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    Josephine Mallister Nord 23 Gennaio 286 Crepuscolo - Nuvoloso Barrowlands - Accampamento


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    L
    a luce soffusa delle candele si diffondeva nella tenda, tappezzata di arazzi che glorificassero le azioni degli Dei e rappresentassero tratti salienti della Stella a Sette Punte, intrise del profumo dell’incenso per la funzione religiosa del crepuscolo appena conclusa e imbottita di pellicce e paglia fresca in modo da isolare gli interni dal gelo che soffiava sulle Barrowlands. Ricordava la fatica dei cavalli e le difficoltà delle ruote della carrozza quando per la prima volta aveva attraversato lande così ispide e desolate. Terra ghiacciata, colline prive di vita ed incapaci di far crescere un manto di steppa poco più alto di un piede. Lady Stark-Flint aveva messo a disposizione una carrozza robusta e uomini preparati ad affrontare i pericoli delle strade accidentate. La discesa verso il confine procedeva spedita, nonostante le rare deviazioni e le interruzioni della strada accidentata crepata dal gelo e dalle violente grandinate. Proprio nelle Barrowlands, alle prime luci dell’alba, aveva per la prima volta intravisto un Albero-Diga. Un altare volitivo per altri Dei, a cui l’intero Nord era devoto, e per cui la stessa Mallister stava combattendo. Non come nemica, come ci si aspettava da una buona osservante della Fede dei Sette Divini, ma come alleata. Uniti sotto un unico vessillo, devoti di ogni angolo del Nord, erano pronti a manifestare tolleranza e fratellanza verso chi sembrava digiuno delle tradizioni e delle leggende che circolavano oltre l’Incollatura. Mai aveva immaginato di lasciarsi coinvolgere in una spedizione tanto ambiziosa, marciando fianco a fianco con chi offriva preghiere ad alberi e non ad adornati e preziosi altari. Al Sud le malelingue sussurravano termini tutt’altro che lusinghieri nei confronti di chi si aggrappava ancora all’antico credo, “Prega-Alberi”. Un triste destino per chi viveva nel peccato ed era incapace di scorgere la Luce dei Sette.

    Dopo le preghiere del vespro si sentiva decisamente sollevata, serena. Come se la stanchezza fosse portata via con gli idi della sera, anche se continuava ad avvertire dolore alle ossa ed il naso arrossato non la smetteva di gocciolare. A volte le preghiere venivano interrotte da violenti accessi di tosse o peggio starnuti. Le ancelle si prodigavano a riscaldare del buon the ed aggiungere erbe mediche come le era stato suggerito da Maestro Edmund. Eppure la Mallister non aveva nessuna intenzione di lasciarsi visitare, devota alla Fanciulla ne aveva fatto dono il proprio corpo, e mai nessun’uomo poteva sfiorare il corpo di una vergine se non dopo contratto matrimoniale. Sapeva di poter resistere, resiliente com’era, con gli intrugli che le preparavano le ancelle o i consigli del Maestro di Grande Inverno una volta scoperta la tendenza ad ammalarsi così facilmente. Una salute fin troppo cagionevole per affrontare a cuor leggero un viaggio tanto pericoloso. Il solo pensiero di passare l’ennesima notte in un accampamento di fortuna e non tra le sicure e calde pareti di un templio l’atterriva. Temeva per se stessa e per il destino del peregrinaggio. Cosa sarebbe accaduto se l’indomani i suoi occhi non si fossero riaperti? Stroncata dal freddo, ferma nel tempo ed immacolata nella bellezza della gioventù. Sperava che qualcun altro, chi per lei, avesse portato avanti la pacifica marcia. Eppure non pensava al mortifero abbraccio dello Sconosciuto, fino a quando le sue condizioni di salute non fossero peggiorate e relegata in una portantina con febbri capaci di indurla al delirio. S’imponeva la forza, quando in realtà si sentiva tanto fragile. Un bocciolo che era riuscito a forare lo strato di ghiaccio, ma ancora esposto alle intemperie del cielo. Tra gli scritti di Maestro Luwin s’era interessata alla flora locale, rimanendo affascinata dalla resilienza di un fiore che sfidava l’inverno. Il Bucaneve, con i suoi petali candidi come la neve, fioriva quando nessun’altro fiore aveva l’ardire di farlo. Lo trovava straordinario, meraviglioso.

    Distese la schiena sullo schienale della poltrona foderata di velluto ed imbottita di pelliccia di volpe. Le mani lasciarono la piuma di falco nel calamaio e strinsero i braccioli della poltrona. Cercava una posizione confortevole per rilassare i muscoli in tensione, mantenuti così per chissà quanto tempo. Le finestre della tenda erano state sigillate ed era impossibile per lei scandire il tempo senza rivolgere lo sguardo al cielo. In lontananza si udivano i selvaggi canti del Nord, ballate che recitavano intorno ad un fuoco di fortuna le imprese di antichi eroi. Chiacchiere delle milizie, soprattutto di chi aveva abbandonato i caldi letti di casa per perseguire un nobile intento. Stark, Mallister, Bolton, Cerwyn ed altri uniti sotto un unico vessillo. C’era anche chi, non sazio delle prediche del Septon, cercava la solitudine per offrire le proprie preghiere per un presto ritorno a casa o glorificare al cospetto degli Dei il nome di chi conduceva tale spedizione. Inni e preghiere che si diffondevano nell’accampamento, anche quando il sole era già calato. Non potevano mancare profumi di arrosto, selvaggina appena catturata e pane raffermo proveniente dalle scorte. Era proprio ciò quello che attanagliava la mente della Mallister. Grande Inverno era stato generoso, offrendole tutto ciò di cui avevano bisogno per il viaggio. Le vettovaglie andavano razionate, imposti sacrifici e regole, oltre che mantenere l’ordine tra le milizie che un tempo avevano condiviso il campo di battaglia non come alleati. La fanciulla di Seagard aveva concluso la faticosa lista di entrate ed uscite del giorno appena trascorso. Avrebbe dovuto ridurre le razioni per poter superare le Barrowlands senza patire la fame e costretto il corteo a maggiori deviazioni per raggiungere villaggi con cui scambiare merci e cibo. Sentiva il peso di ogni vita presente nell’accampamento gravare sulle sue minute spalle. Doveva essere forte, prudente e lungimirante.

    Aveva richiesto la compagnia di Lady Bolton alle prime luci della sera. Avrebbe interrotto il digiuno con lei, dopo la celebrazione dei rispettivi riti e sentiva la necessità di confrontarsi con qualcuno di diverso. Qualcuno che non le avrebbe mentito per non recarle dispiacere o recitato a memoria la filastrocca che si raccontavano da giorni. Il Septon era una valida spalla su cui contare, capace di nutrire l’animo giovane e dubbioso della Mallister. Era lui ad ispirarla con dogmi e preghiere, esortandola a trovare la forza dentro di lei e mostrandole il cammino. Non aveva nessun dubbio sulla strada da percorrere, ma si trovava sguarnita di strumenti con cui affrontare la marcia. Il Nord era profondamente diverso dalle Terre dei Fiumi. Tradizioni diverse, usi e costumi che a Sud dell’Incollatura sembravano barbarie. Forse avrebbe dovuto ascoltare l’opinione di chi era nata in tali terre e che non sempre era stata favorita dai propri natali. Chi più di Lady Vidya poteva darle un’onesta opinione sul Nord?

    Quando la sorella di Lord Roose Bolton fu introdotta nella tenda di Lady Josephine dalla guardia Mallister, trovò la fanciulla di Seagard ancora seduta dietro allo scrittoio ed intenta a togliere la collana in smeraldi che aveva mostrato orgogliosa per l’intero tragitto. Un prezioso gioiello proveniva dal portagioie di Seagard, un dono della madre per rammentarle l’appartenenza alla Terra dei Fiumi. I cinque smeraldi che intarsiavano il gioiello, diversi per dimensione e taglio, risplendevano alla luce del mattino come le acque dei fiumi. Una diversa tonalità per profondità e latitudine. Era certa che non avrebbe recato troppo dispiacere a Lady Joanna Banefort se l’avesse data via per portare a termine una missione diplomatica da cui dipendevano le sorti dell’intera famiglia. Difficili rinunce in tempi altrettanto difficili. Ripose la collana smeraldina tra le mani dell’ancella, senza esitare. - Sono certa che otterremo una piccola fortuna, quel che basta per sfamare un corteo sempre più grande. - Lanciò un’occhiata al libro dei conti. Grazie alla propria caparbietà aveva imparato ad utilizzare l’abaco in bronzo, su cui impilava gettoni per tenere il conto degli ori che avrebbe dovuto investire. Per quanto Lord Jason Mallister odiasse l’idea che le nobili mani della figlia potessero sfiorare oggetti di mercanti e banchieri, in quanto l’animo di una donna era troppo fragile e volubile per occuparsi di affari, Lady Josephine non aveva nessuna intenzione di assoldare un contabile. Nel frattempo l’ancella ripose la collana in un sacchetto in stoffa e lo fece sparire tra le pieghe dell’abito. - Assicuratevi di trarne il maggior profitto possibile. Il prossimo villaggio, secondo le opinioni degli esploratori, è ad un giorno di carrozza. - Stava per congedarla con un cenno della mano, quando si accorse dell’arrivo dell’intrusa. Lady Bolton non era affatto un’intrusa, visto che era stata personalmente invitata dalla fanciulla di Segard. Tra i conti ed i pensieri aveva perso la cognizione del tempo. Pensava di avere ancora un po' di tempo prima d’interrompere il digiuno. Nascose la sorpresa dietro ad un sorriso appena accennato, prima di sollevarsi dalla poltrona ed andare incontro all’ospite.

