Chi non muore...

Libera Edwin Roote e Corinna Forrester

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    Ishumaeru



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    orinna stava finendo di sistemare il carro.
    La giornata era stata a dir poco stressante, e la giovane aveva voglia solo di appoggiare le ossa sul giaciglio e chiudere gli occhi... il pensiero di Lionel e di Luthor la stava macellando dall'interno. Doveva riposare. Doveva assolutamente.
    Aveva già mandato a riposare anche i suoi tre gregari, concedendo loro una ulteriore notte di riposo lontano da lei affinché prendessero una decisione ben precisa sul futuro... silenziosamente si erano accampati non troppo lontano da Corinna, ma con un loro falò.
    Corinna era quindi tornata a essere sola, una ragazzina sola.
    Era la prima notte di viaggio dalla partenza da Approdo.
    E i cavalli non si sarebbero messi da soli a sfare le casse.
    Guardò il cielo... il buio sembrava quasi solo un contorno, un'idea. La luna era così splendente da sembrare un secondo sole. Riusciva a vedere tutto chiaramente, e la notte non era impedimento ai preparativi della tenda. Corinna era l'ultima a prepararsi per andare a dormire, avendo lei come primo pensiero quello delle sue truppe e della loro organizzazione.
    Ma era giunto anche per lei il momento di sistemarsi.
    Tirò giù un rotolo di tessuto parecchio pesante dal carro. Quella, in qualche minuto, sarebbe dovuta essere una tenda.
    Sospirò rumorosamente, evidentemente stanca di dover davvero preparare ogni cosa.
    Ma nel mentre che si accingeva a manipolare stecche e legnetti per alzare la tenda, qualcosa che le attirava l'attenzione stava nella sua visione periferica. Qualcun altro era accampato vicino a lei, nelle retrovie dell'esercito rimasto...
    Si fermò un attimo dal suo lavoro, scrutando con attenzione quel falò sconosciuto. Cazzo, la vista non aiutava per nulla... era... era uno dei suoi? Si girò verso le tende dei Forrester. No, no... i suoi erano accampati davanti a lei, ed erano troppo pochi per non accorgersi dello spostamento di qualcuno.
    Socchiuse gli occhi, cercando di guardare meglio...
    Ed? Era Edwin quello?
    Così pareva.
    Il cuore della rossa si rasserenò. Non erano spie o mercenari quantomeno.... forse. Lo aveva visto marciare con loro, probabilmente si era tenuto fuori dal grosso della gente.
    Finì quindi di issare la propria tenda, con calma, e non appena ebbe sistemato anche il giaciglio, Vendetta vi ci si fiondò sopra subito per dormire.

    «Pigrona... »



    sussurrò.
    La notte era ormai più che avanzata.
    Solo il rumore di Mogge che russava sembrava turbare quel silenzio irreale.
    Corinna solo dopo un tempo che sembrò infinito terminò di sistemare il proprio tendaggio e falò. Era stanca, per gli Antichi se era stanca...
    Guardò quasi per caso là dove aveva visto prima Edwin, aspettandosi di vedere una tenda chiusa e un falò assopito.
    Invece no... sembrava anche lui sveglio.
    Corinna controllò l'esercito.
    Non vi era anima viva oltre a lei e a lui. Tutti erano assopiti come muli.
    Perchè Ed non dormiva?
    Slegò per ultima Bouddica dal carro, permettendole di pascolare serena durante la notte. I cavalli della rossa, tutti e quattro riuniti, si riunirono e iniziarono anche loro a pisolare in piedi vicini. Non c'era il bisogno di legarli, nemmeno con l'alto fuoco di mezzo si sarebbero allontanati dalla rossa.
    Senza avvicinarsi mai al falò dell'amico, Corinna si rivolse a lui, alzando appena il tono della voce per farsi udire bene.

    «Anche tu sveglio? Devo temere che tu voglia farmi fuori nel sonno? »



    Dicendo ciò, si appoggiò al carro, rivolta verso Edwin e con le braccia conserte.
    Sorrideva.


     
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    Ogni tanto la gente tirava fuori il detto "la notte porta consiglio", per incoraggiare qualcuno a mettersi a dormire invece di sprecare le ore dopo il tramonto a rimuginare.
    Forse Lily ci credeva dato che era un po' più distante da lui, beata nel sonno.
    Edwin Roote invece era ferreo nella sua convinzione, ovvero che il sonno non gli avrebbe consigliato un bel niente.

    Non c'erano sogni che gli davano risposte o suggerimenti per dare un minimo di tregua alla sua mente. La sua testa era ormai limitata a due attività: stare attento ad ogni singola cosa che succedeva e ragionare all'infinito su tutti i suoi problemi attuali e sul come uscirne.
    Attentati e morti alla capitale? Doveva stare attento, ogni momento, ad ogni respiro, che la morte non lo prendesse alla sprovvista.
    Cascate dei Tumbler? Doveva capire subito come gestire un seggio capitatogli tra capo e collo.
    Famiglia? Doveva già pensare a come aiutarla, a pezzi com'era.
    E così via...

    Era snervato.
    Il corpo implorava di montare la tenda e di dormire il minimo per evitare di crollare da cavallo l'indomani, ma mentalmente era troppo turbato per prendere sonno.
    La cosa era già incominciata con il viaggio per Essos, ma era lenita dall'avere una priorità, un qualcosa di concreto e immediato su cui lavorare prima di tutto il resto. Adesso non aveva niente; si, arrivare alle Cascate era una priorità, aveva una meta, ma finiva lì. Era solo buon senso.
    Tutti gli "e poi?" avevano incominciato a vibrargli dentro come ferro battuto da un martello da un po'. Quella mattina si era sentito svuotato e prosciugato. Ora era riempito solo di una sorta di malessere da cui doveva distrarsi.
    Forse era per anche questo che stava sveglio: andare a dormire lo avrebbe fatto confrontare con la sua sorta di nausea, mentre invece impegnare mente e sensi in qualcosa la leniva.
    E fare da vedetta notturna era quel qualcosa a quanto pareva. La notte era abbastanza chiara da permettergli di vedere qualcosa oltre il suo falò. Al momento aveva notato solo le figure sfuggenti di animali di taglia minuscola, e qualche fronda che si era mossa, ma nient'altro. Sempre se non se le era immaginate entrambe.

    Cazzo.
    Forse stava diventando paranoico?
    Beh, poteva essere una buona spiegazione. Un senso ce l'aveva, dopo gli eventi recenti.

    Avrebbe spiegato il perché si fosse teso per due respiri quando si sentì interpellato. Era stato talmente intento ad aguzzare la vista che aveva smesso di udire i suoni più fini attorno a lui.
    Ma non le voci. Quelle sono un qualcosa di iconico, che identifichi subito e capisci da esse in che situazione ti trovi.
    E in questo momento era certo di aver captato la voce di Corinna Forrester e di non essere in pericolo immediato.

    Edwin girò la testa quanto bastava per poter allineare la propria vista con la fonte della voce.
    Unica voce familiare nei paraggi. Unica persona familiare che aveva visto dal suo ritorno.
    Era quasi rassicurante la cosa. Meglio così, ora aveva qualcosa da fare che non gli avrebbe fatto saltare in aria gli occhi a furia di scrutare il buio.
    Ci mise un attimo per metterla a fuoco, giusto per essere sicuro di non essersi addormentato da seduto e di star sognando. Il che sarebbe stato comunque un qualcosa.
    Gli era sembrato che sorridesse, ma forse la luce lunare lo stava perculando ach'essa.
    E non era comunque troppo importante.

