Ambizioni immortali

Semilibera

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    Il ritmico sbattere delle dita sul tavolo era l'unico rumore udibile nelle stanze private di Duran Bar Emmon. Le flebili candele illuminavano quanto basta da scorgere solo alcuni dettagli della stanza spartana, l'ora era tarda e le ombre regnavano ormai sovrane. Eivor aspettava pazientemente l'arrivo dello zio che aveva personalmente fatto chiamare da un servo; urgenti questioni scottavano sulla lingua del giovane Bar Emmon, bramosi di scappare verso l'orecchio dello zio.
    Non c'era più tempo, o almeno questo si ripeteva Eivor in testa. Impaziente di afferrare tutte le sue ambizioni con le nude mani, i tempi morti di attesa lo rendevano nervoso. Doveva compiere un passo in più verso la sua ascesa tra i nomi grossi a Westeros. E non poteva farlo se il suo nome era accostato al titolo di semplice scudiero. Non era ammissibile.
    Avrebbe aspettato lo zio quanto bastava e, una volta che quella lignea porta si sarebbe spalancata, non avrebbe neanche dato il tempo di sedersi, doveva sciogliere quella lingua tenuta a freno troppo a lungo. »Zio, dobbiamo parlare.« Un veloce colpo di tosse avrebbe schiarito la voce dell'imponente fanciullo, aprendo le danze alla lingua biforcuta. »Abbiamo un assedio all'orizzonte ed io prenderò a sedere tra i comandanti a nome dei Bar Emmon. Dovrò incutere rispetto nei nostri uomini, dovrò incutere terrore nei loro cuori per rendere ogni soldato disposto a morire per la causa piuttosto che tornare al nostro cospetto dopo aver fallito.« I pugni si sarebbero stretti così forte da quasi scorticarsi la pelle e sanguinare. L'ardore in quegli occhi vuoti sarebbe stato visibile anche con così poca luce. »Come può tutto questo avvenire, se a impartire ordini è... uno scudiero? Nessuno mi riterrebbe credibile, e la mia giovane età non aiuterebbe di certo con i più veterani! Le mie azioni parlano per me zio: Un intera nave di ribelli è morta sotto la mia lama, un'alleanza è state stipulata sotto le mie parole, ed un esercito si prepara a combattere sotto le mie decisioni. I tempi per la mia investitura a cavaliere sono maturi. Ed è necessario per la riuscita della spedizione alla Roccaforte ribelle.« Da lì in poi avrebbe aspettato la risposta dello zio, speranzoso di un riscontro positivo.
     
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    La porta di legno massiccio si spalancava davanti al passo del lupo di mare - Duran Bar Emmon - che guidato dal servo faceva il suo ingresso negli alloggi in cui aveva trovato dimora il nipote. Il servo che quell'ultimo aveva mandato fece un cenno col capo, due passi di lato, poi si lasciò chiudere la porta dietro le spalle e sparì. I due pesce spada blu erano nella stessa stanza, sul petto di entrambi la creatura marina sullo sfondo cancellato d'argento e bianco, il nipote sarebbe stato diretto, troppo diretto? Non voleva più essere uno scudiero, le motivazioni erano più d'una, legittime, d'orgoglio, anche strategiche a dirla tutta! I fatti erano dalla sua? Un'intera nave perita sotto la lama di quel giovane, capacità di comando, ordine, disciplina! Come i pianeti che si allineavano così il giovane Bar Emmon di Punta Acuminata elencava uno dopo l'altro i fattori che giocavano a suo favore. Lo zio era lì, ligio, rigido e impassibile. Lo guardava, lo ascoltava. Quando il nipote finì disse soltanto una breve parola "Vi ritenete pronto dunque?" retorica probabilmente, sapeva bene a cosa andavano incontro. Il Mare Stretto, il Sentiero Luminoso, l'ennesimo atto di una guerra inutile e sanguinosa che poco dipendeva da loro quanto da logiche ben al di sopra dei loro singoli interessi! Aggiunse a denti stretti "Volete giurare sui Sette Dei? Siete veramente pronto o il vostro è solo e mero desiderio?" si toccava nel mentre la cintola, avvicinava la mano destra alla lama, come a volerla estrarre per poi porre a ginocchio il nipote e farlo giurare. Ma no, no! Non fece il gesto, tacque alcuni istanti ancora... "Allora?!?" fece come a gridare... non era arrabbiato né seccato, sembrava solo determinato a voler tirar fuori dal nipote ogni forza, ogni grinta, ogni tenacia! Chiuse chiedendo per l'ultima volta "Siete pronto? Allora sulla scogliera, tra mezz'ora, venite pronto!" e poco importava se fuori il vento soffiava, le onde si infrangevano violente o tempestava. Lo zio lo avrebbe aspettato lì se avesse ricevuto la risposta positiva.

