielo.
    Sapeva come doveva sentirsi la giovane Lannister, comprendeva la sua frustrazione e il suo malessere, anche se per motivi diversi. La Lannister, prima o poi, si sarebbe sposata con un uomo che avrebbe o meno amato, seguendo la sua naturale inclinazione. Ausel non sapeva ancora cosa avrebbe fatto se suo padre lo avesse costretto a sposarsi con una fanciulla. Come poter svolgere il suo compito se a stento riusciva a guardare le ragazze e a sentirsi a proprio agio dopo ciò che aveva scoperto di sé e che aveva cercato di nascondere. Nessuna ragazza lo avrebbe capito come nemmeno lui avrebbe avuto la forza o la costanza di mentirle per tutta la vita. Bastava vedere come si era sentito con Isabel, si chiamava così quella prostituta? Ausel nemmeno ricordava più il suo nome. Aveva avuto qualche fremito sotto la cintola: totalmente morto non era se così si voleva dire, ma poteva essere stato qualunque cosa. Ausel non aveva mai avuto un rapporto “ravvicinato” con una ragazza sempre per la paura di sentirsi incapace di svolgere il “suo dovere” e sentirsi umiliato e deriso.

    Ausel si sentì toccato da quelle parole: toccato perché capiva il dolore della ragazza e toccato perché anche lui era stato costretto da suo padre a parlare con lei. Se fosse stato per lui, probabilmente, non si sarebbe avvicinato a lei. In una situazione del genere, con ancora il sangue e il cervello di Gluk addosso e sulle mani, nessuno avrebbe avuto il sangue freddo e la fermezza di andare vicino a chicchessia e provare un avvicinamento. Elly provava a sorridere, si vedeva, e si vedeva anche il suo essere rammaricata a quel pensiero. Si sentiva esclusa da un mondo che avrebbe volentieri voluto esplorare, un mondo che avrebbe desiderato tanto gustare, un mondo che Ausel aveva provato con Lajos.
    "Non dire così, Elly. Ti faccio una confessione. Anche io sono stato costretto a parlarti perché è stato mio padre a spingermi. Puoi comprendermi se non avessi voglia di parlare con nessun in quel momento, ma devo dire che non sei per nulla una persona a cui rivolgere due o tre frasi di circostanza. Per quanto possa valere la mia parola, sono degli stolti coloro che non ti dedicano oltre i dieci minuti canonici. Sono dei perfetti idioti se non riescono a vedere nei tuoi occhi la bellezza che si racchiude nel tuo animo. Parliamo da …. un paio di giorni escludendo la finta litigata?"
    Ausel si guardò intorno alla ricerca di qualcuno, meglio dire di colei: Elizhea.
    "Noi non abbiamo mai litigato, vero Elly?"
    Ausel assunse un’aria timorosa e turbata, poi, guardando Elly gli sussurrò: "Lo sto dicendo nel caso ci fosse la tua guardia del corpo."
    Poi gli fece un occhiolino sperando di rubarle un sorriso in quel volto così triste e affranto.
    "Tornando serio, ci siamo parlati per più di dieci minuti e sarei uno stolto a dire o solo pensare che tu sia ciò che il tuo cognome vorrebbe tu fossi. Più di una volta ci siamo trovati d’accordo su degli argomenti anche stupidi, mi hai rincuorato e anche stasera hai provato a tirarmi su di morale. Posso dire con certezza che sei la ragazza più dolce che abbia conosciuto e aggiungerei, anche la più sensibile e se quei damerini che ti hanno dedicato solo dieci minuti non sono stati in grado di vedere questo, credo che hai fatto bene a non conoscerli appieno."
    Ausel non volle andar oltre. Si sarebbe spinto anche a porle una mano sulla spalla o a farle una carezza sul viso. Sapeva cosa stesse provando e quanto fosse duro accettare di non essere amati da nessuno. Ausel aveva sofferto, ma era riuscito a trovare una consolazione in Lajos. Elly era ancora piccola e probabilmente avrebbe sofferto ancora per qualche anno prima di essere venduta come un qualsiasi oggetto per avvicinare suo padre a qualche altra casata. Essendo l’ultima figlia, se Ausel non aveva capito male, avrebbe dovuto vedere le sue sorelle felici ancor prima di esserlo lei. Ausel riusciva a sentire un certo senso di empatia con Elly. Forse perché, sì, riusciva a comprendere il suo dolore e il suo rammarico. Per motivi diversi, ovviamente, ma riusciva a leggerle nel volto i suoi stessi tormenti e i suoi stessi dubbi di qualche anno prima.

    Come a confermare le parole del Tasso, Elly disse di sentirsi proprio in quel modo, cioè fuori posto. Non era facile dir quelle parole e Ausel le attribuì al suo essere ancora troppo ingenua e troppo fiduciosa nel mondo e nel suo essere stupendo, invece del mondo crudele e cattivo in cui si trovavano e stavano muovendo i loro passi incerti e dubbiosi.
    "Elly non è così semplice. Ci fanno sentire sbagliati, perché in un certo senso, siamo sbagliati rispetto alla stragrande maggioranza degli altri che sono tutti “uguali” tra loro. È davvero bello quello che dici, ma non è semplice attuarlo. Un contadino non può rifiutarsi di prendere le armi e disobbedire al suo lord: la punizione è la morte. Un figlio non può disobbedire a suo padre o si ritrova disconosciuto e così via. Tutti vorremmo un mondo diverso, ma purtroppo ci troviamo in questo e dobbiamo adattarci."
    Elly la faceva troppo semplice. Come poteva Ausel venir accettato in un mondo dove la sua natura veniva ripudiata dagli stessi Dei? Come poteva sentirsi bene con se stesso se suo padre gli aveva appena detto di essere un codardo. Lo aveva spronato a cambiare, questo sì, ma quanto era disposto a cambiare il Tasso? Questo ancora non lo sapeva e lo avrebbe imparato presto a sue spese.

