Onorare un Impegno

Semilibera Ausel - Sommo Septon

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    Ausel era uscito dal Tempio di Baelor con un compito. Era stato lui stesso a tirarsi la zappa sui piedi e ora doveva mantenere la parola come era richiesto da ogni cavalier, lord o figlio di essi. Con la mano che stringeva stretta la bisaccia dove aveva racchiuso il suo schizzo dei ricordi del Sommo Septon, il Tasso si era diretto difilato verso le sue stanze che lo aspettavano nella Fortezza Rossa. Aveva detto di portarglielo il giorno dopo, ma non era stato così di parola.
    La sera, infatti, si era perso nei suoi pensieri e aveva lasciato stare il disegno e tutto ciò che comportava. Doveva tornare nuovamente a far visita al vecchio uomo e non ne vedeva l’ora. Non voleva nuovamente sorbirsi i suoi sermoni lunghi e noiosi sulla religione che non vedeva l’ora di metterlo al rogo.
    Dannato me che non sto mai zitto. Rohanne mi avrebbe già tirato un pugno nello stomaco.
    Il ricordo della sorella lo fece stare male. Era l’unica che conosceva il suo segreto e che lo amava lo stesso. Non avrebbe mai trovato più una persona come lei. Ora era lontana, a Deep Den con suo padre mentre lui era lontano nella capitale a perdere tempo con un disegno per il Sommo Septon.
    Non voleva tornarci, ma aveva fatto una promessa.

    Il giorno dopo si era svegliato con l’intento di buttare giù qualcosa e presentarlo al vecchio monaco. Aveva preso la mina e il foglio di carta. Quello su cui aveva fatto lo schizzo lo stava usando come modello e promemoria di quello che il vecchio uomo aveva detto del tempio stellato.
    Era partito che avrebbe messo poco impegno e avrebbe fatto subito, ma così non fu. Tutta la mattina se ne era andata per disegnare quello che era l’esterno del tempio.

    Il foglio era stato diviso in due sezioni, quella di sinistra avrebbe presentato il punto di vista di un osservatore che stava vedendo la facciata principale dall’esterno, quella di destra avrebbe raccolto le descrizioni interne del tempio. Tutto ciò basandosi sullo schizzo fatto il giorno prima e sui ricordi del vecchio sacerdote.

    Partì con disegnare la facciata principale del tempio sulla sezione sinistra. Con movimenti delicati e precisi, il Tasso iniziò a disegnare una struttura rettangolare: la facciata principale. Essendo il Tempio Stellato una primordiale copia di quello di Baelor, e da quanto aveva detto il Sommo Septon la struttura rispecchiava la forma eptagonale, il Lydden con tocchi che mostravano la prospettiva frontale, disegnò quelle che sarebbero state le pareti laterali alla facciata principale. Il sacerdote aveva descritto la facciata e l’esterno con aggettivi minimali. Aveva pochi addobbi, era scuro, il portone era di legno massiccio con una lunetta superiore contenente i sette dei che accoglievano i visitatori e i pellegrini.
    Ausel disegnò sulla facciata principale un portone rientrante nelle mura. Non fece nulla su di esso, solo qualche rifinitura per renderlo ligneo. Si apriva centralmente rivelando due ante. Sulla lunetta superiore al portone, il ragazzo disegnò centralmente il Padre e la Madre. La madre era sulla destra del Padre. La figura della donna era gentile e il tasso prese a modella il volto della madre. Dovette ricordarlo chiudendo gli occhi. Gli vennero in mente i capelli fluenti dal colore rosso acceso, il volto gentile, terminante in un mento a punta, gli occhi dolci e pieni di bontà. Disegnò sua madre cercando di mantenerle un aspetto regale. Pose una tiara con una pietra al centro. Il Padre, invece, aveva il volto del lord di Deep Den. Capelli tagliati, uno sguardo severo e i simboli della giustizia. A sinistra del Padre mise prima il Guerriero con un elmo in mano e il Fabbro. Come modello per il soldato, il Tasso pose il cavaliere, Ser Camus. Essendo alla sinistra del Padre, la figura era un poò più piccola dovendo comunque rispettare gli spazi derivanti dalla lunetta che tendeva a restringersi man mano che ci si allontanava dal centro. Il Fabbro, invece, aveva l’aspetto di Lajos, con il martello in mano e un volto così giovanile. Senza rendersene conto, il ragazzo stava perdendo molto tempo nel disegnare i piccoli dettagli. Su Lajos non dovette sforzarsi molto di ricordarsi il suo volto o le sue caratteristiche. Lo aveva visto spesso nei suoi sogni anche lì alla Fortezza Rossa.
    Dall’altro lato, accanto alla Madre, il Lydden pose la Fanciulla seguita dalla Vecchia che trovandosi all’estrema destra della lunetta, risultava la più piccola delle tre figure femminili, così come il Fabbro risultava quella più piccola tra le maschili. Per disegnare la Fanciulla, il Tasso prese a modella sua sorella. Disegnò una lunga chioma a formare una treccia che copriva prima la spalla sinistra e poi il seno. In vita pose una cintola a stringere i fianchi e a darle forma. Nonostante la giovane età, Rohanne era una bella ragazza e i suoi occhi verdi e la chioma rossa la rendevano stupenda. Anche a lei pose sul capo una tiara molto meno elaborata di quella della Madre. La Vecchia aveva le sembianze della Septa Esmeralda. Il Lydden la disegnò leggermente china per sfruttare tutto lo spazio della lunetta e approfittare della curva della stessa. Pose in mano alla Vecchia il simbolo della stessa, una lanterna a illuminare la via di coloro che si apprestavano ad entrare nel Tempio Stellato.
    Solo per disegnare i particolari dei Sei Dei, l’Estraneo secondo le rivelazioni del Sommo Septon non era raffigurato nella lunetta, il Lydden impiegò quasi l’intera mattinata.
    Lungo il lato superiore della facciata e delle pareti laterali, il Tasso disegnò finestre ad arco, come aveva detto il Septon. Bisognava disegnare le guglie e secondo il vecchio sacerdote, queste non erano così luminose come quelle del Tempio di Baelor.
    Il ragazzo disegnò sopra questo primo piano, un ulteriore parete, più interna dove pose un’immensa finestra dalla quale sarebbe entrata la luce illuminando l’interno del tempio. Da questo piano partivano le due guglie frontali a forma di cono con una cuspide terminale. Il Tasso disegnò anche le guglie laterali senza decorarle troppo, come aveva detto il Sommo Septon.
    Era passato mezzogiorno quando il Tasso terminò di disegnare l’esterno. Doveva colorarlo e lo avrebbe fatto dopo aver disegnato la parte interna.
    Dopo pranzo, il Lydden tornò al lavoro. Si era ripromesso di terminare subito, ma qualcosa in lui diceva di fare del suo meglio. Alla fine aveva promesso di rispettare i ricordi del Sommo Septon e permettergli di avere un qualcosa che gli permettesse di emozionarsi e ricordare i tempi passati. Doveva fare del suo meglio e non qualcosa di abbozzato.
    Dopo pranzo si dedicò a disegnare l’interno del Tempio Stellato.
    Anche qui disegnò il tutto dalla prospettiva di un visitatore che entrando dal portone principale vedeva il pavimento ai suoi piedi, le cinque facciate che aveva dinanzi (erano escluse quella dietro di sé da cui era entrato e le due prossime alla facciata principale), e il soffitto. Senza dimenticare tutto ciò che c’era tra il pavimento e il soffitto e tra il campo visivo che spaziava da destra a sinistra dell’osservatore.

    Avrebbe dovuto iniziare da un punto. Partì dal pavimento. Secondo i ricordi del vecchio, il pavimento aveva un grande mosaico a disegnare la Stella a Sette Punte. Ausel cercò di rispettare quello che il Sommo Septon gli aveva detto. Disegnò una stella a sette punte con le due punte inferiori che si avvicinavano all’osservatore e la punta superiore che si perdeva nella profondità del foglio.
    Cercò di dare profondità ai tasselli del pavimento così come aveva cercato d dare profondità alle pareti esterne del quadrante di sinistra. Con la colorazione, avrebbe reso meglio creando delle linee nere e usando il chiaroscuro.
    Da quello che aveva detto il Sommo Septon, le statue degli dei erano disposti vicino alle pareti. Dovendo disegnarne alcune e non tutte, il Tasso si focalizzò su quelle che avrebbe potuto rappresentare meglio. Il Padre e la Madre li pose contro la parete di fondo cercando di sfumare i loro contorni e lasciandoli nella penombra. Le statue poggiavano su un piedistallo e si ergevano fino a sfiorare il soffitto. Ai due lati opposti, il Tasso disegnò da un lato la Fanciulla col volto di sua sorella e dall’altro quella del Fabbro col volto di Lajos. Questi, a differenza del Padre e della Madre non erano troppo sfumati. Anche loro celati nell’ombra, avevano comunque qualche particolare in più e una maggior forma. Anche qui avrebbe reso meglio la profondità, lo spessore e la rotondità col colore.
    Verso l’osservatore fece solo uno spicchio di volto della Vecchia e del Guerriero lasciando il resto della statua perdersi oltre il campo visivo dell’osservatore. Ai loro piedi e fino al centro della struttura, il Tasso pose banchi di legno che divenivano sempre più piccoli man mano che ci si avvicinava alla parete di fondo e a quelle laterali e più grandi se ci si spostava verso l’osservatore. Al centro il Lydden lasciò uno spiazzo vuoto, così come aveva detto il Sommo Septon.
    Era trascorso metà pomeriggio e il ragazzo decise di prendersi una pausa. Gli mancava il soffitto e le vetrate che a detta del Commo Septon raffiguravano i volti degli dei con colori tenui.
    Non potendole disegnare tutte, il ragazzo si dedicò a quelle di fondo e alle due laterali come con le statue. Non perse molto tempo in quanto avrebbe usato direttamente i colori per imprimere luce alle vetrate e dare quel tocco di mistico e divino.
    Il soffitto sarebbe stata una sfida. Il Tasso decise di attendere la notte e disegnare quello che avrebbe visto la sera. Aveva più di una volta visto il cielo stellato dalla sua stanza a Deep Den, ma voleva prendere spunto da ciò che la natura gli avrebbe offerto quella sera. Poteva disegnare le costellazioni che sarebbero apparse una volta spente tutte le fiaccole e reso il tutto più verosimile. A detta del Sommo Septon il soffitto aveva una decorazione sublime e Ausel voleva rispettare tutto questo.
    A notte fonda, il Tasso si rimise all’opera. Decise di dipingere direttamente a colore il soffitto. Prese il blu cielo e il bianco e iniziò a dipingere ciò che vedeva dalla finestra della sua stanza. Stava cercando di mantenere la proporzione nelle distanze e poiché da come aveva disegnato, solo parte del soffitto si sarebbe visto, il Tasso non ebbe bisogno di doversi immaginare cosa ci fosse oltre ciò che aveva copiato dallo spicchio di cielo stellato che si vedeva dalla sua camera.
    Ci vollero ore per rendere il tutto verosimile. Andò a dormire solo dopo aver reso il tutto più naturale e reale possibile.

    Si svegliò diverse ore dopo solo perché qualcuno venne a bussare alla sua porta. Erano passati due giorni da quando aveva promesso quel disegno. Doveva muoversi.
    Si alzo e dopo aver fatto tutto ciò che doveva fare, lavarsi, vestirsi, fare colazione, il Tasso si rimise all’opera. Doveva fare il tutto il più bello possibile.
    Doveva colorare e lo avrebbe fatto tutto in giornata.

    Per le vetrate usò colori annacquati per rendere le tonalità più leggere possibili. Per l’interno uso molto il chiaroscuro per rendere la profondità e l’aspetto mistico nonché per dare quel senso di silenzio di cui aveva tanto parlato il Sommo Septon.

    Le statue le fece di un colore grigio chiaro che diveniva più scuro verso i lati dando rotondità e profondità alle stesse. Il colore nero andò a dare forma alle braccia conserte del padre, ai piatti della sua bilancia, alle curve della Madre e ai seni della Fanciulla. Mise pennellate di un grigio scuro anche tra i capelli delle staue per darne movimento così come sulle vesti della madre e della Fanciulla.
    Le panche vennero colorate in marrone dando a ognuna una sfumatura diversa mantenendosi sempre sullo scuro per uniformarsi al quadro che stava nascendo.
    L’atmosfera era surreale e i colori lo rendevano, o almeno sperò lo rendessero surreale e magico come luogo. Il pavimento lo rese profondo e “usato” dal continuo camminare dei pellegrini. Era di un grigio spento con le tessere separate tra loro da una linea nera profonda, marcata. Le basi delle statue cercò di renderle in marmo creando un grigio sporcato da macchie nere. Le pareti le rese di un ocra che si scuriva man mano che ci si addentrava nel disegno sprofondando nella prospettiva.
    Le fiamme ardenti al di sotto delle statue emanavano una luce tenue resa da una leggerissima pennellata di bianco. Tutta la scena era illuminata dalla luce proveniente dalle vetrate che coloravano di tonalità tenue e annacquate, come detto prima, l’interno del Tempio lasciando il soffitto in una leggera penombra che risaltava la lucentezza delle stelle tinte con un giallo tendente al bianco

    Per l’esterno si limitò a colorare le pietre delle pareti con del nero, così come aveva detto il Sommo Septon. Cercò di rendere con un grigio topo la profondità dei mattoni e la rotondità degli stessi. Grigio su nero fuori, nero su grigio dentro. Gli stessi colori creavano effetti diversi per le due ambientazioni. Cercò di creare un qualcosa di uniforme e arrivato al portone, infuse in esso delle striature marroni e nere dando una somiglianza al legno di noce.

    Anche la lunetta venne colorata con gli angoli più scuri dando forma e profondità.
    Ci mise tutto il pomeriggio per terminare quella sua opera e al termine di tutto era soddisfatto. Non sapeva se la sua espressione di soddisfazione e di piacere e calma potesse trovarsi sul volto del Septon.

    Doveva solo consegnarglielo e lo avrebbe fatto il giorno dopo, di prima mattina.

    All’alba, il Tasso si svegliò e si ritrovò a salire gli scalini che conducevano al Tempio di Baelor con una maggior leggerezza. Non gli sarebbe importato nulla del sermone del Septon o di quello che avrebbe detto per convincerlo che i sette Dei erano i migliori. Voleva solo dare quel dono al sacerdote e vederlo fiero. Voleva cogliere il luccichio nei suoi occhi e la soddisfazione di aver reso su carta i suoi ricordi. Di avergli dato modo di perdersi in quel quadro tutte le volte che avesse voluto farlo.

    Sperò davvero che fosse di suo gradimento. Ci aveva messo l’anima e ben tre giorni per farlo.

    Arrivato al Tempio, aprì il portone e chiese a uno dei novizi dove poter trovare il Sommo Septon. Aveva un regalo per lui.
    Il disegno era conservato in una struttura rigida che impedisse al foglio di piegarsi e di perdere pezzi di colore. Avrebbe atteso l’arrivo del ministro dei Sette prima di mostrarlo a chi lo avesse accompagnato.
     