    Un abito in velluto con i colori della terra impreziosiva il pallido incarnato. L’oro dei ricami luccicava sia sulla scollatura squadrata, lì dove non brillava più il pendente smeraldino ma risaltava la pelle alabastro alla luce dei candelabri. Maniche ampie, testimoni di una moda che si portava ancora più a Sud della Terra dei Fiumi ed in accordo con le linee di pensiero che circolavano da qualche tempo ad Approdo del Re. Una gonna ampia, incorniciata con ghirigori in oro. Sembrava un campo di grano, un fiorente campo di grano. Il velluto terreo, i merletti in oro ed il pallore dell’incarnato che sembrava quasi gli affluenti di Bianco Coltello, che si erano lasciate alle spalle da giorni ormai. Le affusolate dita non potevano essere prive di anelli e nemmeno i lobi delle orecchie, esposti come non mai a causa della chioma ramata raccolta fin sopra la nuca. Un diadema di opali e fermagli d’argento tenevano ferma la capigliatura austera ed ordinata, nonostante un’intera giornata di viaggio. A tradirla erano le palpebre pesanti, l’incarnato troppo pallido come il chiarore di luna e la posa statica che ostentava per tenersi in piedi. Era esausta, eppure ancora in piedi per ricevere un’ospite, sorridere con cortesia e condividere un lauto pasto. Schiena dritta, mani intrecciate all’altezza dello stomaco e spalle basse. - Lieta di godere della vostra compagnia, Lady Vidya. Accomodatevi, la cena verrà presto servita. - Con un gesto della mano indicò un tavolo in legno con panche imbottite di velluto in un angolo della tenda. La struttura era poco più grande di quella di un comune soldato, tappezzata di arazzi, con un letto a baldacchino in un angolo, un inginocchiatoio ed un libello di preghiere, diversi bracieri per riscaldarne l’ambiente ed un tavolo con panche. Poteva sembrare il ritiro di una Septa in pellegrinaggio, se non fosse per lo sfarzo ed i confort che la nobildonna di Seagard si era portata dietro. La paglia e le pellicce provavano a trattenere il calore. L’acre odore dell’incenso faticava a svanire, anche dopo diverse ore dalla funzione religiosa. Bastava uno sguardo per rendersi conto della devozione di Lady Josephine alla fede dei Sette, ma per quella sera aveva lasciato la Stella Sette Punte nel portagioie ed il libello di preghiere sull’altare. - Viaggiamo da giorni insieme e non ho ancora avuto modo di ringraziarvi per la vostra presenza e sentita partecipazione per il peregrinaggio. - Così lo chiamava. Non spedizione, non marcia. Peregrinaggio per la pace, anche se Dito della Silice non sarebbe stato di certo un luogo di culto. - Mi duole non osservare la buona etichetta, anche in circostanze così disagianti. Avrei tanto voluto indossare un abito più appropriato e non restare con quello da viaggio. - Come al solito pativa il freddo ma non faceva nulla per adeguarsi agli abiti imbottiti, spartani ed impreziositi di pelliccia come quelli del Nord. Una delle ancelle, quando prese posto sulla panca con un cuscino in piuma d’oca e foderato di velluto, le gettò sulle spalle un coprispalle in lana. Provava un pizzico di vergogna per mostrarsi a tavola con lo stesso abito. Qualcosa di superficiale per una donna del Nord, pragmatica ed essenziale, ma importante per chi proveniva da altre latitudini. Era come una mancanza di rispetto per l’ospite, purtroppo era stata sorpresa dal tempo. Non era tanto veloce nei conti ed aveva impiegato più tempo del previsto.

    Scacciò via il disagio nascondendolo dietro all’algida freddezza che mostrava di consueto. Solo la carità e le preghiere riuscivano davvero a scalfirne la corazza. Le dita sfiorarono appena il palmo della mano gemella, dando il via al corteo di ancelle che portavano le pietanze. Vassoi con selvaggina fresca cotta alla brace con salvia e menta, pane raffermo cosparso di burro alle erbe di bosco, confettura di frutta, abbacchio con salsa di more, stufato di ortaggi, brocca di vino e acqua di fonte. Non un lauto e ricco banchetto, ma la fanciulla di Seagard non poteva offrire altro. Con la promessa di donare gli avanzi del cibo alle milizie ed ai servitori al seguito delle due nobildonne. Con un’occhiata congedò le ancelle per rendere la cena privata. - Rendete grazia per il cibo con le vostre preghiere. Poi io farò con le mie. - L’austerità nel tono poteva far sembrare le parole come un ordine, o un modo per creare ancora distanza tra le due culture. Per una fanciulla vissuta fuori dai confini del Nord e timorosa di perdere le proprie radici mantenere una sorta di distanza le infondeva coraggio, sicurezza. - Desidero conoscere i vostri Dei. - Esitò. - Parlatemi di loro, ve ne prego. - Era davvero pronta ad ascoltare ciò che per un’intera esistenza le era stato vietato? Pensava al peccato, a quanto una donna fosse così incline a commetterlo. Forse stava sbagliando, ancora. Era suo compito capire. Comprendere. E solo in un secondo momento eventualmente condannare, rifiutare.

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      Accampamento nelle Barrowlands · 23 gennaio 286AA
    La guardia scostò un lembo della tenda e Vidya varcò la soglia. La prima cosa che percepì fu l’odore pungente dell’incenso con le sue note terrose e legnose, seguito dal gradevole tepore dell’ambiente in contrasto con il gelo che si era lasciata alle spalle, sfumato come le voci e i rumori che provenivano dall’esterno. Era lì fuori, tra coloro che si erano uniti alla loro marcia, sempre affiancata da uno degli uomini Bolton, che solitamente trascorreva le serate, per aiutare quando possibile a lenire piccoli malanni o infortuni e per ascoltare i racconti e i canti della sua gente. Molte di quelle storie le conosceva bene, altre le erano del tutto nuove e le stavano rivelando inedite sfumature del passato e della cultura del Nord. Le ascoltava, avida, e non appena poteva le trascriveva, immortalando quelle preziose testimonianze su carta. Dopo quasi una settimana di viaggio, la sua silenziosa presenza non era più fonte di disagio e si era ritrovata ad attendere con trepidazione quelle ore passate davanti al fuoco - una gradita pausa dalla tensione del viaggio e dai pedanti discorsi del Septon. Momenti semplici, ma di cui avrebbe custodito il ricordo per sempre.

    Il suo sguardo spaziò, critico, lungo l’interno del piccolo padiglione, prendendo nota di come la Mallister, neanche durante quello che aveva più volte definito "peregrinaggio", avesse voluto rinunciare alle comodità e allo sfarzo. Colse, riconoscendoli, i riferimenti religiosi rappresentati sugli arazzi che adornavano le pareti ed indugiò su di uno in particolare, affascinata dal modo in cui le immagini sembravano rifulgere, animate dalle guizzanti fiamme delle candele. Vi era ritratta una figura maschile - il Padre - con la mano destra tesa verso il cielo in procinto di afferrare una stella; ai suoi piedi un uomo, con in testa una corona composta da sei stelle, congiungeva le mani in preghiera, il viso rivolto verso il Dio. L’incoronazione di Hugor della Collina.

    Vidya si fermò a pochi passi dall’entrata, in attesa. Indossava una sorta di pellanda a collo alto di un cupo rosso sangue, foderata in pelliccia nera e dotata di aperture lungo le maniche. Il rigido e aderente busto, che donava all’insieme un’aura ancora più austera e castigata, era richiuso da piccoli bottoni fino alla vita, ove si apriva rivelando l’ampia gonna, di una tonalità leggermente più chiara, corta fino alle caviglie. I capelli erano stati lasciati sciolti ad eccezione delle ciocche che, da un lato, erano state raccolte in una treccia che si sviluppava, scendendo obliquamente lungo la chioma corvina, in un’elaborata trama richiamante la tessitura dei rami di un canestro, tenuta assieme da un semplice e delicato fermaglio con gocce di rubini.

    Trovò Lady Josephine seduta allo scrittoio, intenta a riporre in un sacchetto una preziosa collana di smeraldi - la stessa che le aveva visto indossare fieramente in quelle giornate - consegnandola, con chiare indicazioni, all’ancella al suo fianco. Le sue parole, unite alla presenza dell’abaco e quello che sembrava essere un registro dei conti, tolse alla Bolton ogni dubbio su cosa la scena a cui stava assistendo significasse.

    Fu in quel momento che la Mallister la notò e, vestita con i colori della terra, scintillante di ricami e bordure dorate e di preziosi, le andò incontro per accoglierla.

    “Lieta di godere della vostra compagnia, Lady Vidya. Accomodatevi, la cena verrà presto servita.“

    «Vi ringrazio per l’invito, Lady Josephine.» Con passo leggero la seguì, avviandosi verso il tavolo sistemato poco distante, in un angolo della tenda. «Gradito quanto inaspettato.» Da quando, il pomeriggio della battuta di caccia, la loro conversazione era stata bruscamente interrotta non era più riuscita a stabilire un reale contatto con l’altra, se non per scambiare fugaci impressioni e commenti. E, la parte più sospettosa e diffidente di lei, continuava a temere di aver frainteso ed essersi aperta con la persona sbagliata.

    “Viaggiamo da giorni insieme e non ho ancora avuto modo di ringraziarvi per la vostra presenza e sentita partecipazione per il peregrinaggio. “

    Peregrinaggio.

    La dedizione di Josephine per i Sette le era fin da subito stata evidente e, più volte, si era ritrovata a paragonarne il trasporto religioso a quello di una Septa. Se il libretto di preghiere posato sull’inginocchiatoio, insieme all’odore d’incenso che ancora permeava l’aria e alla corona dei Sette che spesso le vedeva indossare, erano le tracce materiali della sua fervente fede; l’intensità, che aveva potuto osservare in quei giorni, con cui ascoltava e si aggrappava ai sermoni del Septon, come se da quelle parole traesse ogni forza e conforto necessari, era la testimonianza della sua intima e totale devozione. Non aveva dubbi la giovane Lady stesse vivendo quel viaggio come una chiamata venuta dall’alto.

    Per Vidya era diverso. A spingerla erano state - ed erano - motivazioni più terrene, per quanto sentisse il peso del proprio ruolo di Cerimoniere degli Antichi.

    Chinò modestamente il capo. «Come vi dissi, concordando con le vostre sagge parole, al nostro arrivo a Grande Inverno: sta a noi farci carico del dialogo laddove possibile» ribatté, richiamando lo scambio avuto davanti alla tazza di tè in compagnia di Lady Flint-Stark, «e contribuire in ogni modo, nei limiti delle nostre possibilità, al mantenimento dell’equilibrio raggiunto per costruire un futuro più solido.»

    “Mi duole non osservare la buona etichetta, anche in circostanze così disagianti. Avrei tanto voluto indossare un abito più appropriato e non restare con quello da viaggio.“

    «Non datevi cruccio per una tale piccolezza.» Minimizzò, sedendosi aggraziatamente sulla panca imbottita, consapevole, tuttavia, di quanto queste formalità contassero per l’altra. Prese nota del preoccupante pallore, che neanche la calda luce delle candele riusciva a smorzare, e del naso arrossato - entrambi risultato della cieca ostinazione con cui la Mallister rifiutava di adattarsi, nel vestirsi, alle temperature del Nord. Una lotta contro sé stessa e che prevedeva un unico esito: la sconfitta dell’orgogliosa Aquila. Non fece alcun commento a riguardo, confidando nell'intelligenza della giovane che, prima o poi, le avrebbe fatto realizzare l’inutilità di questa sua presa di posizione, indi spostò l’attenzione sulle ancelle che imbandivano l’improvvisata credenza di parata, saturando l’aria con i ricchi aromi delle spezie e dell’odore di carne arrostita.

