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    Là sul ponte dov’era stata indetta quella riunione d’emergenza con tutti gli alti papaveri di quella spedizione diretta a Nord la situazione fu ben chiara fin da subito: l’idea di ritardare di giorni o settimane sulla tabella di marcia soltanto a causa della malattia di suo figlio non piaceva a nessuno, ma questo non cambiava il fatto che Astrid fosse pronta a fare qualsiasi cosa pur di salvaguardare la sua salute, con o senza il loro aiuto… e i toni usati da parte dei presenti non le piacquero affatto.
    “Duran Bar Emmond” Disse Astrid, con tono gelido, scandendo il suo nome “Io non vi sto chiedendo la vostra pietà, vi sto dicendo che al momento la mia priorità è far sì che mio figlio rimanga vivo e che ho intenzione di chiedere aiuto a qualcuno sulla costa. Se non volete aiutarmi siete libero di farlo, vorrà dire che userò una cazzo di scialuppa per tornare sulla terraferma”
    Forse aveva leggermente esagerato coi toni, per quanto la sua voce fosse rimasta ferma e decisa, ma di fronte ad una titubanza del genere e con la vita di suo figlio potenzialmente a rischio, i suoi nervi sembravano cedere più rapidamente del solito.
    Tuttavia, a riportare la calma, furono soprattutto Eivor e Vicare: il primo assunse una posizione più “neutrale”: non appoggiava l’idea di rimandare l’arrivo del gruppo a Porto Bianco, ma neppure quella di fregarsene altamente delle condizioni del figlio della Grafton, mentre il suo futuro marito fu più razionale; d’altro canto, in quel momento, lui era probabilmente l’unico in grado di farla ragionare un po’ e considerare quella che fino a quel momento rappresentava l’opzione più sicura.
    Sospirando e scambiandosi uno sguardo con Vicare prima di osservare nuovamente la costa che si profilava all’orizzonte, Astrid si rese conto che effettivamente il non rispettare i piani in merito al loro matrimonio a Porto Bianco non sarebbe stata la fine del mondo: ritrovarsi a celebrare tale occasione in un momento più tranquillo era certamente preferibile al mettere a rischio la vita di Kristoff, nel frattempo quietatosi tra le braccia di Astrid. Le spezzava il cuore l’idea di separarsi nuovamente da Vicare, ma era l’unica cosa accettabile da fare.

    “E va bene. Se Eivor ha ragione, e mi auguro che ce l’abbia, i mercenari potranno portarci più rapidamente a Città del Gabbiano, per il pagamento ci penserò io stessa una volta arrivata, sicuramente le casse del castello non saranno vuote e penso che pure i mercenari stessi saranno più felici di essere pagati prima e svolgere meno lavoro che ricevere il compenso tra mesi e dopo aver rischiato la pelle”
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    C'era qualcosa che non andava, Astrid lo sapeva benissimo. Erano ormai un paio di giorni che Kristoff aveva progressivamente smesso di cercare il seno di Astrid per nutrirsi e il suo appetito calante non aveva mancato di attirare l'attenzione della neomamma, che aveva man mano trascorso sempre più tempo nella propria cabina. Si era convinta, forse per una qualche chiacchierata con alcune delle balie che l'avevano seguita nelle ultime settimane di gravidanza, che fossero stati spifferi, venti e temperature basse a causare tutto ciò, ma anche rimanersene nel relativo caldo del sottocoperta e passare parte del proprio calore corporeo attraverso le spesse coperte di stoffa e i tessuti in cui era avvolto il neonato sembrava non aver avuto alcun effetto. Dalle sei o sette volte in cui Kristoff esigeva di essere allattato in precedenza, ora si era passati ad un'esatta metà ed Astrid non riusciva a farsene una ragione.
    Una parte di lei voleva sperare a tutti i costi che, finchè non ci fossero stati pianti a dirotto da parte del neonato o altri sintomi strani, fosse tutto a posto, che fosse tutto perfettamente fisiologico e che il suo bambino fosse in salute, ma un'altra parte più recondita stava scavando pian piano nel cervello della ragazza, fino a farle scattare un campanello d'allarme in una fredda mattina di viaggio, mentre era ancora seduta sul bordo della branda dove aveva trascorso l'ennesima notte insonne, avvolta dallo scricchiolio del legno e dallo scoppiettare della fiamma di una delle tante candele che aveva acceso quella notte.
    Fu allora che notò che il volto di Kristoff avesse cominciato ad assumere un certo pallore. Per lei, in quel momento, il mondo parve fermarsi, come se al di fuori di quella stanza non vi fosse nient'altro. Il suo cuore perse qualche battito e subito portò le proprie labbra sulla fronte del neonato, poggiandole con delicatezza, ma non avvertì il tipico tepore delicato che aveva già sentito altre volte.

    Kristoff scottava come un lenzuolo lasciato ad asciugare di fronte al camino e anche il suo respiro pareva essere più rauco.
    Che fare? Dare l'allarme? Avvertire Vicare? Attendere di arrivare a Porto Bianco? Mancavano ancora giorni, forse settimane, prima dell'attracco... e Kristoff pareva peggiorare a vista d'occhio. Alzandosi in piedi, mosse qualche passo verso la porta, ma si arrestò a metà strada e si guardò attorno con aria confusa: non era pronta ad affrontare tutto ciò...
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    “Se lo dici tu, però davvero, sei pallidissimo” Annuì Astrid sorridendo, in risposta alla considerazione su come ingerire ulteriore cibo non fosse una buona idea, per Vicare. Il suo volto era vagamente contratto, non dalla paura o dal nervosismo, ma dall’imbarazzo: se c’era una cosa che la metteva a disagio più di tutto era il trovarsi come terza parte – e quindi non coinvolta – all’interno di un litigio; in lei, in tali circostanze, si risollevava quell’aura di “non so bene come sia finita in questa situazione e di conseguenza non so nemmeno come comportarmi”.

    Per fortuna che il braavosiano le aveva fornito un’ottima distrazione, almeno per qualche istante.
    “Stavo pensando la stessa cosa, caro” Concordò Astrid, spostando lo sguardo su Kristoff con aria preoccupata, pur non incontrando alcuna reazione da parte sua: nonostante il trambusto, il neonato non reagì praticamente in alcun modo, se non con un paio di flebili singulti negli istanti in cui la voce dei litiganti si alzava fino ad un volume insopportabile per le sue orecchie.
    Inoltre, il bisbigliare del Thorne alle orecchie dei futuri marito e moglie non doveva essere particolarmente piaciuto ad Eivor, che subito non si tirò indietro e cercò di far condividere quelli che all’apparenza sembravano segreti di stato con il resto del gruppetto radunatosi là dentro.
    A prima vista, la situazione aveva tutte le carte in regola per degenerare in una rissa ed Astrid per un attimo cercò perfino una potenziale via d’uscita sicura in caso la situazione fosse precipitata di punto in bianco: lo sapeva bene, sulle navi intente a percorrere lunghe traversate, quelle eventualità erano tutto fuorchè remote.

