Paramnesia

Quest per Kammo

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    Erano in viaggio almeno da una decina di giorni e Vaes Dothrak era ancora lontana; il Mare d'Erba non offriva di certo particolari intrattenimenti ma il piccolo Khalasar di Kammo aveva vissuto dalla sua nascita già abbastanza sconvolgimenti da non morire di noia per qualche giorno di tranquillità. Davvi e Tirli iniziavano a mostrare un piccolo rigonfiamento a livello addominale che ospitava la prole del proprio Khal anche se, per la fortuna dell'uomo, la pancina della Khaleesi era più pronunciata di quella dell'altra ragazza; questo l'aveva tranquillizzata, come se fosse presagio di un figlio più forte che ancor più amabile l'avrebbe resa agli occhi del compagno. Mirri non sembrava soffrire alcun tipo di disturbo, Oqetti al contrario non aveva ereditato la resilienza di famiglia e sembrava debole e disgustata da ogni odore, persino da quello della mandria.
    "Guardate! Una cavalla!"
    La voce di Iris sul fianco sinistro della carovana attirò gli occhi dei guerrieri sul quel lato della distesa erbosa ed effettivamente un destriero senza alcun cavaliere brucava allattando un piccolo puledrino magro e traballante sulle sue zampe. Qualcuno fece un cenno del capo a Kammo in attesa che fosse il Khal a dare eventualmente l'ordine di catturarla, ma Iris, ancora poco avvezza a non essere la Khalakka, stava già spronando il suo animale per portarsi alla conquista della cavalla.
    "Aspetta!"
    A frenarne l'avanzata ci pensò Davvi che pur rivolgendosi ora ad Iris ora a Kammo non perdeva di vista l'animale a non troppi metri da loro.
    "Kammo, guarda la macchia bianca sul suo manto, sembra un puledro vero?"
    image
    Effettivamente il manto bruno dell'animale era pezzato di bianco su uno dei due fianchi e sembrava riprodurre le fattezze di un cavallo.
    "E' la cavalla di mio padre. Credeva che fosse un prodigio, un cavallo in un cavallo, segno di grande fertilità. Per questo l'aveva scelta, credi sia possibile ce ne sia un'altra simile nel Mare d'Erba?"
    Poi sembrò rimpicciolirsi e portò le mani sul grembo come se temesse per l'incolumità del piccolo ed abbassò la voce riducendola ad un sussurro.
    "Forse sono qui intorno..."

    Il tempo di risposta disponibile é una settimana dall'ultimo post. Se si é impossibilitati a rispondere nel tempo stabilito basta comunicarlo nel topic assenze informando su quando si tornerà attivi. Se non ci saranno comunicazioni, il pg salterà il turno e sarà mosso come png dallo staff se necessario per quel turno. Ogni turno di *assenza*costerà un malus del 10%in punti esperienza.

    Il moderatore ha tempo una settimana per rispondere. Se é impossibilitato incaricherà un altro mod di occuparsene.
    Se dopo una settimana il topic non avrà ricevuto moderazione, i pg potranno proseguire in libera muovendo eventualmente altri png e riceveranno un "risarcimento" del 10% in punti esperienza a fine quest.
     
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    I primi giorni di giugno illuminavano le sterminate praterie del mare d’erba. Davvi era ormai radiosa come la primavera che faceva sbocciare i fiori tra gli steli d’erba, poiché le nausee erano sparite. Oqetti e Mirri invece avevano iniziato a stare male, Oqetti soprattutto.
    Kammo le si avvicinò preoccupato. “Ehi… hai proprio una brutta cera…” commentò. “Hai mangiato qualcosa di guasto o il Grande Stallone ti ha benedetto?” le chiese, frugando nella scarsella che aveva alla cintura. Estrasse un flaconcino, dei due che era riuscito ad avere da Qranna. “Qualsiasi sia il problema… questo aiuta a far passare il vomito…” spiegò porgendole una delle boccette. “Ne ho ancora solo una… quindi dovrai cercare di resistere il più possibile prima di arrivare a Vaes… una volta arrivati là, donerò qualcosa a Qranna in modo che lei me ne regali altre…” le spiegò, sorridendole. Le accarezzò la schiena e fu in quel momento che udì il richiamo di Iris.
    Kammo spronò Noah verso il fianco del khalasar, mentre Davvi impediva alla ragazza di fare di testa sua. Le iridi del dothraki si posarono sull’animale dal mantello così bizzarro, scrutando la macchia bianca con insistenza. Le orecchie però non perdevano una sola parola pronunciata dalla Khaleesi e come menzionò suo padre, Kammo si allarmò, pur cercando di non darlo a vedere. Dalla sacca da sella estrasse una pezza e iniziò ad agitarla in aria, sopra la sua testa. Era il segnale che avrebbe richiamato al khalasar gli otto esploratori, due per ogni punto cardinale, che erano gli occhi oltre l’orizzonte di quel piccolo khalasar.
    Non appena lanciato quel segnale, iniziò a dare disposizioni ai suoi uomini e alle sue donne.
    “Disponiamoci a cerchio come i bufali che abbiamo incontrato la settimana scorsa. Bambini e donne al centro dello schieramento a occuparsi anche dei cavalli senza cavaliere. I carri come protezione esterna, in modo che se arriveranno frecce possano ripararsi. Se ci troveremo di fronte a un grosso khalasar, abbandonate le cose inutili, salite sui cavalli e correte il più lontano possibile” disse fissando ogni donna. Le dothraki avevano un cavallo per ciascuna, eccetto la giovane Kassi, costretta dalla sua menomazione a viaggiare su uno dei carri.
    “Davvi, ti affido le donne e i bambini e dieci guerrieri per difendervi” disse alla propria khaleesi, iniziando a selezionare gli uomini che si sarebbero occupati da loro. Il primo che scelse fu Gralato. Avrebbe dato la vita per impedire che succedesse qualcosa di male a sua moglie e alle sue figlie. Oltre a lui scelse gli altri tre guerrieri senza arco ma con l’arakh, perché tanto non aveva ancora imparato a usarlo, e ci aggiunse gli altri sei di coloro che avevano come armi arco e daga. A difesa delle donne, quindi, sarebbero rimasti Gralato, a cui Kammo passò il proprio arco, perché lui non era ancora in grado di usarlo come si doveva, e altri nove uomini, tre dei quali brandivano un arakh come Gralato, mentre gli altri sei avevano a disposizione arco e la spada corta.
    Ora non restava altro che aspettare le avanguardie. La sua paura era che non tutti i suoi esploratori sarebbero tornati, perché nessuno aveva segnalato per tempo quel cavallo, non poteva essere apparso per magia dietro le spalle dei suoi esploratori, era sicuramente passato senza che loro lo vedessero. O senza che loro avessero modo di avvisare il khalasar. Lo sguardo del khal stava passando in rassegna gli esploratori che stavano rientrando. Dovevano essere quattro coppie, quindi non avrebbe impiegato molto a capire se il suo timore era fondato o meno.
    Se nessun esploratore fosse tornato, voleva dire che il khalasar era circondato, nessuna via di fuga.
    A coloro che fossero tornati, Kammo avrebbe chiesto: “Avete visto movimenti oltre l’orizzonte? Qualsiasi cosa possa farci intuire del perché c’è quella giumenta?” disse additando l’animale, con l'arakh già stretto in pugno.