     
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    »Sono pronto.« Rispose prontamente allo zio vaneggiante sugli dei, ad Eivor non importava molto degli dei, si riteneva fautore del destino che avrebbe percorso. Odiava attribuire le sue conquiste e i suoi ideali a qualcosa di così fuori portata. Era davvero pronto, o come accennato dallo zio, quello era semplice desiderio? Assolutamente la seconda, ardeva dalla voglia di sfoggiarsi Ser; se lo ripeteva in testa "Ser Eivor Bar Emmon". Piuttosto lungo, ma suonava così dannatamente bene. Quanto tempo sarebbe passato per sentire invece "Lord Eivor Bar Emmon"? Suo padre era un ostacolo alla sua ascesa, incatenava le ali dell'ambizione dei Bar Emmon tutti col suo fare così poco intraprendente. Ogni tanto balenava nella mente del giovane l'idea più facile per salire a comando del proprio casato: una lama notturna pronta a tingere le lenzuola dei suoi genitori di cremisi. Ma scacciava quei pensieri, Eivor era pronto ad ogni genere di atrocità ma sporcarsi del sangue Bar Emmon non era tra questi. La famiglia era tutto per lui, ogni suo valore si basava su di essa.
    Il giovane pescespada fu fatto ritornare al presente da un "Allora!?" urlato dallo zio, a cui prontamente urlò con voce decisa. »Sono più che pronto!« Per poi annuire all'appuntamento dato dallo zio sulla scogliera.


    Mezz'ora dopo...



    Il giovane pescespada era armato del suo miglior vestito, completamente nero con il fiero pescespada ricamato sul pettorale, l'argento del pesce spiccava nonostante l'ora buia. Le onde si gettavano violentemente sulla scogliera abbellendo la chioma ed i tratti del Bar Emmon di acqua e sale. Lo zio era lì, torreggiava sull'intero panorama notturno di Porto Bianco. Non c'era molto da dire, silenziosamente Eivor si avvicinò allo zio guardandolo fisso negli occhi, il petto si gonfiava e la schiena era retta. Dopo qualche secondo Eivor piegò le ginocchia, inchinandosi alla zio e pronto a ricevere la sua prima carica ufficiale, quella del cavalierato.
    Quella notte avrebbe portato molti cambiamenti nella sua vita. La carica di Ser lo avrebbe reso più credibile agli occhi di amici e nemici. La scalata al potere sarebbe iniziata in quella scogliera, lo zio Duran ne avrebbe fatto da testimone.
    Se solo suo padre fosse stato lì in quel momento, se solo avesse visto ciò che Eivor vedeva in sé stesso: un'opportunità di uscire dall'ombra del drago tricefalo, un'opportunità di essere considerato pari dei valyriani. Un alleato, non un sottoposto. Guardò in alto verso lo zio proferendo le uniche parole che sentiva nel profondo del suo cuore. »Che l'ascesa degli Araldi della Marea abbia inizio.« Non gli importava se anche zio Duran credesse ad un futuro di grandezza per i Bar Emmon, ad Eivor importava solo della sua di convinzione.