    In un’altra occasione, Astrid avrebbe sbattuto un pugno sul tavolo per riportare l’ordine, ma in quel momento, con Kristoff tra le braccia e la volontà di non gettare ulteriore benzina sul fuoco, la Grafton dal volto spruzzato di lentiggini dovette lasciare che fosse Vicare con la sua parlantina a rimettere le cose a posto ed evitare che quella che era iniziata come una piacevole conversazione diventasse una rissa da taverna con tanto di calci, pugni e sgabelli rotti reciprocamente sulle teste degli astanti.
    Doveva ammetterlo, stava per sposare un uomo che con le parole ci sapeva davvero fare e mentre i suoi occhi azzurri osservavano con ammirazione come il giovane braavosiano disinnescasse una situazione pronta per divenire esplosiva, a dir poco. Se fossero rimasti nella capitale, ne era sicura, probabilmente col tempo sarebbe diventato un importante diplomatico e perché no, magari addirittura un membro del Concilio Ristretto: le qualità di mediatore le aveva tutte, quelle di diplomatico idem… sarebbe stato stupido, per il re, non sfruttarle.

    La mano di Vicare sulla sua spalla riportò Astrid alla realtà e, risistemandosi il bambino tra le braccia vicino al proprio petto, alzò brevemente lo sguardo sul ragazzo, scambiandosi un veloce sorriso con lui prima di fare un cenno d’assenso ad Eivor non appena quest’ultimo decise di congedarsi. Sicuramente non sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero avuto a che fare con lui, a dire il vero si aspettava che da quel momento in poi il gruppo “principale” diretto alla Barriera si sarebbe allargato: non più soltanto Vicare ed Astrid e tutti gli amici che avevano percorso la strada fin là, ma probabilmente anche Eivor e – chi poteva dirlo – magari qualcun altro si sarebbe aggiunto una volta arrivati a Porto Bianco.

    “Peccato, comunque, ho sempre trovato affascinanti le risse da taverna” Commentò Astrid senza rivolgersi a nessuno in particolare, cercando di chiosare l’atmosfera con quella che risuonò come una battuta frutto peraltro delle sue lunghe peregrinazioni a Braavos: ne aveva viste eccome di risse, nonostante non vi avesse mai partecipato, ma in realtà sapeva bene che tutto si fosse concluso per il meglio: nessuno voleva rischiare di ritrovarsi pieno di lividi, segni di bottigliate, occhi nero e denti saltati.
    Lei per prima.

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    Con battute del genere, nei finali d'episodio dei telefilm anni '90 scoppiavano tutti a ridere
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    Per l’ennesima volta, Astrid si ritrovò a domandarsi per quale diavolo di motivo il suo corpo dovesse reagire alle lusinghe di Vicare tramite l’arrossamento vistoso delle gote, che portò la ragazza a somigliare più ad una specie di frutto maturo che ad una diciassettenne col volto lentigginoso. In un certo senso invidiava Vicare: la possibilità di utilizzare le parole come se fossero un’arma e “manipolare” le emozioni di qualcuno in quel modo era una dote che Astrid ambiva a raggiungere ma che mai avrebbe ottenuto, con ogni probabilità.
    “Fortunato nel senso che hai trovato qualcuno di non così orribile?” Ridacchiò divertita, abbandonandosi al tocco leggero delle sue dita sulla chioma rossastra.

    All’interno della cabina non ci si poteva certamente aspettare i lussi e gli sfarzi di un castello o di una sala dei ricevimenti di un qualche lord del Continente Occidentale, ma Astrid non era certo una giovane fissata con comodità ed eleganza: che diamine, aveva trascorso i primi mesi di gravidanza in viaggio su un vascello decisamente peggiore dal punto di vista della sicurezza e della pulizia, a confronto quel veliero era l’equivalente di una delle navi deputate a trasbordare la famiglia reale da una parte all’altra del regno.
    I rumori dello stomaco di Vicare, forse di poco conto per Eivor, erano invece ben più facilmente udibili da Astrid, la quale tuttavia fraintese completamente la loro natura.

    “Caro, hai fatto colazione stamane? Mi sembri più affamato tu di quanto lo fossi io prima della partenza” Gli domandò alzando lo sguardo ed incrociando a metà strada i suoi occhi verdi.
    La conversazione fra i tre, che fino a quel momento si stava incentrando sulla presenza di mercenari – a quanto pareva così inaspettata per Eivor – fu bruscamente interrotta dal Thorne, il quale entrò nella cabina torreggiando sui presenti e facendo leggermente sobbalzare Astrid stessa.
    Era ancora palesemente galvanizzato dagli ottimi risultati delle proprie gesta. In un certo sento, vederlo così sicuro di sé fece ridacchiare sotto i baffi la Grafton, che tuttavia spostò brevemente lo sguardo su Kristoff.

    “Spero proprio che anche tu, un giorno, riesca a compiere simili imprese e a rendere fieri me e tuo padre, ma sicuro ci riuscirai”
    Nella mente di Astrid, le parole furono mormorate a metà tra la tenerezza e il fiducioso, ma non voleva lasciarsi andare ai propri istinti materni in pubblico.
    “Sarà meglio per Bar Emmon che vi tenga sempre sulla sua nave allora” Commentò Astrid con un leggero sorriso di sincera approvazione “Se in ogni singolo viaggio catturaste una nave di fanatici e la rivendeste, tempo pochi mesi e sareste più ricco dei banchieri di Braavos, non è vero, Vicare?” Aggiunse poi, spostando il proprio sguardo dal Thorne al proprio futuro marito.


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    Captando subito la giocosa insinuazione del futuro marito, Astrid scosse la testa e sbuffò una risata divertita “Sì, per te e per non renderti conto di quanto sia orrenda” Lo incalzò, stando al gioco e facendo si che le sue parole si ritorcessero innocentemente contro di lui, un attimo prima che la conversazione tra i presenti entrasse nel vivo: effettivamente poteva sembrare strano che due giovani non uniti in matrimonio fossero già così legati e lo stesso Bar Emmon fu in difficoltà nel far capire al nipote che non soltanto Vicare e Astrid provassero un sincero amore l’uno per l’altro, ma anche che il risultato di tale amore fosse già tra le braccia della Grafton.

    Fu proprio Kristoff ad attirare sia le attenzioni della presentazione del Braavosiano, sia il gentile tocco sul naso del neonato da parte di Eivor, che a giudicare dall’atteggiamento non doveva avere molta esperienza coi bambini.

