Naqqi

Cosmopolitismo 1 - Usi e Costumi dei Dothraki

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    Add: Usi e Costumi dei Dothraki - Cosmopolitismo 1
    Ricompense: 7 punti esperienza base, Cosmopolitismo 1, + 5 Affinità Dothraki
    Tratto: diplomatico
    Parole: 994 su 600 minime
    Mi spiace ma a quanto pare il CSS non accetta i codici colori. Modificherò se si riterrà necessario


    La piccola Naqqi correva per le vie erbose di Vaes Dothrak. Non poteva avere più di sei, o sette anni, e indossava un piccolo gilè di cuoio dipinto dalla sua stessa madre, e un paio di calzoncini di crine di cavallo intrecciato, i piedi nudi che colpivano il terreno con tutta la sua modesta forza.
    Era inseguita da Haddi, una delle schiave addette alla persona di sua madre Nizhi, Khaleesi di Quaro, che voleva a tutti i costi intrecciarle i capelli. E Naqqi non voleva, i suoi capelli erano il suo orgoglio e li voleva lasciare così, lunghi, liberi e selvaggi.
    Ma Haddi era veloce, maledettamente veloce, e dopo una breve corsa afferrò la bimba per i fianchi e la sollevò in aria, facendole lanciare un gridolino di sorpresa. ”Presa! Dove stavate scappando, khalakki?”
    Divincolandosi con tutta la sua forza, pur senza successo, Naqqi scalciò con le sue gambette, agitò i pugnetti al cielo e li fece schiantare con debole forza sulle mani della donna. ”Non voglio, non voglio, non voglio!”
    Haddi rise di gusto, attirando l’attenzione di alcuni avventori del Mercato Occidentale. ”Facciamo così: se vi fate acconciare i capelli, come ricompensa chiedo a vostra madre la khaleesi di comprarvi un bastoncino al miele di Pentos, quello che vi piace tanto. Che ne dite?”
    E Naqqi, nonostante l’avversione provata fino a quel momento per l’ancella schiava, si fermò per guardarla, sospettosa e tentata da quell’offerta di pace, cosa che strappò un’altra risata alla donna. Ancora imbronciata, e decisa a rimanere della propria idea, la bambina scosse la testa in segno di negazione.
    In quel momento la madre della piccola si fece avanti nella folla, scortata dai giovani del suo khas.
    ”Mai*!” gridò contenta Naqqi, agitando la manina.
    ”Stai facendo i capricci, shekhqoyi**?” chiese la khaleesi, con un sorriso affettuoso che le disegnava le labbra che si allargò quando la bambina scosse la testa nello stesso istante in cui Haddi confermava che si, stava facendo i capricci.
    ”Grazie Haddi, mettila pure giù” disse Nizhi, che afferrò la manina tesa della figlia. ”Perché sei scappata, Naqqi?”
    La bambina arricciò le labbra, distogliendo lo sguardo dalla madre. ”Haddi mi voleva intrecciare i capelli. Io non voglio che mi intrecci i capelli, mi fa male!”
    ”Le dirò di stare più attenta. Però tu non devi più scappare così, intese?”
    Naqqi riportò lo sguardo sulla donna che le teneva la mano, e annuì. Però il bastoncino al miele lo voleva lo stesso.

    Sua madre non l’aveva riportata nella zona dove si era insediato il khalasar del padre, ma aveva guidato la khalakki lungo le strade erbose della città fino a trovarsi davanti ad una tenda. Era uguale ad ogni altra tenda alla sua destra e alla sua sinistra, perciò Naqqi non sapeva dire chi vi abitasse all’interno.
    Nizhi scostò un lembo ed entrò, sospingendo in avanti la figlia che stava succhiando con golosità il bastoncino al miele. Vi era un uomo al suo interno, dalla pelle bruciata dal sole e i capelli bianchi, il viso solcato da rughe, che sollevò le testa al loro ingresso.
    ”Perdonate il disturbo, Jharbo, vorrei presentarvi una persona: mia figlia, Naqqi, khalakki di mio marito Khal Quaro”
    L’uomo, Jharbo, annuì una volta sola. ”L’onore è mio, khaleesi” Poi si rivolse direttamente alla bambina. ”Bene, khalakki, quanto sai della cultura del tuo popolo?”
    Naqqi, che nonostante il fatto di essere di fronte ad uno sconosciuto non aveva dimenticato chi fosse - suo padre glielo ripeteva quasi tutti i giorni d’altronde -, alzò la testolina, posando gli occhi scuri in quelli altrettanto scuri dell’uomo. ”Un po’”
    Intanto Nizhi fece scivolare la propria mano via dalla stretta della figlia, e uscì silenziosamente dalla tenda.
    ””Un po’”, eh? Beh, per una figlia di un qualsiasi componente del khalasar magari può bastare, ma non per una khalakki. Tu, bambina, sei una principessa, e come tale devi avere un’istruzione adeguata, ecco perché la khaleesi ti ha portato da me. Prendi pure posto”
    La bambina si sedette, notando solo in quel momento che la madre era uscita. Non se ne preoccupò particolarmente, Nizhi non l’avrebbe lasciata lì se non fosse stata sicura che alla figlia non sarebbe accaduto nulla di male.
    ”Come certamente già saprai, noi Dothraki viviamo in orde chiamate khalasar. Quelle volte che andiamo nelle Città Libere indossiamo abiti e tessuti pregiati, e le donne anche vestiti di seta colorata; invece quando rimaniamo all’interno del Grande Mare d’Erba, indossiamo i nostri abiti, il gilè di cuoio dipinto e i pantaloni di crine di cavallo intrecciato, tenuti in vita da cinture di dischi di bronzo. Le nostre calzature sono stivali di pelle, sandali alti che si chiudono sotto il ginocchio o sandali di erba intrecciata”
    Jharbo s’interruppe, prendendo un sorso di latte di giumenta fermentato e offrendone anche alla bambina.
    ”Combattiamo senza armatura, perché è da codardi nascondersi dentro ad un guscio di metallo come fanno i popoli delle terre del Tramonto, noi andiamo in battaglia vestiti del nostro gilè oppure, i più temerari, anche a petto nudo.
    Certo, nel Grande mare d’Erba combattiamo e ci ammazziamo tra di noi, ma qui a Vaes Dothrak la cosa è ben diversa: nella nostra città sacra, al cospetto della Madre delle Montagne e del Grembo del Mondo, ogni dothraki è fratello e non è permesso portare armi né spillare sangue, pena la morte. È il Dosh Khaleen, il consesso delle vedove dei khal, a risiedere permanentemente qui, e a dettare legge, per cui ogni khal è soggetto alle loro decisioni.”

    ”La violenza è necessaria?”
    ”Molti khal, sopratutto quelli più giovani, che lo sono diventati da poco, ti direbbero di si, perché ci sono altri popoli oltre al nostro che, secondo loro, meritano di venire sottomessi al nostro. I khal più anziani invece ti direbbero che è tradizione, e quelli più accorti che è vitale per il nostro sostentamento.
    Quindi la risposta è molteplice, non so se sia soddisfacente”

    Naqqi rimase un momento a pensarci su, poi annuì. ”Si, per adesso si”

    * Mai= madre
    ** Shekhqoyi = piccola luce (termine affettuoso per riferirsi al proprio figlio)
     
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