    640 parole
    Tolgo un infuso all'anice dalla scheda e lo passo a Oqetti.
     
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    Giunse dapprima il rumore degli zoccoli dei cavalli. Sembravano molti ed uniti in un'andatura ritmica, un galoppo concitato ma mai nervoso. Non ci volle molto prima che Kammo potesse riconoscere i suoi esploratori in sella a quei destrieri. Erano rientrati tutti e, a primo avviso, senza alcuna ferita. I loro volti erano duri come la roccia, eppure un filo di perplessità era riuscito a scalfirli. Uno di loro si fece avanti.

    "Ci sono molti uomini a terra, ma le loro ferite non sono di arakh. Hanno vesciche su tutto il corpo, alcune sono rosse e sanguinanti, altre quasi nere. Non parlano, non si alzano, sono caldi come il sole."

    Più parlava e più era evidente come non sapesse dare una risposta esaustiva al Khal.

    "Intorno è tutto vuoto, ci sono poche tracce."

    Che si fa? Cos'è successo in questo posto? E perché la cavalla del padre di Davvi si trova lì? Tu fai che io ti seguo.
     
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    Kammo si avvicinò circospetto alla cavalla e al suo puledro, valutando il loro stato di salute. Quando finalmente gli otto esploratori furono a portata di voce, Djago, che faceva parte della coppia incaricata di sorvegliare il fianco meridionale del khalasar, si fece avanti e parlò.
    “Ci sono molti uomini a terra, ma le loro ferite non sono di arakh. Hanno vesciche su tutto il corpo, alcune sono rosse e sanguinanti, altre quasi nere. Non parlano, non si alzano, sono caldi come il sole”.
    L’espressione del guerriero era dura, anche se nello sguardo vi era un velo di perplessità.
    "Intorno è tutto vuoto, ci sono poche tracce” aggiunse.
    Kammo si sentì gelare il sangue nelle vene, improvvisamente si sentì la gola così secca, che deglutire gli risultò quasi uno sforzo disumano. Probabilmente ingoiare ciottoli di fiume sarebbe stato più facile.
    Vesciche. Sanguinanti. Corpi caldi come il sole.
    La sua mente si ritrovò nel mare d’erba, mentre la febbre lo consumava, respirare era una lenta agonia e il corpo era divorato dagli spasmi di dolore. Ricordò la pioggia, quando si risvegliò solo, circondato dagli altri malati, ormai morti, lasciati a marcire senza poter cavalcare mai nelle lande della notte. Istintivamente si grattò uno degli avambracci coperto dalle cicatrici, proprio quella parte del suo corpo era la più martoriata. Si rivide grattarsi quelle dannate pustole, rammentava il liquido misto a sangue che ne fuoriusciva ogni volta che una si rompeva e sentì ancora quell’insopportabile sensazione di prurito corrergli sotto pelle.
    Chiuse gli occhi, cercando di ricacciare nel profondo il terrore che gli aveva stretto lo stomaco in una morsa d’acciaio.
    Quando aprì gli occhi, il suo sguardo adirato era fisso su Djago e il suo compare, Garro.
    “Quando pensavate di avvertire il khalasar della presenza di questi uomini? Vi ho detto mille volte: qualsiasi cosa vediate di insolito, dovete correre a riferire. Siamo troppo pochi per permetterci di farci prendere di sorpresa!” esordì, dapprima con calma, poi il suo tono si alzò sino a tramutarsi in un ruggito. Indicò la cavalla. “Quella bestia è arrivata a 50 passi dal khalasar senza che voi la segnalaste! Se fosse stata un’orda dothraki, noi ora saremmo probabilmente morti! Vi ho affidato un solo compito: essere gli occhi del khalasar oltre l’orizzonte e avvisare per qualsiasi cosa insolita, ma voi no… voi non siete nemmeno in grado di eseguire gli ordini del vostro Khal!” tuonò, spronando Noah ad avvicinarsi ai due. “Siete in punizione. Rimarrete a 50 passi dal Khalasar senza interagire mai con esso, se non con chi deciderò io. Mi occuperò personalmente che rispettiate questa punizione, non perdendovi mai di vista!” assicurò e indicò il sud. “Aspettatemi a venti passi da qui” ordinò e li fissò in viso alternativamente. “Credete di poter ubbidire almeno a questo?” disse sarcastico, per poi volgere il cavallo verso il khalasar.
    “Luna della mia vita” disse rivolto alla khaleesi. “Prendimi la sacca con le erbe e portami qui Brecaryn e le persone che lei pensa possano aiutarla nel suo compito di guaritrice” le spiegò, per poi guardare Gralato. “Scegli 5 schiavi. Dai loro qualche otre con acqua e latte. Non troppe, non voglio sprecare troppe delle nostre risorse, ma se ci sono dei Signori di Cavalli in difficoltà è mio dovere aiutarli, se questo è il volere di Verzhof. Fai preparare il campo, ci fermiamo qui” ordinò infine e galoppò, raggiungendo Garro e Django. Attese quindi l’arrivo di Brecaryn e degli schiavi, riflettendo sul da farsi.
    Se aveva punito i due esploratori, lo aveva fatto per salvare il khalasar. Quei due avevano toccato i malati. Forse avevano già portato la malattia nel khalasar stesso. Se così non era, però, doveva assicurarsi che non fossero stati toccati dal male. Avrebbe portato Brecaryn con sé, per capire che tipo di malattia fosse. Se la schiava avesse sentenziato che fosse pericolosa per il khalasar, lui, i due esploratori, la guaritrice e gli schiavi che sarebbero andati con loro si sarebbero tenuti lontani dagli altri sino a quando il male non li avesse uccisi o non li avesse risparmiati. La sua priorità era tenere al sicuro le donne e i bambini… erano loro che avevano pagato il prezzo più alto della malattia, quando decimò il suo khalasar, dieci anni prima.