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    L'Alto Septon era intento a pregare, così come faceva nella maggior parte del tempo libero, quando non era tenuto a prestare la propria attenzione alle questioni impellenti inerenti la vita religiosa, ma soprattutto politica, del regno. Era una grande, grandissima responsabilità quella che versava sulle spalle dell'anziano uomo, una responsabilità che più di una volta egli stesso non aveva ritenuto di essere degno di portare avanti. Ma gli uomini, e soprattutto gli Dei, avevano scelto lui come loro ministro, e non c'era nulla che egli potesse fare, se non svolgere al meglio delle sue capacità le sue funzioni.
    Era in ginocchio, di fronte alla statua del Padre che si trovava nell'antico proto tempio, ormai inglobato nelle fondamenta del ben più grande e sontuoso, addirittura opulente, edificio che si trovava sopra la sua testa. Quella semplice sala in pietra grigia, priva di qualsivoglia sorta di addobbo e vezzo, era il luogo di culto più antico della capitale, un luogo rimasto immutato nel corso dei secoli, sebbene il resto dell'edificio fosse cresciuto e si fosse ingrandito a dismisura. Gli piaceva starsene li, raccolto in meditazione ed in preghiera, inginocchiato probabilmente nello stesso punto in cui secoli prima lo stesso Re Baelor il Benedetto si genufletteva per invocare il consiglio degli Dei.
    Era talmente assorto nelle sue liturgie sacre che neppure si accorse del cigolio di cardini, o del rumore di passi alle sue spalle. Quando infine percepì la presenza dietro di se, immobile ed in religioso silenzio, si voltò per fissare il nuovo venuto con aria rassegnata: Ormai la sua concentrazione spirituale era stata infranta.
    L'adepto lo fissava con la solita espressione reverenziale cui tutti, dai nobili al popolino, erano abituati a guardare il più devoto fra gli uomini, ed il Sommo Septon dovette fare un gesto di stizza con le mani per far si che il giovane si decidesse a parlare.


    «Vostra Santità, il giovane di Casa Lydden è arrivato e chiede di voi. Vi attende di sopra»


    «Oh, il giovane Ausel... Non pensavo avrebbe mantenuto fede alla parola data. Allora esiste ancora qualcuno di nobile spirito in questa città corrotta dal potere..»


    Disse il sant'uomo alzandosi in piedi. Si stirò le pieghe che si erano formate sulla veste, poi si incamminò nel dedalo di corridoi e scale che lo avrebbero ricondotto alla superficie.

    Il ragazzo lo attendeva al centro del Tempio, con una sorta di cartelletta saldamente stretta in mano. Doveva trattarsi della custodia che conteneva il capolavoro tanto atteso, non v'era alcun dubbio.

    «Mio giovane ragazzo, sono felice di vederti, seppur in ritardo. Temevo che non avresti mantenuto fede alla parola data, ed invece eccoti qui. Vedo che sei riuscito a completare la tua opera!»


    Disse con fare allegro, indicando il raccoglitore che teneva in mano il Lydden.

    «Già dal tuo bozzetto, e dalla fugace occhiata che ho potuto dare agli altri tuoi lavori, ho subito capito che sei un giovane dal grande talento. E di capacità simili ne abbiamo un grande bisogno, non c'è dubbio... La fede si trasmette anche attraverso le immagini, soprattutto a quella parte della popolazione che non è in grado di comprendere le sacre scritture della Stella a Sette Punte... Chissà quali meraviglie attendono di vedere la luce tramite i tuoi lavori!»


    L'uomo attese pazientemente che il ragazzo aprisse il raccoglitore e mostrasse il suo talento. Se ne fosse stato soddisfatto, aveva in mente alcuni lavori da commissionargli...


    • • •


    Bene bene, eccoci qui.
    Hai piena libertà di risposta, ruola pure come meglio credi ed io ti seguo. Se lo ritieni necessario puoi anche far parlare il Sommo Septon in questa prima fase, ma fermati prima che ti proponga qualche tipo di incarico.


    Edited by ||FaZ|| - 2/4/2019, 14:13
     
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    Il Tasso si fermò poco oltre la statua del Padre e trovò alcuni monaci intenti a pregare, altri a sistemare i banchi o ad accendere candele votive sotto le statue degli dei. Uno di essi si scosse dal torpore che la preghiera sembrava infondere all’ambiente circostante e si diresse verso il figlio di casa Lydden con sguardo interrogativo. Probabilmente non lo aspettavano, perché mai dovevano aspettarsi uno come lui, senza un valore e senza un peso specifico tale da indurre chissà cosa nel solo vederlo.
    Il monaco sembrò molto gentile e avvicinandosi chiese cosa volesse con quella parlata lenta e sussurrata tipica dei Septon.

    Il Tasso salutò come si conveniva il sacerdote dei sette e chiese di poter vedere il Sommo Septon in quanto aveva per lui degli schizzi da far vedere, commissioni che il Sommo Septon non aveva chiesto di sua spontanea volontà ma che il ragazzo aveva voluto fare per pura gentilezza.
    Il Septon ascoltate le parole del ragazzo si diresse verso un corridoio laterale chiedendogli di rimanere lì che sarebbe andato a chiamare sua eminenza quanto prima possibile informandolo di quella sua venuta così cordiale.

    Ausel attese e quando vide il chierico sparire per una porticina laterale, si mise ad aspettare quasi al centro del tempio ripercorrendo mentalmente quello che il Sommo Septon gli aveva permesso di fare qualche giorno prima: la camminata della riconciliazione o i sette passi come li aveva chiamati lui. Era stato molto imbarazzante doversi aprire all’uomo e riconoscere in se stesso alcuni comportamenti che sembravano non essere presenti, ma che in un certo qual modo il Tasso compiva senza accorgersene. Avrebbe cercato di essere più corretto con se stesso, ma anche con gli altri. Avrebbe cercato di aiutare chi aveva bisogno e cercato la verità se questa fosse stata messa a tacere.
    Avrebbe prima o poi trovato il coraggio di andare da Tywin e dirgli di avvisare il lord di Delta delle Acque sulle condizioni non proprio rosee di suo figlio. Avrebbe dovuto mandare una missiva a suo padre e sua sorella. Doveva fare un po’ di cose appena sarebbe uscito da quel tempio e sarebbe ritornato alla Fortezza Rossa.
    L’attesa sembrò un po’ lunga, ma i Septon si facevano sempre aspettare dando un monito con questo loro comportamento: non si può pretendere che gli dei agiscano secondo le volontà umane, ma secondo quelle divine. Quando avrebbe ritenuto opportuno presentarsi, lo avrebbe fatto.

    Nel frattempo Ausel si guardò intorno. Qualche giorno prima aveva fatto visita al Sommo Septon per parlare con lui del Tempio di Baelor e del Tempio Stellato. Si era riproposto di fargli uno schizzo della struttura secondo i ricordi del vecchio uomo e ora quella promessa era stata mantenuta. Si aggirò verso la statua del Fabbro e quella della Vecchia. L’uno gli aveva permesso di poter creare quello schizzo secondo una certa tecnica appresa a Deep Den dopo diverse volte in cui i suoi disegni facevano davvero schifo. Piano piano aveva provato a migliorarsi. Forse ci era riuscito forse no, ma alcune delle persone che aveva incontrato lungo il percorso, da Lajos a Rohanne sua sorella, a Rowan in ultimo, avevano apprezzato i suoi disegni. Aveva ancora indosso i guanti che si era creato a Delta delle Acque partendo da un suo disegno. Il ragno che fissava gli altri dal dorso della sua mano sinistra mentre il Tasso incoraggiava Ausel a seguire le virtù dell’animale dal dorso della sua mano destra.
    La Vecchia gli aveva dato la conoscenza base e la possibilità di ampliare la sua mente con la determinazione del ragazzo cocciuto che aveva voluto essere in grado di poter imparare almeno qualcosa che gli permettesse di dire a suo padre di essere fiero di lui. Era sempre stato in competizione con sua sorella per l’amore paterno. Rohanne era identica in tutto e per tutto con il genitore e questo non faceva altro che creare una sorta di distacco tra i due, padre e figlio. Rohanne sapeva fare di conto ancor prima di Ausel e a nulla valeva la capacità de ragazzo di saper apprendere meglio le lezioni del maestro Dite. Rohanne sapeva giocare a cyvasse, gioco alquanto ostico per il giovane Tasso che non ci capiva nulla. Rohanne aveva imparato ad usare il cifrario molto meglio di Ausel che cercava in tutti i modi di comprendere i meccanismi che permettessero alle piante di crescere e agli animali di poter svolgere le loro azioni. Erano due ragazzi completamente diversi: Ausel votato alla conoscenza del mondo, ai viaggi e alla bellezza della natura, Rohanne votata alla praticità, al dovere e alla volontà di poter dimostrare di essere altro e non solo una donna.
    Sarebbero stati perfetti i due se fossero stati insieme come una vera squadra. Rohanne era lontana diverse miglia da lui e ora ne sentiva la mancanza. Gli mancava lo sguardo dolce e le parole quando lui si sentiva giù, gli mancavano anche i pugni che spesso gli tirava quando faceva qualcosa o diceva qualcosa che non doveva.
    Gli mancava quella testolina rossa.

    Immerso nei suo pensieri, il Tasso perse il tempo necessario al Sommo Septon per risalire le scale che conducevano dal luogo dove si trovava in preghiera fino all’ingresso del tempio e la zona centrale circondata dalle sette statue dei sette volti del dio.
    Ausel appena lo vide, si inchinò come era di obbligo e attese che il vecchio uomo parlasse prima di mostrargli la sua opera. Come era uso dei monaci, anche il Sommo Septon non mancò di fargli notare che fosse in ritardo. Lo era davvero, ma avrebbe almeno dovuto apprezzare il gesto. I disegni fatti bene non si fanno in una mezza giornata. Non gli piacque molto quel commento e forse una nota fastidiosa dovette affacciarsi sul suo volto. Non lo disse a parole, ma l’espressione del suo viso dovette esprimersi abbastanza bene per denotare quanto fosse stato infastidito se non ferito da quel commento acido.
    Brutto vecchio mentecatto. Ringrazia che non …. Meglio di no. Devo stare calmo. Sorridiamo.

    "E invece sono qui, a mantenere fede alla parola data."

    Il Tasso voleva marcare bene quelle parole. Forse ci avrebbe messo del tempo, ma alla fine avrebbe fatto ciò che gli sarebbe stato chiesto.

    "Così mi lusingate padre. Ho cercato di mettere su carta ciò che è fuoriuscito dai vostri ricordi. Spero di aver impresso su carta e colorato ciò che la vostra mente ha descritto."
    Non voleva passare per uno scansafatiche e aggiunse "Come avete detto prima, ho perso un po’ di tempo, è vero. Ho lavorato giorno e notte per poter, in primis, immaginare cosa vedevate voi e in secondo luogo essere certo che ciò che disegnavo e poi coloravo fosse davvero la vostra visione."

    Era venuto il momento della verità. Ausel aprì il raccoglitore mostrando prima il disegno degli esterni del Tempio Stellato e poi quello che racchiudeva l’interno della struttura con la volta caratteristica.

    Rimase ad attendere il responso dell’uomo e del sacerdote che si accompagnava al Sommo Septon. Aveva messo in quelle opere tutto se stesso. In un primo momento, lo aveva confessato a se stesso, avrebbe voluto solo fare uno schizzo giusto per mantenere la parola data. Ma … dopo aver ragionato, l’opera di un pittore o di un disegnatore doveva essere sempre votata alla perfezione e non all’approssimatezza. Aveva gettato il primo schizzo fatto di fretta e si era dedicato notte e giorno, come detto prima, all’opera cercando di ripercorrere i ricordi dell’uomo e cercando di rendere al meglio i disegni e le sfumature di colore.

    Il Sommo Septon osservò prima quello degli esterni dove il ragazzo aveva disegnato il tempio secondo una prospettiva frontale colorando il tutto con tocchi di nero brillante dove veniva a contatto con i raggi del sole e sfumato dove si perdeva nelle tenebre della penombra. Aveva persino disegnato i vari mattoni usando il contrasto col grigio.

    Il secondo disegno, quello con gli interni, era un insieme di colori tenui e chiaro scuri. Sperava ne rimanesse soddisfatto, anche perché ci aveva messo davvero molto impegno.

    "Cosa ne pensate?"
    Il tono della sua voce era quasi un sussurro. Il Sommo Septon ci stava davvero mettendo molto tempo nel dare un responso e anche il sacerdote accanto a lui non aveva detto nulla. Aveva fatto solo il gesto di richiamare qualche altro confratello accanto a loro. Ciò aveva reso Ausel nervoso. Non voleva certo che tutti vedessero il suo fallimento. Ci stava quasi ripensando e avrebbe voluto strappare i disegni dalle mani raggrinzite del vecchio uomo e scappare.
    E’ stato uno sbaglio. Non dovevo venire nuovamente in questo posto dove ho solo ansia e disagio.

    Il cuore gli stava battendo all’impazzata e le mani gli stavano sudando dall’agitazione. Una goccia di sudore freddo iniziò a colargli dietro la nuca e la fronte iniziò ad imperlarsi. Si stava agitando.
     
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    L'anziano uomo prese il raccoglitore che il giovane gli stava porgendo, ne sciolse i lacci che lo tenevano chiuso e contemplò a lungo i disegni in esso contenuti.
    Era sorprendente la somiglianza con il vero Tempio Stellato di Vecchia Città, soprattutto considerando che il giovane Lydden non vi era mai stato in visita, e che aveva basato i suoi disegni soltanto sui ricordi che il Sommo Septon gli aveva riferito... Vi erano ovviamente alcuni errori, come la forma delle guglie ed alcuni dettagli degli interni, ma l'uomo non ebbe dubbi che chiunque avesse ammirato quei lavori avrebbe subito identificato il soggetto come il Tempio Stellato.
    Ciò che lo sorprese di più tuttavia, fu la minuzia riposta nei dettagli. i volti degli dei parevano quasi vivi, gli sguardi attenti ed i lineamenti sorprendentemente ben definiti... Si, quel ragazzo avrebbe potuto mettere il suo talento al servizio degli Dei. Su questo l'anziano uomo non aveva più alcun dubbio.

    «Mio caro ragazzo, il tuo talento è sorprendente! Mi sembra quasi di ammirare di nuovo il Tempio che tanto caro mi fu in giovinezza. Ti sono grato per questo dono, e ti sarei ancora più grato se tu accettassi di mettere il tuo talento al servizio della fede... Vedi, è da molto tempo che i rappresentanti delle Gilde della Strada dell'Acciaio richiedono che il clero gli faccia dono di una scultura, qualcosa che attesti la loro devozione ai Sette ed, implicitamente, il loro prestigio agli occhi degli uomini... Ebbene, sono sempre stato riluttante all'idea, sia per non dare troppa importanza a quegli uomini, e sia perché al momento non disponiamo di abili artigiani che realizzino un opera religiosa degna di questo nome... In molti sono partiti per la guerra, e gli scalpellini rimasti in città non sono che apprendisti o uomini anziani... Ma tu, mio giovane Ausel... Tu potresti realizzare il disegno di una gloriosa scultura del Fabbro, affinché i nostri scalpellini possano poi provvedere a dar forma al tuo talento. Mi faresti cosa veramente gradita, ragazzo mio, e avresti per sempre la mia eterna riconoscenza»



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    A te la scelta. Puoi rifiutare, e concludere qui la semilibera, oppure accettare l'incarico, e metterti al servizio del Sommo Speton per la realizzazione del disegno di una statua votiva. Se scegli la seconda opzione, leggi il prossimo Spoiler.