    "...
    Nah.
    Se per un solo fuggitivo ho avuto bisogno di un altro paio di mani, per te, anche da addormentata, probabilmente mi ci vorrebbero un bel po' di soldati solo per non morire troppo presto una volta scoperto alla soglia della tenda.
    Figuriamoci freddarti nel sonno. No, non ne sarei capace.

    E in ogni caso, siamo sinceri: non avrei alcun motivo di assassinarti."


    Uccidere la persona nella quale poteva nutrire più fiducia in quel momento sarebbe stato da folli. Anche solo provare a trovare un motivo che non poteva esserci.
     
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    ì, era lui, i suoi dubbi furono fugati in un istante.
    Era vivo, stava bene.
    Un dolore in meno per la rossa.

    «Quindi hai acciuffato quel maledetto stronzo di Driftmark? »



    chiese, rimettendosi a maneggiare tra casse e sacchi. Era come se la felicità di rivedere un vecchio amico fosse da tenere nascosta, e quindi si doveva tenere occupata la testa e le mani in qualcos'altro, per non darlo a vedere.
    Ma era felice.
    Cazzo, Ed era stato con lei a Driftamrk, aveva aiutato come poteva quell'assedio... i mesi erano passati e l'odio e il rancore che la rossa poteva provare erano stati trapiantati di peso con la tristezza e il dolore. Il dolore perché la sua rabbia aveva ferito una persona cara. La tristezza di aver allontanato ancora qualcuno da sé stessa, ed essere rimasta sola di nuovo.
    Ma Ed era un caro ragazzo, Corinna lo aveva sempre saputo.

    «È bello vederti vivo e vegeto, Ed. »



    Era di spalle, non aveva trovato il coraggio di dirglielo faccia a faccia.
    Corinna era consapevole della propria solitudine. E quella notte in particolare quella consapevolezza pesava come un macigno atroce.
    Aconè e Caleb lontani quando stava succedendo il finimondo, Red che l'aveva umiliata e abbandonata, Luthor e Lionel che...
    Nemmeno aveva il coraggio di pensare a cosa gli era successo a quei due.
    Senza contare Daeva morta, Tosco che l'aveva usata e basta, la sua famiglia lontana, Sadie da sola...
    Corinna aveva solo diciotto estati, ma pesavano come quaranta inverni.
    Edwin era invece sopravvissuto, era uno dei pochi che nel bene o nel male erano rimasti. Si era distinto, si era pure proposto come scudiero della rossa...
    Era un viso amico. Era qualcuno di cui, forse, Corinna poteva non sospettare di essere ammazzata o tradita. E questo in un periodo di guerra era cosa assai cara.
    Si girò verso di lui e gli fece solo un breve cenno con il capo.

    «Vieni al falò qua, almeno mi aiuti a tenerlo in vita mentre sistemo le ultime cose. »



    Stronzate.
    Non doveva davvero sistemare nulla. Le casse erano abbastanza svuotate, la tenda a posto, il giaciglio sistemato e gli oggetti ben riposti.
    Ma aveva bisogno, per la prima volta nella vita, di un contatto umano. Di una connessione umana con qualcuno, di potersi sedere e parlare con tranquillità.
    Non lo faceva da... da quando lei e Lionel...
    Si stropicciò un occhio per non far scendere nessuna lacrima. Continuò a rovistare distrattamente nei suoi averi, come a tenersi occupata.
    Aveva bisogno di un amico, e per quanto le facesse un gran male doverlo ammettere, avere lì Ed era la cosa più curativa che potesse esserci.
    Forse una nottata passata in tranquillità, davanti un falò, con un volto amico e due parole, erano quello che serviva alla rossa per ritrovare la sua pace.
    Perchè sentiva che quel ritorno a casa non era altro che una strana tregua in una guerra che non era mai finita. Ma Corinna aveva bisogno di una pace, pur breve come una notte che fosse.




    Mi sono fermata qui perché non so se Ed accetta l'invito al falò, quindi non volevo anticipare nulla.
     
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    I mesi passati in solitudine, e per solitudine si intende senza volti amici intorno a se, potevano cambiare il valore di tante cose solitamente scontate.
    Tipo chiedere come era andato il proprio "lavoro". Gli onori se li era aspettati, ma questo era un po' diverso. In un momento come questo una cosa così banale aveva un effetto positivo: ricordava cosa si era compiuto con successo, ed era un segno che all'altra persona interessava sapere come stai. Magari a modo proprio, ma erano dettagli.

    "Acciuffarlo e basta era l'idea che ho avuto si e no per la prima settimana. Mi era passata presto la voglia di riportarlo vivo.
    Ma quando sono venuto a sapere che aveva intenzione di vendere Lady Serranei, e che aveva ucciso un innocente...beh, quell'uomo mi ha fatto salire ancora di più il voltastomaco; e poi il fratello del morto era con me, non potevo non vendicarlo.
    Quindi l'ho ucciso sul posto.
    Lady Serranei sta bene adesso."


    Parlare di un esecuzione con così tanta casualità, come se fosse stata una professione qualunque, non sarebbe stato dall'Edwin che aveva messo piede fuori da Harroway.
    Le frecce fanno miracoli per il carattere.

    Ma a dare soddisfazione fu sentire quelle semplici parole: che qualcuno fosse felice nel vederlo lì presente, in vita.
    E non c'era bisogno di vederla in faccia. Non era necessario, le parole hanno potere di per se.
    C'era da ringraziare la notte per nascondere la lacrima che dall'occhio destro era scesa fino alla corta barba che gli era cresciuta in questi mesi, regolata meglio come poteva.
    Era abbastanza sicuro di non aver sentito questa frase, rivolta a lui, altre volte fino ad allora. A Delta aveva senso, avendo fatto una figura da inetto.
    A Driftmark pure, dopo essersela cercata la morte.
    Ma sentirlo faceva un forte effetto. Specie se non era detto dal proprio fratello, dal quale ce lo si poteva aspettare quasi incondizionatamente...ma come dare torto a James? Ormai non parlava più. Sconvolto, spezzato, erano termini riduttivi per spiegare cosa affliggeva il figlio maggiore di casa Roote.
    Isabel ci aveva provato, ma non era la stessa cosa, dato che non aveva alcun attaccamento verso di lei, non avendola praticamente mai incontrata se non al matrimonio del fratello e di sola vista.
    Corinna Forrester invece era un amica, e sentire quelle parole leniva il suo dolore emotivo come il miele sulle ferite.

    "...Altrettanto, Corinna. Sono felice di poterti vedere qui."

    Non c'era ne menzogna ne lusinga. Neanche un'oncia di queste due cose. Il sorriso non era falsato ne imbellettato.
    Buffo. Solitamente non ci si aspetta di diventare amici con coloro a cui hai puntato la spada contro. Ancor meno ce lo si aspetta se si tratta della stessa persona a cui aveva dato del cane rabbioso.
    Ma gli era bastato un veloce esame di coscienza: Edwin si era comportato da autentico deficiente ed gli era stata giustamente abbassata la cresta. L'ira di lei era giustificata. Qualsiasi forma di immaturo rancore era stata gettata nell'oceano da un pezzo.

    Per questo non poteva dire di no allo stare al focolare. Ne aveva bisogno.

    "..Heh. Come desidera, mio cavaliere."

    Il tono era esplicitamente limpido, cristallino nella sua accezione: non c'era alcuno sfottò, ne qualsiasi cosa che potesse rovinare quella convivialità.
    Era un tono da amico, che equivaleva ad un "sai che non potrei rifiutare". Il riso era contenuto solo per non svegliare gli altri.
    Convivialità era quello di cui aveva bisogno, e da quella serata sarebbe stato meglio.
    Forse era come quel falò di cui aveva iniziato a prendersi cura: mantenerlo acceso, non far morire la fiamma.
    E dunque perché non aggiungere un ramo per alimentare entrambi?