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    Gli esploratori, ricoperti di vergogna, guardarono a terra mentre le parole velenose del Khal bagnavano le loro teste istintivamente chine. Cinuqanta passi dal khalasar, era quella la loro punizione, e non potevano far altro che accettare. Annuirono con delusione ed un filo di collera ed indietreggiarono qualche passo prima di dare le spalle a Kammo.

    -Luna della mia vita-

    La khaleesi alzò lo sguardo verso l'uomo.

    -Prendimi la sacca con le erbe e portami qui Brecaryn e le persone che lei pensa possano aiutarla nel suo compito di guaritrice-

    Senza alcun indugio fece quanto richiesto, e non passò molto prima che la guaritrice assieme ad altre due donne fossero al cospetto del Khal.
    Gralato procurò i cinque schiavi e così furono pronti a partire.

    Non dovettero camminare molto prima di vedere i primi segni della malattia. Un uomo, decisamente fin troppo magro rispetto allo standard del guerriero dothraki, era riuscito a mettersi seduto poggiando la schiena contro una roccia. Aveva la testa penzoloni e gli occhi chiusi, un filo di bava impastata al sangue ricolava a terra.
    La guaritrice aprì il palmo della mano davanti al petto di Kammo per interrompere il suo cammino.

    -Prima io. Ahi, Ziggi con me.-

    Le fanciulle seguirono Brecaryn. Avevano messo davanti alla bocca una pezza di stoffa nella speranza di non venire toccate dal male che affliggeva il moribondo. La più esperta si coprì le mani come poteva in modo tale da poter esaminare al meglio le ferite. Il volto era dubbioso ed indagatore, ma nessuna parola uscì dalla sua bocca fino a quando non ebbe finito.
    Il moribondo sembrò dire qualcosa, ma Kammo era troppo lontanto per poterlo udire. La reazione della guaritrice però non lasciò alcun dubbio: stupore.

    -Non è contagioso-

    Disse a voce abbastanza alta. Se Kammo avesse voluto avrebbe potuto raggiungerla.
    Come gestisci la faccenda? La donna ti ha tenuto lontano e si è esposta in prima persona. Sai che non è più contagioso e che ha detto qualcosa, chiedi direttamente tu o ti fidi delle parole che ti riporterà eventualmente Brecaryn?


    Edited by TsundereBoy - 19/4/2019, 20:08
     
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    I tre signori dei cavalli, in sella ai loro animali scortarono gli schiavi a destinazione. Lungo il tragitto, Kammo si rivolse a Djago e Garro.
    "Avete toccato chi aveva le bolle..." disse atono. "Se fosse il male che colpì me? Lo stesso male che spinse il mio khal ad abbandonarmi ai cani selvatici insieme a tutti gli altri ammalati?" disse spostando lo sguardo sui due alla sua sinistra.
    "Vi ho punito, dovrete stare a debita distanza dal Khalasar, ma l'ho fatto perché se voi avete preso il male da quelle persone, forse così non toccherà il Khalasar. E io rimarrò con voi, perché non posso rischiare di portare io la morte sulla mia famiglia" spiegò malinconico. "Se qualcuno si ammalerà, non lo abbandonerò. Non farò quello che è stato fatto a me, mai" assicurò. "Se non ci accadrà nulla, in futuro, prima di toccare un uomo coperto di bolle, pensateci due volte, d'accordo?" disse con un sorriso tirato. Sperò che i due comprendessero che quella punizione era un modo per tenere al sicuro gli altri, lui stesso si esiliava a 50 passi dal khalasar per lo stesso motivo. Se la guaritrice avesse detto che non era un male pericoloso, forse quella punizione non avrebbe avuto senso di esistere. Ma poteva fidarsi di una schiava? Brecaryn aveva amato un dothraki, lo aveva curato, ma avrebbe protetto coloro che l'avevano resa schiava, anche se l'avevano trattata bene?
    Giunsero a destinazione.
    Un dothraki dall’aspetto emaciato e provato era seduto appoggiato con la schiena a un masso che spuntava dal terreno erboso.
    “Aspettate qui…” disse a Garro e Django, mentre scendeva da cavallo. Fissò il malato con sguardo cupo, il corpo rigido non voleva saperne di muoversi.
    Brecaryn lo invitò a rimanere indietro. Quelle parole lo distrassero dalla marea di pensieri dove la solitudine di dieci anni di abbandono gli ghermì il cuore colmandoglielo di timore.
    Sbuffò. Non poteva mostrarsi debole, non poteva mostrare la sua paura.
    Scosse la testa e guardò gli schiavi. “Potete sedervi” disse loro, facendoli sedere a terra. Prede un’otre da uno e riportò lo sguardo sulla guaritrice, cercando di capire cosa stesse succedendo. Non gli pareva di ricordare di avere avuto gli stessi sintomi di quel poveretto. Forse era un altro male? Quanti diamine ne esistevano?
    Poi il dothraki parve dire qualcosa, ma la distanza rese quelle parole inudibili.
    “Non è contagioso.”
    Quelle tre parole pronunciate da Brecaryn tolsero un peso dal petto di Kammo che sospirò sollevato.
    “Rimanete qui” ribadì ai due guerrieri dothraki e ai 5 schiavi, colmando la distanza che lo separava dall’anziana rapidamente, anche se gli ultimi risultarono decisamente rigidi. Lo sguardo era fisso sul dothraki.
    Kammo deglutì e guardò Brecaryn. “Che cos’ha? Perché è conciato così? Se non è contagioso, vuol dire che Django e Garro non rischiano nulla?” domandò agitato. La sua preoccupazione maggiore era evitare un contagio, era vedere la propria piccola famiglia iniziare a cadere come mosca, unaa persona cara alla volta. Perché erano passati solo due mesi da quando quel piccolo khalasar si era formato, ma lui voleva bene a ciascuno di loro e voleva proteggerli.
    Il giovane butterato si umettò le labbra, riportando le iridi sull’uomo seduto contro la roccia, poi con un enorme sforzo di volontà fece un passo avanti e posò il ginocchio a terra, fissando il dothraki in viso. Gli porse l’otre. “Bevi” lo esortò e spostò le iridi scure sulla vecchia. “Ti ha detto qualcosa prima?” le domandò. “Dici che è in grado di parlare?” aggiunse poi. Voleva sapere chi era, a che khalasar apparteneva e se la cavalla che avevano incrociato fosse quella del padre di Davvi. Aveva una promessa da mantenere alla sua khaleesi.


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    - Che cos’ha? Perché è conciato così? Se non è contagioso, vuol dire che Django e Garro non rischiano nulla? -

    La vecchio scosse la testa.

    -Questo male si chiama vaiolo. Se Django e Garro hanno toccato in modo sbagliato quest'uomo o respirato il suo respiro potrebbero essere stati infettati. Fino a quando stiamo a distanza siamo fuori pericolo.-

    Brecaryn porse lo straccio a Kammo così che potesse anch'egli proteggersi.
    Il Khal allungò l'otre al moribondo che a stento bevve l'acqua.