    Non aveva ancora deciso come inquadrarlo: da un lato, Eivor ricordava ad Astrid certi suoi atteggiamenti in giovane età – e sarebbe stata ipocrita a condannarli quando lei per prima ne era la portatrice – ma dall’altro era come se facesse di tutto per “provocarla”, senza chiaramente riuscirci.
    “Penso che il termine ‘nato fuori dal matrimonio’ sia più elegante, non trovate?” Disse Astrid, senza tradire alcuna emozione negativa col proprio sguardo e concentrandosi invece su ciò che il ragazzo chiese di lì a breve.
    “Quella è l’intenzione, ovviamente non sarà l’unico figlio che avremo, se gli dèi lo vorranno…”

    Follia pensare che fossero gli dèi a decidere in merito a gravidanze e non gli esseri umani, ma la superstizione di Westeros talvolta non conosceva limiti.

    “Ma ci terremmo che lui fosse l’erede di tutto ciò che adesso è nostro” Asserì, scambiando poi un dolce sguardo d’intesa col proprio futuro marito.
    L’intuizione di Eivor non fu comunque troppo distante dalla realtà, sebbene per Astrid fosse meglio evitare di addentrarsi troppo nei dettagli. Braavos era un posto che aveva imparato a conoscere molto bene e il suo sogno di inoltrarsi più in profondità ad Essos ora sembrava destinato a rimanere soltanto un sogno, per l’appunto, ma ciononostante gli insegnamenti di suo padre avevano ben attecchito nella mente della ragazza: mai rivelare troppo di sé a chi si è appena incontrato: chi può dire se colui o colei che ci si trova davanti in un futuro più o meno lontano potesse diventare un nemico? E i segreti, in mano ad un avversario, diventano armi talvolta formidabili.

    Niente diffidenza, da parte di Astrid, soltanto cautela. Incamminandosi lungo le vie legnose della nave, guidati proprio dallo stesso Eivor, Astrid gettò uno sguardo oltre il parapetto, osservando le altre navi che veleggiavano con quella su cui si trovavano.

    Sfiorando la guancia di Kristoff con un pollice, la giovane Grafton mormorò “Beh, a viaggiare spesso si fanno conoscenze che cambiano la vita, Vicare ne è una prova perfetta” Mormorò Astrid con un sorriso cortese in risposta a Eivor “Sebbene di questi tempi non sia più così facile. La guerra spesso richiede la presenza di tutti, Lord o Lady che siano, ma se proprio doveste aver voglia di viaggiare, Braavos è la prima destinazione da vedere, in assoluto”.
    Un particolare che sarebbe potuto sfuggirle soltanto se Astrid fosse stata completamente sorda o, in alternativa, inetta, fu la scarsa simpatia che il giovane pareva nutrire nei confronti dei Greyjoy e non si lasciò sfuggire l’occasione di andare più a fondo della faccenda.

    “Come mai tutto questo astio verso gli Uomini di Ferro? Capisco che le loro gesta lascino molti con la non migliore delle opinioni nei loro confronti, ma mi pare che per voi sia quasi… personale, sbaglio?”
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    Salita finalmente a bordo della nave dove si sarebbe tenuta l’ennesima riunione improvvisata, il primo dettaglio che balzò all’occhio della Grafton fu proprio l’aspetto estremamente provato di Vicare, ben diverso da quello con cui aveva affrontato la prima parte del viaggio. Per un attimo, nella sua mente balenò perfino il pensiero che qualcuno potesse averlo avvelenato, ma ciò pareva pressochè impossibile come eventualità: chi mai avrebbe potuto volergli fare del male? E perché?
    “Vicare, stai… stai bene? Non voglio certo offenderti, chiaramente ma… sei pallido come un fantasma” Azzardò Astrid, aggrottando le sopracciglia mentre la nave scricchiolava sotto il rumore dei suoi passi.

    A quanto sembrava, il comandante in capo di quella flotta sembrava aver colonizzato l’intero Mare Stretto con la propria stirpe: ad ogni miglio navigato parevano saltar fuori suoi parenti e correlati come se piovesse: quand’era stata l’ultima volta che, di contro, Astrid aveva potuto incontrare un suo famigliare che non fosse parte della non propriamente nutrita schiera di persone di Casa Grafton che già conosceva?
    Poco importava, comunque, le presentazioni vennero portate avanti proprio dallo stesso Bar Emmon, che senza ulteriore indugio introdusse sia Astrid che il suo futuro marito, il quale probabilmente – ormai vi era abituata – avrebbe suscitato parecchio stupore, essendo assai raro che un Braavosiano ottenesse titoli nobiliari di qualche tipo, a Westeros.

    “Il piacere è tutto mio, Eivor” Annuì amichevolmente Astrid, inclinando la testa leggermente ed osservando l’espressione austera del giovane, quasi quanto il suo linguaggio del corpo. Aveva forse un qualche tipo di passato militaresco? O era stato cresciuto ancor più rigidamente di lei?

    Sistemandosi il mantello sulle spalle e Kristoff tra le braccia “A quanto sembra, il Mare Stretto è un ottimo posto per chi deve navigare con pochi uomini: bastano pochi giorni di viaggio e aumentano da sé” Aggiunse subito dopo con fare divertito, facendo implicitamente riferimento ai mercenari che solo qualche tempo prima avevano deciso di unirsi alla flotta in cambio di un cospicuo pagamento. Quella era ancora una questione irrisolta, in realtà: sarebbero riusciti a rientrare in quella spesa inaspettata in tempi umani? Beh, poco importava, ormai era fatta.
    Fu la frase che rivolse a Vicare a non piacerle affatto: alle orecchie della giovane della Valle, quelle parole suonarono ai limiti dell’insinuazione, come se Vicare non si fosse minimamente meritato ciò per cui si era dato un gran da fare e che di certo non era il frutto di un mero pagamento di un prestito.
    La ragazza dai capelli rossi decise comunque di tacere: da quando era diventata madre, si era ripromessa di gestire situazioni del genere con più pacatezza e diplomazia. Soltanto pochi mesi prima, avrebbe scatenato una vera e propria rissa da taverna per cose del genere, ma più passava il tempo più capiva di doversi comportare in modo maturo e responsabile.

    Oltretutto, Vicare non era certo un bambino: un Lord appena proclamato, in un’ottica chiaramente improntata alla “superiorità maschile” – qualsiasi cosa significasse – della società di Westeros avrebbe preso l’intervento di Astrid come un “dimostrare che fosse incapace di difendersi da solo” e ciò era qualcosa che andava categoricamente evitato.

    Tale astensione da ogni replica, tuttavia, cessò di valere nell’istante in cui Eivor pose una domanda tanto vaga quanto specifica.
    “Beh, stiamo trasportando ladri, bracconieri, stupratori e tanta altra feccia… gli unici, su queste navi, ad avere le palle siamo noi che li stavamo e li stiamo tutt’ora accompagnando verso la Barriera” Disse Astrid di rimando, cogliendo la palla al balzo per lasciar scorrere un po’ di sottile ironia su quale potesse essere il ruolo della ragazza in un posto del genere.

