Cavaliere del verbo
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La statua successiva, nella pianta eptagonale della tensio struttura che gli ospitava era quella del fabbro, nella quale mano era stato posto un martello consunto, segno che era stato a lungo adoperato per svolgere il suo dovere.
Luthor aveva le conoscenze di forgiatura proprie della cittadella, ed oltre a quello si era fatto istruire anche sulla parte pratica del lavoro, acquisendo le competenze per poter lavorare ad una forgia in autonomia. Eppure nonostante il tempo ed il sudore che aveva sparso alla forgia non si era mai fermato a ragionare sull’aspetto dei sette che più, iconicamente, lo rappresentava.
“lui è il fabbro, o almeno è conosciuto principalmente con questo nome, ma non bisogna focalizzarsi su come viene rappresentato o chiamato, perché questo aspetto dell’unico rappresenta in realtà tutti i lavoratori. Esso è quindi contadino, falegname, muratore e conciere, senza alcuna distinzione pone le sue mani sopra chiunque lavori e fatichi. Non è strano, nei villaggi più rurali vedere il martello e la forgia sostituiti con il simbolo dei lavori locali, dal piccone al falcetto, perché tutti, in egual modo lo rappresentano. Ma allora perché viene chiamato fabbro? Perché, come il libro a sette punte ci racconta fu proprio lui a donare agli andali la conoscenza di come produrre e lavorare l’acciaio, con in quale creare spade e scudi per i figli del guerriero che partivano diretti al di là del mare stretto, nella terra che ora ci ospita. Sempre lui insegnò agli uomini a domare i cavalli, a cavalcarli e le tecniche per realizzare selle e finimenti il modo che i nostri cavalieri potessero ergersi a guardia e protezione dei loro compagni e dei più deboli” Luthor ascoltò in silenzio, senza interrompere il Sommo septon, anche se gli studi di storia suggerivano che la conoscenza dell’acciaio gli andali l’avessero imparata dai Rhoynar durante il loro peregrinare da un lato all’altro del continente orientale. Era abbastanza affermata, ma rimaneva sempre una teoria, perché le cronache sopravissute dei popoli del grande fiume parlavano solo di un popolo nomade, in viaggio, senza però dargli un nome.
“il fabbro rappresenta quindi la laboriosità degli uomini, il lavoro ed il sacrificio di chi si dedica al proprio compito, andando a incarnare quella che può essere definita come la cocciutaggine dell’uomo, la sua perseveranza nel portare a termine i suoi obbiettivi. Il fabbro è quindi l’uomo più autentico, quello che si mette in gioco, e colui che, dopo il padre e la madre è più invocato dal popolo. Coloro che si dedicano a lui usano portare al collo un pendente rappresentante un martello.
Voi alla cittadella conoscete bene le sue doti ed i suoi doni, dato che vi cimentate e padroneggiate le sue arti”
“è vero. Molti maestri dedicano la vita allo studio dei metalli e alla forgia, ed immagino che tra di essi vi siano molti devoti al fabbro. La mia vocazione mi chiama verso altri ambiti, e non ho mai avuto modo di dialogare molto con chi aveva scelto quella strada, ma nel mio ho esplorato le arti anche oltre il semplice studio.”
“allora, se vi siete sporcato le mani con la cenere e la fuliggine conoscete cosa significhi dare forma a strumenti per gli altri. Quel plasmare, quel raddrizzare, quel dare nuova vita al freddo metallo dovrebbe essere la spinta verso il fare lo stesso con ogni persona che ci circonda, aiutandola, correggendola e supportandola nelle loro scelte, come fieri lavoratori al servizio degli altri, anche se voi Maestro, conoscete bene il significato della parola servire, ed i sacrifici che avete compiuto, volente o nolente per arrivare fino a qui. Ora seguitemi verso il prossimo altare, dov’è rappresentata l’innocenza e la giovinezza che siamo chiamati a proteggere.”
624 parole
tratto studioso
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