Mercenario
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Narrato | ”Parlato” | ”Pensato” | ”Parlato Nizhi” | ”Parlato Jhaerbo”SchedaAdd: Le trecce e la gerarchia nel khalasar - Cosmopolitismo 2 Ricompense: 7 punti esperienza base, Cosmopolitismo 2, + 5 Affinità Dothraki Tratto: diplomatico Parole: 914 su 600 minime
In una pausa dettata dal troppo parlare, Jhaerbo sorrise, e di riflesso lo fece anche Naqqi, che rilassò le spalle. La bambina bevve un piccolo sorso di latte, passandosi poi la lingua sulle labbra per catturarne ogni goccia, attenta ad ogni successiva parola dell’uomo.
”Tuo padre, Quaro, è il khal, ciò significa che all’interno del proprio khalasar lui è il re, così come la khaleesi tua madre è la regina. Ogni khal ha dei ko, i cosiddetti cavalieri di sangue, che sono più di quanto dice il nome: sono amici, fratelli e parte dell’essenza stessa del loro khal, tra di loro si chiamano “sangue del mio sangue”, vanno dove lui va, e se la morte del loro re è stata causata da mano nemica, sopravvivono esclusivamente per vendicarlo prima di raggiungerlo tra le stelle, tanto il legame tra loro è forte.
È pur vero che, se la morte del khal non è stata causata da mano nemica, i ko si combattono tra di loro, per diventare il nuovo khal oppure spartirsi il khalasar, e se il khal ha un khalakki ancora bambino, questo viene ucciso per evitare che questo, crescendo, si vendichi.
I ko, nonostante la moglie del khal sia effettivamente una regina, non sono affatto tenuti ad obbedirle in quanto tale, anche se il khal potrebbe comandare loro di farlo e allora loro obbedirebbero. In generale, le donne sono tenute meno in considerazione rispetto agli uomini, tranne in un caso: il dosh khaleen, il consesso delle vedove dei khal, l’unico presidio permanente di Vaes Dothrak assieme agli eunuchi e alle schiave che le servono. Ogni khal, che è re nel Grande Mare d’Erba ed è fratello di ogni altro Dothraki in questa città, china la testa di fronte alla saggezza, al potere e allo status del dosh khaleen, le cui componenti servono come veggenti per predire il futuro e interpretare i presagi per i Dothraki, e non possono lasciare la città. Le future mogli dei khal devono essere presentate al dosh khaleen per essere accettate, e non è detto che ciò avvenga in automatico”
Una puntina di ansia scivolò nel piccolo stomaco della bambina. ”Quindi sposare un khal non basta? Bisogna ricevere persino un’approvazione dal dosh khaleen? È così grande il potere di queste donne, nonostante in tutti gli altri casi le donne siano praticamente inferiori agli uomini?”
E poi, l’epifania. ”Io sono una donna, o meglio, lo sarò tra qualche anno, quando comincerò a sanguinare tra le gambe come Mai* e le altre donne adulte, ma comunque sono una femmina… Se diventerò khaleesi, spero di venire accettata, anche se prima o poi finirò al dosh khaleen e non potrò più uscire da Vaes Dothrak…” Grande scoramento provava Naqqi in quel momento: una parte di sé diceva che così era sempre stato e così sempre sarà, mentre un’altra parte le suggeriva di ribaltare la situazione, di prendere in mano la cosa e decidere per sé, con le parole.
Il filo di quei pensieri negativi venne spezzato da Jhaerbo, che aveva ripreso a parlare.
”Un'altra posizione importante è quella dei jaqqa rhan, gli uomini di misericordia, che si aggirano tra i cadaveri dei campi di battaglia, tagliando le teste dei morti e dei morenti. Nei khalasar esistono infine due tipi di guaritori. Le prime sono donne sterili che praticano la loro guarigione con erbe, pozioni e incantesimi, e gli schiavi eunuchi, che usano coltelli, aghi e fuoco.
Ma una delle posizioni più importanti è e rimane quella del guerriero. Nessun bambino potrà portare la treccia del guerriero, intrisa di olii o unta con il grasso dei bracieri, se non ha mai combattuto e sconfitto almeno un nemico, in battaglia come in un duello, solo allora gli verranno intrecciati i capelli assieme alla campanella strappata al nemico con la di lui treccia. Difatti, quando un guerriero Dothraki viene sconfitto in battaglia e ha la sfortuna di sopravvivere, taglia la sua treccia e la consegna al vincitore, in modo tale che tutti vengano a conoscenza della sua vergogna.
Ricorda, khalakki Naqqi, ricorda di guardare la lunghezza dei capelli di un guerriero per sapere quanto egli forte sia, e quante campanelle egli possiede nella sua treccia per sapere quanti nemici ha sconfitto. Ricorda” disse Jhaerbo in modo molto serio, agitando un enorme dito davanti al viso della piccola per rimarcare il concetto.
E così la bambina pensò alla treccia di suo padre, khal Quaro: era lunga, più lunga di quella degli altri guerrieri e raggiunta forse solo da quella dei suoi ko. Le campanelle erano tante, di più dei suoi cavalieri di sangue, e quando il khal muoveva la testa, tintinnavano dolcemente. Suo padre era l’uomo più forte del khalasar, era naturale che ne fosse il capo, il re, e che comandasse tutti coloro che avevano meno campanelle o non le avevano proprio. Questo pensiero, così caldo e rassicurante, sciolse leggermente la tensione creatasi in precedenza nel piccolo corpo della khalakki, che tornò a sorridere piano, confortata.
In quel momento rientrò la madre della piccola, come se fosse rimasta sempre appostata fuori ad ascoltare, e probabilmente era così. ”Grazie Jhaerbo, per la tua pazienza e il tuo tempo, ti sono molto riconoscente”
”Il piacere è stato mio, khaleesi. Spero ci vedremo ancora per le strade di Vaes Dothrak, khalakki” sorrise l’uomo, e così facendo il viso già segnato dalle rughe s’increspò ancora di più.
Naqqi si alzò, agitando la manina in segno di saluto verso l’uomo mentre veniva pilotata da Nizhi verso l’entrata della tenda. ”Ciao Jhaerbo…”
Mai = madre
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