Harald, Egdagir og Daphnigir

Libera + Strategia navale 123 + Add Passaggio Marz 2-3 + Punti deboli 1-2 + Armi improvvisate 1-2 + Resistenza 1

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    Harald, Egdagir og Daphnigir




    Libera


    Harald respirava forte, non poteva credere a quello che aveva udito. Se non fosse per la scarsa considerazione che ogni uomo di ferro aveva per il suo padrone, lì a Pyke, Harald non avrebbe mai creduto fossero stati 'venduti' in quel modo.
    La ciurma di Hoagar era completamente andata, rimanevano lui e alcuni dei più giovani compagni di Luce Solitaria.
    Le tradizioni trasmesse da Hoagar ad Harald, sulla vita eterna dell' abissale ed i misteri di Daph, la Dea della paura, erano ormai segreti persi.
    Un giorno, forse, avrebbe riportato le parole del vecchio capitano ai suoi compagni, ma altri erano i problemi di cui si sarebbe dovuto occupare.
    Gli uomini di Maege picchiavano lui ed i suoi compagni da giorni, vivevano in latrine a cielo aperto, vessate da venti, neve e dall' orina delle guardie.
    Il fiato di Harald divenne ogni giorno più corto, sentiva il suo cuore pompare come usava durante gli assalti, eppure di grandi sforzi non ne stava facendo.
    Si sarebbero adattati, o sarebbero pian piano morti.

    Sentiva le shield maiden del villaggio parlare della loro signora, Daeva, come di una salvatrice. Harald, all' udire quel nome, rendeva il suo cuore più crudele e la sua anima più pesante.
    Non c'era modo perché la mente sopravvivesse a quella tortura dell'anima.
    L'unico modo che conosceva era quello di tornare a tempi più felici con la testa.







    08/09/284, Prime Luci del Mattino



    Strategia Navale 1 806/800 10 + 50% + mod


    La questione era molto, molto, semplice.
    All' interno della cabina di Miso, il mese prima, venne rinvenuta una mappa ed una dozzina di missive che riportavano notizie importanti sui piani delle rotte mercantili delle gilde di Pentos.
    Gli uomini non presero affatto bene le volonta del Daphnir, eppure avrebbero prolungato la permanenza a Sud per altre sei settimane.
    Sei settimane in mare aperto erano davvero tante.
    Hoagar, il capitano Daphnir, chiamò Harald in cabina la notte che precedette l' alba, avrebbe insegnato il ragazzo a leggere le mappe nautiche, avrebbe mostrato a Harald in che modo condurre gli uomini per mare.
    Non venne vista, la tal cosa, con grande simpatia da parte di tutti i portatori di scudo di Hoagar, il favore per Harald giunse troppo velocemente, eppure la forza del ragazzo non poté essere ignorata.

    Harald varcò la porta, le luci del mattino penetrarono nella tenebra della cabina del capitano, la quale per molti versi sembrò più vicina alla tana di una creatura notturna che al centro di comando della modesta flotta dei Daphnigir.
    -"Entra", disse il capitano senza cedere al ragazzo lo sguardo. Il capitano era chino sulle sue mappe, distese al centro al lungo tavolo in noce che riposava nell' epicentro della stanza.
    -"Questa mattina cercheremo dei punti dove rifornirci.. Butta l' occhio qua e la.. Dobbiamo trovare una rotta per raggiungere quest' Isola"; disse puntando una macchia nera a diverse miglia nautiche dall' ultima isola dell' Arcipelago riportato sulla pergamena.
    -"Hak-Adiri", disse il Daphnir dando un veloce sguardo a tutta la mappa, "Ci vorranno diversi giorni di navigazione per raggiungere la prima isola..", l' indice del capitano scivolava da atollo ad atollo.
    -"Non tutte quest' isole sono dei rifugi naturali".
    Hoager sembrava essere stanco; Harald si rese conto non dovesse esser stato facile liberarsi di Miso. Uccidere una persona per cui si prova tanto odio porta sempre ad uno stato di confusione, stanchezza e tristezza. Harald comprese alla perfezione la necessità del Capitano, stava cercando un nuovo 'MIso' tra i disgraziati i cui nominativi erano stati scoperti.
    Harald poggiò ambo le mani sul tableau, osservando come si muovesse la mano del Daphnir.
    -"Forse questa", disse facendo scendere il dito verso una macchia dalla forma di un piccolo coniglio.
    -"Bashiadaraa", disse incespicando sulle lettere; la scena strappò un sorriso ad entrambi, "Pare ci sia dell' acqua.. Forse alberi da frutto".

    Il Daphnir prese una misura, con la quale riusciva a calcolare con una discreta sicurezza le miglia nautiche che avrebbero dovuto percorrere.
    La misura era data dallo spazio vuoto che intercorreva tra due punte, montate su un piccolo architrave composito di legno e ferro.
    Talvolta l' arco che il Daphnigir tracciava era studiato perché riportasse un' intera giornata di navigazione, talvolta mezza. Era più comodo segnare quella mezza giornata, poiché sul tracciato avrebbe più facilmente impedito di incorrere in sezioni non navigabili che la flotta avrebbe dovuto evitare correggendo fuori diario la rotta.
    Quello era un momento importante, Harald lo riconobbe immediatamente, la penna di Hoager stava tracciando le prime linee discontinue che avrebbero condotto le loro due navi oltre il limes nautico di Dorne.
    Harald sospirò, in due giorni, forse meno, sarebbero stati in territorio neutrale e avrebbero cominciato una caccia selvaggia che li avrebbe resi degli eroi per l' Abissale.
    -"Da' un' occhiata alla stiva.. Mi servono sedici giorni di provviste", disse il capitano lasciando intendere ad Harald sarebbe stato lui a razionare il cibo e l' acqua per quel viaggio.

    L' inizio di quell' avventura sarebbe stato drammatico se non avessero appena tolto la vita a gente a cui il cibo piaceva.
    Tra i barili disposti per le scorte idriche almeno tre su quindici erano inutilizzabili. Qualcosa doveva aver leso l' integrità delle loro strutture e adesso, sebbene riparabili, s' erano svuotati d' acqua, dunque del loro scopo.
    Un barile, con altissima probabilità, lo avrebbero dovuto distruggere.
    Dei tre carpentieri, ai quali venne disposto come integrazione a quelli perduti, nemmeno uno si reggeva in piedi; erano due giorni che la febbre gli aveva allontanati dal resto dell' equipaggio; se fosse stata volontà dell' Abissale sarebbero certamente morti in modo diverso.