    "...Ti chiedo scusa. Per quella scenata a Driftmark: mi sono preso rischi evitabili, sono sparito senza dire nulla e ti ho perfino insultata quando non avrei dovuto.
    Sei l'ultima persona a cui dovrei pensare di dare del cane."


    Molti non si aspetterebbero questo genere di scuse. Per molti ne andrebbe del proprio orgoglio.
    Ma a Edwin non gliene importava un fico secco.
    L'orgoglio non gli dava affetto.

    Non se lo fa ripetere: al focolare subitissimo.
     
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    orinna ascoltò senza commentare il riassunto del ragazzo sulle proprie gesta. Non vi trovava nulla di strano in una giusta vendetta. Poi lo stava dicendo a una che in vita sua poteva contare più bambini uccisi che vite salvate...
    Dell'omicidio del rapitore non gliene importava nulla.

    «Avrai in tasta un sacco di Dragoni amico mio, giusto in tempo prima che la tua donna ti faccia diventare padre davvero. »


    Buttò una cassa vuota sul carro, quasi incurante del rumore che avrebbe fatto.
    Aveva visto Lily, quella mattina, alla partenza da Approdo...
    E ancora una volta il cuore di Corinna aveva perso un battito. Aveva ormai compreso come fosse la punizione degli Antichi Dei, come una sorta di contrappasso... darle la vita che voleva a costo di essere continuamente sottoposta al ricordo di essere terra morta per la vita futura.
    Avrebbe imparato, forse, ad accettare questa condanna. Un giorno, ma non quel giorno.
    Cercò comunque di sorridere nonostante tutto, anche se forse le uscì un sorriso più amaro del solito.

    «Quanto le manca? Sapete quando uscirà? »


    chiese, quasi con tenerezza, dolcemente preoccupata. La voce era bassa, come se stesse già parlando con il bambino presente, con il timore di svegliarlo.

    «Non devi chiedermi scusa. Avevi forse più ragione di quanto io non volessi ammettere, Ed. »


    Rovistò dentro un sacco, come se stesse cercando effettivamente qualcosa. Ma no, era solo per tenersi impegnata. Come se non si volesse arrendere a fermarsi e sedersi anche lei davanti al fuoco.

    «Mi sono rivelata più cane che uomo, in tutta la mia vita. E pensa che nemmeno sei stato l'unico a chiamarmi così... »


    Sorrise, quasi d'istinto.
    Duncan. Duncan Dondarrion l'aveva chiamata mastino da guerra.

    «Sono un mastino da guerra, Ed, gli Antichi mi hanno forgiata così e penso che morirò così. Ma ciò non vuol dire che anche gli altri lo debbano essere, e a volte mi dimentico che non tutti vogliono vivere da soldato come me. »


    Sospirò, lasciando crollare le spalle, quasi se avesse rilassato per la prima volta i muscoli della schiena per la prima volta dall'inizio della giornata.
    Era stanca e appesantita.

    «Ma... apprezzo molto le tue parole. Mi dispiace anche a me per quella reazione, ma dopo aver visto mio padre sull'orlo della morte, aver combattuto in prima linea, ucciso tutta quella gente, sbattuto la testa... cazzo, ero fuori di me. Tutt'ora non mi sono ripresa da quella botta. »


    La vista, dal giorno di quell'incidente con la freccia, non era più tornata a posto, e anche quello sembrava un memento perpetuo degli Antichi.
    Dalla sacca tirò fuori un oggettino che stava perfettamente nel palmo della mano di Corinna.

    «A proposito di questo... »


    Lanciò l'oggetto a Ed, quasi testando i suoi riflessi.

    «Non offenderti, ma questo penso possa servire più a te che a me. Non ovviamente ora... penso sia un po' tardi. »


    Guardò la tenda dove, presumibilmente, stava riposando Lily.

    «Ma in caso tu preferisca rimanere padre di un solo rampollo di casa Roote. »


    Nelle mani di Edwin giaceva una boccettina di vetro molto elegante, con un tappo di vetro a incastro e un liquido blu cielo.
    Il thè della luna, che solo qualche mese fa, Lady Stark aveva regalato all'allora Scudiera di Caleb.


    Ne approfitto dell'evento di San Valentino per regalare il thè della luna e prendere la ricompensa





     
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    Forse si era incrudelito. O forse non aveva mai conosciuto il sentimento di vendetta misto a quello di rivalsa, e semplicemente si era dimenticato di star parlando con qualcuno che di guerra se ne intendeva e sicuramente aveva la mente come il corpo, resilienti al sentimento violento.
    Non era liberatorio, dato che la rabbia si era già estinta.
    Si trattava di mera cronaca. E forse era meglio così.

    Se al parlar di dragoni il sorriso era difficilmente decifrabile come amaro, dato che ora come ora tale ricchezza sarebbe stata spesa o in armamentari, o regali per amici.
    E Lily ovviamente. E la menzione di lei rese il sorriso di Edwin meno nascosto. L'amarezza iniziava a farsi vedere.

    "...Sono passati cinque mesi circa, quindi se non vado errato ne mancano solo altri quattro..."

    Non detestava di certo la donna, neanche un po'. Ma non poteva non pensare al problema che poneva.
    Anzi, i problemi, multipli e che potenzialmente avrebbero colpito più persone.
    Si sentiva un po' con le mani legate e un po' senza idee sul futuro.
    O forse ce n'era una, ma non era ancora il momento di tirarla fuori.

    Una
    Fortunatamente la conversazione era virata, almeno per un po'.
    Edwin non si permise di contraddire Corinna e il suo duro giudizio rivolto a se stessa. Di certo non la conosceva meglio di lei.
    Ma allo stesso tempo non si sentiva così d'accordo nel vederla come si descriveva; forse lo era di più sul termine "mastino da guerra". Almeno aveva un'accezione migliore di cane.
    E il suo non essere stato lì gli aveva offuscato il giudizio in quella scenata, poiché era bastato capire la causa dell'ira e tutto tornava.

    "Non posso che capirti ancora di più, allora. A parti inverse, se ci fosse stato mio padre a rischio e fossi rimasto in battaglia con il polmone forato, probabilmente sarei stato altrettanto incazzato, se non di più.
    ..Forse siamo tutti cani da lotta, quando siamo al fronte. Alcuni sono solo più bravi ad esserlo. E stavolta lo dico nel senso migliore che posso dare."


    L'apprezzamento delle sue scuse era un'altra ferita lenita.
    Come diceva un contadino una volta? Fame d'affetti? Heh. Forse ne aveva un po', in qualsiasi forma fosse, anche poco.

    Talvolta le cose che virano tornano indietro.
    Edwin dovette farsi forza agli occhi per non far cadere ciò che Corinna gli lanciò. Riuscì quindi a prenderlo al volo, la sua rapidità di mano migliore a distanza di mesi.
    Una boccetta di liquido blu come il cielo.
    Non ci voleva un alchimista per capire di cosa si trattasse.
    Thè della Luna.
    Non c'era neanche bisogno di ricordarsi il suo effetto.

    Anche lui finì per guardare alla tenda dove Lily riposava, e l'amarezza era tornata.
    Corinna aveva ragione, era tardi per cambiare le cose. Da un bel po'.
    Ma non era quella la parte più dolente.
    Lo era il contesto di questi giorni, assieme alle conseguenze della nascita di quel bambino o bambina.
    E poi...beh, unico rampollo.
    Fosse stato più egoista e non avesse avuto una famiglia e un seggio a cui pensare, ne delle responsabilità che, ne aveva il sentore, si sarebbero solo accumulate, allora forse si.
    Ma la realtà era un fiume su cui non poteva andare controcorrente per sempre.