    Se scegli di proseguire...

    «Molto bene! Molto bene! Sapevo che avresti accettato, mio caro ragazzo! Spero tu ti possa mettere subito all'opera, affinché io possa iniziare a mostrare qualcosa a quei boriosi dei rappresentanti delle Gilde, che non la smettono più di vessarmi con le loro richieste... Ti metto a disposizione l'officina degli artisti del tempio. Si tratta del luogo in cui furono realizzati tutti i fregi, le sculture e le altre decorazioni di questo glorioso edificio. Ti assicuro che vi troverai tutto il necessario per svolgere al meglio il tuo lavoro!»



    • • •


    L'officina degli artisti era composta da una grande sala dal soffitto a volta, ricavata all'interno dei locali seminterrati del Tempio. Le finestre, disposte nella parte più alta delle pareti, irradiavano la luce all'interno della sala, facendola risplendere come se la struttura fosse sprovvista del tetto, ed il sole fosse libero di splendere sopra le teste degli artigiani.
    I banchi da lavoro affollavano la struttura, ma pareva che nessuno utilizzasse più da tempo quegli strumenti, ormai abbandonati e coperti di polvere ed aggrediti dalla prima ruggine. La sala era deserta, ad eccezione di un uomo sui venticinque anni, che attendeva Ausel al centro della sala. Il fisico era possente e ben definito, ed i lineamenti del viso di una sorprendente bellezza, cosa non comune per un uomo del volgo. Accanto a lui, vi erano uno sgabello su cui erano riposti una tunica ed un martello da fabbro, che sarebbero serviti a rendere il modello una perfetta personificazione del Fabbro.

    «Benvenuto milord, il mio nome è Stephan. Sono il fabbro del Tempio. Sua Eminenza ha ritenuto che fosse opportuno che fossi io a farvi da modello per realizzare il vostro disegno, quindi eccomi qui... A vostra completa disposizione. » si presentò il fabbro, fissando il nobile con sguardo profondo, in attesa di disposizioni...

     
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    Il Sommo Septon sciolse i lacci del raccoglitore e iniziò a visionare i disegni di Ausel. L’attesa sembrava infinita e snervante per il giovane Tasso che non sapeva quale sarebbe stato il primo commento che il chierico avrebbe detto. Si aspettava un “Bello, ma non perfetto”, oppure “No, no, no, è tutto sbagliato”. Si era preparato psicologicamente a un commento non del tutto positivo. Dopotutto aveva solo cercato di imprimere su tela dei ricordi dell’uomo che potevano non essere corretti o perfetti. Qualcosa sicuramente non andava e il vecchio prete avrebbe comunque commentato quella mancanza.
    Bisognava dire che il Tasso aveva fatto quel lavoro più per assecondare il Septon che se stesso. Forse sì, lo aveva fatto anche per se stesso, ma non lo avrebbe mai ammesso apertamente. Aveva gettato via il primo schizzo fatto di sfuggita perché … non era da lui fare cose così superficiali. Doveva dare il meglio di sé per fare un piacere al Sommo Septon. Non si aspettava nulla, nemmeno un grazie. Ci sarebbe rimasto male, ma non avrebbe preteso nulla. Probabile non avrebbe avuto una bellissima opinione del Septon, ma … i suoi pensieri vennero interrotti dal commento tanto atteso del Sommo Septon.
    Quello che l’uomo disse sorpresero non poco Ausel che, come detto, non si aspettava certo degli elogi. Il vecchio stava chiedendo al Tasso di mettere il suo talento al servizio degli dei. Aveva detto proprio talento. Nessuno a casa Lydden aveva mai usato quel termine se non forse sua madre ma … Ausel non si considerava molto quello che diceva sua madre essendo comunque molto entusiasta di tutto ciò che faceva il figlio, come il padre lo era per Rohanne che mostrava sempre quanto Ausel fosse poco simile al lord che il padre voleva. Il Sommo Septon gli stava chiedendo di realizzare un’opera che raffigurasse il Fabbro, uno schizzo da convertire poi in una statua. Avrebbe ottenuto l’eterna riconoscenza del clero nella persona del Sommo Septon.

    Ausel rimase con gli occhi sgranati e, forse, con la bocca aperta per lo sconcerto. Non credeva alle proprie orecchie e dovette farsi forza per uscire da quello stato di torpore emotivo dettato da un’eccessiva quantità di gioia e di felicità che non provava da un po’. Non gli erano capitate delle cose belle, doveva ammetterlo e quella richiesta dava un tocco di colore alle sue giornate non proprio luminose e al suo animo abbattuto per la storia di Rowan.

    "Io … io …" Balbettò.

    "Mi scusi. E’ … è che … davvero."

    Cercò di ricomporsi e tornare in sé stesso.

    "Mi scusi Sommo Septon. Non mi aspettavo questa reazione, davvero e sono contento che ciò che ho disegnato le sia piaciuto. Credevo di non aver impresso su carta a dovere i suoi ricordi. Speravo in un commento benevolo, lo ammetto, ma non così favorevole. Lei mi lusinga davvero e … sarebbe poco opportuno se l’abbracciassi?"

    Non sapeva come il Septon avrebbe potuto reagire a quella richiesta. Non sapeva se fosse consono o permesso poter abbracciare un Sommo Septon e cercò di rimediare a quella gaffe, se gaffe fosse.

    "Mi scusi, forse ho parlato a sproposito. Le chiedo immensamente scusa per il mio slancio di euforia. È troppo per me e davvero, non credevo di poter ricevere richiesta più bella. Accetto volentieri e mi metterò subito all’opera. Farò felice la mia Septa che non crederebbe mai a quello che le racconterò per lettera, se lei mi permette di poterglielo dire, ovviamente."

    Il Sommo Septon ottenne la risposta positiva del ragazzo e ne fu felice. Si vedeva che sperava in un suo commento positivo e nell’accettazione di quel lavoro.
    "Ne sarei onorato padre reverendissimo. Una sola domanda. Avete una scadenza da pormi o un funzionario con cui poter comunicare su ciò che potrebbe servirmi e mandare eventuali schizzi o relazionerò solo con lei, sua eminenza?"

    Attese le risposte prima di poter seguire un Septon che lo conducesse all’officina del Tempio.
    Questo, come aveva promesso il Sommo Septon, era una stanza con soffitto a volta con finestre che permettevano alla luce di entrare dall’alto creando un’atmosfera quasi irreale e magica nel suo insieme. I banchi dove i maestri e gli allievi avrebbero dovuto svolgere il loro lavoro affollavano la struttura e un leggero strato di polvere ne declamava il poco utilizzo in tempi recenti.

    Tutto sembrava vuoto tranne che per un ragazzo di molti più anni di Ausel che si ergeva al centro della stanza. Aveva una corporatura massiccia e un volto dai lineamenti non comuni, davvero bello. Accanto a lui, vi era uno sgabello con gli abiti che il ragazzo avrebbe dovuto indossare per poter ricreare il modello del Fabbro.

    Per tutti i Sette Dei, da lui sì che mi farei martellare a dovere

    Il ragazzo e, soprattutto la bellezza e il fisico del ragazzo, colpirono il giovane Tasso che sorrise senza accorgersene, probabilmente. Stava squadrando il modello cercando di spogliarlo con gli occhi. Era molto più grande di lui, ma di molti anni forse.
    L’uomo si presentò come Stephan, fabbro del tempio e modello per l’opera del ragazzo.

    Ause si avvicinò e gli sorrise stringendogli la mano. Forse non era un gesto che dichiarava la sua nobiltà, ma in quel contesto, avrebbe preferito eliminare ogni vincolo che lo allontanasse dal ragazzo.
    In realtà avrebbe voluto fare altro con lui e la lontananza non era prevista nei suoi progetti utopistici.

    "Piacere mio, Stephan. Immagino anche cosa abbia spinto il Sommo Septon a farti assumere il ruolo del modello. Quanti anni hai?" Sorrise nuovamente.

    Gli ormoni a palla del ragazzo stavano prendendo il sopravvento. Non aveva senso quella richiesta degli anni.

    "Quindi sei un fabbro? Lavori da molto per il Tempio?"

    Doveva cercare di togliere lo sguardo dal suo viso o avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito in futuro, non certo in quel momento.

    Ma è stupendo. E che labbra. Da mordicchiare proprio.

    Cercando di ricomporsi, il Tasso disse.

    "In primis, credo che possa aiutarmi molto. Suppongo che dovrai indossare prima quegli abiti e poi vedremo che posizione assumere."

    Speriamo sia ben messo … fisicamente.

    "Potremmo fare anche delle prove, ma credo che un martello in mano e un’incudine siano d’obbligo. Cosa ne pensi? Vorrei avere una tua opinione."

    Più che altro, voleva ascoltare ancora la sua voce profonda ed eccitante.
     
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    Stephan fissò con fare sospetto il ragazzo, quasi come se volesse valutarlo. Dopo qualche istante fece un espressione soddisfatta, come se il giovane avesse passato una sorta di test che si era svolto nella mente del fabbro.

    «Ho ventitré anni, mylord, ma tutti dicono che ne dimostro molti di più, per via dei calli e delle cicatrici dovuti al lavorare nelle fucine... I miei genitori mi hanno mandato al servizio del maestro ferraio Arcibald quando avevo otto anni, e da allora ho imparato il mestiere e lavorato in diverse fucine della città, finché un giorno non ho realizzato una serie di candelabri e suppellettili per la residenza di sua eminenza il Sommo Septon. Quando glie li ho consegnati è rimasto molto colpito dalle mie capacità, e mi ha chiesto di lavorare per lui qui al Tempio. »

    Quando il giovane gli disse di indossare la tunica, il fabbro procedette a sfilarsi la camicia di lino che indossava, restando a torso nudo per dei lunghi istanti, e dando modo al nobile di ammirarlo in tutta la sua statuaria possenza. Pareva provare piacere nell'essere ammirato, ed impiegò un tempo esageratamente lungo per prendere la tunica di seta ed indossarla, lasciando che il giovane lo ammirasse il più a lungo possibile.
    Una volta che si fu cambiato, prese il martello da fabbro, chiedendo ad Ausel quale posizione voleva che assumesse, poi aggiunse:

    «Sapete mylord, il Sommo Septon è un uomo estremamente colto, ma delle volte pare il più ingenuo degli stolti...
    La scultura che vi ha commissionato, ad esempio... Vuole donare una statua in pietra alla gilda dei fabbri... Io invece pensavo che sarebbe più appropriato, e sicuramente più gradito alla Strada dell'Acciaio, che la scultura fosse realizzata in bronzo, e non in marmo. Un opera di metallo per uomini che lavorano il metallo. Voi cosa ne pensate? »
     
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    Ausel non staccò gli occhi di dosso al ragazzo che si trovava davanti. Doveva avere un fisico marmoreo e questo lo stava eccitando e non poco.
    Notò anche come il volto del fabbro sembrò rasserenarsi dopo le sue parole. Qualcosa lo aveva colpito oppure Ausel aveva fatto qualcosa di divertente da farlo sorridere.
    Sembrava soddisfatto del Tasso e Ausel voleva davvero soddisfarlo in tutti i modi possibili.
    Sì, non stava più ragionando lucidamente.

    “Ho ventitré anni, mylord,”
    Ventitré anni? Uhm … avrà già avuto la sua buona dose di culetti.
    Le labbra del fabbro si muovevano scandendo le parole con voce piena e Ausel non riusciva a smettere di guardarle e pensare a quanto fosse stato fortunato. Aveva dei lineamenti marcati e un contorno viso davvero perfetto per gli occhi del Tasso. I capelli gli cadevano sulle spalle raccolte in una ciocca e quel filo di barba accennata era molto eccitante. Avrebbe voluto saltargli addosso e baciarlo, ma si stava ancora trattenendo a forza.
    “Ma tutti dicono che ne dimostro molti di più, per via dei calli e delle cicatrici dovuti al lavorare nelle fucine”
    Ne dimostri il giusto ragazzone.
    Furono i pensieri del figlio del lord. I suoi occhi indugiarono sul collo taurino e sul petto per poi ritornare sul suo viso e i suoi profondi occhi.
    “I miei genitori mi hanno mandato al servizio del maestro ferraio Arcibald quando avevo otto anni, e da allora ho imparato il mestiere e lavorato in diverse fucine della città, finché un giorno non ho realizzato una serie di candelabri e suppellettili per la residenza di sua eminenza il Sommo Septon. Quando glie li ho consegnati è rimasto molto colpito dalle mie capacità, e mi ha chiesto di lavorare per lui qui al Tempio.”
    Ausel si prese del tempo per elaborare la risposta. Aveva la bocca secca e una sorta di calore addosso che non aveva provato nemmeno per Lajos. Forse perché lo conosceva da tempo e poi anche perché con il figlio del conciaio non era andata proprio bene. Questo doveva fungergli da monito che non sempre le cose potevano andare come si desiderasse, ma in quel momento ad Auisel interessava poco. Gli bastava avere del materiale da usare la sera.
    "Mi congratulo con te Stephan. Ciò dimostra che sei un lavoratore che non ha avuto nulla in regalo. Mi piace questo e credo che potrò dialogare bene con te. Mi piacerebbe vedere cosa sei in grado di fare e prendere spunto. Non si finisce mai di imparare, no?"

    Stava facendo un po’ l’oca giuliva con il ragazzo. Qualche complimento buttato lì, qualche risolino e poteva diventargli amico o qualcosa di più. Peccato che non avesse quello che interessava a tutti i ragazzi. Peccato.

    Il fabbro annuì alla richiesta di Ausel e iniziò a sfilarsi la camicia di lino che indossava rimanendo a torso nudo per diverso tempo permettendo anche al giovane Tasso di poterlo ammirare in tutto il suo splendore. In quegli interminabili minuti, Ausel potè notare tutto della parte superiore e centrale del ragazzo. Aveva dei pettorali ben definiti con braccia scolpite peggio di una statua. Si potevano vedere le fibre e i fasci muscolari tendersi e probabilmente il fabbro si era anche impegnato a muoversi in modo lento e armonico permettendo a ogni suo muscolo di apparire nella sua migliore forma. Gli avambracci erano massicci dettati dal suo continuo martellare, forse. Deltoidi e bicipiti definiti come se qualcuno avesse modellato quel ragazzo.
    Ausel non distolse lo sguardo ammirando la perfetta disposizione del petto e non gli diede impressione vedere come gli addominali erano così ben evidenti. Quelli superiori sembravano non essere simmetrici, ma chissene sarebbe fregato. L’importante è che li avrebbe usati a dovere quando avrebbe dovuto punire il giovane Tasso.
    Il fabbro si voltò mostrando anche la parte posteriore. Il sedere era ben sodo e la schiena delineata quasi alla perfezione. Il Tasso aveva lo sguardo rapito da quella visione. Il cuore gli stava battendo all’impazzata e i suoi pantaloni ormai non erano più in grado di nascondere quello che stava succedendo.
    Se ne accorse in tempo andando a sedersi su uno sgabello e accavallando le gambe in modo tale da non mostrare la sua evidente erezione.
    Sarebbe stato poco carino e, anche poco apprezzato, dal fabbro.
    Chissà cosa avrebbe penato, anche se nei pensieri del Tasso si stavano affacciando numerose ipotesi e scenari uno migliore dell’altro.
    Uno di questi vedeva il fabbro non proprio schifato da quella azione fisiologica del Tasso e in un moto sospinto non si sa da cosa, il fabbro si avvicinava a lui e lo sbatteva sul tavolo su cui il Tasso stava ora appoggiando il gomito destro. Quello che succedeva dopo era facile da intuire. Avrebbe costretto il Tasso a non camminare in modo corretto per un po’ di giorni.