    In un modo o nell' altro, l' acqua recuperata dal relitto di Miso avrebbe funto un ruolo fondamentale nella loro traversata.
    Per quel che riguardasse il cibo, Harald constatò che molta frutta secca rubata nella stiva del mercante, fosse commestibile, non venne intaccata da blatte o larve del miele di sorta alcuna.
    Forse, dopo tutto, non sarebbe stato necessario razionare stringendo le cinture quella settimana.

    Harald affissò le turnazioni settimanali per l' utilizzo della cambusa, in assenza di un cuoco si sarebbero turnati meno peggio. ' L' Abissale aveva davvero bisogno di un cuoco recentemente', pensò Harald guardando le mani di chi avrebbe dovuto preparare la zuppa.

    Hoager, invece, diede disposizione di levare l' ancora, avrebbero percorso la via del Sud.



    Strategia Navale 2 802 parole 10 +50% pe + mod


    08/09/284, Centosettanta miglia nautiche da Lancia del Sole, Ovest Sud-Ovest

    Hoagar era scuro in volto, Harald non era meno, non più ormai.
    I due erano in piedi sul castello di Poppa, non vestivano più i lunghi cappotti fatti di pelle di Foca. I fisici di entrambi, temprati da ogni genere di incubo forgi e fortifichi il corpo di un uomo, erano nudi se non per dei corti calzoni davanti all' umidità di quell' atollo.
    Il sole benediceva quelle terre con baci umidi di un amante non gradito.
    Mai, in nessuna occasione, un uomo di ferro avrebbe provato più caldo e fastidio che in quella.
    Quel viaggio a Sud si stava rivelando essere abbastanza complicato. Minacce senza gambe viaggiavano più veloci dei loro veri nemici.
    Verso il calare della settimana passata, diversi insetti, dalle sembianze di incubi, si cominciarono ad imbarcare sulla nave degli uomini di ferro, trovando conforto nelle fessure e nelle crepe del legno. Durante i primi ritrovamenti nessuno ebbe qualcosa di cui lamentarsi, poiché nessuno di loro si rivelò essere effettivamente velenoso.
    I problemi cominciarono ad insorgere quella mattina, quando il ritrovamento di una serpe a bordo mise tutti sull' attenti.
    La nave non s' era ancora fermata a far scalo a Bashiadaraa, infatti, l' equipaggio viaggiava ancora sulla corrente principale di Hak - Adiri.
    Mostrando la dovuta attenzione ai turni listati sulla bacheca del ponte inferiore della nave lunga apparve piuttosto evidente ci fosse un problema: qualcuno si stava prendendo gioco di loro.
    Non si trattava esclusivamente di orgoglio ma di sicurezza.
    Harald non aveva idea di quali pericoli albergassero in quelle zone del mondo, Hoagar si.

    Senza troppe premure, il Daphnir fece calare a pelo d' acqua cinque scialuppe per nave lunga.
    Le cinque scialuppe contenevano non meno di sei uomini ciascuna, tutti riforniti d' acqua, cibo, archi, frecce e spade.
    Ogni scialuppa aveva un luogotenente, il quale era in costante vigilanza, munito di un corno per dare l' allarme nel caso fosse servito.

    Hoagar poggiò entrambe le mani sul parapetto frontale del castello di poppa, appena affianco al timone della nave, guardava all' orizzonte ma non poteva vedere niente, poiché il banco di nebbia che ammantava ogni forma dell' atollo bloccava la linea di vista.
    -"Sospetto siano i locali", disse senza guardare Harald in volto, "Superato questo tratto", disse indicando la gola formata
    da dei grossi corpi rocciosi di pietra calcarea, "dovremmo prendere abbastanza il largo da non dover più correre il rischio di imbatterci in scialuppe e canaglie.

    Era una buona chiamata quella di Hoagar, le navi più grandi, in special modo i dromoni da combattimento, su più ranghi, disponendo di manovrabilità limitata, in preparazione di uno scontro maggiore vengono preservate da uno sciame di sottoranghi a remi, nella maggior parte dei casi.
    In questa spiacevole situazione, nello specifico, l' utilizzo di scialuppe a remo avrebbe concesso una copertura maggiore dell' area protetta.
    L' osservazione sul campo, specie durante la formazione di grandi banchi di nebbia, si perpetra con il nudo occhio e le torce.
    Insomma, quella situazione era una delle più spiacevoli mai sperimentate dall' equipaggio del Daphnir.
    Non sapevano dove il nemico li stesse aspettando, o con che intenzioni si fosse burlato di loro portando un serpente a bordo.
    Era certamente frustrante tutto ciò.
    Harald alzò lo sguardo, allarmato da qualcosa che non riuscì a comprendere a pieno. Il Daphnir Hoagar seguì il volto del compagno con attenzione.
    Come gli occhi di Harald si spalancarono, un corno da guerra, in direzione Nord Nord-Est, suonò a piena potenza il suo primevo allarme.
    -"Mantenere la formazione!", ululò Hoager mentre si diresse a babordo, laddove il pontone di prua puntava verso il richiamo di soccorso.
    Harald seguì il capitano, recuperando qua e la dei giavellotti.
    Passò tre lance al Daphnir, e tre ne tenne per sé.
    Ambedue tesero l' orecchio e il braccio, ma non scagliarono niente.
    Un secondo verso di corno, dalla direzione opposta, diede ad Harald la conferma di quel che sospettava, erano accerchiati da delle scialuppe.

    Il Daphnir lasciò cadere a terra i giavellotti, prese il suo personale corno e diede i cinque colpi di lingua, 'la ritirata'.
    Le scialuppe pian piano estrassero i remi, al fine di ricongiungersi alle navi madre.
    Qualche sasso cominciò a frombolare a destra e a sinistra dello schieramento.
    Il Daphnir sapeva cosa sarebbe accaduto.
    -"Là.. Davanti a noi", disse a voce molto bassa, "C' è un blocco navale (infatti non siamo a Roccia del Drago) ", disse rimettendo il corno alla cinta.
    -"Dovremmo cavarcela..", disse vedendo la prua della nave sparire un poco dietro alla bruma densa.
    La nebbia si mangiò un pezzo alla volta della nave, fino ad ingoiarla completamente, per poi lasciarla libera a pelo d'acqua.