    Il tutto parve comunque scemare poco dopo e all’invito posto da Eivor, Astrid si premunì di non atteggiarsi a ragazzina viziata ed offesa.
    “Sarà un piacere. Almeno eviteremo di trascorrere il viaggio completamente sobri”
    Non è che fosse proprio una gran frase da dire, specialmente dopo aver assaporato il tema della maternità per la prima volta e così in giovane età, ma ormai il dado era tratto.

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    Edited by Erika_111 - 1/7/2023, 17:58
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    “Importato? E che sarai mai, una rara esoticità di qualche tipo?” Lo rimbeccò Astrid, assicurandosi di avere una presa più che salda su Kristoff per poi allungare la propria mano libera e dare un colpetto sulla labbra di Vicare, con l’indice.

    “Esotico lo sei eccome, col tuo accento, ma non ti definirei importato. Piuttosto… guidato dall’amore suona meglio” Aggiunse, per poi rimanere in silenzio per una manciata di secondi, incerta sul chiedere o meno ulteriori informazioni circa ciò che avesse potuto o meno udire dai poveracci destinati ad una vita fatta di sacrifici, rinunce, pericoli e privazioni. La decisione venne infine presa da Vicare stesso, che cambiò completamente discorso: effettivamente le sole parole “il nostro matrimonio” suscitavano in lei una specie di formicolio d’eccitazione, qualcosa che non sapeva spiegarsi: era una qualche forma d’impazienza? Di nervosismo per ciò che avrebbe sperimentato di lì a qualche settimana? Paura di non essere all’altezza come moglie? Chi poteva dirlo, accoccolata là con lui e col volto di lui a portata di bacio le sembrava tutto molto strano – ma meraviglioso.

    Non ebbe comunque il tempo di rimuginarci troppo: lasciandosi andare ad un dolce sorriso, ciò che il Braavosiano disse bastò ed avanzò per strapparle un’altra risata, mentre con la mente ripercorreva il suo profondo risentimento nei confronti della religione: non aveva mai amato la spiritualità sin da quando era bambina, ma ora aveva un motivo concreto per odiarla, avendo quest’ultima tentato tramite i suoi fanatici di strapparle suo figlio non ancora nato. Questo però non lo disse e si limitò a scrollare le spalle con una nuova risata, onde evitare di appesantire l’atmosfera.

    “Sono sicura che ti aspettavi che fossi una gran studiosa della religione, vero?” Gli chiese con un leggero sorriso che le attraversava le labbra
    “Pensa che temevo che mio padre mi spedisse sull’isola di fronte a Città del Gabbiano, obbligandomi a diventare una Sorella del Silenzio. Sarebbero quelle che preparano i morti per i funerali, in Occidente spesso ricevono ragazze e donne costrette dai genitori ad unirsi a loro come punizione o perché impossibili da maritare con qualcuno, ma per nostra fortuna sono figlia unica, per cui doveva scegliere… o far estinguere Casa Grafton o farmi continuare la mia vita”

    La serie di epiteti graziosi con i quali venne coperta la giovane dalla chioma ramata ebbero l’effetto infausto di farla somigliare ad un qualche frutto maturo in termini di colorazione: le sue gote si tinsero di un rosso vivo e il bacio che ne seguì la fece seriamente temere di prendere fuoco di lì a breve.
    “Prima o poi mi dirai quali strane sostanze prendi per vedere tutto questo in me…” Sospirò non appena il bacio si interruppe, con le labbra che si aprirono in un nuovo sorriso mentre si trovavano ancora praticamente appoggiate a quelle del Braavosiano.

    Il loro piano di rivivere il loro primo incontro, tuttavia, naufragò contro quella che era la dura realtà dei fatti: per quanto romantici fossero i loro propositi, trovare qualcuno disposto a dar loro una stanza in una locanda era estremamente remota come possibilità, per cui il piano alternativo che propose Vicare fu ben recepito dalla giovane, che arricciando le dita dei piedi bagnate d’acqua fredda si scostò per rimettersi in piedi, non prima però di essersi goduta appieno le carezze di Vicare sui suoi capelli ed aver contraccambiato con gesti analoghi sulle guance del ragazzo.

    “Certo che lo voglio, sono settimane che non dormiamo assieme, e devo ammettere di cominciare a sentirne la mancanza... e navi siano allora” Annuì, col volto immerso in una penombra che rendeva difficile notare la sua espressione raggiante “Finchè ci siete voi due, il posto non ha importanza” Mormorò, sistemandosi il neonato tra le braccia ed attendendo che Vicare si risistemasse le calzature, per poi premersi col fianco contro di lui ed incamminarsi verso la loro destinazione, sorprendendosi di come le strade diventassero così diverse, se ripercorse al buio e nella direzione opposta.
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    Stava quasi per imbarcarsi per l’ennesima volta sul veliero che avrebbe permesso al gruppo di riprendere la loro traversata che avrebbe condotto Astrid e Vicare verso il loro destino di futuri sposi, quando venne raggiunta proprio da quest’ultimo, al quale la ragazza sarebbe saltata volentieri al collo per baciarselo, un lusso che tuttavia lì per lì non poteva permettersi, obbligandosi a fatica a limitare il proprio saluto ad un’imitazione di ciò che aveva appena ricevuto sulle proprie mani dal futuro marito.
    “Ancora una” Ripetè, avvertendo le viscere in fiamme per l’emozione all’idea che al successivo attracco avrebbe visto la loro ufficializzazione come marito e moglie.

    Astrid non mancò di gettare alcuni sguardi a metà tra il rattristato e lo speranzoso, come se desiderasse di salire sulla stessa nave con lui, di trascorrere assieme l’ultimo periodo che li separava dal loro nuovo inizio come sposi.
    Ma ciò non sarebbe accaduto, se ne rese conto anche lei quando si sporse per l’ultima volta dal parapetto nell’istante in cui furono mollati gli ormeggi, cercando il braavosiano con lo sguardo senza però trovarlo.

    “Ancora un pochino di pazienza, dunque…” Pensò tra sé e sé, scoprendo una porzione di guancia del neonato avvolto dalle fasce contro il proprio petto e passando due dita sulla sua guancia, prima di ritirarsi in cabina. Gli scricchiolii legnosi, l’odore salmastro che si mischiava a quello delle travi del sottocoperta, le voci soffuse sul ponte superiore, l’ondeggiare ritmico della nave… no, erano tutte cose che di cui non aveva sentito la mancanza neppure per un minuto, ma era troppo stanca per pensarci. Sistemando un cuscino sul fondo del proprio giaciglio, vi si appoggiò di schiena a gambe incrociate mentre con fatica cercava di scoprirsi un seno per allattare Kristoff, una routine ormai segnata non solo dall’abitudine ma anche dallo scorrere del tempo, a cui aveva quasi spontaneamente iniziato a far caso d’un tratto e senza bisogno di alcun insegnamento.

