Ti sposerò perché...

Quest Kammo

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    La luce rosa del sole che sorgeva appena dalle lontane montagne, tingeva leggermente le increspature dell'acqua del lago appena raggiunto da Kammo. Il Grembo del Mondo era un luogo meraviglioso e non dubitava che il Grande Stallone lo avesse scelto per far nascere il primo uomo al mondo. La solitudine e la pace che vi si respiravano furono interrotte solo dai passi leggeri di una ragazza che Kammo avrebbe riconosciuto al primo sguardo, era la sua Davvi.
    Portava una sacca sulle spalle e non aveva mancato l'appuntamento con il Dothraki, consapevole che da quel momento in poi avrebbe detto addio a tutta la sua vita passata all'interno di un khalasar. Non appena fu dappresso all'uomo, si fece scivolare la sacca tra le mani frugandovi al suo interno per estrarne un paio di bracciali di cuoio che porse a Kammo.
    Bracelets-guerrier-Mario.jpg.pagespeed.ce.RMvu9WTiiD
    "Ho barattato i frutti della caccia con questi. Per te."
    Si strinse nelle spalle come se fosse la cosa più naturale del mondo, non considerando che quello era con buona probabilità il primo regalo che il ragazzo riceveva da troppo tempo, forse da sempre.
    "Non sei ancora un khal. Non puoi presentarmi alla dosh khaleen e non riceverai alcun dono per queste nozze. Volevo che avessi almeno questi. Ti ho visto combattere, sai schivare ma non pari bene. Le tue braccia mi servono."
    Era rimasta a fissare il ragazzo con sguardo duro per qualche istante, quindi sollevò di nuovo l'angolo delle labbra in un sorriso, gesto che (ora Kammo avrebbe potuto cominciare a riconoscerlo) era tipico della ragazza quando qualcosa la divertiva.
    "Vuoi ancora prendermi in moglie, Kammo?"

    Il tempo di risposta disponibile é una settimana dall'ultimo post. Se si é impossibilitati a rispondere nel tempo stabilito basta comunicarlo nel topic assenze informando su quando si tornerà attivi. Se non ci saranno comunicazioni, il pg salterà il turno e sarà mosso come png dallo staff se necessario per quel turno. Ogni turno di *assenza*costerà un malus del 10%in punti esperienza.

    Il moderatore ha tempo una settimana per rispondere. Se é impossibilitato incaricherà un altro mod di occuparsene.
    Se dopo una settimana il topic non avrà ricevuto moderazione, i pg potranno proseguire in libera muovendo eventualmente altri png e riceveranno un "risarcimento" del 10% in punti esperienza a fine quest.
    Limite minimo parole= 600
     
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    Kammo era seduto sulla riva, osservando la lieve bruma che si alzava dalla superficie del lago, mentre il sole schiariva man mano il cielo a oriente. Noah brucava tranquillo, assicurato a un albero poco distante.
    Il dothraki stese le braccia verso il cielo, inarcando la schiena all’indietro, per poi sbadigliare sguaiatamente. Si asciugò la lacrimuccia sfuggita sotto agli occhi, strofinandosi il viso con il palmo delle mani.
    Si passò la lingua sulle labbra e fece schioccare la lingua sul palato. Non aveva dormito un accidenti quella notte e non è che quelle prima era andata molto meglio.
    Prima la notte in bianco contro Grub, poi quella passata a combattere con Draggo.
    Era andato a rompere le scatole a Qranna che lo aveva medicato alla bell’e meglio prima di cacciarlo dalla sua tenda. La vedova era una santa donna, Kammo ormai ne era convinto.
    Gli occhi del giovane sfregiato furono attratti da un movimento distante, parzialmente nascosto dalle canne che crescevano rigogliose su certi punti delle sponde. Assottigliò lo sguardo e riconobbe il candido piumaggio di una garzetta, che elegante si muoveva sulle sue lunghe zampe per cercare qualche gustoso anfibio. Erano buone le rane, le aveva mangiate anche Kammo quando ne aveva trovate.
    Un rumore lontano di passi leggeri annunciò l’arrivo di Davvi. Kammo si volse verso la fonte di quel suono, perché in cuor suo temeva che gli amici di Draggo venissero a vendicare il guerriero, ma quando vide giungere la ragazza, allentò la presa sull’arakh, si alzò in piedi e sorrise.
    “M’ath!” salutò gioviale, il sonno era sparito, elettrizzato all’idea di cosa rappresentava quel giorno.
    Lei lo raggiunse, si lasciò scivolare la sacca che recava con sé tra le mani e ne estrasse dei bracciali di cuoio, porgendoglieli.
    "Ho barattato i frutti della caccia con questi. Per te."
    Kammo li prese, fissandoli in silenzio, lasciando scivolare la punta delle dita sulla superficie di quelle protezioni semplici e leggere.
    "Non sei ancora un khal. Non puoi presentarmi alla dosh khaleen e non riceverai alcun dono per queste nozze. Volevo che avessi almeno questi. Ti ho visto combattere, sai schivare ma non pari bene. Le tue braccia mi servono."
    A quelle parole, Kammo rialzò lo sguardo in cerca del volto di Davvi. Strinse al petto i due bracciali, con delicatezza, nemmeno fossero di porcellana e portò una mano alla spalla che Qranna gli aveva fasciato quella notte, mordendosi il labbro di fronte a quella critica. Ma ancora non rispose, lasciando che gli occhi si abbassassero fugacemente su quel regalo.
    Lui le aveva donato una stupida pelle di coniglio.
    Rialzò lo sguardo giusto il tempo di vedere l’angolo del labbro di Davvi sollevarsi. Era un’espressione divertita quella? Sì, doveva esserlo. Il che voleva dire che almeno lui la divertiva. Be’, meglio divertita che orripilata dalle cicatrici del vaiolo.
    "Vuoi ancora prendermi in moglie, Kammo?"
    Lui sorrise e schiuse le labbra, poi le strinse con forza assumendo un’espressione dura e severa. Davvi gli aveva detto che parlava troppo, ma lui stava morendo a non poter dire tutto quello che gli passava per la mente, tutto quello che premeva sulla sua lingua per uscire, anche solo per spiegare un decimo del tumulto che faceva compiere molteplici capriole al suo giovane cuore.
    Strinse i bracciali al petto con decisione, stringendo le labbra per l’emozione che gli faceva scintillare gli occhi di felicità.
    Davvi gli aveva fatto un magnifico regalo e lui si sentiva anche un po’ merdaccia ad averle regalato solo una pelle di coniglio. E una treccia, ma quella era per farsi perdonare per averla strappata al khalasar di Merago, ma lo aveva fatto per salvarla da Draggo perché lei lo aveva detto che Draggo non sarebbe stato gentile con lei. Kammo non voleva che Draggo le facesse del male.
    Piegò la schiena per appoggiare i bracciali accanto al suo arakh e poi tornò eretto, fissando Davvi, mordendosi il labbro a sangue per stare zitto, ma era così felice che non riusciva a stare fermo, dondolava sui talloni, batteva con il pugno sinistro sul palmo destro ritmicamente e poi inspirò a fondo e urlò di felicità, mettendo le mani sui fianchi di Davvi, sollevandola da terra e ruotando su se stesso. “Sek!”
    Lo ripetè freneticamente, più volte, poi appoggiò la ragazza a terra e le prese il volto tra le mani. Magari lei avrebbe desiderato un marito più alti, doveva accontentarsi di lui, che era di statura appena superiore a quella della ragazza.
    Kammo posò la propria fronte contro quella di Davvi e ne inspirò il profumo emanato dalla sua pelle.
    “Non importa se ancora non sono khal. Tu per me sarai sempre la mia khaleesi e come tale ti tratterò, Luna della mia Vita. Il tuo regalo è la seconda cosa più bella e gradita che io abbia mai avuto” disse scostandosi un poco, per poi abbassare lo sguardo arrossendo fino alla punta delle orecchie. “La prima sei tu” mormorò. Si morse il labbro per quelle parole e si scostò da Davvi, andando a frugare nella sua sacca, dandole le spalle. “Lo so, lo so… parlo troppo” commentò sconsolato.
    Tra le sue poche cose, conservate nella sacca, estrasse la campanella che aveva selezionato tra quelle che adornavano la treccia di Draggo e un’otre che porse a Davvi.
    “Un regalo in realtà ce lo han fatto. A me più che altro. Erran mi ha dato questo latte fermentato perché dice che al tramonto ne avrò bisogno per… sciogliermi” spiegò. “Ma lo berrai anche tu, sia chiaro. Visto che dobbiamo far arrivare il tramonto, ti va di acconciarmi la treccia e di parlarmi di te, di quello che hai passato?” domandò.