    Ausel non seppe cosa aveva spinto Elly a fare ciò che aveva fatto. Probabilmente le sue parole, il suo volerla consolare prima o chissà quale forza. Elly si era avvicinata ad Ausel nonostante il Tasso avesse scostato la mano. Questo doveva essere un segnale, pensò Ausel, ma non venne percepito così da Elly che si protese in avanti baciando il Tasso. Ausel si ritrovò bloccato, incapace di fare alcunché. Il contatto tra le labbra fu leggero, un contatto timido, dubbioso. Ausel stava subendo passivamente quel bacio bloccato com’era dall’incredulità del momento. Non si sarebbe aspettato una cosa del genere da Elly, oppure sì. Gli aveva appena detto che non era mai stata capita, accettata e mai aveva avuto la possibilità di parlare a lungo con qualcuno. Ausel era la prima persona che stava dando importanza alla ragazza e questa tesi poteva essere stata la causa del fraintendimento. Elly aveva scambiato la gentilezza di Ausel, il parlare con lei per semplice sfogo o per parlare tranquillamente con qualcuno per qualcosa di più. Ausel si irrigidì nel frattempo avendo paura di scansarla e allontanarla e deludere una persona già fragile di suo e già provata da mille insoddisfazioni che volevano trovare una via d’uscita.
    Il contatto tra le loro labbra terminò. Ausel continuò a guardare la ragazza con un’espressione interrogativa e, quasi, delusa. Non proprio deluso, ma non poteva definirsi uno sguardo irato o torvo. Avrebbe voluto dirle di quanto fosse stato sbagliato, di quanto si fosse illusa inutilmente. Ausel stava per colpire nuovamente la ragazza nel vivo abbattendo ancor di più la stima che aveva di sé. Doveva aver avuto coraggio, oppure doveva essere una stupida, a baciarlo così. Sì, Ausel ora stava diventando nervoso e arrabbiato.
    Doveva troncare subito quella cosa e impedire che Elly si illudesse ancora.
    Ma…
    Elly si scusò. Il tono della voce era così basso, così sussurrato. Si stava vergognando di ciò che aveva fatto. Come poteva arrabbiarsi con lei dopo ciò che gli aveva detto. Era stata anche colpa sua, probabilmente, se Elly si era mossa così.
    Ausel sospirò. La rabbia che aveva modellato i suoi lineamenti, ora era quasi sparita per lasciar posto a qualcosa che non sapeva definire. Doveva rincuorarla o far finta di nulla. Se avesse solo detto qualcosa di sbagliato, l’avrebbe ferita o illusa. Cosa poteva mai fare.
    Ausel doveva scegliere tra la via più facile e quella giusta.
    Quella giusta sarebbe stata sollevarle il viso e rincuorarla, dirle che ciò che aveva fatto non era sbagliato. Forse era il soggetto verso cui era stato fatto ad essere sbagliato, non il gesto.
    Quella più semplice prevedeva l’alzarsi e allontanarsi fingendo non fosse successo nulla. Se non ne parlavano, non era successo.
    Si alzò dalla panca e si mise davanti a Elly.
    Ausel scelse la via più facile, invece di quella giusta.
    "Senti Elly, credo che sia meglio per entrambi ritornare ognuno alla sua tenda e … chiarirci le idee." Lo aveva detto tra il titubante e l'ansioso. Non poteva sapere come avrebbe reagito e quali fossero state le conseguenze.

    Ausel iniziò ad allontanarsi.
     