    Tese le labbra, nascondendo il disappunto per l’eccessiva - ai suoi occhi - abbondanza di quelle portate dietro un leggero sorriso.

    “Rendete grazia per il cibo con le vostre preghiere. Poi io farò con le mie.“

    Le pallide iridi si staccarono dai fumanti tranci di agnello ricoperti di salsa, puntandosi sul volto di Josephine. La fissò, lasciando che il silenzio si prolungasse per qualche attimo di troppo, per nulla colpita dal tono utilizzato. Avrebbe potuto ricordarle che, davanti a lei, non c’era una delle sue ancelle a cui poteva dare ordini o maltrattare a suo diletto, ma una Bolton. «Gli Antichi, solitamente, si pregano in silenzio.» Disse infine, scegliendo di non polemizzare e attribuendo quell’atteggiamento alla tensione. Poteva solo immaginare lo stato d’animo della giovane che, già oberata da aspettative e pressioni, si trovava ora a dover sostenere il peso della responsabilità di una missione tanto delicata. «Non siamo soliti utilizzare formule o frasi predefinite» da ripetere a memoria come una cantilena, aggiunse mentalmente, pensando agli interminabili salmodie del Septon, «solo parole che sgorgano dal cuore in un intimo e diretto dialogo con gli Dèi.» I riti erano pochi e dedicati a rare e speciali occasioni. «Ma per voi farò un’eccezione.» Si sporse leggermente in avanti, intingendo le dita nel piccolo acquamanile posto sulla tavola, per purificarsi simbolicamente prima di rivolgersi agli Dèi. Quindi allungò le braccia in direzione della Mallister, il palmo rivolto verso l’alto in un silenzioso invito a congiungere le loro mani ed unire le loro energie.

    Che avesse colto l’invito o meno, Vidya, chinò la testa e chiuse gli occhi.


    Góðir vigi
    jörðinn vér som gefur øss fœða,
    sólinn som næra það,
    vindrinn som flytja sinn korn,
    regnin som seðr sinn þyrstr,
    hǫndumi menn som hjalp vaxa ok veiðr þessi matr.



    "Dèi benedite,
    la terra che ci ha dato da mangiare,
    il sole che l'ha nutrita,
    il vento che ha sparso i suoi semi,
    la pioggia che ha saziato la sua sete,
    le mani degli uomini che hanno contribuito a coltivare e cacciare questo cibo."



    Recitò. La sua voce, bassa e cupa, si tinse di ulteriori ombre, vibrando alla musicalità delle prolungate vocali e spigolosità delle dure consonanti dell’Antica Lingua.

    Ginnheilǫg goð sem sjá allr,
    óreiðum augum lítið okkr þinig,
    mál ok mannvit gefið okkr
    Vér hljóða biðjum æ friðdrjúgrar farar
    meðan dagurin endar.


    "Altissimi Dèi, che ogni cosa vedete,
    volgete il vostro sguardo benevolo su di noi,
    donateci saggezza ed eloquenza.
    In silenzio preghiamo per un viaggio tranquillo,
    mentre il giorno finisce."


    Sollevò nuovamente il capo e, ritirando le braccia, aprì le palpebre. Un leggero sorriso ad incurvarle le labbra. «Ho chiesto agli Dèi di benedire la terra e gli uomini che hanno contribuito a portare questo cibo sulla nostra tavola», riassunse velocemente. «Ed ho reso loro lode chiedendo di vegliare su di noi, donandoci saggezza ed eloquenza, e di assicurarci un viaggio tranquillo.»

    Una volta che anche Josephine ebbe concluso le proprie preghiere, prese il tovagliolo e, come da galateo, lo sistemò sulla spalla sinistra pronta a dare inizio al pasto.

    “Desidero conoscere i vostri Dei. Parlatemi di loro, ve ne prego.“

    Nell’avanzare quella richiesta, Josephine, le parve esitante. Come se fosse in procinto di attraversare un lago ghiacciato e temesse la superficie potesse cedere sotto di lei da un momento all’altro. Era mera necessità - l’essere conscia di dover avere a disposizione ogni arma necessaria nel suo arco - a spingerla a fare quei passi, o c’era anche della curiosità verso ciò che finora le era stato precluso?

    Prese tempo, versandosi dell’acqua e iniziando a sorseggiarla, pensosa. Da dove cominciare?

    Il silenzio tornò ad avvolgerle. Dall’esterno giungeva solo l’indistinto chiacchiericcio del loro seguito mentre le pareti della tenda si muovevano, percosse dalle violente folate di vento. Il sole tramontava presto nelle Terre delle Tombe, sparendo dietro le creste delle colline e lasciando all’oscurità e al gelo quelle terre scure e aride, piene di storia e mistero. Udendo quel lamentoso e cupo ululato, non si poteva fare a meno di chiedersi se le leggende non fossero vere, e se si trattasse delle voci di coloro che avevano osato disturbare la pace di chi riposava nelle profondità del terreno, che ora vagavano inquieti, inerpicandosi su per quei tumuli, sferzando l’erba con le proprie grida.

    «Li conoscete già», esordì, posando il calice sulla tavola. «Udite la loro voce ogni qual volta vi soffermate ad ascoltare il fruscio delle foglie smosse dal vento.» Accennò un piccolo sorriso e proseguì.«Gli Antichi Dèi animano ogni cosa che ci circonda. Sono in ogni pianta, animale, roccia. Nel calore dei raggi del sole, nel mormorio delle acque dei fiumi, nel sospiro della neve che si posa a terra e nell’acciottolio delle pietre smosse dalle correnti.»

    Era questa la prima, fondamentale, differenza con la Fede. Non un Dio, che racchiudeva in sé sette aspetti, personificati nei Sette Volti, ma innumerevoli entità. Un culto primordiale che vedeva nelle forze della natura la manifesta essenza del divino. La loro carezza era percepibile nei profumi della primavera. La loro energia vitale nei germogli della terra. La loro ira nelle tempeste.

    «Venerati dalla notte dei tempi, non hanno alcun volto, né nome. Il loro culto è stato tramandato oralmente di generazione in generazione e risale a molto prima dell’arrivo degli uomini nel continente, quando queste terre, secondo le leggende, erano popolate dalla civiltà dei Figli della Foresta.»

    Un’epoca antecedente all’Età dell’Alba e ad ogni mito e leggenda noti. Le risparmiò, almeno per il momento, la storia di come i Primi Uomini passarono dallo scontrarsi con la misteriosa razza e distruggere Alberi-Diga ad incidere su di essi volti per venerarli.

    «Non abbiamo septe o luoghi di culto, se non i Parchi degli Déi. É lì, ai piedi degli Alberi del Cuore, sotto lo sguardo dei volti incisi dai nostri antenati, che ci raccogliamo in preghiera e svolgiamo cerimonie.»

    Niente mura in pietra, solo volte composte da rami. Niente vetrate arcobaleno, solo i colori e le luci della natura. Niente incenso, solo odore di terra ed erba. Niente canti, solo un intimo e muto dialogo.


    «La più grande ed erronea convinzione sul culto degli Antichi, è quella secondo cui gli Alberi-Diga siano solo degli alberi sacri agli Dèi - come possono essere i fiori bianchi e i rami di salice per la Fanciulla - o un mero simbolo, similmente alle vostre statuette ed altari.» Fece una pausa, inarcando un sopracciglio divertita. «O, ancora, che essi stessi siano gli Dèi.» Sì, era consapevole dei nomignoli con cui al Sud alcuni si rivolgevano ai seguaci degli Antichi Dèi. Scosse la testa lievemente, tornando seria. «Non è così. Gli Alberi del Cuore rappresentano innanzitutto un tramite. Nel momento in cui un volto viene inciso sulla loro bianca corteccia, liberandone linfa scarlatta, gli occhi degli Dèi si aprono. Attraverso di essi ci osservano e vegliano su di noi, testimoni di tutto quanto accade nel mondo.»

    Vidya ricordò l'aria di solennità che permeava il Parco degli Dèi a Grande Inverno e la soggezione provata al cospetto di quel severo volto dalle lacrime porpora. Non era una persona religiosa, ed aveva più dubbi che certezze quando si parlava di Fede, ma non poteva negare l’energia che quegli alberi emanavano, nonostante rimanessero muti alle sue preghiere. Il solo pensiero dello scempio perpetrato ai loro danni dai fanatici dei Sette le faceva ribollire il sangue.

    Strinse le mani in grembo e guardò la Mallister dritta negli occhi. Era importante che capisse.

    «Immaginerete, dunque, cosa le profanazioni al confine significhino per noi» soggiunse, nessuna traccia nella sua voce dell’ira e dell’indignazione che si agitavano dentro di lei. «Non solo una mancanza di rispetto nei confronti di ciò che è sacro, o sfregio di un simbolo della nostra civiltà, ma soprattutto l'interruzione o indebolimento di un collegamento. Distruggere un Albero-Diga equivale a rendere gli Déi ciechi, privandoci della loro protezione.»

    Terminata quella sorta di veloce panoramica sugli Antichi, prese un nuovo sorso d’acqua dal calice. «C’è qualcosa nello specifico che desiderate sapere?»



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    Non so cosa ho combinato con l'antico norreno/islandese/norvegese ma facciamo finta abbia senso XD


    Edited by »S« - 20/3/2023, 15:11
     
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    l primo plenilunio era già passato dall’inizio del viaggio, una spedizione umanitaria e di uomini e donne dagli intenti di pace ed armonia, che avanzavano a fatica lungo le strade del Nord per raggiungere il confine. Una marcia silenziosa, fatta di sermoni e preghiere elargite ad ogni povero villaggio trovato sul percorso oltre ad offrire elemosina e pane fresco. Un peregrinaggio, come lei stessa amava definirlo, in nome della fratellanza che ancora troppo spesso veniva ignorata per assurde pretese politiche o conflitti ideologici. Il Nord non era mai stato così frammentato, con l’assenza del Lord Protettore impegnato con faccende reali ad Approdo del Re. Grande Inverno aveva spedito una delegazione di uomini e nobili donne per poter sedare piccole rivolte che agitavano i confini. Gli stessi confini che erano stati promessi ai Mallister, durante l’accordo stipulato alla Torri Gemelle tra Lord Caleb Stark e Joseth Mallister. Radici troppo diverse, troppo distanti. Diverso modo di rendere grazia agli Dei ed usi e costumi che mai si sarebbero uniti sotto un unico stendardo. La fanciulla di Seagard era ben consapevole del peso diplomatico che gravava sulle sue esili spalle. Dito della Silice l’aveva accolta, nutrita ed ospitata con grandi onori poco tempo prima. Non aveva notato alcun accenno di ribellione o malcontento durante il suo soggiorno. Trovava assurdo, anzi terrificanti le parole di guerra che aveva letto su concessione di Lady Elysa Flint-Stark. Persino Lady Joanna Banefort-Mallister, così moderata ed assennata, aveva scritto di proprio pugno parole che lasciavano presagire ad un imminente conflitto.