    Il Fabbro si girò nuovamente mostrando ancora il suo lato A. Il pantalone che aveva lasciava molto all’immaginazione e Ausel stava immaginando di tutto.

    Quando la tunica venne infilata e cadde coprendo il corpo del fabbro, il Tasso apprese che ormai il tempo dell’ammirazione era terminato. Dovevano agire.
    Non era ancora il momento di alzarsi: in mezzo alle gambe qualcosa era ancora duro e rigido.
    Il giovane lord ebbe il tempo di calmarsi e riprendersi dal rossore evidente che gli aveva colorato il volto e lo aveva fatto sudare; infatti, il fabbro indossò il mantello.

    La voce fiera e soddisfatta del fabbro squarciò il silenzio catapultando il Lydden alla realtà.
    "Mmmm… Non credo siano parole appropriate da usare, non trovi?"
    Ausel fece un occhiolino al ragazzo e sorrise. Si alzò dallo sgabello. La rivolta ormonale e fisica nei suoi pantaloni stava scemando, ma non svanendo.
    "Non è del tutto sbagliato, Stephan, il tuo ragionamento. Immagino che ne avrai parlato con il Sommo Septon, o sbaglio?"

    Aveva bisogno di tempo per riprendersi e cercare di non apparire un deficiente, come invece stava apparendo. Un ragazzino in calore che si era eccitato alla vista di un bel corpo.

    "Nella mia idea vorrei ricreare un movimento. Spesso si vedono le statue degli Dei in posizione ferma, immobile. Vorrei rendere possibile il senso del movimento. Non so se riesco a spiegarmi."

    Ausel guardò il ragazzo e attese un suo commento.

    "Porre un’incudine davanti al Fabbro e fargli tenere il martello penzolante come spesso si vede, rende la statua immobile secondo me. Io vorrei ritrarre il Fabbro durante il suo lavoro. Mentre batte il ferro con il suo martello. Vorrei esprimere il movimento del braccio e la forza che egli esprime in quel gesto. Vorrei rendere la torsione del corpo e dare vita alla statua."

    Forse non erano discorsi comprensibili al fabbro, oppure sì, Ausel non conosceva cosa potesse comprendere o meno la mente del fabbro stesso. Non erano discorsi che molti potessero capire, vero, ma sperava che Stephan non fosse il classico sempliciotto.

    "Non è magia, ma arte pura. Non so se riesco a spiegarmi. Forse facendoti un disegno potrebbe essere più chiaro. Vorrei un tuo parere a riguardo, ovviamente. Mi servirebbe anche sapere le dimensioni della statua e sì, donare qualcosa di marmo a degli uomini che modellano il metallo è poco sensato. Ma, se lo schizzo piacerà, nessuno ci vieta di farli entrambi non credi?"


    Avrebbe atteso la risposta del ragazzo prima di dargli istruzioni e iniziare a disegnare lo schizzo preparatorio.
     
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    ”Affatto, eppure anche un dono sbagliato può non essere appropriato, alle volte... Conosco gli altri artigiani della gilda, so che apprezzerebbero di più un'opera del genere, soprattutto quando hanno insistito a lungo per averla...” Disse il ragazzo, finendo di vestirsi ed afferrando il pesante martello: lo lanciò in aria, facendolo roteare prima di riafferrarlo al volo. Chissà quante volte usava trucchetti del genere per impressionare i clienti, eh?
    Ciononostante, non gli era affatto sfuggito il rossore sulle guance del ragazzo, e con estrema cortesia aveva sorriso di rimando: ricordava bene i giorni di apprendistato, quando gli altri novizi erano soliti rinfrescare i corpi accaldati lì, con l'acqua di una tinozza posta nel retrobottega... Anche lui all'inizio era stato in imbarazzo davanti alla pelle nuda degli altri, aveva otto anni del resto, ma ora non vi faceva più caso, affatto.
    ”Credo di aver capito il vostro punto di vista, Mylord, noi stessi cerchiamo di riprodurre il movimento quando ci commissionano fregi e decori in ferro battuto... Spesso i soggetti sono vegetali, ma è comunque un qualcosa di vivo. Certo la scultura è ben altra cosa e forse sì, è magia, piuttosto che arte”, eppure, eppure c'era qualcosa che non lo soddisfaceva appieno: era un picchiaferro, sì, ma chi diceva che non potesse avere un vero gusto artistico? Ecco, ed il giovane Lord che aveva davanti sembrava apprezzare veramente la sua opinione a riguardo: ”Banalmente, il Sommo Septon ha avuto da ridire circa il costo di un'opera in bronzo, rispetto a quella in marmo. Con la guerra in corso, il metallo è più richiesto, quindi raro e costoso... Ma credo che si ricrederebbe una volta visto il risultato. I dettagli che si possono rappresentare non possono essere eguagliati dal marmo, ve lo garantisco... Certo, sono anche convinto che sia un peccato nasconderli dietro tutti questi abiti” pizzicò la tunica e si passò una mano sul collo, soppesando meglio la proposta che avrebbe fatto: ci aveva pensato su, e non gli sembrava affatto indecente, né irrispettosa, ma magari lui avrebbe avuto un'opinione differente: ”Se potessi almeno lasciare il torso scoperto, potreste rappresentare la forza del Fabbro, non solo il movimento... No? La figura sarebbe più naturale, umana forse, ma vi garantisco che nessun fabbro sta tutto il giorno accanto alla forgia con questi addosso”, vero anche quello...
     
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    Il ragazzo dimostrava comunque di avere non solo a cuore le persone che rappresentava, ma anche un certo senso del giudizio. Questo sembrava davvero piacere ad Ausel che stava ascoltando le parole provenienti dalle labbra tonde che stava osservando voglioso.
    Quando prese il martello e lo fece roteare in aria prendendolo al volo, il Tasso sgranò gli occhi ed emise un verso di apprensione. Non voleva certo che si facesse male facendo lo stolto, non ora che aveva quasi asserito che fosse un ragazzo giudizioso.
    Stephan sembrò sorridere al Tasso e questo fece piacere al Lydden. Sembrava una ragazzina davanti a un bel ragazzo. Peccato fosse un ragazzo davanti a un bel ragazzo. Vi era solo un qualcosa che stonava in quella frase e non era il termine maschile, ma lui.
    "Vedo che hai molto a cuore la tua gilda, Stephan. Credo debba essere bello potersi ritenere parte di un gruppo o di una gilda come te. Vedrai, che insieme, faremo qualcosa di stupendo e potrai dare lustro alla tua gilda."

    Vorrei poter fare altro con te, ragazzone.
    "Assodato che sai usare bene il martello e fare trucchetti, " Ausel fece l’occhiolino al ragazzo, "Dobbiamo ora cercare di gettare delle idee e degli schizzi. Come detto prima, vorrei un tuo parere e anche dei tuoi consigli, perché di fabbri e del loro lavoro, ne so davvero molto poco."

    Quando il Lydden espose la sua idea di voler rendere il movimento del gesto e la forza espressa dal volto del dio da dipingere, il Fabbro, Stephan sembrò comprenderlo e annuì alle sue proposte indicandone altre e dando un suo giudizio.

    "Sono felice di essermi spiegato bene e credo che mi aiuterai moltissimo con i tuoi punti di vista. Se hai già dovuto ricreare il movimento di soggetti vegetali, saprai che il ricreare il movimento di un animale o di un uomo è molto più difficile. Basta un tratto sbagliato o una linea non perfettamente omogenea col contesto, che lo scopo viene meno. Non voglio sminuire assolutamente quello che è il tuo lavoro, ma dobbiamo impegnarci al massimo entrambi se volgiamo dare un tocco nuovo e una sorta di rivoluzione artistica alle classiche statue ferme e statiche."

    Il ragazzo stava iniziando a incuriosiste il Tasso. Sembrava sapere di cosa parlava e lo comprendeva. Non era affatto uno dei classici beoni che a stento conoscevano il loro di mestiere. Non era nemmeno il classico raccomandato che veniva posto in determinati ruoli per vie traverse. Stephan stava pian piano stuzzicando la curiosità e l’interesse del Lydden.
    Sarebbe interessante capire altro di lui. Dove ha imparato queste cose e come ha studiato tutto ciò.

    "Se posso chiedere, Stephan, mi incuriosisce questa tua dote. Conosci quello che volevo ricreare e mi piacerebbe vedere cosa hai realizzato e come lo hai appreso."

    Per quanto riguardava la realizzazione della statua in metallo, il ragazzo ne spiegò le motivazioni. Erano abbastanza ovvie e stupido il Tasso a non esserci arrivato subito. In un periodo di guerra come quello che stavano vivendo, il metallo era altamente prezioso e sprecarlo per fare un’opera o una statua era quasi un’assurdità. Nulla, però, vietava di poterlo fare in seguito quando tutto quello sarebbe finito, se lo fosse stato presto.

    "Purtroppo in un periodo di guerra come questo, non possiamo pretendere che il Sommo Septon prelevi i soldi destinati alla popolazione per la realizzazione di una statua. Per ora cerchiamo di rendere al meglio l’opera in marmo, poi, nulla vieta di poterlo fare in futuro e credo fermamente che se te riuscirai a fare un ottimo lavoro col marmo, diverrai un faro per molti apprendisti."

    Quando il ragazzo chiese di potersi togliere i vestiti per rendere meglio i dettagli, il Tasso ebbe un colpo al cuore. Sgranò gli occhi e, forse, arrossì.
    Ovvio, te li strapperei io stesso a morsi se potessi.
    Fu questo il pensiero perverso del Lydden che dovette trattenersi e cercare di calmare la sua smania di fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito. Non subito subito, ma … dopo.

    "Come detto, non conosco molto bene il lavoro dei fabbri, ma convengo che, forse, lavorare a torso nudo sarebbe l’ideale a quelle temperature. Mi preoccupa cosa possa pensare il Sommo Septon. Non rientra nei canoni classici quello di mostrare parti del proprio corpo, credo."

    Una parte di lui si stava scontrando con la voglia di vedere Stephan nudo come mamma lo aveva fatto. In effetti non sarebbe stato molto coscienzioso disegnare un uomo a torso nudo come soggetto ricreato per mezzo di un Septon. Al massimo si poteva rendere il tutto più leggero e mostrare il minimo indispensabile senza incorrere in ripercussioni.

    "Anche se vi sono statue della Fanciulla che ne mostrano le grazie o evidenziano i suoi seni e i suoi fianchi giovanili, cerchiamo di non ricreare qualcosa che possa stonare con i principi del Sommo Septon. Non siamo, a casa nostra, Stephan, dove si può fare ciò che si vuole. Dobbiamo cercare di non minare anche il decoro e il buon nome del Credo. Per quando la tua idea rispecchia molto il mio pensiero, non posso chiederti di toglierti la tunica e disegnarti a torso nudo."

    Dammi un luogo e un’ora e ti spoglio tutto, fidati.

    "Mantenendo i pantaloni, si potrebbe togliere la casacca e provare a rendere la tunica più leggera, che ne dici? Nel senso tirare su le maniche, o … strapparle. Sai, la tunica ci è stata fornita e …. Potrebbe essersi strappata … perché troppo stretta. Volendo noi fare delle prove di movimento, tra un gesto e l’altro, si è strappata. Che ne dici? Almeno lasciamo le braccia scoperte, togliamo la casacca e lasciamo solo il busto non troppo visibile."

    Un minimo compromesso. Poi, il Tasso avrebbe disegnato bene la parte nascosta dalla tunica più in là.
    Pensieroso, disse.
    "Quando dovrò disegnare i dettagli del busto, potrei chiederti di alzarla o toglierla. Per ora, teniamola, metti che arrivi una visita inaspettata?"
    Ausel fece un risolino divertito.
    "Non vorremmo certo far prendere un colpo al Sommo Septon o a un suo funzionario, non trovi?"

    Appena il ragazzo si fu sistemato, Ausel prese uno dei numerosi fogli e un carboncino iniziando a fare un primo schizzo del ragazzo.

    "Cerca di stare quanto più fermo possibile. So che sarà uno strazio per te, lo immagino. Cercherò di fare diverse pause per non annoiarti e cercare anche di trovare la posizione migliore per ritrarti in tutta la tua bellezza e prestanza fisica."

    Non l’ho detto davvero, dimmi che non l’ho detto davvero.
    Balbettando, Ausel provò a riprendere il pugno della situazione.
    "Ehm … sai cosa volevo dire, mi è uscito davvero male. Cioè mi sono espresso malissimo."
    Il Tasso arrossì e cercò di nascondersi dietro al foglio che stava usando per disegnare il soggetto.

    Partì dal viso, dopo essersi calmato un pochino.
    "Stephan cerca di ruotare il capo verso destra … guarda in basso … sì, così, bravo. Prova a fare un’espressione di fatica. Stai lavorando da diverse ore e sei un po’ stanco, ma non troppo."

    Cercò di ricreare l’espressione del ragazzo, quella che stava mostrando in quel momento. Gli occhi leggermente affaticati, gli zigomi che tendevano verso l’alto quasi a socchiudere gli occhi che rimanevano ben visibili nei tratti del viso. La bocca era leggermente contratta mostrando il mento. La torsione del capo metteva in risalto i muscoli del collo che stavano esprimendo la loro forza più naturale.
    La cosa più difficile fu disegnare i muscoli della fronte, quelli degli zigomi e quegli degli occhi che ne determinavano l’espressione. Più di una volta dovette cancellare e rifare il tratto definitivo per raggiungere quello che voleva esprimere. Riuscì a rendere le labbra più tondeggianti, abbozzare il baffo e il pizzetto caratteristico di Stephan.
    Per gli occhi li fece leggermente incavati a descrivere un atto di sforzo fisico. Anche la contrazione della bocca avrebbe dovuto rendere quell’effetto. Il volto di Stephan stava descrivendo, alla radice del naso, delle piccole rughe che il Tasso disegnò sul foglio immacolato che veniva via via intaccato dal tratto del carboncino. Dove si venivano a creare delle ombre, il Tasso passava con il dito per ricreare un effetto simile a quello reale. Con la torsione del collo, si venne a creare un’ombra al di sotto di esso, tra il collo e la spalla. Ausel cercò di rendere lo stesso effetto anche sul foglio. L’orecchio destro del ragazzo venne coperto dai capelli che formavano la lunga treccia tenuta insieme da un cordino. Nonostante il modello avesse dei capelli non del tutto pettinati, il Lydden cercò di migliorare questo effetto sul disegno. Il volto aveva un tratto delicato, giovanile, con un viso allungato su cui poggiava un naso non molto pronunciato.

    "Prova a mettere la treccia di lato, sulla spalla. Voglio vedere come rende il quadro visivo."

    Ausel attese che il ragazzo riprendesse la posizione prima di valutarne l’esito nel suo disegno.