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    Una prima, aperta rivelazione, venne confidata ad Elly proprio durante quella fresca serata in cui tutto sembrava così perfetto… se solo avesse saputo come sarebbero andate le cose di lì a poco, Elly non si sarebbe illusa che quello stato di tranquillità potesse durare ancora a lungo.
    Fu così che, senza neppure saperlo, Elly si ritrovò a godersi gli ultimi momenti davvero rilassati assieme ad Ausel, il quale le disse che anche lui, a sua volta, era stato praticamente costretto da suo padre a rivolgerle la parola, ma a suo dire l’errore nei confronti di Elly era stato commesso da coloro che, a differenza sua, non si erano soffermati per più di una manciata di minuti a parlare con lei.
    Ed Elly non potè che sentirsi lusingata da tutto ciò: era il primo che le diceva cose simili, dagli altri suoi coetanei non giungeva mai un complimento, una frase d’intesa e tantomeno il più piccolo apprezzamento da parte loro, ed era probabilmente questo che lo rendeva diverso, agli occhi della ragazzina, la quale gli sorrise leggermente, mormorando un “Ti ringrazio davvero… è strano sentirselo dire, probabilmente perché nessuno lo aveva mai fatto, prima di allora. E credimi, sotto questo punto di vista le tue parole valgono molto più di quelle di circostanza degli altri che ho incontrato”, per poi ridacchiare all’udire la seconda parte del suo discorso. Si erano create una certa intesa e complicità tra i due e anche in quell’occasione Elly non perse occasione di dargli manforte, pur sapendo che Elizeha probabilmente si trovasse dall’altra parte del campo, quella notte.
    “Oh no, affatto… è stata solo una semplice discussione amichevole, da persone civili!” Disse ad alta voce, rivolgendosi ad un ipotetico terzo ascoltatore nell’atto di origliare i discorsi dei due giovani, lasciandosi poi andare ad una risata divertita. Sarebbe stato davvero ironico se quei loro discorsi fossero giunti ad orecchie indiscrete ed incapaci di farsi i fatti propri, tornando poi a sorridergli; il Lydden, per quanto lo conoscesse da poco, aveva quella capacità di farla sentire bene ed a proprio agio in ogni occasione e quella volta non aveva fatto eccezione: l’aria triste che aveva velato il suo viso era sparita, anche solo per un attimo e sempre per lo stesso lasso di tempo le era stato restituita la stessa tranquillità che aveva provato il giorno prima in sua compagnia. Tuttavia i discorsi, quella sera, non si limitarono solo ad argomenti divertenti, ma vennero toccate anche punte piuttosto serie, per le quali la Lannister si sentiva comunque pronta. Non era più una bambina, con la quale si potevano solo intrattenere conversazioni allegre, ed Ausel questo sembrava saperlo bene, ed era proprio questo che lo differenziava dagli altri ragazzi incontrati nei mesi precedenti: non la trattava con condiscendenza, e la leoncina non poteva che essergliene profondamente grata.
    Elly ascoltò silenziosamente ogni singola parola del Tasso, facendola sua sin da subito, senza neppure ipotizzare che, a differenza delle altre persone incontrate fino ad allora, potesse dire certe cose solo ed esclusivamente per circostanza: si percepiva come fossero parole realmente sentite ed Elly, di fronte a simili complimenti sul suo conto, non potè fare a meno che sorridergli, colma di gratitudine, mentre le sue guance tornavano a tingersi di una tonalità rosata. Ma, a differenza delle altre volte, era un imbarazzo piacevole.
    “E questo, direi che vale anche per me, nei tuoi confronti. Nessuno mi ha mai trattato in modo così sincero e delicato come hai fatto tu in questi giorni, e per me significa davvero molto che tu possa pensare questo di me” Gli disse guardandolo dritto nei suoi occhi azzurri così simili a quelli della ragazzina seduta di fianco a lui. Fu proprio in quel momento che Elly capì che quello non fosse un ragazzo qualunque… non poteva dirlo apertamente, ovvio, ed anzi, nel suo piccolo sentiva un po’ di colpevolezza.
    Non era possibile che si fosse presa una cotta per un ragazzo che aveva conosciuto solo qualche giorno prima, ma era un sentimento che andava ben al di là della semplice attrazione fisica, che aveva sì già provato verso altri ragazzi, ma che era stata fine a stessa, senza mai essere integrata con una loro conoscenza approfondita. Si era trovata bene con lui in più di un’occasione ed era anche per quello, probabilmente, che quel sentimento sembrava più profondo rispetto alle altre volte. Ma non poteva dirglielo, avrebbe ribaltato radicalmente l’opinione di Ausel su di lei in una frazione di secondo, e per distrarsi decise di concentrarsi invece sulle parole del ragazzo. Non era in errore: il mondo in cui vivevano era fatto in un determinato modo, ma Elly aveva sempre avuto, probabilmente per via della sua ingenuità, una visione più ottimistica, come d’altro canto lo stesso Lydden aveva confermato.

    “Non so… è che sono sempre stata convinta che ognuno di noi potesse fare del suo meglio per cambiarlo, il mondo. Specialmente noi che, rispetto ad altre persone più sfortunate, abbiamo i mezzi per poter fare grandi cose”
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    Alla fine, a Westeros, era tutta una questione di cognomi: i cognomi decidevano le sorti dei regni, delle casate, delle dinastie e delle guerre… quindi perché non usarli anche per rendere il mondo un posto migliore in cui vivere, non solo per i nobili ma anche per la gente comune? Forse viaggiava troppo con la fantasia ed essere più attinente alla realtà, come Ausel, sarebbe stato un bel vantaggio, in quei casi.
    Ma non poteva durare.

    Dopo la momentanea confusione che annebbiò temporaneamente i suoi pensieri, Elly riacquistò via via la lucidità, rendendosi conto di quanto fosse appena accaduto. Aveva sentito distintamente il contatto tra le proprie labbra e quelle di Ausel, il quale era rimasto impietrito di fronte ad un gesto così inatteso ed improvviso. Sul suo volto Elly riusciva ad intravedere un’espressione che non avrebbe saputo definire: collerica? Delusa? Disgustata? Tradita? Non ne aveva alcuna idea, ma il modo in cui si era irrigidito non era certo un bene, ed Elly lo sapeva. Probabilmente aveva finito per rovinare tutto, e doveva solo incolpare i suoi ormoni se da quel momento in poi Ausel l’avrebbe evitata per il resto dei suoi giorni.
    Se avesse potuto, sarebbe tornata indietro nel tempo e si sarebbe inchiodata al legno della panca su cui erano rimasti seduti i due, ma non poteva. Aveva combinato un guaio ed ora doveva pagarne le conseguenze.
    E il conto venne subito presentato da Ausel, che dopo qualche istante di attesa, interrotto da un sospiro, si alzò ed usando l’intento di “chiarirsi le idee” nelle rispettive tende, si congedò rapidamente. I timpani di Elly pulsavano violentemente a causa dei battiti del suo cuore, che pareva in procinto di esploderle nel petto ed ucciderla sul colpo. Lo avrebbe preferito, in realtà: che senso aveva continuare a vivere se fosse stata destinata a compiere errori per il resto della sua vita? Sarebbe stato meglio morire là ed ora, ma tutto ciò che le venne concesso fu osservare la sagoma di Ausel venire inghiottita dalle tenebre.

    Solo nell’istante in cui tutto tacque, in cui gli unici rumori udibili furono le risate e i discorsi all’interno della tenda dove la cena ancora proseguiva, Elly decise di alzarsi e dirigersi verso la sua tenda. I suoi occhi azzurri fissavano il vuoto di fronte a lei e dovette ringraziare il suo cervello se riuscì a raggiungere meccanicamente la propria tenda. Una volta rimasta sola all’interno, Elly si limitò ad accendere una candela sul tavolo, in modo da avere un minimo di luce mentre si infilava la camicia da notte, per poi nascondersi sotto le coperte, coprendosi la testa in modo da non vedere più il mondo.

    Il giorno seguente.



