Arthur

Passaggio Tratto Marziale al 4 livello

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    Parlato Arthur
    Parlato Doran



    Arthur aveva ormai le lacrime che stavano per sgorgare. Quelle lacrime fastidiossissime, che stanno sul bordo del precipizio, indecise se scendere o meno, e intanto offuscano la vista.

    Dimmi perché combatto Doran?

    urlò.
    Un urlo che andò a perdersi nel buio della notte.
    Sistemò nervosamente la mano sull’impugnatura della spada lunga
    Stava sudando, era difficile mantenere una presa ferma.

    Dimmi perché ti ho detto!

    continuava a gridare.
    Il viso rosso, i capelli scompigliati, le vene in rilievo sulla pelle.
    Era innegabile che stava piangendo.
    Ma era un pianto strano. Non era dettato dalla tristezza, non era un pianto sommesso, riservato, mesto.
    Lui era arrabbiato.
    Era molto arrabbiato.
    Quel pianto era solo un modo come un altro per far uscire quella rabbia.

    Dimmi perché maledizione!

    La spada lunga del valyriano andò a schiantarsi sullo scudo dell’uomo che la fronteggiava, prontamente messo in mezzo per evitare che lo scudiero lo ammazzasse.
    Doran dal canto suo stava in silenzio.
    Si limitava per ora a parare i colpi di Arthur per non morire e controbattere quanto bastava per tenerlo a debita distanza e non fargli del male.

    Dimmi perché mi devo addossare tutto ciò!

    Arthur continuava a gridare, esausto.
    La voce era rauca, la gola graffiata.
    Era stanco…
    Prese di nuovo la mira e scagliò con tutta la forza che aveva in corpo un altro colpo con la spada.

    Perché è tutto così difficile per me? Sono stanco Doran, stanco di tutto questo combattere. Stanco di questo soffrire. Stanco di questa continua lotta per la vita.

    Finalmente le lacrime si erano decise a scendere, e gli irrigavano il volto come canali.
    Doran sembrava quasi… dispiaciuto.
    Se ne stava in silenzio, a guardare come la furia di quel ragazzo poteva essere così distruttiva, e forse anche un po’ autodistruttiva.

    Dimmi cosa ci faccio qui?

    gli gridò ancora.

    Dici… al campo di addestramento di Approdo del Re?

    provò a rispondere lui, con tono triste.

    No! Qui in vita! Qui su questa terra, a dar peso al mondo! Perché? Perché gli Dei mi hanno voluto così male da crearmi così come sono!

    Per quanto quella tristezza intrinseca fosse l’elemento base di quello sfogo, la violenza e la forza con cui il bastardo si sfogava sul povero addestratore era inimmaginabile.
    Il duello continuò.
    Arthur a scudo basso, continuava ad agitare la spada lunga contro Doran.
    Prima un colpo caricato dall’alto verso il basso con la destra che si andò a impattare violentemente sullo scudo già rovinato dell’uomo.
    Una volta finita la parabola del colpo, il bastardo ne sferrò un altro partendo dal basso, diretto questa volta alla destra dell'ex Capitano. Lui si mosse indietro quanto bastava per evitare il fendente.
    Il colpo andò a vuoto e il braccio destro si ritrovò di nuovo alla posizione di partenza. Arthur mosse un altro colpo ma questa volta con lo scudo, con l’intento preciso di far sbilanciare il dorniano.
    I due scudi andarono a cozzare uno contro l’altro in un sordo rumore di legno.
    Doran indietreggiò di altri due passi e il valyriano cercò di colpirgli i piedi con la spada per azzopparlo.
    Doran non sembrava tanto preoccupato per sé stesso. In fondo non era il suo primo duello, sapeva già come combattere e in più sapeva che quello non era un vero e proprio combattimento, era solo lo sfogo di quel bastardo dovuto crescere troppo in fretta.
    Non stava davvero mirando a ucciderlo, era solo cieco di fronte al mondo, come un cinghiale ferito.

    Perché devo sempre soffrire? Perché mi sono state assegnate tante sofferenze eh?

    gridava e piangeva.
    Doran non sapeva che rispondere.
    Non aveva tutte le risposte che cercava il valyriano, non gli avrebbe mai potuto dare una risposta che lo soddisfava.
    E così rimaneva in silenzio, a cercare di gestire quella rabbia che da tanto era repressa.
    In fondo, era meglio che se la prendesse con lui piuttosto che con un qualche povero innocente no?
    Non sapeva fino a che punto si sarebbe potuto spingere, e almeno così poteva controllare che non si facesse nulla di male e che nessun altro ne rimanesse coinvolto.
    Il falò scoppiettava allegro, così in disaccordo con tutto l’ambiente di tensione intorno a lui.
    Una quercia vicino al campo ondeggiava serena al vento primaverile.
    Tutta la Natura era così rigogliosa e pacata… Arthur sembrava una fiamma impazzita, una scintilla uscita del cerchio di pietra che doveva delimitare il fuoco e che ora stava divampando senza freni.

    Avere un po’ di pace, un po’ di serenità è chiedere troppo? Sono stanco!

