L'antico anello andava portato in salvo

Quest Duncan

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    Persino nelle Terre della Tempesta si conosceva il principio secondo cui un Duello per Singolar Tenzone benedetto dagli Dei non poteva essere interrotto e non aveva colpevoli. Dunque nessuno fermò Duncan Dondarrion dopo che ebbe reclamato la vita di Darion Baratheon, sebbene fosse l'erede di quel Regno tanto bistrattato dalla guerra. Ci sarebbero state missive e forse anche delle conseguenze, ma per il momento il Lampo della Notte poteva considerarsi libero.
    Se però il fronte della Tempesta lo aveva lasciato andare, cosa avrebbero fatto gli Hightower che a pochi metri dal confine ancora presidiavano quel pezzo di terra già teatro di un feroce scontro? Sarebbe stato impensabile credere di potersi battere contro migliaia di uomini, per cui, se l'intento del Dondarrion era quello di attraversare quelle terre per giungere ad Alto Giardino, doveva escogitare qualche altra soluzione.

    Dunque, sei libero come il vento ma hai di fronte qualche migliaio di uomini degli Hightower.
    A me vengono in mente alcune opzioni: puoi provare a dire la verità e a parlamentare affinché ti lascino andare senza problemi. Puoi provare a mentire. Puoi provare a camuffarti. Puoi provare ad evitare il blocco allungando la strada (passando da nord); in ogni caso fai quel che vuoi, ti vengo dietro.


    Il tempo di risposta disponibile é una settimana dall'ultimo post. Se si é impossibilitati a rispondere nel tempo stabilito basta comunicarlo nel topic assenze informando su quando si tornerà attivi. Se non ci saranno comunicazioni, il pg salterà il turno e sarà mosso come png dallo staff se necessario per quel turno. Ogni turno di *assenza*costerà un malus del 10%in punti esperienza.

    Il moderatore ha tempo una settimana per rispondere. Se é impossibilitato incaricherà un altro mod di occuparsene.
    Se dopo una settimana il topic non avrà ricevuto moderazione, i pg potranno proseguire in libera muovendo eventualmente altri png e riceveranno un "risarcimento" del 10% in punti esperienza a fine quest.
     
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    Calò un pesante vello su tutti i cuori dei presenti; un vello nero, che imprigionò le parole ed i sorrisi di tutti gli uomini e le donne di Sala del Raccolto. Non c'era un solo Selmy il cui cuore non stesse gridando allo scandalo, un solo uomo della tempesta che non stesse gridando 'disgrazia', eppure non si udì nulla; nessuno parlò. Duncan stesso sentiva correre su di sé le dita unte di una vittoria ladra. Sentiva la lordura lasciare residui ovunque, come se le mani di una amante indesiderata stessero correndo sulle spalle dell'uomo. Il Dondarrion non mutò il volto per fingere cordoglio; non sarebbe servito a nulla. Sapeva bene che nessuno si sarebbe frapposto tra lui e la sella del suo cavallo; claudicante vi si diresse, senza rivolgere a nessuno la propria attenzione, senza dare a nessuno il pretesto per trattenerlo nelle celle.
    Mano a mano che il suo piede calcava il fango, un nugolo di cappe si avventò sul cadavere di Darion, lanciando grida, lanciando maledizioni; più Duncan lasciava quel circolo del paragone più gli sguardi su di lui si facevano famelici, come quelli di un branco affamato ormai da mesi. Capì allora che le sue parole non furono servite a nulla, che il fiato che impiegò per scuotere la coscienza dei suoi consanguinei si sprecò, disperso nell'aria.
    Nulla gli suggerì più attaccamento a quella marca, nulla lasciava intendere che vi fosse futuro là; benché i pensieri predassero il cuore di Duncan, il volto del giovane uomo rimase impassibile.
    Si era trattato di un 'lavoro', nulla di più che la riscossione di una taglia sulla testa di un nemico della corona; eppure lui non l'aveva vissuta in questo modo. Poco importava, si disse, il modo in cui la faccenda era stata svolta; tutto ciò che per Duncan contava si era allontanato assieme alle spoglie immortali del Baratheon, tutto ciò che gli rimaneva sarebbe marcito, ed anche in fretta, assieme al cadavere freddo del suo signore. Non c'era più da sperare in un futuro lì.

    Duncan montò in sella del cavallo, aiutato da nessuno né tanto meno onorato di un congedo formale; quella era una fuga concessa, una cortesia dettata dal terrore e dalla confusione più che dall'onorevole spirito dei suoi anfitrioni. Allo stesso modo di Carden e dei due briganti, Duncan lasciò quelle pietre e quella Terra, con la consapevolezza nel cuore che Blackheaven sarebbe stata un miraggio nei suoi sonni per ancora molto tempo.
    Cosa ne fosse stato dei suoi compagni di viaggio Duncan non poteva saperlo; se fosse stata volontà del Padre si sarebbero incrociati nuovamente.
    Il Lampo sorrise amaramente, pensando che, infondo, dovevano aver avuto quel che meritassero, del ferro d'Altopiano o delle Terre della Tempesta nello stomaco.
    Non era mai stato un buon compagno di viaggio Duncan, non era mai stato un buon amico od un fedele sodale, non lo fu con celebri Signorie né tanto meno con Lady blasonate; perché mai avrebbe dovuto mostrare un trattamento diverso ad una spia, a due tagliagole ed ad una lady delle terre dei fiori.
    Il pensiero corse veloce in mente al ragazzo, provocando in lui un profondissimo senso di disagio; ripensò al maestro d'armi di Isola del Drago, ripensò all'infinità di promesse che aveva siglato nella sua vita, da quelle fatte ad Aconé Tyrell a quelle fatte alla Fanciulla, quelle fatte a Lord varys, quelle fatte a Rowan Waters.
    Quel senso di disagio divenne una fredda, fredda, morsa che lo pervase in davvero poco tempo; da questa, Duncan, si cominciò a sentire consumato. Avrebbe voluto piangere, ma non aveva lacrime per questo tipo di emozioni.

    Il cavallo di Duncan portò il Lampo ben oltre le viste presidiate dagli uomini dei Selmy, attraverso quei campi brulli e smossi dove si erano consumate le scaramucce tra gli eserciti dell'Est e quelli dell'Ovest. Alcuni cadaveri, sepolti dalla provvidenza ma non da mani d'uomo, affioravano dalle fanghiglie tenere che impestavano il terreno soffice. Duncan avrebbe dovuto percorrere ancora un paio d'ore di quella brughiera di dolore prima di poter scorgere nuovamente anima viva; nello specifico, le sentinelle del fronte Tyrell.
    Con un pesante tonfo Duncan scese dalla sella; seguì un'urlo di sincero dolore, il suo corpo ci avrebbe messo giorni a guarire. Cavalcare poteva essere una vera tortura con le ossa del torace messe in quello stato.
    Duncan si accasciò al suolo non appena il suo piede raggiunse il fango del campo di battaglia. Disteso su un fianco, il ragazzo riprese fiato, dimenticando piano piano qualsiasi dovere, qualsiasi malanno e qualsiasi ragione.
    Imperanti erano, invece, i cinguetti degli uccelli.
    Durò poco, pochi secondi, alcuni sussulti lasciarono intendere che il giovane uomo fosse tornato preda dei dolori dello scontro; lo riportarono alla realtà.

    Duncan fece leva sulla spada per rimanere con il busto dritto, seduto nella melma assieme alle sterpaglie lasciate dai cavalli di battaglia. Il paesaggio faceva davvero orrore, ma poco lo turbava; ciò che realmente preoccupava il ragazzo si trovava tra le pieghe dei suoi ricordi.
    Per tutta la vita Duncan aveva usato facili scuse davanti ai suoi errori.
    Poteva dirsi una brava persona Duncan Dondarrion di Blackheaven?
    Fu con sguardo perso che per un poco ci pensò. Tutti quei giuramenti solenni, lo aveva capito ormai da qualche settimana, per lui valevano poco. Più cercava di convincersi della santità della sua mano più andava capendo che non fosse troppo diverso da un comune fuorilegge.
    Duncan chiuse la bocca in una smorfia.
    Tutta la vita la passò guardando dall'alto in basso chi a differenza sua non possedeva un qualche titolo nobiliare; non certo il comportamento più consono ad un caritatevole devoto dei Sette.
    Il Cavaliere dei Salici raccolse in bocca un nugolo di catarro e lo espulse alla maniera dei rozzi e solitari raminghi.
    Giurava di aver amato, ed in nome di tal amore di aver combattuto un nemico più grande di lui; ma lui in verità non aveva mai amato, e gli unici nemici che aveva combattuto erano amici distratti, bersagli che avevano dato la schiena a Duncan.
    La smorfia divenne un'effige di rabbia contenuta.
    Tutto quello che aveva passato non contava niente per nessuno; nessuno lo stava aspettando, nessuno lo avrebbe cercato.
    Duncan, per la prima volta in vita sua, era libero come l'aria che scalpella la Barriera, libero come la sabbia che casca dalle dune di Dorne. Duncan avrebbe finalmente scelto per sé.
    La mano dell'arma andò a cercare l'anello nuziale che aveva sottratto a Darion; lo prese tra indice e pollice e lo scrutò con avarizia, lo scrutò con invidia.
    Duncan chiuse gli occhi, era molto stanco.

    La Corona aveva avuto quel che desiderava, Duncan pure, avrebbe dovuto raggiungere Lord Varys per comunicare a voce il suo successo; qualcosa però lasciò intendere al giovane uomo che il Ragno già potesse essere a conoscenza della sua impresa, anche ora, a poche ore di distanza. Non era rilevante quello che sapesse il ragno, Duncan avrebbe reclamato la sua grazia, perché tutto diventasse formale. Il Ragazzo deglutì un pesante rivolo di saliva.
    Quello era il suo compito, non c'era molto altro da fare per lui. Sarebbe diventato un mercenario? Un cavaliere errante a tutti gli effetti?
    Un'alone di tristezza si poggiò sul volto esausto del figlio di Beric.
    'Che amarezza', pensò.
    -"Dopo tutto questo tempo..", esalò muovendo la lingua con una fastidiosa lentezza.
    -"Forse ero io il pezzo di merda", disse al suo cavallo con la tristezza negli occhi.
    Duncan tornò a guardare verso il cumulo di fango che si stava agglomerando davanti a lui.

    Avrebbe davvero voluto piangere, ma non ci riuscì.
    Non fu la vita o il destino a privarlo di amici, famiglia e titolo; non fu la vita o il destino a privarlo della casa, dell'onore e della sua terra.
    Duncan Dondarrion aveva perso tutto quello a cui teneva per l'orgoglio, la fame e la cupidigia; perse tutto a causa dell'invidia e della brama, a causa del suo cuore infido e a causa del suo senso dell'opportunità.
    Quando Duncan realizzò tutto ciò avrebbe voluto piangere, ma non ci riuscì.
    Al cavaliere dei salici rimaneva solo la Fede, rimaneva solo la Fanciulla.
    Passò diversi minuti nel torpore di un silenzio doloroso.
    Perché aveva preso quell'anello? Doveva davvero qualcosa ad Aconé Tyrell?
    L'uomo sbuffò e con uno svogliato gesto del braccio si passò la mano in quel crespo nido di capelli che aveva sul capo.

