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Kammo accompagnò Tokho nella sua ricerca di oggetti, incuriosito dai gesti dello schiavo. Lo tempestava di domande, per sapere cosa si doveva aspettare tra quelle rocce e Tokho non era mai abbastanza esaustivo per la curiosità di Kammo. Magari lo faceva anche apposta, chi lo sapeva. Quando il ragazzo ebbe finito, il Khal chiamò a sé Gralato, Nero e Ferro. “Domani salirò sui monti assieme a Tokho” disse posando una mano sulla spalla dello schiavo al suo fianco. "Dovremmo tornare presto, perché dubito che Tokho voglia che ci tratteniamo troppo nel suo villaggio, cibandosi delle scorte della sua gente, macellando i loro animali e quant'altro. Se però non dovessi tornare entro sette giorni, bruciate tutte le case, uccidete tutti coloro a cui ho promesso la libertà e fate quello che volete delle donne. Solo se non dovessi essere qua tra sette giorni” si raccomandò alternando lo sguardo tra i tre uomini. “Per quello che ho capito il sentiero non permetterà a un cavallo di avanzare troppo, quindi andrò a piedi” ammise indispettito da quella prospettiva. "Porterò con me Lekh, Zasqa e un paio dei ragazzi della gente di Iris. Sono grandi abbastanza per cominciare a darsi da fare” sentenziò. In fondo avevano poco meno di dieci anni, quindi potevano aiutarlo a portare cibo e acqua su per quei monti. La sera si ritrovò nella tenda, intento a giocare con Zasqa, mentre Davvi spazzolava il crine del copricapo leonino. Lei, Tirli, Oqetti e Mirri l'avevano fatta tornare bianco come se il sangue non lo avesse mai insozzato. “Ti fidi di quello schiavo?” domandò Davvi, avvicinandosi a lui. Gli appoggiò una mano sulla spalla e si accovacciò appoggiandosi a lui, per poi sedersi. La mano andò quindi a posarsi sull'addome. Iniziava a palesare il suo stato interessante, Kammo lo osservava ogni giorno, per capire come sarebbe cambiato il corpo della moglie in quei mesi. Il giovane khal sospirò. “Non mi fido, per questo ho ordinato di fare cose che spero lui non voglia. Sua sorella e sua moglie sono la sua famiglia. Un uomo dovrebbe proteggere la sua famiglia. Lui ha combattuto una volta per loro, era pronto a morire per salvarle. Spero non faccia qualcosa sapendo che causerebbe loro delle sofferenze evitabili” spiegò, prendendo in braccio il leoncino, per poi portarlo nella sua cuccia. Stava imparando a dormire fuori dalla gabbia, ormai sembrava essersi affezionato a Kammo e non si allontanava mai troppo da lui. Tornò da Davvi e l'aiutò ad alzarsi e assieme a lei si coricò sul letto ricoperto di pelli, coprendo poi entrambi con una pelliccia realizzata cucendo assieme le pelli di diversi cani selvatici. Kammo abbracciò la moglie alle spalle, lasciando che il suo corpo aderisse al corpo della consorte. Le posò un bacio sul collo e le sussurrò all'orecchio: “Mi piace quando ti preoccupi per me. Mi fai sentire importante” disse sommessamente. Davvi si mosse tra le sue braccia, girò sul fianco e si voltò verso di lui, accarezzandogli il volto con una mano, lasciando che le dita giocassero con la barba del giovane. “Io mi preoccupo sempre per te...” mormorò. “Ma non me lo fai capire spesso, Luna della mia vita... Non ho ancora capito se mi vuoi un poco di bene perché sono io, Kammo, o perché sono Khal...” obiettò lui. Davvi per tutta risposta lo strattonò tirandogli la barba intrecciata alla maniera dei dothraki. “Io ti voglio bene, Mio sole e stelle, ti ho sposato quando eri nessuno...” replicò fulminandolo con gli