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    All'entusiasmo di Kammo, Davvi rispose stavolta con una risata sincera che non riuscì a trattenere in corpo. Non comprendeva come quel ragazzo potesse essere tanto felice in una situazione del genere che avrebbe gettato nella disperazione lei così come la maggior parte degli uomini che conosceva, eppure Kammo sembrava pieno di gioia, come fosse ancora innocente come un bambino alla sua prima cavalcata. Davvi non era mai stata innamorata ma aveva consumato già parecchie volte e non sarebbe stato facile per lei entrare in sintonia in quel modo con lui, ma le piaceva. Questo sì.
    Lasciò che il Dothraki si calmasse e si sedesse sulla sponda del fiume per permetterle di inginocchiarsi alle sue spalle e cominciare ad armeggiare con i lunghi capelli scuri del ragazzo. Raccolse una manciata di capelli sul lato destro del capo del giovane passandoci le dita per tutta la lunghezza per districarli e prepararli alla fase successiva.
    "Se sei davvero così intenzionato a conoscermi ti racconterò di me. Ma la mia vita non ha nulla di speciale rispetto a quella di tante altre femmine immagino."
    Divise tre ciocche e iniziò ad intrecciarle lentamente badando a fare attenzione a stringere bene ogni nodo prima del passaggio successivo.
    "Sono nata nel khalasar del grande Vorisi, il più grande che io abbia mai visto. Tanti cavalli da non riuscire a contarli e tanti uomini da occupare tutto il Grembo del Mondo. Mio padre ebbe solo femmine, una disgrazia per lui, ma ci insegnò a cacciare e a combattere affinché potessimo provvedere a noi stesse. Mio padre non era un kos poiché Vorisi non l'aveva mai giudicato degno. Diceva che era un bravo combattente ma che mancava di intelligenza e spirito di sacrificio, tuttavia aveva un grosso seguito presso il nostro Khalasar poiché mai i suoi capelli erano stati tagliati."
    Kammo non sarebbe stato capace di decifrare in quel momento il tono di voce della ragazza. Appariva al tempo stesso orgogliosa dei meriti del padre e triste, come se fosse un passato lontano che non voleva rivangare oltre. Fece scorrere un filo sottile di capelli all'interno del buchino della campanella in maniera tale da issarla a metà della treccia, quindi fece un altro giro di intrecci per fissarla con forza al suo posto affinché non scivolasse via neppure durante un combattimento.
    "Quando Vorisi morì i kos si diedero battaglia per decidere chi dovesse ereditare il khalasar e Grub vinse sconfiggendo gli avversari uno dopo l'altro. La notte successiva, nel bel mezzo del deserto, mio padre venne a svegliare me e le mie sorelle intimandoci di fare silenzio. Aveva convinto i suoi sostenitori e quelli degli altri kos sconfitti a seguirlo e a depredare Grub di uomini e cavalli. E' stato mio padre a guidare il tradimento, diceva che era il miglior combattente del khalasar e che quel posto gli spettava di diritto."
    La treccia era oramai quasi conclusa e le mani veloce e ferme di Davvi stavano arrivando alla fine del loro lavoro, pronto a fissare i capelli e a rilasciare il prezioso capolavoro sulla spalla del ragazzo che presto si sarebbe unito a lei.
    "Le mie sorelle lo seguirono ma io mi rifiutai e mio padre mi maledisse e mi disconobbe. Quando il mattino dopo Grub scoprì quanto accaduto era furente di rabbia ma sua madre, Eyeli, lo intimò di non toccarmi neppure come un dito perché ero stata abbastanza coraggiosa da scegliere di abbandonare il mio sangue per la mia vera famiglia. Da allora il khalasar di Grub sono stati mio padre, mia madre, i miei fratelli e le mie sorelle."
    Si morse un labbro allontanandosi dal lavoro compiuto e portando il sedere a terra, non troppa lontana da Kammo. La treccia sembrava apposto ma quelle cose non le riuscivano bene.
    "Ora lo sei tu."
     