    Ecco, ora potevano tutti vedere cosa li stava attendendo, il nemico.



    Strategia Navale 3 800 parole 10pe +50% + mod


    La nave uscì dal banco di nebbia per trovarsi all' interno di un enorme bacino d' acqua. Sembrava per molti versi un crocevia, non perfettamente descritto dalle mappe in possesso degli uomini di ferro.
    Quell' Atollo doveva esser stato mappato molto male dai precedenti avventurieri e cacciatori di gloria; ad ogni modo, eccoci qua.
    Le due navi lunghe gemelle riuscivano a mantenere una rotta a moto inerziale, sospinte dalla corrente nel grosso canale tra le gole. Distavano l' una dall' altra venti metri d' acqua salata, laddove v' era sponda era visibile solo vegetazione lussureggiante e il buio dell' anima tra le sue fronde.
    Al centro del bacino, quindici piccole imbarcazioni fatte di giunchi di materiali leggeri; accorcchiate tra loro con cordame scadente. Imbarcazioni di fortuna, del tutto innocue; in uno speronamento con una piccola barca dal fondo bombato avrebbero avuto la peggio, si trattasse di un attacco volontario o di un infausto incidente.
    Ciò che realmente preoccupò tutto l' equipaggio delle due navi era la grossa galea al centro del grande bacino di crocevia.
    La popolazione locale doveva aver messo mano ad un dromone di classe inferiore, che nella pratica si rivelava essere una galea oscenamente grande.
    Sulla nave erano presente evidenti segni di usura, integrazioni ed innesti di cultura locale, dovevano aver razziato quella nave da naufraghi o invasori, il Daphnir non aveva intenzione di lasciar loro anche le due navi lunghe.
    -"Come li abbattiamo", chiese Harald mettendo mano ai giavellotti.
    Hoagar salì sul sartiame dell' albero maestro, appendendovisi come le scimmie dei mercati degli schiavisti s' appendono accidiose ai palanchi dei suk.
    -"Apriamo un ventaglio.. Scudi sui rematori.. Ammainare le vele.. Secchi.. Archi e asce da lancio.. Voglio gli speroniate la prua.. Io mi prendo il culo", disse al capitano Fédori, della seconda nave della flotta.

    Harald non dovette ricevere una spiegazione di quello che stava per accadere, quando il sangue stava per essere sparso lui ne coglieva subito il principio.
    Le ultime parole del comando furono le più eloquenti. Avrebbero accerchiato il dromone approfittando della sua lentezza. Nessuna nave poteva davvero pareggiare le navi lunghe degli uomini di ferro in termini di manovrabilità. Le navi si sarebbero fatte strada nel bacino passando sopra ai giunchi nemici, posizionando il becco d' ogni rostro esattamente avanti al proprio obiettivo.
    Dopo un paio di colpi, uno a poppa e uno a prua, la possibilità che quella nave nemica potesse collassare su sé stessa era assai alta.
    Ad ogni modo, per raggiungere questo risultato, avrebbero dovuto farsi largo in mezzo ad una tempesta di dardi, sassi e lance.
    Sebbene quelle piccole imbarcazioni non costituissero un reale problema per l' integrità delle navi lunghe, sarebbero state un problema, portando sul proprio dorso uomini abituati agli assalti a pelo d' acqua.
    'Uomini rana' venivano chiamati dagli esploratori delle rovine Vlayriane, spesso visitate sulla stessa rotta battuta per questo viaggio.

    La politica in sé dell' attacco non rendeva nulla complicato e allo stesso tempo non lasciava al caso niente. i due speronamenti, dai cardini opposti del grande dromone, avrebbero fatto sì che l' architettura interna della nave subisse dei collassi importanti; probabilmente ciò in cui Hoagar sperava era letteralmente una falla per collasso della linea di galleggiamento sottocoperta.
    Quella avrebbe sancito il primo step della fine delle ostilità.
    Il vero e proprio problema, ciò che andava a complicare tutto, era l' animosa difesa di quegli aborigeni, color del muschio.

    Non si sarebbero arresi e la loro forza prescindeva di molto l' utilizzo di tecniche di guerriglia navale.
    La verità stava sul fondo dell' oceano e presto sarebbero riusciti ad intravederla.

    Gli scudi, alzati, avrebbero permesso ai rematori di lavorare con una certa sicurezza, ma, data la mole di armi da tiro che quelle piccole piattaforme contenevano sarebbe stato un pomeriggio lunghissimo.
    Alzati gli scudi, i migliori guerrieri si sarebbero sparpagliati per la nave, imbracciando giavellotti e daghe corte, le armi migliori per coprire distanza e corpo a corpo tra paratie.
    Lo scopo era quello di abbattere i nemici nella distanza con il tiro e pugnalarli a morte con le daghe durante i ripetuti arrembaggi che avrebbero subito. Nello specifico, una decina si piazzò sui castelli di prua ed una sui castelli di poppa, così come dieci uomini si presero vicendevolmente le paratie del ponte superiore.
    Le spalle erano ben coperte dal muro di scudi, affisso alle paratie.
    I rematori, indisturbati, continuavano a lavorare, udendo il rimo del tamburo, che imperterrito impartiva l' ordine di crociera.

    Il rischio che gli aborigeni avessero accesso all' olio e agli acciarini era concreto, per questo motivo il capitano diede ordine di portare sul ponte acqua e sabbia.
    Un leggero velo di sabbia venne sparso ovunque sul ponte, per far sì che l' umidità non fosse nemica dei forieri durante la battaglia. Diversi galloni d' acqua attendevano d' essere stappati per togliere la vita ad eventuali fiamme canaglie.