    "Basta promesse", si disse tra sé e sé. Le promesse lo avevano gettato in quel baratro. Il nitrito del cavallo lo fece sognare un poco, non parlava con amicizia a qualcuno da molto.
    -"Andremo dai Tyrell, gli riportiamo una cosa.. Che cosa? Un'anello!". Duncan si alzò, facendo perno quasi unicamente sulla sua spada, Veglia.
    -"Porteremo questo anello ad una principessa, riesci a crederlo? Te, lurido sacco di zecche porterai me da una principessa, lo so, è incredibile".
    Duncan con gran fatica riuscì a mettersi in piedi ed a montare il cavallo che Lord Varys gli aveva procurato.
    -"Come dici? Dove sono Carden e gli altri? Sono morti amico mio, andiamo, andiamo".
    Sulle labbra di Duncan si posò un bruttissimo sorriso.

    I due cavalcarono per un'oretta buona prima di incontrare i primi segni delle difese di confine; Duncan evitò di preoccuparsi inutilmente, con sprezzatura si gettò nelle fauci della dogana Tyrell.
    Si portò con il cavallo sino alla guardiola più vicina, mostrando le mani nel modo più chiaro possibile.
    Avrebbe attraversato la frontiera e si sarebbe fatto largo lungo la Strada Regia che lo avrebbe condotto ad Altogiardino. Il perché Duncan stesse facendo tutto ciò era incerto. Lui stesso intimamente continuava a domandarselo, cosicché, per l'ennesima volta, corse anche il rischio di commettere l'ennesimo errore. L'unica certezza al momento, nella vita del Dondarrion, era la folle ed inspiegabile presenza che lo stava assecondando; quella Fanciulla, la cui natura gli era ignota, che lo favoriva se evocata, che lo guidava se incerto. Non poté giurarlo, ma qualcosa dentro di lui lo assecondò, suggerendo che quella di portare l'anello ad Aconé, come preventivamente pensato, potesse essere una buona idea.
    Duncan chiuse gli occhi e deglutì con forza; stava ballando da tanto tempo, a breve, dopo le ultime piroette, si sarebbe finalmente concesso un po' di riposo.

    -"Uomini dell'Altopiano.. Devo passare", urlò senza avversità nella sua voce.
    -"I miei uomini dicevano che ho la bocca di un mendicante quando parlo, e che per quanto possa essere bello come il Guerriero.. Parlo come l'Estraneo!", disse accennando un sorriso sornione e stanco, "Ma vi giuro che oggi le mie parole sono sincere", disse mostrando un sorriso stanco e truffaldino.
    -"Il mio nome è Duncan Dondarrion, figlio di Beric, Capitano disertore di Blackheaven e agente della Corona di Rhaegar.. Vengo da Sala del Raccolto.. Ho appena ucciso Darion Baratheon per ordine del Re.. Devo recarmi ad Approdo del Re per riunirmi con le forze della Corona, prima però ho una faccenda da sbrigare alla corte di Mace..", Duncan si morse la lingua e si umettò le labbra, in pubblico non sapeva davvero parlare.
    "Uomini dell'Altopiano, le forze dei Selmy sono senza Comando, i loro ranghi sono scialbi ed il morale a terra.. Lady Ashford è ancora nei pressi di Sala del Raccolto, ma ho disposto degli uomini a proteggerla! Ora che le chiacchere sono finite, fatemi passare!".

    Parole: 1867
    Dudu usa la sua lingua dorata da 16 di Diplomazia (ti dirai: ma come fa ad avere 16 se è impudente ed io ti risponderò: ha cagato un sacco di punti diplomazia nelle libere) cerca di esporre i fatti secondo incontrovertibile verità affinché tutti sappiano quanto è fico Duncan Dondarrion e che Dudu non merita il carcere solo perché viene dalle Stormlands perché sarebbe altamente discriminatorio

     
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    Tiro di Seduzione Duncan vs Gunthor Hightower
    [Giudizio mod + Affinità bersaglio/10 + Liv Competenza Seduzione/2 + (Attrazione + Diplomazia)/4] - [Giudizio mod + Intrigo/2 + liv controspionaggio*5]
    Giudizio mod Duncan= 5 circostanza (eri pur sempre il nemico fino a ieri) 4 modalità (ma sei sincerissimo e patatoso) 4 scrittura= 13 punti
    Affinità Duncan vs Gunthor= Affinità casata/2 + Affinità casata maggiore/8 + Affinità vassalli/8 + Affinità cultura/2 + Affinità culto/100*pietà controparte + Affinità tratto specifico/5 + Affinità pg= 0 + 2/8 +4/8 + 0 + 35/100*50 + 25/5 +0= 0,25 +0,5 +17,5 +5= 23,25
    Giudizio mod Gunthor= 7 circostanza (eri il nemico fino all'altro ieri) 2 modalità= 9 punti
    Gunthor PNG LV 8
    Diplomazia 10
    Marzialità 50
    Amministrazione 5
    Conoscenze 5
    Intrigo 10

    [13 + 23,25/10 + 0 + (0+16)/4] - [9 + 10/2+0]= (13+2,32+4) - 14= 5,32 Seduzione parzialmente riuscita


    L'arrivo del Dondarrion mandò in confusione i soldati di guardia che si affrettarono a chiamare il loro capitano, tale Ser Gunthor, nome e volto del tutto sconosciuti per il giovane Duncan. Qualcuno esultava per la morte del Baratheon, inviso nemico, qualcun altro domandava la testa del Lampo, lì e subito. A calmare le acque ci pensò il Comandante che col suo semplice arrivo bastò a zittire tutti i presenti; ascoltò attentamente quanto era accaduto e restò in silenzio per qualche lunghissimo minuto prendendosi il tempo per decidere cosa fare, quindì spedì un paio di uomini in esplorazione per verificare le informazioni del ragazzo di Blackhaven.
    "Ser Gunthor Hightower, cavaliere di Alta Torre e figlio di Lord Layton. Da quando i Dondarrion sono al servizio del Re?"-la domanda legittima dell'uomo doveva derivare dal vedere le forze di Blackhaven muoversi in accordo con i comandi di Steffon, oppure era trapelata qualche informazioni sulla morte del Principe Targaryen?
    "Non conto neppure i soldati morti dall'inizio di questa guerra, ma qui, su questo striscio di terra al confine con le terre dei Baratheon, ho perso ben due nipoti. Arthur è morto in battaglia, nella schermaglia contro i Selmy e giusto stamattina mi hanno riportato il cadavere deturpato di Manfred, colpevole solo di essere partito alla ricerca di Lady Ashford."
    Era una guerra e la gente moriva, casa Hightower avrebbe dovuto sottostare a questo ordine degli Dei come qualsiasi altro essere umano. Passarono diversi minuti prima che un fuoco in lontananza segnalasse al cavaliere l'informazione che aveva mandato a verificare: Darion Baratheon era davvero morto. Il volto dell'uomo sembrò sollevarsi anche se forse gli era rimasta la stizza di non aver provveduto all'omicidio con le sue stesse mani.
    "Bene. Pare che le cosa siano come dite, avrete assicurato il passaggio fino alla corte di Mace ma vi scorterò personalmente."-lo sguardo di Ser Gunthor si posò negli occhi del Dondarrion scrutandolo con attenzione. "Non lascerò che qualche spada di Steffon ponga fine alla vita di un'altra delle mie nipoti. Vi accompagnerò personalmente, Ser Cuy mi sostituirà al comando degli uomini."

    Dunque, tiro di seduzione riuscito a metà, hai Ser Gunthor che ti accompagna dunque.
    Hai da descrivermi ben 10 giorni di viaggio a cavallo, a te decidere che fare, arrivi alle mura di Alto Giardino.
     
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    "Ser Gunthor Hightower, cavaliere di Alta Torre e figlio di Lord Layton. Da quando i Dondarrion sono al servizio del Re?"

    Duncan non fece una piega. Il dolore che correva come un bambino impertinente lungo tutte le sue ossa ne avrebbe deformato il viso in una condizione normale, il Lampo non si sarebbe fatto vedere dolorante proprio nella tana dei Tyrell.
    -"Non lo sono Ser Gunthor", rispose con freddezza. Duncan non accennò a scendere da cavallo, anche perché questa volta se l'avesse fatto non avrebbe più trovato le forze per montarlo nuovamente.

    "Non conto neppure i soldati morti dall'inizio di questa guerra, ma qui, su questo striscio di terra al confine con le terre dei Baratheon, ho perso ben due nipoti. Arthur è morto in battaglia, nella schermaglia contro i Selmy e giusto stamattina mi hanno riportato il cadavere deturpato di Manfred, colpevole solo di essere partito alla ricerca di Lady Ashford."

    Il giovane Dondarrion volse lo sguardo al suolo, al basso, lanciando le sue pupille sul marcio fango che ingoiava gli zoccoli di quella sua bestia senza nome. Dei nipoti dell'Hightower non gliene importava poi molto, i lutti ed il dolore che ancora gli contorcevano le membra non gli lasciavano lo spazio per dispiacersi anche per altri.
    -"Capisco, mi spiace per le tue perdite", disse con il tono più cortese di cui la sua lingua fosse capace, una cortesia falsa come le lune rosse delle leggende. Un colpo di tosse, forte, secco, lasciò sulle mani del Dondarrion un denso mugolo di sangue. I polmoni, infiammati di una potente cattiveria, chiesero pietà ad un padrone senza controllo. Di primo istinto Duncan avrebbe dato un forte colpo di reni al cavallo ma non era ancora così in confidenza con i suoi nuovi carcerieri dal poterli congedare con così celere lena.
    Tutti lo fissavano, fissavano lui ed un'indistinto punto perso nella vastità dell'orizzonte. Stavano verificando le notizie che Duncan aveva portato con sangue e fatica; non gliene fece una colpa a dire il vero, ma la stanchezza e le ferite lo sollevarono dalla gioia di poterli ringraziare.
    Quella sull'orizzonte ad una certa si illuminò, con una certa flemma, con una determinata incertezza.
    Duncan chiuse gli occhi e prese una boccata d'aria tiepida.

    "Bene. Pare che le cosa siano come dite, avrete assicurato il passaggio fino alla corte di Mace ma vi scorterò personalmente."

    Con le occhiaie di un Morto Duncan osservò bene l'uomo.

    "Non lascerò che qualche spada di Steffon ponga fine alla vita di un'altra delle mie nipoti. Vi accompagnerò personalmente, Ser Cuy mi sostituirà al comando degli uomini."

    Le guance di Duncan si gonfiarono, quasi comicamente, ed un lungo fischio uscì dalla sua bocca, era il segnale per il suo cavallo; la bestia fece i primi passi per la casa dei Tyrell e così fece anche il cavaliere di Hightower.

    -"Ah", disse Duncan sul finire, "da quello che so una prigioniera di una certa importanza dovrebbe essere a spasso per i boschi in questo momento". Duncan sorrise all'idea che una pattuglia Tyrell potesse trovare Carden ed i Briganti con la Ashford; sarebbero stati tre problemi in meno sulla coscienza del Dondarrion.