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    Kammo l’ascoltò in silenzio, fissando la superficie del lago che si tingeva del dorato riflesso del sole che saliva lento all’orizzonte, dapprima rosso fuoco, poi via via sempre più fulgido, tanto da non poterlo fissare direttamente.
    Gli piaceva il suono della voce di Davvi e gli piaceva che lei si prendesse cura di lui.
    Quando Davvi smise di parlare, Kammo aveva un nodo allo stomaco, come un nero sasso che gli appesantiva l’animo con il senso di colpa.
    “Accidenti” disse, sollevando gli occhi al cielo, rimirando qualche rada nube che lo attraversava in quella mattinata primaverile. “Immagino che non devo apparire come un grande affare…” constatò amaramente, prima di voltarsi a guardarla. Si prese la treccia e sorrise. “Woah! Senti come tintinna! Quando giungerà lo Stallone che Monta il Mondo la sentirà e ci verrà a prendere per entrare nel suo khalasar!” assicurò, per poi sospirare e fissare Davvi combattuto.
    Come si sentiva lei? Lui al suo posto sarebbe stato triste, lei invece sembrava come una vecchia quercia, dritta e impettita anche di fronte al vento più forte.
    Ripensò alla sua vita passata e cosa poteva raccontare per migliorare la sua posizione? Nulla. Però aveva imparato a stare da solo e conosceva un metodo che a lui lo faceva stare un po’ meglio quando era triste o spaventato.
    Si mise carponi e si portò alle spalle di Davvi e lì si sedette, divaricando le gambe in modo che Davvi si trovasse seduta tra le sue.
    “Io… non ricordo molto di mio padre. O di mia madre… Mio padre tirava con l’arco, quello lo ricordo. Riusciva a colpirti un passero in volo senza smettere di cavalcare. Me lo ricordo perché mi portava con lui in sella quando ero piccino. Forse non avevamo tanti cavalli nel mio khalasar o forse semplicemente non ne ero degno.
    Un giorno iniziammo a morire nel khalasar. Il primo fu il khalakka che cadde da cavallo, la pelle ricoperta da orride bolle. Nella caduta si spezzò il collo e facemmo la sua pira. Poi le bolle iniziarono ad apparire anche su altri, chi prendeva le bolle gli veniva una febbre altissima ed era terribile. Di quell’orrido periodo… rammento solo l’abbraccio di una donna, forse un serva, forse mia madre. Non migliorava il mio stato ma mi dava sollievo”
    raccontò lasciando scivolare le mani attorno alle braccia di Davvi, tirandosela vicino con delicatezza, sino a quando la schiena di lei, non fu contro al suo petto.
    “Il khalasar mi abbandonò assieme ad altri ricoperti di bolle. Quando mi svegliai, pioveva e io ero circondato dai corpi di chi era stato abbandonato con me. Tutto il mio corpo era coperto da croste lasciate dalle bolle scoppiate. Il temporale era forte, io ero solo, confuso e mi sentì… senza speranza. Corsi via, come una lepre inseguita da una volpe e un fulmine colpì un albero lontano. Pensai che fosse un segno del Grande Stallone e andai a vedere. L’albero era in parte bruciato, ma aveva una nicchia nel tronco che mi avrebbe permesso di stare al riparo della pioggia. Mi ci nascosi e in quella nicchia stretta mi tornò in mente l’abbraccio e mi sentì sollevato. Così, negli anni successivi, quando la solutidine diventava troppo pesante, quando mi svegliavo spaventato nel cuore della notte, appoggiavo la schiena da qualche parte e mi abbracciavo, per ritrovare quel poco di serenità.”
    Le appoggiò il mento sulla spalla e rise debolmente. “Lo so, parlo troppo, me lo hai già detto” commentò, beandosi però di quel contatto. Chissà come sarebbe stato al tramonto, quando avrebbe preso Davvi. Chiuse gli occhi, figurandosi la scena, ma quel lavoro di fantasia, sommato alla carica ormonale che aspettava di entrare in azione da anni, fecero anche troppo.
    Kammo aprì gli occhi e si scostò, guardando corrucciato il rigonfiamento sotto alla pelle che gli copriva il bacino. “Non è il tramonto” ammonì all’indirizzo della sua salsiccia, per poi tornare a stringersi a Davvi, cercando di ignorare il proprio pene.
    “Vuoi vendicarti di tuo padre?” le chiese quindi. "Ha tradito il suo nuovo Khal che aveva ottenuto il khalasar combattendo lealmente contro gli altri kos. Ma se lui ha ottenuto un khalasar parlando e convincendo gli altri a seguirlo, posso riuscirci anche io. Sfruttiamo questa cosa che parlo troppo, no? Potremmo fare un giro per Vaes Dothrak e raccogliere la feccia, tutti quegli uomini che a causa delle ferite non possono più combattere e si sono rifugiati qui per non farsi abbandonare dal proprio khalasar o dopo all’abbandono.
    La possibilità di cavalcare di nuovo, di combattere e poter morire guadagnandosi un posto nelle Lande della Notte, credo che potrebbe convincerli a unirsi a noi. Poi lasceremmo la città, andremmo verso le Ossa, dove ti ho trovata e da lì riprenderemmo la ricerca dei cavalli di Merago. Lui ha abbandonato la missione, quindi se dovessimo trovarli sarebbero nostri. Se lungo la strada trovassimo villaggi, potremmo razziarli e procurarci degli schiavi. Quando tu penserai che siamo abbastanza forti, andremo a cercar tuo padre. Non era un Kos, dubito che gli altri kos lo abbiano seguito. Un khalasar creato sul tradimento non credo rimanga unito. Secondo me si è frammentato. Ma se Grub, che era il più forte dei Kos di Vorisi sono riuscito a sconfiggerlo, forse posso sconfiggere anche gli altri. A quel punto, i loro guerrieri, le nostre donne, i loro schiavi… saranno nostri. O se credi che io possa sconfiggere uno dei kos già ora, partiamo e andiamo a cercarli. Anche se credo che meglio essere in 50 storpi che in uno e mezzo sani e basta in mezzo al mare d’erba”
    commentò, per poi fare una smorfia e cercare di risistemare la sua salsiccia che proprio non voleva saperne di aspettare il tramonto.
    Appoggiò di nuovo il mento sulla spalla di Davvi, sbuffando. Ripensò a Erran, quando gli aveva fatto quello stupido scherzo all’orecchio. Sbirciò verso il mare di ricci scuri che incorniciavano il viso di Davvi e con la mano glieli scostò dietro all’orecchio.
    Il mercenario aveva detto che suggere il lobo dell’orecchio faceva scendere i brividi fin dentro le budella.
    Kammo inspirò a fondo. “Ma se…” le sussurrò incerto a quell’orecchio, lambendole quasi il padiglione con le labbra, “ti prendessi prima del tramonto… il matrimonio sarebbe valido uguale? E se fosse valido… e lo facessi… tu cercheresti di accoltellarmi come hai fatto con gli altri l’altra notte?” chiese, per poi prenderle il lobo dell’orecchio tra le labbra, teso come una corda di violino, perché si aspettava che Davvi reagisse in malo modo a quel bizzarro contatto.


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    "Penso che qualcuno disposto a seguirti potrai trovarlo anche qui, ma di certo non saranno i migliori combattenti che...ooh.."-la ragazza si irrigidì al contatto delle labbra di Kammo sul suo orecchio, eppure non si mosse dalla sua posizione restando stretta a lui.
    "che potrai trovare...che...che stai facendo?"
    Non sembrava arrabbiata, piuttosto incuriosita. Non era la prima volta che un uomo la toccava, eppure nessuno si era mai spinto a tanto preferendo altre zone del suo corpo ed un contatto più diretto ed immediato. Istintivamente chinò un poco il capo all'indietro posando la nuca sulla spalla malandata di Kammo e portando le mani sulle ginocchia di lui, gli occhi socchiusi e la lingua a bagnare per un istante le labbra.
    "E'...è valido..il Grande Stallone guarda sempre..e.."
    Continuava a parlare ma la voce aveva rallentato il suo ritmo e si era addolcita, ammorbidendosi come formaggio spalmato su un dito. Pur di non pesare sulla spalla del ragazzo si era fatta forza sulle mani posate sulle ginocchia di lui, sollevandosi un poco e portandosi indietro, a strusciare lentamente sulla sua virilità.
    "Non ti accoltellerò Kammo. Tu..tu mi piaci..."
    Gli occhi scuri della donna si aprirono nuovamente, stavolta in quelli del ragazzo. Uno sguardo che si accendeva di vergogna e di passione assieme e che si accompagnava alla stretta della sinistra dell donna sulla coscia del ragazzo. Il suo sedere restava sollevato, in una ritmica danza di contatti e fughe con il ventre di Kammo. La mano libera invece si portò ad afferrare la mano del Dothraki, il cui palmo fu portato prima alle labbra della ragazza che lo bagnò con un bacio leggero.
    "Prendimi..."
    Un invito più che esplicito che, se non fosse stato abbastanza chiaro, sarebbe stato ulteriormente evidenziato dal movimento di Davvi che portò la mano del compagno a scivolarle su labbra e collo, fino a portarsi sul tessuto che le ricopriva i seni.

    A te scegliere se saltare subito alle conclusioni lasciando "accennato" che l'abbiate fatto, se ruolarlo sola o se ruolarlo con me. Lasciamo la cosa alla sensibilità dei player XD
     
