Antiche faide

Quest per Josephine e Vidya

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    Copro Robb_Stark per il post di apertura

    18 gennaio 286


    Era sempre un onore ricevere un invito dalla propria Signora, ma stavolta per Josephine non ci sarebbero stati biscotti e tisane ad attenderla insieme a Lady Elysa Flint, seppellita in mezzo ad un mare di scartoffie e con la testa pensosa tra le mani.
    "Accomodatevi, Josephine." -fu l'invito cortese della donna alla sua nuova vassalla -"Ho ricevuto una lettera da vostra madre."
    La pergamena che la madre di Lord Stark offrì agli occhi della Mallister era stata vergata di proprio pugno proprio da Lady Joanna, Josephine avrebbe potuto riconoscerne la calligrafia.

    Lady Flint,

    mi auguro che stiate bene e che mia figlia si sia distinta per cortesia ed educazione alla vostra corte. Sfortunatamente non posso dire lo stesso della vostra gente. Ci sono stati dei disordini nei villaggi dell'Incollatura e della costa, degli scontri tra i miei cittadini e quelli di vostro cugino. Ho potuto constatare personalmente inoltre alcune tremende profanazioni che sono state arrecate ai templi in cui la povera gente adorava i Sette Dei. Alcuni sono stati dati alle fiamme, in altri (gli Dei li proteggano) sono stati ritrovati escrementi umani.
    Vi prego, scrivete a Lord Flint. Chiedetegli di occuparsi della sua gente e di intervenire per porre fine a queste barbarie o sarò costretta ad usare la forza di Seagard.

    Lady Joanna Banefort


    Se già poteva temere qualche conflitto nelle zone di confine, le parole di sua madre furono la conferma che la situazione stava già degenerando: come potevano gli uomini del Nord commettere quelle offese agli Dei?
    "E una lettera da mio cugino..."-continuò offrendo alla Mallister un'altra pergamena da leggere di cui stavolta non riconosceva la scrittura.

    Elysa,

    non ho mai messo in dubbio le capacità di tuo figlio e non intendo cominciare a farlo ora, ma forse la decisione di annettere la gente di Seagard sotto i nostri confini si è rivelata un errore. La mia povera gente mi riferisce disordini e conflitti oramai quotidiani. Sembra addirittura che alcuni degli Alberi Diga all'Incollatura siano stati vandalizzati e resi oggetto di scherno da parte di quei fanatici. Dobbiamo aspettarci che la follia dei Targaryen raggiunga anche le nostre terre?
    Ti prego, per l'affetto che nutro per te e per Caleb, di trovare rimedio a questa situazione o se ne occuperà Dito della Silice

    Donnor Flint


    Ecco dunque l'altra campana in quella vicenda; riuscire a fare chiarezza sarebbe stato impossiibile ed era plausibile che il torto e la ragione fosse da entrambe le parti, ma quella non sarebbe stata una situazione di facile gestione per la Signora di Grande Inverno.
    "Nessuno vuole vedere oltre il suo naso, e se mi presentassi dalla vostra gente vedrebbero in me solamente un'altra straniera." -sbuffò, stufa di dover risolvere altri problemi rispetto a quelli che già attanagliavano la sua vita -"In altre circostanze mia nuora si sarebbe occupata della faccenda, sarebbe stata la candidata ideale."
    Certamente, una Andala, seguace dei Sette, sposata ad un uomo del Nord. Ma Lady Aconé non c'era e quindi...
    "Pensate di poter risolvere la questione? La vostra gente vi darà certamente ascolto e se riuscirete a frenare i loro impeti e vi farete accogliere da mio cugino, anche gli uomini del Nord faranno lo stesso." -stavolta un sorriso, anche se stanco, fece la comparsa sul viso della Flint -"Dopotutto siamo litigiosi ma onorevoli."
    CITAZIONE
    Prendiamo spunto dalle tue aspirazioni per giocare un pochino sulle differenze culturali e gli inevitabili conflitti che faranno sorgere.
    Chiedi pure ciò che ti serve e nei limiti del possibile ti sarà dato, se hai intenzione di accettare. Altrimenti, tutto tuo. Mostraci cosa vuoi fare
    +
    Se hai intenzione di accettare e parti subito, considera le tempistiche. A cavallo impiegheresti 10 giorni ad arrivare al confine, 20 giorni a piedi e 13 in carrozza. Quindi arriveresti in una data a tua scelta tra 28 gennaio, 31 gennaio oppure 7 febbraio.

    Scrivo i conti per Robb quando legge: Amerey e compagnia sono partiti in carrozza ed impiegano dunque 37 giorni ad arrivare a Grande Inverno. Sono partiti il 28 dicembre, per cui dovrebbero arrivare il 3 febbraio.

    I vassalli invece sono partiti il 1 gennaio e sono a piedi con le truppe arriveranno a fine febbraio.


    Edited by Robb_Stark - 17/2/2023, 21:00
     
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    Josephine Mallister Nord 18 Gennaio 286


    ∼ 18 Gennaio 286 • Alba - Sereno •
    Grande Inverno - Alloggi di Josephine ∼


    L
    e prime lodi del mattino si erano appena concluse. La luce dell’alba la teneva compagnia, mentre come ombre le ancelle preparavano catini d’acqua calda e cesti di rose per il bagno. Un lungo rituale, così simile a quello della Purificazione della Fanciulla, a cui la Mallister si offriva ogni dì. Mormorava a fior di labbra le lodi agli Dei, ai Sette volti della Divinità. Affidava la sua vita e quella dei propri cari alla luce dei Divini. Riusciva a soffocare quel barlume di nostalgia ripensando alle cristalline acque di Seagard, nascondendo le lacrime ed allontanando ogni pensiero che la rendesse vulnerabile. Tra le mura dei suoi alloggi poteva concedersi quel lusso, ma mostrarsi deboli o esitanti avrebbe fatto vacillare anche la fede delle ancelle. Conosceva le loro storie, spesso tra una gara di canto ed una sessione di cucito nei tediosi pomeriggi del Nord ricordavano le loro passate vite. Fanciulle in cerca di fortuna, fedeli alla Casata Mallister e con un’incrollabile ed immacolata reputazione. Provava riconoscenza per le donne che si affaccendavano ogni giorno per lei, in modo da rendere il suo soggiorno a Grande Inverno almeno tollerabile. Era stata una notte senza sogni. Così stanca ed esausta dalla battura di caccia dello scorso giorno e logorata dal freddo di Grande Inverno. Era difficile trovare ristoro, tanto da chiedere ad alcune ancelle di condividere il giaciglio e provare a farsi calore nonostante i bracieri ed i numerosi stratagemmi usati per riscaldare la stanza. Le pellicce di lupo o d’orso sembravano poca cosa, tanto da dover riscaldare mattoni o anfore traboccanti d’acqua per poter trattenere il calore sotto le coperte.

    Dopo essersi sollevata dall’inginocchiatoio ed aver riposto tra le mani di un’ancella la Stella a Sette Punte, qualcuno le consegnò una tisana ricostituente. Un intruglio miracoloso di Maestro Edmund da Seagard che le permetteva di non cader vittima delle febbri del Nord o dei geloni agli arti. Mandava giù l’aromatico intruglio a pochi sorsi, senza fretta, accomodandosi su una sedia proprio accanto alla finestra. Le tende erano state tirate su in modo da permettere alla luce d’entrare, le candele spente ed una coppia d’ancelle stava già rifacendo il letto. Qualcuno batteva le pellicce fuori dalla finestra, lasciando entrare una brezza gelida che nulla aveva a che vedere con la piacevole salsedine del Golfo degli Uomini di Ferro. Rabbrividì, avvolgendosi nel coprispalle in pelliccia. Poi una delle donne al suo servizio l’accompagnò verso la calda vasca. Fumava e sullo specchio d’acqua danzavano meravigliosi petali di rosa. Si sollevava un profumo di rosa canina, forse una delle ancelle per deliziarla aveva aggiunto qualche goccia di estratto di rosa. Un modo per nutrire la diafana carnagione, che privata della vestaglia quasi risplendeva alla luce del mattino. Raccolse i piedi nella vasca e lasciò alle ancelle il compito di cospargerla di balsami, oli e strofinare la pelle con soffici spugne. Lei rimase ferma, con la propria immagine riflessa nell’acqua.

    Si chiedeva cosa i Divini avessero in serbo per lei, quando il Re del Nord sarebbe tornato al seggio con la sua amabile Rosa, e se l’onore della sua famiglia sarebbe stato riabilitato agli occhi dei nuovi ed antichi alleati. Ciò che però la turbava, sopra ogni altra cosa, era qualcosa di tremendamente egoistico. Il breve e fugace contatto con Lady Vidya Bolton l’aveva segnata. Era ben consapevole che le donne oltre la barriera fossero molto più emancipate e godessero di una maggior libertà. Secondo alcuni racconti alcune donne erano perfino capaci d’impugnare una spada e farsi giustizia da sole. Una barbarie, un oltraggio nei confronti del Padre. Mai era stata incoraggiata a seguire le proprie passioni, nessuno mai le aveva chiesto un’opinione a riguardo e l’indifferenza paterna non l’aveva mai sentita gravare così pesantemente sul proprio vissuto. Pensava di essere una privilegiata, una fanciulla che godeva di sfarzo e di agi. Di quella presunta felicità che godeva a Seagard, ora le sembrava quasi una meravigliosa gabbia d’oro. Una vita con ali tarpate. Pensieri che peggioravano il suo malumore, cancellavano ogni forma di appetito e la rendevano sempre più rara ed austera nei confronti della Corte del Lupo. Non poteva aver vissuto in una menzogna. Appesantiva le sue preghiere, rievocava gli insegnamenti di Septa Ysilla e seguiva con cura la buona etichetta. Nessuno doveva dubitare, nemmeno lei stessa.

    La solerte convocazione di Lady Stark giunse agli alloggi della Mallister. Ci fu la solita agitazione tra le ancelle. Sia per la scelta dell’abito o della capigliatura migliore, ma soprattutto per essere al fianco della figlia di Lord Jason Mallister e Lady Joanna Banefort. Le donne misero sotto sopra le stanze della Mallister in modo da scegliere l’abbinamento migliore all’incarnato della fanciulla o i gioielli più luccicanti per mettere in risalto i suoi occhi. Josephine visse quei momenti di frenetica preparazione con una certa apatia, quasi come se qualcosa si fosse spento dentro di lei. Così assorta nei suoi pensieri nemmeno si accorse che qualcuno la condusse davanti allo specchio avvolta in caldi asciugamani. Ancora una volta fu scelto il colore del martirio per lei. Un cielo in piena notte, l’assenza completa di luce. Una muta protesta, un modo per colpire le popolazioni del Nord e ricordare a tutti le proprie origini. Vesti di fattura del Sud, troppo leggeri per combattere il gelo di Grande Inverno e troppo raffinati per una corte così spoglia e spartana. La maggior parte dei cortigiani andava in giro con pesanti pellicce e caldi copricapi. La Mallister si ostinava a mostrarsi con veli e segni di un martirio di cui era prigioniera. Mai manifestato a parole, ma evidente nell’austero viso e nella maniacale ricerca dell’etichetta.

    ∼ 18 Gennaio 286 • Primo mattino - Sereno •
    Grande Inverno - Sala principale ∼



    - Lady Stark! - Accompagnata da sole due ancelle, coloro che avevano prevalso nel clandestino gioco di carte la scorsa sera, la Mallister sprofondò in un inchino. Schiena dritta, capo appena chino, sorriso a fior di labbra. Le ancelle le sollevarono la gonna orlata, per fortuna intonsa visto che avevano seguito percorsi interni al Castello per raggiungere la Sala Principale. Ad accoglierla non c’era il calore di un sorriso o gli aromi speziati di un thè. Un’accoglienza cortese ma più fredda del solito. La fanciulla ricambiò con la stessa freddezza, mostrandosi cortese ma mai sottomessa. Si accomodò sulla sedia rivestita di soffici e calde pellicce. Una seduta comoda per un illustre ospite. Il viso di Lady Elysa era torvo, trasfigurato dalla preoccupazione. Qualcosa era accaduto, qualcosa d’importante. Per un attimo lanciò qualche occhiata di rimprovero alle ancelle, che si retrassero fino a sparire dalla sua vista. Erano state forse oggetto di scaldalo? Le erano giunte voci che per noia a volte le donne al suo servizio si davano al gioco d’azzardo o elemosinavano speziati vini da consumare in gran segreto. Le avrebbe punite, in ogni caso. Anche se la vita a Grande Inverno scorreva troppo lentamente. Le giornate erano brevi, o almeno le ore di luce. Le notti interminabili e fredde. - Davvero? Mostratemela, per gentil cortesia. - Scriveva spesso alla madre, soprattutto per informarla sui risvolti politici e gli umori che circolavano tra la corte del Lupo. A volte avrebbe tanto voluto ricevere una lettera più confidenziale, parole di una madre in pensiero per la propria figlia. A piè di pagina le raccomandava sempre di preoccuparsi della sua salute e di essere prudente. Misere note che non lasciavano trasparire alcuna emozione. Lady Joanna Banefort era così riservata, quasi quanto lei. I Corvi viaggiavano in fretta nel cuore del Nord fino alle coste di Seagard. - … ?!? - Era senza dubbio la calligrafia della madre. La Mallister annuì debolmente quasi per donar conferma alla Lady di Grande Inverno dei timori e delle barbarie perpetuate ai confini. L’Incollatura non era mai stato un territorio semplice da amministrare, costituito da putride paludi e brulle scogliere. Provava orrore ed orgoglio. I suoi timori si stavano concretizzando nelle poche righe scritte dalla madre. Del resto era solo questione di tempo prima che le differenze culturali tra Andali e Primi Uomini saltassero fuori. Una catastrofe annunciata, sottovalutata forse dai Lord di Grande Inverno e Seagard. Sentiva dentro di sé un moto d’orgoglio. Lady Joanna Banefort era stata cortese, disponibile ma anche lapidaria. Forse fomentata dall’ira del marito, aveva lanciato un chiaro avvertimento alle popolazioni del Nord. L’aquila sorvegliava i cieli, le coste rocciose cedute dai Flint, ed era pronta a cadere in picchiata per colpire. Del resto il Padre, portatore di giustizia, puniva con l’aquila. Secondo il mito s’incarnò proprio in un’aquila per poter banchettare con il fegato di un traditore, dopo averlo legato sulla rupe più alta. Un supplizio continuo, che ben pochi potevano cogliere. Josephine era ben consapevole della portata del pericolo.

    La grafia di Lady Joanna Banefort evocava terribili immagini. Sacri luoghi profanati nel modo più ignobile possibile, episodi di violenze e la più becera manifestazione d’intolleranza che si potesse mai compiere su suolo di Westeros. Una seconda lettera incrociò lo sguardo cristallino della Mallister. Non ne riconobbe la calligrafia ma la firma in calce rievocò la cortesia e l’ospitalità di Donnor Flint. Era stato lui stesso ad accoglierla come un’alleata ed amica tra le mura di Dito della Silice. In quel momento si rendeva conto di quanto fossero davvero fragili le alleanze politiche. Le gote si colorarono di rabbia e le iridi chiare saettarono contro le dure accuse rivolte al popolo di Seagard. Disordini, profanazioni. Ma ciò che colpì maggiormente l’orgogliosa figlia di Lord Jason Mallister era l’annessione di Seagard tra i confini del Nord. Era un’alleanza, non una muta sottomissione dell’Aquila al Lupo. Il suo popolo aveva pieno diritto di professare i propri riti. Anche solo il pensiero che il Credo dei Sette fosse paragonato all’Eresia Targaryen era inammissibile. - È… È…- Cercava le parole giuste. Prudenza. Mostrarsi troppo iraconda nei confronti dei Flint ed eccessivamente comprensiva per Seagard era un lusso che non poteva permettersi. Anche se dentro di sé custodiva la verità: La legittimità del Culto dei Sette al Nord. - … È terribile, Lady Stark! I nostri timori stanno prendendo forma. - Un aspetto che chiunque Lord o Lady di Westeros doveva temere. Una rivolta, una guerra civile. Una missione religiosa.

    Sotto il ghiaccio il suolo ribolliva. Il Nord non era mai stato tanto in agitazione, nemmeno quando minacciosi Draghi sorvolavano i suoi cieli o orde di bruti superavano la barriera. Un fuoco che andava soffocato sul nascere, ancor prima di lasciare che i venti del malcontento lo tramutassero in un incendio. Una questione lasciata incustodita da troppo tempo e che poteva rappresentare un pericolo per la pace al Nord. La carnagione della Mallister aveva riacquisito il normale pallore, le labbra serrate in una maschera di serietà e le iridi chiare che fissavano il vuoto davanti a lei. Preziosa, meravigliosa nei suoi abiti, schiena dritta e mani congiunte davanti al grembo, rifletteva sui venti di rivolta che minacciavano il Nord. Un leggero cipiglio turbava l’espressione fredda ed austera, infastidita dalle voci che circolavano intorno alla sua gente. Non era il momento dell’ira, ma quello della prudenza e della diplomazia. Faticava a credere che i Flint di Dito della Silice fossero diventati così ostili nei confronti delle Aquile di Seagard. Annuì debolmente alle considerazioni di Lady Stark. Certamente la Rosa di Alto Giardino, novella sposa di Lord di Grande Inverno era la candidata ideale a sedare il malcontento. Non era lì. Si morse il labbro inferiore, piantando le unghie nel pallido incarnato delle mani. Un’assenza, quella di Lord Caleb Stark e Lady Aconé Tyrell, che diventava sempre più gravosa. Sia perché la costringevano a restare lontana dalla sua amata Seagard e sia per il deterioramento dei rapporti con i vicini. - Siete davvero disposta a riporre così tanta fiducia in me, Lady Elysa? - Trattenne lo stupore nel tono della voce. Le iridi si ravvivarono d’interesse. - Non merito così tanta considerazione. - Fin dall’infanzia le erano stati mostrati tutti i suoi difetti e limiti in quanto donna, dubitava che qualcuno potesse davvero credere in lei. Forse i Lupi di Grande Inverno la stavano mandando al mattatoio? Un pretesto per non onorare i patti stipulati? Poi incrociò lo sguardo onesto e serio della Lady. Non riconobbe menzogna.

    Distese la schiena sulla sedia in cerca di una posizione più comoda. Aveva improvvisamente la sensazione di essere seduta sull’Alto Fuoco. Una posizione scomoda. Investita di una responsabilità ben più grande di lei, per una fanciulla così giovane. Eppure non poteva tirarsi indietro. Era suo compito, i Divini avrebbero guidato i suoi passi. - E sia. Rammenterò alla mia gente ed ai vostri parenti, Lady Stark, il patto stipulato dai nostri Signori. - Accettò rimettendosi in piedi e sprofondando in un inchino, cercando la benedizione della signora di Grande Inverno. - Concedetemi la vostra benedizione e partirò il prima possibile. - Avrebbe lasciato all’abile diplomatica di Grande Inverno il compito di replicare ai corvi di Dito della Silice e di Seagard. - Sarà una marcia senza vessilli. Un cammino umanitario sui confini del Lupo in modo da ristabilire ordine e serenità nei luoghi di culto. - Sebbene avesse a cuore il culto dei Sette, non era disposta a reprimere con la forza quello Antico ma il tutto doveva nascere da una sentita e sincera conversione. Per ora le bastava che le due culture non entrassero in conflitto aperto. - Avrò bisogno di un pugno di uomini per raggiungere Dito della Silice in sicurezza. Della compagnia del mio confessore e di chi è fedele agli Antichi Dei. Lungo il cammino verrà offerta elemosina ai poveri e preghiere per i fedeli. - L’arrivo di Josephine Mallister agli occhi del popolo non doveva sembrare un affare diplomatico ma una missione umanitaria. Aveva intenzione di ripulire i templi e lenire le ferite dei fedeli.

    Un sacro pellegrinaggio per la pace.