occhi. “Perché ho battuto Draggo, altrimenti avresti sposato lui...” rispose Kammo con espressione crucciata. Davvi alzò gli occhi al cielo. “Non so nemmeno se il figlio che hai in grembo sia mio...” pigolò il butterato. Davvi puntò le iridi nei suoi occhi, incredula, assumendo un'espressione per nulla amichevole. Kammo incassò la testa tra le spalle. “Ti sei fatta montare da lui e da chissà quanti dei sue uomini due giorni prima che ci sposassero... come puoi avere la certezza che sia davvero figlio mio? Non sto dicendo che non lo voglio, sto solo dicendo che non possiamo sapere se è tutto mio o meno... Ma lo crescerò come se fosse mio. Il secondo che farai sarà sicuramente tutto mio” si affrettò ad aggiungere. Davvi lo guardò arrabbiata. “Io so che è figlio tuo!” ringhiò. “E come lo sai?” chiese Kammo. Effettivamente non poteva avere la certezza di essere rimasta incinta del khal, però, aveva il suo intuito femminile a guidarla e anche un desiderio. Si strinse a Kammo, aggrappandosi a lui quasi con disperazione. “Perché è così. Perché voglio che sia così. Non lo voglio un figlio di Draggo dentro di me... Lui è debole, tu sei forte!” “Lui è bello, io sono un mostro...” mormorò mestamente Kammo, accarezzandole il crine corvino.
Davvi si scostò quel tanto da permetterle di prendere il volto del marito tra le mani. “Lui è senza un braccio ora, mentre tu sei ancora tutto intero” commentò per poi sorridere maliziosa. “E anche quando era tutto intero, non era bravo come te in certe cose...” aggiunse. Parlando con le figlie di Gralato aveva capito che l'ego del khal andava coccolato. Kammo era sempre stato strano. Lo era come dothraki e, ovviamente, lo era come khal. Era insicuro, ma un poco poteva capirlo. Si era ritrovato da rinnegato a khal, ma lo aveva fatto con le sue sole forze. Solitamente a diventare khal erano i kos alla morte del precedente khal. Il più forte tra di loro prendeva il comando o, se nessuno era in grado di prevalere sugli altri, il khalasar si frammentava e ognuno di essi assumeva la massima carica dei signori dei cavalli. “Be'... sicuramente l'arakh lo so usare meglio di lui...” ammise Kammo. Davvi lo baciò, suggendogli il labbro inferiore con voluttà. “Non solo l'arakh” sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo di nuovo. “Quella notte in cui mi hai trovata, sì, lui, e solo lui,” ci tenne a precisare,” mi ha montato, ma è stata un'esperienza squallida. Da quando sono tua, ho scoperto che farsi montare ha molti lati positivi” gli disse tra un bacio e l'altro. “Quella cosa che fai con la lingua poi...” Kammo fremeva ai di lei baci e alle sue parole, era felice di essere stato capace di fare qualcosa che Davvi apprezzava. “Ti piace quando ti lecco la fica?” La moglie sorrise, annuì e lo bacio ancora lascivamente. “Lo adoro” aggiunse sulla sua bocca. Il sorriso si allargò sulle labbra di Kammo e il ragazzo si sciolse dall'abbraccio, mettendosi a sedere, poi si issò sulle ginocchia e si spostò in fondo al letto, chinandosi verso il pube della khaleesi, la quale sorrise, allargando le cosce per offrirsi meglio al proprio khal. Davvi inspirò a fondo mentre Kammo iniziò a esplorare la sua femminilità. La lingua calda del giovane butterato si insinuava negli anfratti più intimi della ragazza, regalandole piacevoli sensazioni che si espandevano attraverso il suo corpo inondandola di brividi. Lei si morse le labbra, chiudendo gli occhi per assaporare meglio quel momento. Kammo non era il primo dothraki a fargli un