Acciaio di Valyria- Forgiare l'Acciaio Vicare

Chiamata del Fato Vicare

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    Vicare Vorys • 15 ottobre 285 -notte • Rovine Valyriane-• Costa di Tyria

    Per loro fortuna il cammino all'indietro dalle caverne infernali di Tyria fu più semplice del previsto; il suo amico lo aveva preso in braccio e aveva persino spento la torcia per evitare di farsi scorgere da presenze indesiderate. Questo, insieme ad una buona memoria, gli aveva permesso di uscire fuori da quelle grotte di nuovo all'aria aperta, sebbene parlare di aria fresca in quella maledetta isola fosse quasi una barzelletta. La nebbia ed il fumo dei vulcani vicini infatti appestavano l'aria, e non senza qualche difficoltà Vicare ed il suo compagno riuscirono a ritrovare la barcarola con cui erano giunti fino a quel punto. Certo, riportarla in acqua con l'aiuto solo di un bambino di cinque anni non fu impresa semplice ed occorse ai due diversi minuti per riuscire nell'impresa.
    "Vicare, figlio mio. Vieni dal tuo babbo."-una mano, che fino a quel momento gli aveva dato sicurezza ed oggi si stava dimostrando completamente diversa, si poggiò sulla spalla del bambino.
    "Mantore, lascialo andare!"-la voce del suo salvatore, già sulla barca era rivolta all'uomo che fino a qualche momento prima poteva chiamare un padre affettuoso. Aveva la faccia coperta di sangue, decisamente più di quanto aveva visto quando erano ancora all'interno di quella caverna...che accidenti aveva combinato mentre quei due tentavano di ritrovare la barchetta e rimetterla in acqua?
    "Non posso. Mi serve il suo sangue per completare il processo."

    Un tentato infanticidio come ti sembra per iniziare l'ultima quest?
     
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    Sudicio e sudato, Vicare era riuscito miracolosamente a fuoriuscire dal labirintico inferno grazie al suo amico di giochi. In vero, il merito del suo accompagnatore era totale, Vicare aveva a malapena tenuto gli occhi aperti in quella fuga al buio. Ma del resto cosa ci si poteva aspettare da un bambino della sua età?
    Terrorizzato dalla sensazione di essere afferrato alla caviglia e tenuto per sempre in quei cunicoli oscuri aveva sgambettato alzando ogni volta i piedi come se stesse camminando in acque poco profonde tenendo una mano stretta a quella del salvatore e l’altra davanti agli occhi, temendo di vedere il corpo del marinaio morto già trasformato in scheletro.

    Sperò che il calore che aveva caratterizzato quella traversata svanisse istantaneamente, che una volta usciti fossero accolti dal sole, dal mare, dalla brezza…ma in quell’inferno non c’erano piombati di colpo e la realtà che circondava quelle cave era ancora lungi dall’essere ottimale. Le acque che circondavano l’isola erano comunque le stesse che avevano lessato gli altri marinai ed il vento che muoveva l’aria era ancora all’odor di zolfo.

    Ce la facciamo a tornare a casa?- chiese schiudendo gli occhi mentre il suo amico si barcamenava per entrare in controllo del barchino che li aveva condotti fin lì. Erano solo in due…uno e un quarto diciamo, ed avevano una barca molto più piccola di quella che da Braavos li aveva permesso di giungere a Valyria
    Non aspettiamo papà? Si sentirà meglio fuori - mormorò poco convinto mettendosi a cecce su una pietra mentre il giocatore di cyvasse governava a fatica la piccola barca. Come faceva ad avere ancora oneste speranze? Che razza di figlio sarebbe stato se non ne avesse avute, se fosse stato pronto ad abbandonare il padre di punto in bianco?
    Il modo con il quale quel dilemma si palesò, si rivelò ancor più drammatico dell’immaginabile.

    La mano straniera del padre lo toccò alle spalle e Vicare si ritrasse, ma non fuggì: una maschera di lurido sangue rendeva quell’uomo ancora più diverso da suo padre, ma non poteva ad ogni modo realmente ripudiarlo.
    No papà…dobbiamo tornare a casa, non c’è nessun tesoro che possiam portare via- mormorò implorandolo con lo sguardo di mollare la maschera e salire con loro sulla barca.