    "Nessuna offesa, non preoccuparti. E grazie.
    Anche se dubito che avrò altre...avventure. Probabilmente finirò per avere una moglie "ufficiale", prima o poi, e anche in quel caso mi sentirei di star tradendo qualcuno. Ho una famiglia da aiutare e delle responsabilità a cui adempiere, non ho più tempo per scappatelle e simili.
    E mi sa anche che un secondo figlio lo potrò solo ritardare per un po'. Non che mi dispiaccia averne più di uno, non potrei mai rifiutarli. "


    Se la voce non stava crollando, era perché la stava tenendo insieme con una buona dose di sforzo.
    Più andava avanti e più il timore per il futuro prossimo e quello remoto gli tornavano in testa.
    Quel figlio lo sentiva a rischio, non per la nascita ma per quello che sarebbe venuto dopo.
    Se c'era una possibilità di avere almeno una sicurezza futura, era il momento di usarla.

    "...Merda...
    Mi sembra di non avere vie d'uscita. Che dovrò tentare di accontentare tutti senza far felice nessuno.
    La mia famiglia è a pezzi, la mia casa pure, mi sono ritrovato con un seggio tra capo e collo, neanche un giorno di tregua che mi hanno chiesto di intervenire nel caso l'esercito Karstark causi problemi...e se già non potevo di certo sbandierare ai quattro venti ne Lily ne mio figlio senza evitargli un mare di problemi, dopo Approdo ho ancora di più le mani legate; non posso proteggerli come vorrei ne dargli la vita che si meriterebbero, o darei una scusa a chi ha messo a ferro e fuoco la capitale di puntare a loro quando meno me l'aspetterò, perché non potrò stare al loro fianco ogni volta.
    Non dovrei nasconderli, non è giusto nei loro confronti, ma non posso permettermi di fare l'egoista o di pensare solo a breve termine. L'ho già fatto più di una volta e ha portato solo problemi, non posso permettermi che accada di nuovo."


    Si prese una pausa per respirare da quella che sembrava più una chiacchiera a se stesso.
    Doveva mantenere controllo e contegno, o ciò che avrebbe detto subito dopo sarebbe stato privo di valore.

    "Corinna, ascoltami, ti prego.
    In questo momento sei l'unica persona di cui riesco a fidarmi. Non scherzo, ne esagero quando dico che al momento sei un punto di riferimento. Più di mio fratello che ormai è praticamente in frantumi.
    Se ciò che ti sto per chiedere ti offenderà sei liberissima di rompermi la faccia, non ti biasimerò.

    ...

    Quando lei, o lui, sarà dell'età giusta...vorrei che sia tu a fargli da mentore. Non ho intenzione di abbandonarlo, ne di scaricarti un peso addosso come se fosse un sacco da legare a cavallo. Ma quando riuscirò a legittimarlo, lo voglio...forte. Resiliente. Non per mandarlo a combattere, ma per impedire che lo massacrino non appena si verrà a sapere chi é, che si tratti di quei fanatici o chiunque altro.
    Non riesco a immaginare di lasciarlo completamente indifeso, e se mi succederà qualcosa...non penso di avere nessun'altra persona a cui riporre fiducia, fino a quel punto, oltre a te. E comunque averti come sua maestra sarebbe un onore, non potrei chiedere di meglio.

    Non ti sto facendo una richiesta, ne chiedendo un favore. La mia è...è....
    ..
    E' una supplica.
    Forse ti sembrerà che sto mancando di ogni briciolo d'orgoglio, ma non mi importa niente; l'orgoglio non proteggerà i miei cari.

    Io ti supplico, Corinna."
     
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    Q

    uando Edwin parlò di avere moglie ufficiale e una sorta di ... vera famiglia, Corinna si sentì un attimo spezzata nel cuore.
    Lei era cresciuta con l'idea del matrimonio, di un padre, una madre, marito e moglie fedeli e legati come unica persona davanti agli Antichi Dei.
    Ciò che la mandava fuori di testa dalla gelosia con Red era proprio sapere che prima vi era stato un giuramento, che c'erano stati figli... era come se tutto quello non rientrasse nel suo quadro generale del matrimonio. I matrimoni, se pur di convenienza, non dovevano essere così. Un giuramento agli Antichi non lasciava scappatelle...
    Ma allo stesso tempo sapeva che forse, per Ed, non era la cosa giusta. Era come rendersi conto improvvisamente della dicotomia tra idee e realtà. Nella sua mente era sbagliato, ma Edwin e Lily si volevano bene, avrebbero pure avuto un pargolo...
    Non era quella, forse, la via più alta per l'amore e gli Antichi Dei? Non erano gli stessi Antichi a non aver lasciato traccia di preghiere in loro onore perché la fede si esercita in ogni momento della vita?
    Sospirò.
    Fu solo qualche secondo dopo che il ragazzo le crollò davanti, in uno sfogo che aveva note decisamente diverse da quelle che aveva avuto l'ultima volta che era successo...
    Sembrava... affranto, spezzato.
    Corinna si fermò dal suo tenersi occupata, lasciando andare qualsiasi cosa avesse tra le mani.
    Stette in silenzio, per tutto il tempo.
    Anche Red si era sfogato con lei, mesi orsono. Era terribilmente strano per Corinna assistere a quel genere di spettacolo.
    Rimase paralizzata, incerta sul da farsi.
    Non aveva idea di come si poteva consolare una persona spezzata. Era brava a fare male, a ferire, a tagliare e uccidere. Non ad... aggiustare, a riparare.
    E quello che aveva davanti sembrava essere un ragazzo che aveva il disperato bisogno di una sistemata, una mano amica in grado di aggiustare un cuore incrinato.
    Corinna però, era incapace.
    Si trovò così, inetta, davanti ad Ed, incapace di muoversi.
    Ma se c'era una cosa che aveva imparato in quegli anni, era che a volte la risposta migliore al dolore era il silenzio. Ulteriori parole potevano ferire e infierire.
    A volte un silenzio poteva curare di più di una sutura.
    Bastava ascoltare, era quello che a volte a molte persone serviva ma che non trovavano mai.
    L'ascolto.
    E Corinna ascoltò, senza mai staccare gli occhioni verdi dal ragazzo.
    Era incredibile come a volte quei gusci di carne nascondessero mondi rotti e pensieri bui.
    Fu sollevata per un attimo, un attimo soltanto. Si sentì per una frazione di secondo capita, compresa... non era l'unica a non sapere cosa fare della propria vita. Non era l'unica persa in quel mare, anche qualcun altro era in difficoltà, proprio come lei.
    Vedeva sempre gente così tanto decisa intorno a sé che per tutta la vita aveva avuto il dubbio di essere l'unica in cerca di una strada. Eppure Ed era lì, e aveva dubbi, incertezze, dolori e insicurezze... proprio come lei.
    Sapere di condividere una croce con qualcuno era un sollievo per chi se la trasporta addosso da anni.
    In due è tutto più semplice.
    Si sedette a fianco a lui, al falò. Gambe incrociate, occhi attenti.
    Non commentò la sua storia, ne giudicò quel ragazzo.
    In quel piccolo momento di debolezza, incapace davvero di aiutare in una qualche maniera, l'unica cosa che sapeva fare era provare a stargli vicino.
    Come gli animali feriti. Il branco si raduna intorno al ferito, lo tiene al caldo e al sicuro quanto basta per farlo rimettere in forze.
    Corinna forse era più animale che donna davvero.
    Si sedette di fianco a Edwin, a gambe incrociate, guardando il fuoco.
    Lei c'era, era presente e lì con lui.
    Ma poi venne la batosta finale del discorso.
    Quello, quello sì che fu una mazzata nei denti.
    Corinna spalancò gli occhi, decisamente scioccata da quella... supplica.