    Untitled






    Parole: 2310

    Richiedo:
    - Una carrozza per il viaggio e posticipare di 1 giorno la partenza per preparativi
    - Una guardia mista (uomini del Nord e di Seagard) senza vessilli
    - Creazione di un vessillo (Sarta 4/4)
    - Presenza di un PNG/PG fedeli ai due culti (Nello specifico un PNG Septon confessore concesso a Josephine alla sua partenza da Seagard)*
    - Pellegrinaggio fino a Dito della Silice per elemosina e offrire preghiere per entrambe le fedi

    *Richiesta anche la presenza di Vidya Bolton <3

    »S« Freene Robb_Stark
     
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    Lady Elysa annuì. Possiamo preparare tutto e farvi partire domattina. Chiederò a Ser Rodrick di occuparsi personalmente della selezione della guardia.
    Rimase in silenzio qualche lungo istante. Come avete detto, la presenza di un fedele agli Antichi Dei potrebbe essere vitale per risolvere la questione: ne parlerò con Lady Vidya, spero che lei possa acccompagnarvi. In tal caso, aggiungeremo anche degli uomini dei Bolton alla scorta che vi accompagnerà fin lì.

    I preparativi iniziarono e la Stark si diresse immediatamente alle stanze che erano state riservate alla Bolton, lasciando Josephine sola con i suoi pensieri.

    Una volta accolta, Lady Elysa avrebbe messo la sua ospite a parte di tutto ciò che aveva detto alla Mallister poco prima.
    Cara Vidya, sono venuta da voi perché ho dei timori... Avrebbe detto intrecciando le mani in grembo. Non abbiamo garanzia che i miei parenti di Casa Flint, ma soprattutto il popolo che loro governano, prendano bene che sia una Mallister - un'andala, una fedele ai Sette Dei - a portare la pace. In una situazione di conflitto tra le due religioni, mi sentirei più sicura se acccanto a lei ci fosse una rappresentante dei Primi Uomini, fedele agli Antichi Dei. La stessa Lady Josephine condivide i miei dubbi.

    Avrebbe preso la mano della Bolton tra le sue. So di chiedervi molto, ma sareste disposta a partecipare alla spedizione, per il bene di tutto il Nord?
    Forse quello sarebbe potuto essere il primo passo per compiere il volere di Lord Roose ed entrare nelle grazie della corte di Grande Inverno.

    Possiamo arrivare direttamente al giorno della partenza
     
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    Josephine Mallister Nord 18 Gennaio 286


    ∼ 18 Gennaio 286 • Pomeriggio - Sereno •
    Grande Inverno - Alloggi di Lady Josephine ∼


    I
    mpetuosa la Lady di Seagard era tornata nei suoi alloggi, in compagnia delle ancelle, per elargire comandi e direttive al seguito. I valorosi uomini e le pie donne che avevano deciso di seguirla in un viaggio tanto pericoloso oltre l’Incollatura avrebbero di certo sacrificato le loro stesse vite pur di proteggere la figlia di Lord Jason Mallister e di Lady Joanna Banefort. Non per timore, ma per sincera devozione. Ognuno conosceva la spada di Damocle che pendeva sulla regale testa di Lady Josephine. Un errore e Seagard sarebbe sprofondata nella miseria ed assediata dai nemici. L’amicizia del Lupo era necessaria, tanto all’Aquila quanto al branco di Grande Inverno. L’occasione era giunta con i disordini sui confini, lì dove culture tanto diverse erano costrette a condividere villaggi e campi. Una convivenza difficile, acuita dai venti di guerra che ancora si abbattevano sull’intero Nord. Era un vento freddo, violento, capace di spazzare via ogni germoglio di vita diffondendo pestilenze e diffidenza. Diffidenza verso il prossimo, verso l’estraneo. Una tolleranza legiferata da tempo, diffusa dalla stessa Corona di Approdo del Re, ma difficile da accettare davvero. Il Nord era tanto ospitale quanto insidioso. Uomini e donne caparbie, guerrafondai, e troppo legati alle proprie tradizioni. L’arrivo di estranei con culti e costumi diversi avevano diffuso malcontento. Era solo questione di tempo prima dello scoppio del conflitto. Un timore che non aveva mai abbandonato il cuore della Mallister, fin da quanto trionfante Joseth Mallister era tornato sul suo bel cavallo bianco annunciando la pace alle porte di Seagard. A quale prezzo? Si era sempre chiesta. L’opinione di una donna non valeva mai la pena di essere ascoltata. Gli sciocchi timori di una donna, incapace di leggere la realtà e troppo fragile per prendere davvero delle decisioni. Eppure se qualcuno avesse prestato ascolto al suo malumore, forse Flint e Mallister non sarebbero giunti ad una simile ostilità. Una apparente pace come una sottile e cristallina coltre di ghiaccio, al di sotto di essa ribolliva come fuoco ancora i sentimenti di guerra ed il malcontento generale. Una vittoria mutilata, per molti. L’arrivo di stranieri all’Incollatura per altri.

    Predispose i preparativi con voce ferma ed autorevole. Mai era stata così dura di fronte agli errori delle più giovani, che per la fretta si lasciavano vincere dal panico. Intransigente con la solerzia delle milizie di Seagard, accolte con fredda cortesia fin dal loro arrivo a Grande Inverno e bersagliati dalla diffidenza dei cittadini del castello. Dimoravano nelle stalle e veniva offerto loro il peggior cibo delle cucine. Per questo la devota fanciulla di Seagard, quando cenava privatamente nei suoi alloggi, destinava parte delle pietanze alla guardia Mallister. Cibo e preghiere. Inviava spesso il suo personale confessore per temprare gli animi dei soldati e rammentare loro quale fosse l’ultimo fine di quel viaggio. Li invitò alla prudenza ed alla tolleranza. Non aveva dimenticato la scortesia della milizia Bolton al suo arrivo, eppure aveva sedato gli animi degli uomini con dolce mestizia. Non badava mai alle scortesie che a volte riceveva o alle lunghe torve occhiate che l’accoglievano quando si aggirava nei cortili o nelle sale del castello. Intangibile, eterea. Nulla poteva ferirla, mettere in dubbio la sua legittimità. Era legittimo che la figlia di un alleato fosse trattata con i dovuti riguardi e potesse scegliere per se il meglio di ciò che Grande Inverno aveva da offrire. Spesso Grande Inverno la deludeva, per via della distanza che sussisteva tra la vita sotto e oltre l’Incollatura. Eppure tollerava, affrontava con coraggio il disagio e si mostrava sempre tanto sicura ed algida da ostentare una forza che a volte vacillava. - Non importa con chi marcerete, o con la Milizia Stark o con quella Bolton. Siate leali, composti ed onorate la disciplina di Ser Willas! - Durante la marcia non desiderava disordini tra le milizie. Anche quando in un accampamento di fortuna tra le desolate Barrowlands o le fetide paludi dell’Incollatura il malcontento avrebbe potuto acuire le differenze culturali e riversato le frustrazioni sull’estraneo. - Stringetevi ai fratelli nei momenti di difficoltà. Il mio confessore sarà a vostra disposizione per risanare i vostri animi. - Congedò con un breve cenno della mano la guardia Mallister, che tornarono nel cortile del castello per predisporre il tutto per la partenza l’indomani e coordinarsi con le forze del Nord. Seagard doveva essere ineccepibile, come sempre. Lo rammentava ogni dì alle dame da compagnia e lo avrebbe ricordato anche a chi non godeva dei confort del castello ed era relegato all’esterno. Gli alleati non dovevano essere scontenti degli ospiti e creare inutili pettegolezzi in un periodo già tanto difficile.

    Inviò al mercato due ancelle, con un pugno di monete per assoldare alcuni garzoni e per recuperare quanta più stoffa possibile. Non le importava la qualità della tessitura o le modalità di produzione. Sapeva che in così poco tempo non poteva pretendere della stoffa di ottima qualità. Doveva accontentarsi di quella che offriva il piccolo e misero mercato di Grande Inverno. Da sole le due ancelle non sarebbero riuscite a portare rotoli d’immacolata stoffa, per questo aveva pagato anche alcuni garzoni per portare il tessuto nei suoi alloggi. Il primo colore che le venne in mente, socchiudendo gli occhi e rilassandosi sullo schienale della sedia era il rosso. Colore del martirio, almeno per quanto riguarda il Culto dei Sette Divini. Per questo inviò alcune ancelle a preparare grossi calderoni di acqua bollente nelle cucine del castello per imprimere la nuova tonalità alla stoffa che stavano per acquistare. Riponeva in uno scrigno le spezie capaci di donar colore alle stoffe. Affidò come un prezioso gioiello l’ampolla con l’estratto di sommacco per conferire il color porpora al tessuto. Nel frattempo si concesse parte del pomeriggio per elaborare un vessillo capace di unire le due Fedi e rammentare al popolo l’amicizia tra Flint e Mallister. Del resto la stessa figlia di Lord Jason Mallister era stata gradita ospite di Dito della Silice e all’epoca non aveva avvertito alcuna avvisaglia di malcontento o di rivolta. Era stata trattata con i sommi riguardi. Mai un gesto di scortesia o intolleranza dipinta negli occhi della servitù. Si era sentita accolta, accettata. Purtroppo le alleanze politiche erano così fragili, quindi non si sorprendeva troppo del voltafaccia dei Flint. Con l’appoggio di Lady Stark-Flint avrebbe senza dubbio riportato la pace nei territori di confine. La sola presenza della fanciulla più pia e devota di Seagard avrebbe sedato la rivolta tra i fedeli. O almeno lo sperava. Aveva bisogno di un simbolo, un’icona capace di sedare le divergenze. Oltre ad offrire preghiere ed elemosina per le classi più abiette sentiva la necessità di mostrare la sincera amicizia tra Seagard e Nord. L’uno non era un pericolo per l’altro. Nonostante reputasse deplorevole offrire le proprie preghiere ad un Albero-Diga, non era disposta a sopprimere con la forza la fede che per secoli aveva guidato il Nord. Una conversione senza reale pentimento non aveva alcune valenza agli occhi degli Dei. Il vero limite dell’Eresia Targaryen.

    Con un gessetto tracciò su pergamena linee nette. Una mano di pietra aperta, mai chiusa in pugno. E un’aquila reale pronta a posarsi ad ali spiegate su di essa. Un messaggio chiaro, immediato. Una marcia pacifica, anzi una sorta di peregrinaggio. La spedizione della Mallister non doveva sembrare qualcosa di punitivo proveniente da Grande Inverno, ma un moto d’amore e di profonda tolleranza. Desiderava essere accogliente, nonostante le differenze. Per questo aveva deciso di lasciarsi affiancare da un’esponente dell’altra fede. Concluso il disegno ne fece altre copie per permettere alle ancelle di averne almeno uno a testa. Uno stampo, linee guida da tracciare sul purpureo tessuto. Nonostante le prime luci del crepuscolo, gli alloggi di Lady Josephine non erano mai stati così trafficati. I garzoni caricavano i bagagli della corte sulle carrozze, le guardie toglievano dalle picche i vessilli di Seagard e le dame di compagnia tessevano in silenzio all’ombra di un candelabro. La fanciulla di Seagard era lì ad aiutarle, con le sue eccelse capacità di ricamo e permettendo ad un menestrello di allietare la gara di cucito. Una dolce distrazione, permettendo ai cuochi di portare negli alloggi le pietanze preferite delle ancelle. Un dono per la loro fedeltà, un modo per mostrare la propria riconoscenza. Non smisero di cucire, tessere e filare fino a notte fonda. Quando la stanchezza prese possesso dei loro corpi, anche l’ultimo vessillo era stato realizzato. Alcuni furono spediti negli alloggi della Bolton ed altri nelle stalle per la guardia Mallister.

    [ … ]



    ∼ 19 Gennaio 286 • Alba - Sereno •
    Grande Inverno - Alloggi di Lady Josephine ∼


    Chiese perdono per i propri peccati. Confessò l’autorevolezza con cui aveva punito una delle ancelle dopo aver versato dell’inchiostro sui vessilli, l’invidia che aveva provato nei confronti di Lady Vidya per la libertà che le era stata concessa nell’istruzione nonostante vivesse priva della Luce dei Sette, i peccati di gola che si era concessa prima della partenza interrompendo prima del vespro il digiuno per placare le sue ansie, la fragilità in quanto essere donna per aver messo in dubbio il proprio ruolo a Grande Inverno e la volontà dei nobili genitori, l’egoistico desiderio di tornare a Seagard ed abbondonare le proprie responsabilità al Nord senza scatenare l’ira paterna o la delusione materna. Fu per questo, anche dopo essere stata assolta ed aver mormorato le preghiere di rito, decise di non interrompere il digiuno. Un ulteriore castigo, tramite i patimenti del corpo, per poter presentarsi pura ed immacolata agli occhi dei popoli di confine. Guardarli ad uno ad uno, forte della propria Fede e dell’essere nel giusto. Anche se in quel momento non importava. La sua era più una debole e magnanima concessione, una libertà che concedeva a cuore aperto agli ex-territori dei Flint. I Mallister erano più che legittimati nel praticare il culto dei Sette nei territori di scogliera, lì dove sarebbe sorto il più grande e potente porto che il Nord avesse mai conosciuto. Perfino i Tritoni di Porto Bianco sarebbero impalliditi di fronte alla gloria e alla forza dell’Aquila. Flusso di pensieri che mise a tacere per non incappare nell’ennesimo rimprovero da parte del suo confessore. L’insolenza, la supponenza non avrebbero mai preso possesso della fanciulla di Seagard, nonostante la giovane età. Si sollevò dallo scanno, osservando lieta i lineamenti del Septon. Colui che era vincolato dal sacro sacramento del silenzio e della discrezione. Ascoltava i peccati dei mortali ed intercedeva per loro con il divino. - Celebrerete il sacramento secondo le nostre usanze, insieme agli antichi riti dei Vecchi Dei. Offrirete conforto, comprensione ed accoglienza. - Gli voltò le spalle per avvicinarsi al portagioie in cui ripose il libro di preghiere. - Il Nord non è ancora pronto a lasciare gli Antichi Dei. La vera conversione nasce nei cuori dei fedeli e non con le armi o editti politici. - Aggiunse con amarezza mentre riponeva anche la Stella a Sette Punte. - Ascoltateli. Siate accogliente ed offrite il perdono dei Sette. - Chiese con un sorriso. - Non sarà una crociata religiosa ma un peregrinaggio per la pace. Rammentatelo! - I vessilli non avrebbero portato la Luce dei Sette nei territori dei Flint, ma dimostrato che la convivenza era possibile. Solo con la libertà si poteva accogliere davvero la Luce dei Sette Divini. Nessuna costrizione, nessuna coercizione. Un peregrinaggio di pace per il bene del Nord.

    Congedò con un cenno del capo il Septon e fece entrare nella camera le ancelle pronte per la vestizione. L’immacolata sottoveste fu coperta da un corpetto nero ed un’ampia gonna della stessa tonalità. Il merletto, finemente ricamato dalle migliori sarte di Seagard, sfiorava il lucido pavimento sull’orlo della gonna e carezzava delicatamente il pallido incarnato della mano. Come di consueto, anche questa volta scelse di restare fedele alla moda a Sud dell’Incollatura, concedendosi però orletti di pelliccia di volpe nera sia sull’apertura della gonna che sulla bordatura del corpetto. Una delle ancelle la coprì con un pesante mantello di pelliccia, anche questo un dono delle volpi nere del Sud. Vivevano a latitudine inferiori rispetto quelle artiche, dall’immacolato manto, un vero lusso per qualsiasi fanciulla della Terra dei Fiumi o dell’Ovest. Un fermaglio composto da un trittico di opali scuri tratteneva il velo, tenuto per ora dietro e senza la necessità di coprire il pallido incarnato. La chioma ramata quasi risplendeva di tramonto alle luci dell’alba, lasciata sciolta come si conveniva ad una fanciulla immacolata e che mai aveva perduto il proprio onore. Una delle ancelle più vicine alla Mallister le aveva intrecciato una ciocca in una infantile treccia, inserendo fiori di margherita appena raccolti. Un profumo che le solleticava l’olfatto, aggrappandosi con tutta la sua forza al libello di preghiere e alla Stella a Sette Punte che recava tra le mani.

    Si guardò nello specchio. Seria. La Fede era qualcosa di tremendamente serio per lei. Non monotone cerimonie da osservare nell’arco della giornata o un modo per ostentare un’innocenza o uno status sociale. La Fede era vita. Un modo di decriptare i messaggi proveniente dall’alto e una chiave di lettura per affrontare le difficoltà lungo il cammino.

    [ … ]



    ∼ 19 Gennaio 286 • Mattino - Sereno •
    Grande Inverno - Cancello principale ∼


    Mattinata ventosa. Il respiro del gelo che si abbatteva sul piccolo monopolio di uomini e donne che si erano raccolte intorno alle imponenti porte di Grande Inverno. I vessilli, tessuti dalle nobili mani di Lady Josephine Mallister con l’aiuto delle dame di compagnia, sventolavano sulle picche delle milizie e sulla carrozza pronta ad accogliere uomini e donne di fede. Lady Stark-Flint era stata di parola, ed ogni sua richiesta era stata esaudita. Una guardia, un corteo di fedeli ed una carrozza. Era tutto ciò di cui aveva bisogno. Una pacifica marcia verso l’Incollatura, lì dove le differenze religiose avevano reso la convivenza insostenibile. Tempi profanati ed alberi sacri abbattuti. I rispettivi Lords erano già sul piede di guerra, sollevando proteste al Protettore del Nord ed invocando l’aiuto di Grande Inverno. Con Lord Caleb Stark e la consorte Tyrell lontani dal Nord, toccava alla Mallister provare a sedare la rivolta. Lo sguardo cristallino permase durante i preparativi sul vessillo color porpora. Una tonalità forte, pregna di significato. Se gli Antichi ed i Nuovi Dei lo desideravano era pronta al martirio, pur di sedare una rivolta tra i territori di confine. Conflitti comprensibili. Non sentiva la necessità di biasimare i popoli di confine, sentendosi però più vicina a chi percorreva il sentiero della Luce. Provava rammarico per chi si ostinava a sussurrare gli antichi riti, vivendo una vita fatta di menzogne ed oscurità. I tempi non erano maturi. I popoli del Nord dovevano conoscere la benevolenza dei Sette e non mutare la devozione in ostinazione con la forza. Un errore commesso da Illyria Targaryen, da cui desiderava prendere distanza.

    L’Aquila sventolava orgogliosa su un tramonto, sorretta appena dalla mano di pietra. Una sicura roccia, un nido accogliente per chiunque. Accoglienza, condivisione ed unione. Era ciò che desiderava trasferire al popolo di Seagard ed a quello di Dito della Silice con il suo arrivo al confine. Non sarebbe stato un viaggio privo di pericoli o semplice. Ricordava il disagio che aveva provato nella traversata verso il profondo Nord, eppure era pronta a sacrificare se stessa per il comune bene. Seagard non aveva bisogno di altri conflitti. Era pronta a marciare insieme ad un falso culto pur di assicurare la sopravvivenza dell’Aquila e la pace nei confini. - … - Mani congiunte davanti al grembo, schiena dritta e velo che le copriva il candore del viso. Al di sotto del velo una maschera di austera serietà, mentre passava in rassegna ai preparativi per la partenza. Ogni soldato era stato spogliato di ogni vessillo ed attendeva composto l’inizio della marcia. La carrozza tanto capiente ed accogliente era stata imbottita di velluto e pellicce per i suoi ospiti. Rivolse una occhiata complice verso chi accoglieva ogni giorno fragilità e dubbi, comprensibili dubbi di una fanciulla tanto giovane. Il Septon era già armato del libello a Sette Punte, fedele confessore nei privati alloggi e spia di Septa Ysilla. Rimase in silenzio. Algida, statuaria, fiera. In alto i vessilli della pace e nel cuore le glorie degli Dei.