    400 paroline tardive
     
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    Vicare Vorys • 15 ottobre 285 -notte • Rovine Valyriane-• Costa di Tyria

    "Oh il tesoro c'è ed io l'ho scoperto. Io. Un Vorys!" -suo padre non sembrava voler ritrovare il senno e quando l'altro gli si fece dappresso per tentare di strappargli il piccolo Vicare, Mantore afferrò un remo della piccola imbarcazione e lo usò per colpire sul volto il povero marinaio lasciandolo faccia in acqua privo di sensi. Era vivo? Era morto?
    "Io e te. Un babbo ed il suo figliolo." -decretò a quel punto accarezzando la testolina del bimbo e caricandoselo in spalla per ripercorrere al contrario la strada che lo separava dalla caverna. Se fosse stato possibile, quelle grotte erano ancora più orribili della prima volta in cui c'era entrato; stanza dopo stanza c'erano a terra cadaveri deformi spediti all'altro mondo solo da pochi minuti, era stato suo padre a fare tutto questo? Ripercorse la stanza del mosaico, quella degli scheletri ed infine quella in cui il marinaio ammazzato dal padre giaceva ancora a terra con la gola sgozzata.
    "Cambieremo la storia oggi, io e te."-cercò di tranquillizzare il piccolo avanzando ancora verso l'ultima caverna di quelle grotte infernali. Lì c'erano scritte rosse a ricoprire tutte le pareti rocciose, grafi che il povero Vicare non riusciva a comprendere, ed un calderone pieno di pietre dall'apparenza metalliche che riposava su un fuoco scoppiettante. Poco distante un lungo tavolo d'oro inciso su cui il bimbo venne depositato con tutta la cura del mondo; era alto, abbastanza perché Vicare avesse difficoltà a saltare giù senza problemi.
    "Pensavo che l'antica Valyria volesse un sacrificio di sangue per farmi dono del suo tesoro più prezioso, ma non è sangue quello che ricerca, non solo almeno."-si avvicinò per accarezzare ancora una volta la fronte del figlio -"E' il dolore."
    Si staccò per osservare freneticamente il suo taccuino, ed indicare gli strani segni sulle pareti tentando di spiegare al figlio la sua scoperta: "Per forgiare l'acciaio di Valyria si deve essere disposti a rinunciare a ciò che si ha di più caro e tu bambino mio, sei la cosa più importante che possiedo."
    Sorrise, estraendo dalla giacca la stessa lama insaguinata che aveva privato il suo marinaio della vita: "Devo ucciderti per portare a compimento la mia missione."
     