    Fu invece un caso che Astrid, più tardi quel pomeriggio, si trovasse sul ponte principale del veliero, intenta ad addentare un tozzo di pane in maniera distratta – e rimpiangendo le numerose pietanze di Riposo del Corvo con cui aveva avuto il piacere di rifocillarsi a più riprese – quando una certa concitazione prese piede tra tutti i membri dell’equipaggio, quando la nave ammiraglia su cui veleggiava il Bar Emmon espose una bandiera che Astrid non aveva mai avuto modo d’intravedere prima di allora e il cui significato le era dunque sconosciuto.

    Sporgendosi cautamente dal parapetto in legno, facendo comunque attenzione a mantenere una distanza di sicurezza da quest’ultimo, gli occhi azzurri della ragazza si rivolsero nella stessa direzione in cui molto marinai avevano gettato il proprio sguardo e la giovane Grafton notò immediatamente la presenza di un’altra imbarcazione diretta all’apparenza verso la loro direzione. Non riuscì, ovviamente, ad identificare il vessillo esposto su di essa, ma con una certa tranquillità si ritrovò ad escludere una qualche aggressione da parte di pirati o fanatici: se così fosse stato, il ponte sarebbe stato invaso dai soldati di suo padre armati fino ai denti e lei sarebbe stata riportata al sicuro da Ser Stone, sottocoperta.

    “Stiamo incontrando più gente in mare che facendo un giro al mercato di Città del Gabbiano, mancano soltanto le vecchie contadine che raccontano di come abbiano fatto fatica a sradicare i ravanelli, il venditore di ostriche e vongole e poi letteralmente è la stessa cosa” Commentò proprio al cavaliere incaricato della sua sicurezza, dopo averlo raggiunto con Kristoff in braccio che visibilmente protestava per quel trambusto.

    “Dovrei… sì, direi di sì, col cazzo che mi ci faccio tagliar fuori” Borbottò tra sé e sé, scoccando poi un’occhiata ad un paio di marinai di passaggio
    “Preparatemi una scialuppa, vediamo cosa vogliono” Ordinò senza tanti giri di parole: essere una ragazza non era un valido motivo per lasciare Città del Gabbiano senza alcun tipo di potere proiettato su eventi del genere e d’altra parte sapeva benissimo che suo padre glielo avrebbe rimproverato.

    “Mai lasciare che altri prendano decisioni per le quali sei convolta anche tu senza far sentire il tuo parere”

    Buffo: doveva rimanere al suo posto di Lady sottomessa ma far sentire la propria voce: un controsenso.

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    Una accuratissima e precisa rappresentazione di Astrid quando deve scegliere che vocaboli usare: eoLKiGV


    Edited by Erika_111 - 1/7/2023, 17:57
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    Quella specie di proposta giunse alle orecchie di Astrid quasi come se fosse un invito – ed effettivamente lo era – e ciò bastò ed avanzò per stuzzicare la sua voglia di apprendere a propria volta qualcosa di particolare ed unico dal suo futuro sposo, a cui era avvinghiata come uno di quei curiosi animali che aveva avuto occasione di vedere in qualche mercato braavosiano.

    “Affare fatto. A patto che tu possa spiegarmi qualcosa sull’oreficeria e che mi faccia diventare una madrelingua di braavosiano” Gli sorrise di rimando, per poi aggiungere “Ma cosa intendi con ‘in modo femminile’? Devo truccarmi e impomatarmi prima di scoccare una freccia? Eviterei volentieri”, non senza sopprimere una risata divertita all’idea di indulgere in quei pregiudizi e luoghi comuni sulle Lady.

    “Non mi vedrai mai in altro modo che in quello in cui mi hai conosciuta, promesso. E quindi ti insegnerò le cose nel modo in cui le ho imparate io” Garantì, quasi a rassicurare Vicare che il suo atteggiamento non sarebbe cambiato, neppure ora che erano diventati genitori.
    Capì immediatamente dove volesse portare quel flirt così tanto atteso sin da quando erano salpati dalla capitale, ma il rossore non mancò comunque di ripresentarsi sulle sue gote e cercò di sublimarlo imprimendo un ultimo bacio sulle sue labbra.

    “Penso che in tal caso la scarsa luce ti stia facendo vedere un gran poco, Vicare” Rimbeccò divertita Astrid: non sapeva il perché, ma l’autoironia l’aveva sempre trovata una qualche forma di “dote” che poche altre ragazze della sua età avevano… o almeno, così credeva. Portando la sua bocca su quella del futuro marito, su iniziativa di quest’ultimo, Astrid non si oppose affatto alla mano del braavosiano sul suo fondoschiena: d’altra parte anche lei avrebbe sicuramente fatto lo stesso, se solo Kristoff non si fosse trovato tra le sue braccia, quasi ad impedirglielo volutamente. Poco male, ci sarebbero state altre occasioni nel giro di pochissimo, pensò.

    Sistemandosi di fianco al giovane dai capelli chiari, che nel frattempo aveva raggiunto il canale per tastare la sommità dell’acqua con i propri piedi, Astrid si sistemò meglio Kristoff tra le braccia in modo da allungarsi goffamente, facendo attenzione a non cadere, per raggiungere la superficie bagnata con la punta delle dita e passarne poi qualche goccia sul ciuffetto rosso di Kristoff, il quale parve non accorgersene neppure.

    “Sono sicura che se non ci fosse stato lui” Nel dire ciò, Astrid fece balzare il proprio sguardo sul neonato per un paio di secondi “Ci saremmo buttati in acqua ad amoreggiare, uh?” Sorrise maliziosa la ragazza, mentre con una mano cercava di slacciarsi le calzature che le avevano stretto i piedi fino a quel momento, sospirando di sollievo non appena la punta dei suoi piedi toccò la frescura dell’acqua buia, mentre col proprio corpo si abbandonò contro quello di Vicare, accoccolandosi pur facendo attenzione a non costringerlo a sobbarcarsi tutto il peso della ragazza. Fu allora che i due ritornarono a discorrere delle loro imminenti nozze ed Astrid si rese conto di come organizzare tutto in pochissimi giorni sarebbe stata un'impresa che però si sentiva felicissima di affrontare.
    “Uh, sai, penso che in realtà soltanto mio padre e mia madre sarebbero perfetti come accompagnamento. Vedi, non ho mai avuto un gran rapporto col resto della mia famiglia… ma non nel senso che non ci vada d’accordo, no. E’ che proprio li avrò visti…”

    Nel dire ciò Astrid si zittì un attimo, facendo un rapido conteggio mentale ed approssimativo

    “Forse quattro volte in sedici anni? Non penso proprio di aver bisogno di qualcuno, se non di te e di Kristoff. Ma tener buoni i miei genitori è importante, d’altra parte sarò io ad ereditare il loro seggio e preferisco evitare che accampino scuse per darlo a chissà chi.”
    Inclinando la testa di lato e cercando col pollice la guancia rosata di Kristoff per carezzarla, pur rimanendo con lo sguardo fisso sul suo amato, subito dopo la ragazza dalla chioma rossa gli chiese “E tu invece? Riusciremmo a far arrivare qualcuno al di qua del Mare Stretto prima di sposarci?”
  10. .
    Astrid, nonostante quel che si potesse pensare circa la sua inesperienza in fatto di politica o di incontri a livelli medio-alti, non era una totale sprovveduta: la ragazza sapeva bene che dietro ad ogni gentilezza, ad ogni cortesia e ad ogni gesto si celasse una qualche forma di richiesta, una qualche “compensazione” che non avrebbe potuto essere domandata senza prima dimostrare le dovute riverenze ai propri ospiti.
    Rimanendo al proprio posto, la ragazza dalla chioma rossa spostò il proprio sguardo verso Lord Staunton, venendo dunque a conoscenza di un particolare che le fece gelare il sangue, sia per l’improvviso ricordo che si riaccese in lei nell’ascoltare le parole del signore di Riposo del Corvo, sia nel ripercorrere così dolorosamente quello che era stato l’episodio che più di tutti l’aveva portata ad un passo da morte certa.