    ___




    Le giornate passarono lente; non certo con la placida calma tipica della lenta gioia estiva, ma con la dolorosa procrastinazione dei giorni d'inverno, in cui la sofferenza non lascia dormire ed il sonno scaccia la pace. Il paesaggio era molto diverso da quello a cui Duncan era abituato nelle Terre della Tempesta; a dire il vero tutto sembrava visto per la prima volta, ancora memore della sua prigionia. Già trascorse delle giornate nell'Altopiano, il cuore del ragazzo cominciò a riempirsi di nascosto delle bellezze di quella natura verde smeraldo. In quei giorni di sofferenza l'unico palliativo ai dolori incessanti che il suo corpo stava gestendo erano i cinguettii degli uccelli, le brine del mattino e le foglie carnose ancorate agli alberi.
    Ancora poco e Duncan sarebbe stato libero.
    In quei giorni osservò spesso il cielo, per molti versi lo stesso che osservava da Roccia del Drago, diverso, in certo senso qualcosa di completamente differente. Non scambiò molte parole con il cavaliere, non si premurò di informarlo del suo tentativo di soccorso della Ashford né dei suoi trascorsi con i membri della famiglia Tyrell.
    In quel momento il Re stava probabilmente riprendendo la Capitale, ed in virtù del suo sciocco e nuovo senso dell'onore, Duncan stava perdendo l'ennesima occasione. Sarebbe arrivato da Mace, avrebbe avuto un colloquio con Aconé, avrebbe a questa reso l'anello della vendetta e avrebbe finalmente chiuso con il suo passato. Certo avrebbe anche reso i suoi omaggi ad altre figure lugubri e silenziose, ma si trattava di qualcosa di collaterale e in secondo piano.
    Con il benestare dei Tyrell Duncan avrebbe poi potuto risalire la Strada del Re con facilità, raggiungendo la Capitale in poche settimane.
    In un mese o due, Duncan Dondarrion si sarebbe completamente ripulito dal fango del disonore.

    ____



    Alla fine giunsero davanti alle Mura di Altogiardino, un luogo che Duncan in totale sincerità non aveva mai visto. Si chiese se anni prima le sue missive fossero passate dalle alte camere che torreggiavano sulla piccola pianura. Il giovane Dondarrio strinse i denti e guardò il compagno di viaggio, lo invitò a procedere per primo.
    -"Quindi questa è Altogiardino? Decisamente diversa da Capo Tempesta.. Tu ne hai fatta di strada per assicurarti che non potessi tagliare la gola di nessuno eh? Hai fatto bene ragazzo.. 'Ragazzo', ma se avrò la metà dei tuoi anni..", Duncan cominciò a straparlare, posseduto da un'euforia velenosa e tutto meno che contagiosa.
    -"Ora vedremo Mace, giusto? E Aconé Tyrell.. Dicono sia la donna più bella dei Sette Regni! Ma questo di certo lo saprete già.. Quello che non mi aspetto sappiate è che io e lei ci siamo già incontrati.. E se la Fanciulla lo vorrà, da questo pomeriggio sino alla fine dei miei giorni il suo nome non dovrà più sfiorarmi le labbra"; Duncan strinse forte l'anello di Darion nella tasca. Una tensione crescente gli gelava la cute, gli faceva battere forte il cuore. Tutto quell'odio che lasciava e riprendeva il suo corpo non era più lo stesso che provava tempo addietro per la Principessa di Sala dell'Estate. Rimorso e rabbia evocavano in lui sufficiente tensione ad uccidere un cuore anziano.
    Avrebbe consegnato quell'anello e di Aconé non avrebbe mai sentito parlare.

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    "Ser Gunthor Hightower, accompagnato da messer Duncan Dondarrion. Chiediamo di vedere Lord Mace."
    I cancelli di Alto Giardino si spalancarono al nome dell'Hightower, segno che forse la sua presenza al fianco del Lampo non era stata solamente un ostacolo. Stranamente per i tempi di guerra in cui si trovavano, il clima era sereno e le atrocità della battaglia non avevano ancora attaccato il castello sulle rive del Mander; i soldati lasciavano ondeggiare la bandiera verde ed oro di Casa Tyrell nel vento ed un paio di guardie accompagnarono i due sopraggiunti fin dentro la sala delle udienze. Lord Mace, tondo nel viso e dalle guance più rosse dei capelli sparuti, neppure era seduto sul suo scranno correndo invece incontro al cavaliere che salutò con un abbraccio caloroso.
    "Gunthor! Buone nuove dal confine?"-quindi rivolse finalmente la sua attenzione verso il figlio di Blackhaven al quale sorrise quasi con un sogghigno compiaciuto.
    "Anche nelle Terre della Tempesta è giunta notizia della schiacciante vittoria dell'Altopiano a Lannisport, eh? Presto tutto l'Ovest cadrà sotto la bandiera Tyrell, avete fatto bene a ravvedervi e a scegliere la giusta parte della battaglia. I Dondarrion si arrendono dunque? Non temete, saremo misericordiosi con chi riconoscerà il titolo legittimo di Rhaegar Targaryen. "

    qui per i riferimenti temporali.
    Mace è impettito e ringalluzzito dalla vittoria di Tosco ed Astion XD
     
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    Delle guardie si sporsero dai parapetti delle mura di Altogiardino, l'energumeno ne approfittò per annunciare la presenza sua e di Duncan. Non sembrò battere ciglio davanti alle parole del Dondarrion, poco male. Duncan era davvero molto teso, il ché poteva apparire non poco sorprendente; le occasioni in cui Duncan aveva rischiato grosso erano davvero molte, innumerevoli se considerata la giovane vita del ragazzo. In un certo senso, la serenità era una lontana isola che ogni tanto si faceva calpestare da un Duncan naufrago; forse era questo il motivo di quella attuale tensione. Se tutto si fosse concluso al meglio Duncan sarebbe stato ad un passo più vicino alla totale liberazione dai suoi obblighi; il piede destro testava nervosamente lo sperone, il cavallo cominciava ad innervosirsi. Le porte cominciarono a schiudersi al consueto modo in cui la porta di una cittadella si apre, eppure Duncan percepiva quel movimento lento, un lentissimo trascinarsi di legno e fango. Gli occhi di Duncan erano rossi, iniettati di sangue, il suo stomaco era un vagabondo senza meta. Non riusciva a trattenere quel turbinio di emozioni che la mania e l'isteria provocano, eppure doveva provarci.
    Le porte finalmente si aprirono, e i due poterono vedere quanto ancora benessere vi fosse nelle case delle signorie. Duncan distese gli occhi come i bambini sono soliti fare davanti agli oggetti delle proprie voglie; occhi di un uomo piegato, inerme davanti alla sorpresa. La foga del Lampo venne meno davanti all'ira crescente che per poco non attanagliò il suo cuore. Questo era Altogiardino, Capo Tempesta non avrebbe mai potuto competere con i Tyrell, pensò tra sé e sé. Era palese che vettovagliamento e ricchezze scorressero felici tra quelle pietre come il rosso d'Arbor scorre nel ventre di ogni uomo del Continente. Un rigetto di disgusto fece aggrottare la fronte di Duncan nel mentre i due cavalli mossero i primi passi verso l'interno della fortezza.
    'Quindi è qua che sono cresciuti Hadray ed Aconé', pensò con un incerto risentimento il ragazzo. 'Alerie deve aver passato del tempo qua', si disse guardandosi attorno. La gente sorrideva, si toccava con fare amichevole, affrontava il futuro con un sentimento positivo, con la speranza nella provvidenza e nella guida del suo signore. Gli occhi di Duncan erano due spilli in valli buie, la sua bocca una sottile linea tesa incastonata in un volto macchiato da un'ignoto dolore.
    'La mia vita..', pensò Duncan con grande difficoltà, 'queste persone, cosa potevano sapere di me'. Il respiro si fece più calmo, disteso, simile a quello di un coniglio che vive l'ultimo istante del morso della volpe. La calma nascondeva rassegnazione ed amarezza; quel suo desiderio, di scappare, di chiudere quella storia, era talmente opprimente che le sue spalle non ne poterono più gestire il peso. Duncan espirò con forza, facendo uscire tutta quell'ansia che si annidava nei suoi polmoni, tutta quella cattiveria che si nascondeva nel petto. Arrivarono quindi alle stalle, smontarono da cavallo ed affidarono le briglie a due giovanotti, intenti a guadagnarsi il pane della sera. Duncan li guardò e non poté che notare che fossero piuttosto in forze, tanto che a Blackheaven potessero essere scambiati per i figli dei funzionari di suo padre. Il Lampo soppresse ogni negatività, deglutì e lasciò loro quelle dannate briglie.
    -"Sapete dirmi dove si trovano i giardini dei morti?", chiese Duncan all'Hightower. Il cavaliere alzò il braccio in una direzione alquanto vaga, Duncan la memorizzò in testa; saperlo gli sarebbe servito. Il saluto ai due morti era parte integrante del motivo per cui il Cavaliere dei Salici si trovava in quel castello, anche se più il suo cuore si avvicinava a quei cadaveri e più ne prendeva le distanze.
    Le porte della sala grande si aprirono, questa volta con un rapido frusciare d'aria; la meraviglia della sala del trono di Altogiardino si palesò davanti agli occhi di Duncan, il quale non sembrò cader vittima di quel ricercato fascino. I due uomini procedettero verso lo scranno di Mace, occupato a dovere dal corpulento Lord dell'Altopiano. La massiccia figura si alzò, ed in pochi secondi braccò rovinosamente. Le mani del Tyrell coprivano la fredda cotta dell'Hightower, le dita ne deformavano la fermezza.
    "Gunthor! Buone nuove dal confine?", c'era qualcosa nella voce di quell'uomo che Duncan avrebbe volentieri definito 'patetico', anche se infondo poteva semplicemente trattarsi un crudele commento che un nemico riserva ad un nemico. La foga con cui quelle parole uscirono suggerì che tutta la concitazione di quell'uomo nascondesse un'anima votata ad un metallo diverso da quello della spada. Duncan trattenne un ghigno sdegnoso.
    "Anche nelle Terre della Tempesta è giunta notizia della schiacciante vittoria dell'Altopiano a Lannisport, eh? Presto tutto l'Ovest cadrà sotto la bandiera Tyrell", il cuore di Duncan si fermò; se la sua mente già abbandonava quei vecchi costumi da Orientale, la sua anima ragionava ancora nell'interesse delle Terre della Tempesta; se così fosse stato quei mercanti dei Tyrell avrebbero avuto abbastanza fondi da comprare l'intero Continente. 'Non sono miei problemi', si disse Duncan soffrendo di una fortissima invidia.
    A risposta, il cavaliere errante abbassò lo sguardo e piegò il capo, cercando di compiacere l'ego del signore di Altogiardino.
    "avete fatto bene a ravvedervi e a scegliere la giusta parte della battaglia. I Dondarrion si arrendono dunque? Non temete, saremo misericordiosi con chi riconoscerà il titolo legittimo di Rhaegar Targaryen". Sorprendentemente, anche se in cuor suo Duncan colse una maligna ed aggressiva volontà di sadismo nel colloquio, il giovane Dondarrion rimase molto più deluso dalla prima asserzione che dalla seconda.
    I Sette Regni sarebbero stati più verdi in futuro.
    Duncan, con il medesimo tono di voce che potrebbe sfoggiare un Septon, si sincerò che tutto fosse chiaro anche a Mace. Il ragazzo abbassò il capo, mietendo il suo orgoglio; poggiò il ginocchio sul pavimento e si presentò com'era consuetudine fare.
    -"Il Mio nome è Duncan Dondarrion mio signore, agente per conto di Rhaegar, stento a confidare vi ricordiate di me, ho duellato con vostro figlio al torneo in onore delle nozze della vostra primogenita". Duncan si interruppe, ingoiando quanta più bile gli fosse possibile.
    -"Mio signore, temo di rappresentare solo me stesso oggi", disse Duncan alzando lo sguardo.
    -"A dire il vero ho molta difficoltà a pensare ad una resa di Blackheaven o di Capo Tempesta", disse ora guardando Lord Mace.
    -"Mio signore, perdonate la mia scortesia, ma il mio viaggio dovrà proseguire al più presto, le notizie che porto devono raggiungere le orecchie di Rhaegar il prima possibile.. Darion Baratheon è morto, il fronte dell'Est è indebolito". La voce si fece roca, tossì un paio di colpi per ristabilirla.
    -"Posso immaginare che queste notizie vi possano compiacere.. Mio signore, davanti agli Dei Antichi e Nuovi, per grazia della Madre e del Padre.. Questo cavaliere errante ha due richieste da fare a Vostra Grazia", la voce di Duncan divenne un turbine di sozze cortesie; in cuor suo si odiava, ma sapeva che questo fosse l'unico modo per uscire da quella situazione, ne aveva fatta di strada da quei tempi in cui con la lingua si metteva solo nei guai.
    -"In primo luogo.. Ho sentito della tragedia che ha colpito le vostre terre.. L'onore delle armi mi impone di rendere omaggio a vostro figlio, Mio Signore.. Ed alla ragazza a cui il mio cuore appartenne prima della sua dipartita..", disse senza emozioni il cavaliere dei salici.
    -"E se questa cortesia non mi fosse concessa, vi prego di concedermi questa seconda, perché i vivi hanno più dei morti bisogno della Pace, Mio Signore..", gli occhi di Duncan brillavano di una patina umida, sincera e disperata; se per quei 'vivi' intendesse lui o Aconé non avrebbe saputo dirlo. Duncan toccò l'anello che portava con sé, senza mostrarlo.
    -"Posseggo qualcosa che appartiene di diritto a vostra figlia Mio Signore.. Vi prego di concedermi di poterla incontrare.. Anche accompagnato dall'intera guarnigione del vostro castello se questo potesse agevolarvi a concedermi questo privilegio". Il volto del Dondarrion si fece rosso come il fulvo pelo di un pingue gatto. Gli occhi erano due perle in un campo magenta. Il giovane, terrorizzato dall'idea di non poter ottenere quel che andava cercando, si gettò nuovamente in ginocchio.
    -"Questo errante già conobbe vostra figlia, e a lei fece un solenne giuramento.. Più di una volta le giurai che avrei vegliato sulla sua incolumità.. Davanti a voi avete un traditore Lord Mace, ho espiato le mie colpe ma le mie colpe hanno causato delle conseguenze". La mente di Duncan dimenticò la cortesia, e cominciò a parlare liberamente, con l'animo candido di un bambino.
    -"La redenzione di un uomo non deve dipendere dalle volontà dei suoi simili, spetta agli Dei giudicare l'operato in vita dei fedeli.. Mio Signore, sono certo che la mia vita non può essere redenta se la mia ambasciata non potesse compiersi", un nodo alla gola frenò il Lampo dal parlare ulteriormente.
    -"Benché le mie buone intenzioni il male dell'avidità ha corrotto il mio cuore con la stessa facilità con cui un incendio ingoia i campi di grano l'Estate.. Dalle mie promesse ad Aconé sono nate solo serpi che hanno dato inizio ad un irreparabile declino Lord Mace.. Quel che è rotto rimarrà rotto in eterno, se però mi sarà possibile riparare il più possibile.. Quella sarà la mia missione Mio Signore.. Vostro figlia non ha più marito per colpa mia e dei miei conterranei", disse con l'incertezza di un cerbiatto braccato dai lupi. La verità che Duncan omise era ancor più nera, non era certo di chi fosse stata la mano che abbatté Daerion, se fosse stata quella di Beric il suo sangue avrebbe avuto ancor più bisogno di quella doccia redenta.
    -"Vostro nipote non ha più un padre per colpa del mio, e per colpa mia..".
    Preso dalla disperazione Duncan aprì la camicia logora, già macchiata del sangue rappreso della suo precedente pegno alla Fanciulla. Estrasse velocemente la daga affidatagli dagli agenti di Varys e se la puntò con altrettanta velocità al petto.
    Un'aura di disperata follia si addensò alle spalle di Duncan. Sarebbe stato chiaro a chiunque in quella stanza che il giovane non fosse solamente determinato ad ottenere quell'incontro. Davanti a tutti si palesava un giovane uomo sfinito, sfiancato dalla sofferenza e dalla vita, consunto dal rimorso e da una follia che più non temeva la luce del giorno.
    Il volto del ragazzo era teso, rivolto a Lord Mace.
    -"Ho giurato sul mio nome per troppe volte Mio Signore, se lo desiderate lo giurerò sul mio sangue! Lasciate che questo vagabondo possa parlare con vostra figlia, e di Duncan Dondarrion non sentirete mai più parlare!".
    La pena nel suo sguardo si dissolse, lasciando invece spazio ad una cupa determinazione che lasciò trapelare una disagevole sensazione di pericolo. Quello non era il Severo Duncan che atterrò Hadray, non era il cavalleresco Lampo che prometteva amore ad Alerie, non era l'infido Dondarrion che fece sprofondare le Terre della Tempesta nel loro riottoso stato. Non si trattava più di un ragazzino i cui strani comportamenti alla meglio potevano suscitare compassione, si trattava di un giovane uomo, e quel modo di relazionarsi con gli altri non poteva che nauseare l'interlocutore. Qualcosa di estremamente sbagliato si fece strada anche nella coscienza del ragazzo, che poté ritenersi sufficientemente conscio di quello che stesse facendo da disgustarsi da solo.