cunnilingus, ma Kammo era strano anche in quello. Era gentile, delicato, e soprattutto ci impiegava un sacco di tempo, non si fermava sino a quando il piacere la portava al deliquio e a volte continuava anche dopo, tanto che a volte lo aveva pregato di prenderla, poiché la sua lingua non le bastava più. Il respiro le divenne più pesante e alla fine Davvi gemette inarcando la schiena e stringendo tra le dita le pelli che rivestivano il materasso di paglia. Sorrise divertita quando vide alla luce delle candele il marito togliersi in fretta e furia i pantaloni e lo strinse a sé, quando si tuffò tra le sue braccia, cingendogli i fianchi con le gambe. Assecondò l'ardore di Kammo, partecipando a quell'amplesso, godendoselo appieno e, quando il marito felice e soddisfatto le si sdraiò accanto, lei gli si strinse vicino appoggiandogli la testa al petto. Kammo le affondò le dita della mandritta tra i ricci corvini, massaggiandole la nuca. Si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altra. Si svegliarono che ancora le stelle brillavano in cielo, ma ormai quelle a oriente impallidivano sulle cime dei monti mentre il cielo schiariva. Kammo e Davvi si alzarono, fecero colazione con quello che Tirli e la giovane Anasazi portarono loro, poi la khaleesi iniziò ad acconciare i capelli del khal. Kammo era pensieroso e Davvi se ne accorse. “Cosa ti preoccupa, Mio sole e stelle?” disse mentre annodava una delle campanelle nella treccia del marito. Kammo si morse il labbro. “Vorrei fare una cosa, ma a te non piacerebbe...” disse, irrigidendosi verso la fine della frase. Davvi si fermò qualche istante, poi riprese il suo lavoro. “Sei il khal, puoi fare tutto quello che vuoi...” “Ma mi piacerebbe tu fossi d'accordo con me...” replicò Kammo. “Sono la tua khaleesi...” “Ma piantala” la interruppe Kammo divertito. “Abbiamo pure litigato davanti a tutti, hai messo in discussione il mio ruolo di fronte agli altri... se ora fai la remissiva non ci credo nemmeno se ti vedo” replicò cercando di sdrammatizzare. Davvi sospirò. “Vuoi scoparti qualche altra schiava?” domandò infastidita. “No... Ecco... vorrei prendere altre tre mogli...” le confidò Kammo. Fece una smorfia quando Davvi gli strattonò la treccia così forte da costringerlo a reclinare la testa all'indietro. “Tr... Altre tre donne? Non ti basto?” chiese lei piccata. Quella notte lo aveva soddisfatto, per quale dannatissima ragione se ne usciva con una simile richiesta? “Certo che mi basti!” esclamò Kammo sulla difensiva girando il torso verso di lei. “Cioè, di solito sì...” Allo sguardo assassino di Davvi, Kammo capì che quell'ultima parte avrebbe dovuto evitarla. Dannata la sua boccaccia. “Ma non è per il sesso che vorrei prendere altre mogli. È come premio!” Davvi lo guardò malamente, mandando giù la bile. Strattonò di nuovo la treccia di Kammo, costringendolo a rimettersi seduto in posizione e riprese ad acconciarlo. “Chi e perché vuoi premiarla?” domandò la donna con tono duro. Kammo si umettò le labbra. “Tirli, perché mi piace parlare con lei, mi fa ridere, a volte piangere, mi alleggerisce il petto” spiegò. “E ti piace scopartela...” rimbrottò Davvi. Kammo sospirò. “Anche, ma è capitato poche volte.” Si zittì all'ennesimo strattone. Quella mattina il rischio di rimanere calvo era elevatissimo! “Chi altri?” Davvi sputò quella domanda carica di veleno. “Oqetti...” “Quella troietta? Perché?” sbottò Davvi alterata. Kammo sbuffò. La gelosia di Davvi diventava pesante a volte. “Perché mi piace quando mi