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    No babbo! - squittì il bambino vendendo il padre tramortire il suo unico amico. Provò a strattonare il genitore per le braccia, sperando che questo si rendesse conto delle sue azioni ed andasse a soccorrere l’uomo che aveva appena mandato a mollo, ma invece furono quelle braccia a prendere Vicare di peso e a caricarlo sulle spalle di Mantore.
    No! No! -continuò a urlare sempre più disperatamente battendo i pugnetti sulla schiena del genitore mentre vedeva l’uscita della caverna (da così poco riconquistata) allontanarsi di nuovo gradualmente. E tornava il caldo e tornava l’oscurità…tornavano i suoni martellanti del cuore maledetto di quel monte e tornavano i miasmi di una Valyria che non si era rassegnata a morire definitivamente.
    Il sole velato ed opaco che si rifrangeva nelle bolle asfissianti di vapore all’esterno sembrava nuovamente svanire e diventare un ricordo addirittura positivo, ma perché qualsiasi posto sarebbe stato migliore che quell’inferno…qualsiasi posto sarebbe stato meglio che con suo padre.
    I cadaveri sembravano moltiplicarsi, si erano nascosti al buio fino ad allora o suo padre aveva davvero fatto una carneficina? Suo padre? Com’era possibile che quell’uomo fosse sangue del suo sangue, suo diretto artefice?
    Quando quell’uomo tentò di tranquillizzarlo, Vicare aveva quasi esaurito la voce urlando e le numerose lacrime, che evaporavano ancor prima di attraversargli il volto, lo opportunatamente accecavano, evitandoli ulteriori visioni macabre.
    Venne infine posato su un tavolo dorato, abbandonato alla cruda realizzazione che poteva avvenire solo staccato da quel corpo una volta familiare e rassicurante: era solo.
    Aveva creduto di non esserlo per la sua breve vita, ma era stata evidentemente un’illusione dell’infanzia; lui era solo, forse lo era sempre stato e probabilmente lo sarebbe stato fino al suo ultimo respiro. Le persone bollite quella mattina nel Mar fumante, i marinai che avevano avuto la propria testa schiacciata o la gola tagliata erano certamente morti da soli e Vicare, in quel momento, ebbe per la prima volta la sensazione di non essere diverso da loro. Pensava, a differenza di quei poveretti, di avere un papà, di essere quindi protetto in quell’avventura.
    Che errore.
    Si grattò gli occhi per provare a dissolvere la foschia, ormai dovevano essere rossi come il sangue che scintillava sulla lama di Mantore. Lo vide blaterare con lo sguardo folle sul taccuino e sulle pareti della caverna. Non sapeva cosa fosse meglio pensare: che davvero suo padre fosse disposto a ucciderlo per ottenere un segreto di Valyria o che fosse “semplicemente” impazzito per i fumi della caverna o per delle iscrizioni maledette su quei taccuini…quale delle due ipotesi lo angosciava di meno? E’ peggio sapere di essere figli di un folle illuso o invece di un uomo che nella sua determinazione ammette di non averti mai realmente amato?
    E l’ancor più pressante dilemma: cosa farsene? Ora che aveva capito che sarebbe morto come quei marinai per mano di quello che era stato il suo punto di riferimento per tutta la vita…cosa avrebbe dovuto fare? Chiudere gli occhietti, alzare il mento e sperare che il padre potesse trovare realmente soddisfazione nell’ucciderlo o aggrapparsi alla vita come quel marinaio si era aggrappato alla caviglia di Vicare un’oretta prima?

    Si guardo attorno con un ultimo singhiozzo: il tavolo era alto, il terreno accidentato, i cunicoli bui e le sue gambe erano corte, stanche e maldestre…semplicemente zompare giù e fuggire non lo avrebbe portato lontano. Doveva in qualche modo rallentare il Vorys anziano.
    Lo sguardo schizzò verso il fuoco scoppiettante, la via di fuga e di nuovo verso Mantore ed il coltello che impugnava.
    Papà - pigolò; doveva inventarsi qualcosa, ma come? Aveva visto con convinzione draghi tutto il giorno, perché non avrebbe dovuto poterlo fare “A comando”? Certo, Mantore non si sarebbe spaventato per un drago, lo avrebbe immediatamente attribuito alla fervida immaginazione del bambino…cosa mai avrebbe potuto temere?
    Gli uomini-bestie! - strillò balzando in piedi sul piano dorato una volta che il padre si fosse avvicinato a sufficienza - Son tornati! - puntava l’indice verso una delle parti più oscure della caverna.
    Non la più sofisticata delle idee, ma gli sarebbe bastato far voltare un momento il padre per potergli saltare addosso. L’idea era quella di aggrapparsi alla camicia che il Vorys indossava a mo’ di bandana sul capo (ma anche ai suoi capelli o ad un suo orecchio, il piccolo non contava certo sulla propria precisione) per riuscire al contempo a rallentare la propria caduta a terra e far perdere l’equilibrio al padre tramutatosi in orco malvagio.
    Dopodiché avrebbe dovuto correre a nascondersi, cercare proprio quell’oscurità che aveva temuto per farne il proprio rifugio.
    Ma un piano raramente sopravvive al campo di battaglia e Vicare non solo non era Napoleone, era proprio un bambino.
    Per l'inganno "Hey guarda là"...non sono sicuro quali stat abbia a disposizione, qua metto quelle da scheda
    CITAZIONE
    Diplo: 122
    Marz: 50
    Intr: 22
    Attraz: 42 (ho escluso tutti gli oggetti ovviamente)

    Ho incluso la marzialità in caso si voglia considerare la fuga roccambolesca come un attacco.