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    Kammo allentò la presa quando sentì Davvi irrigidirsi. Istintivamente pensò di aver fatto qualcosa di sbagliato. Allentò quindi l’abbraccio, così se lei avesse voluto liberarsi da quella costrizione avrebbe potuto farlo. Ma lei rimase tra le sue braccia e lui si rilassò, stringendola con gioia a sé. Gli piaceva giocare con il suo orecchio. Ciucciare il lobo gli sembrava un po’ ridicolo, ma aveva scoperto che il corpo di Davvi reagiva ogni volta che lui sfiorava il padiglione auricolare con le labbra, respirava su, o dietro, di esso, ne lambiva delicatamente il contorno con la lingua. Più che una cosa legata al sesso, sembrava un gioco.
    Non sapeva cosa provava realmente Davvi, magari all’inizio le aveva fatto schifo come quando Erran gli aveva leccato un orecchio durante gli allenamenti. Ma se così fosse stato, sarebbe scappata, no? Se rimaneva forse le piaceva e piaceva tanto anche a lui, perché poteva tenerla vicina, sentire l’aroma dei suoi capelli, che sapevano di sole e di erba, mentre la pelle di Davvi era un poco salata, come il latte di cavalla, ma più dolce, come se fosse stato annacquato con una delle tisane di Qranna.
    "Che potrai trovare… che… che stai facendo?"
    Quelle parole gli giunsero ovattate, lontane e al momento non ricordava nemmeno quelle che le avevano preceduto, assorto com’era nel vezzeggiare quel nuovo giocattolo. Forse Erran non era poi un fanfarone.
    Quando però Davvi reclinò il capo, appoggiandoglielo sulla spalla che Qranna gli aveva appena cauterizzato, fece una smorfia, per poi incrociare lo sguardo della donna. La ragione si fece largo a spintoni tra gli ormoni e gli ripresentò la domanda appena ricevuto.
    Kammo si morse il labbro inferiore, come se fosse stato colto in fallo. “Io… volevo farti sentire i brividi fin dentro le budella… Erran mi ha raccontato che l’orecchio è un punto sensibile che se colpito con forza in battaglia fa male ma se toccato delicatamente durante il fiki fiki fa venire i brividi in pancia…” spiegò.
    Davvi socchiuse gli occhi e Kammo perse un battito di cuori nel vederla tra le sue braccia, così bella, così sua… Chi se ne fregava più della ferita? Era già dimenticata.
    La ragazza si puntellò sulle sue ginocchia e sollevò il bacino.
    "Non ti accoltellerò Kammo. Tu… tu mi piaci..."
    Kammo sorrise a quelle parole, per lui erano assoluta verità. Poi Davvi schiuse gli occhi, iniziando a strofinare il bacino contro il suo pube.
    Improvvisamente quel poco di pelle e cuoio che separava i due corpi nudi parve far urlare di frustrazione l’amico calvo del dothraki, che a quello strofinamento fu preso completamente impreparato. Chiuse gli occhi, stringendosi forte a Davvi, appoggiandole la fronte alla tempia soffocando i gemiti che quel contatto non avrebbero mai dovuto suscitare in vero dothraki. Che diamine, almeno doveva mettere la salsiccia dentro Davvi prima di sentire qualcosa del genere, invece solo quello strusciarsi era mille volte meglio che le volte che si era dato piacere da solo.
    Strofinò la fronte contro il capo di Davvi sorridendo inebetito, poi sgranò gli occhi con terrore quando ricordò le parole di Qranna.
    Lei contava quanto tempo suo marito la montava, ma non aveva mai contato oltre 50. Non ne faceva una colpa al defunto khal, una donna non deve provare piacere, non ha diritto, diceva lei. Ma se una donna contava era perché magari sperava sotto sotto di avere un po’ di piacere anche per sé. E Davvi gliene stava dando, anche troppo!
    Aprì gli occhi e schiuse la bocca per dirle di andarci piano perché sentiva la sua salsiccia già pronta a schizzare, ma le parole gli morirono in gola quando Davvi ricambiò il suo sguardo, ma non erano il solito sguardo, non quello che gli aveva rivolto sino a prima di sedersi lì con lui. Vi era un qualcosa di magnetico, non riusciva a distoglie gli occhi da esso. Lei gli prese la mano e ne baciò il palmo e Kammo si umettò le labbra schiuse, socchiudendo gli occhi all’ondata di brividi che lo travolse. Poi la ragazza si fece scorrere la mano di Kammo lungo il collo, continuando a muovere il bacino, a tormentare e deliziare il povero verginello, sino a quando non disse le parole che mai avrebbe pensato di udire.
    "Prendimi..."
    Parole che si conclusero con Davvi che si appoggiava la mano del ragazzo sul seno e per il Grande Stallone era sodo! Non era flaccido, non era molliccio era… era…
    Era troppo.
    Istintivamente Kammo trattenne il fiato, strinse forte a sé Davvi, chiuse gli occhi, per poi riprendere a respirare emettendo un gemito strozzato in contemporanea con la liberazione della sua salsiccia.
    Si sentiva spossato come se avesse combattuto, invece aveva solo tenuto tra le braccia Davvi.
    Poi un brivido scese lungo la sua schiena e no, non fu nulla di piacevole. Fu panico, panico come mai aveva provato, pari se non superiore a quello avvertito quando aveva creduto di essere nuovamente malato.
    Non era nemmeno entrato in Davvi! Che razza di Dothraki era mai, se veniva solo a star vicino a sua moglie? Qranna almeno poteva contare fino a 50 con suo marito, Davvi non aveva nemmeno iniziato a contare!
    Si scostò un poco e abbassò lo sguardo sul proprio inguine. Sì, la sua salsiccia aveva raggiunto il suo obiettivo e se ne era tornata a riposo, sentiva l’umidiccio dentro i calzoni.
    Guardò Davvi, non sapendo che fare.
    Le donne impazziscono se le lecchi in mezzo alle gambe.
    Erran aveva avuto ragione sulle orecchie, magari aveva ragione pure su quello? Era la sua unica speranza di farsi rivalutare agli occhi di Davvi!
    Strinse le labbra e posò le mani sui fianchi di Davvi, le sollevò il bacino mentre lui si mise in ginocchio. Le spostò il gonnellino, scoprendole i glutei e la femminilità. Solo che la femminilità era scomoda da raggiungere da lì con la bocca. Insomma, avrebbe dovuto infilare il naso in mezzo alle chiappe, non era certo di arrivarci.
    No, doveva facilitarsi la cosa, non aveva esperienza!
    “Sdraiati sulla schiena” non era un ordine, era una disperata richiesta la sua. Si sentiva davvero in colpa per aver… già concluso tutto.
    Perplessa Davvi comunque lo accontentò, lui la sovrastò e le schioccò un bacio sulla fronte, uno sulle labbra, poi scese a baciarle il collo, il top in pelle che le copriva i seni, Grande Stallone, solo a ripensare a quei seni, non capiva più niente. Forse iniziava a comprendere Draggo e i suoi uomini. Ma non si fermò, continuò a scendere, baciò l’addome e poi sollevò quel poco di pelle che copriva il fiore di Davvi.
    Sorrise soddisfatto. Da davanti era decisamente più facile da raggiungere e non avrebbe avuto problemi a respirare!
    Goffamente, ma con delicatezza allargò un poco la pelle di quella zona anatomica a lui completamente ignota.
    D’accordo, la fessurina della quale Erran aveva parlato c’era, ma non è che sembravano poi delle labbra…
    Rimaneva il fatto che, se la sua salsiccia non avesse già fatto festa, sarebbe dovuta infilarsi lì in mezzo.
    Ma prima doveva stuzzicare la fessurina con la lingua sino a quando non iniziava a sbavare. Sempre secondo le parole di Erran.
    Inspirò e si tuffò col viso tra quelle cosce. Il sapore era strano. Non sgradevole, sia chiaro, ma non aveva mai assaggiato nulla di simile. Quello era quindi il sapore della fica.
    Davvi protestò, ma poi reclinò il capo all’indietro, con il respiro affannoso.
    Kammo sollevò un poco il viso per guardarla e così scoprì una piccola protuberanza nascosta tra la peluria del pube, non troppo lontano dalla fessurina. Quando ci giocò con la lingua, le cosce di Davvi si strinsero attorno alla sua testa con forza. Per un momento temette che volesse fargli esplodere il cranio. Ma sembrava… troppo presa dal tormentarsi le labbra e guardarlo in imbarazzo. Un dothraki e la sua femmina faccia a faccia durante certe cose, quando mai li aveva visti? Mai.
    Lo sguardo di Davvi… Era come le fiamme di una pira che ondeggiavano con forza ruggendo al cielo notturno. Gli facevano muovere tutto. Persino la salsiccia. La salsiccia! Era viva! Forse poteva ritentare da capo e diventare un vero uomo!
    Fece per sollevare il viso e parlare, ma Davvi gli affondò le mani tra i capelli, spingendogli il viso con forza tra le sue gambe.
    Si doveva essere arrabbiata per non averla presa prima, altrimenti non si spiegava perché tutto quel rancore nei confronti dei suoi capelli, dopo che aveva perso così tanto tempo per acconciarli!
    Continuò a leccare e baciare, non voleva mica rischiare di farla arrabbiare ulteriormente. Poi lei inarcò la schiena all’indietro e si rilassò, lasciandogli andare i capelli.
    Kammo armeggiò con i calzoni. Voleva far vedere a Davvi che la sua salsiccia era pronta a fare gli onori di casa, che poteva finalmente consumare quel matrimonio. Ma la ragazza sembrava come addormentata, con un bel sorriso sulle labbra.
    Kammo si tirò sopra di lei con le braccia e lei schiuse gli occhi, non dormiva per davvero. Non sembrava arrabbiata. E non l’aveva mai vista non arrabbiata, non in collera come il mondo, quindi tremò all’idea di aver veramente sbagliato tutto.
    “Posso riprovare a prendert…” Nel tirarsi su, il suo glande però andò a colpire il pube di Davvi.
    Kammo si azzittì e la guardò. Si umettò le labbra. Era il momento, la prova del fuoco. Si morse le labbra e cercò di infilare la salsiccia, ma quella sembrava più indisponente di un puledro ribelle. Quindi si aiutò afferrando l’asta con la mano e guidandola. Non gli importava se quella non era la posizione corretta, aveva infilato la punta, voleva infilare anche il resto. E il resto scivolò in una caverna umida, calda e accogliente e Kammo sospirò gemendo di soddisfazione, affondando il viso nell’incavo del collo di Davvi.
    Si prese un istante per analizzare meglio quella nuova sensazione, si puntellò meglio sulle braccia e iniziò a muoversi. O per lo meno ci provò. All’inizio era goffo e sgraziato come i primi passi di un puledro. Ma la natura è maestra, ci vuole solo un poco di pratica.
    Forse un dothraki normale non avrebbe contato gli affondi, ma lui non voleva essere da meno del khal che era stato marito di Qranna. Se quello era arrivato a 50, doveva arrivarci pure lui. Kammo aveva dalla sua il fatto che la sua salsiccia avesse già dato, quindi ora non aveva così fretta di arrivare a conclusione.
    Il giovane piegò le braccia, puntellandosi sulle ginocchia, per poter accarezzare i capelli di Davvi. Per tutti gli spiriti, quanto gli piaceva la sensazione di quei riccioli tra le dita!
    Le tette! Cavolo da quella posizione poteva toccarle le tette! Non ci pensò un secondo di più, andando a cercare il contatto con quel ben di dio, infilando le mani sotto alla pelle scamosciata per arrivare a quella di Davvi, scoprendo che i capezzoli erano duri, mentre tutto il resto era morbido eppur sodo.
    C’erano così tante cose da provare, da fare, sicuramente ne stava dimenticando qualcuna, ma come poteva ricordarsi tutto visto che non riusciva a staccare gli occhi da quelli di Davvi.
    Ora capiva il perché dei versi che aveva sentito fare agli altri. Erano gli stessi che scappavano a lui a ogni respiro, a ogni affondo.
    La sua salsiccia stava di nuovo per fare festa, lo sentiva. Cercò la mano di Davvi e ne baciò il palmo, ricambiando quel contatto che la ragazza gli aveva regalato poco prima, poi il calore e l’energia che gli si era accumulata per tutto quell’amplesso divenne liquido ed esplose e lui si ritrovò di nuovo ad affondare il viso contro tra il collo e la spalla di Davvi, respirano affannosamente, cercando istintivamente di prolungare quanto più possibile quell’ultimo affondo.
    “Set...tan...tot...to” bofonchiò, accasciandosi poi al fianco di Davvi, cercando di respirare a pieni polmoni. Si portò una mano ai reni. Diamine, non era per nulla abituato a quel tipo di movimento, gli dolevano da morire ora!