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    "Darion Baratheon è morto?"
    Lord Mace appariva visibilmente confuso e quella parole una figura femminile fece il suo ingresso dal fondo della stanza; chiunque avesse studiato almeno a grandi linee la genealogia delle più importanti famiglie nobiliari del continente non avrebbe fatto difficotà ad immaginare nella donna la famigerata Rosa di Spine, Lady Olenna. Il Tyrell sembrava quasi a disagio di fronte all'inginocchiato Dondarrion e si grattò il mento un paio di volte lanciando occhiate interrogative a Ser Gunthor che si limitò ad annuire, a confermare le parole del Lampo.
    "Beh... immagino che se servite Rhaegar non c'è motivo di vietarvi di porgere i vostri omaggi ai nostri morti ecco...siete libero di visitare il sepolcreto."
    Una prima, seppur umiliante, vittoria.
    "Tuttavia mia figlia non si trova qui, è andata..."
    "In un posto sicuro."
    Lady Olenna era infine intervenuta interrompendo il parlare del figlio ed avvicinandosi al trio di uomini per prendere parte alla conversazione; a differenza di Mace che si era lasciato immediatamente convincere dalle parole del Dondarrion e dalle sue azioni, era evidente che la donna invece desiderasse mantenere celata l'ubicazione della nipote fino a quando non fosse stata sicura delle intenzioni di Duncan.
    "Ma non vi preoccupate, sarò felice di consegnarle questo anello per voi quando tornerà ad Alto Giardino, non sono affari da uomini questi..." -aggiunse allungando il palmo della mano aperta in direzione del Lampo.

    Puoi scegliere se consegnare l'anello ad Olenna e spicciarti così, farti i tuoi ragionamenti per conto tuo, provare a scoprire di più ecc.
    Se non chiedi null'altro ad Olenna e Mace, puoi già raggiungere l'ingresso del sepolcreto che si trova in un boschetto segnato da questa bella statuina
    9fd3da48bc76aa2e84b2ff409130b6a0
    Se vai, hai tre sentieri nei boschi: a sinistra i nobili "minori", a destra i nobili della famiglia Tyrell, dritto per dritto i Lord passati.


    Ti fermo qui perché in base a come rispondi ad Olenna potrebbero esserci "occhi" a seguirti o meno.
     