    Escluso l'ultimo rigo son 760 paroline
     
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    Tiro di Inganno Vicare vs babbo
    [Giudizio mod + Bonus fama + Liv Competenza Inganno*4 + Liv competenza Oratoria*5 + Liv Competenza Manipolazione*3 + (Intrigo + Diplomazia + Attrazione)/6 + Affinità bersaglio/10] - [Giudizio mod*2 + Liv Competenza Controspionaggio*4 + Intrigo/3*2 + Bonus convinzione]
    Giudizio mod= 8 circostanza 3 modalità 4 scrittura= 15 punti
    Affinità Vicare vs babbo= Affinità casata/2 + Affinità casata maggiore/8 + Affinità vassalli/8 + Affinità cultura/2 + Affinità culto/100*pietà controparte + Affinità tratto specifico/5 + Affinità pg= 5/2 + 0 + 0 + 34/2 + 0 + 10/5+0= 2,5 + 17 + 23,5= 22
    Giudizio mod babbo= 5 circostanza 2 modalità0 7
    Babbo png lv 5 (facciamo 10 in tutto)
    Marzialità
    Diplomazia
    Inganno
    Amministrazione
    Conoscenze

    [15+0+0+0+0+(22+122+42)/6+22/10] - [7*" + 0 + 10/3*2+0]= (15+31+2,2) - (14+6,66)= 48,2-20,66= 27,54
    Inganno riuscito, babbo si gira

    L'innocenza di Vicare riuscì a trarre in inganno suo padre che si voltò per fronteggiare il pericolo imminente, dando al figlio il tempo necessario per scivolare giù dall'altare aggrappandosi ai calzoni del suo vecchio. Il gesto fu impreciso, ma gli valse alcuni secondi buoni poiché l'orefice inciampò lasciando scivolare a terra, nelle manine di Vicare, la lama che avrebbe usato per tagliargli la gola.
    CITAZIONE
    Tiro di furtività Vicare vs babbo
    [Giudizio mod + Intrigo/2 + Liv competenza Spionaggio*2 + Liv competenza Mimetismo*4 + Destrezza] - [Giudizio mod + Liv Competenza Controspionaggio*4 + Liv competenza Spionaggio*4 + Affinità attaccante/30 + Intrigo/2]
    Giudizio mod= 8+4+4= 16
    Giudizio mod babbo= 8+1=9
    Affinità babbo vs Vicare= 30

    [16+22/2 +0+0+26] - [9+0+0+30/30+10/2]= (15+11+26) - (9+1+5)= 32-15= 17 Parzialmente riuscita

    Lesto come una faina, il piccoletto andò a cercare rifugio negli anfratti più bui di quella grotta, nella speranza che il padre non lo raggiungesse e concludesse la sua opera.
    "Maledizione Vicare!" -l'urlo di Mantore riecheggiò nella caverna -"E' questo ciò che ti ha insegnato tua madre? A disubbidire a tuo padre? E' questo ciò che vuoi diventare? Un uomo così codardo da voltare le spalle al proprio vecchio nel momento del bisogno?"
    Il buio gli stava offrendo una protezione parziale; non era visibile, ma la strada che conduceva al resto della caverna (e quindi all'uscita) era alla luce e rischiava di far saltare la sua copertura.
    "Piccolino...dove sei? Fatti vedere su..." -improvvisamente la voce dell'uomo si addolcì, ricoprendosi della gentilezza che oramai sembrava non possedere più -"Vieni fuori ora e ti prometto che non ti farò del male. Torneremo a casa e ci faremo preparare tanti buoni biscotti dalla mamma."
    Ci si poteva fidare? Era tornato tutto a posto?
    "Dannato figlio di puttana dove sei?!?" -questa volta l'urlo fu talmente potente da far vibrare tutto il corpicino del piccolo. No, non ci si poteva fidare. L'uomo iniziò a mettersi carponi muovendo le braccia nell'oscurità per tentare di afferrare le gambette del figlio che però non riusciva a trovare.
    "Fuori! FUORI HO DETTO!"-era vicino...così vicino...

    The_Shining
    Che dici? Commettiamo un parricidio o provi a fuggire alla luce?
     