    Add Passaggio Marziale 2- 3 1058 parole 11+50%pe+ mod


    -"Pronti all' impattoooo!", urlò una voce a prua.
    La visuale era totalmente coperta dalle immagini torreggianti degli scudi disposti in fila. Non era la prima volta in cui harald si trovò in quella situazione, eppure ogni volta faceva effetto perdere di vista la consueta linea d' orizzonte.
    La luce filtrata dalle fessure tra gli scudi talvolta portava con sé anche delle pietre, scagliate dalle frombole nemiche.
    Lo sguardo degli uomini disposti ai parapetti era teso, erano pronti e stavano facendo l' amore con la calma prima della tempesta.
    Tastavano il legno della nave, in cerca di quel tremolio tipico di quanto un ratto si unisce alla loro ciurma. Non erano tanto diversi da dei pescatori che prestano attenzione a quando il galleggiante affonda in acqua.
    Si muovevano in modo disgustosamente tecnico, non avrebbe portato loro nelle sale dell' Abissale morire uccisi da dei dardi fatti d' osso nei Mari del sud.
    Come udivano il legno scricchiolare ed un' ombra muoversi, con un solo gesto, una montatura del braccio in diagonale in cui nemmeno un lembo di vestito veniva esposto, facevano passare la lama tra le fessure dello scudo, arrossandola degli uomini del colore del muschio.

    Sembravano usciti da un incubo, il nome 'uomini - rana' era ben meritato. La pelle, giallastra, veniva coperta da misture umide ricavate quasi certamente dai licheni locali, l' odore pungente suggeriva quello e altro.
    I denti, probabilmente, vennero affilati e smussati, perché rassomigliassero più quelli di un animale predatore che quelli di un essere umano.
    Gli occhi, per quanto uno vi volesse vedere il male, non erano poi così diversi da quelli di un qualsiasi altro cane nella Baia delle Acque Nere.

    Saltavano contro le paratie della nave mentre lo sperone della nave lunga mieteva senza alcun tipo di sforzo la vita dei loro giunchi in bamboo e cordame brutto. Quali potevano essere le alternative di quello sciame.
    Il Daphnir attendeva, quatto quatto, affianco al timone, laddove anche Harald riposava in attesa della battaglia finale.
    Non potevano rischiare di spiegare le vele, avrebbero preso velocità per lo speronamento, certo, eppure non sarebbe affatto convenuto. Non avrebbero rischiato che quei locali potessero dar fuoco al sartiame degli uomini di ferro. Ucciderli tutti e prendere le loro mogli come mogli del sale non sarebbe comunque bastato l' impiccio non avere delle vele nel mezzo dell' oceano.

    La manovra di aggiramento che stavano compiendo riuscì nello scopo, la galeea nemica dovette scegliere un bersaglio e, sfortunatamente per lei, scelse quello sbagliato. Portando la prua in direzione della nave di Hoagar e Harald, si ritrovò ad esporre il castello di prua alle voglie di Fédori, il quale fece cavalcare le acque calme del crocevia dai suoi rematori.
    Accortisi dell' errore, i marinai della galea cercarono di tornare indietro sui loro passi, ma, muovere quella bestia, sarebbe stato complessissimo, avrebbero dovuto tentare una strambata, cosa del resto impossibile a vele ammainate.
    Dalle fessure su entrambe le navi fu evidente che la galea si stesse preparando all' impatto. Le piccole sotto rango che tentarono di intralciare il percorso delle ammiraglie di sorta non si fecero più sentire, se non vessando sporadicamente le linee di galleggiamento delle navi, impossibili da penetrare per l' armamentario di cui disponevano.
    -"Prepararsi all' impatto", urlò il Daphnir all' equipaggio della sua nave. Fédori fece lo stesso con la gemella a cinquanta metri di distanza.
    I tamburi chiamavano vento di battaglia e gli scarponi dei soldati, che schioppettavano sulle assi infarinate di rena per mantenere aderenza chiamavano le vite dei nemici.

    Hoagar si alzò dalla tana che s' era fatto sul castello della nave, guardò i suoi uomini, appesi e aggrappati, con i coltellacci, le asce e le spade ai fianchi, pronti a far cadere i corvi sulla nave nemica.

    -"Ecco! Lì vedo Mio padre!", disse guardando dritto avanti a sé, con la sicurezza del più risoluto degli uomini di ferro, "Ecco lì vedo mia madre e le mie sorelle e i mei fratelli..".
    Harald si alzò, estrasse la spada e la puntò verso poppa, perché tutti vedessero il suo appoggio alla guida di Hoagar il Daphnir.
    -"Ecco.. Lì vedo tutti i miei parenti defunti..", urlarono gli uomini, appesi ad un filo appena prima dell' impatto.
    -"Mi chiamano a sé.. Nelle sale dell' Abissale.. Dove il valoroso vive.. Per sempre!".
    Harald rinfoderò la spada e si aggrappò immediatamente ad una cima, poiché l' impatto era prossimo.
    -"Ciò che è morto non muoia mai!", urlarono in coro gli uomini della ciurma prima che il rostro penetrasse le tenere e marcescenti assi della galea.
    Harald rischiò di venir sbalzato in avanti ma non accadde, si tenne saldo alla cima e contò quanto il loro vascello stesse affondando nella carne della 'balena bianca'.
    'Uno..', pensò udendo qualche urletto di felicità da parte della ciurma.
    'Due..', pensò rincuorandosi assieme alle 'ragazze' che soffrivano sotto al castello di poppa.
    'Tre!', pensò incredulo udendo urla di felicità da parte degli uomini di ferro del ponte inferiore.

    Era raro penetrasse per tre secondi il rostro di una nave, e, tendenzialmente, quando accadeva, la nave nemica era un colabrodo.
    Anche in questo caso, il vascello degli aborigeni subì un numero sostanziale di danni, fin troppo elevato perché potesse continuare il suo viaggio nell' Atollo.
    Fu solo quando udirono il legno nemico cigolare e spezzarsi in una sinfonia di concerti tutt' attorno a loro che le vere urla di gioia spaccarono definitivamente il morale nemico.
    Gli aborigeni si lanciarono in acqua, cercando salvezza dove non li avrebbe trovati nessuno, questo almeno, era quello che gli uomini di ferro avevano pensato sarebbe accaduto.

    Lanciandosi da ogni appiglio, gli uomini dalla pelle muschiata calarono come formiche sulla gamba insanguinata di una bestia nella foresta.
    Arrivavano da tutti i lati, nessuno poteva più seriamente comprendere dove fossero i loro nemici.
    Come la loro nave fendette quella nemica, ogni paratia della nave lunga si ritrovò essere stracolma di nemici, dalle braccia forti e le armi in bronzo.