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    Il volto di Mace sembrò cadere vittima dell'emozione similmente a come accade con i bambini; Duncan si perse a sua volta in una espressione dubbia ed interrogativa.
    -"Darion Baratheon è morto?".
    Il giovane errante non fece a tempo a rispondere a modo, e si lasciò sfuggire solo un lento e disarmato "si". Accadde invece che le porte della sala si aprirono di nuovo, questa volta per accogliere un demonio assai più esperto del figlio di Beric. Le pupille del Dondarrion si dilatarono incredule, soffocate dalla penombra fosca che annebbiava quella vista disturbata. La Rosa di Spine aveva omaggiato l'arrivo di Duncan nella dimora dei Tyrell, o quanto meno aveva percepito la presenza di nuove interessanti per i drappi smeraldo dell'Altopiano. L'aria si fece pesante, la tensione dentro al Dondarrion si fece insostenibile. Da Mace giunsero parole di conforto, non ebbe particolari difficoltà a cedere davanti all'idea che Duncan potesse dire la verità, ad ogni modo il giovane si persuase che quella convalida valesse assai poco. "Beh... immagino che se servite Rhaegar non c'è motivo di vietarvi di porgere i vostri omaggi ai nostri morti ecco...siete libero di visitare il sepolcreto". Non era affatto quel che Duncan voleva sentirsi dire, il suo cuore continuò a battere al ritmo di forgia. La mano della spada, che con risolutezza tratteneva la daga, piano piano cominciò a cedere di fermezza, annunciando il suo ritiro dalla scena. *La forte presa di Gunthor affondò nei drappi che costeggiavano la spalla. La mano del cavaliere si alzò, suggerendo a Duncan, di conseguenza, di seguirlo nel movimento. "Coraggio", disse a denti stretti e con rassegnazione il cavaliere.
    Duncan dunque lasciò la teatrale prostrazione e rinfoderò la daga, allentando la tensione della sala.
    "Tuttavia mia figlia non si trova qui, è andata...".
    Duncan riprese immediatamente il suo sguardo su Lord Mace, tale l'apprensione del giovane uomo che per poco non accennò a svenire sul posto.
    -"In un posto sicuro". Il giovane Duncan torse velocemente il collo, in direzione della Donna che tutto decideva in quel maniero, incrociò gli occhi di Olenna per poi subito abbassarli; non era nella sua natura sostenere un tale confronto. In un attimo tutto il castello di speranze che il giovane cavaliere errante si era costruito crollò sotto il peso della realtà, le fragili mura della libertà aveva resistito ancora una volta, il suo compito non era terminato e non accennava a farlo. La mente vacillava, come uno scudiero mingherlino fa sotto i colpi del suo cavaliere; molti pensieri si accavallavano, da un lato dei bui e tristi lamenti si facevano larga strada tra le vie della sua anima, dall'altra, pochi e sparuti insiemi logici cercavano di capire quale potesse essere un luogo sicuro; immediatamente al Dondarrion venne in mente Arbor, per via del suo isolamento dal continente.
    Gli occhi del ragazzo divennero rosei, tratteneva delle lacrime nervose che conservò per un momento di intimità. La sua cerca non era ancora terminata. Le labbra di Duncan tremarono un poco, solo per poi irrigidirsi, più ferme che prima.
    -"Ma non vi preoccupate, sarò felice di consegnarle questo anello per voi quando tornerà ad Alto Giardino, non sono affari da uomini questi...". Gli occhi di Duncan sgranarono. Come poteva quella donna sapere cosa stesse con forza cingendo nella tasca? Quella donna doveva condividere l'intelligenza della nipote, o a questa sicuramente aveva trasmesso furbi insegnamenti. Il giovane deglutì con difficoltà, prendendo tempo e tentando di capire come muoversi in quel giardino zeppo di spine.
    La donna allungò la mano in direzione del Dondarrion. Il cuore batteva forte, si trattava dell'ennesima scommessa; sarebbe mai giunto il giorno in Duncan avrebbe avuto dalla sua qualcosa per contrattare?
    Duncan strinse con forza l'anello, tirandolo fuori dalla tasca.
    -"Solo una madre potrebbe capire il mio gesto, suppongo", disse con grave durezza nel tono. L'anello brillò un poco alla luce della sala, i filamenti d'oro erano ancora lordi di sangue e quegli aloni lasciavano inquietanti sfumature ramate.
    -"Ricordo il volto di vostra nipote a stento, Lady Olenna, ma ricordo il suo spirito, lo stesso spirito che mi gettò il mio cuore nella folle rabbia di un traditore".
    Duncan ripose l'anello nella tasca del suo farsetto, fatto ciò cominciò a muoversi, con lentezza in direzione della donna.
    -"Ricordo invece molto bene il volto di vostro nipote", disse riferendosi ad Hadray, "Con lui fui assai più onesto". Duncan si mosse quindi lungo la sala, incrociando gli sguardi dei soldati presenti.
    -"Hadray Tyrell, "Radici d'acciaio", quale epiteto fu più sbagliato!", disse sorridendo con amarezza, "Ricordo il suo volto perché l'ultima immagine che ho di lui sono i suoi occhi marroni e bui che mi fissano, disteso nel fango delle fosse da combattimento di Approdo del Re". Duncan deglutì trattenendo lo sconforto dei ricordi. Si voltò quindi verso Mace.
    -"I miei colpi erano netti, decisi, ma pur sempre colpi menati da un giovane figlio di vassalli, eravamo ragazzi..". Il cuore di Duncan si chiuse pensando al tempo che passa.
    -"Hadray mi colpi con foga, era veloce e preciso, per ogni colpo che misi a segno lui ne metteva a segno tre.. Ma alla fine lui cadde al suolo.. Ed io no". Il volto del Dondarrion affondò nella memoria, i suoi occhi la cercavano nel pavimento della sala del Trono di Altogiardino.
    -"Ricordate com'è finito quello scontro Mio Signore? Mia Signora? Ho ceduto la vittoria al cavaliere che i vostri uomini ricordano come 'Radici d'Acciaio". Duncan sembrò chiudere anche la gola dopo il cuore.
    -"Se mai vi foste chiesti il perché lasciate che sciolga oggi il vostro dubbio.. Poche ore prima giurai a vostra figlia, Mio signore, e quindi a vostra nipote Mia Signora, che avrei vegliato sul suo onore in combattimento, punendo così il mio Signore, Darion Baratheon, per le ingiurie che la Rosa di Spine aveva subito poco prima". Lo sguardo di Duncan era fermo, come quello di una vipera; la voce cambiò di colpo, apparendo meno tesa.
    -"Al momento del duello non ritenni che fosse conveniente infierire su Hadray a fronte della promessa fatta a vostra nipote, Lady Olenna", disse Duncan tornando dalla donna.
    -"Ciononostante, ho fatto un giuramento, ho mantenuto il mio giuramento", disse tirando fuori nuovamente l'anello, "e questa ne è la prova", disse con nuova fermezza. Duncan si rivolse nuovamente agli uomini d'arme nella sala.
    -"Ho tradito, ho pagato e mi sogno guadagnato la libertà.. Ho combattuto contro Darion Baratheon il Penitente, sul corpo ho i lividi del suo martello, nel fodero la daga che gli ha tolto la vita e nella tasca il ricordo di sua moglie!", disse alzando di molto il tono. Il suo sguardo tornò quindi verso Lady Olenna.
    -"Forse non si tratta di una faccenda da uomini Lady Olenna, Mia Signora, ma questa certamente è una faccenda d'onore".
    Duncan deglutì di nuovo, impaurito dalla tenzone con quella reverenda belva.
    -"La mia assoluzione può attendere, sarò io a consegnare questo anello a vostra nipote, Lady Olenna". Il petto stava esplodendo, il terrore della forca e dell'onta stavano ghermendo le membra di Duncan; forse gli sarebbe andata bene, oppure no, in qualche modo la vicenda sarebbe finita e questo era l'unico pensiero che gli passava in testa.
    -"Miei signori, vi chiedo congedo, oggi renderò omaggio ad un amico ed alla donna che un tempo amai se gli Dei me lo concederanno".
    Una tremenda frustrazione ghermì ogni muscolo del corpo di Duncan. Al Mondo c'era solo una persona che avrebbe potuto aiutare il Dondarrion a rintracciare Aconé Tyrell, e quella persona abitava le terre più remote del Continente. Un profondo stato di disagio disgustò il ragazzo; avrebbe davvero fatto di questa sciocchezza la sua ragione di vita? Fu una notte triste quella in cui Duncan, nella speranza di potersi confidare con un improbabile sodale, confidò a quello che oggi è Lord Caleb Stark il suo amore per Alerie Tarly; invece di ricevere utili consigli su come conquistare la giovane, Duncan ottenne delle inespresse confidenze sul sentimento del Lord* nei confronti di quella che sarebbe diventata la moglie di suo cognato. Se quella condivisione fosse nata per disperazione o per entusiasmo Duncan non sapeva dirlo; nel caso quella confessione fosse stata traghettata invece da una simpatia che andava oltre i confini della conoscenza, di una fiducia che nasce al di là della ragione ci sarebbe stata ancora una vera speranza per il Lampo di Bosco delle Piogge. Ma lo avrebbe veramente aiutato dopo tutto questo tempo? Dopo il tradimento di Duncan, dopo le guerre, dopo la sua nomina a Lord di Grande Inverno? Un nodo terribile alla gola suggerì al ragazzo che nemmeno lui seppe sciogliere.
    L'ultima speranza di Duncan per vivere sereno sarebbe stato risalire l'intero continente per vincere una scommessa con il Destino.
    Avrebbe fatto visita a quei simulacri, non solo per rispetto. Piano piano ogni lato di quella faccenda si sarebbe esaurito, lasciando al cavaliere errante la possibilità di andare avanti. Quella consegna non era l'unico obbligo a cui Duncan doveva porre attenzione. Velocemente fece mente locale contando i giorni che ci mise ad arrivare ad Altogiardino partendo dalle terre di Ashford; sarebbe arrivato al limitare dei confini con le Terre della Corona in una ventina di giorni, secondo la stima del ragazzo. A patto che l'assedio non fosse stato ancora spezzato Duncan avrebbe potuto comunicare a Rhaegar e la sua corte la buona nuova, e avrebbe potuto sperare nella grazia reale; 'sempre che non mi facciano fuori a lavoro completato', pensò tra sé e sé. Una realtà più che concreta, temette; le spie agiscono per vie misteriose che il cavaliere errante non avrebbe mai compreso, si rincuorò pensando che la voce si sarebbe sparsa ben prima che il suo sedere potesse giungere ad Approdo del Re; 'se dovrò morire è probabile che lo scopra ben prima del mio incontro con Lord Varys', pensò caustico Duncan.
    Da Approdo del Re la strada è segnata, avrebbe attraversato una parte delle Terre dei Fiumi; quella sarebbe stata la parte più difficoltosa probabilmente, contando di compagnia alcuna Duncan avrebbe agilmente evitato le forze riottose, questo è quello che pensò. Dalle Terre dei fiumi alla Valle, dove avrebbe trovato un passaggio per Porto Bianco, da Porto Bianco a Grande Inverno. Una nuova energia, quella della fiducia derivante dalla felicità di avere finalmente una speranza ed un piano, smosse l'intero animo di Duncan, illuminandolo di fiducia in sé stesso quel vagabondo che un tempo era figlio di un Lord.
    In tutto questo Duncan però non considerò le Forze che regolano la vita dei comuni mortali; ancora non sapeva quali fossero le volontà della Fanciulla, perché apparire a lui che, seppur fosse devoto, non era certo un'esempio di virtù. Se ci fosse stata la possibilità di incontrare sua Santità, Duncan avrebbe fatto di tutto per poter avere un colloquio con il Sommo Septon. In quel momento Duncan venne invaso dalla certezza di poter fare tutto ciò che nella sua mente anelava con vergogna.


    Video



    'Mi farò graziare da Rhaegar, fonderò i Dondarrion della Corona.. Sarò insignito del cavalierato, dai Lord o dagli erranti! Scoprirò cosa significhino queste apparizioni! Risalirò il Continente, mi farò aiutare da Lord Caleb Stark, e quando scoprirò dove si nasconde Aconé Tyrell le consegnerò l'anello.. Sarà meglio muoversi', pensò tra sé e sé.


    *Giuro su Dio è Canon
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    Bisognava ammettere che il Dondarrion era di certo un tipo teatrale.
    E bisognava riconoscere che ad Olenna tutto questo non piaceva proprio per niente.
    "È qualcosa di molto raro un uomo che è all'altezza della sua reputazione, nel vostro caso era un traguardo piuttosto facile da raggiungere suppongo. Fate quel che credete, abbiamo una guerra di cui occuparci."-la Rosa di Spine liquidò la questione in un battibaleno ritornando sui suoi passi mentre il povero Lord Mace cercava di mettere una pezza come e dove poteva.
    "Potete trattenervi nel nostro castello il tempo che vi sarà necessario prima di riprendere il vostro viaggio."

    ***
    I luoghi di sepoltura non erano certo famosi per la particolare amenità ed il sepolcreto di Alto Giardino non era da meno con statue addolorate e salici piangenti; purtuttavia il cinguettare degli uccellini ed il sole caldo che filtrava attraverso le fronde rendeva il luogo meno lugubre di quel che ci si sarebbe aspettato.
    Una volta che il Dondarrion ebbe completato le sue preghiere ed ebbe finito di porgere i propri omaggi ai defunti, una delle tombe sarebbe spiccata di fronte ai suoi occhi, diversa da tutte le altre presenti in quella radura verdeggiante. Era ad esempio l'unica tomba ad essere stata disposta in verticale e l'unica nel giardino di sinistra a possedere una statua sulla sua sommità. Ciò che però saltava immediatamente agli occhi era l'assenza di qualsiasi appellativo nei confronti della fanciulla lì seppellita; chi era? Come mai non aveva meritato di possedere un nome sulla sua lapide?

    Usa il topic linkato per avere idea di come sia fatto sto cimitero, fai tutte le preghiere che vuoi, porgi i tuoi omaggi ecc. Prima di andar via noti la tomba strana.