    Untitled






    Parole: 2706

    - Creato Vessillo con 600 parole minimo [Sarta 4/4]
    - Come da accordi mi è stato concesso un PNG Septon (che verrà mosso dallo Staff) per celebrare i riti dei Sette
    - Mi sono fermata al giorno della partenza

    Edit: Aggiunto stemma.


    Edited by *Sybil* - 19/2/2023, 20:14
     
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      Grande Inverno · 19 gennaio 286AA
    Vidya accese una candela e il buio della stanza sfumò, ritirandosi negli angoli. Stringendosi nella vestaglia, si appressò al camino, dove i resti anneriti di un ceppo erano tutto ciò che rimaneva del fuoco della sera precedente. Si inginocchiò, la pietra sotto di lei era tiepida così come le pareti che la circondavano, grazie alle sorgenti d’acqua calda e al complesso sistema di riscaldamento che si dipanava al loro interno, ma le temperature del Nord, a volte, sapevano mettere alla prova persino chi tra il freddo era nato.

    Posò il portacandele e si sporse leggermente in avanti, avvicinando il palmo alla cenere fino a percepire il calore emanato dalle braci nascoste sotto di essa, pulsanti scaglie infuocate velate di grigio. Con l'ausilio dell'attizzatoio, iniziò ad armeggiare per ravvivare il fuoco finché una piccola fiammella divampò e prese gradualmente forza, avvolgendo nuovamente il ciocco.

    Un compito, quello dell'accensione del camino, che solitamente sarebbe spettato alla servitù, ma la giovane Bolton era intenzionata a prolungare il più possibile quel momento di tranquillità, consapevole che sarebbero trascorsi molti giorni prima di poter avere simili momenti di quiete e solitudine.

    Quando il giorno precedente le sue letture mattutine erano state interrotte dall'annuncio della visita della Lady Madre, Vidya non aveva potuto nascondere la propria sorpresa. Il sospetto che il Maestro Luwin le avesse riferito della loro conversazione e della sua malattia fu il suo primo pensiero, seguito subito dopo dal timore di qualche brutta notizia proveniente dal Forte. Con mille scenari che continuavano ad affollarsi nella mente, mentre la donna varcava la soglia, si era rispettosamente abbassata in un profondo inchino.

    Le era bastato rivolgere uno sguardo a quel viso teso in un serio cipiglio, così lontano dalla serena cordialità che mostrava di solito, per farle capire che, a condurla nelle sue stanze, non era stata la ricerca di compagnia, né un voler sincerarsi delle sue condizioni di salute.

    Aveva ascoltato ogni parola in silenzio, moderando le proprie reazioni e tacendo i propri pensieri man mano che il preoccupante quadro della situazione nei territori di confine andava delineandosi.

    Profanazioni. Disordini e scontri tra i popolani. Recriminazioni e accuse reciproche fra chi quelle terre doveva sorvegliarle.

    Lo scenario peggiore che ci si era prospettati quando l'accordo tra Caleb Stark e Joseth Mallister era stato reso pubblico, si era verificato. Venti di fronde si erano levati al Nord e non si poteva fare a meno di domandarsi se tutto ciò non fosse preludio di altro. L’eresia Illyriana, si era ritrovata a chiedersi con crescente apprensione, aveva per caso trovato terreno fertile in quei luoghi? Quale posto migliore, infondo, se non quei nuovi insediamenti, tra animi tesi e diffidenza reciproca, per creare una frattura?

    O forse questi tumulti non erano altro che la naturale conseguenza di quella forzata convivenza, frutto dell’ottimistica - ma fallace - visione di Lord Stark e dell’erede di Seagard.

    Con un sospiro si alzò e andò alla finestra, spalancando gli scuri interni. Il sole non era ancora sorto ma il cielo aveva iniziato a schiarirsi, assumendo una tonalità blu intenso, striato da radi lembi di grigie nuvole. Presto sarebbe giunta l'ora dell'usignolo e il castello si sarebbe destato da quella sonnolenta immobilità, ravvivandosi di rumori e voci.

    Lasciò vagare lo sguardo lungo il Parco degli Dei. Dal bosco, completamente immerso nella foschia, s’innalzavano pennacchi e spirali di vapore proveniente dalle pozze d’acqua calda, e l'imponente Albero del Cuore, che torreggiava sul resto delle piante con la sua chioma rossa, le parve per un attimo un'isola rubino galleggiante su di un grigio mare fumante.

    Fissò quelle fronde, rese ancora più scure e vivide dalla luce nascente di quel mattino, e tese le labbra, indignata, al ricordo dei dettagli appresi riguardo le barbarie perpetrate ai danni dei sacri alberi nell’Incollatura.

    Vidya, pur non essendo una persona particolarmente religiosa, nutriva un profondo rispetto per la sacralità degli Alberi Diga e ciò che rappresentavano per la propria cultura. Nell’udire la Lady Madre descrivere lo scempio fatto ad alcuni di essi, per mano dei seguaci dei Sette, aveva dovuto far ricorso a tutto il proprio autocontrollo per non lasciarsi andare a commenti caustici. Il biasimo per gli autori di tali esecrabili azioni, tuttavia, era stato chiaro nel modo in cui le sue pallide iridi verdi si erano infiammate di sdegno.

    Lo stesso sdegno che aveva provato nell'apprendere che, almeno secondo quanto denunciavano i Mallister, anche coloro che veneravano gli Antichi si erano macchiati di atti altrettanto deplorevoli, dando persino alle fiamme alcuni dei templi dedicati al Credo.

    Ciò che i disordini stavano rivelando, rifletté amareggiata la giovane Lady, era come la tolleranza religiosa tanto professata da molti non fosse che una mera facciata, pronta a crollare e disintegrarsi alla prima occasione se messa alla prova. Ed era l’ennesima dimostrazione di quanto ancora fosse radicata e profonda la divisione in un regno che, in teoria, da secoli, era unito sotto un unico vessillo.

    Una situazione spinosa che poteva degenerare ulteriormente se non ci fosse stato al più presto alcun intervento. Il continuare a rimpallarsi la responsabilità, puntando il dito verso l’altro o minacciando di usare la forza, non avrebbe risolto la questione ma solo creato altro astio e alimentato quel fuoco, trasformando in incendio quei singoli focolai.

    Aveva concordato con la Lady Madre quando le aveva esposto i propri timori e dubbi sulla possibile reazione dei Flint, e del loro popolo, nel vedere in mano ad un’Andala la bilancia del giudizio. Ed aveva approvato l'idea di garantire la presenza anche di un fedele degli Antichi in rappresentanza dei Primi Uomini. Per poter placare gli animi, e riportarli alla ragione, era necessario assicurarsi che entrambe le parti si sentissero equamente rappresentate.

    Non si aspettava, però, che la persona scelta sarebbe stata lei.

    Diede le spalle alla finestra e si guardò attorno, soffermandosi sugli indistinti profili dei bauli richiusi e pronti per il viaggio. Il cuore le accelerò nel petto. La prospettiva di quella nuova esperienza la galvanizzava e spaventava al tempo stesso. Neanche un mese prima, la mattina della partenza dal Forte, si era trovata a vivere lo stesso conflitto: con la determinazione di dimostrare il proprio valore e la paura di non essere all’altezza del compito che si alternavano dentro di lei.

    A passo leggero, in un fruscio di morbida lana, tornò a sedersi a terra accanto al fuoco. Rimase lì, il giovane pallido volto illuminato dalla sua calda luce, mentre ripercorreva le ultime ore, pensando a come tutto fosse di nuovo cambiato di colpo.


    “So di chiedervi molto, ma sareste disposta a partecipare alla spedizione, per il bene di tutto il Nord?”



    La Lady Madre le aveva parlato in modo diretto e franco, la voce venata di stanchezza mentre le prendeva la mano tra le sue. Un contatto gentile ma inaspettato, in risposta al quale Vidya non aveva potuto fare a meno di irrigidirsi, a disagio, non usa a quel tipo di confidenza.

    Aveva titubato, prendendosi qualche momento prima di risponderle. Quello che la donna le aveva chiesto di condividere con Josephine era un onore ma anche una grossa responsabilità, soprattutto in un momento in cui gli equilibri della regione sembravano essere tornati ad essere più fragili che mai.

    Vidya non era una diplomatica, si sentiva molto più a suo agio tra i libri che a trattare con le persone ma, aveva concluso, era l’occasione perfetta per adempiere al volere del fratello ed iniziare a inserirsi nella corte del Lupo, penetrando le maglie di quell’antica diffidenza.


    Aveva accennato un piccolo sorriso, riportando le mani in grembo, stringendole, concentrando in esse ogni traccia di agitazione, mostrandosi molto più calma e sicura di quanto si sentisse, e, ringraziandola per la fiducia accordatale e promettendole il massimo impegno, aveva accettato, lasciando alla Lady il compito di avvertire Roose.

    Il cigolio della porta alle sue spalle interruppe le sue riflessioni, riportandola al presente. Senza voltarsi diede ordine alla servitrice di preparare il bagno e lanciò un’occhiata verso la finestra. L’orizzonte si stava infiammando di sfumature dorate. Era l'alba.


    *




    Seduta al tavolino terminò velocemente di sorseggiare, come ogni mattina, del tè alla melissa. Indossava un abito in velluto porpora - tinta che, aveva deciso, l’avrebbe accompagnata e distinta per tutto il viaggio, a richiamo delle sue origini e della linfa degli Alberi Diga - privo d’ogni inutile orpello. Il rigido e aderente corpino, chiuso castamente fino al collo da una serie di bottoni dello stesso colore, le fasciava il busto, mettendo in risalto la fine figura e conferendole un’aria austera, mentre l’ampia gonna, stretta in vita da una fine cintura in pelle, scivolava morbida fino al terreno, ondeggiando ad ogni suo passo.

    Prese la scarsella e controllò che avesse tutto quanto potesse servirle a portata di mano, accertandosi, in particolar modo, di non aver dimenticato alcuno dei rimedi. Era una fortuna, pensò sollevata, che il Maestro Luwin fosse riuscito a preparare in tempo le medicine mancanti. Il sollievo, però, durò poco. Guardò lo scrigno pieno di sacchetti di erbe e contenitori in vetro e prese una piccola boccetta di vetro brunito, uno dei rimedi per tentare di gestire i violenti attacchi del male e mitigarne il dolore. Il rischio che quel mal di testa la sorprendesse durante il viaggio, ponendo fine al periodo di remissione, era molto alto. Strinse la mascella, preparandosi mentalmente all’evenienza. «Non una parola sulle mie condizioni,» disse, rivolgendosi alla servitrice che, poco distante, stava sistemando le ultime cose in uno dei bauli. «Se dovessi stare male, sai cosa devi fare.» Si voltò verso la donna e aspettò che le confermasse di aver inteso quanto detto. Era disposta a soffrire in silenzio, mordendo del cuoio se necessario, pur di non mostrare il volto della malattia ad altri. Ma, in quei momenti, era difficile mantenere il controllo e avrebbe avuto bisogno di qualcuno che arginasse le sue reazioni.

    Ripose il rimedio nel cofanetto e avvicinò a sé un’altra scatola in legno, poco più grande della precedente, iniziando a rovistare al suo interno.

    La Mallister aveva proposto un pellegrinaggio per la pace. Una sorta di ‘missione umanitaria’ per sanare la crepa prima che potesse diffondersi e frantumare definitivamente il labile equilibrio che teneva assieme la regione. E Vidya era pronta a dare il suo contributo, affiancando alle elemosine e alle parole per lenire le ferite dei fedeli, le sue conoscenze mediche. Nozioni raffinate negli anni di indefesso studio teorico con l'ausilio della sola scarna biblioteca del Forte e, meno lecitamente, tramite la pratica svolta nel profondo delle segrete.

    **18 gennaio, 286 **



    Appena varcata la soglia della bottega, Vidya, venne investita da un insieme di quella che poteva essere definita una cacofonia di profumi, tra i quali riuscì a riconoscere, vagamente, la persistente delicatezza della lavanda e note dell’intenso aroma di timo.

    L’angusto ambiente era composto da un’unica stanza contro le cui pareti si innalzavano alti espositori in legno strabordanti di merce di ogni genere. All’entrata, su un banco pieghevole -che aveva la doppia funzione di sportello per l’ampia finestra che si affacciava sulla strada- erano esposte su larghi piatti in terracotta diverse spezie come la cannella, chiodi di garofano, noce moscata, zenzero e zafferano. Mazzi di erbe curative essiccate e tuberi, dai pallidi fiori giallo-arancio della calendula alla bruna e carnosa radice di rafano, invece, pendevano dal soffitto; mentre gli scaffali erano pieni di vasetti in ceramica, ampolle ed albarelli per i preparati medicinali e contenitori in vetro contenenti olii, creme ed essenze varie.

    In fondo alla camera lo speziale, impegnato nella preparazione di un qualche intruglio, si limitò ad alzare la testa per qualche attimo, prendendo nota del loro ingresso, per poi riportare l’attenzione sul piano di lavoro, riempiendo l’ambiente del ritmico pestare nel mortaio.

    La giovane si fermò davanti ad uno degli espositori, ricolmo di ciotole con polveri colorate - pigmenti per pittori e vasai - e candele profumate, la cui ottima fattura faceva pensare provenissero direttamente dalla Valle. Ne odorò un paio, accogliendo la fresca e fruttata fragranza di rosa, e i suoi occhi scivolarono brevemente su una serie di strani oggetti -dei quali ignorava completamente origine ed utilizzo- per poi incrociare nuovamente gli occhi dell’uomo al banco.

    «Posso esservi utile?» chiese gentilmente, sbuffando una nuvola di fumo profumato dalla lunga pipa, alternando lo sguardo su di lei e la guardia alle sue spalle.

    Anche Maestro Tybald ne possedeva una simile, si ritrovò a pensare malinconica, ed accennò un piccolo, cortese sorriso prima di avvicinarsi al banco. «Avrei bisogno di bende e stecche per il trattamento di ferite e fratture», gli rispose andando dritta al punto, divertita dalla sua reazione. Era palese, dal modo in cui aveva inarcato le sopracciglia sorpreso, si aspettasse da lei l’acquisto di qualche olio o crema profumata o, magari, qualche spezia.

    Ned -così le avevano detto si chiamasse- si riprese immediatamente e, annuendo, con la lunga barba che sfiorava quasi il ripiano davanti a lui, sparì dietro il bancone, riemergendo qualche istante dopo con un paio di scatole in legno. Le posò sul tavolo e tolse il coperchio alla prima, rivelandone il contenuto: rotoli di garza in puro cotone. Quindi aprì la seconda contenente le stecche.

    «Nient’altro m’lady?»

    Comprare i rimedi già pronti le avrebbe fatto risparmiare tempo ma il rischio che durante il viaggio andassero a male era alto. Vidya scosse la testa, avrebbe preso il resto ai Mercati Generali.

    Non le ci volle molto per individuare e raggiungere il banco con le erbe che le occorrevano. Estrasse dalla borsa il pezzo di pergamena su cui, con la sua affilata calligrafia, aveva annotato la lunga lista di ingredienti per i preparati e li elencò uno alla volta al venditore:
    Malva, camomilla, tiglio, melissa, timo, echinacea, anice, eucalipto, zolfo.

    Erbe per preparare rimedi per le affezioni più comuni e che potevano tornarle utili.


    *




    Aveva lasciato alla servitrice l’incombenza di allogare i bagagli e di occuparsi di Jiàn e si era diretta verso il Parco degli Dei.

    Nonostante il sole si fosse affacciato oltre le colline e le mura del Castello, i suoi raggi non avevano ancora raggiunto il sottobosco, congelato in un’ombra crepuscolare. La rugiada bianca che ricopriva il terreno e gli arbusti, le crepitava sotto gli stivali, punteggiando ogni passo, facendoli echeggiare contro le volte arboree di quel tempio naturale.

    Raggiunto l’Albero del Cuore, sostenne il severo sguardo del volto su di esso intagliato da ancestrali mani, che tanto l’aveva messa in soggezione la prima volta in cui aveva messo piede nel Parco. Fissò le sue lacrime purpuree, rese quasi nere dall’assenza di luce, che colavano lungo la corteccia e si chiese cosa vedessero quegli occhi lignei quando si posavano su di lei. Percepivano i dubbi che non riusciva a tacitare e il risentimento, per il loro silenzio nei momenti di bisogno, che non riusciva a placare?

    Ma un quesito, su tutti, l’assillava fin da quando aveva accettato di partecipare a quel pellegrinaggio: Era davvero degna di rappresentare gli Antichi?

    Lei che, più volte, durante le lunghe notte di tormento, con labbra bagnate da amare lacrime, aveva inveito contro di loro.

    Lei che sentiva l’ombra che le si agitava dentro - quella cupa energia nera fatta di dubbi, rabbia e risentimento- nutrirsi e crescere ad ogni preghiera inascoltata.

    Lei che era ferma ad un bivio tra l’accettare la loro crudeltà e rifiutarne l’esistenza, trattenuta in egual misura dal desiderio di credere a qualcosa di più e la paura di scoprire che, nell’Oltre, a governare su ogni cosa, fosse un sempiterno vuoto.

    Poteva davvero essere loro portavoce? Poteva avvicinarsi ad un Albero del Cuore, guardare il suo volto e comunicare agli altri fermezza nella Fede e fiducia nella loro giustezza?

    Chinò la testa e chiuse gli occhi, cercando la risposta, lì, dove la Vecchia Nan le aveva detto fosse custodita in attesa di essere ascoltata: dentro di sé.

    In piedi, immota e remota, la pelle candida come l’alburno dell’albero dinanzi a lei, i lembi del mantello che si gonfiavano ad ogni nuova folata rivelando l’intenso porpora dell’abito al di sotto, sembrava quasi essere parte del bosco stesso.

    Allungò la mano per tentare di stabilire un contatto, posandola sul tronco. Dopo qualche istante di silenzio e buio, li riaprì. Come sempre non aveva udito e percepito nulla, se non il tepore che il legno emanava a dispetto di quella mattina algente.

    Sconsolata fece un passo indietro e alzò il volto verso le fiammanti fronde, anch’esse d’improvviso immobili e mute alle sue orecchie.

    Silenzio.

    Nient’altro che silenzio.

    Rilasciò un sospiro tremulo, gli occhi ancora rivolti verso l’Albero-Diga. Una foglia attaccata ad uno dei rami più bassi era in procinto di cadere. La vide resistere, folata dopo folata, agli assalti del vento. Se questo avesse vinto sarebbe finita nel piccolo laghetto nero ai suoi piedi - come le altre che già punteggiavano di rosso quelle acque cieche- galleggiando, pigra, fino a marcire. La foglia resistette all’ennesima folata ma il contatto con il ramo era ormai minimo, non avrebbe retto ad un altro colpo di vento. Quando la vide cedere, istintivamente, Vidya, stese il braccio, e la prese prima che potesse toccare terra.

    La osservò, tenendola sul palmo aperto. Seguì con l’indice il margine delle cinque punte in cui era divisa - come una mano umana - e sentì sotto il polpastrello le nervature che ne venavano la superficie, notando il tono leggermente più intenso della pagina superiore, lì, dove catturava i raggi del sole, e si ritrovò a pensare che sarebbe stata un’ottima aggiunta per il suo erbario. Passò dunque il dito lungo il picciolo, ancora intatto, e si fermò.

    Lei, si disse, era come quella foglia. Attaccata alle proprie radici e ai propri Dei. Un legame che non si poteva recidere. Anche se fosse caduta sarebbe sempre stata parte di quell’albero.

    Quella subitanea realizzazione le schiarì momentaneamente l’animo. Credeva in ciò che quegli alberi rappresentavano e, nonostante tutto, era a loro che istintivamente volgeva la mente. La sua non era una fede fatta di cieca accettazione ma una spiritualità che consisteva in un percorso di conoscenza, che non rifuggiva dal desiderio di comprendere e il dubbio che ne deriva.

    Con quella consapevolezza risvegliata in lei iniziò, lentamente, a percorrere a ritroso il tragitto appena fatto, lasciando scorrere le sue chiare iridi sui luoghi che avevano cominciato ad esserle familiari e su quelli che non aveva avuto tempo di esplorare.