    «Emh... »


    Balbettò, presa alla sprovvista.
    Un ragazzino.
    Sotto la sua ala.
    Come mentore.
    Guardò Edwin, in una espressione che tradiva sorpresa ma anche dolore.

    «Tu non sai cosa mi stai chiedendo... »


    Gli Antichi Dei l'avevano punita per la sua vita impedendole l'amore di un figlio. Le avevano strappato dalla vita la possibilità di poter guardare negli occhi un bambino e provare gioia.
    Ma forse avevano cambiato idea? Forse... forse stavano cambiando il suo destino vuoto?
    Forse un ragazzino, nella vita di una Corinna adulta, l'avrebbe potuta guardare con occhi di ammirazione. E lei avrebbe potuto ricambiare quello sguardo con dell'affetto.
    Forse gli Antichi avevano mutato le scritture della vita per donarle comunque qualcosa, dopo averle strappato tutto? Si era comunque dimostrata... degna, ai loro occhi?
    Corinna guardò Ed.
    Era forse lui un segno degli Dei? Infondo loro non parlavano con parole umane, ma si mostravano nelle piccole cose della vita, nel rumore dell'acqua e nel fruscio delle foglie...

    «Ed, ascoltami bene. »


    Deglutì un blocco di saliva grosso come un pugno.

    «Non supplicare mai un amico. »


    Gli strinse sotto una morsa ferrea una spalla, agganciando le dita intorno al muscolo e facendo pressione. Era seria, era terribilmente seria.

    «Che si tratti di Lily, di te, o di tuo figlio... Ironrath non rifiuterà mai nessuno che busserà alle sue porte. »


    Sorrideva? Cazzo, sorrideva davvero. E gli occhi lucidi non erano solo una illusione delle fiamme, ma vere lacrime che solcavano quel viso pallido tra una lentiggine e l'altra.

    «Quando sarà il momento, mandalo da me. Non avrai nulla da temere, giuro sugli Antichi Dei che sarà a casa. »


    Eccolo, eccolo era successo di nuovo.
    Un giuramento sugli Antichi.
    Corinna non lo aveva mai più fatto da quando era morto suo fratello.
    Corinna aveva promesso solo un'altra volta nella sua vita, una sola volta soltanto.
    Aveva promesso che mai nulla sarebbe successo alla sua famiglia, si era promessa e aveva promesso davanti agli Antichi Dei che nulla avrebbe mai potuto turbare i Forrester ancora.
    Aveva fallito, quando suo fratello era rimasto vittima dell'incidente in barca.
    Ma non avrebbe mai commesso due volte lo stesso errore.

    «Che tu ci creda o no, credo che quello che tu mi hai appena chiesto è solo la risposta a mille preghiere che ho fatto per i miei Dei... tu sei la loro risposta, o meglio... »


    Guardò la tenda di Lily.
    Si portò una mano al ventre, là dove la cicatrice dell'incidente le deturpava l'addome.

    «Lei o lui sarà la risposta. »




    Edited by Cioffa - 8/3/2023, 00:40
     
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    Quello non era un mero sfogo.
    Edwin sentiva che con ogni parola stava vomitando sassi rimasti incastrati tra gola e stomaco, che non era stati sputati se non ora.
    La verità é che si era visto sempre come un piccolissimo pesce di fiume in mezzo a tanti squali. Tutti sembravano essere sicuri, tutti sembravano avere piani, tutti sembravano sapere cosa fare, cruenti o meno, subdoli o diplomatici.
    Mentre lui si sentiva indietro rispetto al mondo: prima aveva la smania di ricavarsi un posto nel mondo, ma adesso...stava scemando. Il sogno di, come chiamarla, gloria, fama, buon nome? Qualunque cose fossero, andava scemando ogni giorno.
    O aveva agito di conseguenza agli eventi nel quale si era ritrovato, o in cui si era buttato con poca lungimiranza, o lo faceva come se avesse debito verso altri.
    Driftmark era un tentativo di riparare la sua assenza dai problemi che stavano affliggendo il mondo, e ne era uscito tutto fuorché bene. Lì l'orgoglio si era già incrinato.
    Il salvataggio di Lady Serranei era invece un debito verso la sua stessa poca efficacia; messo al tappeto così velocemente come era accaduto quei mesi orsono, sentiva di non aver fatto abbastanza, e doveva compensare.

    E Lily...forse alcuni dicevano il vero, nei libri: all'amore corrispondono anche cose negative. Rabbia, ansia, tristezza...
    forse responsabilità era un'altra, in una sua forma. Perché non sentiva solo di dovere tendere a loro, donna e nascituro, solo per l'affetto che provava, ma era anche responsabilità, dovere.
    Il loro star male era una sua mancanza.
    Per questo non avrebbe mai compiuto infedeltà. Sarebbe andato in conflitto con la sua responsabilità oltre che il suo affetto.
    E anche avesse avuto una seconda moglie che creasse meno problemi agli occhi altrui, probabilmente sarebbe stato responsabile allo stesso modo.
    Anche se era una formica immersa nel dubbio.

    Però come i pesi, puoi portarli in spalla fino ad un certo punto; prima poi avrai bisogno di poggiarli a terra un attimo, per non ammazzarsi.
    Era, più o meno, ciò che stava accadendo ora.
    Fino a qualche tempo fa si sarebbe quasi vergognato a crollare così, specie di fronte ad una figura ammirevole abbastanza da instillargli il desiderio di rimanere forte davanti ad essa, invece di appesantirla con uno sfogo di un povero incerto.
    Ma non solo aveva perso la nozione della vergogna. Molto probabilmente, Edwin non si era ricordato che c'era qualcuno dietro l'armatura e l'ira guerriera di Corinna.

    La silenziosa vicinanza accanto al falò era bastata a placarlo ed evitare di crollare del tutto. Non era necessaria neppure una parola, stava funzionando. Qualcuno lo stava ascoltando, e ciò gli andava ben più che bene.
    E credeva che con l'ultima sua stoccata, un lancio di macigno da una persona all'altra, avrebbe rovinato la cosa.
    Si era sbagliato. Evidentemente non conosceva Corinna bene come aveva creduto fino ad ora, perché altrimenti non sarebbe dovuto essere così spiazzato dalla sua reazione.
    Quella in cui stava sperando così tanto e, al tempo stesso, quella che non pensava avrebbe ottenuto così facilmente.

    Tu non sai cosa mi stai chiedendo...

    Era chiaro che non lo sapesse; lo sguardo dava solo un indizio di ciò che poteva celare dietro. Cose che Edwin non poteva sapere.
    Ma ciononostante non poté non rimanere spiazzato quasi quanto lei lo era con lui.
    La stretta era forte, ma non gli faceva male. Anzi, era un piacere poterla sentire...
    e sapere che con lei non c'era bisogno di ridursi alla supplica.
    Fino ad ora aveva visto tutti come giganti dalla scorza d'acciaio che non sarebbero stati convinti dalla mera amicizia.
    Anche perché Edwin di quest'ultimi non ne aveva un granché: aveva una buona reputazione tra la gente, e tutto sommato non aveva screzi con le varie persone che aveva incontrato. Era stato amichevole, ma non amico.
    Tranne che con Corinna.
    E questa ne era una conferma.

    Quella certezza, quella sicurezza che dimostrava, vederla addirittura sorridere, forse delle lacrime...
    Lo avevano scalfitto. Anche Edwin ora lacrimava, anzi piangeva, da ambo gli occhi, vedendo davanti a se una certezza in questo enorme e torbido mare di dubbio e chaos. E sorrideva come sorrideva lei.
    Si limitò al mettere anche lui una mano sulla sua di spalla solo perché voleva evitare di esagerare; riteneva che abbracciarla di botto, di sua iniziativa, fosse un pelo troppo.