succhia il cazzo” berciò in risposta in malo modo, voltandosi a fissarla torvo. “Oqetti si è fatta montare dall'intero Khalasar, ha sopportato tutti anche quando non li voleva in realtà ma si è sacrificata solo perché io gliel'ho chiesto” aggiunse poi tornando a dare le spalle alla moglie, la quale dopo un attimo di esitazione riprese a intrecciargli i capelli. “Poi?” ebbe la pazienza di chiedere ancora la ragazza. “Mirri” fu la risposta. “È una schiava!” obiettò Davvi. “Ha iniziato a pregare Verzhof, si sta impegnando per farsi ingravidare e mettere alla luce un dothraki, ma tutti la trattano male. Se fosse mia moglie, diventerebbe una dothraki e non potrebbero più trattarla male” cercò di spiegare il giovane Khal. Davvi scosse il capo, con ostinato disappunto e Kammo si ritrovò a sospirare. “Senti, non te lo voglio imporre... ne riparliamo quando torno, va bene?” disse. Davvi fece il nodo alla treccia e annuì. “Se non me lo vuoi imporre, allora dico no” lo avvisò. Kammo sospirò. “Ne riparliamo al mio ritorno, va bene?” disse, per poi alzarsi in piedi, indossare il copricapo leonino e poi lasciare la tenda. Zasqa giocava con la coda di Lekh che sopportava quel gioco con stoica pazienza. Kammo chiamò il cane e questi corse scondinzolando a prendersi la dose di coccole mattutina, della quale Zasqa tentò di rubarne una buona parte. Due ragazzini di otto, forse nove anni, si presentarono al cospetto del khal e Kammo aggrottò la fronte squadrandone i visi. Scosse il capo e si stropicciò gli occhi. “M'athchomaroon, Khal Kammo!” esclamarono i giovinetti all’unisono. Kammo li squadrò ancora, perplesso da quei due ragazzetti. Avevano la stessa faccia! Indicò prima uno e poi l’altro, senza però riuscire ad articolare una parola. “Io sono Freddo!” disse uno. “E io Gorgo!” aggiunse l’altro. “Siamo i figli di Kato” di nuovo all’unisono. Kammo schiuse le labbra. “Porca la miseriaccia! Ero convinto che Kato avesse un figlio solo!” Kato era uno degli uomini che aveva seguito Iris. Freddo e Gorgo risero. “No, no, siamo in due, siamo fratelli, Freddo è nato prima di me e io dopo.” “Ma siete proprio uguali!” disse Kammo girando loro attorno. Freddo si strinse nelle spalle. “Mamma dice che sua madre aveva una sorella uguale a lei. Sarà una cosa di famiglia, come le macchie bianche in fronte ai cavalli.” Kammo si grattò il mento ancora perplesso. “Ustia… Ma quindi siete voi che mi accompagnerete?” I due gemelli annuirono all’unisono. “Allora andate a prendere delle otri e delle razioni di carne secca. Non caricatevi troppo, però. Se avremo bisogno caccerò” disse deciso, andando verso l’area degli schiavi. Tokho gli andò incontro non appena lo vide. “Pronto a partire?” gli chiese Kammo e lui annuì. Kammo diede disposizioni alle figlie di Gralato. Gli portarono la spada, che Kammo assicurò al fianco e l’arakh. Una volta controllato l’equipaggiamento, il gruppetto si mise in marcia. Tokho in testa, affiancato da Kammo, Zasqa e Lekh andavano un po’ dove cazzo pareva a loro e i due gemelli a chiudere la strana fila. Il sentiero praticabile a cavallo scomparve dopo circa un’ora di salita, lasciando il posto a rocce aguzze e ponti di legno che scavallavano crepacci angusti. Man mano che salivano, il freddo si faceva sentire, tanto che i ragazzini tirarono fuori le stuoie che avrebbero utilizzato per dormire all’addiaccio e le usarono come coperte. Kammo doveva ringraziare il copricapo leonino che gli scaldava spalle e parte della schiena, perché a torso nudo il freddo