    *



    Si lasciò alle spalle il ponte che collegava l’armeria alla Grande Fortezza ed attraversò il cortile con portamento fiero e passo leggero, come fluitante sul terriccio del piazzale.

    Nessuna tra le persone stanti in attesa presso il Cancello Sud di Grande Inverno avrebbe avuto dubbi sul fatto che la giovane Bolton provenisse dal Parco degli Dei. Lì, al cospetto degli Antichi, aveva scelto di trascorrere gli ultimi istanti prima del viaggio. Una sorta di proclama del proprio ruolo e compito.

    L’algido volto d’alabastro non faceva trasparire alcuna emozione. Non vi era traccia dei timori e dei dubbi che la tormentavano intimamente, solo una facciata di calmo e solenne distacco. Le pallide iridi spaziarono sulla scena davanti a lei, indugiando qualche secondo in più sull’uomo che stringeva la Stella a Sette Punte -la sua controparte- e quindi sui vessilli, simbolica rappresentazione del loro messaggio di pace e unione, che garrivano al vento gelido.

    «Lady Josephine,» salutò con un cenno del capo, una volta raggiunta la carrozza, unendosi al gruppo in attesa della partenza.



    Parole: 3209


    __________________

    Acquisto #1:
    __________________

    STECCHE: 8 cervi
    BENDE: 4 cervi

    Totale = 12 cervi
    Pago con 2 Lune d'argento
    __________________

    Acquisto #2:
    __________________

    Tisana Antidiarroica : 42 penny ➝ 21 grossi

    11 malva = 1 penny ➝ 11 penny
    11 camomilla = 1 penny ➝ 11 penny
    5 tiglio = 2 penny ➝ 10 penny
    2 melissa = 5 penny ➝ 10 penny

    Unguento per la Scabbia (x2): 8 stelle
    4 zolfo = 2 stelle ➝ 8 stelle


    Infuso per la Bronchite (x2): 8 stelle e 16 grossi ➝ 12 stelle
    2 cipolla = 2 stelle ➝ 4 stelle
    4 timo = 3 grossi ➝ 12 grossi
    4 echinacea = 1 grossi ➝ 4 grossi
    4 anice = 1 stelle ➝ 4 stelle

    Olio di Eucalipto:
    7 eucalipto = 5 grossi ➝ 35 grossi


    Totale = 20 stelle + 56 grossi ( ➝14 stelle) = 34 stelle
    Pago con 5 cervi d’argento



    [ Edit: segnalo - qui - libera d'acquisto per l'evento di San Valentino, ambientata subito dopo gli acquisti fatti nel flashback e prima della partenza. ]


    Edited by »S« - 23/2/2023, 01:30
     
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    La prima tappa del viaggio, dopo solo una giornata, sarebbe stata Castello Cerwyn, dimora dell'omonima casata del Nord.
    Il viaggio sarebbe stato estremamente lungo, quindi non c'era motivo di renderlo più arduo del necessario non sostando ove possibile.

    Le due lady sarebbero state accolte dalla moglie di Lord Cerwyn, il quale si trovava ancora nei regni a sud, lontano da casa. Sarebbe stato immediatamente offerto loro pane e sale, come i rituali del Nord prevedevano, dopodiché Lady Cerwyn si sarebbe rivolta a ciascuna delle due, chiedendo loro il motivo della visita, che avrebbe intuito essere una sorta di spedizione.
    Difficile biasimare la sua curiosità, visto il duo alquanto singolare....

    E ditemi, Lady Josephine, come vi state trovando in queste terre? Avrebbe domandato. Sapete... Come voi, io stessa non sono nata nel Nord. Sono nata da casa Algood, delle terre dell'ovest, quindi... - e qui avrebbe abbozzato un sorriso complice - posso comprendere le difficoltà che dovete aver vissuto.
    La Lady aveva sposato Lord Reymund Cerwyn, un guerriero noto per la sua furia sul campo di battaglia, tanto che si vociferava che avesse contribuito all'addestramento dello stesso Lord Stark! Qual era l'origine di un matrimonio tra persone tanto diverse?

    La Lady si sarebbe poi rivolta a Vidya.
    Ho saputo della taglia posta sulla testa di Lady Shaelyn, ma non ho mai saputo i dettagli della storia, Lady Bolton... Sareste tanto gentile da mettermene a parte?


    (S, fai pure riferimento ai riassunti nel caso ti manchi qualche informazione su Shaelyn, lì dovrebbe esserci tutto)


    Edited by Robb_Stark - 26/2/2023, 09:54
     
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    Assumeremo che Vidya abbia anche il pugnale acquistato in role
     
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    Josephine Mallister Nord 18 Gennaio 286


    ∼ 18 Gennaio 286 • Notte fonda - Sereno •
    Grande Inverno - Alloggi di Lady Josephine ∼


    N
    é le preghiere e né le parole del confessore riuscirono a sanare l’inquietudine che provava. Le ancelle avevano predisposto, come di consueto, i mattoni riscaldati dalle braci e le pesanti pellicce intorno al giaciglio notturno per rendere la notte quanto più confortevole possibile. Ogni nobildonna al servizio della Mallister era a conoscenza della sua cagionevole salute e di come Maestro Edmund, seppur a distanza, cercasse di inviarle quanti più infusi ed intrugli ricostituenti per sostenerla e proteggerla dalle intemperie del Nord. La notte, già di per sé, era uno dei momenti peggiori della giornata. Restava da sola, quando non gradiva la compagnia delle ancelle, a fissare il soffitto in pietra e le braci nel camino spegnersi lentamente. Rimaneva immobile, sguardo fisso nel vuoto e con le braccia conserte davanti al grembo chiedendosi come avesse offeso gli Dei per essere stata condannata ad una simile prigionia. L’Aquila non era più libera di volare alta nel cielo, ma legata a creature terrene come i Lupi, gli Orsi o le fiere della foresta. Un territorio non congeniale, un profumo di libertà andato via via dimenticato. Ripensava alla giornata appena conclusa ed a ciò che l’avrebbe aspettata con il sorgere della nuova alba. Non c’era molto da fare a Grande Inverno, a parte qualche tediosa battuta di caccia o cortesi inviti alla tavola di Lady Stark. Ma quella notte una preoccupazione in più le impediva di chiudere occhio.

    Si trattava della spedizione da lei stessa organizzata nei confini del regno del Lupo. I disordini religiosi si erano diffusi a macchia d’olio anche oltre l’Incollatura, creando un bel po' di problemi a chi sopravviveva nei confini del regno. Una tragedia preannunciata, in realtà. La voce di Lady Josephine non era mai stata ascoltata, né dal padre e né dal fratello. L’alleanza con gli Stark sembrava la miglior opportunità capitata dall’inizio della rivolta del Leone. Nessuno però aveva preso in considerazione la profonde differenze culturali di chi abitava sotto l’Incollatura e chi era fedele da secoli alla famiglia Stark. All’inizio temeva che il Lupo l’avrebbe privata del proprio libello di preghiere e costretta a consegnare la Stella a Sette Punte. Il Nord era un territorio tollerante, almeno fino a quando la convivenza tra Antichi e Nuovi Dei non era diventata insostenibile. Investita di una somma responsabilità, più di quanto avesse mai sperato in vita sua, ne era terrorizzata. Ne sarebbe stata all’altezza?

    Si rigirò più e più volte tra le calde pellicce di orso. Poi decise di sollevarsi per raggiungere lo scrittoio in un angolo della stanza. Rabbrividì al gelido contatto dei pallidi piedi con il pavimento. La chioma ramata cadeva morbidamente, raccolta in una treccia con un nastro dorato, sulla vestaglia bianca. I Veli in trasparenza lasciavano intravedere parte delle sue linee, gettando una mantellina di lana sulle spalle prima di accomodarsi allo scrittoio. Aveva lasciato lì una raccolta di ballate e leggende del Nord. Un dono sopraggiunto durante i preparativi della partenza, quando gli alloggi di Lady Josephine erano frequentati da garzoni, ancelle e soldati. Non c’era mai stata così tanta confusione nell’ala del castello dedicata alla Mallister fin dal suo arrivo. I giovani uomini caricavano le valigie, le ancelle tessevano vessilli intonando canti e le milizie discutevano sugli schemi di marcia. Aveva vietato l’uso delle armi e cancellato ogni vessillo appartenente alle casate del Nord o del Sud. Era una marcia senza vessilli, una muta dimostrazione che la convivenza poteva esistere anche senza contrasti. Sebbene fosse di diverso avviso, ne dipendeva la sopravvivenza della sua stessa famiglia. Riaprì il tomo accarezzandone la consunta pergamena. Qualcuno prima di lei ne aveva letto il contenuto, lasciando qualche piega sulla pergamena e vivendo a pieno la lettura. Era ciò che aveva notato fin dall’inizio. A volte i tomi freschi di ricopiatura erano tanto asettici ed impersonali. Quel tomo raccontava qualcosa di sé, anche senza leggerlo. La sbavatura presente sulla copertina, le pieghe che si erano formate agli angoli e la presenza di un nastro consunto utile per tenere il segno della lettura. Ne percepì il profumo, cacciando fuori l’aria che aveva trattenuto fino a quel momento. Il dito percorreva il rigo che aveva lasciato in sospeso quel pomeriggio.

    Colei che le aveva donato il tomo le aveva sottolineato con un carboncino una ballata. Si trattava di “Black Pines”, le eroiche gesta di un monopolio di uomini di Grande Inverno disposto a varcare i confini del popolo delle Montagne in cerca di un accordo. Un esempio di coraggio e scaltrezza insito negli animi più nobili e capaci, tipico di un diplomatico. Bisognava essere prudenti quando le circostanze lo richiedevano per non creare un incidente diplomatico. Si suggeriva l’audacia non appena compresa la chiave di lettura della controparte ed i comuni bisogni. Ed era raccomandata la pazienza nella ricerca di un accordo capace di soddisfare entrambe le parti. Cedere non significava uscirne sconfitti, a patto che anche gli altri erano disposti a cedere su altri fronti per il comune bene. I conflitti erano uno sperperio di energie, risorse e vite umane. La guerra doveva essere sempre l’ultima scelta. Nelle righe che descrivevano l’incontro tra gli Ambasciatori Stark ed i Capi-Clan delle Montagne rimase affascinata nel modo con cui la ricerca della parola rispetta ad un’altra era stata ben calcolata, quasi dosata. All’ombra di un nero pino, il più grande e maestoso delle terre di confine, gli uomini si erano incontrati per discutere. Del resto il nome della ballata prendeva origine dal maestoso albero sotto cui era avvenuto l’incontro. Gli Stark avevano accolto le lamentele del Clan della Montagna, a volte subito anche l’indole fiera e selvaggia di uomini e donne abituati a vivere fuori dalla legge del Re. Ma erano anche stati capaci d’imporre la propria volontà, offrendo alternative e modi per promuovere una pacifica convivenza. Coraggio, prudenza e pazienza. Gli insegnamenti che la Bolton desiderava trasferirle con tale lettura. Eppure tra le pieghe della pergamena riuscì a scorgere anche altre ballate, che trattavano dello stesso argomento. “Wolves in the Hills” narrava dell’arrivo della milizia Stark nelle valli del Clan. Un sonetto dai toni meno distesi e più minacciosi. Rime incatenate e ritmo incalzante, molto simile ad un richiamo di guerra. L’arrivo degli Stark sul fronte aveva intimidito il popolo delle montagne, tanto da costringere la ritirata e la fuga verso il sud. Un diplomatico doveva essere prudente ed attento ma mai debole. Anche perché venir meno alla parola data era come mostrar debolezza del Re o del popolo che si rappresentava.

    Passò l’intera notte a leggere di ballata e ad interessarsi di leggende tanto care alle inospitali e fredde terre del Nord. La conoscenza era la sola arma che possedeva, oltre all’incrollabile Fede. C’erano però alcune cose che la Fede non sapeva spiegare, rifugiandosi nei misteri gloriosi del Padre e della Madre. Non poteva parlare di fede ad un popolo che non credeva nei suoi stessi Dei. Conoscere il pantheon degli Antichi e le leggende che circolavano intorno agli Alberi-Diga le avrebbe spalancato porte che aveva timore d’aprire. Il sapere non era un frutto proibito come le Septe le avevano sempre sussurrato all’orecchio. Una donna poteva sapere, conoscere ed apprendere. Vivere un’esistenza alienata dal mondo che la circondava era di quanto più sbagliato poteva augurare per se stessa. Anche perché lei stessa faceva parte di quel mondo, della realtà con cui si confrontava ogni giorno. Avrebbe tenuto per sé le letture del tomo, per evitare lo sconcerto ed il biasimo di chi la serviva ogni giorno. Ci si aspettava un certo atteggiamento da lei, non di certo la lettura di tomi o la comprensione della realtà. Una mente tanto imperfetta non poteva comprendere, dicevano. Eppure con grande sorpresa, nonostante tutto lei comprendeva fino a quando non fu la stanchezza a farne preda.

    [ … ]



    ∼ 19 Gennaio 286 • Mattino - Sereno •
    Grande Inverno - Cancello principale ∼


    L’indomani aveva già scatenato l’indignazione delle ancelle e il malcontento del confessore. Le donne al seguito avevano fatto di tutto pur di nascondere le pericolose occhiaie sotto gli occhi della Mallister e cancellare ogni segno di stanchezza sul viso. Doveva apparire forte, algida e ferma sui suoi passi. Quando le dame di compagnia avevano irrotto nelle sue stanze l’avevano trovata pallida come uno spettro ed esausta per il poco sonno che si era concesso. Qualcuno aveva allertato i migliori cuochi del castello per interrompere il digiuno della Mallister ancor prima delle preghiere del mattino, chiedendo le migliori pietanze come tortini ripieni di carne di cervo o crespelle alla melassa. Nonostante i tentativi la Figlia di Lord Jason Mallister non aveva nessuna intenzione di rompere il digiuno prima della partenza. Un buon augurio per il viaggio, un modo per purificarsi e mostrarsi alle popolazioni di confine immacolata come la Fanciulla. Una delle ancelle le aveva cosparso il viso con sali minerali per nascondere le occhiaie e qualcuno le aveva punto le labbra con uno spillo in modo da intensificare il rossore delle labbra. Doveva apparire in perfetta salute, non solo fisica. Per questo il confessore la costrinse a chiedere penitenza per i suoi peccati fino a rimproverarla per non aver avuto cura di se stessa nella notte appena passata. Doveva affidarsi ciecamente nelle mani degli Dei. La fanciulla più pia e devota della Terra dei Fiumi non doveva temere, anche perché la Vecchia avrebbe guidato le sue parole e consegnato la luce della saggezza in chi l’ascoltava. Lady Josephine non mise in dubbio le parole del Septon, anche perché non voleva incorrere in ulteriori penitenze che avrebbero fatto tardare la partenza del corteo. Tergiversare, o rimandare ulteriormente la partenza avrebbe diffuso non solo malcontento ma anche dubbi nella corte del Lupo sulla sua adeguatezza all’incarico che Lady Stark-Flint le aveva affidato. Immaginava già il malcontento dei cortigiani o dei diplomatici del Lupo che si vedevano scavalcati dall’autorità della loro signora e privati dell’onore di sedare una rivolta sui confini. Apprezzava l’apprensione delle dame di compagnia e comprendeva la necessità di curare il corpo quanto l’anima suggerita dal Septon, ma si sentiva quasi soffocare.

    Riuscì a tirare lunghi sospiri di sollievo, nonostante la pungente aria del mattino, quando fu di fronte alla carrozza e ad uno ad uno gli ospiti salivano in essa. Incrociò lo sguardo austero del confessore, che armato del libello di preghiere era già pronto a tener compagnia per l’intero viaggio rimembrando ai presenti le glorie ed i misteri dei Sette Volti di Divino. Un’ancella aveva l’onore di viaggiare insieme a lei, mentre le altre erano costrette a procedere con le proprie gambe o con l’aiuto di una carovana che trasportava vettovaglie della milizia ed i bagagli delle nobildonne. Sorrise debolmente, infrangendo l’algida freddezza che ostentava fin dal suo arrivo al cortile, a Lady Vidya Bolton. Era stata lei a donarle “Raccolta Ballate e Leggende del Nord”, una piacevole lettura che l’avrebbe tenuta compagnia dopo le preghiere del vespro. Avrebbe tanto voluta ringraziarla a dovere per quel gesto, prenderle le mani e stringerla con sentita partecipazione. Non lo fece. Prigioniera degli altrui sguardi e di una ferrea etichetta non poteva di certo comportarsi come una volgare contadina, soprattutto dopo aver dato così tanto da mormorare sia alle ancelle che al Septon. Conservava gelosamente il passo dedicato alla Vecchia, scritto di pugno dalla Bolton, augurandosi di poter ricevere la luce della Saggezza al momento opportuno.

    Ricevuto il benestare di Lady Stark, si unì agli altri in carrozza ed ordinò la partenza.

    [ … ]



    ∼ 19 Gennaio 286 • Sera - Sereno •
    Castello Cerwyn - Gran Magione ∼


    A sola una giornata di viaggio da Grande Inverno la foresta del Lupo si apriva in brulli e sconfinati campi. Caparbi e capaci contadini costringevano i buoi a spingere l’aratro e muovevano la terra con i loro attrezzi per poter rimuovere il ghiaccio e seminare. Era incredibile come dal nulla il popolo del Nord era capace di creare la vita. Castello Cerwyn si trovava nel bel mezzo di una valle, ricolma di campi arati e bestiame rintanato nelle stalle. Su una motta si ergeva la Torre dei Cerwyn, lì dove la famiglia più fedele agli Stark si barricava negli inverni più rigidi o nei momenti di pericolo. Il castello non aveva nulla di maestoso rispetto a Grande Inverno o Dito della Silice. Mura in legno, alte torri di guardia ed abitazioni coperte da pagliericcio. Sebbene i Cerwyn fossero una delle Casate più vicine agli Stark di Grande Inverno non ostentavano ricchezze, ma vivevano una vita fatta di sacrifici e riserbo. All’arrivo alle palizzate a difesa del castello la Mallister ne rimase quasi delusa. Riconobbe lo stendardo della famiglia, che si ergeva sulle picche dei soldati e sulle vette più alte delle vedette. Non proferì parola, ma con un cenno del capo invitò i soldati della guardia a proseguire fino a raggiungere il cuore del fortino. Percorsero una stradina impervia, arroccata intorno alla collina di erba e terra su cui poggiava la torre principale. Si fermarono poco prima di essa, circondata da una solida palizzata e da un pontile in legno. Svoltarono poco più avanti, tra la curiosità e lo sbigottimento dei presenti, per raggiungere la Gran Magione. Lì ad attenderla c’era Anne Algood, Lady Cerwyn in persona.