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    Il salto nel buio andò meglio del previsto: una parte di Vicare sia spettava di paralizzarsi al primo tocco dei suoi piedi sullo scivoloso pavimento roccioso; invece, non solo riuscì ad atterrare sano e salvo, ma anche a sdraiare momentaneamente il padre ed a privarlo della pericolosa arma.
    Inoltre, in maniera non totalmente consapevole, Vicare ebbe il modo anche di sottrarre quella terribile lama prima di sgambettare rapidamente nell’ombra. Non era folle come Mantore, ma anche il più giovane dei Vorys era come rispondesse alle “tensioni” di quel luogo.
    Con in mano il coltello ben stretto, corse verso l’oscurità rapido come un insetto e lì vi si acquattò, rintanandosi in una rientranza ed osservando il padre-assassino rialzarsi, imprecare e adirarsi.
    Pur privato della sua arma, Mantore sembrava ancora totalmente dedicato alla sua missione figlicida. Irrecuperabile, andato.
    Vicare lo osservava dal suo buco respirando appena, la luce del fuoco ne definiva la sagoma chiaramente ma, fortunatamente, si trattava di una percezione a senso unico e lui sembrava rimanere quindi apparentemente invisibile.
    Ora, corri ora. - ma non riuscì ad abbandonare il suo nascondiglio e presto ritenne di aver perso la sua occasione.
    La via di fuga era chiara ma…fin troppo chiara. Non avrebbe potuto seminare suo padre per tutta la caverna e…e poi? Non è che fuori la situazione fosse migliore…
    Per alcuni minuti poté solo stare immobile ascoltando le farneticazioni del padre, sempre più disgustato ed alienato da egli.
    Era il terrore a paralizzarlo? Sarebbe corso obbedientemente dal padre se non fosse stato sotto shock? O al contrario era talmente rassegnato alla perdita del genitore da non sentirsi mosso in alcuna misura? In quella situazione dove il bisogno di sopravvivenza lo costringeva nel comportamento di un animale era difficile discernere le spiegazioni delle azioni e delle “inazioni”.

    Inspirò. Di nuovo i suoi occhietti schizzarono dall’uscita al fuoco acceso, i due punti di luce, e poi sul padre. Aveva preso a fiutarlo su quattro zampe come un cane rabbioso…una caccia malata che faceva di entrambi i Vorys patetiche bestie.
    Ma Vicare, pur essendo la preda, era anche quello armato.

    Improvvisamente schizzò fuori dal nascondiglio, lama stretta in pugno e occhi a fessura. Caricò verso il padre a gattoni, tese il braccio armato e cambiò direzione all’ultimo per andare a nascondersi dietro il fuoco. L’obbiettivo non era pugnalarlo, ancora, ma squarciargli una gamba affinché non fosse in grado di inseguirlo. Nascosto dietro il fuoco avrebbe poi potuto constatare l’eventuale successo e costretto il padre a guardare verso la forte luce per cercarlo. Se tutto fosse andato come inteso, il prossimo scatto avrebbe condotto Vicare fuori e lontano da Mantore.
    ATTACCO=VARIABILE*forza/10 + liv competenza arma*3 + (potenza arma in attacco *(numero mani+1)/2)
    22,4=6*24/10 + 1*3 + (5 *1)
    Per azzoppare il paparino (la potenza dell'arma l'ho considerata quella di un pugnale, potrei essermi confuso)
     
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    Vicare Vorys • 15 ottobre 285 -notte • Rovine Valyriane-• Costa di Tyria