    Tiro di furtività xoletto vs Duncan
    [Giudizio mod + Intrigo/2 + Liv competenza Spionaggio*2 + Liv competenza Mimetismo*4 + Destrezza] - [Giudizio mod + Liv Competenza Controspionaggio*4 + Liv competenza Spionaggio*4 + Affinità attaccante/30 + Intrigo/2]
    Giudizio mod xoletto= 8 circostanza 4 modalità= 12 punti
    Giudizio mod Duncan= 4 circostanza 1 modalità 4 scrittura= 9 punti
    Affinità casata/2 + Affinità cultura/2 + Affinità culto/100*pietà controparte + Affinità tratto specifico/5 + Affinità pg= 2/2 + 0 + 25/100*50 +0 +0 =1+12,5= 13,5
    XOLETTO PNG LV 10
    Marzialità 45 (25 D 20 F)
    Diplomazia 5
    Amministrazione 0
    Conoscenze 5
    Intrigo 45

    [12 + 45/2 +0 +0 + 25] - [9 + 0 + 0 + 13,5/30 + 15/2]= (12+22,5+25) - (9+0,45 +7,5)= 59,5 - 16,95= 42,55 Prova riuscita
    Duncan non si accorge di nulla.
    Sei solo per quel che ne sai.
     
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    Il Cavaliere dei Salici


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    Duncan strinse con forza la mano che cingeva l'anello. Una vittoria inutile era pur sempre una vittoria, vivere da uomo libero sarebbe stato difficile, ma con una buone dose di arroganza in corpo assaggiò quel primo boccone di intrepida arbitrarietà. Il giovane Dondarrion non avrebbe dimenticato lo sguardo della donna che addestrò 'il demonio dagli occhi verdi'. Quella corte poteva pur esser gestita da Mace, su ciò Duncan non covava dubbi, ma su chi manovrasse realmente le politiche della casa non si sarebbe espresso. La fermezza con cui domandò la preziosa reliquia al giovane e la pressoché assente riluttanza che dimostrò davanti al suo rifiuto turbarono il ragazzo. Duncan deglutì, se realmente la sua speculazione fosse stata veritiera, se quella donna avesse realmente istruito Aconé nelle arti da palazzo sarebbe stato assai poco saggio pensarsi al sicuro. Sul momento però ci avrebbe potuto fare ben poco, i suoi affari ad Altogioardino si sarebbero conclusi nell'arco di una decina di ore, giusto il tempo per saldare qualche faccenda e riposare le ossa. Chiuse gli occhi, chinò il capo e si congedò da i signori di Altogiardino.
    -"Potete trattenervi nel nostro castello il tempo che vi sarà necessario prima di riprendere il vostro viaggio."

    ___



    La tensione pesava sulle spalle del Dondarrion con la stessa gentilezza con cui gli uomini di ferro salutano le vergini delle coste dell'Altopiano. Dai suoi anfitrioni non poteva aspettarsi nulla più di quanto avesse ottenuto, a dire il vero ritenne di essere stato anche fin troppo fortunato. L'idea che ormai anche i suoi più antichi nemici lo potessero considerare un amico della corona lo rinvigorì di colpo. L'aria si faceva sempre meno pesante, l'impresa sempre più disperata. Il sorriso stanco diventava via via più maniacale.
    Gli stivali del Dondarrion battevano la terra con decisione, non si trascinavano più a stento solcando la polvere.
    Come prima cosa il ragazzo fece una veloce visita alle stalle, per sincerarsi che il suo cavallo stesse bene.
    Giunto alle stalle Duncan lanciò uno sguardo feroce ai garzoni dello stalliere, l'unico essere che fosse rimasto con il giovane Dondarrion per un periodo più lungo di uno scarso mese si trovava tra le paglie delle scuderie di Altogiardino.
    Il ragazzo passò una mano sul dorso del cavallo, carezzandone il manto ed i crini; era assai sporco, provato dal viaggio come lo era il suo padrone. Se gli Dei avrebbero voluto Duncan avrebbe goduto dei favori di un letto quella sera.
    -"Sembra che il nostro lavoro non si ancora finito", disse il Lampo con una insolita fiducia.
    Il ragazzo inspirò riempiendosi i polmoni dell'acre odore della stalla e del suo cavallo.
    -"Non avevo mai notato quanto in realtà fossi muscoloso", disse Duncan alla bestia, saggiandone la struttura.
    -"Lord Varys non deve aver badato a spese eh? Devi averne viste di tutti i colori, non è vero?". Un sorriso ingenuo si dipinse sul volto del padrone quando la bestia sbuffò stizzita.
    -"Lo so, lo so, forse meriteresti un nome.. Prometto che ci penserò!". Duncan si mise molto imbarazzo addosso; sebbene non ritenesse opportuno parlare con un cavallo era altresì vero che Duncan Dondarrion non parlasse con amicizia ad un corrispondente da quasi due anni. A tal pensiero lo stomaco del giovane si aggrovigliò, alla fine anche il suo orgoglio cedette in favore del piacere della conversazione.
    -"No, no, il lavoro non è ancora finito.. Ti porterò ad Approdo del Re, se Lord Varys ti lascerà con me poi andremo a Nord, farà freddo, certo, ma se correrai abbastanza in fretta arriveremo a Grande Inverno prima che io debba usarti come carne secca! Che dici?"
    -"Per domani lo voglio raggiante!", disse ad alta voce ad un garzone, al quale lasciò come pegno un pezzo d'argento.

    __




    La terra battuta ed il ciottolo duro scomparvero in favore del morbido manto smeraldo dell'erba selvatica, quella che cresce dove sono poche le suole che battono strada. Duncan si trovava nei giardini dei morti.
    Lunghi fasci ocra fendevano il fogliame e ne facevano infinite brecce prima di toccare tutto quello che stesse sotto ai guardiani lignei del Sepolcreto di Altogiardino. Gli uccelli volteggiavano felici, ma gli occhi di Duncan erano troppo impegnati a cercare la 'via', anche quel tipo di viaggio avrebbe richiesto concentrazione.
    Come un sapiente guardiano della soglia, si staglia la prima fanciulla sulla via del cavaliere errante dei Salici; una statua mangiata dalle edere velenose si accascia ad un tronco, anche quel viaggio incominciò.
    Duncan lasciò alla sacralità del posto il giusto rispetto, attese qualche secondo osservando quel volto dai riflessi verdi, di muschio e vegetazione, per poi proseguire.
    Con l'occhio Duncan comprese la disposizione con cui le tombe di quel cimitero vennero ordinate; sebbene un sentimento di stizza ed impazienza pregasse il giovane di muoversi in direzione dell'antro dei nobili minori, una rassegnata saggezza portò il ragazzo a prendere il sentiero di destra; avrebbe rivolto i suoi omaggi al cavaliere con cui scambiò le punte immemore tempo addietro.
    I passi del ragazzo smisero di confondersi con la morbida terra del sacrario per riprendere a toccare il solido terreno. Le mani, a lungo messe a riposo, affondarono nella morbida coltre viola dei glicini che correvano lungo i colonnati della pagoda erta a pochi passi dall'ultima dimora dei Tyrell. Duncan viveva l'energia che quella natura nel pieno della sua forza scatenava. Il cuore scalciava al ritmo serrato dei cinguettii felici, consumati a pochi metri più in alto di lui. Un uomo più semplice di lui avrebbe potuto definire quel momento come un momento felice.
    Il giovane si abbandonò a quel sentimento, emulando la posa di quella Fanciulla che pochi minuti prima aveva con rispetto lasciato. Le tempie poggiavano sulla nuda pietra del colonnato, macchiandosi dei pollini profumati che su quelle pascevano serafici.
    Gli occhi non mettevano a fuoco, la concentrazione andava e veniva con fare ozioso.
    "Questa è la vita di un Tyrell?", si domandò con acre invidia Duncan.
    "Questa è la vita di un nobile dell'Altopiano?", si domandò ora senza voler realmente ricevere risposta.
    -"Forse anche lei visse così", disse a denti stretti, senza sorrisi o smorfie.
    Alla fine gli occhi oltrepassarono le brume luminose dei baci di sole sparsi e la vide; la statua era abbastanza alta ed un poco pacchiana; ora però il viso del cavaliere errante si permise di prendersi la sua smorfia.
    La tomba di Hadray Tyrell si stagliava arrogante sopra a quella di colui il quale Duncan riconobbe essere l'ultimo dei figli di Mace; come un ampio tronco di pioppo l'ossario del suo rivale stava oscurando il minuto arbusto di Victor. Duncan arricciò il naso.
    La mano passò sui marmi dell'effige, cercando di ricordare i lineamenti del fratello di Aconé; non poté giurarlo, ma ritenne che fossero stati immortalati in modo approssimativo. Nel cuore di Duncan si scatenò un forte malumore; ciò fece mal presagire per quanto sarebbe accaduto di lì a breve davanti alle spoglie di Alerie.
    I polpastrelli delle dita strusciarono con una certa resistenza sopra ad i marmi sporchi delle guance del cavaliere. "Tulipano di Altogiardino", disse tra sé e sé Duncan; chissà se Beric avrebbe riservato a proprio figlio parole dolci alla stessa maniera.
    Duncan inspirò con forza e senza naturalezza, si fece coraggio e mormorò parole d'addio cingendo il polso del suo rivale di spada; d'ora in poi il nome di Hadray non sarebbe più pesato sul cuore di Duncan.
    Con un sorriso teso in volto il Dondarrion diede una pacca sulla spalla all'effige e voltò le spalle per l'ultima volta a Hadray Tyrell, Radici d'Acciaio.