    Harald alzò con il piede un giavellotto, lo afferrò con una mano e lo scagliò contro il primo uomo rana, il colpo lo centrò in pieno, sfondandogli la cassa toracica e bandendolo al di là delle paratie.
    Un sorriso arrogante gli si dipinse sul volto, fece male a cantare vittoria.
    un colpo, forte, alla nuca, gli chiuse gli occhi, gli abbassò la pressione e lo fece scivolare nel torpore della morte.

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    Harald sentiva il suo respiro andar piano, le sue orecchie erano ricolme del rumore insostenibile del suo fiato sul suo corpo. Comprese dovessero averlo colpito alle spalle, forse una mazzata all' alta nuca, se avessero preso il ragazzo poco più in basso dalle orecchie sarebbe uscito del sangue e lui avrebbe raggiunto l' Abissale anzitempo, il che sarebbe stato inaccettabile.
    Harald come tutti sarebbe morto un giorno, ma lo avrebbe fatto portando come tributo al Dio qualcosa di inaspettato, come il teschio di una grande lucertola di Valyria o le dieci corone dei magistri delle città libere.
    Harald si crogiolò per un istante d' essere ancora vivo per poter completare queste imprese.
    Controllò, ma al fianco non aveva alcun tipo di spada o ascia, le sue armi dovevano essere volate da qualche parte nella giungla di assi di legno che era diventata il ponte superiore di Poppa, il castello di Daphnir.
    Harald si alzò, caracollando, e si rese conto, riacquistando l' uso delle orecchie, che fosse in atto un vero e proprio scontro corpo a corpo sulla nave ammiraglia.
    Vide in lontananza la nave di Fédori, il suo equipaggio teneva botta, forse meglio di quanto facesse quello di Hoagar.
    Queste furono le ultime considerazioni che riuscì a fare prima che la battaglia lo trovasse.
    Un energumeno, alto una volta e mezza il ragazzo e pesante tre volte tanto, brandiva un' asse di legno bianco dalle venature verdastre, un ricordo della sua vecchia galea probabilmente, e fece per avvicinarsi all' uomo di ferro.
    Harald cercò istintivamente la testa d' ascia riposta all' inizio dell' anello di ferro che portava sulla sinistra ma non trovò nulla, al suo posto intravide un attacco nemico.
    L' energumeno tirò una spazzata in direzione di Harald, ma questo si gettò a terra, nella stessa direzione in cui la mazza improvvisata montò il colpo ad altezza del petto.
    Per questa volta riuscì ad evitarla.

    Le mani del ragazzo viaggiarono tra schegge e impressioni umide lasciate sul ponte della nave, alla fine raggiunsero qualcosa di solido e lì fu festa.
    Si trattava di un pezzo ligneo, a tratti a liscio a tratti ruvido.
    Quando quella capriola terminò il movimento, Harald riuscì a mettersi in ginocchio, osservando cosa la mano avesse colto nella nebbia del movimento.
    Si trattava nuovamente di una scheggia lignea, probabilmente appartenente ad un fregio della nave sventrata.
    Harald la passò d' una mano all' altra, per saggiarne la resistenza, constatò potesse uccidere un uomo e riprese ad avvicinarsi al suo nemico.
    Avrebbe dovuto sfruttare meglio la situazione, la totale assenza di armatura dell' uomo rana avrebbe permesso di infliggere gravissimi danni anche con il minimo sforzo.
    Harald mosse di polso l' arma, facendola un po' prendere aria, il nemico non parve esserne particolarmente interessato.
    Tutt' attorno a loro v' era il solito maledetto scenario, gli uomini morivano e quel tizio sembrava tutto fuor che un qualsiasi uomo rana. Forse Harald avrebbe mandato all' Abissale l' ennesimo importante nemico.
    -"Ecco.. Lì vedo MIO PADRE!", urlò in faccia all' Uomo rana gettandosi di fianco prima di colpire il nemico con un attacco breve.
    La tattica funzionò, lo spostamento ed il gioco di gambe fece sì che l' energumeno si trovò a dover cambiare guardia e la velocità di esecuzione lo punì, con un inciso decisamente pesante sulla sua pelle.
    -"Ecco.. Lì vedo mia Mad-", Harald non riuscì a terminare la frase questa volta.
    Continuando a testare il suo nemico, Harald tentò nuovamente un gioco di tre passi sulla sinistra, cercando di scuotere il fianco destro del nemico; una lettura davvero poco complicata, all' energumeno bastò alzare la guardia e muovere un minimo le braccia nella direzione di Harald perché il suo attacco, non solo fallisse, riuscisse a proiettare il giovane uomo di ferro all' indietro di qualche metro.
    Harald sbatté quindi contro uno degli scudi tenuti per salvaguardare i rematori, s' intontì un attimo e cercò di rimettersi in piedi.

    L' energumeno sembrò non accettare di buon grado la resistenza di Harald, sperò forse di essere riuscito a buttarlo fuori bordo, alzò al cielo l' asse di legno e fece in modo che una certa qual misura quello diventasse un combattimento rituale.
    Harald sputò a terra del sangue, comprese che per la prima volta dopo molto tempo si sarebbe dovuto impegnare.

    punti deboli 1, 20 Monete d' argento 714 parole 16pe +50% + mod


    il bastardo stava agitando la sua clava al cielo, ululando parole senza senso, erano suoni acidi, veloci.
    Diversi aborigeni dalla pelle muschiata cominciarono a strisciare attorno al suo rivale, doveva essere in qualche modo legato al culto locale, forse era il loro leader spirituale.
    Poté supporlo in un certo modo. Sulle braccia era pieno di immagini azzurre, evocate da inchiostri di china che anche gli uomini di ferro utlilzzavano per marchiare i loro Annegati. Harald tirò un sospiro per ristabilire ordine nella sua mente.
    Gli uomini rana si radunarono tutt' attorno a lui, e Harald ebbe modo di vederlo svettare tra loro.
    I suoi muscoli erano possenti, eppure era ancora un uomo.
    I suoi compagni stavano combattendo per la vita con gli araldi della morte, nulla era mai stato evidente come ciò in quel momento: dovevano essere dei figli del Dio delle Tempeste.
    Harald riprese a respirare con calma, i battiti del suo cuore decelerarono e la tranquillità tornò a regnare nella sua mente assassina.

    Il volto dell' uomo era piatto, grande e piatto.
    Il naso incavato e adunco, era abbastanza grande, romperlo avrebbe non solo ridotto l' acquisizione di ossigeno durante lo scontro, ma avrebbe causato anche moltissimo dolore a quel bastardo.