    In assenza degli uomini, erano le donne a ricoprire una posizione di potere. Lord Cerwyn aveva lasciato il castello nelle mani della moglie, in quanto la sua presenza era ancora richiesta ad Approdo del Re. Furono accolte con somma cortesia, la tipica accoglienza del Nord. Lo stesso calore e la stessa deferenza con cui Lady Stark-Flint l’aveva accolta a Grande Inverno. Eppure Lady Anne Cerwyn non possedeva lo stesso carisma della signora di Grande Inverno. Viso austero, abiti fin troppo semplici ed una retina che le raccoglieva i capelli. Spezzarono insieme il pane e le fu offerto il sale in segno di ospitalità. Una pratica che ormai aveva appreso dopo essere stata ospite in più corti del Nord. La sala era piccola, accogliente ed ancora più spartana di quella di Grande Inverno. Aveva quasi la sensazione di sentirsi in trappola. Attribuì quel mancamento alla stanchezza del viaggio e non aver interrotto ancora il digiuno per l’intera giornata. - Lady Cerwyn, la ringrazio per i doni della sua ospitalità. - Introdusse un boccone di pane tra le labbra, dopo averlo intriso nel sale. Un sapore che faticava ancora ad accettare, o almeno il palato era capace di rigettarlo dopo così tante ore di digiuno. Eppure trovò sollievo. - I Confini del regno del Lupo sono minacciati da disordini. I venti di guerra non si sono ancora placati e la paura dell’eresia di Illyria Targaryen è ancora impressa nei ricordi di molti. Ecco perché l’alleato viene spesso confuso con il nemico e la tolleranza per il prossimo dimenticata. - Portava terribili notizie dal fronte, ne era consapevole. Eppure la marcia che stava organizzando doveva portare venti di speranza e placare le sommosse. - Viviamo in un’Era in cui Antichi e Nuovi Dei possono coesistere. È l’editto reale a rammentarcelo, e la libertà di culto è garantita dai tempi di Aegon il Conquistatore. - Chiarì fin da subito il motivo della marcia verso il Sud. - Un pacifico pellegrinaggio verso i luoghi colpiti dalle sommosse. Uomini e donne di diversa cultura e credo religioso che marciano sotto lo stesso vessillo. Anzi chiunque desideri unirsi a noi è libero di farlo! - Una spedizione umanitaria e non una marcia punitiva verso chi infrangeva la legge reale.

    Anche Lady Anne Algood mostrò interesse per il difficile soggiorno della Mallister nei territori del Lupo. Le rigide temperature, la terra povera ed inospitale, oltre ai modi a volte burberi ed asciutti erano difficoltà risapute per chi proveniva dal Sud. Trovò comprensione nel viso accigliato e serio della nobildonna. Una comprensione che sembrava più una fredda costatazione, senza una vera partecipazione emotiva per la misera condizione della Mallister. Come di consueto, la Figlia di Lord Jason Mallister e Lady Joanna Banefort non aveva nulla da invidiare per carattere e temperamento a qualsiasi altra Lady. Mani conserte davanti al grembo, schiena dritta e sorriso appena accennato sull’incarnato d’alabastro. - Immagino di non dovervi rammentare delle difficoltà che voi stessa avete vissuto una volta giunta al Nord. Ho però trovato validi alleati e buoni confidenti che leniscono la nostalgia di casa. - Fredda cortesia. Non aveva trovato alcun buon confidente al Nord e non aveva nessuna intenzione di adattarsi alle consuetudini di Grande Inverno. Aveva fatto di tutto pur di resistervi e mai piegarsi alla vita del castello. Manteneva le proprie usanze, non indossava indumenti di fattura Nord e ostentava l’accento del Sud. - Forse un giorno mi sentirò davvero a casa, anche lontana da Seagard. Ma non è questo il giorno o il momento… anche perché ci sono questioni molto più impellenti che richiedono la mia attenzione prima di poter anche solo pensare di mettere radici, o chi per me decida le mie sorti in tale terra. - Breve pausa. - Sia fatta la volontà degli Dei! - Vecchi e nuovi che importava? Era chiaro a quale pantheon la fanciulla dei Fiumi si riferisse, ma in tempi così difficili non si era mai troppo prudenti. Lasciò libera interpretazione.

    Lady Cerwyn sembrava tanto incline al pettegolezzo. Dopo essersi interessata al soggiorno della Mallister, non si risparmiò di chiedere indiscrezioni su Lady Shaelyn Bolton. Una domanda così diretta, che a stento rispettava la buona etichetta e le regole di lieta conversazione. Forse la vita al Castello Cerwyn doveva essere così noiosa e monotona da trovare nelle due straniere una perfetta distrazione.

    Untitled






    Parole: 2928

    Leggo: “Raccolta Ballate e Leggende del Nord” [Affinità Stark+10], Tomo che mi è stato donato qui!
     
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      Grande Inverno → Castello Cerwyn · 19 gennaio 286AA
    Lasciatisi Grande Inverno alle spalle, scesero, adagio, lungo il lieve pendio fino a giungere nel punto in cui la pista incrociava la Strada del Re, e proseguirono verso Sud. L'antica via si estendeva per miglia e miglia davanti a loro e, come un fiume inciso nella terra, li guidava attraverso il rigido paesaggio, tagliando gli avvallamenti e seguendo l'ondulato saliscendi del territorio.

    La carrozza scelta per il viaggio era diversa da quella che l’aveva condotta dagli Stark. La capiente cabina dalla forma allungata, massiccia e rinforzata da cinture e bulloni lungo la struttura che, insieme allo spessore del legno, garantivano la sicurezza di chi si trovava a bordo, era sostenuta da grosse e robuste ruote posteriori, adatte ai lunghi viaggi su strade accidentate e che impedivano di rimanere impantanati. L'interno era stato sobriamente rivestito con imbottiture per rendere più confortevoli le sedute, mentre all'esterno, lungo i fianchi, erano stati aggiunti pannelli colorati, richiamanti le tinte degli stendardi che frattanto si agitavano al vento.

    Vento che, notò, osservando attraverso uno dei finestrini l'erba e gli arbusti costeggianti la strada piegarsi violentemente alla sua forza, sembrava aver deciso di unirsi al pellegrinaggio, sferzando con le sue gelide folate i lividi fianchi delle brulle colline, dove lo spento smeraldo della vegetazione era punteggiato da rocce, massi e solitari alberi.

    Non invidiava chi, dietro di loro, stava affrontando il viaggio a piedi, o a malapena riparato nel carro coperto su cui erano stati caricati bagagli e provviste varie. In uno di quei bauli, ben nascosto tra i suoi abiti, aveva riposto il pugnale che aveva comprato il giorno prima al mercato. Si fidava degli uomini della scorta ma, nell’evenienza di ritrovarsi sola in una condizione di pericolo, avere qualcosa che potesse darle una possibilità di sopravvivenza in più, la faceva sentire tranquilla. Era stata tentata di portarlo subito con sé, nascondendolo nella tasca della gonna, ma, alla fine, aveva deciso di evitare, vista la brevità e non perigliosità della prima tappa del viaggio.

    Rivolse lo sguardo verso la cameriera seduta accanto a lei e, quindi, sulla gabbietta di Jiàn che questa teneva in grembo. Prudentemente, era stata coperta da un pesante drappo rosso, atto ad isolare la piccola creatura dal freddo ed evitare che si agitasse alla presenza di tanti sconosciuti. La giovane Bolton si sporse, scostando leggermente il tessuto per sbirciare al suo interno e vide il piccolo batuffolo di piume rosse appollaiato su uno dei rametti, sonnecchiante. Lasciò ricadere il lembo di stoffa e riportò la sua attenzione sulla monocorde voce del Septon, intento a recitare passaggi dalla Stella a Sette Punte.

    Dovette mordersi più volte la lingua, imbrigliando i suoi pensieri e tutti i commenti e gli appunti che avrebbe voluto fare, vietando loro di lasciare i confini della sua mente. Era lì, ricordò più volte a sé stessa, per promuovere la tolleranza religiosa, non per dare vita ad un dibattito teologico. Sogguardò la Mallister, per cercare di capire come stesse recependo quelle parole. Non aveva alcun dubbio che Josephine fosse diversa dai fanatici di Illyria. L'indignazione durante il tè con Lady Stark, quando si era affrontato il tema dell'eresia, le era sembrata genuina. Ma era chiaro che prendesse e vivesse la religione con un trasporto e una passione degna della più fervente delle Septe. Sarebbe stata in grado di aprirsi agli Antichi? Cogliere l'occasione per comprendere, per davvero, un aspetto tanto importante di una cultura a lei ancora aliena? O si sarebbe limitata al tipo di tolleranza - mera sopportazione - che stava riservando ad ogni altro aspetto del Nord?

    Era da ingenui, rifletté, pensare che sarebbe bastato esibirsi in quella sorta di recita dell’unione, riempiendosi la bocca di parole come ‘amore’ e ‘pace’, per risolvere le controversie che stavano affliggendo i territori al confine. L'intricato insieme di fattori che avevano generato il nodo, erano come fibre di una stessa corda. A loro, due semplici e - a conti fatti - inesperte giovani Lady, spettava l’arduo compito di capire da quale parte allentare l’intreccio, e quale capo tirare per scioglierlo definitivamente. Una soluzione sarebbe stata quella di recidere di netto il nodo - punire senza appello chi si era macchiato di tali crimini, imponendo la tolleranza verso l’altro culto - ma, a spezzarsi in quel caso, non sarebbe stata solo quell’astratta corda, ma anche il labile equilibrio che teneva assieme la regione dopo anni tanto turbolenti.

    Trasse un profondo sospiro e prese i rametti e giunchi di salice, che uno degli uomini, su suo ordine, aveva raccolto lungo la strada ed iniziò ad intrecciarli pazientemente, creando la base circolare per una ghirlanda votiva.

    Quando rialzò lo sguardo, il paesaggio all’esterno era cambiato. Ad Ovest la Foresta del Lupo, incendiata dalla luce del vespro, sembrava quasi andare avanti all’infinito, fondendosi con l’orizzonte; mentre, ad est, il territorio arido e selvaggio stava lasciando spazio alle prime tracce della presenza umana, con i sonnolenti campi che si estendevano a perdita d’occhio, interrotti qui e là da piccoli villaggi. A sud, in lontananza, davanti a loro, l’indefinito nastro dell’affluente del Coltello Bianco scorreva pigro, segnalando l’avvicinarsi della fine di quel primo giorno di viaggio. Il convoglio, in un gran scricchiolare e cigolare di legno e rivetti, lasciò nuovamente la Strada del Re e si addentrò in una strada in terra battuta attraverso le coltivazioni.

    Ben presto, al di là degli stretti finestrini della carrozza, non vi fu altro che la luce morente di quel giorno.

    *



    Era ormai sera inoltrata quando il profilo del Castello dei Cerwyn comparve alla vista, con le sue alte palizzate in legno e la torre che, muta sentinella, vigilava sulla valle sottostante. I fuochi delle fiaccole e dei bracieri, lungo le torrette e i posti di guardia, sembravano quasi galleggiare, sospesi, come fiammanti stelle rosse contro il cielo nero.

    Se, guardando le mura di Grande Inverno per la prima volta, Vidya aveva percepito l’imponenza e l’ancestrale solennità della costruzione, che sembrava davvero essere stata eretta dai giganti, diversa fu la sensazione generata posando gli occhi su quelle cinte in legno. Per lei, cresciuta tra le massicce mura in pietra del Forte, in grado di reggere anni di assedio, era impensabile concepire di sentirsi al sicuro in un castello siffatto.

    Su muto ordine di Josephine, superato il portone principale, proseguirono fino a raggiungere lo spiazzo ai piedi della motta. Secondo le leggende il terrapieno celava al suo interno tesori di ogni genere, accumulati nei secoli dalla famiglia grazie alla loro vicinanza agli Stark. E, se era facile non prendere sul serio le storie sulle ricchezze ivi sepolte, difficile era invece negare la realtà del longevo rapporto di fedeltà e fiducia che univa le due casate.

    "Pronti ed affilati!" era il loro motto. L'Ascia Nera dei Cerwyn era sempre stata al servizio del Metalupo, e le ultime guerre non avevano fatto eccezione.

    Era per questo che, ad attenderle per fare gli onori di casa, avvolta in un pesante mantello di pelliccia, trovarono solo Lady Cerwyn. Il Lord suo marito, tra i più fidati uomini di Lord Stark, era tra i vassalli che avevano seguito al Sud il giovane Lupo. Un rapporto, il loro, molto più stretto di quello che solitamente intercorreva tra signore e vassallo. I due, si mormorava, erano maestro ed allievo. Lord Reymund, noto per la sua possanza e forza bruta in battaglia, era, secondo molti, dietro alla eccellente preparazione di Lord Caleb Stark.

    Vidya scese la scaletta posta davanti alla carrozza, aiutata da uno degli uomini della scorta. Un Bolton. Riconoscibile, nonostante come richiesto non avesse alcuna insegna, dal distintivo elmetto ogivale. Gli unici vessilli presenti, difatti, erano quelli cuciti di propria mano dalla Mallister e le sue ancelle che, ora, insieme ad alcuni di quelli che erano stati inviati nelle sue stanze la sera prima della partenza, sventolavano pigri issati sulle picche della guardia. Li guardò brevemente. Il porpora dello sfondo sembrava quasi nero alla flebile luce dei bracieri, mettendo ancora più in risalto le due figure principali e, il leggero ondeggiare della stoffa, dava l'impressione di movimento alla scena raffigurata, come se l’aquila stesse davvero fendendo l’aria in procinto di posarsi sulla mano di pietra.

    La donna le accolse con il calore e l'entusiasmo tipico di chi vedeva nutrito il proprio spirito conviviale; alternando, curiosa, lo sguardo dall'una all'altra giovane nobildonna. Al suo fianco, una silenziosa servitrice, come da tradizione, era pronta a porgere il vassoio con il pane ed il sale.

    Neanche due settimane prima aveva effettuato il medesimo rito a Grande Inverno ed, in quel momento, come allora, né percepì tutta la sacralità e peso. «Vi ringrazio, Lady Cerwyn, per questo pane e questo sale» disse, spezzando il pane e intingendolo nel sale, «che gli Dei, Antichi e Nuovi, possano ricompensare la vostra generosità.» Si portò il piccolo boccone alle labbra, suggellando così, con il suo il sapido sapore, quell’ancestrale patto.

    Condotte all'interno della magione, Vidya, ne accolse con piacere il tepore. Fece spaziare lo sguardo lungo la piccola stanza, soffermandosi sulle spesse e larghe assi di legno della struttura, e le grandi travi che sostenevano il soffitto dell'edificio; probabilmente, concluse, erano queste a trattenere il calore generato dai camini, respingendo il gelo invernale che, invece, tanto facilmente si insinuava nelle stanze del Forte. L’ambiente, osservò con piacere, era semplice ed essenziale, rispecchiando appieno la mentalità spartana e pratica del Nord.


    Alla domanda della Lady, lasciò a Josephine, che di fatto era la madrina di quella spedizione, spiegare il motivo del loro viaggio. Annuendo, concorde, nei punti chiave del discorso. «Auspichiamo ad una fratellanza che non sia solo sancita per decreto,» aggiunse brevemente, una volta che l’altra ebbe terminato di parlare, «ma che tramite questo peregrinaggio possa albergare, nell’animo di noi tutti, con rinnovato vigore.»


    "Sono nata da casa Algood, delle terre dell'ovest ..."

    Una Algood? Vidya guardò le ciocche bionde che, vezzosamente, le sfioravano le guance, e i frenelli che impreziosivano quelle che aveva raccolto sulla nuca. Avrebbe dovuto intuire le sue origini.

    I suoi occhi tornarono sul volto della donna giusto in tempo per cogliere il sorriso complice che rivolse alla Mallister, dopo aver alluso al duro processo di adattamento che, a suo tempo, aveva dovuto affrontare. E si concentrò sulla risposta della giovane Aquila. Era a conoscenza, dopo la conversazione tenuta il pomeriggio della battuta di caccia nella Foresta del Lupo, dei sentimenti che Josephine nutriva nei confronti del Nord, ma era curiosa di vedere cosa e quanto avrebbe lasciato trapelare dalle sue parole.


    *



    "... Sia fatta la volontà degli Dei!.."

    Era chiaro, anche se si era mantenuta sul vago, che la Mallister si riferisse ai Sette. Non era propriamente una mancanza di rispetto nei confronti di Vidya, unica fedele a quel tavolo degli Antichi, ma, pensò, tenendo conto della terra in cui si trovavano, sarebbe stato più appropriato -a maggior ragione visto il motivo del loro viaggio - usare la formula “Vecchi e Nuovi”. Erano proprio queste zone grigie e ambiguità che avevano alimentato la divisione. Se si volevano cambiare le cose, rendere la coesistenza tra fedi reale, e non solo immortalata con l'inchiostro su di un antico editto, bisognava cominciare a modificare il modo in cui ci si esprimeva - anche nel privato di un colloquio come quello che stavano tenendo- affiancando le due religioni per includere - sempre- entrambe le fazioni, fino a far diventare tali espressioni abitudine.

    La Lady spostò quindi la propria attenzione sulla Bolton, le sottili labbra tese in un sorriso cortese. “Ho saputo della taglia posta sulla testa di Lady Shaelyn, ma non ho mai saputo i dettagli della storia, Lady Bolton... Sareste tanto gentile da mettermene a parte?”

    Vidya non si scompose, trattenendosi dall’inarcare, giudicante, un sopracciglio dinanzi alla sconcertante mancanza di tatto della Lady. Da chi gestiva un Seggio, seppur minore, ci si aspettava ben altra condotta. Veniva da chiedersi se ad Ovest insegnassero ancora l’etichetta. Una delle prime regole di una buona padrona di casa, infatti, era quella di adoperarsi per evitare in ogni modo di mettere in imbarazzo un ospite. Non, come stava facendo Lady Cerwyn, indulgere in argomenti tanto scomodi. Mantenne l’atteggiamento dignitoso e aggraziato che aveva tenuto fino a quel momento e, seria, puntò i suoi penetranti occhi verdi in quelli felini della donna.

    Dettagli. Voleva sapere di come, per anni, Lord e Lady Bolton, il primo per disinteresse e la seconda per debolezza, avessero apertamente ignorato le avvisaglie del lento declino mentale della nipote? Di come per mesi, in un clima di tensione e terrore, le pesanti porte delle camere del Forte fossero state chiuse a doppia mandata di notte, e i corridoi bui percorsi di fretta guardandosi alle spalle? Di come la fascinazione della giovane per le tradizioni di famiglia fosse sfociata in un sanguinoso sadismo e, infine, in una furia omicida? Voleva davvero sapere i dettagli della scia di sangue che “lo spirito della brughiera” dai “capelli di fuoco” e lo “sguardo di ghiaccio" si era lasciata alle spalle? Di come innocenti bimbe fossero state strappate, nel cuore della notte, dai loro giacigli e le loro gole recise? Delle piccole fredde membra straziate, che emergevano dalla terra bagnata dalla luna? O, ancora, di come la sua giovane vita, in una macabra ironia, fosse stata troncata dall'affilata lama di una daga? Voleva i dettagli sullo strazio di Bethany nel veder giungere un carro recante le spoglie della figlia avvolte in candida mussola?

    La debole e guizzante luce dei candelabri, che le illuminavano il marmoreo volto, accentuò, a quei pensieri, lo scurirsi delle pallide iridi. Un incupirsi che poteva essere scambiato per tristezza, ma aveva ben altra origine.

    «Sono stati anni difficili - terribili - quelli che ci siamo lasciati alle spalle.» Principiò, imponendosi di non stringere, come suo solito, nervosamente le dita in grembo; determinata a non tradire alcun segno di irritazione. Impassibile e imperturbabile - tanto simile, in quell’apparente freddo distacco al fratello Roose - proseguì. «Ma non tutti hanno avuto la forza di sopportare tanta angoscia.» Entrambe le nobildonne sedute a quel tavolo, di certo, potevano ben comprendere quanto alienante fosse stato il senso di incertezza e impotenza provato in quei solitari, lunghi, mesi d’attesa, unito all’attanagliante paura di vedere i propri cari non fare ritorno. «La mente di mia nipote Shaelyne ha ceduto al delirio, divenendo un pericolo per sé stessa e per gli altri.» Fece una breve pausa. Era la verità. Se il sadismo era sempre stata una caratteristica di Shaelyne, lo stesso non si poteva dire della totale mancanza di controllo. In quegli ultimi giorni era come se avesse perso ogni traccia di raziocinio. Schiena dritta, testa tenuta orgogliosamente alta, continuò: «Lord Bolton, mio fratello, si è trovato dinanzi alla più difficile delle scelte: anteporre i suoi doveri di Signore, agendo per proteggere il popolo e fare giustizia, all'essere padre.»