    "...Grazie. Non riesco a dire di meglio, ma non fa niente...grazie Corinna.
    ...
    Ecco, solo una cosa: so che non sarà proprio tuo figlio o figlia, ma se mai il tuo istinto lo sentirà come tale, sappi che non ti tratterrò mai; non avrei cuore di negarglielo, ne ad esso ne a te."


    E a cementare ancora di più questa certezza trovata fu quel giuramento, che lo spiazzò tanto quanto ciò che disse in seguito.
    Il futuro nascituro era la risposta alle sue preghiere? Cosa voleva dire, che non poteva...? Se era così, per Edwin capirlo era doloroso. Non riteneva procreare il fine ultimo di nessuno, ma avere una scelta tagliata via di netto...non serviva essere donna per comprendere. Le persone sono dotate di empatia non a caso.

    "Non l'avevo mai vista in questo modo; mi sono sempre sentito lontano da qualsiasi fede, ma...
    Se davvero é come dici tu, non posso che essere felice, se lui o lei è il frutto delle tue preghiere rivolte a loro! Anzi, sarei onorato!
    ...
    Del resto, ammetto che ormai sono lontano dai Sette o chi per loro. Già facevo fatica ad aver fede, ma adesso... non ce la farei. Di certo non ho buoni termini con loro, anzi.

    Se al momento non cerco di pronunciare più di una volta gli Antichi é per evitare di offenderli per errore, ma...non posso lasciarti come la sola ad aver fatto un giuramento, qui. Non me lo posso permettere. E' anche per me stesso che devo farlo.


    Sapeva che da ciò che avrebbe detto in seguito non sarebbe potuto tornare indietro.
    Ma non sarebbe stato un sasso da vomitare, un macigno da trasportare.
    Perché lo stava scegliendo lui, non il mondo.
    Ogni parola sarebbe stata pronunciata con ardore, con orgoglio, con sincerità.

    Io giuro che vi proteggerò ad ogni costo, che vi offrirò me, nel corpo e nell'animo, qualora ne avreste mai bisogno, che il mio affetto per voi resterà incrollabile, e che non vi ferirò e non vi tradirò. Ne Lily, ne mia figlia o figlio, ne te!"
     
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    C

    orinna ascoltò il giuramento di Ed con una espressione mista tra orgoglio e felicità.
    Sembrava cresciuto così tanto e allo stesso sempre lo stesso ragazzino che aveva trovato in quel maledetto bosco.
    Lo lasciò finire di fare il suo giuramento, e gli allungò la mano.

    «Per gli Antichi e tutto quello che ci può essere là. »


    Un là generico, là oltre le montagne o là oltre il Cielo, quasi a voler lasciare spazio al ragazzo di credere a qualcosa o qualcuno di diverso. Ma per Corinna era decisamente un patto davanti agli Dei.

    «Oh per gli Antichi non vi sono offese... vi sono pensieri oscuri, certo, ma se una preghiera è fatta con il cuore... beh credo valga più di cento sermoni. »


    Per lei, nel suo cuore, la religione era fatta di silenzi e di sentimenti.
    Non le avevano mai insegnato un Credo, un libro da leggere o un rituale da compiere.

    «Gli Antichi stanno nelle foglie Ed, nel vento, nel fiume che ti scorre sotto i piedi e nelle nuvole sopra la testa. Non bisogna pensarli come quei maledetti Sette, rinchiusi nelle loro stupide statue e nei loro freddi templi...
    Oh ma cosa sto qui a dire queste cose, se un giorno vorrai sapere cosa significa pregare con il cuore, me lo verrai a domandare. Non è il momento di parlarne ora.
    »


    Sentiva quasi il richiamo verso quel mondo dal profondo del cuore, da sola. Non c'erano libri o sacerdoti che potevano spiegarti come si prega con il cuore.
    Gli sorrise con dolcezza, come si sorride a un bambino nel dirgli "ne parleremo quando sarai grande". Non vi era saccenza, ma solo attesa. Un giorno avrebbe capito quelle parole.
    Lanciò un bastoncino tra le fiamme, per distrarsi e pensare ad altro.

    «Su parliamo di altro, prima che qualcuno possa pensare che io abbia un cuore... »


    Si alzò a fatica, quasi però di fretta, come a volersi allontanarsi velocemente da quei sentimenti per frapporre di nuovo la sua maschera di ferro. Era sempre così terribilmente difficile lasciarsi andare...
    Le gambe si erano un pochino addormentate, ma non appena fu in piedi recuperò abbastanza bene l'uso degli arti. Aveva i pantaloni pieni di foglie, che si scosse giù malamente con un paio di manate.
    Ritornò quasi meccanicamente ai suoi doveri, senza nemmeno pensarci troppo.

    «E... di tuo fratello? Cosa mi sai dire? So della sua perdita... per tutto il male che gli posso aver augurato in questi mesi, mai avrei voluto un dolore così. »





     
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    I cappi ai polsi e alla testa erano stati legati da quelle parole.
    Era un giuramento, e come tale non sarebbe stato da infrangere. Ne sarebbe andato della sua dignità, della sua onestà...e in fondo, il mondo ha l'abitudine ironica di fartelo notare, quando rompi una promessa. Rifletteva le mancanze e le pecche, a volte subito, a volte facendoti aspettare anni e anni nella beata ignoranza, prima di colpirti come un macigno.
    E ne aveva già abbastanza senza voler mettersene altri sulla schiena.
    No, Edwin Roote probabilmente non si sarebbe mai rimangiato quella dichiarazione. O di certo non di sua volontà, perché non poteva sapere se e quanto il futuro avesse intenzione di mettergli i bastoni tra le ruote. Ma anche in quel caso, avrebbe provato a incespicare per poi continuare a correre, piuttosto che ruzzolare a terra.
    In fondo, poi, questa sorta di infantile e sempliciotta onestà d'animo lo faceva stare bene, allontanava dalla sua mente quel po' di pessimismo e cinismo che si stavano formando sopra di essa, come ruggine sul metallo.

    Ed in virtù di ciò non esitò nemmeno un po' a stringere la mano di Corinna, sempre più una bussola funzionante in questa sorta di alta marea.
    Bussola emotiva, bussola per il futuro, e adesso sarebbe potuta diventare pure quella spirituale.
    Perché sebbene ne sapesse troppo poco, più la sentiva parlare degli Antichi, più iniziava a trovare del senso in essi.
    Presenti nella terra su cui sedevano, nel vento che li costringeva a coprirsi, nei fiumi nei quali aveva nuotato in anni più sereni...presenti in qualcosa che era a lui tangibile ogni giorno.
    E pregare con il cuore...sembrava così tanto una cosa da lui. Era sempre stato lontano dai templi, dai riti e dai sacerdoti. Fino ad adesso I Sette erano stati il suo culto nel senso più vago, un modo di fare tramandato e acquisito per abitudine, per assunto. Adesso si sentiva tremendamente distante da essi, e fino ad ora non aveva mai pensato alla possibilità di un alternativa.
    Alternativa che forse si stava lentamente palesando.

    "Mh. D'accordo; allora penso che quel giorno non sarà così tanto in là nel tempo."

    Acconsentì a lasciar perdere l'argomento per quella sera, ancora troppo acerbo, e il suo volto per un attimo aveva assunto una espressione tra il divertito e il sardonico, ma in chiave innocente e amichevole, prima di sgranchirsi un attimo il collo mentre il fuoco veniva ravvivato di poco. Probabilmente per molti sarebbe stato uno shock scoprire che il cavaliere di Ironrath avesse un cuore. Per lui era stato più un sollievo grande come una boccata di aria estiva senza sangue ne paura impregnati in essa.
    Ma non avrebbe mai biasimato quel modo di fare; aveva un senso a questo mondo, e poi Corinna Forrester era anche ciò, dividere le due parti era impossibile e neanche lo avrebbe voluto.