    chiedo perdono per la taaaaaaarda risposta
     
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    Gli aveva risposto di essere pronto, infondo anche lui sapeva che suo nipote poteva ritenersi tale dopo quanto aveva dimostrato in battaglia e non solo! Era un giovane che era maturato velocemente nei tempi della guerra. I vecchi dicevano sempre che la guerra rendeva dure e acide le persone ma tendeva anche a forgiarle come lame durevoli! Duran Bar Emmon, uomo di mare e guerriero decorato, avrebbe ora dovuto promuovere suo nipote per consacrarlo ai Sette Dei per la guerra in arrivo. E quel suo tono spigliato, squillante, parve come svegliare il nipote dall'essersi assopito davanti alle sue, anche dure, parole. Ora il loro appuntamento era alla scogliera di Porto Bianco, li lo avrebbero consacrato cavaliere davanti alle acque del mare.
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    Mezz'ora, non un tempo infinito, ma forse Eivor poteva aver vissuto quegli istanti come infiniti davanti a tanto. Porto Bianco faceva da sfondo a quel posto, quella scogliera, di notte con la luna e poco altro ad illuminare il loro divenire. Vi erano sei uomini oltre a suo zio Duran. Quattro di quelli tenevano delle fiaccole che resistevano stoiche alla brezza che dalle acque risaliva soffiando, altri due reggevano degli stendardi con il blasone dei Bar Emmon come a rendere quantomeno più istituzionale quel momento, forse improvvisato, nel cuore della notte. Quei sei militi sembravano infatti anziani, forse i più vicini di suo zio? Sicuramente persone di fiducia di Casa Bar Emmon che con sguardo severo fissavano la scena che si stava per compiere.
    Il giovane si sarebbe inginocchiato davanti a Duran Bar Emmon immobile come una quercia eterna nel cuore della foresta, l'uomo del mare prese allora la lunga lama che cingeva al fianco, e mentre la punta di quella gli passava da una spalla all'altra nel silenzio della notte in cui solo il mare della Baia del Morso poteva dire la sua oltre a Duran che proferiva le parole rituali “Eivor, della Casa Bar Emmon, in nome del Guerriero io ti chiedo di essere coraggioso. In nome del Padre ti chiedo di essere giusto. In nome della Madre ti chiedo di difendere il giovane e l’innocente. In nome della Fanciulla ti chiedo di proteggere tutte le donne ma ora sorgi! Qui davanti alle acque che sarai chiamato a solcare, sorgi come cavaliere dei Sette Regni!" forse non propriamente corrette ma comunque piene di spirito, significato e valori!

     
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    Entrando in contatto con il freddo acciaio della lama, il corpo del pescespada veniva investito da un brivido lungo la schiena. Non era la temperatura del metallo a farlo rabbrividire, era il significato di quel contatto l'origine! La mente volava verso casa, dove qualche mese prima quel giovane non era nient'altro che il primogenito di una casa insignificante, un ragazzino viziato i cui occhi si erano posati solamente sulle baie del castello di famiglia. Non sapeva niente del mondo, non sapeva del vuoto allo stomaco provato privando della vita un altro uomo, del mal di mare, della politica e di tutto ciò che in così pochi mesi di viaggio aveva imparato. Sembravano quasi due persone completamente diverse, ma separate unicamente da un paio di mesi. Sorrise leggermente; se quello era il piano di marcia si sarebbe ritrovato sul trono del mondo in un altro paio di mesi.
    Lentamente Eivor tornò in posizione eretta con una strana sensazione addosso. Si aspettava qualcosa di più... credeva che una volta rialzato si sarebbe sentito diverso, cambiato. Invece era lì, lo stesso di mezz'ora fa, l'unica cosa cangiante era il titolo con cui lo avrebbero nominato d'ora in avanti. "Ser", aveva dato così tanta importanza a quel momento solo per infine sentire il nulla, come qualsiasi altra cosa con cui veniva in contatto. Quel brivido provato per qualche istante era già svanito come un eco lontano, mentre la sua testa si proiettava di già sul prossimo obiettivo: Radunare l'esercito e conquistare la gloria con il sangue dei suoi soldati e con quello dei suoi nemici.
    Lo sguardo incrociò quello dello zio, che sembrava visibilmente provato dal discorso di consacrazione, probabilmente erano parole cariche di significato per quell'uomo così attaccato ad onore e valori. Eivor strinse virilmente la mano dello zio guardandolo negli occhi. »Non ti deluderò.« Ovvio che non lo avrebbe deluso, il fallimento non era contemplabile. Quel "Non ti deluderò", però, era rivolto a sé stesso e non allo zio. Non avrebbe deluso la sua ambizione e la sua fame, piuttosto la morte. Una gloriosa morte. D'altronde, nonostante tutti quei sogni di grandezza e piani strategici, Eivor non era altro che un ragazzino desideroso di essere ricordato, desideroso di lasciare un segno della sua esistenza nel mondo. Per quanto stoico e tetro, dietro quel cuore sempre più nero si celava ancora l'ingenuità di un giovane ragazzo guidato dai propri sogni.
     
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