    -Ti ha detto qualcosa prima? Dici che è in grado di parlare?-

    -Sussurri. Ha detto "khalasar"... che non sia molto distante?-

    L'uomo indicò la direzione in cui avevano trovato la cavalla. Mancava poco e avrebbe esalato il suo ultimo respiro.
    Allora, sai che non è contagioso a meno che non vengano scambiati liquidi e/o contatti strani (sangue, saliva ecc), che ha il vaiolo e che forse Django e Garro sono stati contagiati. Trai pure le tue considerazioni e decidi che fare, io ti seguo ;)
     
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    Kammo scrutò il dotrhaki, era morente, provato dalla malattia. Le sue pustole, il suo aspetto… Era così simile a quello di Mavi, il khalakka del suo Khalasar, il primo a cadere per colpa di quella malattia. Si grattò un braccio butterato, un riflesso condizionato legato ai giorni in cui quelle pustole si erano tramutate in croste ed esse cadevano e prudevano come se il fuoco stesse divorandogli la pelle.

    “Questo male si chiama vaiolo. Se Django e Garro hanno toccato in modo sbagliato quest'uomo o respirato il suo respiro potrebbero essere stati infettati. Fino a quando stiamo a distanza siamo fuori pericolo” gli spiegò Brecaryn.

    Kammo fece una smorfia. “E se Django e Garro hanno preso questo vaiolo… tra quanto lo sapremo?” chiese preoccupato, senza distogliere lo sguardo dal moribondo. “Sembra lo stesso male che colpì il mio khalasar, quello che mi ha lasciato sfregiato così…” disse in un sussurro.
    “Ascoltami bene!” intimò all’uomo. Cercò di aiutarlo a bere, incurante del doverlo toccare per farlo. “Ho avuto un male come il tuo e sono vivo, sono qui e combatto ancora. Non devi arrenderti, combattilo!” ordinò. “Se proprio vuoi arrenderti, devi dirmi se fai parte del Khalasar di Zinemmo prima. Ha avuto solo figlie femmine e ha preso il controllo degli uomini del khalasar di Vorisi, rubandoli a Khal Grub che aveva dimostrato di essere il più forte” spiegò con tono deciso.
    L’uomo aveva indicato la direzione da cui erano venuti e Kammo si voltò verso i cavalli.
    Zinemmo era un vile, aveva tradito il più forte del khalasar privandolo del comando che si era guadagnato dimostrando la sua forza, era andato contro la più sacra delle usanze dei Signori dei Cavalli.
    “Django, hai detto che c’erano altri uomini… dove sono?” domandò al guerriero.
    Forse il khalasar li aveva abbandonati, il problema era quando. Se il khalasar era ancora in giro? Non potevano non averlo visto, venivano da quella direzione, ma questo non voleva dire che non fosse in zona e che potesse piombare su di loro o, peggio, sul khalasar che si stava accampando. Ma un khalasar che attacca, forse lo avrebbero sentito anche a quella distanza. Forse.
    “Brecaryn, dici che può farcela?” domandò poi alla guaritrice, accennando al dothraki malato. “Se non ce la può fare, ordino di far raccogliere la legna” sentenziò nervoso. Voleva tornare al suo khalasar e al tempo stesso era terrorizzato all’idea di portare tre le sue fila il vaiolo. Non voleva che qualcuno dei suoi uomini finissero come quel poveretto. Comunque fosse andata, quell’uomo non meritava di morire da solo né che il suo corpo marcisse al sole. Se doveva morire, avrebbe avuto la sua pira e avrebbe raggiunto le Terre della Notte. Là, forse, avrebbe potuto unirsi allo sterminato khalasar di Verzhof che ogni notte galoppava nell’oscurità, rendendo il cielo affascinante.
    “Django” chiamò, “cavalca verso il khalasar, assicurati che sia al sicuro e torna a riferire. Ovviamente non avvicinarti, guarda solo da lontano e torna. Garro, tu invece perlustra la zona. E non toccare gli altri malati di cui mi avete riferito” stabilì. “Entrambi cercate le tracce di un khalasar. Se sono in zona, devono aver lasciato qualcosa del loro passaggio” commentò con tono di voce cupo. Un khalasar era come una città in movimento. D’accordo, il suo khalasar era un piccolo borgo, considerato che erano in quattro gatti, ma un khalasar come quello di Vorisi che aveva più di un khas comandati dai rispettivi ko doveva essere ben più grande del proprio. E quella cavalla che assomigliava a quella di Zinemmo, non poteva essere una coincidenza, doveva essere un segno del Grande Stallone. Un Khalasar di quelle dimensioni, avrebbe sollevato polvere, lasciato tracce di sterco, solchi nel terreno e quant’altro. Se era in zona, dovevano trovarlo, possibilmente prima che Zinemmo trovasse loro.

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    -E se Django e Garro hanno preso questo vaiolo… tra quanto lo sapremo?-

    -Qualche giorno-

    -Se proprio vuoi arrenderti, devi dirmi se fai parte del Khalasar di Zinemmo prima. Ha avuto solo figlie femmine e ha preso il controllo degli uomini del khalasar di Vorisi, rubandoli a Khal Grub che aveva dimostrato di essere il più forte-

    Il moribondo spalancò gli occhi. Quel nome... era come se fosse riuscito ad illuminargli lo sguardo. Terrore? Odio? Di certo, non gli rimase indifferente.

    Django e Garro obbedirono agli ordini mentre Brecaryn continuava ad osservare dubbiosa gli strascichi di quella malattia.

    -Li stanno lasciando indietro... dobbiamo bruciare i morti o l'aria infetterà il khalasar. Lui? Posso provare a salvarlo.-

    ***

    Passò un'ora prima che le sentinelle rientrassero.