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    Edited by Baldr - 26/7/2018, 18:47
     
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    Tiro bimbi fallito, dovranno esercitarsi ancooooora a lungo ahahah


    Davvi aveva mantenuto un'espressione sorniana per tutto il tempo, apparentemente soddisfatta dalla prestazione del marito. Si tirò su a sedere avvicinando il volto a quello del Dothraki, la destra lieve ad accarezzare il volto di lui in un gesto di intimità che non si era mai concessa prima.
    Sorrideva, i grandi occhi scuri in quelli del ragazzo, ad indagare, scrutare.
    "Ora sei mio marito ed il sono la tua donna."
    Una carezza leggera sulle cicatrici che ricoprivano il volto di Kammo, quindi la ragazza si avvicinò lentamente per assaporare le labbra del marito, ma prima che potesse arrivarci si scostò come se si fosse d'improvviso spaventata.
    "Guarda!"
    Il dito della ragazza indicava alla sinistra del ragazzo, in un punto imprecisato tra l'erba alta del Mare che circondava il Grembo del Mondo. Kammo avrebbe dovuto aguzzare gli occhi per comprendere ciò che la moglie gli indicava, ma quando finalmente riuscì a scorgere l'esatto punto capì cosa aveva attirato l'attenzione di Davvi.
    Un uomo, in là con gli anni almeno a prima vista, avanzava gattonando lentamente in direzione di Vaes Dothrak. Ad ogni passo in avanti si accasciava, per poi ritirarsi lentamente su e proseguire il suo cammino.

    Ti ho fatto perfino concludere, guarda te che brava.
    Se vuoi puoi raggiungerlo, è un uomo non proprio giovanissimo, assetato, debole, con nulla di particolare addosso. Capelli tagliati e brizzolati.
     
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    Kammo sorrise sulle labbra di Davvi, prendendole il viso tra le mani. Ora aveva davvero una famiglia, nel suo piccolo aveva trovato un khalasar di cui si sentiva davvero parte. Si sarebbe impegnato per farlo diventare grande, affinché lo Stallone che Monta il Mondo si sarebbe trovato facilitato nella sua impresa.
    “Inizio a capire perché Draggo e i suoi uomini si siano fatti fregare così facilmente…” commentò. “Per il Grande Stallone… è stato qualcosa di… strafico! Meglio che caricare a cavallo!” E se aveva preferito il sesso al cavalcare in battaglia vuol dire che gli era piaciuto davvero molto.
    “Per quanto sia stato bello, però, dovremo prima pensare alle cose importanti durante le giornate che condivideremo. Poi, la sera, quando avremo esaurito i nostri compiti, saremo al sicuro e tranquilli, lo rifaremo, vero?” domandò speranzoso. Invece che rispondere, Davvi si ritrasse e Kammo si puntellò sui gomiti con espressione perplessa.
    La ragazza sembrava spaventata. Tese un braccio verso un punto tra l’erba alta e disse: “Guarda!”
    Kammo si tirò a sedere del tutto e si concentrò sull’area, aguzzando il suo istinto predatorio.
    L’erba verdeggiante, punteggiata di piccoli fiori viola, ondeggiava pigramente al ritmo dettato dalla lieve brezza mattutina che spirava dall’ampia superficie del Grembo del Mondo.
    Le iridi scorsero quindi la figura che arrancava a fatica verso la città sacra di Vaes Dothrak.
    Si muoveva a carponi, ogni bracciata sembrava costargli uno sforzo indicibile dato che ogni metro fatto, Kammo lo vedeva crollare a terra. Eppure qualcosa lo spingeva ad andare avanti, a dirigersi verso Vaes Dothrak. Forse era inseguito e cercava rifugio nel sacro perimetro. Se insisteva con così tanti sforzi nell’andare avanti un motivo doveva pur esserci.
    I capelli erano corti, l’uomo doveva aver visto trascorrere parecchi anni a giudicare dall’argento che rendeva la sua chioma brizzolata.
    “Forse è ferito” disse Kammo, scattando in piedi e prendendo l’arakh e l’otre di latte di cavalla fermentato. “Davvi, prendi dell’acqua, vado a controllare se ci sono pericoli vicino a lui” disse, camminando a passo svelto verso l’uomo. Le iridi guizzavano nei dintorni, poiché l’erba poteva nascondere predatori, nemici e solo il Grande Stallone che altro poteva esserci lì in mezzo.
    Avvicinandosi al vecchio non vide la treccia. Forse aveva combattuto e perso.
    “Ershe*” chiamò, avvicinandosi con cautela, alzando una mano in segno di pace. Non voleva sembrare ostile, infatti teneva l’arakh basso, pronto a usarlo solo nel caso si fosse presentato un reale pericolo.. Gli porse la borraccia di latte di cavalla fermentato. “Ora arriva anche l’acqua. Intanto puoi bere questo. Sei quasi a Vaes Dothrak, sei al sicuro. Ti ci porterò io e nessuno potrà farti del male” assicurò.
    “Che è successo?” domandò.
    Per quale motivo un dothraki doveva ridursi a quella maniera?
    “Dov’è il tuo khalasar?” chiese quindi. Non gli sembrava di aver visto altri, forse anche lui era stato abbandonato.
    “Chi sei?” fu l’ultima domanda che gli pose, mentre appoggiava il ginocchio sinistro a terra, tenendo il braccio sinistro proteso con l’otre verso lo sconosciuto. La mandritta era stretta sull’elsa dell’arakh appoggiato al suolo.
    Il sole si era ormai alzato sopra l’orizzonte, ma le ombre erano ancora lunghe, anche se ormai la luce era al massimo del suo fulgore.
    I sensi di Kammo erano tesi, orientati a percepire ogni pericolo o minaccia. Soprattutto lanciava occhiate verso il lago, per assicurarsi che Davvi fosse a posto. Sia mai che un eventuale predatore attaccasse lei, ora che era sola. Il giovane dothraki non vedeva l’ora che Davvi lo raggiungesse con l’acqua per il vecchio, solo avendola al suo fianco sarebbe stato più tranquillo. Continuava a ripetersi che Davvi era una vera dothraki, tosta e indomabile, ma comunque non poteva evitarsi di stare in pensiero con quella che ora era la Luna della sua Vita.