    Tenne per sé la riflessione su come, probabilmente, se Shaelyne si fosse tenuta entro i confini dei territori dell’Uomo Scuoiato, Roose avrebbe risolto il problema in modo molto più discreto - mettendo a tacere per sempre la carnefice quanto le vittime - in nome del suo amato motto “Una terra pacifica, un popolo tranquillo.” Non aggiunse altro. Non era un argomento su cui spettegolare. Quel che si doveva sapere era già noto, il resto era frutto di una curiosità morbosa che non aveva intenzione di alimentare oltre.



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    La Lady di Castel Cerwyn sembrava estremamente desiderosa di parlare con le sue ospiti: quel castello non doveva essere così pieno di attività da fare, per una donna sola.
    Ciononostante, rispose con compostezza ad entrambe, ringraziando Vidya per averle spiegato la situazione ed elogiando la forza d'animo di Lord Bolton.
    Vostro fratello è un uomo forte, capace di compiere la scelta giusta anche in condizioni tanto buie. Sono estremamente addolorata dalle disgrazie che si sono abbattute sulla vostra famiglia, Lady Vidya.

    ..E annuendo convinta alle parole di Josephine. Le guerre incentrate sulla religione sono le più sanguinose possibili, perché nessuna delle due fazioni riceverà mai un ordine di fermarsi dalla divinità apparentemente offesa...
    Storse la bocca. L'eresia di Illyria Targaryen ha gettato un'ombra sul nome dei seguaci dei Sette Dei. Come avete detto, il rischio che uomini innocenti vengano confusi per quei folli o che vengano loro stessi traviati dalle parole di quella donna è presente tuttora. Ci vorrà del tempo prima che il continente riuscirà a superare questa fase.

    Direi di proseguire: se avete intenzione di parlare con Lady Cerwyn potete aprire una semilibera!
    A livello organizzativo, eventualmente segnalatemi quando e se ci imbattiamo in qualche personaggio con cui entrambe avete interesse nel continuare a parlare.


    L'indomani, le due Lady sarebbero nuovamente state pronte a partire.
    Lady Cerwyn le avrebbe congedate con un sorriso caloroso e dei doni:
    Temo che le tempistiche non abbiano giocato a mio favore, ma ho pensato di lasciare che quindici dei miei soldati si unissero a voi, in simbolo dell'intento condiviso da tutte le nostre casate.
    Si sarebbe poi avvicinata a Josephine.
    Qui a Nord, come avrete visto, non ci sono ancora templi per i nostri Dei. Vorrei farvi dono di questo, in simbolo della nostra amicizia. Le avrebbe quindi porto una stella a sette punte intrecciata secondi i dogmi della loro fede, un amuleto per poter rivolgere le sue preghiere ai Sette Dei.


    Png presenti:

    Scorta di Vidya
    Scorta di Josephine
    20 uomini di Grande Inverno
    15 uomini di Castello Cerwyn
    Septon confessore di Josephine
     
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    Josephine Mallister Castello Cerwyn 20 Gennaio 286


    ∼ 19 Gennaio 286 • Sera - Sereno •
    Castello Cerwyn - Gran Magione ∼


    N

    onostante la delusione che provava nei confronti di Castello Cerwyn, una fortezza sguarnita di forti mura e sorvegliata da torri in legno tutt’altro che austere, ringraziò i Sette Divini per aver raggiunto un luogo tranquillo e caldo dove passare la notte. Il viaggio era stato confortevole, nonostante la strada accidentata ed il gelo che riusciva a trapelare tra gli spifferi della carrozza. Lady Stark-Flint aveva messo a disposizione la miglior carrozza di Grande Inverno per i suoi ospiti. Enormi ruote pronte a superare le impervie strade del Nord, una scorta affidabile e imbottiture per rendere il viaggio quanto più comodo possibile. La sola voce del Septon l’aveva tenuta compagnia. Lanciando a volte, quando non era troppo assorta nei propri pensieri, occhiate alla Bolton ed interrogandosi quali fossero i suoi reali sentimenti nei confronti della Fede dei Sette Divini. Era ben istruita, prudente e saggia. Non avrebbe mai interrotto le gloriose nenie o le giudiziose prediche del confessore per entrare in contrasto con la nuova fede, portata nel continente occidentale con l’invasione degli Andali. Quando non era troppo assorta a contemplare la foresta del Lupo che si apriva in brulli campi e fredde colline, lanciava meste occhiate alla fanciulla di Forte Terrore chiedendosi quali fossero i veri sentimenti che l’avevano spinta ad unirsi al pellegrinaggio verso l’Incollatura. Nonostante tutto le parole del Septon erano di conforto, rammentandole ogni minuto l’importante compito che i Divini e la madre di Caleb Stark le avevano affidato. Una crociata, una missione per conto degli Dei. Gli scossoni della carrozza, i canti del Septon ed il cinguettio di Jiàn la tenevano ben salda alla terra, che aveva giurato di proteggere e su cui nessun’altro sangue sarebbe stato versato in nome di una religione.

    Castello Cerwyn, ad un giorno di carrozza da Grande Inverno, era la tappa perfetta per chiedere ristoro e per riorganizzare le idee. Lady Anne Algood, Signora di Cerwyn, era una donna ordinaria senza apparenti virtù degne di nota e con una cascata di boccioli doranti, eredità dell’Ovest, che teneva raccolti in una impreziosita retina. Gentile, affabile ma anche molto invadente. La mancanza del marito e della maggior parte della corte, ormai ad Approdo del Re da diversi mesi, avevano reso l’arrivo delle due nobildonne da Grande Inverno una novità, un modo per risvegliarsi dal torpore della noia e trovare nuovi stimoli in un’esistenza monotona e priva di emozioni. Nonostante le parole gentili di Lady Cerwyn, fu la Bolton ad essere il bersaglio dell’indiscrezione della nobildonna. La Mallister trattenne il fiato, lanciando qualche occhiata dietro al velo al viso alabastro della fanciulla di Forte Terrore. Circolavano così tanti pettegolezzi, a volte tutt’altro che lusinghieri sulla famiglia di Lady Vidya, a cui non aveva mai prestato orecchio. Vietava alle ancelle di ripetere i pettegolezzi di corte, in modo da non viziare la propria opinione su l’uno o l’altra persona. Inoltre preferiva i cantastorie o il liuto di un menestrello ai sussurri delle donne durante le gare di cucito. Si trattenne nell’intervenire, cercando di sollevare la Bolton dall’imbarazzo, ma sapeva benissimo che se lo avesse fatto l’avrebbe solo peggiorato la situazione intromettendosi in questioni che non conosceva. Strinse i palmi sul grembo e restò in ascolto, mostrando più interesse per il sale ed il pane che alle parole pregne di celata sofferenza per la nobildonna. - Nessun padre o nessuna madre dovrebbe sopravvivere ai propri figli. - Un’eccezione che ormai stava diventando una regola, soprattutto in tempi così difficili come quelli della guerra. Restare in attesa, tormentati dall’angoscia di notizie dal fronte, dell’arrivo delle carovane ricolme di cadaveri. Il difficile e straziante rituale del riconoscimento delle spoglie, le urla delle vedove ed i canti delle Septe per intercedere per le loro anime verso i Divini. - Nessuno dovrebbe mai trovarsi a scegliere tra doveri di stato e quelli di cuore. Ma come sottolineava Lady Bolton, sono tempi terribili. - Rabbrividì al solo pensiero. Poteva comprendere la difficoltà del fratello di Lady Vidya nel compiere una decisione così efferata e terribile, condannare a morte la propria stessa figlia per disordini ed omicidi compiuti nel proprio feudo. Un tradimento, il tradimento peggiore che un Lord potesse mai ricevere. Tradito nel diritto comune e tradito nel cuore. Nutriva pietà per Lady Shaelyne, un’anima troppo fragile ed una mente traviata, incapace di adattarsi alla terribile realtà come quella di una guerra civile. Del resto anche Lady Alayne era stata vittima dello stesso peso, togliendosi la vita e mostrando solo alla fine l’infelicità che si portava dentro. Erano tempi difficili, soprattutto per le donne che dovevano sopportare e supportare.

    A proposito di argomenti spinosi, le tre donne si ritrovarono a parlare dei disordini sui territori di confini accennati dalla Mallister. L’incubo, il timore di tutti era l’arrivo di una seconda e sanguinosa guerra religiosa. Una crociata, una campagna punitiva per l’una o l’altra Fede. Con sangue ed argento si finiva per rinnegare ogni sacro dogma e credere di seguire i dettami della propria religione solo per annientarne un’altra. Si dimenticava il decreto reale, che professava tolleranza e fratellanza, e si metteva da parte ogni desiderio di pace a favore dei venti della guerra. Un conflitto si era appena sollevato sull’Incollatura, coinvolgendo i Flint di Dito della Silice ed i Mallister di Seagard. Due popoli diversi, troppo diversi. Eppure riuniti sotto lo stemma del Meta-Lupo. - Le guerre incentrate sulla fede temo siano le più sanguinose perché entrambe le fazioni credono di essere nel giusto e di seguire la volontà degli Dei. - Un leggero sospiro creò delle increspature sul velo che le copriva il viso. Occhi velati di tristezza, amarezza. - Non è più una questione di territori da conquistare o conti da regolare. Si tratta di una guerra d’ideali e di Credo, su cui si fonda l’intera esistenza ed identità di un popolo. Per questo, seppur sul confine ci siano solo le prime avvisaglie di malcontento è bene intervenire subito. Con decisione, senza tergiversare. - Non aveva ancora ben chiaro cosa avrebbe detto ai suoi uomini, o peggio quali parole avrebbe usato per placare l’ira di Dito della Silice. Si rendeva conto di non avere né le conoscenze e né il carisma adatto per gestire una tale situazione, forse per questo si lasciava circondare da un monopolio di persone capaci di dimostrare a tutti la pacifica coesistenza di fedi diverse, usi e costumi diversi. Era disposta a stringere la mano del “nemico”, pur di non minacciare l’esistenza stessa dell’Aquila sui territori del Lupo. A volte si chiedeva se fosse giusto considerare nemico colui o colei che venerava Divinità diverse. Provava biasimo per chi perdeva la propria esistenza a venerare alberi e un pantheon così vicino ai bruti, un’epoca ormai passata ed oscura. Era disposta a mostrarsi tollerante, accogliente.

    ∼ 20 Gennaio 286 • Alba - Sereno •
    Castello Cerwyn - Cancello d’ingresso ∼


    La nuova alba era giunta e Castello Cerwyn era già in fermento per la partenza delle due nobildonne. La notte aveva portato consigli, o quantomeno l’animo della Mallister aveva trovato ristoro tra gli alloggi dell’alta torre. Le travi in legno ed il pagliericcio trattenevano il calore dei camini, rendendo più miti le freddi notti al Nord. Forse aveva sbagliato a muovere giudizio così presto sul Castello della famiglia Cerwyn, ne era rimasta delusa ma di certo l’accoglienza ed il soggiorno era stato confortevole. Non poteva muovere lamentele sul raffinato banchetto, ricco dei prodotti che con gran fatica ed impegno i contadini al servizio dei Cerwyn coltivavano. E nemmeno degli alloggi caldi e confortevoli, oltre alla totale libertà di disporre della servitù del castello come più le aggradava. Una prima tappa che non aveva deluso le proprie aspettative, anche quando nel cortile antecedente ai cancelli in legno vi trovò una quindicina di soldati fedeli a Lady Cerwyn. Un dono per la spedizione, la prima vera dimostrazione che forse il Nord non era così chiuso ed ostile al cambiamento. Le iridi chiare al di sotto del velo scuro passarono in rassegna sui quindici uomini, spogliati di insegne, per poter marciare insieme alla guardia proveniente dal Nord. Si sentiva decisamente più al sicuro, sebbene potesse davvero contare solo sulla Guardia Mallister, ma gli uomini dei Cerwyn avrebbero di certo rafforzato le schiere del pellegrinaggio. Rincuorata, sentiva l’appoggio del Nord.

    Tirò un sospiro di sollievo, quando supervisionò le ultime disposizioni per la partenza. Anche questa volta il cielo era favorevole alla partenza, sgombro di nubi temporalesche e con una luce che fendeva l’aria ma incapace di riscaldare il giorno appena nato. Il velo si mosse al ritmo del respiro, creando una condensa a fior di labbra. Una delle ancelle le gettò sulle spalle un pesante mantello, recuperato dalla carrozza per proteggerla dal gelo mattutino. La ringraziò tacitamente con un gesto, prima di ravvedersi di Lady Anne Algood intenta ad avvicinarsi a lei con un dono. - Lady Cerwyn… - Lo sguardo chiaro come le acque di Seagard si soffermarono sulle delicate mani della nobildonna e sulla Stella a Sette Punte intrecciata con giunchi ed arbusti. - Che gli Dei vi abbiano in gloria. Il vostro gesto non sarà dimenticato! - Si chinò al cospetto della Algood per raccoglierle le mani nei suoi palmi e baciarne con fervore l’amuleto volitivo. Mani che si erano giunte per un’intera esistenza agli Antichi Dei avevano intrecciato amuleti in favore dei Nuovi Dei. Un gesto semplice, quasi irrilevante. Eppure un gesto, il gesto. Non le importava di marciare con o senza guardia fino ai confini, mettendo a rischio la sua stessa vita, ma la possibilità di avvicinare l’antico popolo del Nord alla fede degli Andali era uno dei motivi che l’avevano spinta ad intraprendere un simile viaggio. Conoscere, sperimentare. Aprirsi al mondo, proprio come lei aveva scoperto di dover fare. Sfiorò a fior di labbra le mani della nobildonna, senza curarsi di sporcare l’ampia gonna con la melma accumulata all’ingresso. Lì dove ogni dì circolavano così tanti cavalli e si arenava l’acqua piovana o peggio le deiezioni degli animali. Non le importava, come la più umile e devote delle Septe era pronta a rendere grazia a chi si mostrava misericordiosa nei confronti dei Divini. Un gesto che per molti poteva sembrare una mera forma di cortesia, ma per altri un germoglio che era stato seminato tempo addietro e che passati i venti di guerra aveva l’occasione di fiorire. L’assenza di Templi dedicati ai propri Dei aveva colpito duramente l’animo della Mallister, tanto da dover portare con sé un devoto Septon per le funzioni giornaliere. Riti a cui non desiderava rinunciare, una quotidianità scandita da digiuni, preghiere e canti in onore dei Sette. - In nome degli Antichi e dei Nuovi Dei. - Una formula che mai aveva sentito propria, fino a quel momento. Forse i tempi erano davvero maturi per un cambiamento.

    Si ricompose, lasciando al velo scuro di celare le lacrime. Un privilegio lasciato a Lady Cerwyn, in quanto avrebbe inumidito le mani con le proprie lacrime. A volte si sentiva così fragile, troppo giovane e inesperta per poter guidare una così grande e delicata spedizione. In quei momenti, quando la luce dei Divini era così chiara sul suo cammino tanto da illuminare anche le vite degli altri, acquisiva la consapevolezza che non tutto era davvero perduto. Si congedò con un inchino e predispose per la partenza verso Sud. Avrebbe chiesto al Septon di enunciare il passo della Stella a Sette Punte in cui si parlava di tolleranza e comprensione verso i peccatori, fino al loro ravvedimento. Poi lo avrebbe fermato, lasciando a chiunque di poter cercare i propri Dei, Antichi o Nuovi che fossero, nel silenzio della propria anima.

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      Castello Cerwyn · 19-20 gennaio 286AA
    Da bambina, Vidya, aveva spesso provato ad immaginare che tipo di Lady potesse essere stata sua madre. Non aveva mai avuto coraggio di affrontare il discorso in modo diretto e approfondito con Roose. Si era dunque ritrovata a ricostruirne l’immagine, e il carattere, basandosi sulle poche informazioni che era riuscita a racimolare dai rari commenti di chi aveva avuto modo di conoscerla; osservando le donne che la circondavano alla ricerca di caratteristiche che potessero calzare con la vaga ed indistinta figura tratteggiata nella sua mente.

    Ancora adesso, da adulta, parte di lei cercava istintivamente di ricomporre alla cieca quel mosaico. L’aveva fatto durante il suo soggiorno a Grande Inverno, studiando con ammirazione Lady Flint-Stark, chiedendosi, più volte, se anche la precedente Lady di Forte Terrore fosse stata come lei - autoritaria ma al tempo stesso materna, con il Nord che le scorreva nelle vene. E lo stava facendo in quel momento, escludendo categoricamente potesse essere stata simile a Lady Cerwyn - calorosa, certo, e senza dubbio una buona padrona di casa, ma troppo ciarliera e incline alla mondanità.

    Ad ogni nuovo incontro la tavolozza da cui attingere si arricchiva di possibili sfumature, tuttavia, nonostante gli sforzi, quell'impalpabile ombra che inseguiva da anni continuava a rimanere indefinita e sfuggente.

    Un vuoto, alla base di tante delle sue insicurezze, che l’aveva portata a prendere a modello l’unica vera figura di riferimento che avesse mai avuto: Roose. E, seduta a quel tavolo, dinanzi a quella mancanza di tatto, sperava di emanare almeno un po' del suo controllo ed imperturbabilità.


    Annuì, seria e solenne, alle parole della nobildonna sulla forza mostrata dal fratello in quel terribile frangente e al sentito commento di Josephine.

    Era, senza alcun dubbio, stata una scelta difficile persino per un uomo come Roose, seppur non per le ragioni che la maggioranza delle persone poteva pensare. A rendere pesante la penna con cui il Lord di Forte Terrore aveva firmato quella taglia, non era infatti stato lo strazio di un padre costretto a dover porre fine alla giovane vita della propria figlia, quanto piuttosto la delusione del vedere il suo nome e quello della famiglia macchiato dalle scellerate azioni di quest'ultima, e la propria discendenza indebolita.


    "… Sono estremamente addolorata dalle disgrazie che si sono abbattute sulla vostra famiglia, Lady Vidya."

    Niente più che parole di circostanza. Aveva potuto appurare quanto la donna fosse partecipe del suo dolore dalla prima domanda che si era sentita di porle, senza curarsi minimamente di metterla a disagio.

    Strinse le mani in grembo, abbozzando per un breve istante un mesto sorriso. «Apprezzo molto le vostre parole, Lady Cerwyn» mentì, il tono della sua voce privo di ogni colore. «L'anno appena trascorso ha visto la sorte avversare, con particolare accanimento, la nostra famiglia. Profonde e indelebili sono le ferite che ci ha inferto.» Chinò la testa, come a voler pudicamente mascherare il dispiacere e l’amarezza legate a certi argomenti. Non pensava realmente fosse stata colpa del fato, quanto piuttosto di precise scelte e le loro conseguenze, ma era un discorso troppo privato e spinoso da poter affrontare. «Tuttavia,» proseguì, tornando a guardare la sua interlocutrice e tendendo nuovamente le labbra in un piccolo - impenetrabile - sorriso, «tra tanto dolore, ci è stato anche elargito un dono foriero d'un nuovo e piú radioso inizio.»

    L'Uomo Scuoiato, le stava sottilmente dicendo, avrebbe avuto ancora a lungo voce in capitolo nell'ordine delle cose a Westeros. Ad onta dei desideri di chi, vedendolo sbalzato temporaneamente fuori dallo scacchiere, aveva pensato di veder capitolare una volta per tutte l'ancestrale seggio.


    La discussione si spostò, dunque, sulla complessa situazione al confine a causa dei conflitti religiosi e sullo spettro dell’eresia Illyriana che aleggiava su tutto il Regno. Doveva essere arduo per le altre due nobildonne vedere il proprio Credo, parte della propria identità culturale, venire snaturato e strumentalizzato a quel modo.

    , rifletté tra sé e sè, nessun Dio era mai apparso per porre fine a tali diatribe. Ma era altrettanto vero che non si erano neanche palesati per avallarle o darvi inizio. Anzi, a voler seguire i loro presunti messaggi ed insegnamenti alla lettera, la tolleranza e l'armonia erano principi cardine - o almeno, dopo il Patto, lo erano per chi credeva negli Antichi.

