Cavaliere del verbo
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Ahimè gli Dei erano volubili e perniciosi e si divertivano a giocare con le persone. Invece di dolci e leggiadre fanciulle da intrattenere con mirabili e studiati sonetti, si ritrovò dinnanzi due vecchi, con poca vita ed ancor meno capelli. I due parevan assai disperati, torcendosi le barbe sbiancate e fragili mentre tentavano di trovar la soluzione a qualcosa che grevemente gli affliggeva. Nei pochi attimi da cui li aveva visti, alla loro uscita dalle nere mura Volantiniane i lor sussurri s’eran mossi in grida, dando spettacolo nel viale ed allontanando gli astanti i quali presi da disgusto credevan di essere in presenza di due pazzi e poco ci mancava dato che a ogni frase salivano via via di ottava in ottava. Fù a quel punto che decisi di intervenire, per sedar i due pulciosi cani e dar decoro alla pubblica via e alla decenza che rischiava di sparire da quel loco. Normalmente me se sarei ritirato e sparito lontano, spedendo qualche guardia a randellarli fin al silenzio ma tra le loro grida, strida e sproloqui la mia mente riuscì a cogliere alcune parole, le quali erano dell’argomento e del lavoro mio, ovvero parlavan d’architettura, anche se, quei due canuti, potevan trattare di questioni alla portata delle loro anziane menti, piuttosto che lanciarsi in alti dialoghi, disegni e calcoli, che non erano più in grado di terminare. Intervenni quindi per salvaguardare la mia arte, sorreggerla e trascinarla fuori dal fango in cui i due maiali anzi, ormai prosciutti, la stavano trascinando. “ohilà signori, che accade? Che è sto fracasso? Che avete da strillare in mezzo alla strada e alla folla a quest’ora? È presto, sia per festeggiare che per darli alle libagioni e voi non sembrate contenti, tutt’altro direi invero, come possono dire anche tutti gli astanti che vi evitano come si evita il grigio morbo. Orsù cosa vi arrovella? Cosa vi infiamma i cervelli? Cos’ha provocato questi scoppi di rabbia e di pazzia? Non abbiate remore a confidarmi i vostri perigli perché anche io esercito la vostra stessa arte e sono certo che una noce nuova e giovane, sulla quale non è ancor sceso il telo della vecchia, il cui pensiero è ancora veloce possa portar luce nei vostri ciechi occhi e pace delle vostre infiammate membra.” Che gradissero o meno le sue parole è risaputo solo dal narratore che per capriccio o salvaguardia non volle condividere le risposte con lettore. Gli bastava però sapere che quelli risposte e dopo alcuni scambi che fecero fuggire altre genti dalla via i due canuti si placarono, avendo esaurita la poca energia che i loro corpi a fatica ancor gli davano. Quando allora la situazione si fu chetata gli sottoposero il loro angusto problema che a lui parve una cazzata colossale, che pure un fanciullo l’avrebbe risolta nel tempo di una partita di Cyvasse a dire tanto. Ma quei due figuri, coi loro cervelli rachitici ed incancreniti ci stavan perdendo le staffe quando sarebbe bastato un non nulla per risolvere il dilemma che non lo era. “ascoltatemi o testardi drughi la soluzione è assai semplice se volete evitare che le effigi cadano sulle importanti crape. Basta infatti costruire il pianale sul quale andranno ad appoggiare con leggera inclinazione negativa e porre dietro a ciascuna statua una catena, tutte collegate tra loro e con un peso in fondo, poi legate tale peso al tetto con una corta, una capanatura o in derivato dei bovi e quando il tetto prenderà fuoco e i i suoi sostegni collasseranno il cavo brucerà anch’asso, facendo precipitar nel baratro il peso che si porterà appresso tutte e quattro le figure. In codesta maniera non solo cadranno all’interno per forza e non per l’inerzia ma saranno tra loro sincroni, rendendo gradevole il tutto al popolo. Infine su una cosa mi duole correggervi nel pensiero. Anche con il rischio che la statua fuori potesse cadere, davvero voi pensavate che gli importanti figuri fossero così scemi da sotto una torre in fiamme sostare?”
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