    __


    Fu con assai difficoltà che Duncan procedette a ritroso in quel giardino ameno, sempre più simile ad una spira di serpe. Una sorta di confusione crescente, condita di crescente tensione, gettava nello sconforto il ragazzo. Un cumularsi di particolari rendevano la sua mente preda di pensieri infestanti. L'aria sembrò farsi più fresca, la luce più fredda, i cinguettii a tratti sembrarono ispirare un tetro tedio. La verità era una ed una soltanto, quella tomba non l'avrebbe mai voluta trovare. I suoi piedi non solcavano più morbide e verdi zolle ma invece affondavano in una terra che accoglie morte e fuga la vita, questo almeno era quello che nella sua testa andava pensando.
    Anonima distesa di tombe, i Lord minori non avevano forse diritto ad una effige a ricordo di quel che furono? Non la meritavano? Duncan non meritava di poter rivedere per l'ultima volta quelle rosse gote di cui si era infatuato? 'Infatuato', così ora il cuore di Duncan descriveva quel sentimento, ormai sterile; come la madre 'furfante' chiama quel figlio che ormai più 'malandrino' non può essere chiamato.
    La bocca si contrasse, reazione involontaria dovuta a quel tremendo nodo che gli si formò all'altezza dello stomaco; respirava, ma a fatica e non senza pensare al gesto. Quel formicolio, un poco sulla schiena ed un poco lungo le tempie, lo faceva sragionare e per alcuni minuti camminò in cerchio, con sempre meno calma. Batteva i suoi stessi passi più e più volte, cercando di leggere ad intuito un nome che non voleva leggere, ma alla fine anche l'occhio di un ceco avrebbe colto quello che il cuore poteva vedere.
    Le orecchie fischiarono, come se l'attenzione del giovane volessero richiamare. Ecco, avanti a lui si ergeva quanto della sua 'infatuazione' rimaneva.
    L'aria da fresca divenne insostenibilmente fredda, Duncan incrociò le braccia, per proteggersi dal gelo, per proteggersi da lei. Con timidezza le dita del cavaliere errante brulicarono sull'avambraccio, in cerca di un lembo complice da tirare; il mantello ora schermò il vento e la sua vergogna.
    Il cuore batteva con una tale forza che sembrò rompersi, addolorato, nel suo petto; e per quanto il sangue pompasse ed il respiro favorisse, quella sensazione di gelo apparente non sembrava lasciare il corpo di Duncan Dondarrion.
    Appena mitigato da quel reale calore che si diffondeva nel suo petto, il giovane Dondarrion si portò dinnanzi all'unico nemico che quel ragazzo potesse temere.
    Duncan Dondarrion non temette Daerion e la sua influenza, non temette Darion e la sua forza, non temette Rhaegar ed il suo Drago; Duncan Dondarrion non temette il disappunto di suo padre, né quello di Lord Steffon, suo amato Signore. Duncan non temette il rifiuto dei Mertys, a cui in un certo senso era legato da chissà quale affetto, né temette mai di non essere amato da Alerie Tarly. Un tempo il Lampo nella Notte temette l'Umiliazione, temette la Competizione, temette il Fallimento.
    Il cuore di Duncan cominciò ad aprirsi.
    Duncan Dondarrion smise poi di preoccuparsi del giudizio altrui e la Morte divenne l'unica sua preoccupazione. Temette di morire e strinse un patto, temette di morire ed uccise il suo comandante in capo; temette di morire perché una morte senza che i non detti e gli incompiuti smettessero di perpetrarsi nel tempo sarebbe stata una condanna eterna.
    Questo era quello di cui Duncan era certo, ed ora non più.
    Credette a lungo nelle foreste delle Terre della Tempesta, o in quelle dell'Altopiano, di non aver conservato più nemmeno una lacrima per quella dolce donna a cui il cuore si legò, ma erano menzogne assai comode e nulla più.
    Erto, solo, impaurito e morso dal freddo dell'anima, Duncan era immobile e coperto dalla propria cappa, dal collo ai piedi. Non aveva il coraggio di avvicinarsi a quel costone in marmo, perché in quel caso il cordoglio sarebbe stato ancor più reale.
    Duncan non vedeva una lastra, ma un volto tondo, impreziosito da due gote alte e rosee, sporcate dai boccoli antracite che dal suo capo cadevano. Vedeva gli occhi scuri, sagomati dalle ombre ammorbidite dai sui tratti morbidi; ciò che ferì realmente l'errante dei salici fu che, come accadde poco prima con il ricordo di Hadray, non si poté dire di essere certo che la ragazza avesse quelle fattezze.
    Una lacrima disperata scese dalle guance dure e sgraziate del povero Dondarrion. Uno sbuffo, ammalato d'amore, la soffiò via per far spazio ad una inconsolabile smorfia di rassegnazione.
    Alerie Tarly era morta, e con lei la sua gioventù.
    Con un veloce movimento di braccia, simile a quello che un combattente al fellone riserva, il cavaliere dei salici si liberò della presa della cappa, facendola un poco svolazzare ai lati.
    Con passo marziale si avvicinò al sepolcro ed alla sua base gettò le proprie ginocchia.
    La testa, china, chiedeva perdono, mescendo lacrime muco e saliva ai voraci licheni che tutto, dal basso, erodevano.
    Le mani, oltraggiate dalle ferite del lungo viaggio, correvano lungo le sagome della spettrale effige geometrica. La cingevano senza esperienza, come un guerriero avrebbe fatto con uno scudo e non come l'amante avrebbe fatto con un ventre.
    La fronte, adagiata con violenza alle rugose piane della lapide.
    Giurava e spergiurava tutto l'amore che in quella vita fatta d'ogni tipo di rifiuto non aveva mai saputo dare. Molto si potrebbe discutere su quanto Alerie in realtà mai fosse stata al vaglio dell'interesse del Dondarrion, ciò che è certo è che Alerie Tarly fu per l'inconsolabile Duncan tutto ciò che l'Amore e l'Affetto rappresentassero; ed in quella sede, a tutto ciò che di Dolce vi fosse stato nella sua vita precedente stava dicendo addio.

    Duncan prese la Daga e la impugnò con una forza incerta, una mano tremola, tutto fuorché salda. Senza l'accenno di un'emozione portò la punta sull'antica ferita che si incise durante la veglia prima del Duello con Darion. Il sangue sgorgava con placida calma, ma il vermiglio rossore che attorniava quella piaga bordeaux pulsava malvagio, e provocava il dolore del ricordo.
    Con la mano sinistra Duncan si sporcò del suo sangue e ne diede a bere a quella timida ed ambigua flora che stava divorando quel corpo che con tutto sé stesso desiderava. In un qualche modo sarebbero rimasti uniti per sempre, questo almeno era il pensiero che in cuor suo avrebbe conservato.

    Si alzò, incurante della dilagante lordura che insozzava le sue vesti, ripose la daga nel fodero e tirò forte su con il naso.
    Quella sensazione di gelo piano piano sembrò seguire i raggi del sole nell'oblio, come il vespro annunciava il suo arrivo anche la serenità sembrò trovare un timido posto anche nel Dondarrion. I pesi del passato sembravano sciogliersi, le sue inarcate spalle pian piano avrebbero trovato il sollievo della felicità.

    Duncan accennò ad andarsene da quel luogo di amenità e sofferenza, quando l'occhio cadde su di un'effige eccentrica rispetto alla massa di lastre tombali del sepolcreto. La curiosità fece sì che un paio di passi venissero spesi in direzione di quella immagine; i pochi passi si moltiplicarono, con la promessa che l'occhio avrebbe potuto meglio scorgerne i dettagli. Quando ogni resistenza e pudore venne vinta, Duncan si ritrovò davanti ad una tomba esposta in una sezione di marmi verticali, raffiguranti una donna che con facilità il Cavaliere dei Salici identificò come 'Una Fanciulla'. La tomba era stata ricavata da un'incavo nella cinta muraria che delimitava il perimetro; qualcosa che Duncan ritenne essere fin troppo fuori luogo per il posto; discordante, in un certo senso, con l'armonia stilistica che i Tyrell avevano adottato in tutto quel contesto.
    Duncan deglutì con incertezza, attratto sempre più da quella imago, il Dondarrion vi ci si avvicinò ad un palmo di distanza dal suo naso.
    Il nome di alcuna fanciulla era inciso nelle carni plastiche di quel marmo, ma una sola frase gettava dubbio e sconforto nel cuore di chi leggeva:
    "Alla dolce fanciulla".

    Il cuore di Duncan si fermò di colpo, gli occhi di sangue si irrorarono e le ridi si esposero in tutta la loro espansa ampiezza.
    Che qualcosa stesse per accadere?
    Duncan si gettò in ginocchio davanti a quella sacra effige. Che quella forza che stava favorendo il Dondarrion avesse espanso i suoi tentacoli anche lì, nel più insperato dei luoghi? Che Duncan stesse venendo seguito da qualcosa la cui comprensione esulava, o che il suo stesso percorso fosse una menzogna, sussurratagli all'orecchio da misteri la cui natura mai avrebbe compreso? Ogni speculazione non avrebbe dato risposte solide; l'unica sorta di solidità data dalle evidenze voleva che un giovane devoto alla Fanciulla, dopo che della Fanciulla il favore aveva invocato, al seguito del quale un'ardua vittoria aveva conseguito, della Fanciulla un'effige avesse trovato, lì nel luogo dove il suo cuore aveva appena perso sé stesso.

    -"Mia signora, il vostro servo presso'l vostro altare giunge vittorioso! Il vostro servo gli onori vi cede e la vostra benedizione invoca!", ululò senza ritegno a quei tratti al tatto gelidi.
    Ogni secondo di silenzio suggeriva al Dondarrion che l'imbarazzo fosse l'unica strada che separava il cieco devoto dal saggio consapevole.

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    Una tenue luce accarezzò gli occhi di Duncan accompagnandolo impercettibilmente ad alzare lo sguardo verso l'alto; non già verso la statua della fanciulla, ma verso il cielo e le sue nuvole. Un'esplosione di dolcissima bellezza avrebbe riempito il cuore del Dondarrion nel momento in cui le nuvole, poteva dirsene certo, assunsero i connotati di un volto femminile, talmente luminoso che sarebbe stato quasi impossibile da guardare o riconoscerne i tratti.
    Era un'apparizione? Un miracolo infine?
    Duncan...
    Il suo nome.
    Stavolta non era un sussurro appena accennato alle sue orecchie, o un fugace lampo nei suoi occhi, o addirittura un sorriso su un paio di labbra scolpite nel marmo; stavolta il suo nome era stato pronunciato a chiare lettere, con una delizia che sapeva di miele.
    Il tempio sta per compiersi e dovrai essere pronto...
    cercami dove nessuno osa più andare...
    dove trovarono rifugio i miei seguaci...
    affinché il tuo cuore trovi pace dagli affanni e la tua mano impugni l'unica vera spada...

    Il sorriso sul volto luminoso si allargò per qualche istante prima di scomparire di nuovo nell'azzurro del cielo sommerso da un manto di nuvole; cosa era appena accaduto?
     
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    I Giardini della Madre

    Il Cavaliere dei Salici


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    Un sorriso compromettente s'allargò su tutta la lunghezza del suo volto. Come immerso in una follia personale e contenuta, Duncan vide il cielo mutare, e con esso il destino in suo favore. Il mento si sollevò sino alla volta ammantata d'arancione del pomeriggio. Un fuoco sacro dai colori dell'autunno sembrò deflagrare dal cumulonembo dai riflessi del pesco che si stava ammassando proprio sopra di lui; un qualcosa di simile ad una effige apparve tra quei petali di luce in cielo sparsi. Duncan aprì la bocca, come ad attendere un bacio d'amante.
    'Duncan', sentì giungere potente alle sue orecchie. Il cuore del giovane uomo s'aprì a metà, accogliendo una forza che non si poteva dire umana, che avrebbe osato definire immateriale. Un sentimento simile alla gioia più pura cominciò ad erodere il ragazzo, simile al rosso imbarazzo dell'amore, vicino alla potente rabbia dell'odio. Duncan rimase estasiato.
    Il tempio sta per compiersi e dovrai essere pronto...
    cercami dove nessuno osa più andare...
    dove trovarono rifugio i miei seguaci...
    affinché il tuo cuore trovi pace dagli affanni e la tua mano impugni l'unica vera spada...