    "Dannato! Tu sia dannato!" -l'urlo di Mantore in risposta al colpo di Vicare non tardò ad arrivare, sembrò che la lama del piccolo infatti fosse riuscita a centrare il suo obiettivo. Dietro le fiamme il bimbo avrebbe potuto osservare la gamba del padre esposta, i calzoni stracciati ed il sangue copioso che scendeva sulle sue scarpe.
    "Ti ammazzo! Io te lo giuro ti ammazzo!" -provò a tirarsi su in piedi, ma immediatamente la gamba ferita cedette spezzandoglisi in due sotto il peso del suo corpo, tra imprecazioni e maledizioni.
    Arhg esdfe rgu
    Alcuni versi provenienti dal corridoio che aveva percorso in braccio al padre misero in allarme l'uomo prima ancora che il figliolo: un paio di creature deformi, di quelle che aveva già visto in precedenza, erano comparse dalle tenebre gettandosi con rabbia sull'orefice a terra.
    "No! Fermi! No!" -l'uomo cercò di offrire una qualche resistenza menando pugni per l'aria, ma le creature sembravano così maledettamente più forti di lui e presto l'avrebbero sopraffatto e fatto a brandelli. Doveva aiutarlo? Restare nascosto? Provare ad approfittarne per scappare?
    "Mi hai ucciso! Hai ucciso tuo padre! Sei stato tu! Sei stato tu!" -urlava l'uomo, mentre le bestie affondavano i loro denti nel suo braccio.

    Ti sei salvato da papino, bravo!
     
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    Ferire il genitore fu tragicamente facile, come un in dispetto fra bambini, Vicare era stato fulmineo ed invisibile ed era subito corso a riparo per vedere gli effetti del suo “scherzo”.
    E che effetti, il folle Mantore non sembrava più in grado di muoversi, il folle Mantore non sembrava avrebbe mai lasciato quel luogo senza luce, il folle Mantore sembrava non avrebbe mai più conosciuto l’aria fresca, la brezza di Braavos o l’odore del pane.
    Vicare non avrebbe più conosciuto l’abbraccio del padre, questo gli era evidente mentre quest’ultimo sbraitava rabbiosamente il suo nome e lo malediva.

    Accoltellare lo stinco del padre era certamente un comportamento inscusabile in qualsiasi Città Libera, avrebbe potuto mai sua madre amarlo ancora? Gli zii certamente lo avrebbero cacciato di casa…lo avrebbero preso i nonni materni? Chi mai avrebbe preso con se un figlio disposto ad accoltellare lo stinco del padre?
    Avrebbe forse dovuto strisciare da Mantore e lasciare che lo sgozzasse? In quel modo sarebbero rimasti tutti e due in quel buco e, forse, Vicare sarebbe stato perdonato.

    No. La possibilità non lo stuzzicava affatto. Sapeva di dover vivere, era la più salda certezza che aveva mai avuto (anche perché a cinque anni insomma…).
    Improvvisamente riemersero dalle ombre le creature che prima erano riusciti a respingere.
    Come gli insetti - gliel’aveva insegnato suo padre: gli insetti arrivano sempre quando l’animale è morto o quasi.
    Orrendi e deformi, famelici, bastardi ed approfittatori…era quello il mondo? Le persone in realtà erano così? Sarebbero divenuti anche loro in quel modo se avessero scelto di rimanere lì?
    Il bambino strinse talmente i denti che il sapore ferroso iniziò a solleticargli il palato ed un dentino si fece improvvisamente dondolante. Ogni morso che l’uomo che fu suo padre riceveva, Vicare lo sentiva nel petto, fitta dopo fitta. La testa gli pulsava e gli occhi arrossati, seppur mal coperti dalle irrigidite manine, non sembravano riuscire a chiudersi di fronte a quella terrificante visione.
    Suo padre moriva e moriva incolpandolo. Quello non era suo padre e suo padre era morto il momento che era entrato in quella caverna ma…era stato comunque Vicare ad indicare la via.
    Era stato Vicare a segnare il fato di tutti, lui lo strumento attraverso il quale Valyria aveva distrutto tutti coloro che lo circondavano.
    Quell’uomo moriva dilaniato incolpandolo…e a buona ragione. Vicare era tanto mostruoso come quelle creature.

    Improvvisamente, non trovando più risposte alle sue domande, non trovando canali di sfogo alle sue colpe, non trovando più un senso a nulla…il giovane Vicare crollò.
    Urlando istericamente iniziò a correre con il coltello puntato in avanti e gli occhi sbarrati. Direzione? La luce.
    konbini-dany
    400 parole e si fugge come matti!
     
