Lavoro 004 - Lavoro d’addio

Role:Missione personale (Giugno)

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      Julyonno Bettheolos· Porto degli Stracci, Braavos· 6 gennaio 286A.A.
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    vevo passato tanto tempo lavorando dentro Braavos, facendo il facchino per questo o quell’altro datore. Ma quella non era la vita che volevo per me. Desideravo qualcosa di più, qualcosa che andava oltre il semplice girare tra le calle come portantito o giornaliero.
    Per questo motivo mi feci trovare al porto. Non era la prima volta che andavo da quelle parti, camminavo spesso avanti ed indietro per i moli, osservando la gente che saliva e scendeva. Avevo incontrato molte facce nuove in questo modo, ma devo ammettere che non è sempre stato facile per me vedere ugualmente gli altri così.
    Fatto sta che quel giorno non andai fino al porto del Porto degli Stracci per osservare il panorama, bensì mi feci trovare per del solido lavoro. Se c’era qualche possibilità di imparare delle nuove pratiche, così avrei forse avuto modo di vedere dove un giorno avrei messo piede, quando me ne sarei andato da Braavos, come una carpa che lascia la sua fonte sui monti per andare a vivere nell’ampio oceano.



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    C'era fermento al porto quel giorno, erano attraccate un paio di navi mercantili e molti giovanotti si erano fatti trovare alle banchine in cerca di lavoro; solitamente i capitani cercavano sempre della forza lavoro per scaricare le merci o accompagnare i passeggeri verso le loro destinazioni e quel giorno non era diverso dal solito.
    Chi primo arriva meglio alloggia e difatti i giovani che erano lì dalle prime luci dell'alba vennero tutti impiegati come braccianti, gli ultimi arrivati invece si accontentarono di fare da guide turistiche per chi stava scendendo dalle imbarcazioni; cosa poteva rimanere per il buon Bettheolos?
    Si dava il caso che in una delle due navi che erano arrivate giungessero delle grida molto forti, se si fosse avvicinato avrebbe potuto sentire il capitano sbraitare e ingiuriare la madre di qualche ragazzo che aveva preso a lavorare per la giornata.
    «Quel maledetto figlio di una scrofa che non è altro! Ha rubato ad uno dei miei passeggeri la sua sacca personale, offro una ricompensa a chiunque me lo porterà qui!»
    Il capitano diede poi una descrizione abbastanza sommaria del ricercato: un ragazzo di circa 15 anni, bassino ed esile, dai capelli castani con gli occhi verdi, una piccola cicatrice sotto al labbro.
     