    "Voglio prima terminare di fare il volto e poi passiamo alla posa. Devi resistere giusto un altro po’ a questa tortura. "

    Nella bozza del viso mancavano ancora la ciocca di capelli a formare la treccia che sarebbe caduta delicatamente sul lato e la chioma che ne creava il contorno. Ci mise un po’ per ridefinire le forme, le curve e l’andamento a ricciolo di alcuni tratti della sua chioma.
    Per disegnare la treccia che gli cadeva sulla spalla il Lydden impiegò diverso tempo in quanto più di una volta si dovette alzare dalla sua postazione, avvicinarsi a Stephan e riposizionare il viso del ragazzo e la sua treccia.
    Ogni volta che provava a toccarlo e a posizionarlo meglio, provava a scusarsi per l’attesa e a dargli qualche consiglio.
    Quando ebbe disegnato il volto, impiegandoci diverso tempo, si alzò dallo sgabello dove si era posizionato e si avvicinò al fabbro.

    "Cosa ne pensi? Vorresti migliorare qualcosa? Secondo te, riesce ad esprimere la fatica che ogni giorno affrontano i fabbri o … te?"

    Quell’ultima frase era stata lanciata così, giusto per avere un suo parere. Era così vicino al fabbro da sentirne il calore del corpo e poter vedere la vena pulsargli sul collo o sentirne l’odore.

    "Credo che la parte del braccio e del corpo sia la più difficile. Vorresti prendere una pausa? Non so, mangiare qualcosina prima di continuare?"
     
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    Le rivalità non mancano, ma in fondo appartenere ad una corporazione garantisce un po' di sicurezza in più. Considerando che l'astio ci sarebbe a prescindere, il resto è tutto guadagno” fece spallucce Stephan, tirando le somme sulla gilda ed i suoi membri: ci teneva, com'era giusto che fosse, ma altrettanto giusto era mantenere viva la fiamma della rivalità, che spalancava le porte alla creatività... La voglia di creare qualcosa di sempre migliore andava alimentata anche con beghe come quella, no? Poteva forse essere un concetto infantile, ma finché dava i suoi frutti, nessuno se ne sarebbe lamentato.
    Proseguirono il discorso intanto, entrando nel merito del suo lavoro: non sapeva di preciso quanto poco ne sapesse l'altro, perciò decise di andare con calma, concedendosi quella chiacchierata istruttiva: ”Comprendo bene le difficoltà di una figura complessa come quella umana: assemblare qualche voluta può sembrare difficile, ma si lavora comunque con pezzi simili, facilmente sostituibili... Niente a che vedere con una statua!” Sorrise, riprendendo subito dopo: ”Come dicevo, ho iniziato presto l'apprendistato, e per anni non ho fatto altro che assistere i fabbri più esperti facendo il lavoro pesante, oppure lavorando sui pezzi più monotoni... Dicono che la ripetizione renda perfetti, ma vi assicuro che in quei momenti pagheresti oro per poter fare qualcosa di diverso da un gancio o da un chiodo. Comunque, siccome ero abbastanza dotato, presto sono arrivati incarichi via via più interessanti e complessi, che andavano dal creare inferriate decorate al forgiare utensili in acciaio, finendo con qualche arma, sì. Ora che ho avuto l'onore di poter lavorare agli arredi del Tempio, non chiedo altro... Ogni cosa resterà sotto gli occhi di generazioni di fedeli, per molti anni a venire: sono soddisfazioni”, ed un po' meno lo era constatare che il ragazzo non volesse andar contro il Septon, ma tant'è... Lui non era veramente convinto che quei denari andassero poi a finire nelle tasche del popolo, però era effettivamente possibile, e a prescindere da questo non si poteva forzare più di tanto la mano al committente... I soldi erano comunque suoi, ecco.
    ”Durante il lavoro è bene usare un grembiule in cuoio, così da evitare che le scintille intacchino le vesti e la pelle, ma qui stiamo comunque parlando di un Dio, che ne sarebbe immune... Tuttavia la scelta è vostra, Mylord, io ho solo dato il mio parere, perché ritengo che anche le giovani donne abbiano il diritto di godere del corpo umano al pari di noi, che possiamo osservare liberamente le forme della Fanciulla, no? Sarebbe interessante discuterne col Sommo Septon... Ma forse entrambi perderemmo il lavoro” ridacchiò un poco, conscio del fatto che il ragazzo che aveva di fronte avesse idee moderne rispetto all'uomo di fede, e non avesse molti problemi nel rappresentare un corpo per quello che era, senza sentire il bisogno di fasciarsi la testa con inutili preconcetti... L'avessero fatto sovrappeso, avrebbe avuto lui stesso delle riserve, ma raffigurarlo in quel modo, in tutta la sua perfezione, davvero sarebbe stato disdicevole?
    Rise insieme al Tasso, iniziando a sfilarsi qualcosa di dosso: ”Credo che il Septon abbia visto di peggio... Ma sono d'accordo: alleggeriamo la figura. Certo, strappare le maniche potrebbe rendere la figura non proprio consona... Forse sarebbe meglio tirarle su, oppure disegnare una sorta di gilet. Insomma, un qualcosa di ordinato, visto che dobbiamo essere rispettosi e calcò un po' l'accento sull'ultima parola. Lo divertiva il fatto che tutti si premurassero di quegli aspetti, quando poi uscivano in strada e non disdegnavano occhiate languide, frequentazioni in bordelli e quant'altro... Trovava buffo quell'atteggiamento ipocrita, preferendo mantenere una certa coerenza e sì, spassarsela ogni volta che gli era concesso: era giovane, bello e lavorava sodo, cos'altro avrebbe dovuto fare? Ecco, infatti non lo turbarono granché le parole del nobile artista: ”Non vi preoccupate Mylord, mi capita di ricevere apprezzamenti peggiori alle volte, e sono solito lavorare per ore e ore, senza sosta. Restare fermo non può essere peggio”, e sì, proprio gli ricordava un giovane se stesso, impacciato all'inverosimile e timido al punto da mordersi la lingua per evitare di far brutte figure... Un ostinato silenzio era meglio di qualche balbettio? Questa era un'altra bella domanda, decisamente.
    Seguì gli ordini del giovane, calandosi nella parte per soddisfare le sue richieste: voltò il capo, assunse l'espressione richiesta e spostò i capelli. Lasciò che gli si avvicinasse per posizionarlo come meglio credeva, rispondendo ad ogni scusa con piccole parole di conforto, perché proprio non era necessario prestare tutta quell'attenzione, quella premura... Capiva perfettamente le necessità del lavoro, e se gli era necessario impiegare quel tempo e quegli accorgimenti, non doveva certo scusarsi!
    Provò a dirglielo qualche volta, ma l'altro non sembrava intenzionato a recepire il messaggio, e comunque erano in dirittura d'arrivo, ancora un attimo e...
    ”Stupendo! Non temete, molti fabbri hanno dei garzoni per fare il lavoro veramente pesante, non avete nulla da temere in tal senso... Vedo che avete forse fatto qualche miglioria, così mi lusingate, e il risultato è davvero superbo. Spero solo che sia possibile riprodurre gli stessi risultati nella pietra... Le statue realizzate a cera persa danno molte possibilità in merito, anche di correzioni e modifiche in corso d'opera, ma la roccia no: una volta dato il colpo con lo scalpello, non si torna indietro...” Ciò detto, il tratto era preciso, dettagliato... Non si poteva chiedere di meglio, e sapere che avrebbe visto il proprio volto in mezzo alla Strada dell'Acciaio... Sti cazzi!
    ”Come desiderate: se volete fare una pausa, ho della birra sotto al banco. Altrimenti possiamo continuare... Suppongo che abbiate già in mente qualcosa, forse volete che tenga il martello alzato, come se stessi per calarlo sull'incudine? In tal caso, con l'altra mano dovrei reggere qualcosa... Non so, magari una barra semi-lunga? Come fosse il pezzo grezzo all'inizio della lavorazione, quando è appena uscito dalla forgia? O magari una daga?” Disse, lasciando che fosse lui a decidere. Sapeva per esperienza che era meglio non discutere con gli artisti, né gli si poteva metter fretta, quindi...
     
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    Ausel ascoltò preso il discorso del fabbro e attese che egli smettesse di parlare prima di trarre una qualsivoglia conclusione su quello che aveva appena detto. Si era, forse, sbagliato sul concetto di fedeltà alla gilda e dopotutto aveva dato un suo giudizio su un argomento discusso poco dal fabbro prima. Si era auto illuso di vederlo in un determinato modo e aveva dato un giudizio affrettato.
    Successivamente, si dovette un po’ ricredere. Il ragazzo ne sapeva davvero molto, vero, e quello era il suo lavoro. Quello che lo turbò un pochino, prima che il ragazzone si correggesse e provasse a terminare il discorso, fu il fatto di poter sostituire parti in una lavorazione di una statua. Forse aveva compreso male, e in effetti, aveva compreso un po’ male perché il fabbro si corresse subito dopo.
    Narrò di come era arrivato a lavorare al Tempio e di come avesse dovuto fare la gavetta.
    "Direi di sì. Un domani, chiunque attraverserà Approdo del Re o verrà a far visita al Tempio, potrà ammirare le tue opere. Poi, se ti faranno una statua con le tue fattezze, diverrai quasi una raffigurazione del fabbro. Credo che di più non potresti pretendere, no?"
    Quando il ragazzo provò a dare un suo parere sul vestiario, il Tasso non potè che concordare.
    "Come ho detto prima, concordo con te. In effetti vi sono, come detto prima, statue della Vergine che mostrano le sue grazie, come quelle della madre che ne risaltano i seni."
    Quando il fabbro provò a dare un suo contributo a quella discussione sul come poterlo disegnare vestito o meno, il Lydden approvò.
    "Perfetto. Tiriamo su le maniche e disegniamo un gilet, che va ad aprirsi nel momento in cui vai a dare la martellata. Potremmo anche fare in questo modo e poter sfruttare il moto angolare del braccio, così come l’apertura del gilet sul davanti per rappresentare il movimento del corpo. Potrei, in questo modo, come con una piccola finestra spalancata sul tuo addome, poter mostrare la contrazione muscolare del ventre e parte del pettorale. Lasciando le maniche tirate, avrei la possibilità di esprimere al meglio lo sforzo muscolare del braccio, che ne pensi? Potrebbe andare ed essere un buon compromesso tra il non troppo casto e il non troppo spinto? Non vorrei farti perdere il lavoro perché te ci hai lavorato tanto per arrivare qui. Io, forse è stato solo il destino, o la mia sfortuna, chi lo sa."

    Ausel provò a immedesimarsi in quel ragazzo che veniva costretto a restare fermo per diversi minuti se non decine nella stessa posizione. Più di una volta si avvicinò a lui per poterlo riposizionare nella posizione corretta e si scusò per quello che stava facendo ricevendo solo incoraggiamenti e i classici “non scusarti”. Ma era più forte di lui. Il Tasso vedeva sempre in ogni suo comportamento qualcosa di sbagliato. Come non poteva farlo? Tutto di lui era sbagliato e non al posto giusto, se così si poteva dire. Primo fra tutti, nessun ragazzo “normale” si sarebbe eccitato come era successo a lui, davanti al corpo seminudo del ragazzo. Nessun ragazzo nobile “giusto” si sarebbe fatto fregare dal Septon e incastrare in quel lavoro che non si aspettava, vero, ma che era pur sempre qualcosa che non voleva fare per il Credo. Non voleva dare il suo tempo per un credo che non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione e non avrebbe nemmeno perso un secondo per reputarlo colpevole e chissà dove spedirlo. Non voleva umiliare suo padre, non voleva far crollare anni di sacrifici della sua famiglia per … una sua scorretta sensazione verso il genere maschile.
    Anche verso Stephan Ausel provava quel senso di attrazione che una ragazza avrebbe provato verso di lui. Era sbagliato, lo sapeva. Era innaturale, era inadeguato. Nessuno si lasciava andare in quegli amori perché erano errati e malsani. Non voluti dagli dei.
    Eppure erano loro stessi ad averlo generato e messo su questa terra.
    Uno di loro avrebbe preso forma e aspetto grazie al lavoro di Stephan su un bozzetto fatto dal Tasso.
    Aveva deciso di allontanarsi da quella religione e ora? Ora avrebbe addirittura dato modo a una di quelle statue che rappresentavano uno dei volti dei Sette di prendere forma.
    Un modo per avvicinarsi al Credo e pentirsi di quello che era? Poteva mortificarsi per un qualcosa di cui non aveva colpa? Tempo addietro aveva parlato con Rohanne arrivando alla conclusione che se non faceva nulla, ancora on aveva peccato se non con pensieri, peccato che tutti facevano, maschi e femmine, “normali” o meno. Nel momento in cui avrebbe consumato un rapporto carnale non consono, allora avrebbe abbandonato definitivamente la legge dei sette e sarebbe diventato un reietto.

    Il lavoro fatto, con tutti i chiaroscuri, le sfumature date con le dita per creare lo scuro sotto gli occhi o tra i capelli, avevano dato il loro frutto. Il responso di Stephan era stato un commento lusinghiero e davvero inaspettato. Sua sorella aveva detto spesso che i suoi disegni erano belli. Ma era sempre sua sorella. Anche Rowan aveva definito i suoi disegni belli, così come il povero Alfie. Ma erano pur sempre persone che non lo conoscevano e che avrebbero detto qualunque cosa. Alfie soprattutto.

    Stephan, invece, era del mestiere e un suo commento favorevole era più che il ben accetto.
    Era il volto della gioia e avere un complimento dal fabbro, il ragazzo che in quel momento avrebbe potuto dirgli tutto e lui lo avrebbe fatto, era davvero esaltante.
    "Davvero? Nessuna modifica? Davvero lo trovi stupendo? Puoi criticarlo, spero solo di non aver fatto troppe modifiche."
    Aveva gli occhi che mostravano felicità così come il sorriso. Sembrava un bambino, o una ragazzina che era stata notata dal bello del villaggio.

    I commenti del fabbro lo colpirono. In effetti non aveva pensato alla difficoltà di lavorare il marmo.
    "Credi debba modificarlo per renderlo … più semplice?"
    Un senso di dispiacere si sarebbe potuto notare sul volto del Tasso.

    "Per me va bene. Una birra in compagnia non credo faccia male a nessuno, non trovi? Brindiamo a questo nuovo lavoro o hai un evento migliore per richiedere in un augurio?"

    Ausel attese la birra che gli venisse offerta da Stephan.
    Quella pausa gli servì anche per fare conoscenza con il fabbro. Tra un sorso e l’altro, una chiacchiera e l’altra, Ausel chiese.

    " Per il resto, sì, avevo pensato di farti tenere il martello in mano., Sei destrimano, giusto? Così lo tieni con la destra e ruoti un po’ il torno. Se mi mostri i pettorali e gli addominali cerco di disegnarli nel momento della torsione. Dovresti cercare di tenerli contratti, se riesci. Il braccio, sì, dovrai tenerlo in mano e alzato mentre con l’altro, sì, mi sta bene che tu tenga una barra di metallo. Essendo il Fabbro una raffigurazione generale dei lavoratori, escluderei la spada e lascerei una barra semplice. Il gilet rappresenterà i lavoratori del cuoio, il legno del martello rappresenta i falegnami e il metallo, i fabbri. Non so, indossate dei guanti per non scottarvi?"