    Se ne restava, per lo più quando la marcia si concludeva, nella sua tenda alla ricerca di tepore e quiete. Un modo per ristorare la propria anima e prendersi cura del proprio corpo ammalato. L’ostinazione l’avrebbe condotta ad una precoce morte, lo sentiva. Le braccia mortifere dello Sconosciuto le faceva visita nei momenti più freddi della giornata. Eppure mostrarsi con quei costumi e perseguire le proprie tradizioni era un modo per tener vivo il ricordo di casa, ed una promessa che aveva sugellato con la madre. Confrontandosi con la realtà al Nord si rendeva conto che forse non avrebbe potuto mantenere la parola data, tradendo in parte Lady Seagard. Ogni convinzione si sgretolava come creta, sotto le sue mani non appena provava ad afferrare le poche certezze che le erano rimaste. A volte, quando non era troppo impegnata a trascrivere la contabilità sul libro mastro o china sull’inginocchiatoio ad offrire le proprie suppliche agli Dei, scostava con la punta delle dita la tenda per osservare l’accampamento. Uomini e donne diversi per origini e credo religioso, riuniti davanti allo stesso fuoco alla ricerca di calore e conforto. Riscaldavano i loro animi con racconti e con l’abbrezza del vino, che la Mallister aveva suggerito di abusarne con moderazione. Udiva all’ombra della preziosa tenda, stringendo i denti per il freddo che trapelava dall’esterno, i racconti di gloriosi eroi e mistiche sacerdotesse. Il Tomo su miti e leggende al Nord era stato d’aiuto, permettendole di non perdersi tra i diversi raccolti. Altri erano assolutamente inediti. Li ascoltava a singhiozzi, ammirando la resilienza dei soldati davanti ad un tozzo di pane e felici di poter parlare delle proprie famiglie lasciate nel profondo Nord o al di sotto dell’Incollatura. Aveva quasi l’impressione, in quei brevi momenti, che non ci fossero differenze. Esisteva solo un noi.

    Riconobbe il martirio negli abiti di Lady Vidya Bolton. Rossa come il sangue, bianca come la neve. Nel Credo dei Sette il vermiglio rappresentava il martirio, lo spirito di sacrificio. Molti furono le Septe ed i Septon che per amor della propria fede si vestirono di scarlatto, o peggio bagnarono le loro immacolate vesti con il sangue. Una sfumatura che la Mallister aveva colto e di cui non era particolarmente certa che avesse fatto lo stesso la sorella di Lord Roose Bolton. Nonostante condividesse la carrozza da quasi una settimana si chiedeva ancora cosa aveva spinto la fanciulla di Forte Terrore ad unirsi alla spedizione. Era una donna saggia, accorta ma di certo non particolarmente devota. Anche su quel punto nutriva delle perplessità, i devoti agli Antichi Dei avevano un modo tanto particolare di dimostrare la propria Fede. Se il Culto dei Sette Dei era scandito da diverse cerebrazioni nell’arco della giornata, digiuni e forti penitenze per il perdono dei peccati, quello degli Antichi Dei era composto d’interiorità e silenzi. Era come se sentissero i respiri del Divino nel soffio del vento o le sue carezze nel dolce sfiorar dell’erba sulla punta dei piedi. Era un culto scialbo, a volte troppo lascivo secondo la Mallister. La fede era sofferenza, pentimento e devozione. Non poteva essere altrimenti.

    - Lady Vidya, la vostra compagnia mi è di conforto. - Annuì con un debole cenno della testa alle parole della Bolton. Entrambe credevano nella necessità del dialogo, ove possibile, per poter sciogliere la tensione che si respirava al Nord, o in qualsiasi altro regno di Westeros. Una guerra civile si era appena conclusa e le ombre di un’eresia muovevano ancora le masse popolari. Tempi pericolosi, decisioni pericolose. - Mi auguro che possiate essere mia alleata, nonostante le nostre differenze. Anche se non conosco i motivi che vi hanno spinta ad unirvi alla marcia verso i confini, vi ringrazio per quello che state facendo in qualità di Cerimoniere degli Antichi. - Durante la battuta di caccia alla Foresta del Lupo aveva stabilito un contatto, un sottile legame unite nella misera esistenza riservata alle nobildonne in un’epoca come quella che stavano vivendo. Mai libere d’esprimere davvero loro stesse, costrette alla moderazione per via del crudele giudizio nell’altrui sguardo e cercare la propria felicità in una vita scelta dagli altri. Si era sentita capita in qualche modo, anche se il Nord era stato meno crudele e proibitivo con lei. Poteva comprendere lo stato d’animo della Mallister, sia come ospite indesiderata della corte del Lupo e sia come ambasciatrice di Grande Inverno per risolvere una questione che andava al di là della propria comprensione. - A volte vi ho intravista in compagnia dei soldati e delle genti che ci seguono da giorni. - L’espressione austera ed il tono neutrale gettavano dubbi in merito. Non era appropriato per una nobildonna trascorrere del tempo con chi era di un ceto sociale inferiore, nonostante lei stessa provasse gioia e sentita devozione ogni qualvolta offriva elemosina e cibo ai poveri. Era carità la sua, invece Lady Vidya mostrava curiosità. Curiosità per il proibito. C’era forse del biasimo nelle sue parole? - Ascoltateli. Partecipate con trasporto alle loro emozioni. Condividete quei momenti… perché è da loro che otterremo la soluzione alla crisi sui confini. - Ne era fermamente convinta. - Non vi chiedo nulla in più e nulla in meno di ciò che state già facendo per il sostegno della comune causa. Temo che sarete voi, non io, la donna che risolverà la crisi sul confine. - Amarezza, sconfitta.

    Intinse la punta delle dita nella bacinella colma d’acqua di fonte, dopo essersi accomodata sulla panca ed aperto il tovagliolo finemente ricamato sulla preziosa veste. Poi le asciugò con il fazzoletto profumato che le fu consegnato da una delle ancelle, prima di abbandonare la sala e rendere la conversazione privata. Evitò di guardare l’ospite, intenta a compiere con grazia quei rituali che la buona etichetta imponeva. Un modo per nascondere l’invidia mista ad ammirazione per una donna che era così lontana dal modello di Lady, che aveva rincorso per l’intera fanciullezza. La Bolton riusciva a confonderla, a far vacillare ogni dogma in cui credeva mostrandole quanto fosse priva di veridicità la gabbia dorata di cui era prigioniera. Provava sgomento, rabbia e paura. Improvvisamente il cibo, di cui lei stessa si privava per intere giornate per mostrarsi devota e fedele ai precetti dei Sette, aveva assunto un particolare interesse ai suoi occhi. In onore della Bolton aveva ordinato di abbattere la selvaggina appena catturata, preparare lo stufato con gli ortaggi più freschi delle scorte e utilizzare la miglior brocca di vino. - … - A volte si rendeva troppo tardi conto di essere stata troppo aspra o autoritaria nel tono. Obliterata da responsabilità e gravosi pensieri finiva per perdere il contatto con chi le era accanto, dimenticandosi del proverbiale tatto che una Lady non doveva perdere in nessuna occasione. Era abituata a scaricare le proprie frustrazioni sulle ancelle, rimproverandole per qualcosa che avrebbe facilmente perdonato o ignorato in altre circostanze. Era pur sempre la fanciulla più amata di Seagard, a cui mai nulla era stato negato, ed il vizio s’era insinuato in lei nonostante la vita dedicata alle preghiere e alla carità. Si sentì avvampare per l’imbarazzo, notando il sottile risentimento mostrato dalla Bolton. Aveva quasi l’impressione che il Cerimoniere degli Antichi desiderasse sottolineare l’autenticità delle preghiere dedicate all’Albero-Diga rispetto alle formule usate nei templi dei Sette. - Non importa il contenuto delle parole ma le intenzioni. - Che fossero preghiere recitate a memoria o sussurri al vento ciò che importava era il trasporto religioso e la sincera devozione con cui si pronunciavano. Abbozzò un tenue sorriso a fior di labbra quando la Bolton le concesse di recitare insieme a lei le preghiere agli Antichi. Allungò la mano per stringere quella della nobildonna, per la seconda volta da quando i loro cammini s’erano incrociati.

    Il tono di Lady Vidya divenne più cupo e spigoloso, nel recitare le preghiere agli antichi. Lo sguardo cristallino della Mallister permase sulla Bolton, ascoltandone le incomprensibili parole e socchiudendo appena gli occhi. Soffocò dentro di sé il timore di compiere un sacrilegio, unendosi anche solo per pochi secondi alle preghiere di un diverso culto. Ebbe quasi l’impressione di tremare, rendendo la presa instabile e forse esitante quando la Bolton recitava preghiere con uno sconosciuto idioma. Poi strinse i suoi palmi con maggior forza, quasi per restare salda e ferma sulle proprie decisioni. Non poteva vacillare. Doveva essere ciò che rappresentava, sentirlo davvero e non tollerare come aveva sempre fatto. Poi quando fu il suo turno sciolse quel contatto e congiunse le mani di fronte al petto. Testa china, con le labbra quasi a sfiorare la punta delle dita, palpebre che nascondevano le chiare iridi come il mare di Seagard.

    - O Madre amante della vita,
    che nutri gli uccelli del cielo e vesti i gigli dei campi,
    ti benediciamo per tutte le creature
    e per il cibo che stiamo per prendere.
    Fa’ che il nostro nutrimento ci serva
    per compiere meglio la tua volontà
    e per costruire il tuo regno di Amore.



    Breve pausa.