    Sebbene l'amarezza tornò quando si virò su suo fratello, lo sfogo di prima l'aveva attenuata. Forse stava pian piano imparando ad assorbire ed elaborare lo stato delle cose, rendendolo meno velenoso per i suoi pensieri e le sue emozioni.
    Adesso la voce era più calma, mostrando si dolore e tristezza, ma accettati, accorpati. Non cercavano più di uscire con violenza come poco fa.

    "...Vorrei poter dire che sta meglio, ma mentirei. Purtroppo non sono neanche riuscito a parlargli; ho provato a cercarlo dappertutto quando sono tornato ad Approdo, ma niente. Penso che stia cercando di non farsi vedere nel suo stato.
    E purtroppo non c'è una via certa per il cosa fare: da una parte sarebbe normale che io provi ad insistere e a tirarlo fuori da se stesso, ma dall'altra so anche io che non potrò essere sempre al suo fianco, adesso meno che mai. E a volte essere troppo presenti può far più male che bene...
    Non lo sto dando per perso, assolutamente no, non mio fratello! Ma dopo una cosa del genere...insomma...forse si può morire anche senza che il cuore venga lacerato, o senza che un veleno sciolga le interiora. E' vivo, ma lo sento comunque fatto a pezzi.

    Io non so se hai mai avuto fratelli o sorelle. Se si, spero che stiano bene, o comunque stiano meglio di lui e di me; se così non è... non esagero, neanche un po', quando dico che mi fa altrettanto male, anche se non posso sapere neppure il loro nome. Non mi serve conoscerli per soffrirne, non quando è successo anche per il fratello di quel garzone qualunque.

    ...

    Devo pensarci io.
    James adesso si sentirà senza alcun appiglio a cui reggersi, senza una colonna.
    Dunque devo esserlo io, e per fare ciò non devo crollare. Se mi sgretolassi anche io per ciò che è successo gli farei ancora più male, e non solo a lui.
    Non cederò. Non posso, non devo e non voglio."
     
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    F

    orse Corinna aveva aperto un vaso di Pandora che nemmeno lei era davvero in grado di tenere a bada. L'argomento fratelli era così... delicato.
    Sentir parlare Ed così di suo fratello, sembrò lacerare in parte (e nuovamente) l'armatura che Corinna si era costruita in tutti quegli anni.
    Era come sentirsi improvvisamente nudi, scoperti, in pericolo...
    Ebbe un brivido nelle ossa, come se avesse visto un fantasma. E forse proprio di quello si stava parlando.
    Lasciò parlare Edwin e prima che la rossa prendesse di nuovo parola, passò un tempo indefinito che a lei sembrarono attimi ma che forse in realtà erano interi minuti.

    «Io ho perso tre volte mio fratello. »


    Prese uno dei gambali della sua armatura dalla tenda, quelli belli di acciaio.

    «Si chiamava Wilbur ... per me Will. »


    Dalla cintura tirò via uno straccio che prima le adornava la vita. Un pezza di velluto o forse camoscio, difficile a dirsi. Usato e sporco, decisamente aveva visto giorni migliori.

    «Ho sempre cercato di salvarlo, anche se ho sempre... fallito. »


    Si mise a strofinare lo straccio sul gambale una volta che aveva preso di nuovo posto vicino al falò. In pochissimi gesti, quei due centimetri di armatura erano tornati a splendere.
    Ma c'era qualcosa che non andava in quel gesto.
    Sembrava qualcosa di storto, di non a posto.
    Corinna era solita a tenere ben pulita e lucida la propria armatura.
    Ma la maniera in cui insisteva proprio su quel piccolo spazio, strofinando e ristrofinando tutto con cura certosina...
    Il contatto visivo a cui era abituata, che sosteneva con tutti con grande fierezza, sembrava improvvisamente scivolato via dai suoi occhi.

    «Era più grande di me, sai? Era un bel ragazzo, gli occhi scuri, i capelli neri...ci hanno sempre detto che eravamo lo specchio dei nostri genitori. Lui come mio padre, io come mia madre, almeno quando ero piccolina. »


    Un angolo della bocca si alzò, e gli occhi sembrarono improvvisamente distratti, quasi stessero vedendo qualcos'altro al posto del gambale d'acciaio.

    «Era l'orgoglio di mio padre, e il cuore di mia madre. »


    Ritornò a guardare il pezzo di metallo.

    «Ho cercato di salvarlo con tutte le mie forze. Anche contro la sua stessa volontà...l'ho obbligato a salvarsi. Io volevo che si salvasse, io volevo e l'ho obbligato... »


    Lo straccio si faceva incessante sul gambale, in movimenti rapidi e nervosi, quasi maniaci.

    «E mi è stato portato via. Per tre volte... »


    Si fermò di colpo, come un automa stanco.

    «Se vuoi un consiglio da amica... non rovinarti la vita nel salvare qualcuno che non può essere salvato, o che peggio non vuole essere salvato. Mi sono distrutta dietro a Will e non voglio che anche tu possa commettere il mio stesso errore. Io ho cercato di fare da colonna per tutti. Li ho quasi tutti riportati a casa, tranne me stessa. »


    Forse una lacrima le cadde da un occhio, ma era la parte opposta di quella rivolta verso Ed, forse sarebbe rimasta un segreto.


     
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    Ad aprirsi così tanto c'era sempre la possibilità che, senza volere, si pungesse chi stesse ascoltando. DI suo non poteva sapere se quel suo sfogo e confessione sullo stato di suo fratello potesse ferire Corinna, e aver indirettamente chiesto se avesse fratelli avrebbe potuto assicurare del dolore. Chi ce ne ha e li ha visti come Edwin vedeva il suo avrebbe avuto delle ferite riaperte; chi invece era stato abbastanza fortunato da non assistere ad una cosa del genere si sarebbe potuto far sopraffare dall'angoscia e dalla paranoia di un futuro che poteva avvenire come non essere contemplato nei piani del mondo.

    Ed Edwin lo aveva fatto: quell'attesa prima che Corinna parlasse non lasciava dubbi. Aveva fatto riaffiorare qualcosa, una cosa poco piacevole.
    Così come aveva fatto lei con lui, avrebbe ascoltato ogni parola del cavaliere. Glielo doveva, dopotutto.
    E non fu bello ne facile.

    Un solo nome, un solo fratello, tre tentativi di salvarlo.
    Per tre volte non era riuscita a soffiarlo via dalla disgrazia.
    E a differenza del giovane Lord, lei non era stata totalmente altrove, aveva tentato, non solo una volta. Aveva sfruttato ogni occasione, e ogni volta si era rivelata infruttuosa.

    Al solo sentire questa storia si sentiva addolorato. Non aveva gli occhi rivolti a Corinna per non farle sopportare uno sguardo di troppo non necessario, e dunque i volti non potevano leggere della tristezza nell'altro. Ma anche Edwin lacrimò, seppur non come qualche momento fa, e il viso si corrucciò in una smorfia rattristata.
    Quell'uomo che, tempo addietro, faceva di nome Wilbur era l'orgoglio dei suoi genitori. Era un pezzo della sorella, e per tre volte si era dissolto, l'ultima la definitiva e irrimediabile.
    Se fosse mai successo con James, Edwin ne sarebbe uscito pazzo nell'entrare in un circolo vizioso come quello, dove la salvezza di qualcuno di così importante per te ti scivola via dalla mano come acqua.
    Il sentimento d'amore che diventa ossessione, poi ostinatezza. Lì diventava come tentare afferrare l'aria.