    Tra un sorso e l’altro, chiese
    "Cosa si prova a lavorare per il Septon? Sei una persona importante per la tua gilda?"
    Un’altra domanda che fece, fu "Siete mai uscito da Approdo? Visto posti nuovi? Ti piacerebbe viaggiare?"
    Erano domande conoscitive, ma anche incentrate a valutare le relazioni del ragazzo. Era sposato? Aveva figli che potessero impedirgli di viaggiare per il mondo?
    "Un ragazzo come te sicuramente ha una moglie che lo aspetta a casa, non dice nulla che lavori tanto per il Septon?"
    Ecco, la domanda gliela aveva posta quando la bottiglia di birra era quasi terminata. Posò la birra vuota e chiese.

    "Quando sei pronto, comincio."
     
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    Stephan ridacchiò appena, non tanto per quanto detto dal giovane Tasso, quanto piuttosto al pensiero di quello che avrebbero detto i suoi compari di Gilda quando la statua fosse stata piazzata nel bel mezzo della Strada dell'Acciaio: ”Fossi nel Sommo Septon, non mi preoccuperei più di tanto della castità di una statua: siamo gente semplice, che lavora sodo... Non ci spaventano né le forme di una fanciulla, né il corpo di un uomo. Qualcuno dei miei soci potrebbe essere invidioso, ma questo è un altro discorso”, sorrise ancora, accogliendo di buon grado le idee dell'artista, che evidentemente aveva già in testa il risultato finito. Bastava solo tirarlo fuori. ”Non temete, io qui sono soltanto il modello e voi... Non so, non vorrei offendervi, ma visto l'andamento delle cose, non c'è una fila di artisti che bussa alla porta del Tempio, ecco” ed in più praticamente non veniva pagato, si poteva licenziare un volontario? Forse sì, ma... La perdita era assai esigua, forse un po' stupida se poi lo si doveva sostituire con qualcuno che richiedeva un vero salario e magari aveva lo stesso talento.
    Gli concesse tutto il tempo necessario per portare avanti il lavoro, pensando soltanto ad accontentarlo ed approfittandone per rilassare la mente, che lasciò libera di correre. Sospirò appena quando il ragazzo cercò l'ennesima conferma, che però non tardò ad arrivare: ”Non temete mylord, questa non deve essere una mia raffigurazione, perciò potrebbe anche non assomigliarmi affatto, ed andrebbe bene ugualmente... Quanto al semplificare, lo escludo: ci lavoreremo con calma, e se sarà il caso penserò io a suggerire alcuni ritocchi, ma voi non ponetevi limiti”. Certo, era per quella ragione che avrebbe preferito creare un modello in cera, altamente rifinito, da usare poi come stampo... Ma se l'artista in primis non era disposto a rischiare, non poteva certo farlo lui. Poco male, avrebbero sempre potuto farla in un secondo momento, come aveva suggerito...
    ”Molto bene, birra sia! Dovrei avere un paio di boccali qui da qualche parte...” Disse, sciogliendo definitivamente la posa e recuperando da sotto il piano di lavoro un piccolo barilotto nuovo nuovo, consegnato quella mattina stessa. Lo poggiò sul banco e partì alla ricerca dei boccali: guardò sopra e sotto un piano ingombro di pinze, poi vicino alle squadre e alle lime, arrivando infine a trovarli dietro le antine di una credenza, quella in cui erano impilate le pergamene con gli studi, le bolle inerenti la consegna della materia prima e quant'altro... Tutta la burocrazia del mondo era racchiusa lì, ed era per quello che vi erano finiti anche i boccali: quella carta gli metteva sete, già già.
    ”Prego, dopo di voi... Credo che brindare a questo lavoro possa esser sufficiente: salute!” Bevve un lungo sorso, soppesando le parole che l'altro gli rivolse, accettando di buon grado i suoi nuovi consigli... Se tutti i committenti fossero stati così, lavorare non sarebbe affatto stato complicato. Purtroppo, spesso e volentieri era quasi impossibile incontrare i gusti e le idee dei clienti, e non si riusciva mai a soddisfarli veramente.
    ”I guanti? Alle volte sì, è ovvio, ma per l'occasione credo si possano omettere: la resa non renderebbe giustizia agli altri dettagli della statua...” Invece, riguardo le curiosità che esulavano la loro “missione”, fu sorpreso per un istante, ma in fondo non trovò che vi fosse alcun male nel fare due chiacchiere: ”Uscire sono uscito, ma in genere è il lavoro che viene da me, quindi non mi sono allontanato poi molto dalla città e beh, col cuore rispondo che sì, mi piacerebbe viaggiare... Però sono anche realista e so di avere un buon impiego qui, nel cuore di Westeros. Dove mai potrei andare? Imparerei volentieri i segreti dei fabbri di Qohor, ma sono luoghi talmente lontani che a volte dubito persino della loro esistenza!” Rise, bevendo un altro goccio: ”Lo avete conosciuto, sapete come è fatto il Sommo Septon: alle volte è veramente entusiasta, altre subentrano l'immagine e la politica del Credo... Bisogna portare pazienza ed accettare le cose per quelle che sono, facendo il possibile per accontentarlo: del resto è un cliente come gli altri, se ci pensate” solo molto più potente ed influente, ma per lo meno pagava sempre i propri debiti e non occorreva alcun sollecito, né si doveva temere una qualche rapina... No, decisamente non era cosa per un Septon.
    ”In realtà non ho ancora compiuto il grande passo, ma non credo le dispiacerebbe se ogni giorno riuscissi a mettere in tavola qualcosa, no? Non ne abbiamo mai parlato in realtà, perché anche lei è abbastanza impegnata... Sì perché ehm, una ragazza ci sarebbe anche... È la figlia di un orafo, impiegato presso una delle maggiori oreficerie di Approdo, ed ogni tanto si diletta nel dargli una mano. Abbiamo collaborato una volta, per un candelabro ornato d'oro, e insomma... Da cosa nasce cosa...” Arrossì un poco, inaspettatamente emozionato al pensiero della sua amata. Si nascose nel boccale ormai vuoto, sperando che l'altro non volesse indagare oltre: non era comunque consono frequentarsi così, fuori da ogni vincolo e senza il consenso della famiglia, ma prima o poi si sarebbe fatto avanti, sì, e allora si sarebbe sistemato tutto quanto!
    ”Credo sia meglio iniziare... Martello in alto allora e torso appena ruotato, corretto?” Si mise in posa, attendendo che l'altro lo muovesse come meglio credeva ed iniziasse poi la seconda parte del disegno...
     
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    "In effetti hai ragione." Ausel si guardò intorno alla ricerca di altri artisti che avrebbero potuto prendere il suo posto non trovando nessuno. "Allora ribadisco il concetto. La mia sfortuna mi ha portato a questo: lavorare senza compenso per uno degli uomini più ricchi del regno. Che affare che ho fatto."
    Ausel rise divertito. Alla fine non gliene fregava nulla. Non lo aveva chiesto quel lavoro e non lo aveva nemmeno voluto. Se lo era trovato tra le mani senza possibilità di potersene uscire bellamente. Avrebbe solo fatto la figura dell’irriconoscente. Non voleva certo partire con il piede sbagliato con il Sommo Septon. Non era il Re, ma una sua parola e la sua anima sarebbe andata agli Inferi.
    Un attimo, ma la mia anima andrà comunque agli Inferi. Sì, ho fatto uno dei migliori affari della mia vita.

    Se Stephan avrebbe avuto la sua faccia e il suo corpo a eterna gloria nelle vie di Approdo del Re, Ausel avrebbe comunque avuto il merito di aver creato il bozzetto e aver permesso quell’opera. Avrebbe firmato il disegno, vero, ma non avrebbe potuto firmare l’opera finale. Qualcosa di lui sarebbe rimasta negli annali del Grande Tempio di Baelor sempre se quel disegno non si fosse perso o fosse andato distrutto in qualche incendio.
    "Almeno rimarrà qualche ricordo del grande artista Ausel Lydden negli archivi del Tempio, no? Mi sto illudendo, vero?"
    Anche questa volta il Tasso sorrise. Era più un riso di circostanza, senza gioia e divertimento nelle parole. Stephan avrebbe potuto notare come il suono risultasse piatto e incolore, privo di quella allegria che si riscontrava in una risata naturale, pura. Ausel era sovrappensiero. Alla fine stava lavorando per una fazione in cui non credeva, in cui si sentiva un estraneo e un incompreso e per la quale lui era nel torto marcio. Non avrebbe mai avuto qualcuno che lo avesse accolto a braccia aperte. Si sentiva solo a differenza del fabbro che aveva qualcuno alle spalle su cui poter contare.
    Sospirò. Un sospiro di rammarico e di rassegnazione. Sua sorella avrebbe potuto consolarlo, forse. Sentiva la sua mancanza Sentiva la risata beffarda di sua sorella, il suo colore rosso acceso dei suoi capelli, la somiglianza sputata con suo padre. Aveva bisogno di poter abbracciare qualcuno che gli volesse bene. In quella città non aveva nessuno che potesse asciugargli le lacrime quando si sentiva solo, triste e senza uno scopo nella vita. Voleva andare via il prima possibile. Avrebbe fatto quel disegno e sarebbe scappato da quel luogo che gli metteva ansia e gli faceva mancare il respiro non per l’immensa bellezza che racchiudeva o per la mistica presenza degli dei, ma per il sentirsi fuori luogo, alieno, diverso.

    Il Tasso lavorò in modo scrupoloso nei dettagli del volto del ragazzo. Cercò le piccolezze, le sfumature di luce e ombra sfumando il carboncino con i polpastrelli delle dita che stavano divenendo via via sempre più scuri passando dal color carne, a quello sporco, al grigio e al nero man mano che Ausel sfruttava le dita per creare quell’effetto.
    Alla domanda posta al fabbro, il ragazzo ottenne una risposta che lo rincuorò.
    "Ti ringrazio già da ora. Non ho assistito alla creazione di molte statue, anzi, per nulla, e non so cosa aspettarmi. Come funziona il tutto? O meglio, come si crea una statua ricercando i dettagli tenendo conto delle difficoltà che hai appena descritto, cioè del fatto che un piccolo errore può compromettere il tutto? Mi fa piacere saperlo e apprendere un qualcosa che ignoro."
    Come diceva il maestro Dite, ogni occasione era buona per poter imparare qualcosa e farsi un bagaglio culturale quanto più ampio possibile. Con questo spirito si era imposto di conoscere l’arte del cuoio, anche per potersi riappacificare con Lajos. A quell’epoca aveva litigato con il ragazzo perché aveva provato a baciarlo ricevendone un netto rifiuto. Non si erano parlati per diversi giorni e allo stremo della sua sopportazione e anche per vergogna per ciò che aveva fatto alla persona che riteneva più cara dopo sua sorella, o forse prima, era andato nella bottega del conciaio e aveva chiesto di apprenderne l’arte.
    Era stato lui, poi, a insegnargli qualcosa e a pacificarsi. Da quell’esperienza positiva, aveva voluto imparare come si costruissero le armi e aveva seguito il fabbro di Deep Den in alcune opere. Mai una statua, però. Le parole del ragazzo o qualche insegnamento sarebbe stato sicuramente ben accetto.

    Il fabbro prese dei boccali cercandoli in quel luogo dopo aver posto la botticella sul banco da lavoro. La pausa fu piacevole e il ragazzo fece servire prima il Tasso.
    Galante o solo rispettoso dell’etichetta? Chissene, resta sempre un bel ragazzo.
    Tra i vari convenevoli che si scambiarono, Ausel scoprì che il ragazzo, purtroppo, era fidanzato con una ragazza. Era ovvio e la delusione, per quanto il Tasso cercò di non mostrarla, si affacciò sul volto del Lydden. Il sorriso che fino a quel momento mostrava durante la chiacchierata, si spense per un momento per poi divenire di circostanza e perdere quell’ilarità che lo aveva contraddistinto durante il brindisi. Anche l’espressione degli occhi cambiarono così come i muscoli facciali da contratti per la gioia e la felicità, divennero più rilassati raffigurando mestizia e delusione.
    Quanto sono idiota a illudermi in questo modo. Non merito gioie nella vita e … meglio così. Avrei rovinato Stephan per nulla. Prima o poi sarei andato via e lo avrei abbandonato. Meglio così.
    In effetti, il Tasso non vedeva l’ora di andare via da quella città e se con il fabbro fosse scoccato qualcosa, sarebbe stato più duro partire e avrebbe instillato nel cuore dell’uomo una certa afflizione che non voleva. Sapeva cosa si provava illudendosi in un amore finto. Non voleva far soffrire il fabbro quando se ne fosse andato.
    Meglio così. Sarebbe stato solo d’intralcio.
    Nonostante provasse ad autoconvincersi che fosse meglio così, una parte di lui, se non la totalità della sua persona, c’era rimasta male.
    Sono io ad essere sbagliato, non lui. Sono io a dover soffrire.
    La discussione scemò nel silenzio anche perché il Tasso non avrebbe indagato oltre. Non ci sarebbe mai potuto essere nulla tra loro due, quindi perché continuare a fare l’idiota o lo scemo per piacergli. Non sarebbe servito a nulla. Meglio tornare al lavoro.
    Almeno mi distraggo e non penso a quanto sono stupido e sentimentale. Come ho fatto a illudermi così? Ha ragione Rohanne, sono uno stolto. Su, non ci pensiamo e lavoriamo al meglio.

    "Va bene. Sì, ruota leggermente il torso portando indietro il braccio che stringe il martello. Porta in alto il braccio, sì, così. Molto bene. Cerca di restare in questa posizione. Quando ti sei stancato, dimmelo che ci prendiamo una pausa."