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    Il vecchio spalancò gli occhi terrorizzati su Kammo, salvo poi riabbassarli tranquillizzato sulla borraccia che questi gli stava offrendo portandosela tra le mani e trangugiando un poco del suo nettare biancastro. Solo dopo essersi dissetato e pulito la bocca con il dorso della mano, si decise a rispondere alle domande del Dothraki.
    "Ero in viaggio per Vaes Dothrak con la mia famiglia. Eravamo esuli, cacciati dal nostro khalasar perché la più giovane delle mie figlie era maledetta dalla malattia."
    Gli occhi del vecchio erano rossi dal pianto e dalla secchezza e la sua voce appariva ancora impastata.
    "Siamo stati attaccati da un'orda Dothraki, mia moglie.. le mie figlie...prese tutte. Ho provato a combattere ma mi hanno battuto. Speravo mi uccidessero lì nel Mare d'Erba ma mi hanno lasciato a terra e le Lande della Notte non si sono ancora aperte per me."
    Ripose le mani a terra scuotendo la testa sconsolato.
    "Sono solo. E inutile."
    Davvi si avvicinò con una borraccia ripiena, guardando con circospezione attorno a sé. Lo sguardo con cui accarezzava il vecchio era quasi di disprezzo, eppure non lo avrebbe lasciato morire in quelle condizioni.

    Hai il primo membro del tuo khalasar, un vecchio da abbandonare ai fatti suoi, o uno da riaccompagnare a Vaes Dothrak?
     
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    Il vecchio fissò Kammo con timore, ma parve tranquillizzarsi e accettò l’otre da cui bevve il latte sino a dissetarsi. Si passò il dorso della mano sulle labbra screpolate e iniziò a raccontare di come lui e la sua famiglia fossero in viaggio per Vaes Dothrak. Dapprima Kammo non capì perché l’anziano avesse detto famiglia e non khalasar, ma la spiegazione giunse subito dopo e per il giovane sfregiato fu come un pugno nello stomaco.
    Abbandonati dal khalasar per colpa di una malattia della più giovane delle figlie di quello sconosciuto. Per un istante che parve eterno Kammo si perse in una moltitudine di ricordi, nessuno dei quali era felice. Rivide il khalakka a terra, uno degli adulti scuotere la testa e informare il khal della morte del ragazzo. Si rivide sollevare quel corpo muscoloso e condurlo sino alla pira dove si aprirono le porte delle Terre della Notte per il figlio del khal. Piangevano in tanti. Chissà se avevano pianto anche per lui, o per qualcuno di quelli che avevano lasciato in mezzo al mare d’erba, quando la malattia si era diffusa tra i dothraki e gli schiavi, incurante del sesso, dell’età o del prestigio del singolo. Di fronte alla malattia erano tutti uguali. Erano seguiti mesi di solitudine, sfuggendo ai predatori, ai dothraki, rifugiandosi dalle intemperie, scavando nella terra per mangiare radici, scorticando gli alberi per trovare qualche larva grassoccia. Solo, sempre solo, senza nessuno con cui parlare se non se stesso e il Grande Stallone.
    D’improvviso parve riscuotersi, si alzò di scatto e spinse indietro Davvi con un braccio. “Stai indietro. Le malattie sono guerrieri subdoli, non voglio rischiare che tu venga attaccata. Forse la malattia è col vecchio…” spiegò e poi fissò guardingo l’anziano. “Che malattia ha tua figlia? E che ne ha fatto di lei l’orda? Da quanto tempo ti hanno preso le femmine e vaghi da solo?” chiese ancora con i nervi a fior di pelle. Lo temeva, aveva paura che la malattia giungesse di nuovo e gli strappasse Davvi, che era tutto quello che aveva ora. Allo stesso tempo, però, trovava ingiusto isolare quel tizio, fargli passare quello che aveva passato lui per interminabili anni.
    Il tono di Kammo si addolcì, non molto, ma si stava sforzando di tenere sotto controllo quel mostro giallo che gli si era aggrappato alla schiena. “Non sei solo, nessuno è inutile… ma che razza di malattia ha tua figlia se tu sei qui a parlarne? Il mio khalasar forse non esiste nemmeno più, spazzato via da un male inesorabile. Mentre tu mi dici che della tua famiglia solo tua figlia è malata? Le malattie si diffondono come sciami di cavallette, per quel che ne so” disse sospettoso. Non vi era astio nella voce, quanto una traccia di quell’atavica paura che lo coglieva ogni volta che ci fosse il rischio di ritrovarsi nuovamente malato. “Non ce l’ho con te, vecchio, ma se la malattia di tua figlia viaggia in tua compagnia e tu la fai entrare a Vaes Dothrak, potresti causare troppi morti! Dimostrami che la malattia di cui parli non è un pericolo per gli altri e io ti aiuterò a morire come un vero dothraki. Ti unirai a me, troveremo altri guerrieri, armeremo anche donne se necessario, e avremo un khalasar con il quale recupereremo la tua famiglia. Un giorno saremo così numerosi che la terra tremerà sotto gli zoccoli dei nostri cavalli e lo Stallone che Monta il Mondo ci troverà e ci guiderà!” disse. Ma prima il vecchio doveva dimostrare di non essere un untore o la cura di Kammo sarebbe stata rapida, letale e sarebbe giunta sul filo dell’arakh. Lui però, come poteva giudicare se le parole del vecchio fossero genuine o meno? Non era saggio e sapiente come…
    “Qranna…” si voltò a guardare Davvi. “Davvi, vai a chiamare Qranna, spiegale la situazione: lei saprà sicuramente capire se quest’uomo è malato e se può entrare o no a Vaes Dothrak!” disse, rivolto alla consorte. Così la giovane si sarebbe allontanata e se quel tizio era davvero malato lei sarebbe stata bene. Se invece era sano, Qranna lo avrebbe capito da lontano, ne era certo.


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    Davvi si allontanò di corsa verso Vaes Dothrak seguendo le parole del marito mentre il vecchio iniziò debolmente a parlare.
    "Lei è..."
    Non riusciva a parlare, tanta era la vergogna che ancora sentiva addosso, eppure sapeva che oramai aveva ben poco da perdere e che se anche Kammo lo avesse lasciato lì a morire sarebbe stato comunque ciò che il Grande Stallone aveva in serbo per lui.
    "E' nata senza gambe. Non può cavalcare, dovevamo liberarci di lei quando è nata. Ma mia moglie non se l'è sentita. Ed io non ho voluto deludere lei. A quest'ora sarà sicuramente stata ammazzata... bimba.. bimba mia..."
    Alzò quindi gli occhi sul Dothraki, improvvisamente speranzoso e allietato dalla sua proposta.
    "Sei un Khal?"
     