    Il Continente non era certo nuovo agli scontri tra religioni. Dalla guerra tra i Figli della Foresta con i Primi Uomini, passando per l'invasione Andala e infine il Credo Militante, il terreno da settentrione a meridione era intriso del sangue versato in nome degli Dèi. Guerre frutto di nient'altro che dell'ignoranza della moltitudine e delle mire di pochi. Perché era a questo che il tutto si riduceva: interessi materiali perseguiti alimentando pregiudizi e paure.

    E Vidya si chiedeva se anche questi recenti scontri avessero la stessa origine. Le profanazioni erano state la scintilla scatenante, o reazione di un equilibrio spezzato e di un dialogo interrotto per altri fini?

    Concordò con Josephine riguardo la necessità e urgenza di un intervento per placare gli animi, prima che le cose potessero degenerare. «Mai più di ora il terreno è fertile e pronto ad accogliere semi di discordia. Dobbiamo impedire che questi germoglino.» Il rischio di cui parlava Lady Cerwyn, del dilagare dell’eresia, era più che concreto. Destabilizzato e stremato da anni di tumulto, il popolo era in cerca di risposte e giustizia. Il Culto, con le loro septe piene di cristalli colorati e Septon pasciuti, finora aveva fallito nel fornirle, alimentando il risentimento e l’alienazione.


    *




    Il fuoco nel caminetto in pietra era stato acceso da tempo, come suggeriva lo stato dei tizzoni e la quantità di cenere accumulatasi intorno ad essi, e ruggiva nell’angolo della stanza, riscaldando e rendendo accogliente l’ambiente. La cameriera, come richiesto, dopo aver preparato tutto l’occorrente per la notte, e averla aiutata a rinfrescarsi e ad indossare la veste da camera, l’aveva lasciata da sola. Piccole comodità e vezzi a cui avrebbe dovuto rinunciare nei giorni a seguire, quando costretti ad accamparsi lungo la strada, non ci sarebbe stato lo spazio per isolarsi né comodi letti imbottiti. Durante il suo viaggio verso Grande Inverno erano riusciti a gestire i tempi facendo sì che solo alcune delle dodici notti vennero trascorse all’aperto - o in viaggio - senza possibilità di potersi riparare sotto un tetto. Questa volta, tuttavia, sarebbe stato diverso.

    Vidya posò la spazzola sul tavolino, trasformato per l’occasione in pettiniera e, rivolgendo lo sguardo verso lo specchio posto su di esso, iniziò ad intrecciare, con movimenti lenti e delicati, le lunghe ciocche corvine. La sua mente rivolta a quelle ultime ore.

    Ripensò all'entusiasmo mostrato da Lady Cerwyn, tale da renderla a tratti invadente ed indelicata. Era chiaro che la loro visita avesse rappresentato un gradito diversivo dalla monotonia quotidiana, per la nobildonna quanto per la sua corte, come aveva dimostrato il clima di serena e allegra convivialità che aveva caratterizzato l’informale banchetto tenutosi nella Sala Grande della Magione. Una stanza quadrangolare dall’alto soffitto, illuminata quasi a giorno dalle lampade che pendevano dalle spesse travi, e dalle candele disposte sui massicci tavoli in legno scuro, che erano a malapena riusciti a contenere parte del loro seguito. Vidya aveva parlato come suo solito molto poco, preferendo rimanere in silenzio ad osservare ed ascoltare quanto avveniva intorno a lei, sforzandosi di mangiare quanto bastava per non offendere l’ospitalità dei Cerwyn. Non che le portate non fossero state di suo gradimento, i bocconi del fumante stufato di cervo erano cotti alla perfezione, carnosi e succosi, e il brodo arricchito da cipolle, carote e legumi vari, era esattamente ciò di cui necessitava dopo ore di viaggio a quelle temperature, ma l’agitazione e la stanchezza, unite ai discorsi fatti, le avevano tolto completamente l’appetito.

    Agitazione che non aveva intenzione di abbandonarla, stringendole lo stomaco nella morsa delle sue gelide dita ogni qual volta si soffermava a pensare a cosa l’aspettasse. La spedizione non era solo il primo, piccolo, colpo di scalpello per scalfire il muro di diffidenza degli Stark,e cercare di riportare il proprio Casato ad avere un ruolo di spicco, ma anche un’opportunità di poter scoprire il Nord al di là delle pagine dei libri. E, soprattutto, a livello personale, se voleva essere un sostegno per il fratello e rappresentare degnamente i Bolton, un’occasione per farsi conoscere.

    Il gorgoglio dell’acqua che bolliva la riportò al presente. Lanciò un’occhiata verso il pentolino che aveva posto sulle braci con un treppiede e, legando rapidamente la treccia con un nastro, si appressò al camino. Con cura, facendo attenzione a non ustionarsi, lo spostò sulla nuda pietra del pavimento, lontano dal calore. Raccolse quindi della cenere e ne versó una buona parte nell'acqua ancora borbottante e fumante, mescolando velocemente per qualche minuto, fino a quando questa non si fu del tutto sciolta.

    Era stato il Maestro Tybald ad insegnarle, tra le tante cose, a produrre la liscivia da utilizzare come base per gli unguenti e saponi. Le parve quasi di sentirlo darle indicazioni con il suo tono didattico ...

    Basta una manciata di cenere in più per alterarne l’efficacia”, le ripeteva, mentre si aggirava nello studio, perennemente scompigliato e indaffarato, ma con un occhio sempre rivolto verso di lei, pronto ad intervenire e correggerla, spronandola a tenere d’occhio le dosi e curare ogni passaggio, persino la durata dell’ebollizione perché “altrimenti la liscivia risulterà aggressiva sulla pelle”.

    Non sapeva cosa l'avesse spinto a cedere e condividere con lei parte del suo sapere, se l'amore per l'insegnamento o semplicemente il volerle dare gli strumenti per potersi curare, ma gli era enormemente grata. Con un sospiro carico di nostalgia, si alzò, lasciando il composto a raffreddarsi e si avvicinò al tavolino, predisponendo e controllando, uno ad uno, il resto degli ingredienti necessari per la creazione del preparato: la polvere di zolfo comprata al mercato, la fecola di patate che aveva ricavato da usare come addensante ed una boccetta piena d'olio. Non tutti vedevano di buon occhio il fatto che una donna possedesse certe conoscenze, come Lady Josephine, con la sua reazione pochi giorni prima, le aveva rammentato. L'ignoranza su determinati temi era diffusa e legata a radicati e pericolosi pregiudizi. Il rischio di venire tacciate di essere streghe e di praticare le arti oscure, solo perché sapienti, era alto. Poteva solo immaginare, dopo averlo sentito salmodiare per ore sui Sette, cosa avrebbe potuto pensare il Septon della Mallister nel vederla, nel cuore della notte, mentre fuori dalla Torre il buio inghiottiva tutto, armeggiare davanti al fuoco con le maniche della veste raggomitolate fin sui gomiti e le mani impiastricciate di cenere.

    Scosse la testa a quei pensieri, travasando la mistura ormai raffreddata in un bacile e utilizzando un panno di cotone per filtrare la liscivia. Soddisfatta dalla limpidezza del liquido ottenuto, ne mise metà nel pentolino, aggiungendo gradualmente l’olio e lo zolfo.

    Ai suoi occhi di bambina, osservando rapita Tybald creare intrugli di ogni tipo, procedimenti del genere le erano parsi vere e proprie magie e, tuttora, pur conoscendone i segreti, la meraviglia permaneva. Era tutta una questione di equilibri e di sapere come gestire sostanze a volte contrastanti per creare qualcosa di nuovo, ma che contenesse le proprietà di ognuna. La stessa attenzione e precisione sarebbe stata necessaria nell’affrontare le due fazioni al confine e cercare la giusta ricetta - soppesando ragioni e istanze - per ritrovare l’armonia persa.

    Versò la fecola nella liscivia rimanente ed unì il tutto, girando finché le sostanze non si furono amalgamate. Se fosse stato altrettanto facile unire le diverse ideologie religiose, pensò, amareggiata, tornando vicino al fuoco e portando ad ebollizione il composto fino a quando non cominciò ad addensarsi, formando una sorta di crema bianco-giallastra.

    L'unguento era pronto.

    Una volta raffreddato lo raccolse in un piccolo barattolino in vetro e lo ripose con cura nel contenitore dedicato ai rimedi generici.

    *



    La cameriera venne a destarla che l'alba non era ancora sorta.

    Vidya tenne gli occhi chiusi, per nulla disposta ad abbandonare il confortevole e caldo rifugio delle coperte, e si concentrò sui rumori attorno a lei. Gli spostamenti della servitrice lungo la stanza mentre ultimava i preparativi per la partenza. L'acqua calda versata lentamente nel catino. La serratura del piccolo baule che scattava, seguito dal cigolio del legno del coperchio che veniva sollevato. Il fruscio degli abiti selezionati. I movimenti di Jiàn, come sempre mattiniero, già attivo nella sua gabbietta a beccare semi nella piccola mangiatoia.

    Quando le sommesse voci provenienti dall'esterno cominciarono a farsi più numerose, aprì le palpebre e si costrinse a tirarsi su, dando inizio ufficialmente a quella giornata.

    Raggiunse il cortile poco più tardi, accogliendo l'aria pungente del mattino contro la pelle. Ad ogni passo, poteva percepire lungo il fianco, celato dalla sopragonna, il leggero e rassicurante peso del pugnale. Alla fine aveva optato per indossarlo, agganciandolo alla piccola cintura in cuoio che stringeva la veste cremisi. Gran parte della Corte dei Cerwyn e del loro seguito era già presente. La giovane lasciò vagare lo sguardo su quell'insieme di volti e quindi verso la strada che, dalla Magione, portava all'ingresso principale del Castello. Alcuni curiosi avevano cominciato ad affacciarsi dalle porte e finestre delle varie casupole dai tetti in paglia che la fiancheggiavano, attirati dal fermento che scuoteva la quiete di quella fredda mattinata.

    Ringraziò nuovamente la Lady per la sua generosità e per gli uomini messi a loro disposizione. Di quei tempi, condividere le proprie risorse, era tutt'altro che scontato. Una volta congedata, salì a bordo della carrozza. La delegazione prese così a ridiscendere verso i campi, inoltrandosi in quel paesaggio, rischiarato da una pallida luce dorata, su cui aleggiava ancora una leggera foschia che andava addensandosi sul lontano affluente a valle. Il secondo giorno di viaggio era iniziato.



    Parole: 2246

    Creo: unguento per la scabbia [ -x2 zolfo ] (ho accorpato il tutto al post, se devo fare una libera separata modifico)
     
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    Lasciandosi Castel Cerwyn alle spalle, le due Lady si sarebbero dirette verso Piazza di Torrhen, dimora di casa Tallhart. Il viaggio sarebbe durato sei giorni, ma costeggiare la Foresta del Lupo anziché prendere la Strada del Re avrebbe permesso loro di imbattersi in un piccolo villaggio il terzo giorno di viaggio.
    Si trattava di grossomodo una ventina di edifici, con qualche piccolo orto e un pozzo. La vita non doveva essere facile, per gli abitanti di quel luogo, ma la Foresta del Lupo sembrava provvedere a tutte le loro necessità: avrebbero trovato cibo e legna senza alcuna difficoltà, quello era indubbio.

    Essendo arrivate nel bel mezzo della giornata, Vidya e Josephine avrebbero trovato per lo più donne e bambini nel villaggio. Era probabile che gli uomini fossero a caccia, a raccogliere legna o stessero facendo pascolare un gregge di pecore, a giudicare dal piccolo recinto vuoto che avrebbero notato in lontananza.
    Non vi furono particolari reazioni all'arrivo delle due, sebbene una vecchietta si sarebbe avvicinata per accoglierle.
    Mie signore... Riconosco il vessillo di casa Stark con voi. Benvenute nel nostro piccolo villaggio...
    Si fermò per tossire.
    Scusate... Dicevo... Non abbiamo molto da offrirvi, ma per caso gradite una minestra calda? Immagino che viaggiare con questo freddo non sia piacevole...

    A voi, nel prossimo turno arriverà la sera (se decidete di restare per la notte / fare qualcosa) altrimenti arriveremo direttamente a Piazza di Torrhen!
     
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    Josephine Mallister Nord 22 Gennaio 286 Pomeriggio - Sereno Foresta del Lupo - Villaggio


    ∼ Above the rest ∼


    P

    assati tre giorni di viaggio, il paesaggio oltre il vetro della carrozza faticava a mutare. Sporgendosi verso Nord la carovana avanzava lungo il sentiero accidentato ai limiti della Foresta del Lupo. Con il calare del sole le ombre si allungavano fino a creare sinistri giochi di luci ed ombre. Gli spogli arbusti del sottobosco prendevano vita mossi dal gelido vento e le fronde dei sempreverdi brillavano al contatto con la brina del mattino. A volte scostava le tende della carrozza per mirare il solido busto degli alti pini e la nebbia che ne avvolgeva la dura corteccia. Muschio e rampicanti prendevano possesso della brulla terra, gelata e costernata da solide rocce. Al passaggio del silenzioso corteo, sempre più numeroso grazie al contributo di Casa Cerwyn, stormi di corvi si sollevavano in volo in cerca di rifugio. Un mattino le era sembrato d’intravedere anche un daino, ancora troppo giovane per mostrare i fieri ornamenti, ma immacolato nel manto. Non seppe distinguere se fosse realtà o fantasia, anche perché la fedele ancella al suo fianco sembrava ancora annebbiata dal torpore del mattino per avvedersene. Fu il Septon a rammentare quanto fosse fortunata la Mallister, senza dubbio un messaggero dei Sette in particolare della Fanciulla. Un sostegno dall’alto, un modo per tener alto il morale nonostante i numerosi sacrifici e le pesanti rinunce a cui tutti erano chiamati. Invece verso Sud il paesaggio si apriva in sconfinati campi, per lo più incolti e solo nei rari villaggi l’aratro veniva spinto dai buoi per frammentare la gelata terra. Greggi di pecore portate a pascolare fino all’ora del crepuscolo, quando l’oro della luce si tramutava in scarlatte sfumature annunciando la fine del giorno. Erano i latrati dei cani a ricondurre il gregge nei capannoni, insieme ai pastori di cui intravedeva solo la punta del naso perché avvolti in pesanti mantelli. Nonostante fosse ben protetta dagli armigeri, quando udiva l’ululato dei lupi faticava a chiudere occhio.

    Un viaggio lento ed estenuante. I confini sembravano così lontani. Per poter raggiungere Piazza di Torrhen in pochi giorni, gli esploratori avevano suggerito di abbandonare la Strada del Re per imboccare sentieri accidentati nella Foresta del Lupo. Aveva scelto di affidarsi a chi più di lei conosceva quei territori, anche se più e più volte aveva offerto la propria opinione in merito riuscendo ad orientarsi consultando una mappa e riconoscendone gli araldi nobiliari. Casa Tallhart sarebbe stata la prossima tappa, prima di avventurarsi tra i tumuli delle Barrowlands. Tra le comodità della carrozza si dilettava con l’ancella nel ricamo per poter trascorrere il tempo. Poi si univa alle Idi dei Sette intonate dal Septon, che scandiva lo scorrere del tempo con serrate celebrazioni. Capitava di fermarsi per poter consumare un po' di pane raffermo con burro aromatizzato e concedersi un sorso d’acqua di fronte. A volte erano costretti ad erigere un accampamento di fortuna e mandare i cacciatori a recuperare selvaggina o le donne a raccogliere more e piante aromatiche. Una piccola comunità che cresceva, sotto l’egida dell’Aquila.

    I cavalli arrestarono il loro passo e con esso anche il pacifico corteo quando s’imbatterono in un piccolo villaggio. Un agglomerato di casupole, con un pozzo centrale ed una serie di campi arati. In lontananza s’udiva il belare delle greggi ed i sentieri erano ben battuti nonostante fossero così vicini alla selvaggia Foresta del Lupo. Un villaggio che sopravviveva tra stenti e sacrifici nel bel mezzo del Nord, così come tanti altri. Allungò la mano ingioiellata per ricevere aiuto nello scendere dalla carrozza. La Guardia Mallister si offrì d’aiutare la fanciulla di Seagard mentre lo sguardo cristallino vagava per il centro cittadino, lì dove si erano accalcati curiosi per lo più donne e bambini. Probabilmente gli uomini erano lontani per la caccia, la cura del bestiame e per la legna. I visi scarni ma gli occhi pieni di vita colpirono fin da subito la Mallister. Tirò un sospiro di sollievo, lieta di poter compiere qualche passo prima dell’arrivo della sera. Le ombre già si allungavano dietro al corteo, segno che l’ora del pipistrello sarebbe giunta tra non molte ore. Lanciò un tenue sorriso all’ancella, che le sollevò l’ampia gonna per non rischiare di sporcarla con terra e fango. Strinse i palmi davanti al grembo, spalle basse e collo alto proprio come il capo. L’incarnato alabastro quasi risplendeva alla luce del meriggio, proprio come i gioielli che ne impreziosivano la figura e la chioma raccolta alla nuca e tenuta ferma da un diadema di smeraldi. Inspirò lungamente l’aria del meriggio, dopo aver condiviso per così tanto tempo quella della cabina. Ignorò i dolori che provava nelle ossa ed il freddo che la facevano tramare come una foglia. Aveva smesso di badare al gelo, sopportandolo nonostante gli scialli di pelliccia che le poggiavano prontamente sulle spalle.

    - Siamo noi a dovervi offrire la nostra gratitudine, in nome degli Stark e dell’intero Nord! - Fu la più anziana del villaggio a prendere parola ed offrire ospitalità alle nobildonne a capo del corteo. Un debole sorriso interruppe l’austerità che si leggeva troppo spesso sul viso dell’Aquila. Difficilmente si mostrava partecipe, beandosi in un’algida freddezza e tollerando tutto ciò che le capitava. Mai un lamento, o una rimostranza. Una cieca ubbidienza verso gli Dei e alla missione che gli Stark le avevano affidato. Anche quando il percorso sembrava così duro e irto di pericoli. O peggio pensava di non farcela. - La ringrazio per l’ospitalità e la cortese accoglienza. Non rimarremo qui a lungo, in quanto siamo attesi lungo il confine. - Allungò le mani verso quelle grinzose dell’anziana. Provò a stringerle in un gesto di somma cortesia e pietà. - Distribuiremo pane e denaro per voi, rammentandovi l’antica fratellanza tra nuovi e vecchi Dei affinché nessun’altro conflitto o disordine possa turbare i territori del Lupo. - Con un cenno del capo ordinò le guardie a condividere le scorte con i poveri abitanti del villaggio. Del resto la sua era una spedizione umanitaria, non di conquista dei territori del Nord. Desiderava mostrarsi cortese, vicina alle esigenze del popolo e ricolma di pietà per chi viveva in territori così difficili fuori dai fortini del Nord. - Come possiamo aiutarvi? - Chiese. - Non esistono insegne degli Stark, o dei Mallister, o dei Bolton, o dei Cerwyn. Marciamo sotto un unico vessillo… non c’è differenza tra noi. Uniti per la pace e la fratellanza. - Soppesò le parole. - Chiunque desidera unirsi può semplicemente incamminarsi dietro di noi. Nessuno verrà rifiutato, ma accolto. Proprio come gli Dei, Antichi o Nuovi che siano, accolgono la nostra devozione… affinchè nessun’altra guerra o eresia religiosa possa nascere nel cuore dei dubbiosi. - Concluse con un debole sorriso. Lo sguardo cristallino permase sui visi consunti dei popolani, di chi pativa le sofferenze della fame e d’innumerevoli privazioni. Nulla in confronto ai sacrifici che stava compiendo una nobildonna costretta a viaggiare lungo gli accidentati sentieri della Foresta del Lupo. Era ben consapevole dei privilegi che godeva, e rendeva grazia agli Dei per ciò che riceveva ogni giorno. Si privava di beni materiali, come il cibo ed i gioielli, come forma di abnegazione ed elevazione dello spirito. Septa Ysilla era intransigente a tal riguardo, e la Mallister lo era allo stesso modo con le avide ancelle al suo seguito. Un esempio di devozione e virtù, nulla poteva scalfire l’immacolata reputazione di Lady Josephine Mallister e del suo seguito. - Non è una decisione che dovete prendere ora. L’indomani partiremo per Piazza di Torrhen, ci accamperemo per la notte poco distante dal villaggio. - Le attività delle milizie non dovevano disturbare in alcun modo la quiete del villaggio. Di certo il seguito dell’Aquila non avrebbe impoverito ulteriormente il remoto e piccolo villaggio.