    Ausel attese l’assenso del ragazzo per riprendere a lavorare. Continuò dal collo. La torsione del corpo permetteva di mostrare le linee laterali del collo, quelle che il maestro aveva descritto come muscoli che permettevano la rotazione del collo stesso. Ausel li disegnò cercando di rispettare il chiaroscuro che gli stessi generavano nella parte interna del collo stesso. La fossetta che si veniva a creare permetteva di evidenziare il pomo d’Adamo di Stephan, rendendo il tutto più verosimile possibile e anche più maschio, se tale sensazione potesse essere espressa da un disegno.
    Evidenziò la base del collo mostrata dall’apertura del gilet in pelle. Si concentrò nel disegnare prima l’arto sospeso. Non voleva che il fabbro rimanesse in quella posizione per troppo tempo, anche perché se il ragazzo si fosse stancato, la contrazione dei muscoli sarebbe venuta meno e sarebbe sfumata anche l’impronta della potenza e della forza ce il disegno voleva esprimere. Tratteggiò la spalla coperta dal panciotto di pelle che, a seguito dell’arto alzato, creava delle grinze intorno all’apertura del braccio e il collo. Il braccio, spiccante verso l’alto, metteva in mostra il muscolo. Ausel disegnò la gobba del muscolo del braccio permettendone il risalto evidenziando, con lo sfumare del carboncino, anche il percorso dell’osso stesso attraverso una delicata linea alla base del muscolo. Il braccio era leggermente ruotato e l’avambraccio portato leggermente indietro. Ciò permetteva di evidenziare i fasci del pettorale destro di Stephan che Ausel avrebbe disegnato poi. L’avambraccio decorreva in direzione anteroposteriore da destra a sinistra. Il pugno chiuso permetteva di mostrare i muscoli contratti sulla faccia visibile dell’avambraccio. Il Tasso cercò di renderne l’esatta posizione avvicinandosi spesso al fabbro e disegnando ciò che vedeva mentre gli diceva "Contrai per favore." Lo ripetè diverse volte per poter disegnare al meglio quel particolare. Le nocche della mano erano nascoste dalle dita strette a pugno e dal manico del martello.
    Dovette fermarsi due volte perché il fabbro potesse far riposare il braccio. Mentre questi lo teneva a riposo, il Tasso non perse tempo. Iniziò a disegnare la parte sinistra del corpo del fabbro, quella non impiegata a mostrare la forza della rotazione del corpo e la potenza del dio. Il braccio sinistro era piegato e posto innanzi al copro stringente una barra di metallo che copriva le gambe del fabbro e che si poggiava su un’incudine. Ausel cercò di posizionarlo in modo tale da non nascondere gli addominali e la protuberanza maschile che mostrava anche la virilità non solo dell’uomo, ma anche del dio.
    La spalla sinistra, a riposo, permetteva al gilet di cadere libero e in modo naturale sul corpo del ragazzo. Il muscolo sinistro era poco espresso, ma presente nel solo piegare lo stesso. Anche qui il gioco di luci e ombre permetteva di risaltarne le forme e la muscolatura. Il panciotto sul lato sinistro copriva di più la zona pettorale e addominale mostrando meno muscolo. Al classico richiamo “contrai” il ragazzo contraeva prima il pettorale e poi gli addominali permettendo al Lydden di poterne disegnare le forme. Per suo vezzo, il Tasso si era avvicinato non solo per disegnare meglio il decorso dei muscoli e delle loro fibre, ma anche per goderne di quella visione. Non avrebbe concluso nulla con il fabbro, ma ciò non toglieva il fatto che poteva comunque osservarne le forme e buttare l’occhio più di una volta con la scusa del disegno.

    Quando il fabbro si fu riposato, il Tasso aveva ormai terminato di disegnato la parte sinistra del corpo. Aveva descritto il gilet in modo da coprire per due terzi il pettorale sinistro mostrando fugacemente il capezzolo e gli addominali con la linea centrale ben evidente e quelle trasverse che partivano da questa e si andavano a nascondere nel panciotto. Il gilet semi aperto permetteva anche di mostrare la parte bassa dell’addome coperta dalla cintola del pantalone. La barra, come detto prima, andava a porsi al di sotto della zona inguinale. Del lato sinistro, veniva mostrata la parte posteriore dell’avambraccio e le nocche della mano con il pollice nascosto dalla barra.

    Il braccio destro era ormai compiuto, mancava solo il martello da disegnare e i muscoli molto più evidenti in quanto nel gesto il gilet di pelle si apriva mostrando tutto il fianco. Per quanto concerneva il martello, cercò di disegnarlo rispettandone i particolari e le dimensioni. Ora toccava agli addominali dove si potevano vedere le linee muscolari formanti un ventaglio sul petto del fabbro. Gli addominali cercò di renderli più scolpiti di quanto li avesse Stephan, Dopotutto il fabbro era un uomo, il Fabbro, no. Egli era un dio e i suoi muscoli erano molto più grandi di un semplice uomo. Cercò di mantenere le proporzioni e delineò anche il fianco che, nella torsione, permetteva anche agli addominali trasversi e laterali di mostrarsi nel loro splendore.

    Ora toccava solo alla parte bassa del corpo.
    Ausel abbondò con il mostrare, coperto dal pantalone, la virilità di Stephan. Questi, stringendo un po’ in vita e scendendo verso il basso spinto dalla gravità andava a rigonfiarsi nella zona inguinale. Le gambe vennero disegnate divaricate, leggermente flesse e qui, non vi era molto da mostrare se non un pantalone molto aderente in alcuni punti con linee di aderenza e di sovrapposizione in prossimità delle ginocchia leggermente piegate. Anche qui cercò di rendere al meglio le ombre che si venivano a creare tra le linee del pantalone stesso e l’incudine che era stata posta tra le gambe del fabbro.

    Al termine del disegno, durato diverse ore mostrate solo dal movimento del sole che aveva modificato la luce entrante nel Tempio e l’effetto luminoso della stanza, Ausel esclamò.
    "È fatta. Cosa ne pensi?"

    Ottenuto la risposta da parte del ragazzo, Ausel espresse un solo desiderio, al termine di quello che sembrava essere il suo lavoro.
    "Posso chiederti un piccolo piacere? Potresti cercare, sempre se sarà possibile, di evitare di far sconvolgere il disegno? Mi spiacerebbe molto venisse stravolto il messaggio che emana la figura."
    Poi, ricordandosi della richiesta del fabbro, disse: "Potremmo andare insieme dal Sommo Septon e chiedergli una statua di metallo e non di marmo. Forse due voci possono essere più persuasive. Che ne pensi? Al massimo ci dice di no."
    Ausel sorrise.
     
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    Qualcosa impensieriva il giovane Tasso, era evidente come le risate ed il tono avessero assunto quel non si sapeva cosa di vagamente finto, innaturale... Era un po' turbato, un po' sovrappensiero, e sicuramente taceva la verità. La sua verità, chiaro.
    Tuttavia, Stephan non era nella posizione adatta per indagare e, quindi, aiutarlo: nonostante gli attimi di convivialità e la sintonia artistica, sapeva bene quale fosse il suo posto... La società in cui vivevano ci teneva a mettere in chiaro le cose e ad impartire quella lezione, in cui lui e quelli come lui sarebbero sempre stati un gradino sotto i nobili, persino se giovanissimi come Ausel, per esempio: era giusto così, forse, ma indipendentemente da questo non poteva permettersi il lusso di sfidare la sorte. Per questo, fu ben lieto di tornare a concentrarsi sul lavoro: ”Sono un fabbro, non uno scultore... Però so che alcuni partono facendo un modello di creta o gesso, altri prendendo le misure direttamente sul blocco di marmo... Suddividono il disegno in quadranti, che vengono poi riportati sul materiale, a sua volta lavorato con gli scalpelli per ricavarne una sorta di bozzetto. Dopo è il turno delle raspe e di altri strumenti abrasivi, con cui rimuovono le tracce degli scalpelli e definiscono i dettagli: non è un lavoro veloce, affatto, e personalmente preferisco il calore della forgia rispetto a tutta quella polvere ed alle schegge che ti graffiano il volto”, ed era un parere personale, ma chi non l'avrebbe condiviso?
    Impiegarono diverse ore per arrivare ad un punto, e questo non poteva che essere all'altezza della prima sezione che gli aveva mostrato. Soddisfatto, il ragazzo non aveva molte parole per descrivere la precisione delle ombre, la composizione o i dettagli stessi della muscolatura che si intravedeva tra le pieghe degli abiti... Era bello, potente, e gli assomigliava in tutto.
    ”Mylord, è stupefacente e non dovete temere, mi sono già impegnato a riguardo: se il Sommo Septon darà il suo benestare, e sono sicuro che lo farà, non verranno apportate modifiche di sorta”, chinò il capo, affrettandosi a sollevarlo per affrontare la seconda richiesta del Lydden: ”Sì, si può fare un tentativo... Vi invito soltanto ad essere pacato e a non insistere troppo, se vedete che ha già preso la sua decisione. Lascerò che siate voi ad introdurre l'argomento, e darò la mia opinione se vedrò che potrà tornare utile”, gli disse, stiracchiandosi leggermente e preparandosi ad uscire: erano passate ore da quando avevano iniziato, ma forse avrebbero ancora potuto trovare il chierico nello studio, intento a rispondere a qualche lettera o a consultare le Scritture, o magari occupato con uno spuntino, chissà... Ausel avrebbe certamente potuto chiederselo lungo il tragitto attraverso il “dietro le quinte” del Grande Tempio, in quel dedalo di corridoi e stanzette che si aprivano in ogni dove, assecondando la pianta circolare dell'edificio. Qualcuno avrebbe potuto perdersi lì dentro, ma Stephan sapeva esattamente dove andare... E lavorando lì, non poteva essere altrimenti.
    Quando bussarono alla porta, il volto sbarbato di un giovane accolito gli si palesò davanti: domandò chi fossero e cosa volessero, ma nella risposta venne anticipato dal Septon in persona, che intervenne dopo aver riconosciuto la voce del fabbro: ”Falli entrare fratello Clavicus, non li aspettavo così presto, ma è pur sempre piacevole ricevere buone notizie, dico bene Ausel? Hai terminato il disegno?” Gli chiese scansando un pesante tomo miniato, facendo cenno di avvicinarsi.

    Ok, se vuoi riparlare al Septon andiamo: hai il tragitto da gestirti come meglio credi, se vuoi fare altre domande a Stephan fagliele, altrimenti no... Una volta lì, promuovi la tua causa: io ho delle idee, se non le tiri fuori intervengo, ma visto che è la tua semi, a te la mossa :D
     
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    Il silenzio tra i due era diventato assordante e per fortuna il Tasso era riuscito a trovare un modo per metterlo a tacere con una domanda buttata a caso senza un se e senza un ma. Aver scoperto che Stephan fosse fidanzato e che a breve, forse non molto, ma comunque a breve si sarebbe sposato con una ragazza che avesse alle spalle una posizione abbastanza forte in una città come Approdo del Re, il commercio di gioielli rendeva nella capitale del regno, aveva abbattuto l’animo giovanile del Lydden. Sì, forse aveva sbagliato, ma la giovane età aveva fatto sì che il ragazzo partisse per la tangente con i pensieri e si facesse dei sogni che erano irrealizzabili. Si vedeva già abbracciato al fabbro, forse in un atteggiamento non del tutto fraterno, ma più passionale. Sapeva cosa sarebbe avvenuto tra i due e gli piaceva vedersi in quella situazione e in quella posizione e mentalmente lo stava accettando e volendo. Lo avrebbe voluto anche perché sembrava un qualcosa di così proibito, poi, tra due persone conosciute proprio nel Tempio di Baelor. Il luogo era l’emblema della spiritualità e se qualcosa fosse avvenuto in quel luogo, anche un semplice bacio, sarebbe stato un affronto davvero grande ai Sette Dei. Ad Ausel, però, non importava l’affronto, anche se parte di lui un po’ temeva la collera degli dei, ma il fare qualcosa di proibito e non ben visto.
    Aveva superato diverse prove nell’arco della sua breve vita. Aveva rischiato la morte a soli cinque anni a causa di una distrazione dei suoi genitori in quel di Coldmoat, sede della casa dei Webber, famiglia materna. Aveva rischiato di affogare e solo un rapito intervento di suo padre aveva strappato il ragazzo dalle mani dello Sconosciuto. Poi, tre anni più tardi, all’età di otto o nove anni, a seguito di una marachella aveva rischiato di morire per perdita di sensi in quello che era un cunicolo di una delle miniere sotto il controllo di Deep Den. Era svenuto per la mancanza di aria secondo il maestro, ma Ausel sapeva bene che quel mancamento era stato dettato dal il ripetersi delle stesse condizioni che lo avevano sopraffatto sott’acqua: il sentirsi inerme di fronte alla natura e a un qualcosa di non controllabile. Aveva imparato a un duro prezzo, per due volte aveva rischiato la vita, che un uomo non è nulla in confronto a quello che il mondo ci riserva e che gli dei hanno creato.
    Bisogna accettare il fatto che non siamo invincibili e che prima o poi, quando meno ce lo aspettiamo, gli dei ci volteranno la faccia e la natura ci darà il colpo finale.
    Ausel da un po’ di anni a questa parte aveva associato lo Sconosciuto, la morte, alla natura. Era questa entità enorme che spesso dettava la morte delle persone. Ora attraverso inondazioni, ora attraverso incendi, ora attraverso i fulmini che piovevano dal cielo, ora nelle miniere. Lo Sconosciuto sembrava trovarsi ovunque e solo parte delle morti erano dettate dalla guerra o da azioni umane, il resto era volontà dello Sconosciuto che sfruttava tutto ciò che vi era al mondo per reclamare qualche anima attraverso anche semplici fiori che si rivelavano velenosi o per un morso di un animale dove il genere umano non aveva nulla a che vedere.
    Ritornando al momento presente anche lì, Ausel sentì un leggero senso di soffocamento. Non così evidente e preponderante come era avvenuto nelle miniere di Deep Den, ma un attimo di disorientamento lo aveva provato. Le sue fantasie erano crollate come le tessere di un mosaico messe le une sulle altre e lasciate in preda al vento. Il suo desiderio di poter toccare il corpo del fabbro non solo come artista, ma anche con un’altra etichetta erano sfumate. Un altro duro colpo alla sua persona, dopo il rifiuto avuto da Lajos quando aveva tentato di baciarlo. Il mondo non ammetteva troppi errori e lui lo era. Stava sfidando la sorte e prima o poi lo Sconosciuto lo avrebbe reclamato. Non si spiegava come mai non era stato ancora chiamato al cospetto del volto del dio avendo rischiato la vita durante la presa di Approdo e durante l’assalto lungo le terre dei fiumi a danni di Rowan. Aveva scelto il rosso figlio di Lord Hoster Tully e non il biondo ramato figlio di Lewis Lydden. Cosa aveva in serbo ancora per lui?
    Involontariamente il suo desiderio inconscio di rispettare il mondo che lo circondava, il voler a tutti i costi comprendere come le creature viventi funzionassero era un modo alternativo per pregare quella figura che nessuno considerava degna delle loro preghiere mettendolo sempre in disparte ed evitando anche di avvicinarsi alle sue statue? Ausel ne aveva avuto paura quando la Septa glielo aveva spiegato e fatto conoscere. Lo aveva descritto in modo tale da farglielo temere. Eppure, pian piano gli studi del maestro Dite gli avevano fatto comprendere come la natura fosse bella e variegata. Bella e temibile. Una rosa era bellissima alla vista, ma, per mani incaute, anche un rischio. Delle semplici bacche poteva indurre una persona a raccoglierle, ma solo occhi esperti avrebbero colto le sottili sfumature che le rendevano diverse da quelle edibili. Solo una persona che aveva studiato il comportamento di un determinato animale poteva uscirne vittorioso da uno scontro con esso. L’esempio classico era l’orso. Il maestro gli aveva descritto come poter sopravvivere: fingendo di essere morto perché gli orsi non si avvicinano a carne in decomposizione o morta. Preferiscono uccidere la loro vittima o preda e gustarne la carne fresca. Una persona incauta sarebbe corso via innescando nell’animale quell’istinto naturale che lo avrebbe spinto a correre dietro la preda e iniziare quella che era la caccia al cibo con la vittoria inevitabile dell’animale.
    Ritornando sempre al momento presente, il Tasso decise di dedicarsi al disegno provando a portarlo a termine in meno tempo di quello che si era proposto anche perché meno vedeva Stephan meno possibilità di sentirsi in colpa c’erano. Anche se il Lydden si sentiva in colpa per aver pensato al fabbro in quel modo. Stephan di certo avrebbe odiato vedersi reso l’oggetto del desiderio di un ragazzo, quindi quello sbagliato era per forza di cose Ausel. Il Tasso, quindi, cercò di disegnare quanto più in fretta possibile ottenendo comunque il risultato desiderato. Per quanto volesse fare le cose di fretta, comunque ci perdeva tempo nel descrivere, col tratto del carboncino e lo sfumare delle dita, quello che vedeva. Poi, di tanto in tanto toccava il corpo del fabbro per riaccendere quel barlume e quella luce che si stava via via spegnendo. Il desiderio iniziale che aveva spinto il Lydden a rendersi anche ridicolo con quelle risate poco credibili e quei rossori rivelatori, pian piano stava svanendo come succedeva a una ragazzina che perdeva interesse per la sua cotta scoprendo poco alla volta il reale carattere o la reale persona verso la quale aveva posto l’oggetto del proprio desiderio.