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    Quando Davvi si fu allontanata, Kammo si rilassò un poco. Saperla lontana da una qualsiasi malattia era per lui un grande sollievo. Si mosse attorno al vecchio, scrutandolo, fiutandolo come un animale. Ogni tanto si avvicinava e con la lama dell’arakh sollevava i lembi di pelle dei suoi abiti per controllare la pelle sottostante. Altre si avvicinava abbastanza da toccare i lividi con l’elsa dell’arakh per saggiare la consistenza della carne.
    “Non sembri malato” borbottò, continuando a girargli attorno. Alla fine gli si fermò di fronte, sbuffando. “Se eri malato, ormai sono malato anche io. Tanto vale aspettare Qranna. Non la farò avvicinare, ma farò quello che mi dirà di fare per essere certo che tu non sia un pericolo per Vaes Dothrak” spiegò, lasciando poi modo al vecchio di parlare.
    Lui ci mise un poco, sembrava che quello che stava per dire fosse la cosa più orribile da dichiarare, qualcosa tipo ‘Il Grande Stallone Puzza’ roba che non andava nemmeno pensata. Poi vomitò con dolore quella confessione.
    “Lei è… nata senza gambe.”
    A quelle parole il giovane posò il ginocchio destro a terra e si sostenne all’elsa dell’arakh la cui lama di metallo, ammaccata dagli scontri sostenuti, era piantata in parte nel terreno.
    Non aveva mai veduto dothraki senza gambe, se ci fosse stata una malattia come quella sarebbe stata una catastrofe. Ma non aveva nemmeno mai sentito che un dothraki senza un pezzo poteva contagiare gli altri con quella malformazione. Ecco… era una malformazione, non una malattia! Improvvisamente si sentì stupido, molto più stupido di quanto non si fosse mai sentito in vita sua.
    “Quindi non è malata… è deforme” borbottò. “Mi hai fatto prendere un colpo per nulla! Mi hai fatto mandare a chiamare Qranna per nulla. Dovresti usare meglio le parole, cazzo. Sei vecchio, dovresti avere più esperienza di me nell’usarle” continuò infastidito e poi sospirò. “Deve essere davvero brutto per i genitori, trovarsi di fronte a una simile prova del Grande Stallone. E tu sei stato strano a non fare come tutti. Strano come me… non credo che se Davvi avesse un figlio deforme lo vorrei abbandonare. Ma se… vivere dovesse essere una sofferenza per lui… e io potessi evitargliela…” inspirò dolorosamente, “credo gli darei la morte, per porvi fine” commentò cupo. “Spero che il Grande Stallone non mi ponga mai di fronte a una situazione simile” aggiunse.
    “Sei un khal?” chiese l’anziano e Kammo lo guardò e abbozzò un sorriso, scuotendo il capo.
    “Ne ho ucciso uno, Grub, erede del Khalasar di Khal Vorisi, ho sconfitto persino uno dei cavalieri di Sangue di Khal Merago, ma la donna con cui mi hai visto è l’unico membro del mio khalasar, poiché ho scelto di lasciare quello di Merago perché ho fatto qualcosa di sbagliato e non volevo che la mia colpa insozzasse quegli uomini e quelle donne. Non avevano colpe loro” spiegò. Si alzò, tornò alla sua ‘alcova’ e recuperò i bracciali che Davvi gli aveva regalato, lasciando scivolare i polpastrelli sulla superficie del cuoio appena lavorato. Sorrise come uno stupido, felice. Prese poi Noah, la sacca di Davvi che assicurò alla sella e si avvicinò al vecchio assieme al cavallo.
    “Io ti ho chiesto tante cose e tu hai risposto solo ad alcune. Forse è colpa mia. Tu sei sconvolto e non mi stai dietro. Davvi me lo dice sempre che io parlo troppo per essere un dothraki…” ammise divertito.
    “Ti ho chiesto chi sei, voglio sapere il tuo nome, e anche quello dei membri della tua famiglia, anche della bimba senza gambe. Descrivimeli, dimmi la loro età, devo avere un’idea di cosa potrebbero farne di loro un khalasar.
    Voglio anche sapere quando sei stato attaccato e sconfitto, dove, ma soprattutto da quanti uomini c’erano nel khalasar che ti ha preso le femmine”
    disse ancora. Armeggiò con la sacca di Davvi e prese la daga che le aveva lasciato e la buttò ai piedi del vecchio.
    “Poi devo vedere quanto sei bravo a combattere. Se sei più bravo di me, non ti sarò di alcun aiuto. Se sono più bravo io, almeno conoscerò la tua abilità. Ho solo quella daga e quest’arakh, quindi dovrai accontentarti. Credo che conoscere quello che sappiamo fare, sia fondamentale se vogliamo riprenderci la tua famiglia. Così come conoscere contro chi ci stiamo mettendo” concluse.
    “Dai, attacca, io cercherò di evitare e basta senza attaccare. In fondo sei quasi morto, non voglio essere io a ucciderti senza una ragione.”

    737 parole
    Nel caso, ripartisco marzialità 9 ATT/74 DIF e mi limito a parare, se il vecchio attacca.


    Edited by Baldr - 31/7/2018, 14:02
     
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    Chi era così sano di mente da lasciare un khalasar ed avventurarsi nel Mare Dothraki solo con la propria famiglia? Beh lo era stato lui per primo, chi era per giudicare Kammo in fondo?
    "Mi chiamo Gralato, mia moglie si chiama Izhi, è più giovane di me e ancora in forza per generare figli. La più piccola delle mie figlie Kassi, è ancora una bambina, dipende da noi per tutto ma ha una mente sveglia e vivace. Le altre sono Tirli e Oqetti, hanno raggiunto la maturità da poco, sanno cucinare, e conciare il cuoio. Tirli canta con una voce da usignolo mentre Oqetti cavalca veloce come il vento."
    Non sapeva che accidenti potesse farci quel Dothraki coi nomi delle proprie figlie ma il loro ricordo era un piacevole balsamo da spalmare sulle sue ferite.
    "Siamo stati attaccati a sei giorni di marcia da qui, verso il sole che tramonta. Abbiamo incontrato solo i guerrieri del Khalasar, erano una decina ma parlavano di un accampamento non troppo lontano."
    L'ultima proposta di Kammo lo lasciò interdetto per qualche istante, voleva combattere? Si fece forza per rialzarsi in piedi e raccogliere l'arakh del Dothraki impugnandolo nella destra quasi incredulo. Quindi lo soppesò tra le mani e provò a menare un paio di fendenti in direzione del ragazzo.