    “Aspettate… Symond Staunton?” Domandò con un filo di voce la Grafton: probabilmente per una qualche forma di repressione del trauma subito, aveva temporaneamente rimosso i dettagli di quell’evento o meglio… non se li sarebbe potuti ricordare da sé. Ma, se accompagnata lungo il fiume dei ricordi che faceva da contorno alla nascita di suo figlio si rendeva conto da sé di riuscire a rammentare nomi, dettagli dei luoghi, perfino ogni singolo volto di coloro che avevano tentato di farle la pelle… e che vi erano riusciti, col cognato del Lord di Riposo del Corvo.
    “Temo… temo di ricordare di chi parliate. Ero tenuta prigioniera insieme a lui, se avessi potuto lo avrei aiutato, ma mio figlio è venuto al mondo prima del tempo e purtroppo le Cappe Dorate sono intervenute troppo tardi. Sono… dolente, per la vostra perdita, lo dico col cuore affranto perché tutti, là dentro, speravano di poter arrivare alla Fortezza Rossa sani e salvi. E’ anche per questo che nutro un profondo odio verso il Sentiero della Luce, non solo per mio figlio e per il rischio che gli hanno fatto correre, ma anche perché ho visto di cosa siano capaci, di quanto siano spietati e di quanto odino chiunque non sia allineato al loro credo”.

    Nella sua voce era chiaramente percepibile il dolore di rivivere un tale trauma e dovette chiudere gli occhi per qualche istante, ricacciando indietro un nodo alla gola che pareva avere tutta l’intenzione di farle venire un attacco d’ansia: probabilmente aveva fatto la cosa giusta nel non dire di sapere come si potesse sentire Lord Staunton, d’altra parte lei non aveva perso nessun affetto durante le sommosse di Approdo del Re, ma in compenso poteva dirsi accomunata con lui dal probabile sentimento di “vendetta” che anche il Lord provava.
    “Se posso fare qualcosa per vendicare la vostra perdita… sono a vostra disposizione”
    C’era ben poco, in realtà, che Astrid potesse fare: nessuno avrebbe ridato la vita al cognato di Lord Staunton, ma forse l’opportunità per far sì che le due casate si unissero contro i fanatici aveva appena compiuto un primo passo in tale direzione, quando la Lady di Riposo del Corvo espose apertamente la propria richiesta: non erano neppure mai stati nei territori che di lì a qualche mese avrebbero rappresentato la loro casa, eppure già si profilava un primo accordo commerciale all’orizzonte.

    Il tutto, ovviamente, sembrò incontrare il favore di Vicare, al quale Astrid fece un cenno d’assenso con il capo, in modo da lasciargli intuire – per quanto futile fosse l’opinione della ragazza, d’altro canto il seggio di Blanetree era del suo futuro marito, non della Grafton – il suo assenso in merito a tale proposta e, anche se non apertamente richiesta, non mancò comunque d’esprimere la propria opinione positiva a riguardo.
    “Penso proprio che un accordo simile sarebbe un’opportunità meravigliosa per entrambi i nostri domini” Asserì Astrid, con lo sguardo illuminato di fierezza per quella possibilità di avere un primo “alleato” in quella che sarebbe stata la loro futura vita da Lord e Lady indipendenti e con un proprio feudo da governare.

    648 parole

    Astrid non sa stare zitta, lo so :rolleyes:
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    Con una discreta sicurezza, Astrid poteva dire di essere ormai abituata a solcare i mari con regolarità, pur senza l’esperienza e la saggezza di un marinaio esperto o di un qualsiasi capitano. D’altra parte le donne sulle navi erano considerate di cattivo auspicio e questo lei lo sapeva bene, ma non di meno il suo amore per il mare era diventato secondo soltanto a quello per Vicare, con il quale aveva trascorso l’ultimo tratto del viaggio.

    L’intimità e la privacy che Astrid internamente reclamava per sé e per il suo futuro marito era difficilmente contenibile, ma tale privilegio avrebbe dovuto attendere ancora un po’ giusto il tempo di sbrigare quell’ultimo compito per il sovrano, essersi guadagnati il suo favore e poter quindi dare il via alla loro nuova vita assieme.
    Nelle ultime ore, la Grafton dalla chioma ramata aveva escogitato un astuto stratagemma per dare un po’ di sollievo alle proprie braccia, indolenzite dal peso costante di Kristoff: riadattando il proprio mantello, era riuscita a creare una specie di fascia sicura dove collocare il neonato, in modo tale che fosse saldamente adagiato contro il petto della ragazza, in modo da suddividere equamente il suo peso tra la schiena e, appunto, le braccia. Il bambino non sembrava aver protestato più di tanto e al di là dei momenti in cui si era svegliato reclamando tramite qualche singulto di essere allattato, era stato quasi come non averlo.

    “E pensare che le balie ripetevano di godermelo finchè avesse dormito… speriamo che questo periodo duri a lungo” Si era ritrovata a pensare più di una volta, mentre ultimava i preparativi e si ritrovava a salire le scale interne del veliero, per ricongiungersi con Vicare sul ponte più alto, al quale portò il proprio braccio sotto il suo, una volta ritrovato.
    Il buio era calato, ma anche così lo spettacolo delle luci della costa era ugualmente affascinante, con qualche nota spettrale se si considerava quanto le zone portuali fossero tutto tranne che sicure, al calar della notte.
    “Pensate che vostro cognato ci fornirà ciò che ci serve per muovere verso nord?” Domandò Astrid, voltandosi verso Bar Emmond, mentre le luci delle torce in lontananza producevano quello sfavillare tipico che a più riprese illuminava le lentiggini della ragazza.