    - Antica e saggia è la Vecchia, e il dipanarsi del nostro fato lei guarda. La sua lampada di oro vivido lei innalza, e tutti i bambini lei guida. -



    Concluse con il celebre passo tratto dal “Canto dei Sette”. Sciolse le mani congiunte e tirò un sospiro di sollievo, quasi come se le preghiere in qualche modo avessero cancellato ogni dubbio o futile traccia di peccato. Si ripeteva, minuto dopo minuto, che era pronta a stringere la mano del “nemico” per un bene superiore e per la pace dei popoli. Più respirava la gelida aria del Nord e si scontrava con la scorbutica resilienza per gli antichi culti e più capiva che c’era del calore sotto strati di ghiaccio ed apertura negli occhi degli estranei. Non dubitava della madre o degli insegnamenti di Septa Ysilla. Ma si rendeva conto che senza conoscere e mostrare un atteggiamento di completa chiusura l’avrebbe resa naufraga delle proprie stesse convinzioni. Un’aquila che faticava a spiccare il volo, caduta in terre troppo gelide dove sopravvivere e che doveva adattarsi pur di trovare un nido favorevole in vista dell’inverno. Comprendere, conoscere ed accettare. Si concesse qualche sorso di brodo in modo da trovare tepore in una serata fin troppo gelida. Distingueva i vari sapori degli ortaggi, dalla carota alla rapa, e non dovette nemmeno rimproverare il cuoco per l’eccessivo uso della cipolla. Era un piatto nutriente, avvolgente nelle consistenze e nel calore che riusciva ad infonderle ad ogni cucchiaio. Via via si fece sempre più avida, costretta ad interrompere il digiuno solo in tarda serata. In sottofondo le parole di Lady Vidya, su divinità che non avevano templi dove dimorare o entità concrete su cui riversare le proprie preghiere. Racconto dopo racconto si rendeva conto quanto fosse intimo il rapporto tra il Nord e le divinità. Si concesse l’ultimo sorso di brodo prima di tamponare gli angoli delle labbra con un tovagliolo e rimanere in ascolto. La Bolton le aveva più volte rammentato che la voce degli Dei non si manifestava con i canti di Septe o i sermoni dei Septon. Rimase in ascolto, udendo i lamenti delle Barrowlands. Aveva sentito terribili leggende sulle voci di quelle terre, rimanendone atterrita come la maggior parte del seguito. Non aveva mai immaginato che i sussurri del vento potessero portare la manifestazione del Divino in terra. - Gli Antichi esistono in ogni cosa, dunque. Animali, piante, alberi… insomma in ogni forma di vita. - Un concetto nuovo. - Perché allora non in ognuno di noi? - In quanto essere viventi anche gli uomini e le donne dovevano appartenere a quello scambio di energie e comunione con la divinità. Si chiedeva se non avesse frainteso. - C’è qualcosa di divino in ognuno di noi? - Sfiorò le labbra con la punta delle dita per coprire lo stupore sul viso. Aveva perso interesse per lo stufato, lasciando la posata a bordo del piatto. - Non vorrei aver frainteso le sue parole, Lady Vidya! Ma è qualcosa di nuovo per me. - Proprio come una bambina andava condotta amorevolmente verso la verità. Ammesso che i suoi occhi fossero davvero pronti ad accoglierla. - Perché le piante, le rocce o gli animali… e non noi? - Nel Culto dei Sette il Dio aveva ispirato i mortali a propria immagine e somiglianza. Una pallida imitazione, imperfetta.

    Spezzò un po' di pane con cereali per poter intingerlo nel brodo. Ne lasciò assorbire il sapore per poi introdurlo tra le labbra a piccoli ed aggraziato bocconi. Si concesse del tempo per riflettere, oltre che assaporare l’aroma del pane ed apprezzare le diverse consistenze del pasto. Muoveva appena le labbra per masticare, quasi per impastare di saliva il boccone ed apprezzarne meglio le sfumature. Dopo un’intera giornata di privazioni, i pasti serali assumevano un sapore diverso. - Ho bisogno di qualcuno che mi parli con franchezza e non con deferenza! - Era chiaro che si riferisse al Septon, che assecondava ogni proprio capriccio e la guidava verso il cammino che aveva sempre percorso. Senza mai chiedersi dell’esistenza di altri sentieri, timorata dal peccato. - Ho bisogno di qualcuno che abbia vissuto in queste terre e non conosciute attraverso un polveroso libro. Forse ascoltare un’opinione diversa... - Breve pausa. - Mi aspetto sinceri consigli da lei, Lady Vidya! - Rivolse lo sguardo alla Bolton, penetrante e deciso. Le stava chiedendo implicitamente di consigliarla, e guidarla nelle selvagge terre del Nord. Ora che erano lontane da Grande Inverno poteva parlare liberamente, era quasi certa che al rispettivo seguito ci fossero uomini e donne assolutamente fedeli alle proprie signore. - Cosa dicono di me? - Con un cenno della testa indicò le spalle della Bolton, lì dove c’era l’ingresso alla tende. Si riferiva al popolo del Nord, a coloro che aveva scelto di seguirla in una marcia di pace verso il Sud. Era certa che Lady Vidya avesse riscosso più consensi della scostante ed algida straniera al comando della spedizione. - Temo che abbiamo bisogno l’un dell’altra più di quanto ci aspettavamo. - Strinse i palmi sul grembo perdendo interesse per ogni pietanza ancora calda. - Cosa vi aspettate da questa spedizione? Perché avete scelto di seguirci? - I confini del Lupo non erano una responsabilità di Casa Bolton e la Lady non aveva mai mostrato un fervido interesse per le questioni religiose.

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      Accampamento nelle Barrowlands · 23 gennaio 286AA


    “A volte vi ho intravista in compagnia dei soldati e delle genti che ci seguono da giorni.”


    Vidya sorrise, per nulla toccata dalla nota critica che poteva percepire in quelle parole.

    La sua presenza davanti a quei fuochi suscitava molto meno scalpore agli occhi della gente del Nord, di quanto potesse provocarne a quelli della Mallister e del suo seguito. Perché la Bolton, per i primi, non era solo una Lady, ma anche il loro Cerimoniere. Un ruolo che aveva rimarcato simbolicamente il giorno della partenza da Grande Inverno, scegliendo di giungere al convoglio dal Parco degli Dèi, e che ricordava ogni giorno attraverso i suoi abiti rossi richiamanti la linfa degli Alberi del Cuore.

    Un ruolo che includeva tra i suoi doveri tanto il praticare i loro riti, quanto l’essere presente per i seguaci degli Antichi, così come il Septon lo era per quelli dei Sette. Ed era con rispetto e timore reverenziale che le si rivolgevano, ponendole domande o, semplicemente, raccontandosi.

    Da parte sua era determinata a sfruttare il più possibile questa copertura, concedendosi ciò che in altri contesti sarebbe stato considerato inappropriato - come il passare del tempo tra la gente comune o mostrare l'estensione della proprie competenze mediche - muovendosi con accortezza su quel labile confine, tutelando la sua virtù e il suo nome accompagnandosi sempre ad una guardia e la sua servitrice. Senza mai concedere troppa confidenza.

    A spingerla ad osare era la curiosità - la stessa che aveva animato il suo essere fin da bambina - e la voglia di vivere appieno quel viaggio. Aveva trascorso anni completamente isolata nella sua stanza al Forte. Intere giornate senza alcuna compagnia se non quella del suo Jiàn. Quei momenti, quel contatto umano, quelle voci, quei canti rischiaravano il buio lasciato dentro di lei da tanta solitudine. Almeno per un po'.


    “Ascoltateli. Partecipate con trasporto alle loro emozioni. Condividete quei momenti… perché è da loro che otterremo la soluzione alla crisi sui confini. Non vi chiedo nulla in più e nulla in meno di ciò che state già facendo per il sostegno della comune causa.”

    Inclinò leggermente la testa, perplessa da quello che sembrava quasi un concedere la propria approvazione.

    Annuì. Non sapeva se avrebbero trovato tra quegli uomini e quelle donne, la soluzione. Di certo, osservare il modo in cui interagivano e si rapportavano tra loro, poteva fornire utili informazioni e, nell'eventualità, portare ad individuare possibili punti di frizione su cui intervenire.

    Coloro che avevano scelto di seguirle lo facevano in nome della convivenza religiosa e, per gran parte del tempo, non risultavano esserci problemi. Le condivise difficoltà di quel viaggio non facevano altro che avvicinarli, ma c'erano momenti in cui le differenze si facevano sentire, incrinando l'equilibrio. Nulla più di qualche smorfia, sguardo bieco e borbottio, spesso smorzati da battute, ma quelle piccole crepe erano lì, a testimoniare quanto davvero fosse delicato l'insieme che cercavano di costruire.

    "Temo che sarete voi, non io, la donna che risolverà la crisi sul confine."

    «No», obiettò, scuotendo la testa a quell’immotivato scoramento. «Non ha senso ragionare in questi termini.» Vista la gravità della situazione - e gli ancor più tremendi possibili sviluppi - trovava avvilenti certi personalismi, preoccuparsi di chi avrebbe avuto i meriti della riuscita della missione o, di contro, detenuto le colpe per un possibile fallimento. Si sporse leggermente in avanti, cercando il suo sguardo. «Non dovreste sminuire il vostro contributo e ruolo in questa delegazione. Siete stata voi ad organizzare tutto questo. E siete voi a gestirlo.» Un compito per nulla facile. Lord e Lady con molta più esperienza avrebbero esitato ad addossarsi tali responsabilità. «Il vostro impegno non passa inosservato.» Fece una pausa, abbassando lo sguardo brevemente ad indicare il collo non piú adorno della collana di smeraldi. «Così come i vostri sacrifici.»


    Il lembo della tenda ricadde con un pesante fruscio alle spalle dell’ultima ancella, e i rumori provenienti dall’esterno si attutirono di nuovo, lasciandole sole in quell’ovattata tiepida atmosfera. Non commentò il leggero rossore che accese l’incarnato dell’altra nobildonna, una volta resasi conto del tono utilizzato, quel moto d'imbarazzo sufficiente a rassicurare la Bolton non ci fosse stata alcuna intenzione di mancarle di rispetto.

    Essendo stata più volte oggetto del suo sguardo giudicante e dei suoi modi autoritari, per quanto prontamente mitigati da un cortese sorriso, Vidya aveva ormai imparato che, sotto quell’apparenza delicata, la Mallister nascondeva un carattere pieno d'asperità, come lo stelo di un fiore celante aculei. E, se ciò che aveva appreso dai libri di botanica poteva essere applicato figurativamente alle persone, quelle spine rappresentavano le sue difese e il suo sentirsi vulnerabile - non un'arma per attaccare o ferire. La loro presenza rappresentava un bisogno di proteggersi e tutelarsi.

    La critica, non proprio velata, che la Bolton aveva mosso alla cerimonialità del Culto dei Sette, a volte eccessiva e di mera forma, fu immediatamente colta dall’acuta Josephine.

    "Non importa il contenuto delle parole ma le intenzioni."