    Elly era rimasta nella sua tenda per tutto il giorno. Sin da quando il sole era sorto, non aveva osato neppure scendere dal letto, sicura del fatto che avrebbe finito per rientrarci dopo qualche istante. Quell’errore da lei commesso l’aveva svuotata di ogni volontà e di ogni potere e se fosse stato per lei avrebbe atteso la fine dei suoi giorni tra quelle lenzuola.
    Non aveva pianto, se non per una mezz’ora al massimo durante la notte, ma le era sembrata la più lunga di sempre e per evitare di farsi udire aveva premuto la testa contro il cuscino, che si era via via inumidito delle sue lacrime. Al pianto soffocato aveva fatto seguito un sonno profondo, privo di sogni ma per nulla ristoratore, dal quale tuttavia si era destata solo nel primo pomeriggio, quando il convoglio si rimise in marcia.

    Durante ogni minuto trascorso a cavallo, Elly sembrò contare i secondi che la separavano da quella sera, che sembrava rifiutarsi di giungere. Paradossalmente, però, l’imbrunire arrivò molto rapidamente, forse perché Elly non conservò il minimo ricordo di quella giornata priva di eventi degni di nota, se non appunto il suo diffuso malessere.
    Una volta montata la sua tenda, Elly vi si rinchiuse nuovamente, rifiutando ogni richiesta di unirsi alla cena nella Tenda nel Leone ed accampando le scuse più improbabili. Non poteva dir la verità alle ancelle, sarebbero andate immediatamente a riferire dell’accaduto a suo padre e non voleva mettere Ausel nei guai.

    Ad un certo punto, però, quando ancora alcuni raggi del sole illuminavano l’orizzonte, Elly decise di uscire di soppiatto dalla tenda, approfittando delle piccole “vie” completamente deserte tra le tende, evitando i soldati di pattuglia, fino a ritrovarsi completamente al di fuori dell’accampamento, non troppo distante da rischiare di perdersi ma sufficientemente lontana da rimanere da sola coi suoi pensieri, senza nessuna guardia ad importunarla.

    Sedendosi a gambe incrociate sulla riva pietrosa di un ruscello poco distante dall’accampamento, Elly prese a fissare il vuoto di fronte a lei, mentre nella sua mente scorrevano mille pensieri diversi, di cui neppure uno riusciva a prevalere sugli altri per più di qualche istante.
     
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    Ausel Lydden "parlato"



    Elly apprezzò le parole dette da Ausel, come Ausel si era immaginato. Aveva fin da subito capito, da come aveva espresso e formulato quel pensiero, che Elly si stava sentendo come lui si era sentito in passato e avendone avuta esperienza, credeva di conoscere cosa potesse servirle. Non c’era nulla di meglio che sentirsi dire determinate parole, non sentirsi soli, ma compresi e non semplicemente assecondati o consolati come se non si avesse bisogno altro che di una semplice e futile parola di consolazione. Quello che si richiedeva in quei momenti era il poter contare su qualcuno, il poter avere qualcuno su cui far affidamento. Ciò che Ausel aveva cercato in quei momenti bui non erano state le carezze di sua madre quando lo vedeva triste o i rimproveri di suo padre che avevano lo scopo di spronarlo con l’unico risultato di allontanarli sempre più e creare un abisso che solo pochi giorni prima sembrava essersi ridotto riportando nuovamente le due sponde a toccarsi e a sentirsi parte di un unico “continente”.
    Elly non perse tempo e subito colse la frase buttata a caso per fare spirito e farsi prendere dal riso e dal divertimento. Il broncio non era adatto al viso di una donna, figuriamoci a quello di una ragazza come era Elly. Senza volerlo, oppure sì, ma non programmato, Ausel permise ad Elly di eliminare quel broncio e quella delusione o rammarico dal volto e lasciarsi andare al sorriso.
    Le parole successive della Lannister furono rivolte a lui e al suo essere sensibile. Ausel peccava di molti difetti e uno di quello era il voler a tutti costi dare una mano e sentirsi dire “grazie”. Il suo carattere lo rendeva arrogante e borioso, sempre con il “te lo avevo detto” a portata di mano. Anche in quel caso, la sua vanità si trastullò di quei ringraziamenti potendo inserire un altro tassello o incidere un’ulteriore tacca sul muro rappresentante i suoi traguardi e i suoi aiuti.

    Le ulteriori parole di Elly si sposavano appieno con i suoi eventuali progetti futuri. Ora come ora non era possibile cambiare il mondo in quanto non si era l’artefice del proprio destino o di quelli degli altri. Ause doveva rispettare gli ordini impartitigli da suo padre, doveva rispettare le sue regole e i suoi desideri. Un domani, quando sarebbe diventato il lord di Deep Den, avrebbe cercato di far il bene del suo popolo e non rischiare la loro vita. Avrebbe permesso che la piccola cittadina diventasse fiorente, che il castello non fosse solo un punto di passaggio o una fortezza sulla Strada dell’Oro. Aveva tanti desideri che non sapeva se li avrebbe mai potuti portare a termine. Il tutto dipendeva se fosse uscito vivo da quella guerra, la sua prima guerra.
    "Elly, sono davvero nobili i tuoi propositi. Ora come ora sono difficili da attuare perché non siamo noi che decidiamo. Un domani, credo diverrai una lady migliore di molte altre."