    Non stava davvero rivolgendo le domande a lui in persona.
    Arthur forse nemmeno vedeva Doran davanti ai suoi occhi. Mille volti le passavano davanti agli occhi, mille e più visi si alternavano al posto di quello del capitano.
    Erano visi del passato che però facevano male nel presente, e il bastardi sapeva nel profondo del proprio cuore che avrebbero fatto male anche nel futuro. Non ci si libera mai di certe ombre…
    I suoi genitori sconosciuti, Oromis, Syrus, Lionel, Tosco, i compari di Tosco che lo avevano usato come un giocattolino, Red Karstark, i fanatici di Illyria, la Compagnia dei Guitti con cui aveva viaggiato appena tornato a Westeros, il Re che nonostante tutto non lo stava calcolando ed ora era sparito, il Principe e Hierro con cui aveva combattuto all'Uncino, Duncan che era sparito...
    Volti su volti che si sovrapponevano, come in un carosello infinito, su cui si gira si gira si gira fino a star male.
    Arthur non stava bene.
    Stava sudando freddo, la fronte era calda, tremava dallo sforzo, la voce era rotta dal pianto, i piedi pieni di vesciche, le mani sanguinavano dai continui colpi e dal combattimento.
    Stava dando gli ultimi.

    Dimmi Doran, dimmi perché devo sopportare tutto ciò! Dimmi se ho ancora possibilità, dimmi ora per cosa devo combattere? L’unico obiettivo della mia vita era dimostrare al mondo che ero bravo anche io, potevo farcela a farmi un nome, che non ero solo un bastardo qualunque destinato a vivere e morire solo!

    gridava, piangendo.
    Un passo avanti, un altro fendente di spada parato dallo scudo.

    Oromis dimmi che sei fiero di me! Guarda dove sono arrivato, guarda cosa ho fatto! Anzi… non guardare… ho fatto cose orribili…

    Singhiozzo.
    Un colpo di scudo, andato a vuoto.

    Madre, padre... ascoltatemi, se mi sentite! Guardatemi, sto male, ho bisogno di voi, ho bisogno di casa, ho bisogno di una carezza…

    Doran vedeva gli occhi viola di Arthur vuoti, come vetri colorati, ma senza nulla dietro.
    Era evidente che stava avendo delle allucinazioni, e stava parlando con i visi che vedeva di fronte a sé.
    Non sapeva come aiutarlo, sentiva il dolore in quelle grida di aiuto…

    Syrus sono così solo qui! Perché sei sempre così maledettamente perfetto, te e le tue capacità? Perché mi sei da monito costante che non sono altro che una vite secca?
    Lionel! Lionel... perché mi hai fatto questo! Perché mi hai nominato scudiero! Perché mi hai condannato…
    Tosco, devi avermi maledetto per bene eh per averti lasciato!
    Duncan perché mi hai illuso! Perché mostrarmi il miele di una amicizia e poi privarmene così e sparire?


    E lì Doran si accorse di una cosa.
    Un bagliore diverso negli occhi di Arthur.
    Stava per svenire. Era evidente da come ormai stava agitando senza più un senso le armi, da come non alzava nemmeno i piedi da terra per camminare, da come ciondolava in modo preoccupante.
    Decise di agire.
    Avanzò fermamente verso il valyriano, bloccò un flebile fendente, gli strappò di mano la spada lunga e gli fece cadere lo scudo.
    Nel giro di pochi secondi, Arthur si accasciò su sé stesso come un sacco di tela.
    Il capitano in pensione lo recuperò al volo prima che potesse cadere a terra.
    Lo sorresse con un braccio, tenendogli la testa reclinata di lato.
    Gli mise una mano sulla fronte.
    Era pura lava incandescente.
    Non gli ci volle molto per capire che la febbre era dovuta probabilmente all’esaurimento nervoso che aveva avuto e all’enorme sforzo fisico di sostenere un duello con lui.
    Così accasciato, dalle labbra di Arthur uscì un flebile sussurro, che solo Doran poté sentire.

    Ho paura… ho tanta paura. Mio figlio...

    E poi più nulla.
    Doran fece in modo di raccogliere tutte le armi e le accatastò in un angolo. Le sarebbe andato a recuperare in un secondo momento.
    Ora la priorità era portare al sicuro Arthur.
    Poi lo prese di peso e lo caricò in braccio, anche se non esattamente con molta delicatezza o grazia.
    Lo riportò fino alla Torre del Primo Cavaliere, dove lo mise sul suo giaciglio.
    Doran chiamò una guardia dei Buckwell e lo fece appostare davanti alla porta dello scudiero.

    Stai qui di guardia. Lo scudiero del vostro padrone non sta molto bene. Se avesse bisogno di aiuto chiamatemi…

    La guardia annuì e si mise in posizione di guardia.
    Doran si avvicinò alla porta e fece per chiuderla, allontanandosi dalla stanza del ragazzo.
    Giusto poco prima di uscire, si girò solo un attimo, a guardare il valyriano dormire profondamente.

    Ah Arthur… sei una cometa destinata a brillare più di cento soli, ma a spegnerti in un battito di ciglia…

    Detto questo, tornò sui suoi passi. Chiuse la porta, scese dalla Torre e si allontanò dalla Fortezza, unico testimone di quello sfogo notturno destinato a rimanere un segreto per tutti e due.

    1553 parole su 1000 richieste
    Tratto Marziale (+25%)
    Pesi da allenamento (+25%)
    Requisiti: Marzialità 45 (150 e fischia), almeno tre competenze arma liv 4 (Arco, Spada Lunga, Spadone)
    Ricompense:20 punti esperienza, sblocca il lv 4 del tratto "Marziale"


    Edited by Pk96 - 21/4/2023, 13:32
     
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    Punti esperienza totali: 36 (20 punti base + 5 tratto + 5 pesi + 1 lunghezza + 5 bonus mod)
    Livellamento tratto: sblocchi il lv 4 del tratto "Marziale"! Complimenti, va e combatti!
    Affinità: +7 Affinità Doran
     
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