    Le orecchie del sacerdote erano piccole molto aderenti alla faccia, colpirle non sarebbe stato semplice, ma se Harald le avesse prese contemporaneamente avrebbe goduto di diversi momenti di vantaggio nelle operazioni d' attacco successive, erano davvero un asset da intaccare.

    Guardò la bocca del suo nemico, un' alcova di malaria e dolore, se avesse mirato ai denti, probabilmente ne sarebbero caduti molti e il dolore non avrebbe permesso al combattente di continuare quella sfida.

    Il mento era estremamente pronunciato e la mascella sembrava maledettamente massiccia.
    Colpire il basso volto del sacerdote lo avrebbe certamente ferito, ma non lo avrebbe sconvolto come se preso in altre parti del suo corpo.

    Gli occhi dell' uomo erano molto vicini l' uno dall' altro, erano particolarmente tondi e la palpebra ben poco copriva l' alta sfera color avorio che avrebbe dovuto proteggere.
    Colpire gli occhi non sarebbe stata un' impresa assai semplice, forse si sarebbe dovuto occupare di loro in un secondo step, una volta che avesse abbassato le difese lo avrebbe punito anche lì.

    L' uomo alzò l' arma al cielo per l' amore dei suoi sottoposti, così facendo cercò di evocare benevolenza divina ma espose anche il collo a Harald, il quale non perse occasione di studiarlo.
    Colpire il collo voleva dire uccidere quel bastardo, eppure il collo non avrebbe garantito un colpo fatale. Era grosso e taurino, quel collo se percosso non si sarebbe spezzato così facilmente. Sarebbe stata l' ultima chiave di una sinfonia abbastanza lunga da buttare giù.

    L' occhio di Harald scese sul corpo dell' uomo, le costole, in grande evidenza, erano contornate da muscoli prestanti, arrivare alle costole avrebbe richiesto molta fortuna.
    Un colpo ben assestato là avrebbe permesso di aprire le danze, guadagnando almeno un secondo di sorpresa e di dolore.
    Harald sorrise, si sarebbe partito da la.. Oppure..

    L' uomo di ferro cominciò a sghignazzare, mentre dei rivoli di rossa saliva gli cadevano dalla bocca.

    Harald guardò il basso pube del sacerdote, era davvero importante. Avrà reso le donne di quei senza dio felici, ma ora tutta quella prestanza sarebbe stata il motivo della sua rovina .

    Il ragazzo non avrebbe dovuto solo trovare i giusti punti di pressione fisici a cui appellarsi per la capitolazione del suo nemico. Il primo VERO passo sarebbe stato trovare un casus belli, qualcosa che gli facesse abbassare la guardia.
    Harald sorrise e decise di giocare con lui un poco.

    Il ragazzo si volto e con entrambe le mani fece pressione su uno scudo di quelli appoggiati al castello di Poppa per servirsene nello scontro. Era uno scudo malconcio e tutti gli uomini rana risero per lo stupido sforzo.
    Harald mostrò un sorrisetto stanco, quello che avrebbe garantito il suo accesso dietro alle linee nemiche.
    Si mise in posizione da combattimento, e attese la tempesta arrivare .

    Il bastardo batté tre volte la mazza contro le assi della nave, dopo di ché tentò una carica in direzione del giovane Harald.
    Il piano sarebbe stato prenderle fino a quando la fortuna non avrebbe voluto fa esporre l'importante virilità del sacerdote al ginocchio di Harald.



    Punti deboli 2, 20 Monete d' argento 746 parole 16pe +50% + mod +2 Marzialità


    La corsa dell' energumeno portò il sacerdote degli uomini dalla pelle muschiata a contatto con Harald. In altre occasioni, in alcune in cui il suo stress fisico non fosse a questi livelli, Harald avrebbe provato ad alzare l' energumeno, per ribaltarlo fuori bordo. Inutile dire non avesse più questa gran forza nelle braccia o nella schiena e che l' energumeno fosse effettivamente troppo grosso per una tale politica di combattimento.
    No, Harald si limitò a tentare uno spostamento laterale, facendo leva su una proiezione esterna fatto con il piatto dello scudo. L' idea era molto buona, ma la differenza tra la loro velocità d' esecuzione non permise che l' acume tattico si realizzasse nella pratica.
    Harald venne sobbalzato via, volò per uno o due metri, perdendo lo scudo, frantumato dall' impatto in molti piccoli pezzi.
    Il ragazzo aveva entrambe le mani poggiate sul ponte della nave, una nuova ferita in fronte e l' ego martoriato dal suo nemico.

    harald si alzò, cercando nuovamente uno scudo dalla paratia, ne staccò uno e se lo mise al braccio, dolorante per il precedente impatto.
    Tornò in posizione per assorbire una nuova bella carica da quell' energumeno ed attese che il torno decidesse di dar lui nuova attenzione.
    Come previsto, adorato dai suoi sottoposti, il sacerdote caricò una seconda volta; Harald sorrise, constatando avesse abbassato l' asticella.
    Il colpo prese in pieno lo scudo di Harald, facendolo esplodere in un carnevale di frammenti. Il ragazzo finì a terra, non urlò di sorpresa, cose stavano viaggiando esattamente dove volesse lui.
    Ridevano del ragazzo quegli uomini dalla pelle verdastra, anche Harald, nel suo piccolo, sogghignava.
    Claudicando, raggiunse un nuovo scudo, che a difficoltà staccò. Era stanco morto, ma la vera forza andava celata sino alla fine.

    Preparò un poco le gambe per la terza carica, espose il meno possibile il suo pezzo di legno sotto alle assi dello scudo. Si mise a tre quarti, con la destra come piede portante e la sinistra come piede perno, era pronto per spedire tra le schiere di schiavi dell' Abissale quel sacerdote esotico.