    Poi successe ciò che successe.
    Ausel si alzò dalla panca per poi avviarsi verso la sua tenda e salutare Elly con la scusa di schiarirsi le idee. Durante il percorso pensò a quello che avrebbe dovuto fare o che avrebbe potuto fare. Lasciarla lì, così, senza nemmeno accennare alla cosa, senza nemmeno darle un minimo di spiegazione, non era stato il massimo, non era stato per nulla corretto.
    Stava immaginando come potesse sentirsi la ragazza quando finalmente entrò nella sua tenda. Si tolse la casacca e andò a dormire pensando a come potesse stare Elly in quel momento, se qualcuno l’avesse accompagnata fino alla sua tenda, se avesse fatto qualche stupidata.
    Probabilmente si stava preoccupando troppo?
    Ausel andò a dormire con in mente numerosi pensieri e numerosi scenari. Cosa sarebbe successo di lì a qualche giorno se solo Elly avesse parlato di ciò. E se dava la colpa a lui, Ausel, il figlio di un vassallo che provava a baciare la figlia di un Lannister. Chi avrebbe mai creduto a lui e non a Elly?
    Ausel ci pensò su e tardò a trovare il sonno. Si girava e si rigirava su quella branda che fungeva da letto. Ora provava a immergere la testa ne cuscino e cercare di prendere sonno, ora si ritrovava su un fianco o a pancia all’aria cercando disperatamente di dormire ed evitare di pensare a potenziali scenari uno più plausibile dell’altro e uno più drammatico dell’altro. Se Elly si fosse voluta vendicare di lui, del bacio non corrisposto, della figura da stupida che aveva fatto, le bastavano due parole e Ausel sarebbe morto l’indomani, cadendo da cavallo o morto perché era successo senza dare una spiegazione valida a suo padre.

    Finire di vivere per il capriccio di una persona, della stessa persona che poco prima aveva desiderato poter cambiare il mondo in meglio con il suo volere.

    ***

    L’indomani Ausel venne svegliato nuovamente per riprendere la marcia verso Approdo del Re. La meta si faceva giorno dopo giorno sempre più vicina e le cavalcate sempre più lunghe e pericolose. Si stavano addentrando nelle Terre della Corona avendo lasciato le Terre dell’Ovest alle loro spalle. La Strada dell’Oro si faceva sempre più larga e i contadini che lavoravano i campi sempre più stupiti di vedere una colonna di uomini di Lannister sulle loro terre.
    Messa da parte la cavalcata, Ausel venne nuovamente invitato con suo padre a consumare la cena nella tenda grande insieme agli altri nobili e alle alte lady. Aveva avuto per tutto il tempo la paura di incontrare Elly o di incrociare il suo sguardo furente. Durante la cavalcata era impensabile che i due si potessero incontrare o solo vedere essendo dislocati in posti diversi della colonna, ma la sera il loro incontro sarebbe stato possibile se non sicuro.
    Ausel cercò di non guardare verso la direzione dove doveva essere seduta Elly, lì accanto a suo padre e agli altri lord di Lannister. Consumò la sua cena cercando di lanciare occhiate in quella direzione accorgendosi della mancanza di Elly. Ausel credette che Elly non si sentisse bene. Come poterla biasimare. Era stata rifiutata dall’ennesimo ragazzo che poco prima gli aveva fatto dei complimenti. Tutta la colpa Ausel nemmeno ce l’aveva e nonostante cercasse di autoconvincersi che lui non aveva colpa, la paura di essere malmenato da un momento all’altro non gliela toglieva nessuno.

    La cena terminò e Ausel era ancora vivo. Qualcuno avrebbe potuto avvelenare l suo cibo, Ausel ne era consapevole, perciò mangiò poco o nulla. Una morte per avvelenamento sarebbe stata una fine non proprio degna per lui che voleva almeno riuscire a dimostrare a suo padre di valer qualcosa, di non essere quel codardo che aveva definito quel giorno quando lo aveva fatto allontanare dagli altri lord posti nell’avanguardia.
    Gli altri uomini era intenti ancora a consumare la loro razione di cibo quando Ausel si alzò da tavola e si avviò verso la sua tenda dicendo a suo padre di non aver molto appetito e di voler ritornare nella sua tenda. Una scusa molto banale che suo padre non diede l’importanza che Ausel si aspettava. Infatti, non gli chiese nulla e lo lasciò andar via verso la sua tenda.
    Il tragitto fu accompagnato dai suoi pensieri e dai suoi timori. Scansato un giorno non voleva dire essere salvo anche domani.
    La notte non fu migliore di quella precedente. Dormì poco o nulla e la mattina si alzò nuovamente e si rimise a cavallo perché era questo che gli chiedevano di fare, nonostante avesse voluto dormire abbracciando il cuscino.

    ***

    La cavalcata fu più dura della precedente. Non avendo dormito per due giorni di file tra pensieri e timori, aveva dormito poco non proprio nulla.
    Anche quella sera arrivò e nuovamente Ausel si ritrovò a cenare nella tenda in assenza di Elly. Se la prima sera, quella precedente, Ausel poteva trovarne una spiegazione, la sua nuova assenza lo stava turbando. Che stesse bene? Non si era curato, forse sbagliando, della salute della Lannister. Non credeva che un rifiuto potesse creare tanto malessere. Avrebbe dovuto aspettarselo, ma non avendolo sperimentato personalmente, non sapeva cosa comportava l’essersi aperti a un estraneo e poi venir scartati come nulla fosse. Sì, forse la colpa del malessere della ragazza era la sua. Doveva comunque far qualcosa per capire se si stesse preoccupando inutilmente oppure aveva delle basi.
    Uscì dalla tenda e si avviò verso quella che doveva essere la strada che portava agli alloggi dei nobili Lannister. Stava pensando a cosa avrebbe fatto una volta arrivato lì. E se ci fosse stata la sua guardia del corpo? Non era proprio l’emblema della gentilezza e dell’ilarità quella donna. Cosa gli avrebbe detto oppure come si sarebbe comportato? Ausel non lo sapeva. Non sapeva nemmeno se Elly fosse ancora lì oppure fosse stata riportata a Castel Granito. Stava per ritornare su i suoi passi.
     