    Quel mistico volto, perso tra le forme mutevoli delle nuvole, cominciò mano a mano ad allargare quel suo vacuo sorriso, privando Duncan della serenità della contemplazione. Il giovane si alzò, da che era in ginocchio, perché tale era quell'emozione che non poteva fare a mano di somatizzarla con la fatica. Piano piano quella figura cominciò realmente a disperdersi nel candore macchiato del cielo, lasciando un vuoto, nuovamente, nel cuore del giovane. Per poco Duncan non dimenticò le parole appena udite, anzi avrebbe pure potuto giurare di averlo fatto, ma in un qualche modo esse si scolpirono a tal profondità nella sua memoria che dirsi davvero perdute sarebbe stato impossibile.
    Il giovane rimase fermo sul posto per più di dieci minuti, in attesa che qualcosa accadesse, ma come nella maggior parte delle cose anche quella volta spettò a lui concludere l'azione.
    Il Cavaliere errante si ricompose, masticando l'amarezza del materiale, un giorno, se si fosse guadagnato il suo, avrebbe pasteggiato ai piedi di quella grazia che in cielo aveva appena visto.
    Un malumore piuttosto velenoso prese il cuore e il corpo del giovane cavaliere dei salici. Con un fare sbrigativo diede un bacio al duro marmo, all'altezza della fronte di quella Fanciulla dimenticata, abbassò il capo e le diede le spalle con un solo fluido e secco movimento di bacino.
    Il passo del ragazzo era spedito, incalzante e marziale; attraverso senza alcun tipo di grazia quel paradiso che con riverenza, ammirazione e rispetto aveva appena onorato.
    Più non notò il battito d'ali degli uccelli o i fasci dorati calare come falene notturne tra le fenditure delle coltri verdi; nella sua mente scattò solo un fiero ed arrogante rimuginare.
    Improvvisamente Duncan dimenticò tutta la sua missione ed il motivo stesso per cui fosse lì. In un qualche modo ebbe tutta la grazia che cercò tra gli uomini in un solo momento. Il giovane uomo stringeva l'anello di Darion a sé, prova d'esser stato redento; certo anche chi di dovere l'avrebbe scoperto, prima o poi.
    Ora nei suoi pensieri non albeggiavano le fiamme di Rhaegar o le spire di Aconé Tyrell, né tanto meno il gelido abbraccio di un vecchio amico a Nord; Duncan stava pensando a quelle parole ed a nient'altro.

    "Il Tempo sta per Compiersi"

    Duncan arricciò il naso, perché quella aveva tutta l'aria di essere una profezia. Nel momento stesso in cui pensò ciò i suoi occhi si dilatarono di un'astiosa incertezza. Ricevere una profezia fa l'uomo un profeta, ed i profeti nel Culto hanno vita assai breve. Molti sono i ciarlatani, molti sono i ciarlatani che si fanno uccidere; provare la propria pia devozione può essere complicato. Duncan deglutì dolore; forse queste parole le avrebbe tenute per sé. Ad ogni modo, quella voce lo stava informando di un'imminente cambiamento, qualcosa che lin vita Duncan avrebbe potuto vedere.

    "cercami dove nessuno osa più andare.."

    Il ragazzo senza nemmeno accorgersene varcò il portale di pietra del giardino dei morti, ed incominciò ad avviarsi verso le stalle, dove il suo cavallo attendeva il suo ritorno.
    Il mondo era pieno di luoghi in cui nessuno desiderava andare o trovarsi, quel dettaglio avrebbe di certo aiutato, ma non avrebbe reso quella ricerca assai facile. Valyria? Oltre la Barriera? Duncan ne rimase turbato, perché quella vaghezza non gli avrebbe mai dato una certezza sino a fatto compiuto.

    "dove trovarono rifugio i miei seguaci..."

    Questo dettaglio avrebbe invece gettato luce sul cammino che il cavaliere dei salici avrebbe dovuto intraprendere. Una certa gelosia fece storcere il naso del ragazzo, sapere che non fosse il solo ad adorare la Fanciulla con una tale devozione rese Duncan quasi indisposto al voler sciogliere quel quesito; ad ogni modo, sarebbe bastato scovare uno dei suoi 'confratelli' per poter arrivare alla fonte di quel piacere atavico. Esattamente come per la prima sentenza, il Dondarrion provò una certa noia all'idea di dover indagare rendendo pubblico il suo interesse. Non aveva mai sentito parlare di culti legati alla Fanciulla e lui buon tempo spese sopra allo studio degli ordini religiosi. Se le sue aspettative più nefaste avessero preso forma, sarebbe ben presto divenuto un eretico della chiesa dei Sette, dichiarando devozione ad una sola delle sette forme di Dio; ciò non avrebbe affatto aiutato il Dondarrion a vivere tra gli uomini.
    Se tutto ciò fosse stato solo poco più reale voleva poter dire che il sogno del ragazzo di ritirarsi a vita tranquilla non solo fu un desiderio calpestato dalle voglie d'ogni uomo o donna incontrati nel suo cammino ma anche che il potesse essere un'utopico ed impossibile riflesso in uno stagno. Se Duncan avesse cercato di dare un senso alla sua vita avrebbe definitivamente perso la possibilità di viverla tra gli uomini.

    Duncan inspirò l'aria fresca che chiama la sera; le luci stavano calando e ben presto gli uomini sarebbero tornati a casa dai lavori. Si era ripromesso che avrebbe trascorso la notte in quella fortezza, ma affari la cui natura gli sfuggiva agli uomini lo chiamavano con più arroganza.
    -"Ragazzo", urlò ad un garzone da stalla.
    -"Carta e penna". Il giovane parve spaesato, ma in qualche modo accettò il compito.
    Duncan si guardò attorno, e la prima impressione che quel posto gli suggerì tornò insistente a cercarlo. Non c'era pace nel cuore di un uomo inquieto, qualsiasi cosa avesse tentato di fare, per lui non ci sarebbe stata speranza. Gli uomini che con il sorriso tornano a casa, gli armigeri annoiati che cianciano di donne; bontemponi che se la spassano alla locanda e bardi che strimpellano i loro strumenti, il tutto accompagnato dai profumi e dalle brezze di una sera secca. Con tutto sé stesso Duncan avrebbe voluto che tutto ciò gli potesse bastare, ma evidentemente aveva trovato di meglio, o per lo meno aveva trovato qualcosa di cui non poteva fare a meno.
    Duncan riprese l'anello con la destra dalla tasca in cui lo custodiva; lo fissò con avidità, la stessa con cui tolse la vita a Darion, un'avidità rassegnata, consapevole ed infelice.

    "affinché il tuo cuore trovi pace dagli affanni e la tua mano impugni l'unica vera spada..."

    Ogni predizione nasconde verità pura e mendace nella stessa sentenza. Duncan sbuffò, perché per quanto lo volesse non riusciva ad essere felice, gli sembro di essere finito dentro ad una storia di streghe, da raccontare al chiaro di una luna estiva. Forse non avrebbe trovato la pace, ma la verità di sicuro si.
    Il garzone tornò di corsa, interrompendo il breve flusso di quei pensieri. Duncan cambiò espressione, mostrando solennità ed apprensione.
    -"Bene, rimani qua vicino, dovrai portare tutto al maestro, capito?". Il garzone fece si con la testa e tanto bastò a Duncan per dar lui fiducia.

    "Al contestabile dei Caswell di Bitterbridge,

    Contestabile, il mio nome è Duncan dei Salici, amico della corona, viaggio in missione per conto di Re Rhaegar, tra tre settimane giungerò a Bitterbridge per poi proseguire alla volta di Approdo del Re. Mi trovo al momento bisognoso di una certa lista di bisogni che son certo il vostro fabbro a maestria saprà soddisfare sotto compenso.
    Avrò bisogno di Stivali, bracciali, gambali, guanti ed un elmo, tutti rigorosamente lavorati dal cuoio. Se la vostra cortesia non verrà meno, vi prego di domandare al vostro fabbro di foggiare l'elmo affinché un salice vi ci sia inciso tra le borchie.

    Duncan dei Salici




    Duncan prese il sottile lembo di pergamena e lo sbatté sul petto del garzone.
    -"Bitterbridge ragazzo.. BITTERBRIDGE.. Poi torna qua, il secondo te lo consegno dopo, che è più importante, non vorrei che ti confondessi". Il garzone non ebbe il coraggio di dir nulla, ma Duncan non era certo senza cuore; tirò fuori infatti una luna dalla scarsella.
    -"la prossima la vedrai a lavoro compiuto". Il garzone sembrò più motivato, i due si sorrisero e Duncan riprese a scrivere, questa volta con il cuore un po' più pesante.

    "A Lord Caleb Stark, Protettore del Nord e Signore di Grande Inverno.

    Mio Signore,
    non oso l'ardire di sperare che voi ricordiate né il mio volto né tanto meno il mio nome, perché è poca cosa se privo dell'infamia che a danno si è guadagnato. Mio padre, Lord Beric Dondarrion di Blackheaven, mi diede il nome di Duncan, e le genti di Bosco delle piogge usarono chiamarmi "Il Lampo nella Notte", ma né l'uno né l'altro mi appartengono più molto oggigiorno.
    Vi scrivo, non con le mani di un traditore della corona ma con quelle ripulite di un servo del Re, perché una questione di comune interesse sta rischiando di scivolar via nell'ombra. Non discuterò alcun dettaglio per missiva, Mio Signore. Forse l'anno prossimo, agli Dei piacendo forse prima, sarò in grado di giungere sotto la vostra porta con un titolo della corona, o quanto meno una grazia elargita dal Re, e sarà da uomo nuovo che con voi nuovamente discuterò di quanto si discusse quella sera ad Approdo del Re. Mi congratulerei con voi per tutto ciò che in questi mesi di oblio avete conseguito, ma non lo farò per missiva, perché confido che in quest'anno saranno ancora molte le imprese per cui vi dovrò lodare.
    La vostra umile Spada.

    Duncan dei Salici



    Duncan sbuffò e la penna tacque; gli costò più di quanto riuscisse a comprendere quella missiva. Con le dita tastò la tasca ove si annidava l'anello di Darion; bastava davvero quell'anello per dimostrare la sua bontà? Bontà? Duncan era davvero una persona buona?
    Il giovane uomo si alzò da quel cantuccio all'ombra delle travi, immerso nell'olezzo di sterco di cavallo. Le uniche certezze che Duncan portava al collo erano quelle legate a chi non fosse; Duncan non era un Lord, non era Caleb Stark, ed era proprio per questo che quella missiva andava consegnata. Se Duncan si fosse messo a domandare troppo a quelle galline della corte di Mace prima o poi si sarebbe imbattuto in un'informatrice di Olenna, forse addirittura al primo tentativo, ed Olenna avrebbe scaraventato il Dondarrion nel buio della cella, di nuovo. No, questa volta avrebbe fatto fare agli altri il lavoro che lui non sapeva fare, e se ci fosse stato un solo uomo al mondo per il quale la salute di Aconé Tyrell contasse qualcosa, quell'uomo era Caleb Stark.
    Duncan saltò in sella al cavallo da guerra* fornitogli da Varys, lo mosse al centro della piazza d'armi ed attese il garzone.

    Duncan gli gettò una luna d'argento, con legata la missiva.

    -"Grande Inverno", gli disse, prima di partire alla volta di Bitterbridge.

    parole 1917
    *Il cavallo l'ho switchato con quello vinto nel contest di primavera
    **Mando due missive, nella prima sono richieste acquisti da fare nella città in cui mi sto dirigendo, la seconda è da mandare a Grande Inverno, Duncan suppone che Caleb sia la
     
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    Okay, chiudiamo questa parte qui. La missiva per Caleb ha già raggiunto G.I.
    Apri pure una semilibera col tuo arrivo a Ponte Amaro in 9 giorni di cavalcata, sarà una cosa piuttosto breve. Quando arrivi puoi già ruolare di ritirare e pagare la tua roba, tutto a prezzo normale perché si trova in zona (questi prezzi per capirci).
     
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