    Il suo nemico questa volta avrebbe attaccato con una guardia esageratamente alta, con tutta l' intenzione di uccidere Harald schiacciandogli il capo con la sua mazza.
    Harald intuì, il movimento del piccolo uomo gargantuesco fu estremamente lento, lento abbastanza perché Harald potesse spostarsi di lato, colpendo con la testa della sua verga in legno l' inguine dell' uomo.
    Un urlo di dolore senza precedenti riempì le orecchie di tutti.
    Harald lasciò cadere lo scudo e mosse se fosse stata un ascia la sua verga.
    Con entrambe le mani caricò un colpo micidiale dal basso verso l' alto in direzione delle costole del suo nemico, momentaneamente riverso su sé stesso. Anche questo attaccò fece molto male all' enrgumeno, il quale rotolò a terra inerme.
    Harald continuò con i calci, in primo luogo decise di mandarlo al Dio senza che capisse cosa stesse accadendo.
    La punta degli stivali finì rovinosa sull' orecchio destro del sacerdote, causando altro dolore e sinestesi uditiva.

    Un aura di tristezza accolse tutti gli uomini rana che aizzarono il sacerdote contro Harald. Con una somma soddisfazione il figlio di Egdar scagliò la punta della verga contro il naso del suo nemico, frantumandolo in una schifosa esplosione rossastra.
    Harald non rise quella volta, poiché anche il suo stomaco ne risentì.
    Il nemico era totalmente neutralizzato, eppure aveva deciso di reclamarlo per sé.

    Guardò intensamente tutti gli altri uomini rana con cui avrebbe in seguito dovuto combattere, era esausto ed assaporò gli ultimi momenti di titubanza, quelli che intercorsero tra la fine dello scontro e la morte del suo avversario.

    Harald rubò la grande mazza fatta con un asse di nave e la caricò sulla spalla, sotto alle urla d' ira degli uomini dalle pelle muschiata.
    Poggiò lo stivale sulla gola del pover uomo e prese le misure, al ché decise di finirlo con un terribile calcio alla gola.
    Sentì l' uomo gorgogliare nel suo stesso sangue, quel sacerdote sarebbe annegato.

    Harald si rivolse al resto del pubblico, era il momento di estendere l' invito anche a quei bastardi bassi e sporchi. Uno di loro, il più intraprendente, scattò in avanti, con tutta l' intenzione di impalare Harald con un coltello fatto in bronzo.
    Il figlio di Egdar, senza alcun ritegno, caricò il colpo e mirò al polso del nemico; questo si ruppe, facendo ondeggiare la mano come del pesce fuori dall' acqua ed urlare lui come una vedova della prima ora.



    Armi improvvisate 2, 20 Monete d' argento 721 parole 16pe +50% + mod +2 Marzialità


    L' uomo cadde a terra urlando di dolore e i compagni si bloccarono. Harald sorrise, esausto, saggiando le dimensioni nell' arma con cui respingeva quel nemico senza Dio.
    Si avvicinò al corpo a terra dell' ululante ferito e lo terminò, colpendo con la punta dell' arma la trachea.
    Harald provava tutto meno che rabbia in quel momento, sentiva il totale controllo del campo di battaglia, percepiva i movimenti nemici come variabili isometriche nella sua cognizione spaziale.
    Caricava in spalla quella specie di remo e, un attimo dopo, questo si abbatteva con perfetto tempismo sulla gola di un nemico.
    Ciò accadde una, due, tre, dieci volte. Troppe perché la statistica si ponga il dubbio sia esclusivamente una causalità.
    Harald stava sviluppando una forza che chiunque avrebbe dovuto temere.

    Hoagar si alzò, aiutato da un marinaio, e vide lo spettacolo tremendo che Harald stava dando. I suoi occhi si fecero sottili, e il suo sguardo divenne davvero serio.
    Harald stava gestendo una dozzina di assaltatori nemici con solo un remo.
    Il sorriso sulla sua faccia e la sua serenità spezzarono il morale del Daphnir, Harald, dopo tutto, stava diventando più forte di lui. Non conosceva paura, davanti alla morte era un araldo di questa.
    Il terrore negli occhi di questi umani travestiti da demoni, che camminavano nudi, vestiti solo di pitture blasfeme e in pose animalesche, lasciava che la fantasia cavalcasse verso le antichissime saghe.
    Hoagar si gettò in ginocchio, con la bocca semichiusa e gli occhi spalancati.

    Harald poggiò la grande asse sulle spalle, mentre a carponi, tre di quei selvaggi strisciavano attorno come lupi famelici. non gli artigli ma le mani avrebbero usato per togliere la vita al giovane carpentiere.

    -"Brandr", disse temendo la sua lingua, "l' assassino di Daph", disse ora in preda alla meraviglia.
    L' immagine che si trovò davanti ricordò in tutto e per tutto un vecchio arazzo, visto a Pyke anni e anni orsono.
    Il cuore di Hoagar correva forte, forse l' Abissale stava mandando un segnale ad entrambi i suoi fedeli.

    Il manovale che trovò la via del guerriero non temeva alcun avversario su quel campo di battaglia, mulinava quell' oggetto dal significato risibile come se fosse stata la lancia tridente del Dio in persona, durante le prime guerre del mondo, in cui il Dio Abissale respinse le mani avide del Dio delle Tempeste, in cerca delle belle figlie dai capelli rossi e le code di pesce.

    Le mani di Harald erano piene di calli e venature rossastre, combattere con un ricettacolo di schegge questo comportava, eppure quel dolore non lo sentiva, sentiva invece quanto lo galvanizzasse essere diventato il Dio di quell campo di battaglia.
    Come Harald camminava in una direzione era capace a spostare le formazioni nemiche, le quali si modellavano sulla posizione di quel tristo mietitore.

    Due uomini rana, armati di spade, spade rispettivamente dalle fattezze braavosiane e meeriosi, caricarono il ragazzo. La carica venne seguita con apprensione da parte di tutti gli esuli della nave affondata, ma andò molto, molto male.
    Con una sola spazzata Harald disarmò entrambi, facendo impattare una spada sul braccio del compagno.
    Perso tra le urla di dolore, il secondo uomo rana cadde in ginocchio, supportato dal primo.
    Ciò che vide fu vello di sangue schizzare ovunque, poiché l' arma di Harald cadde proprio in testa al primo uomo rana.
    Immerso nel pianto, il secondo ricevette un forte colpo all' altezza dello stomaco, perché si piegasse e potesse offrire il duro del collo all' arma del carpentiere.


    Con un colpo assestato prese il ginocchio di un nemico, costringendolo al suolo e finendolo schiacciando il capo con l' estremità più pesante dell' arma improvvisata.
    -"Qualcun altro?", domandò Harald con spocchia.