    «Assolutamente,» concesse. «Penso, però, che ci sia differenza tra il ripetere pensieri altrui, pur credendo fortemente in essi; e generarne di propri, per quanto semplici, come conseguenza di un'urgenza e riflessione interiore.» Non erano molte le preghiere e i canti associati al Culto degli Antichi; e quei pochi erano per lo più di preparazione, un modo per predisporre la mente alla vera e propria preghiera che si svolgeva rigorosamente in silenzio.

    «Forme diverse di preghiera.»

    Tuttavia, si ritrovò a pensare mentre si preparava a ringraziare gli Antichi, per quanto gli inni e le litanie potessero coinvolgere e far sentire parte di un unico cuore pulsante volto al divino, la sensazione regalata dall’intimità della ricerca di un dialogo con gli Dèi era unica. Impareggiabile quantunque la mancanza di risposte potesse risultare esasperante.

    “O Madre amante della vita
    che nutri gli uccelli del cielo e vesti i gigli dei campi...”



    Vidya intrecciò le dita e tenne le mani giunte in grembo, la testa abbassata in segno di rispetto. Quando aveva recitato i propri ringraziamenti, offrendo le mani invitando la Mallister ad unirsi a lei, aveva percepito nell'indecisione della sua presa, che per un istante si era allentata, il timore della giovane. La capiva. Lei stessa, che pur era stata cresciuta ed educata da una Septa, aveva provato disagio quando questa l’aveva coinvolta in una delle sue preghiere. Poi la stretta era tornata, più forte e salda, decisa. Ancora una volta la giovane Aquila stava osando, uscendo dagli schemi mentali che le erano stati imposti, come quando nella carrozza aveva scelto di farsi medicare.

    L’aggiunta finale sulla Vecchia le strappò un piccolo sorriso e, rialzando la testa, si chiese se Josephine avesse recepito il messaggio che le aveva lasciato nel libro.

    Iniziò a mangiare solo una volta che ebbe terminato di illustrare i fondamenti del Culto degli Antichi, sorbendo lentamente il brodo ancora caldo mentre ascoltava l’altra ragionare ad alta voce, nel tentativo di dare un senso all'immagine che la Bolton le aveva tratteggiato. Ciò che a Vidya pareva ovvio, era per l’altra un concetto astratto, forse a tratti blasfemo, sicuramente lontano sia dalla sua idea di divinità che di concezione dell’essere vivente.

    “…Perché le piante, le rocce o gli animali… e non noi? ”

    Posò il cucchiaio e si passò il tovagliolo sulle labbra, premendolo delicatamente.

    «Siamo tutti emanazione del divino», confermò. «Gli Antichi sono in noi essere umani, nella stessa misura in cui sono in tutto il resto: attraverso l’energia vitale che ci pervade.» L’anima. «Semplificando il concetto, pensateli come aria. Animano piante, animali e uomini tramite il respiro. E agiscono sulla realtà come il vento leviga le pietre.» E come l’aria, permeavano tutto, invisibili ed intangibili. «Una volta che la nostra vita su questo piano si esaurisce torniamo ad essere parte di quel tutto nell'Oltre.» La vita non era una fiamma che si estingueva, per poi venire trascinata in uno dei sette inferi o sette paradisi, come affermava la Stella a Sette Punte, ma un’energia - hugr, il nucleo dell’essere - che passa ad un altro piano dell’esistenza. «Da lì i nostri antenati vegliano su di noi.»

    L’idea che i morti conservassero la memoria della propria vita e dei propri cari anche una volta varcata la soglia dell’Oltre, era uno di quei punti a cui più si era aggrappata quando la solitudine le era sembrata intollerabile, pensando ai propri genitori. Una pace che, però, non era assicurata. A volte, si diceva, il passaggio poteva essere ostacolato, per colpa di proprie azioni o altrui, bloccando queste anime tormentate in una realtà di mezzo. Una non esistenza in un sempiterno oblio.

    Il silenzio tornò a calare nella tenda. Entrambe le giovani perse nei propri ragionamenti. Abbandonato il brodo, Vidya prese una costoletta d’agnello dal piatto di portata e ne tagliò un piccolo boccone, sentendo la leggera crosta della rosolatura cedere sotto la lama del coltello, rivelando la carne rosata e succosa. L’assaporò, apprezzandone la tenera consistenza e il modo in cui le note fruttate della salsa ne addolcivano il sapore intenso e rustico, creando un armonico contrasto.

    "Ho bisogno di qualcuno che mi parli con franchezza e non con deferenza! Ho bisogno di qualcuno che abbia vissuto in queste terre e non conosciute attraverso un polveroso libro. Forse ascoltare un’opinione diversa... Mi aspetto sinceri consigli da lei, Lady Vidya!"

    Franchezza…

    Avrebbe potuto subito testare quanta effettiva sincerità l’altra fosse in grado di sostenere, indicandole lo spreco che quel pasto rappresentava. Sottolineando come, se anche avesse ordinato la distribuzione degli avanzi, per quanto magnanimo come gesto, non avrebbe fatto che riempire la pancia di pochi e lasciare vuote quelle di molti altri, ottenendo nient’altro che generare scontento. Era loro diritto e nessuno, neanche tra gli uomini del Nord, avrebbe levato una voce per criticare tale ostentazione; ma erano già tanti i privilegi accordati in virtù del loro rango - la carrozza, le tende, le riserve migliori di cibo ... - sarebbe stato molto più saggio evitare di abusarne tanto sfacciatamente.

    Piccoli consigli come quello, Vidya ne era consapevole, avrebbero forse aiutato a migliorare la percezione che i loro compagni di viaggio avevano sulla fanciulla di Seagard, ma non erano la chiave della comprensione del Nord che quest’ultima cercava, per poter affrontare il gravoso compito posto sulle sue spalle.

    «Sono sempre stata franca con voi,» ribatté, alludendo alla loro conversazione nella carrozza durante la battuta di caccia giorni addietro, tra dibattiti e patimenti condivisi, dove si era esposta ed aveva cercato di farla ragionare. «E continuerò ad esserlo», soggiunse subito dopo. «Potrei cercare di spiegarvi il Nord,» prendendola figurativamente per mano e guidarla, passo dopo passo, attraverso un territorio tanto impervio, «ma da parte vostra deve esserci la reale volontà di guardare oltre i preconcetti. Dovete aprirvi senza timore.» Nessuno chiedeva, né si aspettava, da una straniera la capacità di assimilare una nuova cultura in così poco tempo. Vederla improvvisamente abbracciare il Nord sarebbe parso insincero ed artificioso. Quel che la gente cercava era rispetto, e quel latente rifiuto e costante atteggiamento giudicante che si percepivano dalla Mallister indispettiva. «Solo così potrete comprendere il mondo lì fuori.»

    "Cosa dicono di me?"

    Sospirò. «Non posso dire che si lascino andare a osservazioni su di voi in mia presenza.» Non la consideravano una di loro al punto da abbassare la guardia o lanciarsi in commenti su un’altra Lady. «Quel poco che ho udito non è nulla di diverso dalle voci che circolavano a Grande Inverno.» Lady Josephine era per i più una figura sfuggente e lontana, che guardavano con diffidenza, curiosità e, a volte, perplessità. «Tuttavia rispettano quello che state facendo per il Nord, e riconoscono le difficoltà che state affrontando.» Era vero. Le rare volte che quegli uomini e donne avevano modo di vederla, era durante le soste. Quando scendeva luminosa dalla carrozza, circondata da un’aura di virtuosità, per distribuire monete e cibo a chi più ne necessitava. Un’immagine forte, che stava erodendo, per quanto lentamente, parte dei pregiudizi che l’avevano accolta e, al tempo stesso, cementandone altri.

    «Immagino di essere anch’io oggetto del loro scrutinio» affermò, l’angolo della bocca arricciato in un sorrisino divertito. La Mallister non trascorreva tempo con la gente comune ma aveva un nutrito seguito tra guardie ed ancelle, sicuramente qualche commento le era arrivato. Se era vero che Josephine non conosceva il Nord, altrettanto valeva per lei nei confronti del Sud. Vidya non poteva svolgere il proprio compito al meglio senza comprendere il punto di vista dell’altra parte. «Soprattutto tra il vostro seguito.»

    "Cosa vi aspettate da questa spedizione? Perché avete scelto di seguirci?"


    Scostò il piatto e ripose il tovagliolo. «Ad essere sincera, in principio, per quanto il resoconto degli scontri e degli sfregi agli Alberi-Diga mi avesse scosso ed indignato nel profondo, ero indecisa se accettare o meno.» Abbassò lo sguardo, come se ammettere di aver tentennato potesse essere una colpa. «Davanti all'accorata proposta della Lady Madre, mi sono chiesta perché avesse pensato proprio a me.» Il sottinteso "una Bolton" chiaro anche se non detto. «La risposta che mi sono data è che la situazione necessitasse di qualcuno senza particolari legami con le due controparti e che potesse essere, al contempo, per voi una spalla.» Accennò un piccolo sorriso prima di tornare seria. «Ho accettato per la stessa ragione per cui mi trovavo a Grande Inverno: iniziare a fare la mia parte,» non era necessario, dopo quanto emerso nella conversazione con Lady Cerwyn, spiegarle perché spettasse a Vidya agire in tal senso, «ed evitare che i venti di fronda che stanno spirando lungo il territorio prendano forza.»