    -Il khalasar è al sicuro. Da qui non ci sono altri contagiati.- Riferì Django. Non furono altrettanto liete le parole di Garro. -Le tracce dicono che sono avanti a noi. C'è un khalasar, ma è infettato dalla malattia... stanno seminando i loro uomini. Possiamo raggiungerli, avanzano lenti.- Indicò la direzione verso cui si stavano dirigendo prima di trovare il corpo dell'uomo. -Da quella parte.-
     
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    Kammo strinse le labbra in una smorfia alle parole di Brecaryn. Era preoccupato per i suoi due guerrieri e il dovere aspettare per conoscere la loro sorte lo avrebbe riempito d’ansia, fino a quando la guaritrice non avrebbe dichiarato se Django e Garro l’avevano scampata o meno.
    Il giovane dothraki butterato si rivolse al moribondo e le sue parole gli provocarono una reazione, che il ragazzo non fu in grado di decifrare con certezza. L’unica cosa di cui era abbastanza certo era che quell’uomo ricoperto di pustole avesse già sentito quel nome, che conoscesse quindi Zinemmo.
    Kammo serrò i pugni, alzandosi in piedi. Zinemmo era quindi nei paraggi? Forse il Grande Stallone lo stava mettendo alla prova, per testare la sua devozione. Sarebbe riuscito a mantenere la sua parola e a vendicare il trattamento che quell’uomo aveva riservato al sangue del proprio sangue, a sua figlia Davvi?
    Le parole di Brecaryn lo distolsero dai suoi pensieri. La schiava sosteneva che i morti andavano bruciati o avrebbero infettato l’aria e il khalasar.
    “Django e Garro hanno parlato di molti colpiti da vesciche e febbre ma nessun morto… Quando torneranno darò disposizioni in merito. E tu dovrai spiegare come maneggiare i corpi di chi non dovesse farcela… non voglio che vengano contagiati come me, che portai il corpo di Mavvi sulla pira… e poi mi ricoprì di bolle e la febbre mi lacerò le carni…” bofonchiò rivolto alla schiava.
    “Ma se puoi salvare lui o anche gli altri che ci aspettano più avanti… dimmi cosa posso fare per aiutarti. Ho avuto un male simile e ricordo quello che ho patito, se posso aiutarli, lo farò più che volentieri” disse deciso, per quanto la voce fosse incrinata da un timore reverenziale. Temeva quel male, sembrava proprio quello che aveva provato lui stesso, era stato l’avversario più duro che avesse mai affrontato e per tanto nutriva anche una sorta di rispetto.
    “Quello però che voglio evitare è che il khalasar venga contagiato. La sicurezza del khalasar deve essere la tua prima preoccupazione. Impedisci al male di colpire il mio khalasar e io troverò un modo per ricompensarti, la frusta non toccherà mai la tua pelle” le assicurò. Non che ce ne fosse bisogno, Kammo aveva sempre impedito ai suoi uomini di percuotere gli schiavi e finora non era mai capitato che uno schiavo fosse stato così riottoso da spingerlo a metterlo in riga con la forza.
    “Non possiamo però rimanere così lontani dal nostro khalasar, siamo troppo esposti…” constatò guardandosi attorno. Soffermò l’attenzione sugli schiavi. “Voi che sapete lavorare il legno, datemi una mano. Dobbiamo costruire una barella da agganciare alla sella del mio cavallo. E se ci riusciamo ne costruiremo altre per i cavalli di Django e Garro” aggiunse poi. “Le useremo per trasportare i malati verso il khalasar” disse, guardando poi Brecaryn. “Pensi che, se li tengo a venti passi dal khalasar, potrebbero contagiarli? Perché se così non è, vi costruirò un piccolo accampamento a distanza di sicurezza dal principale, poi con Garro e Django farò avanti e indietro e raccoglierò gli altri malati e se troveremo dei morti bruceremo i loro corpi… anche se questo vorrebbe dire avvisare chiunque nei paraggi che c’è qualcuno qua…” disse.
    Attese il responso di Brecaryn: se portare i malati vicino al Khalasar fosse stato troppo rischioso, avrebbe pensato a qualcos’altro, ma se la guaritrice avesse trovato l’idea di Kammo fattibile, si sarebbe messo al lavoro con gli schiavi per realizzare le barelle.
    Quando Django e Garro tornarono, ascoltò i loro racconti, sollevato nel sapere il khalasar al sicuro.
    Lo sguardo del khal si incupì quando sentì il resoconto di Garro. “Non li raggiungeremo. Brecaryn ha detto che la malattia si trasmette coi liquidi. Il sangue è liquido. Non rischierò di contagiare tutti per combattere… ma…” fece una smorfia. “Se ci sono davvero molti malati, torneremo al khalasar e faremo costruire altre barelle. Noi tre ci occuperemo di mettere i malati sulle lettighe e andremo in avanscoperta. Se raggiungeremo il khalasar, cercheremo di capire qual è la loro situazione, cercando di non farci vedere. Se anche dovessimo accendere delle pire per bruciare i morti, se hanno così tanta paura dei malati da abbandonarli, dubito che torneranno indietro per vedere cosa succede” ipotizzò, ma non era certo al cento per cento.

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    Le indicazioni di Kammo furono chiare e concise. I falegnami iniziarono a costruire delle barelle così che potessero caricare i feriti che avrebbero trovato per la strada. Era necessario che a maneggiarli fossero coloro che erano immuni alla malattia o che già erano potenzialmente infetti, questo Brecaryn si premurò di ricordarlo.

    -Farò il possibile. Toccheremo i feriti soltanto noi quattro.- Guardò il Khal -Venti metri dal khalasar, non di meno.-

    Bene, adesso puoi descrivere liberamente i prossimi tre turni. Per ogni turno hai a disposizione un viaggio verso il khalasar e uno indietro verso gli eventuali altri feriti oppure in avanti per cercare il khalasar che se li sta lasciando alle spalle. Ti do qui le indicazioni:
    turno 1: se fate il primo "avanti e indietro" troverete due feriti poco distanti dal punto in cui siete adesso
    turno 2: trovate un altro ferito, ma non appena vi avvicinate questo esala il suo ultimo respiro
    turno 3: trovate una donna che stringe tra le braccia il figlio malato

    Dall'avanscoperta: dopo il terzo viaggio intravedere del movimento: ci sono tracce del khalasar "nemico". Fermati lì
     