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    Nel preciso istante in cui Elly era rimasta da sola, seduta su quella panca dove fino a poco prima si era scambiata sorrisi e complimenti con Ausel, con cui si trovava più che a suo agio nel fare discorsi profondi ed elaborati, sentì la testa girarle vorticosamente. Erano accadute tante, troppe cose in così poco tempo. Non voleva neppure immaginare cosa mai avrebbe potuto pensare suo padre o peggio, suo zio Tywin, se mai fossero venuti a sapere che aveva tentato di baciare il figlio di un Lord suo vassallo. Probabilmente sarebbe stata rispedita all’istante a Castel Granito, rinchiusa tra le quattro mura della fortezza e privata di qualsiasi contatto con altri suoi coetanei. E di certo non poteva correr dietro al Tasso per implorarlo di non dire niente ai suoi genitori, di quanto accaduto: erano già troppe le volte in cui era finita in punizione a causa di qualche suo gesto avventato ed era sicura che quella non avrebbe fatto eccezione, sebbene in quel caso non avesse fatto nulla di male: si era limitata a seguire il suo cuore, magari in maniera un po’ troppo avventata. A Lord Tywin, però, questo non sarebbe minimamente interessato, ne era più che certa.

    Fu dunque un sollievo il momento in cui, dopo alcuni minuti di confusione momentanea, Elly ebbe la forza ed il coraggio di alzarsi e dirigersi verso la sua tenda, sostenuta dalle sue gambe tremolanti, le quali parevano quasi esitanti a sorreggere il peso del corpo della ragazzina. Non si ricordava, a memoria, un’altra occasione in cui si fosse sentita come quella sera. Aveva già avuto modo di conoscere la delusione, ma non era mai stata intensa come in quel caso: se aveva avuto difficoltà anche solo per costruire il potenziale avvio di un’amicizia, come poteva anche solo sperare che un ragazzo carino come Ausel potesse trovarla minimamente d’interesse in quel modo?

    E non solo… si era persino giocata il suo primo bacio, in un modo del quale durante la notte ebbe modo di pentirsi: aveva sognato tanto a lungo quel momento, fantasticando su come sarebbe potuto essere… e poi, a conti fatti, si era rivelato nient’altro che un bacio unilaterale, non ricambiato dal ragazzo. Fu forse proprio questa idea di esser stata rifiutata, seppur in modo schivo e nascosto, a farla scoppiare a piangere nel cuore della notte e per non essere udita da eventuali presenze là attorno aveva dovuto premere la faccia sul cuscino, rischiando quasi di soffocare. Lo avrebbe preferito, in realtà: se l’essere innamorati o anche il solo provare un sentimento di attrazione verso qualcuno era un’esperienza unica, era altrettanto unico il dolore che si poteva provare nel momento in cui i propri sentimenti non erano contraccambiati dal diretto interessato.

    Con ogni probabilità, le ancelle che l’indomani andarono a svegliarla per poterla aiutare a prepararsi per un altro giorno di camminata, notarono l’aspetto quasi devastato della ragazzina: il dettaglio che più di tutti saltava all’occhio erano senza dubbio i suoi occhi rossi, che tuttavia avevano il paradossale effetto di far risaltare ancor più le sue iridi azzurre.
    Nonostante ciò, comunque, non le dissero o chiesero alcunchè: non erano affari loro e qualcosa diceva loro che anche se avessero chiesto spiegazioni, non ne avrebbero ottenute: le loro domande sarebbero state abilmente schivate, e così effettivamente era.

    ***



    Quella sera stessa, Elly non si presentò a cena: non avrebbe potuto assentarsi senza dare alcun tipo di avviso, e decise dunque di mandare un’ancella nella tenda dove si sarebbe svolto il banchetto, dandole ordine di informare suo padre dell’assenza della figlia, usando come scusa un senso di indisposizione da lei provato.
    Non era del tutto errato, in realtà: provava un vero e proprio senso di nausea da qualche ora a quella parte ed era sicura che se avesse ingerito anche la più piccola porzione di alimenti, avrebbe finito per rivederli dopo non più di qualche ora. Stando già male psicologicamente, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era anche uno star male fisico e concreto. Era comunque sicura che suo padre non avrebbe indagato oltre: su certe questioni era di manica larga ed evitava di andare a chiedere conferma alla figlia delle parole riferitegli poco prima dell’inizio della cena.
    Tuttavia per Elly fu impossibile non pensare ad Ausel, durante tutta la sera. Chissà cosa stava facendo, in quel momento. Avrebbe voluto tanto rivederlo, ma d’altra parte quello era un lusso a cui probabilmente non avrebbe più potuto ambire: aveva rovinato tutto, e solo per aver dato sfogo istantaneo ai suoi sentimenti nell’istante in cui si era resa conto di essersi presa una cotta per lui.
    Ma di certo il Tasso, in quel preciso momento, aveva altri pensieri per la testa; rimpiazzare una come Elly doveva essere piuttosto facile e probabilmente nel giro di un paio di giorni si sarebbe persino dimenticato di lei.

    Per tutta la notte tentò di distrarsi, leggendo alla luce di una candela, dopo esser rientrata dalla sua passeggiata notturna sulla riva di un ruscello. Aveva gettato nell’acqua una pietra per ogni pensiero che le aveva bombardato la testa, fino a che il braccio non aveva iniziato a dolerle, cercando inutilmente di non pensare a quanto Ausel potesse odiarla in quel momento. E quel pensiero continuò a tormentarla anche una volta rientrata nella sua tenda, nella quale rimase fino all’indomani.

    ***



    Anche il giorno seguente, Elly utilizzò la sempreverde scusa dell’indisposizione per evitare nuovamente una cena tra nobili: non aveva ancora il coraggio di farsi vedere in giro, specialmente dal Lydden, che forse ormai aveva addirittura trovato il coraggio di riferire al padre quanto accaduto. Si aspettava la visita di una delle guardie di suo zio, che la informava di prepararsi per il suo ritorno a Castel Granito.
    Ma nulla di tutto ciò era accaduto, in realtà: l’unica cosa vagamente sospetta che avvenne fu la visita di Elizeha, probabilmente mandata dallo stesso lord di Lannisport per accertarsi delle condizioni della figlia.
    Ed Elly aveva dato sfoggio di tutta la sua abilità dissimulativa, in modo da poter congedare la donna nel più breve tempo possibile. Tuttavia aveva preferito riceverla fuori dalla tenda, in modo da rendere più rapido il suo congedo. Non doveva far pensare che le sue condizioni di salute fossero così gravi da impedirle addirittura di uscire dalla sua tenda, altrimenti avrebbe visto la visita di un medico nel giro di qualche ora e la sua bugia sarebbe stata scoperta.