    Il Tasso ascoltò la risposta del fabbro sul come si procedeva nella realizzazione di un modello in marmo. Gli descrisse i vari passaggi in modo sommario non essendo del mestiere. Era pur sempre qualcosa, almeno avrebbe saputo apprezzare meglio il lavoro fatto da uno scultore la prossima volta che lo avesse visto anche perché ora sapeva che dietro a una semplice statua vi era un disegno, delle ore perse a creare un calco o un modello in creta o gesso. Sapeva anche quanta fatica era costata e veniva impiegata per creare qualcosa di paradossalmente semplice che di semplice non aveva nulla.

    "Grazie per la spiegazione. Sei stato davvero gentile e credo che qualcosa oggi l’abbia imparata anche io."

    Non si riferiva alla mini lezione tenutagli da Stephan ma al fatto che partire con desideri e passioni, spinti anche dalle pulsioni adolescenziali, non era il corretto approccio da tenere. Avrebbe dovuto mantenere più ferma la mente e distaccare quelli che erano i reali ragionamenti da quelli dettati dai suoi attributi in mezzo alle gambe. Ragionare con il pendaglio non era di certo una delle migliori soluzioni da attuare. Una lezione che poteva tornargli utile, forse.

    Il disegnò proseguì a rilento per quanto il Tasso volesse finirlo nel più breve tempo possibile e il calar del sole che proiettava i suoi raggi lungo le finestre che, a loro volta, rifrangevano la luce creando sfumature colorate che pian piano andavano a scurirsi e a rendere il tutto più tenebroso dettarono, alla fine, il termine della consegna del quadro.

    Le parole del fabbro andarono ad alimentare l’ego del ragazzo che poteva dirsi soddisfatto del suo lavoro e aggiungere un’altra persona nella lista delle creature viventi che avevano apprezzato i suoi disegni. Stephan e il Sommo Septon, oltre a Rowan avevano un porto d’onore non essendo della famiglia come Rohanne e sua madre o amici come riteneva amico il maestro Dite. Questi ultimi potevano dire parole carine anche per non offendere il Lydden. Rowan, il Sommo Septon e Stephan ne avrebbero ottenuto danni al dare parole d’elogio al Tasso quando non se le meritava affatto.

    "Ti ringrazio Stephan. Ci conto e se per te non è un problema, vorrei venire a vedere la realizzazione dell’opera. Non sempre perché comprendo che la mia presenza potrebbe irritare lo scultore."

    La proposta del Lydden venne accolta dal fabbro che annuì e dichiarò di non intervenire se non per dare un contributo alla loro causa. Gli disse soltanto di non insistere nel caso il Sommo Septon avesse già deciso la non realizzazione della statua in metallo. Ausel, a quel punto, raccolse il carboncino ponendolo nella sacca che si era portato dietro e prese un piccolo panno dalla borsa. Non vi era dell’acqua in giro e senza troppe remore, mentre il fabbro si rivestiva spogliandosi dei vestiti del dio, sputò sulle dita annerite dallo sfumare del nero colore della grafite e si ripulì un po’. Non voleva sporcare tutto ciò che avesse toccato e già era tanto che Stephan non lo avesse richiamato o non gli avesse detto nulla per avergli imbrattato le braccia e parte dell’addome mentre tentava di posizionarlo nella postura corretta o indicandogli i punti dove contrarre i muscoli. Il fabbro poteva dire di avere quasi più impronte del Lydden che della futura moglie sul corpo durante un amplesso, perché lo avevano avuto e Ausel questo lo sospettava e un po’ ne risentiva. Il fascino del fabbro lo aveva colto appena i suoi occhi si erano posati sul corpo del lavoratore.

    Lungo il percorso, Ausel restò in silenzio osservando Stephan accompagnarlo in quel dedalo di cunicoli che rendevano altrettanto magico il Tempio. Solo un dubbio gli era venuto.

    "Forse è tardi per trovare il Sommo Septon nel suo studio, non trovi?"

    La risposta era stata posta a metà del percorso e il Tasso se ne rese conto solo quando giunsero alla porta che metteva in comunicazione l’esterno con lo studiolo del sacerdote.
    In quel tragitto, il Tasso potè apprezzare la dedizione dei costruttori. Tutto sembrava essere stato posto in quel determinato luogo per un motivo preciso. Le pareti erano lisce e intonacate in modo tale da non far trasparire nessuna crepa. Dall’alto alcune finestre permettevano ai corridoi di essere illuminati di giorno. In quel momento, le torce la facevano da padrona e prendevano il posto della luce solare, anche se non era la stessa cosa. Rendevano l’atmosfera leggermente più lugubre rispetto a quella che sarebbe stata vedere lo stesso corridoio di giorno.
    Quando bussarono alla porta, un giovane accolito fece capolino da dietro domandando chi fossero quelle persone che volevano disturbare la pace del Sommo Septon. La voce di Stephan, ormai nota sia al chierico sia a molti che lo vedevano gironzolare per il Tempio fu il loro lasciapassare. Il Sommo Septon, infatti, riconobbe la cadenza e il timbro del fabbro e permise ai due viaggiatori di passare.

    Il Sommo Septon fu sorpreso di vedere i due e pose delle domande al Lydden. Il Tasso si inchinò baciando la mano del chierico che gli veniva posta in segno di rispetto. Postosi in uno stato eretto ritornando alla sua collocazione originaria quando era entrato col fabbro, Ausel disse.
    "Dite bene vostra eminenza. Spero di essere latore di buone notizie per lei e … sì, il disegno è pronto."
    Ausel aveva arrotolato il disegno prima di partire in modo da non trasportarlo con un foglio di carta qualsiasi ed evitando di insudiciarlo maggiormente urtandolo involontariamente contro qualcosa. Aveva ateso che la polvere del carboncino fosse penetrata e si fosse posata ben bene sulla foglio di carta e quella in eccesso era stata soffiata via come si soleva fare in casi del genere. Solo dopo che il tutto si era solidificato e il rischio di rovinare il disegno era minimo, il Tasso aveva arrotolato il foglio molto debolmente per non rovinare la carta.
    Ausel, quindi, riaprì il foglio avvolto su se stesso di mezzo giro mostrando la sua opera nella sua totale interezza. Il Sommo Septon avrebbe potuto vedere il disegno del dio sulla direttrice più lunga del foglio. Il disegno occupava tutta la lunghezza del foglio lasciando solo due dita di spazio sul margine alto e tre su quello basso. Oltre al corpo del fabbro e al volto del dio che esprimevano la forza e l’impegno profuso nel compiere quel gesto che poteva sembrare semplice, ma rappresentava l’origine di ogni creazione artistica che andava dalla metallurgia alla concia alle arti in genere, il Sommo Septon avrebbe potuto apprezzare i dettagli del martello, le pieghe degli abiti del Fabbro divino, la fatica e l’impegno dei muscoli dell’uomo divino e le minuzie dell’incudine. Questa era stata posta tra le gambe del dio su di una base che il Tasso si era immaginato non avendolo sul posto e cercando di ricordare quella che si trovava nelle fucine di Deep Den.

    "Vorrei spiegarvi per quale motivo abbiamo deciso di rappresentare il dio in questo modo. Se notate, vostra grazia, il Fabbro divino ha un’espressione serena a prima vista, ma se ponete bene l’attenzione sui particolari del volto, noterete come piccole pieghe del volto, in prossimità degli occhi, della fronte e del collo esprimano l’intenso sforzo e l’attenzione, nonché la cura, che il dio sta imprimendo nel suo gesto."
    Ausel attese che il chierico recepisse il messaggio, così come il suo adepto.
    "Il gesto poi. Sembrerebbe un’azione banale quella del sollevare il braccio, ma vi assicuro, e Stephan qui può confermare, che non è così semplice. Esso rappresenta il gesto primordiale, primario, essenziale di ogni azione artistica. Il sollevare il braccio per poi farlo cadere sul metallo, sul legno, su una pelle conciata, su della pietra o, semplicemente, su un foglio o su uno strumento. È il primitivo, quasi originario, atto che ogni lavoratore compie prima di imprimere il suo essere e il suo pensiero sull’oggetto da modellare."
    Forse si stava dilungando troppo, ma voleva che entrambi gli osservatori percepissero cosa il Tasso aveva voluto imprimere sulla carta grazie anche al contributo di Stephan.
    "Oltre al gesto, vi chiederei di soffermarvi sui particolari. Come avrete sicuramente notato vostra eminenza, il braccio destro mostra tutta la potenza della divinità attraverso la contrazione dei muscoli del braccio, la torsione del lato destro del corpo e quella dei muscoli sottostanti. Ho cercato di esprimere il movimento dell’azione, la dinamicità e la spinta di fare. Nulla è statico, ma tutto è dinamico, mutevole e azione. Il lato sinistro, invece, mostra meno potenza potrebbe dire qualcuno, ma non è così. I muscoli non sono contratti, è vero, ma tutto il lato è in tensione. Serve a equilibrare i corpo e il movimento, questo perché ad ogni azione ci vorrà un riassestamento del corpo, un punto da cui partire nel razionalizzare l’impresa compiuta e decidere il da farsi. Da un lato il Fabbro elabora la sua visione e dall’altro agisce modellando il mondo e i suoi elementi. Molti osserverebbero solo la parte in movimento senza pensare che tutto avviene dal lato sinistro, quello in tensione. Senza questo lato e il suo contributo, il movimento non potrebbe avvenire. Ho voluto raccontare con ciò la potenza divina in tutte le su sfaccettature. L’incudine e le gambe divaricate rappresentano le solide basi che ogni lavoratore dovrebbe avere per poter compiere un lavoro nel migliore dei modi. Basi che solo lo studio, la pratica e la dote divina possono dare."
    Il Tasso si prese un attimo per respirare e far assaporare le sue parole. Lui non aveva studiato disegno, ma in compenso si era allenato dall’età di sei anni, quando la Septa gli ava chiesto di disegnare i Sette Dei per imprimerseli nella mente. Erano disegni di un ragazzo di sei anni e il commento acido della Septa e il farglieli ripetere più e più volte lo avevano spronato a perfezionarsi e a revisionare i suoi disegni e farli sempre in modo migliore cercando di ottenere il consenso della donna. Forse avrebbe dovuto ringraziarla prima o poi, se fosse tornato a Deep Den.
    "Abbiamo deciso, in accordo, di rappresentare non solo i fabbri e la loro arte, ma tutti i mestieri. Se noterà, sua eminenza, ma credo che abbia già colto dove voglio parare … " Ausel sorrise. Stava lusingando il Sommo Septon era vero, ma voleva che apprezzasse la sua opera e doveva dargli una spinta.
    " … abbiamo diverse arti in una sola raffigurazione e questo anche perché il Fabbro guida tutti i lavoratori."
    E qui forse sarebbe arrivato il momento opportuno per lanciare la sua proposta.
    Attese le reazioni dell’adepto e del Sommo Septon a quella spiegazione. Quando gli sembrò il momento adatto, lanciò la sua proposta.
    "Chiedo perdono se mi permetto di farle una proposta, sua eminenza. Con lo spirito e seguendo quello che il mio disegno vuole rappresentare, cioè le arti nella loro pienezza e nel loro massimo splendore, vedo poco corretto donare una statua di marmo a dei lavoratori del metallo. Mi spiego meglio. Il marmo non li rappresenta appieno come non rappresenterebbe i falegnami e, inoltre, potrebbe generare delle inimicizie e dei precedenti. Il marmo è la massima espressione della bellezza e donarla a una gilda, credo, scusate se mi permetto, possa offendere le altre. Sarebbe un voler dare loro una certa importanza sua eminenza. Dare un qualcosa di meno appariscente, come del metallo darebbe comunque lustro alla gilda, ma non un’importanza maggiore rispetto alle altre. Posso notare la vostra preoccupazione, ma i fabbri onesti come Stephan sicuramente sapranno meglio di me che si possano creare delle leghe molto resistenti anche senza usare metalli che possono servire in tempi di guerra. A Deep Den usiamo alcuni metalli che servono a dare lucentezza, resistenza e forza creando diverse tipologie di bronzo, ottone e acciaio. Cambieranno le quantità del materiale originario come ferro e rame, ma il risultato è lo stesso o a volte migliore. Vi chiederete come?"
    Ausel attese che qualcuno glielo chiedesse. Aveva appreso durante le sue ore passate alla forgia a Deep Den che esistevano diverse leghe metalliche e che combinando i vari metalli si ottenevano composti diversi con lo stesso nome, ma caratteristiche particolari come la resistenza alla corrosione, la lucentezza, la malleabilità e la resistenza. Bastava solo usare quello che la natura offriva e Deep Den, come tutte le terre dell’Ovest, aveva molte miniere, anche se non aurifere o d’argento.
    Chissà che non possa aumentare gli introiti di metalli esportati da Deep Den un domani.

    "A Deep Den usiamo metalli estratti che la natura ci offre per creare leghe particolari. Come il glucinio che da molta forza e resistenza se unito al rame oppure il rame del diavolo o rame bianche che è molto malleabile e duro se combinato in leghe. Oppure il manganese che è molto bello e sembra argento o … lo stannum o il piombo rosso."

    Non sapendo cosa aspettarsi e non volendo irritare il Sommo Septon con una proposta commerciale come quella che poteva sembrare, disse quasi subito:
    "Poi, non è detto che bisogna farla piena la statua. Si potrebbe fare uno scheletro di sostengo interno e rivestire l’esterno con fogli metallici riducendo i costi e rendendo il tutto anche più leggero. Ovviamente queste sono solo mie umili proposte che potrebbero rendervi un servigio, dare lustro ai lavoratori del metallo con un’opera in metallo ed evitare che possano beneficiare di un marmo pregiato che potrebbe adornare il Tempio."

    Ausel aveva smesso di parlare aspettando un rincalzo da parte di Stephan se avesse detto qualcosa di scorretto o la risposta del Sommo Septon o dell’adepto che, sicuramente avrebbe detto qualcosa pur di apparire agli occhi del chierico e farne una bella figura adombrando la proposta del Tasso.



    Ho usato i nomi antichi o comuni di alcuni metalli.
    Il glucinio sarebbe il berillio noto fin dai greci.
    Il rame del diavolo sarebbe il nichel anch’esso noto dagli antichi.
    Lo stannum sarebbe lo stagno anch’esso noto dagli albori.

    Poi ce ne sarebbero altri tra i metalli usati per fare leghe di bronzo, acciaio e ottone alternativi che non ho elencato anche per non fare una filippica hahahahahahhahaha.
     
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