lo sentiva bene. A un certo punto, Kammo diede l’ordine di fermarsi e si accovacciò a scrutare l’erba. “Brina? Cavolo questa roba l’ho veduta solo in inverno…” commentò alzandosi infastidito. "Se dovremo dormire quassù, dovremo stare tutti vicini per non morire di freddo” borbottò. La marcia proseguì e a un certo punto Lekh si fermò con le orecchie ben dritte. Poi le appiattì abbassando la testa. Kammo intuì il significato di quei segnali. “Vicino a quella parete” disse indicando le rocce. Voleva che i bambini avessero le spalle coperte. Proprio mentre stava dando disposizioni, due uomini saltarono fuori da dietro le rocce e si avventarono su di lui, brandendo delle spade corte. Presto ne spuntarono altri cinque. Kammo parò i colpi dei primi due, ma sopraggiunse un terzo che, pur mancandolo con la spada, riuscì a colpirlo con un pugno al volto. “Lekh, Zasqa! Attaccate!” ordinò Kammo, leccandosi il labbro spaccato. Si avventò contro uno degli aggressori e lo colpì al volto con l’elsa dell’arakh. Due erano impegnati con Lekh e Zasqa e Kammo ne approfittò per sconfiggere gli altri, senza però ucciderli. Alla fine tutti e sette gli aggressori erano in ginocchio ai piedi del khal, con Lekh che ringhiava minacciosamente nei loro riguardi. Kammo si tastò il labbro gonfiò, mentre il petto si alzava e abbassava rapidamente a causa del fiatone. Il dothraki si volse con sguardo minaccioso verso Tokho e tese il braccio armato verso di lui. “Sono del tuo villaggio, vero? Sembra che sia il caso di tornare indietro e dar fuoco a tutto e ammazzarvi tutti” sibilò rancoroso. Tokho si buttò in ginocchio. “No, no ti prego” supplicò. “Sono del villaggio, ma erano quassu, non possono aver sentito il nostro accordo!” “Mi hai condotto da loro, sperando mi uccidessero!” replicò Kammo. Tokho era disperato. “No, non è così Khal Kammo! Per tutti gli spiriti, ti prego, credimi! Non sapevo che li avremmo incontrati. Prima di partire sei stato chiarissimo, non ti avrei condotto verso una trappola, lo giuro!” “Dice il vero! Non sappiamo chi tu sia. Abbiamo sentito dire che il villaggio è stato attaccato dai signori dei cavalli e quando abbiamo visto te e i ragazzi… Non potevamo immaginare che tu fossi il khal!”intervenne uno dei prigionieri “Non potevate immaginare che io fossi più forte di voi sette messi assieme!” lo zittì Kammo rabbioso, colpendolo con un pugno. “Khal, abbiamo controllato le loro armi” intervenne Gorgo. Kammo spostò lo sguardo sul ragazzino, aspettando che continuasse. “Erano pessime armi, dopo lo scontro con te sono pressoché inutilizzabili…” Kammo fece una smorfia. “Prendetele lo stesso. Tokho e i suoi… amici…” ringhiò fissando i nuovi prigionieri, “faranno in modo di fondere le lame per recuperare il metallo e farne nuovi arakh e spade” disse. “Tutti in piedi, riprendiamo la marcia. Se qualcuno di voi tenta di scappare, Lekh lo agguanterà. Se qualcuno cerca di ribellarsi, Lekh lo azzannerà e quello che rimarrà dopo che il cane avrà finito, diventerà il pasto per Zasqa. Ora appartenete a me e la vostra vita dipende da me. Sperate che Tokho trovi la persona che stiamo cercando alla svelta, perché non ho intenzione di condividere il mio cibo con voi né di procurarvene” li informò, prima di spintonarli e strattonarli per costringerli a rimettersi in marcia. “Fai strada, Tokho” aggiunse, affiancandosi allo schiavo, tornando a tastarsi il labbro dolorante.
7 nemici sconfitti 8 pv persi 2870 parole
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