    Puoi gestire il combattimento da solo. E' anzianotto, stanco, insomma lo disarmi senza problema alcuno. Però è evidente che un tempo doveva essere un guerriero come si deve perché non si fa cogliere impreparato, almeno nella teoria XD
     
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    Kammo ascoltò il racconto di Gralato. O aveva una fervida immaginazione o diceva il vero, non gli sembrava vi fossero esitazioni nella sua esposizione, sintomo che magari stava inventando qualcosa che potesse suonar credibile.
    La sua storia era strana, bizzarra, ma se un ragazzino di dieci anni era sopravvissuto da solo senza null’altro se non i vestiti di pelle che aveva avuto addosso al momento dell’abbandono (e anche se Kammo era cresciuto poco, comunque a un certo punto quegli abiti non gli andarono più bene), allora un uomo e una donna adulti potevano farcela assieme ai loro figli, anche se uno di loro era… Non riusciva a figurarsela una persona senza gambe e gli era venuta la malsana curiosità di vedere la piccola Kassi, solo per capire che aspetto avesse.
    Il vecchio prese la daga e combatté. Era stanco, si vedeva, provato da sei giorni di stenti. Era un miracolo se era arrivato sino a lì senza morire a causa della scarsità d’acqua o dei predatori. Kammo riusciva a evitare e parare i colpi e non vi rispose mai. Anzi, quando per la spossatezza Gralato rischiò di perdere l’equilibrio, lo sostenne e gli sorrise.
    “Devi esser stato un grande guerriero, forse quanto lo è ora Rhorgo” commentò, prendendogli la daga e dandogli nuovamente l’otre.
    Sistemò le armi sul cavallo, coprendole sotto le sacche da sella in modo che non potessero essere brandite e non insultassero così gli spiriti e il Dosh Khaleen. Prese quindi le redini di Noah e lo avvicinò a Gralato. “Riesci a salire in groppa. Ti accompagno da Qranna, dovremmo trovarla lungo la strada ormai. Lei potrà prendersi cura di te” spiegò e poi alzò gli occhi al cielo. “Lo so… un khal non lascia mai cavalcare il proprio cavallo e se voglio diventare khal dovrei fare lo stesso, ma tanto già mi guardano storto e soprattutto non sono ancora khal. Hai strisciato per giorni, entrerai in città come un vero dothraki, in sella a un cavallo e non strisciando nella polvere. Qranna ti medicherà, ti riposerai e domattina, non appena il cielo inizierà a schiarire, partiremo verso occidente. Troveremo chi ha preso la tua famiglia. Se le nostre forze congiunte ci permetterrano di riprendercele, lo faremo. Non credo siano guerrieri così abili se in dieci hanno attaccato un uomo e quattro donne. Tirli e Oqetti saranno sicuramente ancora vive… Kassi non saprei dirlo. Ho visto mercanti di schiavi portare con sé uomini adulti alti come bambini, magari essendo così particolare, potrebbero provare a venderla come schiava” disse, avviandosi verso Vaes Dothrak, sia che Gralato fosse salito in sella o meno. Teneva Noah per la cavezza e le redini, quindi se il vecchio avesse cercato di fare il furbo e rubargli il cavallo, senza le redini non lo avrebbe potuto controllare.
    “Se dovessimo riuscire a recuperare la tua famiglia, sarai libero di andare dove vuoi, ma potrete anche unirvi a me e a Davvi. Credo che in un khalasar possano fare comodo qualcuno che sappia conciare e cucinare” disse, aggrottando la fronte. “E se Kassi è ancora viva…” si strinse nelle spalle. “Razzieremo un carretto. Le braccia le ha, potrà conciare, magari fare l’estratto di lavanda che è utile per curare le ferite. Insomma, credo che troveremo un modo per non renderla un peso.” Kammo non avrebbe abbandonato nessuno. Solo la morte gli avrebbe strappato qualcuno dal suo khalasar. O lo Stallone che Monta il Mondo, quando egli sarebbe arrivato, il suo khalasar sarebbe diventato dell’eroe della profezia.
    Mentre varcava il perimetro di Vaes Dothrak si incupì. Se non erano abili guerrieri, forse poteva sconfiggerli e prenderli con sé, ma lo avrebbero seguito? O avrebbero fatto come Grub, preferendo morire? Ma sarebbe stato in grado di sconfiggerli? E se non fossero stati solo dieci? Insomma, sino a quel momento aveva ucciso otto uomini e sconfitto un cavaliere di sangue, avrebbe potuto affrontarne dieci? E il loro capo? Doveva andarci con i piedi di piombo, in fondo non sapeva nulla di questo piccolo khalasar. Era come la potente Qarth. Non si sapeva nulla di lei, affrontarla alla cieca era una follia. Stessa cosa per gli assalitori di Gralato. Ma una cosa era certa, se voleva costruirsi un khalasar doveva farlo dimostrando di essere forte e solo combattendo e vincendo ne avrebbe dato prova. Ma se invece fosse morto? Avrebbe trascinato Davvi con sé, l’avrebbe messa nei guai e accompagnandosi a Gralato avrebbe peggiorato la posizione della moglie di fronte a qualsiasi altro dothraki.
    “Dovrò parlarne con mia moglie però” disse pensieroso. “Se dovesse andare male, lei pagherebbe un prezzo molto alto. Le ho giurato di proteggerla, non posso rovinarle la vita… lo capisci vero?” disse, alzando gli occhi sul vecchio. “Voglio essere un bravo marito e lei mi sta insegnando a essere un bravo dothraki. Mi fido di lei e quindi parlerò con lei e assieme a lei deciderò se aiutarti o meno” concluse.
    E lungo la strada si vide arrivare incontro Davvi e Qranna. Osservò contrito quest’ultima. “Perdonami se ti ho fatto chiamare… questo vecchio, Gralato, ha parlato di malattia e non c’ho capito più nulla. Temevo fosse malato pure lui… invece sua figlia non è malata è solo deforme e non credo che la deformità sia contagiosa” disse dispiaciuto. “Però lui ha comunque bisogno di aiuto. Puoi aiutarlo?” chiese alla vedova. Lasciò quindi Gralato alle attenzioni della donna del dosh khaleen e dei suoi schiavi, quindi prese Davvi da parte, rimanendo nelle vicinanze. Gli raccontò la storia che Gralato gli aveva riferito.
    “Vorrei andare a vedere. Se rientrerà nelle mie possibilità potrei sfidare il loro khal. Dici che loro mi seguirebbero se uno sconosciuto sconfiggesse il loro khal? O dovrei ucciderli tutti? Non mi costruirò mai un khalasar se devo uccidere tutti i membri degli altri khalasar” borbottò. “Ma prima di partire per salvare le figlie e la moglie di Gralato… voglio sapere cosa ne pensi tu. Se saranno a me superiori ti assicuro che me ne andrò e che si fottessero tutti, ma se fossero alla mia altezza? Se potessi sconfiggerli? Potremmo iniziare a costruire il nostro khalasar. Se iniziassimo ad avere uomini, potremmo iniziare a razziare e a crescere” disse e poi ne cercò la mano. “Voglio sapere cosa ne pensi tu. Mi dicesti di ascoltarti ed è quello che voglio fare ora.”

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    Qranna guardò di sottecchi Kammo in uno sguardo che sapeva insieme di curiosità e rassegnazione, ma non disse nulla e si preoccupò invece di occuparsi del vecchio che dopo il combattimento con il giovane Dothraki pareva piuttosto provato. Fu lui invece a parlare, ringraziando Kammo con due occhi che sapevano di ritrovata speranza e fiducia.
    "San athchomari yeraan! Tanto onore a te! Il Grande Stallone saprà ricompensarti!"

    ***
    Davvi ascoltò silenziosamente le parole del marito corrucciando le labbra come se stesse riflettendo sul peso di ciò che l'uomo proponeva; quando ebbe finito di parlare restò ancora zitta per qualche minuto a soppesare la situazione prima di dire alcunché. Quindi, con sguardo grave e tono basso, finalmente espose le sue idee.
    "Ti fa onore volere con te il vecchio e lo accetto. Ma non tutti i Dothraki sono come te Kammo, quella bambina a quest'ora sarà probabilmente morta e le due figlie vendute come schiave o fatte sposare con la forza come è stato imposto a me."
    Guardò un attimo gli occhi del marito e si affrettò a raddrizzare il tiro.
    "Che avrei dovuto sposare Draggo se tu non mi avessi portata con te. Se sconfiggerai il loro Khal forse qualcuno di loro ti seguirà e libereranno le donne se sono ancora con loro, ma se il Khal non avesse l' onore di Merago e non volesse affrontarti in combattimento? Avremmo di fronte un intero Khalasar da combattere allora e neppure tu, Kammo, riusciresti ad uscirne vivo."
    Inspirò a fondo l'aria del giorno posando una mano sul braccio del Dothraki, gli occhi fissi in quelli di lui.
    "Ma io sono tua moglie. E se vuoi combattere combatterò con te."

    Fai pure un post finale se devi che poi si parte. Dove vuoi XD
     
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