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    Kammo caricò il malato sulla barella. Lo aveva già toccato, non voleva che la malattia corrompesse altri. Non voleva che altri passassero quello che aveva passato lui.
    Lo adagiò sulla pelle che era stata distesa sulla lettiga e lo fissò negli occhi.
    “Tieni duro. Se sono sopravvissuto io, ce la puoi fare anche tu. Devi essere forte per dimostrare il tuo valore. Ma puoi star tranquillo che se non dovessi farcela, il tuo corpo non marcirà al sole” assicurò. “Avrai la tua pira, cavalcherai con il Grande Stallone nelle Lande della Notte” gli disse, per poi accennare un sorriso. “Però preferirei che tu ce la facessi. Perché non posso sacrificare un cavallo per qualcuno di un altro khalasar. Non vorrai mica andare a piedi, no?” ironizzò, cercando di alleggerire un poco l’atmosfera. Mentre si diresse al proprio cavallo, guardò Brecaryn. “Quindi anche tu e gli schiavi non potrete avvicinarvi al Khalasar?” le chiese preoccupato. “Spero che se succede qualcosa che richieda il tuo intervento, tu possa guidare qualcuna delle tue amiche del villaggio, per aiutare il khalasar…” disse cupo, mentre saliva in sella.
    Ritornarono al khalasar, portandosi dietro il malato.
    Gralato aveva condotto la cavalla e il puledro in mezzo al resto della loro mandria.
    Kammo diede disposizioni, tenendosi a distanza. Non riferì che la malattia poteva essere pericolosa per il khalasar, non voleva spaventarli. Semplicemente avvisò che non voleva che il suo khalasar rischiasse di diventare così debole. Lui non abbandonava nessuno, ma non voleva che la debolezza serpeggiasse tra di loro, riducendone la determinazione.
    Il giovane khal ordinò di raccogliere legna e di allargare il perimetro di difesa in modo da includere anche la zona in quarantena, pur impedendo ai guerrieri di avvicinarsi a essa. Si fece portare una tenda e diede disposizioni ai cinque schiavi che erano con lui di edificarla a venti passi dall’accampamento principale. Mentre gli schiavi lavoravano, Brecaryn e le due donne si occupavano del malato. Quando la struttura fu pronta, Kammo lo condusse all’interno, al riparo del sole.
    Informò Gralato della presenza di un altro Khalasar e che lui, Django e Garro sarebbero andati in avanscoperta, per capire la situazione, per valutarne la pericolosità. Caricò la lettiga agganciata al proprio cavallo con la legna raccolta, in modo da non dover perdere tempo a raccoglierne altra se avessero trovato dei cadaveri.
    Così iniziò il calvario. Una serie di viaggi seguendo le tracce di quello che poteva essere il khalasar di Zinemmo, il padre di Davvi. Le barelle agganciate alle selle, costringevano i cavalli a muoversi al passo, ma a Kammo andava bene. Non voleva rischiare di segnalare troppo presto la loro presenza, sollevando un polverone.
    Quando incrociarono altri due malati, Kammo scese da cavallo, facendo cenno ai propri uomini di aspettare. “Meglio che li tocchi io… se voi non siete malati, non voglio che vi ammaliate…” disse, controllando lo stato di quegli uomini. Li caricò sulle barelle di Django e Garro. Cercò di parlare con i due poveretti segnati dalle pustole. “Chi è il vostro khal? Conoscete Zinemmo?” domandò loro, ma erano veramente malconci. “Io sono Kammo. I miei uomini vi porteranno al riparo e avrete cibo e altra acqua” disse loro, versando un poco d’acqua dall’otre sulle loro labbra screpolate. “Oggi i cani selvatici non vi avranno” assicurò poi, prima di rivolgersi ai due guerrieri dotrhaki. “Portateli da Brecaryn e poi tornate da me. Io proseguirò, voi mi raggiungerete” ordinò loro, salendo in sella, mentre i suoi ragazzi ritornavano sui loro passi.
    Kammo tirò le redini e spronò il cavallo a proseguire, sempre al passo. Arrivò in vista di un altro malato. Scese da cavallo con l’otre e l’arakh in mano, piantò l’arma nel terreno e si inginocchiò accanto all’uomo, quando fu sicuro che non ci fosse pericolo. Non fece nemmeno in tempo a dar da bere al poveretto. Era morto mentre lui gli si avvicinava.
    Quando Django e Garro lo raggiunsero, Kammo stava appiccando il fuoco alla legna che aveva accatastato per fare da pira al poveretto.
    Il fumo si alzò denso in cielo e Kammo lo fissò torvo, volgendo poi lo sguardo davanti a sé, verso chi si stava lasciando dietro quella scia di moribondi. Ora avrebbero saputo che dietro di loro c’era qualcuno. Come si sarebbero comportati? Sicuramente si sarebbero messi in allerta, ma sperava che non tornassero indietro, per paura della malattia. Forse avrebbero mandato qualche esploratore, per capire se dietro di loro vi era una minaccia. In fondo, nessun altro dothraki avrebbe acceso una pira per delle persone malate, i deboli andavano ai cani selvatici. Quella era la norma. Magari avrebbero pensato a qualche pastore, a qualche carovana di mercanti. E forse quello era peggio, perché li avrebbe invogliati a razziare.
    Qualunque cosa avrebbero fatto, presto l’avrebbe scoperta. Montò in sella e proseguì assieme ai due guerrieri. Giunsero in vista di una donna. Tra le braccia stringeva un bambino, ricoperto dei segni della malattia.
    Kammo fece segno si compari di rimanere indietro e le si avvicinò, sperando che la donna fosse collaborativi. “Tu non sembri malata, ma il bambino sì…” notò e le porse l’otre, senza scendere da cavallo. “Vuoi rimanere qui in mezzo al mare d’erba o preferisci che Django ti accompagni dalla nostra guaritrice che cercherà di salvare il bimbo?” le chiese poi. "Il vostro khalasar vi sta lasciando indietro e il mio sta raccogliendo i vivi per cercare di salvarli e bruciando i morti per evitare che il male si diffonda con l’aria” spiegò ancora. Scese da cavallo e la guardò. “Io sono Khal Kammo, ho avuto una malattia come quella di tuo figlio quando era un ragazzino… come vedi mi ha conciato male, ma sono sopravvissuto e spero che il Grande Stallone dia la forza anche al tuo bambino e lo aiuti a crescere forte come ha fatto con me” le disse, porgendole la mano. La accompagnò a una delle barelle e la fece sdraiare su una di esse, lasciandole la borraccia, in modo che potesse dissetare se stessa e il piccolo durante il viaggio di ritorno.
    Prima però di far partire Django, rivolse alla donna altre domande. “Conosci Zinemmo?” Poi le chiese del khalasar, quanti membri, quanti guerrieri, quanti cavalli, quanti malati, qualsiasi informazione potesse tornargli utile. Solo dopo aver avuto tutte le risposte possibili, diede indicazioni a Django di portarla all’accampamento da Brecaryn mentre lui e Garro proseguirono.
    Kammo scese da cavallo quando individuò un mucchio di sterco. Ne saggiò la temperatura senza alcun ribrezzo e fece una smorfia. Era caldo, il cavallo che l’aveva prodotto non era troppo lontano e davanti a loro, l’orizzonte era ammantato di polvere sollevata da zoccoli e piedi. Si affrettò a montare in sella e accarezzò l’elsa dell’arakh.
    “Abbiamo trovato il khalasar” commentò con Garro. “Se non saranno amichevoli, corri a dare l’allarme. Non pensare a me, il khalasar è più importante. Io farò di tutto per trattenerli il più a lungo possibile. Speriamo solo che non siano ostili e che abbiano voglia di parlare. Hanno bisogno di un guaritore ed è chiaro che non ce l’hanno…” così come non doveva averlo avuto il khalasar che lo aveva abbandonato quando aveva appena dieci anni. Quella giornata gli aveva risvegliato cupi ricordi del passato e sembrava che il tramonto fosse ancora molto lontano.