    Subito dopo l’ennesima richiesta di conferma sulle condizioni della ragazzina, questa rispose “Davvero, sto bene, ho solo bisogno di un po’ di riposo. Riferite pure questo a mio padre” Le disse, senza lasciar trasparire alcun sentimento dalla voce, ricevendo un cenno di assenso con la testa, appena prima che la sua guardia personale si incamminasse nella direzione opposta. Elly rimase ferma per un attimo in mezzo al nulla: era davvero una buona idea mentire a suo padre? E se avessero scoperto la verità? Ormai il gioco era fatto, non poteva più tirarsi indietro. Decise dunque di ritirarsi mestamente all’interno della tenda… l’aspettava un’altra nottata terribile… oppure no?
     
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    Ausel si era lasciato il banchetto che si stava svolgendo all’interno della tenda grande per andare a sincerarsi delle condizioni di Elly. In un primo momento il giovane Tasso era stato spinto dai più buoni propositi. Voleva assicurarsi che la ragazzina a cui aveva probabilmente spezzato il cuore stesse bene. Un qualcosa di irreale a pensarci: come poteva stare bene una persona a cui era stato spezzato il cuore e che probabilmente stava piangendo dalla delusione o dal rimorso di ciò che era successo. Ausel tutto ciò non lo aveva pensato, ma aveva agito di istinto due sere prima. Abbandonarla così su quella panca era stata la cosa più sbagliata da fare. Semplice, sì, ma sbagliata.
    Avrebbe dovuto parlarle e farle capire che non era lei quella a doversi rammaricare, ma lui. Lui, che non avrebbe mai potuto ricambiare il sentimento che la piccola Lannister stava provando verso di lui.
    Il tragitto fino alla tenda di Elly non era molto lungo. Poi, immerso nei suoi pensieri, ad Ausel sembrò breve il percorso fatto attraversando un corridoio dove da entrambi i lati si aprivano i “rifugi” dei vari soldati che stavano seguendo la colonna di uomini diretti ad Approdo del Re.
    Si fermò. Forse era meglio andare a domandare ad Elly come stesse e se ce l’aveva con lui per quello che era successo.
    Fece qualche passo verso la tenda della Lannister. Poi ci ripensò e tornò nuovamente a percorrere la strada verso la sua tenda per ritornare a pensare che, forse, era meglio andar a parlare con lei.
    Era vero che avrebbe preferito aggirare l’ostacolo. Suo padre glielo aveva detto in faccia qualche giorno prima e Ausel voleva tanto che suo padre non avesse così ragione. Dovette ammettere di essere impaurito e ciò che gli faceva più paura non era Elly in sé, ma ciò che sarebbe potuto succedere.
    Tornò indietro e decise di fare la cosa giusta. Avrebbe parlato con lei e si sarebbe scusato. Niente di troppo lungo o complicato, niente di troppo elaborato. Due parole messe in croce e poteva ritornare nella sua tenda più tranquillo di prima.
    Pensando a cosa avrebbe detto a Elly, o cosa avrebbe fatto per poter parlare con lei o vedere se stesse bene, Ausel arrivò in prossimità della tenda della giovane Lannister.
    La ragazza era fuori la sua tenda. La si poteva riconoscere per i capelli color oro caratteristica della sua famiglia. Non era l’unico particolare che saltava subito all’occhio. Altra caratteristica che si poteva notare in lei era il suo essere mingherlino quasi a contrastare con la robustezza della sua guardia del corpo, donna che Ausel aveva conosciuto qualche sera precedente e che subito aveva etichettato come una persona a cui non pestare i piedi se non si voleva essere morti prima dell’alba.
    Le due stavano parlando e Elly sembrò scuotere il capo a quella che sembrava essere una domanda posta dalla donna guerriera. Ella, infatti, indossava sempre una sorta di armatura che le dava una nota particolareggiante in quella masnada di uomini armati. Era l’eccezione che confermava la regola.
    Ausel restò in disparte per non farsi vedere. Molto probabilmente nessuna delle due lo vie lì dove si trovava perché erano intente a parlare tra loro ignare di essere viste dal giovane Tasso. Quello che ad Ausel importava non era capire di cosa stessero parlando anche se avrebbe voluto saperlo. Se Elly stava tramando la sua morte avrebbe voluto saperlo. Non l’avrebbe mai resa capace di ciò, lo aveva detto lei stessa che non era una di quelle persona che pensavano alla morte delle altre. Si era definita inesperta nei veleni così come nelle armi, quindi da lei poteva essere sicuro che non le sarebbe venuto alcun male. Non poteva dire lo stesso della donna che l’accompagnava la quale sembrava essere molto più pratico di lui con la spada e con tutte le armi in generale. Non potevano mettere una qualsiasi sprovveduta a difesa di una Lannister così preziosa. Quella donna doveva anche essere più forte di molti degli uomini lì presenti che si definivano i migliori e che avrebbero fatto la figura dei somari e dei principianti contro di lei.
    Dopo qualche parola e scambi di sguardi e di cenni del capo, la donna si allontanò da Elly andando verso la direzione da cu proveniva Ausel, cioè verso la tenda dove gli altri lord e le lady, nonché i cavalieri, stavano ancora cenando.
    Ausel aveva ottenuto la sua risposta. Alla fine aveva visto che Elly stava bene, quindi perché continuare e stare lì e rischiare qualcosa. Non gli aveva parlato, ma poco male. Alla fine l’aveva vista da lontano. Non poteva dire di essere certo che fosse in salute e non indisposta, ma almeno si reggeva in piedi ed era in grado di parlare.
    Quelle poche informazioni che aveva colto vedendo le due parlare dovevano bastargli.
    Purtroppo, Ausel non fu così furbo da nascondersi. La donna sicuramente lo aveva visto ora che si era voltata verso di lui andando verso la tenda dove gli altri stavano cenando. Non poteva dire di averla vista sorridere, non credeva che ella potesse sorridere, ma il suo sguardo non era per nulla rassicurante.
    Anche Elly stava rientrando nella sua tenda evitando per la seconda sera di seguito di cenare con gli altri. Probabilmente, essendo lei una lady, le avevano portato la cena il giorno prima e la stessa cosa avrebbero fatto anche ora.
    Ausel aspettò un che la donna lo superasse, sperando lo superasse senza fare domande e senza porsi delle domande. Non sapeva dire se Elly lo aveva visto. Senza la donna ad intralciarle la visuale probabilmente sì. Ma gli avrebbe parlato volentieri? Lo avrebbe ignorato?
    Ausel era in attesa del suo verdetto.
     