    “Sì, credo che alcune ore per riposare ce le meritiamo tutti, in realtà. Non posso dire di essere stata la più utile, sulla nave, ma per esperienza una traversata è un’esperienza provante. Potremmo far passare la notte a tutti come meglio credono e domattina ritrovarci per fare il punto della situazione, che ne dite?” Propose Astrid, speranzosa che finalmente lei e Vicare potessero ritrovare quei momenti di coppia per parlare e pianificare le successive mosse per il loro futuro assieme: nella sua voce Astrid riuscì a fatica a non trattenere un certo ritrovato entusiasmo per la possibilità di dedicarsi ad un po’ di sane romanticherie di coppia – ammesso e non concesso che ciò fosse il medesimo desiderio nutrito anche dal Braavosiano, al quale si era stretta come uno di quei curiosi animali di Essos di cui aveva solo sentito parlare durante la sua permanenza nel continente orientale, ma nei quali la giovane si rispecchiava.

    527 parole

    Una rara immagine di Astrid, ogni volta che si trova con Vicare
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    Edited by Erika_111 - 30/5/2023, 17:52
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    Il fato sembrava giocare contro Astrid: ogni qualvolta sembrava essere giunta alla conclusione d’aver appena inquadrato una situazione ed averne compresi i molteplici sviluppi, ecco che prontamente veniva smentita con un qualche evento inaspettato che la costringeva a rimettersi in discussione. Per lungo tempo aveva creduto che sedici anni fosse un’età in cui si poteva aver visto già gran parte delle cose che l’avrebbero accompagnata per tutta la sua vita, ma era evidente che si sbagliasse… e forse era meglio così, da un certo punto di vista: non dirsi mai totalmente preparata le permetteva di mettersi in discussione e non cadere nel circolo vizioso dell’ozio e della lentezza mentale.

    “Siamo sicuri, ser Stone?” Chiese con sospetto; d’altra parte, chi più di lei poteva nutrire più di qualche dubbio sulla volontà delle intenzioni che si celavano dietro a mosse e gesti di coloro che fino a poco prima avevano cercato di uccidere lei e il bambino che all’epoca portava ancora in grembo?
    Il cavaliere incaricato di proteggerla, tuttavia, sembrava particolarmente sicuro di ciò che aveva appena detto e chi era Astrid per dissentire e non fidarsi? D’altra parte, stava ascoltando le parole di un uomo al servizio di suo padre e non dei fanatici, per cui non avrebbe avuto alcun motivo per mentirle o per sminuire la situazione, anche perché a risentirne sarebbe stata soltanto la sua testa, nel caso in cui fosse accaduto qualcosa alla figlia di Lord Grafton.
    I rumori pressochè gridati dell’armigero, unito allo sferragliare delle scialuppe che lentamente si avviavano verso il pelo dell’acqua fu abbastanza per infastidire Kristoff, che si agitò piangendo nelle braccia della madre, la quale lo strinse a sé e fece del proprio meglio per calmarlo, scoprendo parte del suo capo e carezzandone l’ancora fine ciuffetto ramato.

    “Shh, shh… tutto a posto, tutto bene”

    Poche parole mormorate in modo così materno che la stessa Astrid si stupì di quanto, nel giro di pochi giorni, fosse entrata totalmente nell’ottica di dover badare anche ad una creaturina innocente e delicata come quella che aveva stretta tra le braccia e che, nel giro di qualche minuto, decise finalmente di tranquillizzarsi.
    Ser Stone, nel frattempo, aveva dissolto ogni dubbio in merito a cosa sarebbe accaduto di lì a poco: per quanto strano fosse, un’intera imbarcazione di fanatici aveva davvero deciso di arrendersi senza colpo ferire e nonostante ciò lasciasse sbigottita l’erede di Città del Gabbiano, si aprivano una serie di possibilità da soppesare, ma non avrebbe potuto fare alcun tipo di valutazione se avesse deciso di rimanersene in disparte, sulla nave che per tutti i giorni precedenti era stata la sua casa temporanea. E poi… c’era Vicare. Non lo nascondeva nemmeno più, ogni minuto trascorso lontano da lui, anche se a poche centinaia di metri di distanza, era una vera e propria tortura e non sopportava più l’idea di essere promessa e allo stesso tempo di non poter stare con il suo futuro marito, specie in un momento del genere, quando non desiderava altro che la sua presenza al proprio fianco.

    “Se avessi voluto una sicurezza assoluta, Ser Stone…” Mormorò Astrid, in un tono gentile ed educato ma allo stesso tempo che lasciava trasparire un certo grado di sicurezza nelle proprie parole “… avrei optato per essere rispedita a Città del Gabbiano insieme a mio padre. E questo scricciolo di bambino è nato nel bel mezzo di una rivolta in città. Direi che sono abituata al non essere mai al sicuro, non preoccupatevi”.
    Così dicendo, si avvicinò al parapetto, facendo cenno agli altri uomini dell’equipaggio per essere aiutata a montare sulla scialuppa in compagnia di Kristoff, che per tutta la durata dell’operazione d’imbarco tenne stretto al proprio petto, terrorizzata dall’altezza e dalle ovvie conseguenze che una sua disattenzione avrebbe potuto comportare.

    Astrid è costretta a salire senza armi, visto che non ne ha con sè TwT procede a passarle una mitragliatrice sotto la veste


    Edited by Erika_111 - 12/4/2023, 02:31
  13. .
    Astrid fu la prima che, a fatica, riuscì effettivamente a calmarsi e a darsi un contegno, sebbene fosse tutto tranne che facile in una circostanza come quella: d’altra parte la sua futura famiglia era stata appena riunita, era più che normale che le proprie emozioni fossero state lasciate libere di correre al galoppo. E nonostante ciò, il Lord suo padre ebbe ugualmente da ridire in merito a tale faccenda: che diamine significava “non qui”?! E perché mai avrebbe dovuto sentirsi in dovere di nascondere la propria felicità nell’essersi finalmente riunita col suo futuro marito? In quel momento il suo odio latente per i protocolli tornò a farsi sentire, ma non lasciò che rovinasse un momento del genere.

    “Minuto” Mormorò Astrid, alternando occhiate rivolte a Vicare prima e al neonato che aveva raggomitolato tra le braccia
    “E’ un maschio” Aggiunse sorridendo al braavosiano, lasciando che per la prima volta le sue dita entrassero in contatto con la pelle del bambino venuto al mondo soltanto poche decine di minuti prima.
    Il vero problema era comunque rappresentato dalla progressiva instabilità della Capitale: rimanere lì rappresentava ai suoi occhi un rischio enorme ed era anche per quello che Astrid da sempre provava un odio viscerale nei confronti delle grandi città: troppa possibilità di macchinazioni, di intrighi, di tentativi di prendere il potere con la forza… ma nonostante questo si sforzò di non pensare a nulla di tutto ciò.