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      Julyonno Bettheolos· Porto degli Stracci, Braavos· 6 gennaio 286A.A.
    E
    ra da anni a quel punto che abitavo a Braavos, e sapevo oramai come funzionavano i lavori al porto: i ragazzi più mattinieri riuscivano a procurarsi i lavori migliori come braccianti, dando una mano a scaricare le navi approdate dalle prime ore dell’alba. Per i pesci ritardatari invece rimanevano solo i lavori più difficili, come agire da guida turistica per i visitatori stranieri della Serenissima Città. Non era un lavoro difficile perché era complicato imparare fatti e aneddoti interessanti riguardo la Più Libera delle Città Libere, anzi Braavos era ricca anche di quelli. Quello che io trovavo più complicato era trovare dei clienti disposti ad assumermi per il tour. Io non ero tipo da voler andare ad infastidire gli altri se non li conoscevo, e forse quello era una delle mie mancanze nel mio lavoro da mercante. Ma non mi sembrava giusto sprecare il tempo degli altri con proposte che non sapevo neanche sarebbero state per loro interessanti.
    Io ho sempre creduto nella qualità del mio lavorato. Se avessi fatto le cose bene, i clienti sarebbero arrivati loro da me, invece di dover andare io in persona a cacciarli come se fossero prede rare. Ed ogni volta che mi sono affidato a questa mia convinzione ho avuto un riscontro positivo. Quel giorno fu lo stesso.
    Poco distante dal luogo in cui ero fermo, considerando se andare contro i miei normali istinti e fermando invece qualche innocuo passante dall’aspetto particolarmente ricco per chiedere loro se erano interessati ad una visita guidata della Città da parte di un nativo braavosi, sentì provenire dal ponte di una nave una cascata di imprecazioni contro una povera donna, genitrice di qualcuno. Ma l’imprecatore ad avvicinarmi compresi non avercela con la madre, bensì con il figlio, il quale a quanto pare era diventato un ladro. Poteva esserci cosa peggiore? Un giovane braavosi come me, costretto a rubare per chissà quale motivo. Ascoltai tutta la descrizione del sospettato da parte del capitano della nave, e poi mi misi alla sua ricerca. Dovevo trovarlo prima che fossero i membri della milizia cittadina a mettergli le mani addosso. La guardia di Braavos era un manipolo di corrotti, crudeli, e elitisti individui. Se quelle guardie avessero le mani su un povero ragazzino lo avrebbero punito come se fosse stato colpevole di omicidio o crimini peggiori. La loro pena era sempre esagerata, e non rispettava quanto descritto dalle leggi. Fortunatamente per me non ero in una corsa contro il tempo, prima che le guardie fossero state allertate ci sarebbe voluto almeno una manciata di ore. Ed anche se fossero arrivate alla nave prima che io avessi ritrovato il ragazzo, non si sarebbero mosse prima di ricevere qualche denaro dal capitano per ungere i loro processi.
    Consapevole quindi delle tempistiche che mi si prospettavano, uscii dal porto, andando invece verso i quartieri etnici del Porto degli Stracci. Di tutti i braavosi in povertù, quelli che vivevano nei ghetti erano i più discriminati per la loro origine diversa. Eppure eravamo persone come tutti gli altri, nati e cresciuti nella stessa Braavos. Non dovevamo venire giudicati per i nostri antenati, ma per quello che eravamo ora.
    Nel quartiere etnico chiesi informazioni in giro. I ragazzini non si facevano veramente problemi a parlare con me, forse perché riconoscevano che anche io ero come loro, cresciuto nelle stesse calle. Ben presto mi indicarono una casa dove abitava un ragazzo che rispondeva alla descrizione datami.
    Quando bussai all’indirizzo non fu il quindicenne però ad aprirmi, ma una donna in abiti da casa. “Salve, signora. Suo figlio è mica in casa?” La donna annuì, e poi chiamò dall’interno “Morytio!” Doveva essere il nome del ragazzo.
    Poco dopo dalle scale scese un ragazzo esile e bassino, dai capelli del colore dei relitti e gli occhi delle alghe che crescevano su essi. Aveva anche la cicatrice tra il mento e la bocca descritta. “Morytio, puoi venire a parlare con me fuori?” Il ragazzo non sembrava interessato ad uscire, ma cambiò velocemente idea quando menzionai “Vorrei parlarti di un lavoretto al porto.” Allora fu rapido a seguirmi fuori. La madre prima che chiudessimo la porta sembrava felice, doveva aver frainteso la situazione come se io stessi offrendo un nuovo lavoro al ragazzo.
    In mezzo alla strada, il quindicenne sembrava impaurito da quello che avrei potuto fargli io. Non che io volessi fargli niente di male. Cercai di calmarlo a parole “Tranquillo Mory, non voglio farti niente. Sono qui per quello che è successo sulla nave, ma non voglio mandarti in prigione. So quanto possono essere terribili le guardie di questa Libera Città. Ma dimmi, perché ti sei messo a rubare? Ci sono molti modi per guadagnare abbastanza da vivere in una Città ricca come Braavos, perché ridurti a tradire la legge?”
    Le mie parole dovevano essere state abbastanza convincenti, perché subito dopo il ragazzino si spiegò in una spiegazione mischiata ad un pianto ininterrotto. Il giovane aveva perso suo padre tanti anni fa, un marinaio partito sulla nave di una ricca famiglia di Braavos, ma mai tornato. Sua madre faceva qualche piccolo lavoretto, ma per la sua fragile costituzione non era in grado di sostenere la famiglia. Perciò lui era l’unico rimasto in grado di portare il pane in casa. Aveva provato a cercare lavoro ovunque, nelle botteghe come al porto, ma quando riconosceva che proveniva dal quartiere degli stranieri veniva immediatamente licenziato. Per questo si era messo a derubare dai suoi datori prima che loro scoprissero riguardo la sua origine.
    “Ma è possibile che bisogna vivere così? Questa Città certe volte...” Commentai tra me pensando a come quella situazione fosse terribile, e poi feci un primo passo per cercare di cambiare quel sistema “Ascoltami, ora ti aiuto io. Ma per fare ciò dobbiamo cominciare con il restituire quello che hai rubato. Non posso lavorare con un ladro.”
    Il ragazzino tirò fuori dalla tasca due anelli di preziosi, uno con uno smeraldo e l’altro con una perla. “È tutto?” Lui fece gesto con la testa di sì.
    “Bene, allora ora lo riporterò al proprietario. E dopo ti presenterò una persona giusta in questa Città. Mi ha aiutato a trovare dei buoni lavori, nonostante venissi anche io da questi posti.”

    Ritornai allora al porto, per restituire la refurtiva al capitano. L’uomo mi urlò contro perché voleva mettere le mani sulla piccola peste che aveva deciso di rubare sulla sua nave. Io mentii, dicendo che mi era sfuggito. Mi fece male dire una bugia, ma mi avrebbe fatto ancora più male sapere un ragazzo come me fosse finito nelle grinfie delle guardie cittadine. Dopotutto io avevo fatto in modo che la refurtiva fosse ritornata, quindi per la legge non esisteva più un crimine.

    Tornai poi dal ragazzo. Gli avevo promesso di aiutarlo, e quindi decisi di mantenere la mia parola, introducendolo al Magistro Keq uno dei giorni successivi. Per pietà sua e della madre, gli diedi anche quel poco di ricompensa che avevo ricevuto dal capitano per aver ritrovato almeno la refurtiva. Io dovevo mettere da parte un po’ di denaro per partire, ma quel ragazzino ne aveva molto più bisogno. Gli avevo tolto possibilmente l’unica fonte di entrate, ed anche se fossi riuscito a trovargli un lavoro onesto ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che venisse pagato.




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    ottieni 12 pe
    hai rinunciato alla ricompensa
     
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