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  15. Chiara_92
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    La conversazione tra Elly ed Elizeha non era stata certo delle più lunghe o profonde, ma in fondo le andava bene così: non aveva alcuna voglia di parlare con una perfetta sconosciuta di come si sentisse o quale fosse il motivo per cui non aveva toccato cibo negli ultimi giorni, né ad Elizeha sembrava comunque interessare. Il che era un bene, in realtà: se Elly fosse stata sottoposta ad un interrogatorio serio, messa sotto pressione magari da suo padre o peggio, dallo sguardo raggelante di Lord Tywin, avrebbe finito per vuotare il sacco. E per quanto si sentisse a pezzi, non avrebbe tradito la fiducia che Ausel aveva riposto in lei. Non volontariamente, almeno, ma in quelle condizioni era assai difficile che riuscisse a mantenere un minimo contegno di sé, specialmente di fronte ad una sequela rapidissima di domande. L’unica cosa che poteva fare era sperare che tutto passasse prima che qualcuno cominciasse ad indagare su cosa si celasse dietro quel malessere della ragazzina.

    Agli occhi di Elly, Elizeha era “solo” la sua guardia del corpo, non la sua confidente e un argomento così delicato non sarebbe stato affrontato neppure con un amico od un’amica “comune”… non che ci fossero, in realtà, ma il parlare di una simile faccenda richiedeva un rapporto di fiducia che Elly difficilmente avrebbe costruito con qualcuno.
    La donna, d’altra parte, era incaricata di proteggerla, non di ascoltare tutte le paturnie che perseguitavano la giovane e dunque, per quanto capisse che ci fosse qualcosa di “bizzarro” in un simile comportamento, non chiese alcunchè. Si limitò ad eseguire gli ordini che le erano stati assegnati, con la maggior solerzia possibile, in modo tale da riuscire a ritagliarsi un po’ di tempo per sé, da spendere come meglio credeva. Le sarebbe andato bene di tutto, tranne che farle da balia per tutta la sera.

    Si sentì dunque sollevata nel realizzare che la sua presenza non fosse richiesta dalla ragazzina: un vago sinonimo per dirle che voleva rimanere sola? Aveva in mente qualcosa di losco da mettere in atto nel prossimo futuro? Non le interessava: lei eseguiva solo gli ordini e ciò che avveniva in sua assenza non la riguardava. Elly non si sorprese, dunque, nel vederla allontanarsi a passi svelti, pregando mentalmente che Lord Tywin o suo padre non le dessero ordine di tornare da lei per condurre la piccola Lannister al loro cospetto. Era un’eventualità improbabile, ma sempre fattibile. Persa com’era nei suoi pensieri, Elizeha neppure notò la figura di Ausel, nel frattempo emersa da chissà quale direzione ed in quel momento rivolto proprio nella direzione della ragazzina. Probabilmente, se avesse saputo cosa era accaduto solo un paio di giorni prima, tra i due, lo avrebbe cercato di allontanare in malo modo, ma una combinazione letale di pensieri concentrati su ben altri affari ed un disinteresse verso ciò che la circondava in quel momento.

    Così invece non fu per Elly che, nel seguire gli spostamenti della sua guardia, intravide una figura famigliare, nell’esatto momento in cui le passò di fianco. La cosa che però la fece rimanere immobile, quasi come se fosse stata congelata sul posto, fu il fatto che il suo sguardo si fosse incrociato con gli occhi azzurri del ragazzo. E in quel momento, una serie di sentimenti confusi e contrastanti finì per invaderla del tutto.
    Felicità nel vederlo, timore di scoprire cosa ci facesse lì, imbarazzo per il bacio di due giorni prima, la consapevolezza di non essere ricambiata da lui… erano tutti fattori che la sconvolgevano e il contrasto tra le farfalle nello stomaco e il sapere di non piacere al Tasso parve sin da subito estremamente marcato.

    Che ci faceva lì? Era forse venuto a dirle che non avrebbe voluto più parlarle per il resto della sua vita? Forse era giunto sin là giusto come gesto di cortesia nei confronti del cognome della ragazzina dai capelli biondi… o forse per qualche altro motivo che Elly neppure riusciva ad immaginare.

    Presa da tutti questi interrogativi, la giovane neppure si accorse di aver iniziato a muovere qualche lento passo nella direzione di Ausel, timorosa di scoprire se quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
    Una volta ritrovatasi di fronte a lui, però, sembrò perdere la voce, almeno per qualche istante. Che poteva dirgli?

    Tutto ciò che le uscì dalle labbra fu un “Ciao…” quasi bisbigliato, accompagnato da un sorriso forzato. Se ripensava a quanto aveva fatto, avrebbe voluto sprofondare…
    “Com’è andata la cena?” Gli domandò subito dopo. Domande di circostanza, certo, ma doveva pur sforzarsi di parlare: il disastro l’aveva combinato lei, dal suo punto di vista, ed era giusto che tentasse di riaggiustare le cose, sebbene le possibilità fossero pari a zero.
     
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