    Cullando dolcemente il neonato appoggiato contro il suo petto, Astrid appoggiò – spinta da un dolce istinto – la propria testa contro l’incavo della spalla di Vicare, lasciando che il carro su cui si erano entrambi sistemati attraversasse l’ingresso alla Fortezza Rossa, forse l’ultimo luogo davvero sicuro in tutta Approdo del Re. A giudicare dal numero di soldati presenti, probabilmente là non avrebbero corso alcun tipo di pericolo, almeno per il momento.
    In tutto ciò, pensò Astrid, c’era anche un fattore positivo: era palese che il suo futuro marito si fosse speso in ogni propria energia per trovarla e di sicuro ciò gli aveva fatto guadagnare non pochi punti in quanto a rispetto da parte di Lord Grafton: insomma, se non avesse cominciato a fidarsi ora… quando avrebbe potuto cominciare a farlo? In cuor proprio, la giovane neomamma sperava di avere la possibilità di dormire nello stesso letto per la prima volta dopo tante settimane, ma non sapeva quanto questo violasse il protocollo tanto caro a suo padre.
    Ne era certa, Vicare rappresentava l’uomo della sua vita ed era lo stesso con cui avrebbe voluto condividere il suo futuro: non si era avvicinato a lei soltanto per acquisire un titolo o ricchezze di qualche genere – non che l’avesse mai pensato, in realtà – e lei non avrebbe perso occasione per dimostrargli la sua riconoscenza e il desiderio che aveva di continuare a costruire qualcosa insieme.
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    Kristoff Stone

    Informazioni Generali

    Titoli[IMG][/IMG]

    //

    AppartenenzaGrafton
    Religione?
    CulturaAndala
    Data di Nascita10 gennaio 286
    Livello0

    Punti Esperienza: 0/1

    Parametri

    Diplomazia0
    Marzialità0
    Amministrazione0
    Intrigo0
    Conoscenze0
    Vita10
    Fertilità?
    Prestigio0
    Fama0
    Pietà?

    Caratteristiche PG

    AspirazioneASPIRAZIONE SCELTA

    Tratti

    Tratti


    AbilitàLISTA TRATTI ABILITA'
    Conoscenza
    Diplomazia
    Intrigo
    Marzialità
    Amministrazione
    Affinità particolari


    Affinità





    Inventario

    Soldi
    Equipaggiamento
    Oggetti

    Aspetto

    Kristoff assomiglia molto a sua madre: capelli rossicci e grandi occhi verdi.

    Storia

    Il bimbo nasce da Lady Astrid Grafton ed un marinaio che ne aveva conquistato il cuore a Città del Gabbiano. Scoperta la gravidanza durante una fuga a Braavos, Astrid si imbatte in un orefice braavosiano, tale Vicare Vorys con cui ha un rapporto e che in seguito inganna facendogli credere che il bimbo sia suo.
    Lord Grafton accetta infine il matrimonio della figlia con il giovane Vorys, ma il bimbo, essendo nato fuori dal vincolo matrimoniale, prende il nome riservato ai bastardi della Valle: Stone.

    **in aggionamento**


    Edited by Erika_111 - 15/9/2022, 08:02
  15. .
    Divincolarsi nel tentativo di sfilare il cappuccio di iuta dalla testa non si era rivelata affatto una cattiva idea, considerando anche il risultato pienamente raggiunto nel giro di pochi minuti di tentativi. Fosse stato annodato sarebbe stato ben diverso, probabilmente avrebbe dovuto cercare a tentoni una qualche sporgenza su cui far impigliare le spesse trame di iuta che le avevano coperto la testa, ma ora quantomeno aveva un inizio su cui ragionare.
    Col fiato ancora mozzato dalla contrazione appena conclusasi, Astrid si guardò attorno con fare affannoso e indagatorio e con sua somma sorpresa dovette effettivamente rendersi conto di aver fatto troppo affidamento sulle proprie sensazioni tattili: non si trovava affatto in un luogo roccioso, probabilmente la stanchezza con cui si era addormentata la sera prima, unita al brusco risveglio suo malgrado impostole, le stavano ancora giocando brutti scherzi. Se a questo si aggiungeva l’ansia procuratale sia dalla situazione che dai dolori al basso ventre, viene quasi spontaneo pensare che la Grafton non potesse contare più di tanto sulla propria lucidità.

    Che diamine era quel posto? Un fienile? Una specie di piccolo magazzino in legno? A giudicare dalla quantità di paglia sparsa qui e là, il cervello di Astrid protese verso la prima ipotesi. Gli occhi verdi della giovane si socchiusero, a contatto diretto con la luce del giorno che flebilmente penetrava attraverso le asse di legno inchiodate malamente tra di loro. Ciò apriva la strada sia ad una buona che ad una cattiva notizia: non essere sottoterra significava poter scappare senza perdersi in tunnel ed anfratti, ma il fatto che lei ed altri prigionieri fossero stati lasciati “in superficie” poteva significare soltanto una cosa: la sorveglianza sarebbe stata serratissima.

    Sembrava che là dentro fossero stati rinchiusi tutti coloro che avessero meno possibilità di scappare od opporre resistenza: feriti di precedenti battaglie, Maestri, dame dal nome mai sentito… e Astrid, che sapeva sì combattere ma che in quel momento era prossima al parto.
    “Sono riuscita a sfilarmi il cappuccio, qualcuno sa se ci fossero fienili o cose di questo genere alla Fortezza Rossa?” Domandò Astrid, cercando di usare un tono che fosse il più possibile pacato in maniera tale che le proprie parole non potessero essere udite da eventuali orecchie indiscrete collocate al di fuori della loro prigione improvvisata: riuscire a capire dove si potessero trovare sarebbe stato il primo passo per poter andarsene.

    "Pazzi fanatici? Quindi tu sai chi ci ha portati qui?" Indagò subito dopo Astrid, rivolgendo un'occhiata quasi accusatoria a colui che li aveva appena apostrofati in quel modo.

    Contemporaneamente, muovendosi contro le assi delle pareti e cercando di scostare le lunghe ciocche di capelli rossi che le coprivano maldestramente il viso, la giovane tentò di individuare un’asse di legno sufficientemente affilata da permetterle di sfilacciare e rompere le corde che ancora le imprigionavano i polsi: non si trattava infatti di legno finemente lavorato: trovare un’asse più malconcia in grado di funzionare da seghetto improvvisato non avrebbe dovuto essere troppo difficile, o almeno così pensava. Con le mani libere avrebbe potuto aiutare anche gli altri prigionieri e cominciare a pensare concretamente al da farsi.

    La difficoltà maggiore in realtà venne aggiunta dal suo stesso corpo, che in quegli istanti sembrava provare gusto a complottare contro di lei: se fino a poco prima Astrid aveva fatto del suo meglio per convincersi che i dolori al basso ventre non fossero altro che il risultato di movimenti fetali, l’improvvisa sensazione di bagnato che si fece largo dalla sua intimità fin lungo l’interno coscia di entrambe le gambe bastò a fugare ogni dubbio e a strapparle un “Porca puttana” appena ringhiato, in un tono a metà tra il terrore e la consapevolezza che aveva cercato di nascondere fino a quel momento: suo figlio o sua figlia non era così distante dal venire al mondo, lontano da Vicare, lontano dalle levatrici, lontano da un posto sicuro.
35 replies since 28/7/2019
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