    Un uomo rana s' arrabbiò, cogliendo il tono dell' uomo di ferrò. Ululò agli altri, cercando ispirazione e si gettò contro Harald, brandendo una lancia in osso e bronzo.
    Harald sorrise, preparando una spazzata di risposta, ma l' arroganza del ragazzo non gli fece notare un secondo uomo rana.
    Una corsa combinata, tattiche da branco come usano fare i lupi. Il secondo uomo rana si gettò Su Harald, placcandolo e facendolo finire fuori bordo.
    Harald sentì il suo corpo perdere di consistenza. L' asse con cui fece la mattanza sparì, anch' essa come la sua ascia e la sua spada. Forse alla fine la vera arma, comprese, era lui.

    resistenza 1


    Improvvisamente, tutto sparì.
    Harald abbandonò piano piano la sua coscienza, sporcata dalla terribili gesta compiute, in quel momento di raccolta poté finalmente smettere di mentire; uccidere in quel modo non lo faceva sentire affatto bene.
    Sentiva il suo corpo cadere, piano, nell' infinità dei suoi abbracci. L' Abissale dopo le prestazioni di oggi lo avrebbe ricompensato con almeno tre delle sue figlie, bellissime diciasettenni dalle trecce grigie e gli occhi bui.
    Un sorriso stanco si disegnò sul volto di Harald.

    La sua mente, sempre più annebbiata, cercava il volto di quella donna, quella figlia dell' Abissale che per prima avrebbe sposato, là, nelle umide sale infondo al mare. Ma altre immagini aleggiarono nella sua testa.
    Tempeste, terribili, un viaggio.. Sofferenza.. Morte.. Vita.. Forse non era il destino di Harald morire in quel modo.
    Un sussulto riportò l' uomo alla realtà.
    Le gambe tornarono a funzionare, le mosse alternando un movimento all' altro, fornendo degli impulsi ascensionali che lo riportassero più vicino alla superficie.
    Il disgustoso scenario tutt' attorno a lui lo avrebbe tormentato per molto tempo.
    I cadaveri di moltissimi uomini rana cadevano come fiocchi di neve, esattamente come stava cadendo lui.
    Casse, legni e suppellettili cadevano anch' essi nelle avide tasche del Re degli oceani.
    Harald poté udire le risate delle figlie dell' abissale, godevano dei loro nuovi mariti e godevano dei loro nuovi regali.
    Harald non sarebbe diventato né l' uno né l' altro.
    Solo ai Re Grigi ed ai migliori tra gli uomini di ferro sarebbero spettate le predilette del Dio, le Portatrici di scudo del Dio Abissale, le uniche donne capaci di forgiare le anime degli eroi delle ere nel proprio ventre.
    Avrebbe dato prova al Dio di meritare una delle sue figlie leggendarie.

    Harald usò le braccia, muovendole a chiasmo rispetto alle gambe, le quali fecero lavoro d' impulso. Finalmente il suo corpo prese a contrastare la gravità liquida di quel mondo senza riferimenti.
    L' oscurità veniva vinta sempre più dalla superficie, e lo spazio libero dell' abisso sempre più veniva combattuto dagli scarti della battaglia.
    Harald riuscì a riportare il volto fuori dall' acqua, riprendendo a respirare a pieni polmoni. Si fermò sopra ad un' asse di legno, per riposare le braccia, provate dallo sforzo, e gettò uno sguardo alle navi della loro piccola flotta. Erano messe sorprendentemente bene per lo scontro verso cui erano incorsi.

    Si passò una mano tra i capelli, in cercando di ricordare quel volto pallido dagli occhi bui, donatogli dal Dio Abissale in persona. Ricordò anche altro, ricordò la forza del suo desiderio, voltare pagina, razziare, sfidare divinità inferiori e piegare il destino degli uomini di ferro.
    Sorrise pensando che tutto ciò potesse realmente accadere.

    Il ragazzo lasciò la sua asse di legno salvagente e si diresse a nuoto verso la nave del Daphnir, bracciata dopo bracciata, alla fine, venne visto dalle vedette, le quali accolsero Harald per l' eroe che era.
    Gli lanciarono una cima e lui la afferrò, puntò bene i piedi sullo scafo e, con le ultime energie rimanenti, raggiunse il ponte su cui aveva combattuto durante tutto il giorno.
    Con un sorriso in volto, Harald svenne, alla ricerca della sposa che l' Abissale gli promise.

    Il capitano guardò intensamente il ragazzo, diede ordine che fosse portato nelle sue stanze e che potesse dormire su un cumulo di paglia migliore di quelli riservati ai malati sottocoperta.
    Harald era lo spirito che avrebbe condotto la compagnia dei figli della Dea della Paura una volta che lui avesse raggiunto il Dio dei Mari.
    Avrebbe puntato tutto su quel ragazzo, e non ne sarebbe rimasto deluso.

    Addormentato, Harald sorrise, forse aveva trovato un accordo con l'Abissale riguardo alla sua sposa.

    Harald era steso sul letto, privato di ogni forza e premiato con la somma stanchezza. I muscoli del ragazzo erano ancora gonfi di sangue, se solo fosse stato sveglio avrebbe provato un dolore immenso, dovuto alla contrattura di tutti i muscoli degli arti.
    Come si suol dire, lo sforzo rende forti e ciò che non uccide fortifica, eppure, sebbene Harald diede prova di non aver avuto rivali in quello scontro, era ben lontano dal potersi dire immune ad ogni pericolo.
    Uccise molto uomini quel giorno, ciò era vero, ma vero anche era che si fosse spinto ad un limite che nella sua miopia non riuscì a vedere, forte dell' idea non vi potessero essere ostacoli tra lui e la vittoria eterna.
    Il Daphnir lo osservava, dormiente sul letto, e in lui vedeva sé stesso da giovane. Qualche che sarebbe stato il suo destino nemmeno l' abissale l' avrebbe potuto sapere, l' unica certezza stava nell' idea che Harald avrebbe fatto tutto il possibile per non temere la spada sul campo di battaglia

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    Edited by Fiammantica - 2/9/2022, 10:15
     
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    *Acquisisci: Strategie Navali [1|2|3] Punti Deboli [1|2] Armi Improvvisate [1|2] Resistenza 1
    *Sblocchi i livelli 2 e 3 del Tratto Marziale
    *Il PG spende del denaro: -80 Lune d'Argento
     
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