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    Josephine Mallister Nord 23 Gennaio 286 Crepuscolo - Nuvoloso Barrowlands - Accampamento


    ∼ Above the rest ∼


    C
    onflitti e dubbi agitavano l’animo della Mallister. Si aggrappava con nostalgia al ricordo del viso rigato di lacrime di Lady Joanna Banefort, prima della sua partenza e dopo averle consegnato il destino dell’intera famiglia tra le mani. Mentre Joseth Mallister, sotto l’egida paterna, maturava e veniva guidato verso l’intricato percorso da Lord, alla secondogenita era stato affidato il compito di preservare i confini del feudo ed assicurare un florido avvenire nelle terre più fredde ed inospitali di Westeros. Animata dall’affetto che nutriva per la madre e remore degli insegnamenti impartiti da Septa Ysilla era impossibile per lei accettare che una realtà diversa da quella che aveva fin da piccola vissuta potesse esistere oltre il suo naso. Il mite clima di Seagard, la salsedine mattutina e le sfarzose corti del Sud l’avevano resa cieca di fronte ad un modo diverso, e forse non sbagliato, di vivere la vita e percepire il Divino. Lady Vidya, vestita di martirio, non incarnava la donna devota e timorata di Dio che si aspettava. Fin da infanta le era stato proposto un modello da seguire, una strada con solidi binari da incanalare. Ogni devianza induceva in peccato, nella perdizione dell’anima. Ogni spirito d’iniziativa veniva soppresso in quanto una donna era troppo imperfetta o limitata per poter cambiare il presente, o peggio plasmare il futuro. Ci si aspettava da lei, una vita ritirata ad un passo indietro a chiunque. Non importava che fosse il padre, il fratello o un marito, sarebbe stata sempre un passo indietro a loro remissiva e con spirito di abnegazione verso ogni propria passione. Nutriva sentimenti contrastanti verso la fanciulla di Forte Terrore. Non perdeva occasione per manifestare il proprio disappunto quando incrociava le sue vesti scarlatte tra la plebe, assumendo un atteggiamento fin troppo confidenziale verso chi non meritava simili attenzioni. O almeno così le sussurravano all’orecchio le ancelle, turbate dal comportamento fin troppo lascivo e privo di freni inibitori delle donne del Nord. In loro presenza la Mallister non poteva far altro che commentare caustica i comportamenti di chi non rispettava la buona etichetta di una Lady. Il manuale della perfetta Lady, impresso a ferro e fuoco nella mente di un’infanta. Intimamente però non poteva non provare un briciolo di ammirazione per chi aveva il coraggio di assecondare le proprie pulsioni, parlare con così tanta franchezza o peggio costruire un avvenire diverso da quello di mettere al mondo eredi maschi e scandire la vita in un sontuoso castello di Westeros. Ogni qualvolta immaginava se stessa in vesti diverse, si rifuggiva nelle preghiere e chiedeva clemenza per un atto di superbia che non le apparteneva. Perché Lady Vidya poteva permettersi un simile lusso ed a lei era negato?

    Invidia. Ammirazione. Turbamento. Ogni qualvolta lo sguardo cristallino della fanciulla di Seagard si poggiava sulla Bolton provava un contrasto d’emozioni che le lasciavano il sapore della bile in bocca. A volte aveva l’impressione di essere quasi ingiusta e di facile giudizio verso Lady Vidya, un po' come con se stessa. Del resto la gabbia mentale di cui era prigioniera, e che solo con il viaggio al Nord ne scorgeva finalmente le dorate sbarre, le costruivano così tanti preconcetti e pregiudizi a cui non era disposta a rinunciarvi. Si sentiva sicura, ritrovando la propria stabilità quando riusciva ad affibbiare un’etichetta pregna di biasimo ad un atteggiamento che esulava dal buoncostume o da ciò che ci si aspettava da una Lady. Deludere le aspettative era decisamente il peggior terrore che viveva quotidianamente. Ignorando le aspettative che aveva di sé, per lasciare la precedenza a quelle che gli altri nutrivano nei suoi confronti. Rigida ed austera nella sua seduta, anche di fronte ad un lauto banchetto rispettava meticolosamente l’etichetta. In modo da non mostrare alcuna sbavatura nel comportamento o ricevere rimostranze da chi la osservava. Eternamente sottoposta a giudizio. Prigioniera del giudizio.

    Avvertiva l’ombra del fallimento allungarsi su di lei. La paura di deludere le aspettative e confermare gli efferati pregiudizi di cui era vittima fin dalla nascita. Un’inetta per natura e nascita non poteva di certo trovare trionfo dove altri, migliori di lei, avevano trovato sconfitta. Le problematiche etnico-culturali che affliggevano il Nord, in particolar modo i territori di confine, non erano una novità soprattutto per chi predicava accoglienza ma poi restava ancorato agli antichi precetti. Fallire era la conferma ai suoi reconditi timori, l’ennesima dimostrazione che una donna non poteva bastarsi da sola. Eppure Lady Eliza Flint-Stark aveva intravisto qualcosa in lei, o forse in Lady Bolton. Non era l’invidia a parlare per lei e nemmeno il desiderio di assumersi ogni merito in caso di remoto trionfo. Sentiva di essere stata fraintesa, avvampando per l’imbarazzo. Difficoltà mista a fastidio. Non desiderava donare una immagine di sé distorta, ben lontana dalla realtà. O peggio macchiarsi di superbia o vanagloria. - Temo abbiate frainteso le mie parole. - S’irrigidì sulla panca, irretita e mostrandosi quasi oltraggiata nel pallido viso. Lady Bolton doveva forse custodire un’opinione così effimera della Mallister anche solo per giungere ad una simile conclusione. - Forse per risolvere i conflitti del Nord c’è bisogno di una donna che abbia vissuto il Nord! - Parole che generavano ancora più distanza tra lei ed i nuovi territori passati sotto l’egida dell’Aquila. Tirò un sospiro di sollievo, essendosi liberata di un pensiero così ingombrante su cui rimuginava da giorni. Fin da quando era partita da Grande Inverno con un nutrito ed appassionato corteo. Comprensibili crepe, che forse faticava ad ammettere persino a se stessa. Perché significava in qualche modo confermare i sentimenti di sfiducia che aveva sempre ricevuto fin da piccola. Le dita sfiorarono il nudo e lungo collo, ricordandosi con amarezza di aver appena sacrificato un gioiello che per lei custodiva un certo significato. Nulla che non potesse essere sostituito con un nuovo dono al ritorno a Seagard. Le parole della Bolton furono come una carezza all’anima, ricordandole quanto stesse sacrificando per il destino dei confini all’Incollatura. Le labbra schiuse in un’improvvisa sorpresa, quella di chi si rendeva conto di avere la risposta sotto agli occhi ma per qualche motivo incapace di vederla, si tramutarono in un debole sorriso. Un sorriso ancora incerto ma capace di fiorire sul pallido incarnato con la stessa facilità di un fiore in primavera. Le iridi chiare si ravvivarono, sollevata dalla fatica e le preoccupazioni che a volte rapivano la Mallister e la traghettavano chissà dove con gravosi pensieri. - Forse anche un minimo contributo può fare la differenza, soprattutto in tempi così difficili. - Rinsavita riuscì a scorgere la luce, oltre alla palude di pessimismo e mera commiserazione in cui era caduta. Un atteggiamento che teneva lontano da sé mai desiderava ricevere commiserazione per una esistenza fortunata ed agiata. Lo trovava ingiusto, oltre ogni sorta di comprensione, soprattutto al cospetto di chi davvero soffriva e conduceva una misera esistenza. Eppure aveva notato vita, desiderio di esistere anche nel più misero dei villaggi presso cui avevano chiesto ospitalità. - I nostri sacrifici. - Smise di tastare il collo alla ricerca del prezioso gioiello. Non dimenticava le rinunce che stavano vivendo tutti, le milizie lontane dalle loro famiglie e la servitù incapace di godere delle comodità di un castello.

    Sebbene la Mallister diventasse più accomodante e permissiva in alcuni frangenti, su questioni religiose finiva per apparire intransigente. Aveva colto la sottile critica dei riti ai Sette che aveva mosso la fanciulla di Forte Terrore, ed anche gli sguardi tutt’altro che lieti e la poca partecipazione che mostrava al cospetto dei sermoni del Septon. Lady Josephine li viveva con fervore, con acuto interesse visto che nonostante i passi della Stella a Sette Punte fossero ormai impressi a fuoco nella memoria di ogni buon fedele, il Septon assumeva un ruolo di profonda importanza. Dalle parole dei Divini si poteva interpretare la realtà, adattarla ad essa e trovare una chiave di lettura anche quando essa sembrava l’incarnazione dei Sette Inferi in terra. I Septon non erano meri cantori del verbo del Divino dai Sette Volti, ma strumenti interpretativi delle sue parole per renderlo fruibile alla mente dei fedeli. Un mezzo comunicativo, un nesso che la vecchia religione del Nord identificava negli Alberi-Diga. - Nei silenzi della liturgia c’è spazio per ognuno di comunicare con i Divini nel modo che più aggrada. - Breve pausa. - Forme diverse di preghiera, concordo. - Alla fine dovette arrendersi alla triste costatazione della Lady di Forte Terrore. Non era lì per costruire un’arringa contro gli idolatri degli Alberi-Diga, o i Prega-Alberi come venivano definiti al Sud. Non desiderava disturbarsi l’appetito, dopo così tante ore di digiuno, e erigere barriere insormontabili tra lei e Lady Vidya.

    Smise di assaporare la dolce zuppa per poter meglio seguire il discorso della Cerimoniere degli Antichi. Era stata assoldata da Lady di Grande Inverno per rappresentare ed onorare la fede degli Antichi Dei e provare ad unire le due religioni in una comune e sincera fratellanza. Fino a quel momento non aveva ben compreso lo spirito religioso della fanciulla di Forte Terrore, in quanto le era sembrata particolarmente a suo agio nel confrontarsi con i Nuovi Dei. Forse aveva ricevuto, contro ogni aspettativa e mero pregiudizio, una educazione simile alla sua con un Maestro come istruttore e una Septa come guida spirituale. Eppure erano profondamente diverse. Qualcosa nel racconto di Vidya era riuscita ad affascinarla e terrorizzarla nel medesimo istante. Cercare nel proprio intimo il respiro del Divino era impensabile per un fedele del nuovo Credo, ma era qualcosa di semplice ed efficacie. Un immediato contatto con la divinità ed un’eterna testimonianza della sua esistenza non nei templi o nei sermoni del Septon, che interpretava il suo verbo, ma nel respiro della natura, nell’intimità dei mortali e nella manifestazione più pura della vita stessa. Ammettere però che ci fosse qualcosa di divino in ogni mortale era blasfemia, la più terribile ed efferata blasfemia. Hugor della Collina era stato incoronato ed ispirato dalla voce del Padre, ma mai reso divino o immortale. Al cospetto degli Dei si restava fallaci, imperfetti e ciechi di fronte alla gioia divina. Solo con la partecipazione alle celebrazioni quotidiane e alla carità si poteva aprire il proprio cuore ai Sette Misteri dei Divini. - Perché mai i Divini debbano risiedere in ognuno di noi? - Chiedeva ancora spiegazioni, proprio come una discola pronta a snocciolare la questione al cospetto di un saggio Maestro. - Imperfetti, transitori ed a volte miseri nelle nostre esistenze terrene. - Concetti che lasciavano trapelare un esistenza transitoria sulla terra in vista di ricompense e gratificazioni nell’Oltre. - Quando vi siete avvicinata al Culto degli Antichi? Non mi sembrate una Lady priva di concetti sulla Fede dei Sette, non mi stupirei se da piccola fosse stata guidata da una Septa di corte. -