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    L'uomo, al pari dei successivi due malati che il khal incontrò, parve trarre un po' di giovamento dalle parole di incoraggiamento che gli vennero rivolte: non era poi molto, avrebbero detto alcuni, ma la speranza di poter tornare a cavalcare era tutto, rispetto ai cani selvatici ed alla visione di pallide ossa sbiancate dal sole.
    Nessuno dei tre ebbe la forza di rispondere alle domande del guerriero, né poterono alleggerire il peso della scommessa fatta con quel fuoco, acceso con legna secca sì, ma presto sporcato dai fluidi corporei e dalla carne che si infiammava. L'odore non era dei migliori, ma la fonte maggiore di preoccupazione doveva essere quel fumo. Acre. Scuro. Si levava alto nel cielo, mosso appena dal venticello leggero che soffiava... Era stato avvistato dagli uomini di Zinemmo? Probabile, era usanza mantenere delle sentinelle attorno al khalasar, ma ancora non si scorgevano cavalieri all'orizzonte.
    E cos'altro non era ancora visibile? I segni della malattia sulla pelle della donna che sorreggeva il figlio, con lo sguardo pieno di lacrime e la gola ferita dai ripetuti singhiozzi con cui aveva accompagnato l'incedere della piaga. Annuì disperatamente quando gli chiese se volesse raggiungere la guaritrice, e non si premurò di essere delicata quando afferrò l'otre. Ne bevve subito un sorso, premurandosi quindi di far cadere qualche goccia tra le labbra screpolate del fanciullo.
    ”Il Grande Stallone cavalchi al tuo fianco, Khal Kammo...” Accettò il contatto con la sua mano, tirandosi su e seguendolo verso la barella improvvisata: ”Lo conosco” ed aspettò di essere seduta prima di continuare: ”Centinaia di uomini, più cavalli di quanti si possa contarne. Molti malati... Hanno attaccato un accampamento dieci lune fa, e da allora è iniziata la malattia. Non... Non so altro, sono una donna” e come tale si occupava prevalentemente di tutt'altro.
    Si allontanarono con cautela quindi, nella direzione opposta a quella della coppia di cavalieri.
    Ed eccolo, Zinemmo era là, a nemmeno mezza lega di distanza: la polvere sollevata dal suo khalasar tradiva l'entità delle sue forze, ben superiori a quelle di Kammo. La donna non era riuscita ad essere più specifica, ma altri corpi erano stati gettati giù dai carri ed erano ora ben visibili... Tra loro e le schiere nemiche, a metà strada, quattro guerrieri a cavallo sbarravano il passo.
    Di questi, uno stava leggermente in disparte, in una posizione arretrata: non serviva un erudito per capire che sarebbe schizzato ad avvisare il proprio Khal in caso di pericolo, e questo avrebbe significato guai. Non che la situazione attuale fosse esente da problemi: ”Non un altro passo, chiftik. Chi sei e cosa ti porta sulle nostre tracce?” Avrebbe chiesto quello al centro, sbirciando alle spalle di Kammo per sincerarsi che non fosse immediatamente seguito da altri guerrieri. Nessuno di loro parve rasserenarsi non vedendoli, visto che continuarono a carezzare l'elsa degli arakh: ”Allora?”
     
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    Lui e Garro avanzarono con circospezione verso quel muro di polvere che si alzava da oltre l’orizzonte. Quando Kammo individuò le prime figure in movimento, fermò il cavallo e lo liberò dalla barella per renderlo più veloce. Disse a Garro di fare lo stesso.
    “Rimani qui e osserva. Se la situazione si mette male, galoppa come il vento fino al khalasar e dai l’allarme, perché se decideranno di attaccare dovrete essere pronti. Parla con la khaleesi e dille di fare come fece Grub, affinché possiate cavarvela” ordinò, mentre saliva in sella e spronava Noah a proseguire al passo. Inspirò a fondo e si tenne ben dritto sulla sella, cercando di mostrarsi al massimo della sua imponenza, assai scarsa, visto che era il più basso tra i dothraki. Ma il suo copricapo era stato realizzato con la pelliccia di un maestoso Hrakkar, grande quanto un cavallo, sui suoi bicipiti l’oro faceva sfoggio dando prova della sua abilità nel razziare. Avanzò verso i cavalieri che lo individuarono ben presto e li fissò sollevando le sopracciglia quando gli si rivolsero insultandolo.
    “Grillo lo vai a dire a tuo fratello” replicò indispettito. Kammo era un chiacchierone, ma non era mai stato molto diplomatico e non tollerava gli insulti.
    “Io sono Khal Kammo, ho sconfitto Khal Grub e il suo khalasar, ho sconfitto Khal Kovarro e i suoi cavalieri di sangue, ho sconfitto Draggo, cavaliere di sangue di Khal Merago, e sono sulle vostre tracce perché esse stanno appestando l’aria. Ho innalzato delle pire per bruciare i vostri morti e impedirgli di nuocere ai vivi. Mentre i vivi che vi state lasciando dietro, ora appartengono a me. In fondo voi li state abbandonando.” Allargò le braccia lasciando che potessero vedere i segni che il vaiolo aveva lasciato sul suo corpo.
    Conosco il vostro male, lo conosco fin troppo bene. Ora uno di voi vada da Zinemmo e gli dica che Khal Kammo ha un messaggio per lui. Ditegli che ho sconfitto Khal Grub. Ditegli che non ho intenzione di muovere guerra contro un khalasar appestato, lascerò che sia il vaiolo a decimarvi, ma che prima che lo faccia, voglio parlare con Zinemmo, se ha abbastanza fegato per incontrare l’uomo che ha ucciso Grub” concluse Kammo, rimanendo ben dritto sulla schiena. “Ditegli anche, che sua figlia Davvi ora è una khaleesi del Grande Mare D’Erba e che il Grande Stallone sa cosa le ha fatto e lo ha punito inviando su di voi questo male che vi divora le carni e uccide i vostri uomini, le vostre donne, i vostri schiavi e i vostri bambini.”
    Il vento scivolava leggero sulla pianura, la primavera aveva riempito di fiori il mare d’erba e gli insetti ronzavano con insistenza. Kammo non si capacitava di come un khalasar potesse lasciare indietro i suoi membri durante la marcia. Lui era stato abbandonato, assieme agli altri ammalati, quando il khalasar era ripartito dopo una sosta. Il khal aveva preferito lasciare i febbricitanti ricoperti di bolle e ripartire, tanto nel delirio dovuto alle alte febbri nessuno di loro si era reso conto della partenza del khalasar.
    Ma questo Khalasar stava lasciando indietro anche persone coscienti, consapevoli di quello che il khal aveva deciso per loro.
    Zinemmo era davvero il khal? Aveva conquistato il potere in collaborazione con i ko che erano stati sconfitti da Grub. Ricordava come Davvi gli avesse raccontato di come suo padre fosse un valoroso guerriero, forte, ma anche di come Khal Vorisi non gli avesse mai assegnato un khas per via della sua inadeguatezza al comando.
    Un khalasar nato dal tradimento di tutti i principi dothraki, poteva continuare a seguire un uomo come Zinemmo? Ma ancora di più, gli altri ko, che erano stati di tradire il loro khal una volta, non avrebbero potuto farlo di nuovo, tradendo Zinemmo?
    Kammo non poteva essere certo che il padre di Davvi fosse ancora Khal. Non poteva nemmeno averne la certezza che lo fosse mai stato. Ma, forse, presto lo avrebbe scoperto. E se lo avesse incontrato, cosa avrebbe potuto fare? Aveva promesso a Davvi che lo avrebbe catturato e glielo avrebbe consegnato, ma se il vaiolo serpeggiava tra quegli uomini, non avrebbe mai permesso alla khaleesi di avvicinarsi a Zinemmo. Non fino a quando fosse stato sicuro per lei e per il figlio che aveva in grembo.