    Con un cenno della mano predispose il tutto, con fare autorevole e deciso. La Guardia Mallister si sarebbe messa subito all’opera per creare un campo di fortuna alle porte del villaggio, non prima di aver distribuito viveri e denaro dalle scorte del convoglio. Come di consueto, Lady Josephine desiderava offrire elemosina e cibo a chi era disposta ad ospitarla ed accogliere la luce dei Divini. Non importava a quale fede religiosa fossero devoti, la benevolenza e le virtù parlavano un linguaggio comprensibile a chiunque. Non esistevano barriere di fronte alla bontà d’animo e al disinteressato altruismo. - Vi lascio nelle mani di Lady Bolton. Non è da trascurare il vostro malanno. - Sciolse la stretta sui palmi dell’anziana donna e l’avrebbe condotta verso chi poteva davvero aiutarla. Nutriva ancora scetticismo e biasimo per il tipo di educazione di Lady Vidya, così lontano dal modello di Lady che le era stato inculcato fin da piccola. Eppure era l’unica a poter davvero aiutare l’anziana donna, che mostrava un accesso di tosse. Nemmeno le preghiere del Sommo Septon o le sue benedizioni potevano proteggerla dai malanni, della malnutrizione e dalla cagionevole salute di chi sentiva già il freddo spettro dello Sconosciuto alle spalle. Con un debole sorriso si congedò, avvicinandosi al carico della carrozza. Ordinò alle ancelle di recuperare parte dei gioielli e qualche sacco di denaro, poi cesti di vivimi in cui erano raccolti cereali e pane raffermo. - Una moneta ed un po' di pane per ognuno. - Si sarebbe lasciata circondare dalla folla, proprio come una martire pronta al rogo ed improvvisamente sfuggita per miracolo alla pena capitale per intercessione divina. Le Guardie avrebbero vegliato sulla consegna dell’elemosina per ristabilire ordine se necessario, mentre altri provvedevano all’accampamento per la notte. La Mallister si sarebbe voltata a destra per spezzare un tozzo di pane ai cereali o consegnare un pugno di farina, ed a sinistra per recuperare una moneta. Avrebbe stretto le loro mani, sfiorato i visi e versato lacrime di fronte ai loro racconti. Miseria e povertà. Mostrava interesse per le loro storie, chiedendo del loro passato e benedicendo, insieme al Septon, il loro futuro. Avrebbe sfiorato i capi dei bambini, consegnando una razione in più per loro, e raccomandando di essere sempre ubbidienti e solidali con le proprie madri. Rimase in ascolto per le tragedie narrate dalle donne, coloro che pativano maggiormente la povertà e rinunciavano all’ultimo boccone per consegnarlo ai figli. S’informava sul destino dei mariti, per lo più braccianti o umili pastori. Le più sfortunate erano vedove di guerra ed a loro la Mallister mostrava maggior pietà. Con sentita partecipazione ne accarezzava il viso per cancellare i segni delle lacrime e ne addolciva i tratti con un sorriso. Comprensione, compassione ma mai commiserazione. Un’intima partecipazione alle sventure del villaggio, un aiuto concreto per chi possedeva poco ed era pronto a donare tutto.

    Untitled






    Parole: 1752

    Decidiamo di pernottare nel Villaggio ai limiti della Foresta del Lupo ed avviarci l’indomani verso Piazza di Torrhen. Mentre Vidya si occupa della salute e dei malanni dei poveri, Josephine provvede alla distribuzione dell’elemosina. Ascolta, partecipa emotivamente alle loro storie ed elargisce benedizioni.
     
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      Villaggio nei pressi della Foresta del Lupo · 22 gennaio 286AA
    Ogni qual volta la grave, e forzatamente solenne, voce del Septon si levava all'interno della carrozza per recitare versi e passaggi tratti dai libri sacri dei Sette, Vidya, in segno di rispetto, interrompeva temporaneamente ciò che stava facendo per ascoltarlo. I temi più ricorrenti delle prediche, spesso su espressa richiesta di Lady Josephine, come avvenne alla partenza da Castello Cerwyn, erano “la tolleranza” - che non doveva diventare, però, acquiescenza e condono di atti vili e malvagi - e il “ravvedimento dei peccatori” - perché il più grande desiderio dei Sette che sono Uno era quello di vedere ogni anima rischiarata dalla loro Luce.

    E, sebbene il religioso non lo avesse mai detto apertamente, la giovane Bolton sospettava che gran parte di quei discorsi fossero rivolti anche a lei, seguace degli Antichi, rappresentante di chi viveva lontano dalla ‘Verità’.

    Solitamente si limitava a mostrare un moderato e distaccato interesse, tenendo per sé ogni commento. Consapevole che, agli occhi di chi era indottrinato, ogni domanda sarebbe parsa come una mera provocazione, e non uno spunto di riflessione sull’oscuro passato del Credo e sull’ambiguità di molti di quei versi, che lasciava il testo in balia delle interpretazioni e rendeva possibile la nascita di eresie come quella Illyriana. E, paziente, aspettava il momento propizio per distogliere l’attenzione senza risultare scortese.

    Quel giorno, invece, mentre la carrozza a fatica si inerpicava su per i brulli rilievi che increspavano il territorio, aveva scelto di ignorare del tutto il Septon e le sue parole. Troppo stanca e sofferente per poter fingere interesse. Chiusa più del solito nel proprio silenzio, aveva tenuto la testa china e continuato a lavorare sulla ghirlanda, aggiungendo all'anello in salice gli spinosi rami di ginepro raccolti il giorno precedente - a simboleggiare protezione e resilienza - intrecciandoli pazientemente. Un modo per distrarsi e non pensare al sordo pulsare nelle tempie che l’accompagnava dal risveglio. Nulla che la potesse allarmare o costringerla a letto, cionondimeno insistente e fastidioso.

    Strinse il ramo e lo piegò, facendolo scorrere sotto la prima sezione dell’anello, gli aghi che le graffiavano e pungevano i palmi, premendole contro la carne. Ripeté l’azione, ancora ed ancora, fino a quando l’intero fuscello non fu intrecciato ai giunchi della base, aggiungendo il primo tocco di verde all’insieme, e cominciò ad aggiungerne un altro, concentrandosi su l'odore acre e resinoso della pianta e il dondolio della carrozza, lasciando che tutto il resto divenisse nient’altro che rumore di sottofondo.

    Avevano abbandonato la Strada del Re da due giorni ormai, deviando su consiglio degli esploratori verso sud ovest, lasciandosi alle spalle l’affluente del Coltello Bianco e addentrandosi negli impervi territori del Nord, tenendo alla propria destra la Foresta del Lupo. Una scelta che, secondo i calcoli, avrebbe permesso loro di poter sostare in un villaggio a metà del tragitto. Sarebbe stato estenuante altrimenti proseguire con quel passo sino a la Piazza di Thorren.

    Smise di intrecciare i rami e si massaggiò con discrezione la fronte con la punta della dita, lanciando un veloce sguardo alla cameriera. Non c’era bisogno di parole per intendersi. L’infuso alla melissa, che le era stato preparato quella mattina prima di mettersi in viaggio, non stava sortendo l’effetto sperato. La donna iniziò immediatamente a rovistare nella borsa e, dopo qualche attimo, le porse un sacchetto di tela contenente foglie di partenio essiccate. Con un sospiro le portò alle labbra. Era una pianta di cui non amava particolarmente il sapore, amaro e acidulo, e che doveva assumere con moderazione onde evitare sgradite conseguenze, ma era tra i più potenti dei rimedi che aveva a disposizione e Vidya doveva fare tutto ciò che era in suo potere per evitare che il dolore aumentasse e diventasse un ostacolo.

    *



    Era quasi giunta l’ora del primo pasto quando, arrivati in cima all'ennesimo clivo, nell'avvallamento ai loro piedi, scorsero delle volute di fumo che si innalzavano oltre le cime degli alberi. Segnali di un piccolo insediamento. Proseguirono lungo la fangosa stradina che scendeva, serpeggiante, fino a sparire nella boscaglia che cingeva i piedi della collina e, mentre il tiepido sole iniziava la sua lenta discesa nel cielo, cominciarono a comparire le prime abitazioni. Povere casupole dai tetti a spiovente ricoperti in paglia, annerita dalle intemperie e dal fumo che filtrava attraverso gli interstizi o le piccole aperture per il tiraggio. Le pareti, con basamento di pietra a secco, incrostate di muschi e rampicanti, erano costruite in legno e terra, in alcuni punti la pioggia e il tempo aveva scrostato la copertura d’argilla, lasciando esposta parte della struttura lignea. Umili rifugi per gli abitanti quando i gelidi venti del nord scavalcavano la barriera naturale creata dalle colline, e la neve cadeva incessante.

    Superarono diversi orticelli delimitati da piccoli steccati, con le colture invernali coperte da teli per proteggerle dalle gelate e la terra nera dormiente smossa in preparazione dell’inizio delle semine. Un recinto più esteso, sul limitare dell’insediamento, era incolto e vuoto. Probabilmente riservato al gregge che, al pascolo, punteggiava di bianco il fianco del poggio più vicino a loro.

    Un insediamento isolato, senza alcuna reale barriera, che poteva contare solo sullo spirito di sopravvivenza e capacità di chi lo abitava, povera genta che ricavava ciò che a malapena era necessario dalla terra e dai pochi animali a disposizione.

    Gran parte degli abitanti erano rintanati in casa davanti al focolare, fatta eccezione per qualche donna intenta a dare del cibo agli animali da cortile o a trasportare pesanti secchi d’acqua attinta dal pozzo posto al centro del piccolo villaggio. Ma, ben presto, udendo il lento scalpitio dei cavalli e il frastuono metallico e legnoso della carrozza che avanzava, i primi curiosi iniziarono ad affacciarsi dalle finestre, sbirciando attraverso le assi usate a mo’ di scuri per tenere il freddo all’esterno. A riversarsi in strada, con gli uomini impegnati a procurare cibo nella vicina foresta e ad occuparsi degli animali, furono per lo più donne, bambini ed anziani.


    Scesa dalla carrozza, in virtù della sua posizione, si portò di fianco alla Mallister. L'idea di quella sorta di pellegrinaggio era della giovane Aquila, ma il ruolo a cui Vidya era stata chiamata in rappresentanza degli Antichi e del Nord aveva altrettanto peso.

    Con i lunghi capelli raccolti in una morbida treccia laterale e i semplici, per quanto pregiati, abiti da viaggio di un cupo porpora, incarnava la sobrietà e praticità della sua terra. Nessun gioiello indossato ad impreziosire l'insieme, se non un fermaglio in diaspro rosso rigato a chiudere all’altezza del collo i lembi del mantello, in sostituzione dell'Uomo Scuoiato con rubini che era solita portare. Ma, nonostante ciò, non sarebbe apparsa meno regale agli occhi dei presenti, il liliale incarnato e il portamento fiero ed aggraziato, testimoni del suo alto lignaggio.

    Un'anziana, bardata in cenci di lana e pelliccia, si fece portavoce della piccola comunità e si avvicinò per accoglierle.

    "Mie signore... Benvenute nel nostro piccolo villaggio…"

    Un improvviso attacco di tosse scosse il fragile corpo della donna, costringendola ad interrompere il discorso di benvenuto. Alcune ciocche bigie sfuggirono dal pesante scialle marrone che le copriva la testa, e il magro volto, su cui il tempo aveva tessuto la sua ragnatela, prese colore per lo sforzo.

    "Scusate... Dicevo... Non abbiamo molto da offrirvi, ma per caso gradite una minestra calda? Immagino che viaggiare con questo freddo non sia piacevole…"

    Solo coloro che quel gelo lo affrontavano giornalmente potevano capire il disagio di un viaggio attraverso la regione del Lupo - anche per chi, come Vidya, nata in quelle lande, era ormai temprata a quel tipo di clima - e la differenza che poteva fare la condivisione di un piatto caldo. Una generosità, viste le poche risorse a disposizione, che commuoveva e insegnava molto di ciò che il Nord era.

    Riducendo la distanza che la separava dalla vecchia e stringendole le mani, Josephine rispose per entrambe, ringraziando per l'accoglienza e rifiutando cortesemente l'umile offerta. La Bolton annuì, concorde. Erano lì per dare non per togliere.

    Nel frattempo la piccola folla di curiosi era cresciuta di numero e la nobildonna di Seagard, evitando saggiamente di rivelare nei dettagli le ragioni che l’avevano ispirata, estese a tutti i presenti l’invito ad unirsi a quella marcia in nome della pace e della convivenza religiosa. Guardandoli si chiese come percepissero quel discorso così lontano dalle loro giornaliere, e ben più pressanti, preoccupazioni e se avessero intuito, nonostante tutto, lo spettro di nuovi disordini che aleggiava dietro quelle parole.

    "Vi lascio nelle mani di Lady Bolton. Non è da trascurare il vostro malanno."

    Sentendo l’attenzione improvvisamente concentrarsi su di lei, Vidya si irrigidì. «Lady Vidya» specificò, ponendo l'accento sul suo nome e, mentre la Mallister si allontanava per occuparsi delle elemosina, rivolse alla vecchia un piccolo, rassicurante, sorriso. Non capitava di certo tutti i giorni che delle nobildonne piombassero in un piccolo insediamento come il loro, offrendo viveri o cure, ed immaginava la donna potesse sentirsi, come tutti i presenti, leggermente sopraffatta dalla situazione.

    All’apertura dei sacchi, e alla vista delle monete, il quieto mormorio mutò in incredula agitazione, aggiungendosi alla cacofonia di suoni che scuoteva il cuore del villaggio. I versi degli animali agitati, il lamento del legno della carrozza e dei carri, le voci dei popolani che si sovrapponevano a quelle dei soldati che invitavano all’ordine, gli schiamazzi di chi si organizzava per predisporre l’accampamento. Ancora sensibile ai rumori a causa dell’emicrania, tutto le sembrava amplificato e stridente.

    Dissimulando il suo fastidio, ordinò alla servitrice ferma alle sue spalle di portarle la borsa con l'occorrente e, intimando con un'eloquente sguardo alla guardia Bolton di restare a distanza per assicurare riservatezza, posò gentilmente la mano sulla curva schiena dell’anziana. «Forse dovremmo trovare un posto più riparato e tranquillo.»

    Incamminandosi, osservò la scena intorno a lei. Lady Josephine pareva quasi trarre nutrimento dalla gratitudine che stava accendendo quei volti pallidi e smunti. Ricoperta di preziosi da capo a piedi, dispensava doni e carezze nel tentativo di trasmettere compassione e pietà. Una scena stonata, che - agli occhi della Bolton - strideva con l’immagine caritatevole che, probabilmente, pensava di emanare. Il leggero sorriso sulle sue labbra assunse per un attimo una piega di amaro disappunto. La fastosità con cui l’altra nobildonna elargiva denaro e mostrava gioielli era, non solo estremamente pericolosa, ma un’anacronistica ostentazione della propria ricchezza. Da esterna era come guardare un pingue signorotto, circondato da un lauto banchetto, lasciare, compiaciuto della propria dimostrazione di bontà, avanzi e briciole ad emaciati servitori. Un gesto che poteva placare il bisogno nell’immediato ma che non li avrebbe realmente nutriti.

    Ma se il bisogno faceva tendere la mano verso gli artigli dell'aquila, in quegli occhi, segnati dal dolore e dalle fatiche, e nella dignità con cui accettavano quegli inaspettati doni, ritrovò il radicato orgoglio del Nord.


    «É da molto che questa tosse vi tormenta?» chiese, invitandola a sedersi. Aveva già un’idea di cosa si poteva trattare, ma volle comunque accertarsene. La fece parlare, alternando domande sulla storia del villaggio e sulla sua famiglia a quelle sul disturbo che l'affliggeva e prese discretamente nota di ogni sintomo, dalla natura della tosse - grassa e cavernosa - alla presenza di sibili e ronchi nell’affannoso respiro. Memore degli insegnamenti del suo mentore sulle diverse tipologie di tosse e cosa queste potessero indicare sulla natura e gravità del disturbo. «Avete difficoltà a respirare e percepite una sensazione di costrizione al petto, giusto?» Mantenne un’espressione serena sul volto ed assunse il tono controllato e clinico, che più volte aveva sentito utilizzare dal Maestro Tybald con i suoi pazienti, nel tentativo di trasmetterle calma e metterla a proprio agio. Si sarebbe quindi sfilata un guanto e le avrebbe posato, con delicatezza, la mano sulla fronte per verificare l'eventuale presenza di febbre.

    Aprì la borsa, passando in rassegna le etichette dei vari rimedi, e selezionò uno dei sacchetti.

    «Gli Dèi, Vecchi e Nuovi, ci hanno messo a disposizione tutto ciò di cui necessitiamo per combattere molti dei malanni che ci tormentano» interloquì, versando una generosa parte delle erbe essicate su di un piccolo panno in tela. «Timo, echinacea ed anice sono ottime per sedare la tosse.» Se, in futuro, in caso di bisogno, la donna avesse ricordato anche solo una di quelle erbe, avrebbe potuto fare la differenza. Legò il tutto con uno spago e glielo porse con un altro piccolo sorriso. «Bevete un bicchiere di infuso la mattina, appena sveglia, e la sera, prima di coricarvi, finché i sintomi non si placheranno» le disse, specificando le dosi da utilizzare per ogni infusione. «Quindi un bicchiere solo la sera fino a quando non spariranno del tutto.»

    Una volta terminato, avrebbe chiesto all’anziana di indicarle chi altri nel villaggio necessitasse del suo intervento.

    Si mosse con discrezione, conscia di trovarsi su di un filo molto sottile, ed evitò di trasformare il suo aiuto in uno spettacolo autocelebrativo. Trattò piccole affezioni, come la purulenta e persistente irritazione cutanea che affliggeva un bambino, consegnando alla riconoscente madre un unguento a base di echinacea ed olio di iperico per alleviare l'eczema, ed una tintura madre di bardana per contrastare una futura insorgenza. Consigliò tisane, decotti ed impacchi per lenire piccoli acciacchi; e distribuì oli sia per disinfezioni che per reumatismi ed artrosi, frequenti tra chi aveva trascorso la propria esistenza in condizioni di vita tanto misere e gravose.

    Rimedi comuni e conosciuti, ma tristemente fuori dalla portata della maggioranza che già faticava a mettere il cibo in tavola. Fuori dai Castelli e lontani dai loro privilegi, piccoli malanni e ferite di poco conto potevano rivelarsi fatali. Vidya non si limitò quindi a donare qualche vasetto d’unguento, piccole ampolle contenenti oli o sacchetti d’erbe, ma, ponendosi come mero braccio esecutore delle disposizioni dei saggi Maestri, mise in campo la propria conoscenza della flora di Westeros, indicando quali erbe usare come surrogati, tra quelle che si potevano trovare agevolmente nei dintorni, e come trattarle per ottenere la massima efficacia.

    Tentò di dare a quelle donne, non solo ascolto e parole di conforto, spezzando la sensazione di abbandono, ma risposte e soluzioni a problemi concreti. Un'arma in più per proteggere loro stesse e i loro amati.

    Ogni sorriso e sguardo di timorosa speranza che riceveva in cambio del suo aiuto, le davano forza. Rappresentavano una piccola vittoria nella grande battaglia che combatteva alla ricerca di una cura per il suo male. Accrescendo la sua esperienza medica e facendola sentire in controllo, in grado di alterare, anche se solo temporaneamente, il corso della natura, strappando anime dalla soglia dell'Oltre.



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