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    Le creature sembrarono non porre attenzione al piccolo Vicare che si allontanava a grandi falcate dalla caverna dove era stato consumato lo scontro con suo padre; la loro attenzione era tutta rivolta a Mantore, che oramai non emetteva più alcun suono, e al bagliore che proveniva dal calderone. Non che il bimbo avrebbe potuto accorgersene, preso com'era dalla sua fuga, conclusasi dopo qualche metro nelle braccia del suo compagno di avventure.
    "Scricciolo! Sono io, sono io!" -tentò di tranquillizzarlo prendendolo in braccio -"Ora ce ne andiamo di qui."
    Era salvo? Aveva vinto?
    ---
    Aveva vinto.
    Le pedine sulla scacchiera di cyvasse indicavano inesorabilmente la sua vittoria, sebbene l'orefice non avrebbe saputo dire come la partita si fosse effettivamente svolta. Lì dove c'era il suo avversario, era rimasto ora solamente un bigliettino che in basso valyriano recitava:

    Ti cercherò ancora quando saremo nella capitale di questo continente, scricciolo.


    Non si era trattato di un sogno né dell'effetto di qualche droga consumata dalla pipa di quello sconosciuto.
    Vicare ricordava tutto.
    Il suo compagno di giochi, l'avventura a Valyria.
    La morte di suo padre.

    Ultimo post!
    Si torna nel mondo reale.
    Complimenti, hai "ucciso" tuo padre e svelato così anche l'ultimo mistero per la forgiatura dell'acciaio di Valyria.
    Goditi la presa di coscienza.
     
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    Corse tanto forte da perdere sensibilità ai piedi e pianse così tanto da non distinguere più le forme. Ombre inquiete e rifessi sbaditi nel buio, l’incubo si sfaceva attorno a lui, il mondo collassava nell’incertezza. Sicuro di morire, il cuore gli rimbalzò violentemente quando sentì di colpo una familiare voce chiamarlo e amichevoli braccia sollevarlo.
    Il coltello gli cadde di mano mentre premeva la testa contro la spalla del suo soccorritore.
    Basta! Basta! - piangeva isterico - Voglio tornare a casa! - il dolore già striava i suoi ricordi, le lacrime rigavano le immagini, l’odore neutro della cenere cancellava l’olfatto, un vuoto silenzio annullava i suoni…il trauma veniva seppellito, un tesoro maledetto nascosto su un’isola sperduta nella Vecchia Valyria. Mai più, mai più avrebbe conosciuto quel dolore.
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    Vicare inspirò, svegliandosi improvvisamente come da un’apnea sulla stessa sedia dove, una quantità indefinita di tempo prima, aveva iniziato la sua sfida col vecchio misterioso.
    Pareva avesse vinto, ma era troppo stordito per ricordarsi come o per compiacersene.
    Si pulì un rigo di bava dalla guancia, era chiaramente ubriaco. Maledetti incubi - sbiascicò notando un bigliettino dove prima aveva trovato lo sfidante. Ne soffriva da Qohor, ma quelli sembravano ancora più vividi ed inquietanti dei soliti. I mostri non mancavano dai suoi travagli notturni, ma suo padre…suo padre non lo sognava spesso e gli incubi… Non arrivano mai a tanto…non raggiungono una conclusione di solito- e invece aveva sognato con cognizione fino alla fine.
    Il macigno che sentiva in cuore gli impediva di trovare la cosa “buffa” o interessante.
    Non sapeva cosa aspettarsi dal biglietto, si ricordava molto più dell’incubo che del suo incontro di cyvasse, il che implicava che le sue capacità di giocatore si moltiplicassero con un livello sufficientemente alto d’incoscienza.

    “Ti cercherò ancora quando saremo nella capitale di questo continente, scricciolo”
    Rimase interdetto. “Scricciolo”
    Scricciolo - ripeté. La testa iniziava a dolergli.
    "Scricciolo! Sono io, sono io!"
    Tu? - la voce gli si spezzò in gola. Senza nemmeno rifletterci gli occhi si appannarono.
    No, no, no - si rifiutò prima scrutando il biglietto da più vicino e poi invece gettandolo lontano da se. Provò ad alzarsi dal tavolo, avvertendo un certo dissenso dal suo corpo.
    Vide il volto, il volto dell’uomo del suo sogno, lo ricordò meglio di come lo avesse sognato, lo ricordò a Braavos. Ricordò la madre che piangeva, ricordò gli zii parlare di naufragio, ricordò delle giornate nel mare, il viaggio con suo padre.
    Si forzò ad abbandonare il tavolo, come se potesse fisicamente fuggire dall’epifania.
    La sedia ruzzolò capovolta ed alcuni pezzi di Cyvasse si rovesciarono sul pavimento inclinato del sottocoperta, rotolando assieme all’ondeggiare della nave.
    Appoggiandosi alle pareti ed ai corrimani si trascinò sul ponte sperando che l’aria lo facesse rinsavire, che si trattasse di una grande allucinazione.