    C'era dell'indubbio senso in ciò che lei gli disse. Nel forzare la vita agli altri anche oltre il punto di non ritorno si consumava la propria.
    E non poteva farlo, perché quel minimo di egoismo presente in ogni essere senziente gli ricordava i suoi desideri e, soprattutto, chi aveva bisogno di lui integro.

    "...Sento che vale poco dirtelo, e che non aiuterà a far stare meglio, ma anche solo a sentire tutto questo...sto male. Se succedesse anche solo un terzo di tutto questo a me, forse perderei il senno... e immaginarlo mi basta a terrorizzarmi dell'idea.

    Seguirò il tuo consiglio, Corinna. Se non potrò salvarlo. o se James addirittura non lo vorrà, lo piangerò come un fratello deve e come io vorrò, ma non mi immolerò nel tentare di afferrare e trattenere l'aria. Forse farei proprio il male peggiore a forzarlo a restare quando non se la sentirà più, e non posso fare l'egoista."

    Un'occhiata andò al luogo dove Lily ora dormiva, e per un attimo passò anche davanti alla figura del cavaliere, e poi ai suoi piedi, a se stesso, mentre in parte immaginava il resto della famiglia e ignoti, possibili, affetti futuri.
    "Non posso farlo. C'è, o ci sarà, chi invece potrà essere salvato, e che forse lo vorrà e lo chiederà. E' per questi che dovrò esserci, ancora intero, in tutti i sensi."

    La sincerità e lo sfogo avevano lasciato andare il peso sulle emozioni, facendolo dissolvere nell'aria della sera. La sana e normale stanchezza, quella fisica che chiedeva solo riposo e non instillava angoscia, poteva lentamente tornare a riempire il corpo.
     
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    I
    l sollievo di chi ascolta le proprie parole è indescrivibile.
    Per una volta non essere messa in discussione, sotto analisi, giudicata e non capita, era rassicurante.
    Tirò un sospiro di sollievo.
    Forse quelle sue brutte esperienze erano servite per salvare anche qualcun altro, non solo per insegnare una lezione a lei.
    Certo, per lei era dovuto intervenire il Corvo a Tre Occhi per farle capire di lasciare andare quella fune che le bruciava le mani… ma tutto era bene ciò che finiva bene.
    Meglio così, o quel metallo si sarebbe fuso sotto il movimento meccanico dello straccetto su di esso.
    Sembrò calmarsi in parte, ritornando a uno stato più sereno. Ma lo sguardo rimaneva basso, quasi si vergognasse.

    «Posso confessarti una cosa? Ho bisogno di dirtelo prima di portarmelo nella tomba… »


    Sapeva che la tomba di terra fredda e radici l’aspettava, e non così tanto in là.
    Più le guerre e i mesi passavano sotto le sue mani, più sentiva il collo fragile e i piedi stanchi. Era un attimo stendersi e non rialzarsi più…

    «Io nei confronti di tuo fratello ho provato e forse provo tutt’ora un odio che è difficile spiegare. Si è preso la donna di mio fratello, si è messo al dito l’anello che sarebbe dovuto aspettare a lui, ha cresciuto in parte il sangue del mio sangue…
    Cosa penseresti di me se ti dicessi che un giorno sono stata vicina a ucciderlo? Se non fosse stato che c’erano testimoni forse l’avrei pure fatto… manterresti comunque la tua promessa?
    »


    Doveva dirlo. Doveva per una volta nella sua vita portare a galla quella sera alle Torri Gemelle dove una freccia stava per far prendere aria al cervello di James. Qualcuno doveva saperlo, e quel qualcuno era giusto che fosse suo fratello. Voleva affrontare le conseguenze di quella sua idea.



     
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    Condottiero

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    Non avendo mai avuto una discussione a tu per tu come questa, rimaneva la sorpresa di come stesse funzionando, quasi di una semplicità disarmante: più parlavano di ciò che faceva male ai loro cuori, più diventava leggero, accettabile, mondano. Adesso le parole non uscivano più a fatica dalla gola ed Edwin aveva praticamente perso la coltre di buio nello sguardo. Smise di essere teso, era tornato a respirare serenamente e gli occhi erano tornati asciutti.
    Tutta la situazione stava smettendo di pesargli, pensare a James non era più un dolore, non lo confondeva più.

    Meglio così, perché si sarebbe subito dovuto preparare ad elaborare qualcos'altro di altrettanto complesso.
    Non serviva "leggere" il tono o controllare lo sguardo di Corinna: quando si chiede a qualcuno se gli si può confessare qualcosa, specie se, come del resto aveva detto lei, doveva dirlo prima di lasciare questo mondo, si può facilmente capire che si tratta di un argomento gravoso per chi lo rivela.

    "Di pure, ti ascolterò. Come ho fatto fino ad adesso, del resto..."

    Non poteva certo dire di essersi aspettato quello che aveva sentito dire dal cavaliere.
    Ci volle mezzo minuto di silenzio da parte di Edwin, silenzio che non era accompagnato da altro all'infuori del suo riflettere. Il viso non sembrava nemmeno essersi contratto. Non stava facendo desumere alcuna emozione forte sul momento.
    Corinna Forrester, mossa da un odio nei confronti di James, scaturito dall'affetto per il fratello Will, era quasi arrivata ad uccidere il secondo. Suo fratello sarebbe potuto morire per mano della stessa persona alla quale aveva fatto promesse ed era stata la sua colonna portante questa notte.

    Edwin era...
    era meditabondo. Solo questo. Provava a ragionarci su e a scavare dentro gli anfratti della sua psiche, ma ira e odio non li stava trovando. Erano troppo pochi, troppo esausti. E anche sentire una confessione come quella non li aveva riaccesi.
    Aveva più o meno capito in precedenza che non c'era simpatia tra i due, anche se con James non aveva mai parlato della cosa, non essendo neanche affari suoi.
    Ma questo...non l'aveva previsto.

    Trenta secondi di silenzio passarono prima che Edwin tornò a parlare. Corinna avrebbe potuto provare quanto voleva a cercare un'inflessione iraconda o velenosa, o anche solo triste e tradita. Non l'avrebbe trovata. C'era solo il tono proprio di una constatazione di un fatto, come se stesse dicendo un mero concetto per lui logico, naturale per la sua persona. Perché era semplicemente quello che pensava, con zero filtri.

    "...
    Penserei solo...
    ...
    che rimani Corinna Forrester, una donna che ammiro, che mi ha appena ridato lucidità, e a cui ho fatto una promessa che sarò felice di impegnarmi a mantenere.
    ...
    Ti aspettavi altro?
    Prendimi pure per matto, ma non ti odio neanche un po', anche sapendo ciò che mi hai detto. Non è stata una cosa piacevole da sentire, ma quello che penso di te non cambia.
    Rimane un fatto che, qualsiasi cosa pensassi di lui e qualunque cosa tu volessi fargli, non è successa. E non trovo sensato cambiare idea su di te per qualcosa che sarebbe potuto accadere, se non è avvenuto.
    Non giudico nessuno per le intenzioni che passano in testa, anche le più spregevoli. Perché fintantoché non sono trasformate in atto, sono solo emozioni. Spesso volatili, istintive, e tutti noi ne abbiamo di orrende, prima o poi. Pure io.
    E cosa pensi di mio fratello, in fondo non sono fatti miei. Quel che pensi tu di lui, o lui di te, non mi interessa e non influenza cosa penso io di voi.

    Non mi rimangio nulla di quello che ho detto finora, e anche adesso, non me ne pento lo stesso. Hai la mia parola."
     
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