    715 parole
    Faccio un poco di intimidire sui quattro cavalieri, giusto per evitare che facciano troppo i bulli forti del loro numero. Insomma, nessuna azione ostile, ma che se ne stiano calmi e buoni sulle loro selle.
    Dati per intimidire:
    Bonus fama 0
    Prestigio/2= 26.5
    Autorità 0
    Marzialità/4=(uso la marzialità a cavallo, visto che è in sella) 30.75
    Diplomazia/2= 10
    Tortura 0
     
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    Di per sé, l'aspetto non fu nemmeno lontanamente sufficiente ad intimidirli: Kammo non era poi così alto, era corto, e chiunque poteva agghindarsi con qualche ninnolo o con una pelle che, in fin dei conti, poteva benissimo aver strappato ad una carcassa... No, un Khal intenzionato a parlamentare non cavalcava verso un altro khalasar senza l'intero codazzo di Kos, era risaputo, eppure... Il grillo aveva citato Grub. Grub e Zinemmo.
    Addro e i suoi sapevano che il vecchio khalasar a cui appartenevano era stato spazzato via, disperso come sabbia nel vento poco dopo la loro defezione, e se davvero quell'uomo era responsabile dell'accaduto non avrebbero dovuto sottovalutarlo. In più, il fatto che volesse così tanto incontrare Zinemmo significava soltanto una cosa: vendetta. Perché per quale altra ragione avrebbe dovuto sfidarlo a venire lì, allettandolo con la speranza di rivedere quella traditrice di sua figlia?
    Addro fece una smorfia, spostando lo sguardo dall'uno all'altro straniero, tornando quindi al Khal ed alle sue cicatrici: ”Parli molto, Khal Kammo”, il cavallo fremette per un istante, scuotendo il muso infastidito da una mosca: ”E non puoi darci ordini. Sono Addro, Ko del khalasar di Zinemmo, e se vuoi raccogliere i nostri morti è un tuo diritto. Sappi però che il nostro Khal non tornerà indietro per te, ripercorrendo lo stesso sentiero dei deboli che abbiamo lasciato ai cani... Ma potrebbe incontrarti se decidessi di venire con noi: se la malattia è opera del Grande Stallone, cos'è l'averci fatto trovare un sopravvissuto, divenuto nientemeno che un tale guerriero? Vieni con noi, Khal Kammo, ora e senza il resto del tuo khalasar: avrai la tua occasione e noi non dovremo macchiare l'erba con il sangue della tua gente... Grub non era nessuno, ma Khal Zinemmo non è Grub”, gli disse, non senza tralasciare quella poco velata allusione. Gli uomini di Zinemmo erano fiaccati dalla malattia, sì, ma il loro leader restava un grande guerriero e loro non si sarebbero certo lasciati massacrare come capre: avrebbero combattuto fieramente, e Addro stesso si sarebbe premurato di trovare e decapitare la khaleesi, offrendone poi la testa in dono al proprio Khal...


    Allora, se non lo vuoi seguire ok, fa cosa più ti ispira... Altrimenti seguilo: puoi fargli domande, ma non sarà contento di rispondere e sicuramente non rivelerà numeri e quant'altro. Cavalca cavalca, arrivate al khalasar e, per darti un'idea di cosa vedrai, sappi che è composto da 500 persone, ripartite in 50% guerrieri, 30 non combattenti e 20 schiavi (ti sarà familiare la percentuale xD), dunque rispettivamente 250 cavalieri, 150 vecchi/donne/ecc e 100 schiavi. Di questi, almeno il 20% è infetto, ma non moribondo, altrimenti li avrebbero lasciati indietro.
    Altre sentinelle vi notano ed uno del tuo gruppo va avanti per avvertire il Khal, ma ancora nessuno ti viene incontro: prosegui fino ad essere in prossimità della testa della colonna... Lì arriverà l'ordine di fermarsi. Davanti ci sarà Zinemmo, che girerà il cavallo e ti farà cenno di avanzare...


    [ Giudizio mod - Bonus fama + Prestigio/2 + Liv Competenza Autorità*6 + Marzialità/4 + Diplomazia/2 + Bonus tortura] - [Giudizio mod + Bonus infamia + Prestigio/2 + Liv Competenza Autorità*6 + Marzialità/2]

    Kammo vs Addro: [ 10 - 0 + 26,5 + 0 + 30,75 + 10 + 0] - [8 + 0 + 0 + 0 + 30] = 77,25 – 38 = 39,25 PNG intimorito, ma non intimidito. Starà buono buono sulla sella, ma un po' di astio rimane.

    Kammo vs Dothraki: [ 10 - 0 + 26,5 + 0 + 30,75 + 10 + 0] - [7 + 0 + 0 + 0 + 20] = 77,25 – 27 = 50,25 PNG intimiditi, non fanno proprio niente.


    Dothraki PNG lv 6
    Marzialità 40
    Diplomazia 5
    Amministrazione 0
    Intrigo 10
    Conoscenze 5

    Addro PNG lv 8 (Ko)
    Marzialità 60
    Diplomazia 10
    Amministrazione 2
    Intrigo 15
    Conoscenze 10

    Se faccio delle cagate, forte dei miei nuovi poteri vi/ti ordino di dirmelo :D
     
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