    Una volta all’aperto guardò il cielo, le stelle sembravano muoversi. Merling maledetto - grugnì cadendo sulle ginocchia. Tutto si muoveva attorno a lui. Si risentì gli occhi malvagi puntati contro, si sentì solo in quella caverna, intento a gattonare via da suo padre.
    Arrivò al limitare del ponte sostanzialmente strisciando. Gli occhi erano colmi di lacrime, ma il respiro era troppo esitante ed irregolare per permettergli di piangere come avrebbe voluto.
    Tutto il male che lo aveva seguito, tutto il buio che sentiva…tutto era improvvisamente spiegato. Mai più la domanda “perché a me?” avrebbe potuto essere invocata di fronte alle sventure. Continuava a negare ma sentiva in se crescere la sicurezza che fosse tutto vero.
    Mi hai ucciso! Hai ucciso tuo padre! Sei stato tu! Sei stato tu!
    Chiuse gli occhi sperando che il mondo che lo circondava smettesse di muoversi, ma anche con le palpebre sigillate vedeva le stelle parecipitare nel buio.
    Infilò la testa fra le assi del parapetto e vomitò con veemenza.
    Hai ucciso tuo padre! Sei stato tu! Sei stato tu!
    Il veleno usciva da quello scrigno che doveva rimanere seppellito a Valyria e gli entrava nel petto.
    Hai ucciso tuo padre! Sei stato tu! Sei stato tu!
    Maledetto quasi dall’inizio, come poteva Vicare essere vettore di altro se non di male? Lo sguardo folle di suo padre era anche il suo, ecco l’eredità diretta che aveva sempre cercato.
    Sei stato tu! Sei stato tu!

    Sempre! Sono sempre stato io! - sbraitò con la testa oltre il parapetto, ruggendo contro le onde- Non quello che ho fatto, non quello che gli altri fanno o pensano! E’ tutto scritto e deciso!
    Sono stato io! Tu sei morto ma camminiamo lo stesso percorso! Vaffanculo! Morto! Morto!

    Due marinai lo afferrarono prima che l’impeto lo facesse cadere nel Mar Stretto. Le sue urla per loro dovevano essere le farneticazioni in basso valyriano di un ubriaco.
    Si trascinò in cabina, il sonno talvolta cambia le cose, ma col passare del tempo quella convinzione si faceva più consapevole ma non meno dolorosa.
    Quella note avrebbe mormorato scuse e maledizioni in egual misura per suo padre, sempre più freddo a ciò che di brutto aveva vissuto e sempre più timoroso nei confronti di ciò che, invece, c’era di bello nella sua vita. Quella promessa di felicità poche cabine più in là, quanto tempo ci avrebbe messo a trasformarsi in un boccone avvelenato? Come poteva lui realisticamente diventare padre? Come poteva generare vita e ancor peggio quella vita guidarla? Lui il padre lo uccideva, non lo poteva diventare.

    905 parole ed allegria. Che bello imparare a forgiare le cose (:
     
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    Affinità cosetto bello di cui non ricordo il nome se gliene abbiamo dato uno +5
    Affinità Valyria +5

    Hai sbloccato l'intero cammino Acciaio di Valyria che puoi trovare qui.
    La tua Pietà (se è superiore a 40) viene settata a 40 e NON può salire.
    Ricorda che ogni volta che userai uno di questi poteri perderai 10 punti Vita massimi; cioé il tuo max di punti Vita si abbasserà di 10.

    Divertiti e ci sentiamo a brevissimo per il pupillo!!
     
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