    Si concesse un sorso di vino speziato, l’ultima bottiglia rimasta dopo un viaggio così lungo e dispendioso. Dubitava che avrebbe trovato altro prezioso nettare per bagnare le proprie labbra, anche se la fanciulla di Seagard di rado si concedeva simili vizi. Mangiava con moderazione, rifiutava le portate più condite e saziava la sete solo con pochi sorsi di vino. A volte preferiva perfino acqua di fonte, se raccolta di buon mattino e filtrata da ogni impurità. Il galateo a riguardo era ferreo. Piccolo bocconi, nessuna sbavatura sul viso ed il corretto uso delle posate. Rimase in silenzio, assaporando l’aroma speziato del vino che con una costoletta d’agnello si accostava alla perfezione. Ma per quella sera preferiva rinunciare alla selvaggina, accontentandosi di un pasto leggero nonostante la tavola riccamente imbastita. Affrancata all’idea che gli avanzi del tavolo sarebbero stati donati all’intera servitù ed a coloro che avevano scelto di seguirli fino alle Barrowlands. Con un pezzo di stoffa riccamente ricamato tamponò gli angoli delle labbra per poi rivolgere l’attenzione alla Bolton. - … - Non poteva di certo negare il riottoso atteggiamento della Mallister, pronta a muovere giudizio anche solo con uno sguardo e restare scostante rispetto a tutto ciò che riguardava il Nord. Era rimasta in disparte, come un etereo ed affascinante spettro che vagava per i corridoi del Castello le cui apparizioni incutevano timore e fascino presso la corte. Pretestuosa nei propositi e sempre pronta a glissare tutto ciò che poteva avvicinarla ad una cultura che in fin dei conti la spaventava. Abbracciare il Nord significava forse rinnegare le proprie radici? L’espressione dura ed algida assunta in difesa dalla Mallister era l’ennesima dimostrazione che la Bolton stesse parlando con concretezza. Una realtà che appariva sempre più evidente perfino all’Aquila, che era partita con il desiderio di cambiare il Nord e non aveva messo in conto che il Nord poteva mutarla. Strinse i palmi sul grembo, raddrizzando l’alto e nudo collo e rivolgendo uno sguardo oltre la gradita ospite. - È ciò che percepite? - Chiese con ritrovata gentilezza, anche se il tono lasciava trasparire un atteggiamento algido e scostante. - È ciò che percepiscono? - Aggiunse esitante. Nulla di diverso di ciò che aveva mostrato nelle ultime settimane. Una fredda cortesia che non avrebbe riempito i cuori di nessuno, nemmeno con tutte le lacrime o l’oro del mondo. - Come potrei aprirmi senza timore? Non è forse il timore stesso a salvarci spesso da eventi spiacevoli e pericolosi? - Aggiunse perplessa. Del resto Lady Vidya poteva capirla a cosa si riferiva, entrambe trapiantate a Grande Inverno e circondate da nemici. - Non posso rinnegare ciò che sono, o fingermi qualcun altro… Lady Vidya! E comprendo che questo non è né il vostro intento e né quello degli altri. Ma capitemi, è forse la paura di perdermi a bloccarmi. - Sincera, diretta come la lama di un coltello. La stessa che stava affondando nel burro per spalmarlo su una fetta di pane raffermo.

    Il soggiorno a Grande Inverno era stato difficile, almeno all’inizio. Il modo più semplice di proteggersi da sguardi giudiziosi e gesti di fredda cortesia era quello di allontanarsi, diventare scostante ed elevarsi ad eterea creatura irraggiungibile ed ineffabile. Un immacolato esempio di virtù, sostenuto dalle pie donne che la seguivano sempre grandi osservanti delle funzioni religiose e coperte con cuffiette per non indurre in peccato il volubile uomo. Le aveva educate alla riservatezza, aberrando ogni forma di pettegolezzo e gioco d’azzardo. Alcun vizio doveva insinuarsi tra la sua corte, o almeno questo era l’immagine che desiderava dare della corte Mallister. Una bizzarra e variopinta corte della Baia dell’Uomo di Ferro, che aveva portato una ventata di novità e perplessità alla corte del Lupo. Non si aspettava altro dai racconti della Bolton, interrompendo l’austera espressione in viso con un debole sorriso nel riscontrare un minimo di riconoscenza nel popolo del Nord. Nonostante fosse una straniera, dai modi bizzarri e dall’etichetta che spesso creava perplessità, in molti apprezzavano i suoi sforzi. Eppure era ancora lontana dai loro cuori, forse perché era la stessa Lady Josephine a tenerli lontani. - Le vostre parole rinfrancano la mia anima. - Si sentì in parte sollevata, anche se non aveva di certo conquistato le simpatie del popolo del Nord. Era impensabile farlo in così poco tempo, senza cadere in mancanza di veridicità. Sollevò le spalle e lasciò che il viso parlasse per lei, ravvivandosi ancora per l’imbarazzo. - Non posso negare che circolino così tante voci anche tra il mio seguito, sulla vostra gente e su di voi, Lady Vidya! Ma è mia premura stroncare ogni pettegolezzo ed evitare che si diffonda nella mia corte. - Aggiunse poi con amarezza. - Una bugia ripetuta all’infinito può anche diventare una verità. - Circolavano macabre storie sui Bolton. Il fratello di Lady Vidya, per quanto potente e carismatico, non sembrava una persona priva di contrasti e chiaroscuri. Il Lupo nutriva sospetto e timori verso i Signori di Forte Terrore, pregiudizi che si riversavano anche su chi non aveva colpe. - Vi assicuro che se avessi anche solo per un attimo prestato orecchio, o anche solo preso in considerazione le voci che circolano su di voi o la vostra famiglia, non ci troveremmo qui a condividere un pasto e non vi avrei chiesto franchezza. - Chiusa nell’eterea e fredda dimensione che aveva ricreato al Nord, non avrebbe di certo chiesto aiuto alla Bolton per meglio comprendere i sentimenti e le pulsioni che muovevano il popolo al di sopra dell’Incollatura. Ascoltò con altrettanto interesse le motivazioni che avevano spinto Lady Vidya ad accettare un così gravoso incarico. Abbandonare il sicuro castello di Grande Inverno per mettersi in viaggio con una straniera e lasciarsi coinvolgere in una faida in cui i Signori di Forte Terrore non erano minimamente coinvolti. Sorrise quando la Bolton condivise i suoi pensieri, gli stessi che in parte l’avevano fatta muovere verso Sud, oltre che all’impellente necessità di fermare un focolaio di guerra. - Spero di esserlo altrettanto per voi! - Sospirò. Lo dubitava, anzi non ci credeva davvero. Perché una donna così pericolosamente emancipata, libera dalla schiavitù delle corti, avrebbe dovuto affidarsi a lei? - Prendetemi per mano e mostratemi il Nord. - Esitò. - Il vero Nord. -

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      Accampamento nelle Barrowlands · 23 gennaio 286AA
    L'ennesima folata di vento si abbatté, gridando, contro le pareti della tenda, e il telo si gonfiò per un istante verso l'interno, ricordandole dove si trovavano. Vidya non amava trascorrere le notti all'aperto. Un'occorrenza frequente in quei giorni di pellegrinaggio, ma di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Il problema, tuttavia, non era la mancanza di comodità quanto il timore di imbattersi in dei fuorilegge. Gli strascichi della guerra non consistevano solo in morti e feriti ma anche nella destabilizzazione del territorio, il che poteva portare molti a perdere tutto e ripiegare su metodi alternativi per assicurarsi sostentamento, aumentando i già numerosi pericoli di chi era costretto a viaggiare. Si fidava delle guardie che Roose le aveva affiancato, e sapeva di poter contare su altri, valenti, uomini concessi dalla Lady Madre di Grande Inverno e, gentilmente, anche dai Cerwyn, ma non poteva evitare di tendere l'orecchio ad ogni rumore sospetto. Forse, si disse, rimproverandosi mentalmente, la colpa era della sua fervida immaginazione, alimentata da quelle storie che si ostinava ad ascoltare davanti al fuoco la sera, narranti disavventure e sinistri incontri nelle foreste e nei selvaggi territori in cui si stavano inoltrando.

    Ignorò il senso di disagio, focalizzandosi sulla piacevole quiete all'interno della tenda, il caldo respiro delle candele, i ricchi aromi della cena imbastita davanti lei e la conversazione in corso con la Mallister…

    "Temo abbiate frainteso le mie parole."

    Vidya guardò, confusa, l’indignazione farsi strada, accompagnata da un leggero rossore d’imbarazzo, sul volto dell'altra nobildonna.

    "Forse per risolvere i conflitti del Nord c’è bisogno di una donna che abbia vissuto il Nord!"

    «Non volevo arrecarvi alcuna offesa, Lady Josephine.» Forse aveva davvero mal interpretato le sue parole e l'amarezza percepita aveva tutt'altra origine ma, che la giovane Aquila se ne rendesse conto o meno, quel discorso metteva comunque in luce un approccio completamente errato alla questione. «Confesso di fare fatica a seguire il vostro ragionamento,» ammise dunque con un sospiro. «Quello che siamo chiamate a placare è un conflitto nel Nord» fece una pausa, per meglio porre l'accento su quanto sarebbe seguito, «… ma non solo del Nord.» Pensare che la chiave della risoluzione risiedesse nell'aver vissuto quelle terre, poteva essere letta come un’implicita accusa che il problema fosse da ricercare tra la gente del Nord. «Per quanto ne sappiamo il nodo potrebbe essere sciolto grazie alla vostra conoscenza di chi è parte della regione da poco.» Di chi veniva dal Sud, avrebbero detto altri, ma Vidya scelse volutamente di includerli come parte del Nord. Scrollò quindi lievemente le spalle e le rivolse un sorriso conciliante, a sottolineare stesse semplicemente parlando per ipotesi e non stesse puntando il dito contro alcuno. «Sono convinta che la buona riuscita dell’impresa dipenderà dall’apporto di entrambe.»

    "Nei silenzi della liturgia c’è spazio per ognuno di comunicare con i Divini nel modo che più aggrada. Forme diverse di preghiera, concordo."

    Annuì, le labbra tese in un serafico sorriso. Esattamente, pensò. Nei silenzi. Una religione, quella dei Sette, che da questi sembrava quasi rifuggire - come se li temessero - riempiendoli di parole superflue. Aveva trascorso giorni ad ascoltare il Septon e i suoi apologetici sermoni, c’era ben poco spazio per un pensiero indipendente e tanto indottrinamento.

    I suoi occhi caddero brevemente su uno degli arazzi alle spalle della Mallister. La scena ricamata era diversa da quelle su cui si era soffermata all'entrata, con i Sette raffigurati ad osservare, dall'alto, il mondo conosciuto.

    "Perché mai i Divini debbano risiedere in ognuno di noi? Imperfetti, transitori ed a volte miseri nelle nostre esistenze terrene."

    Una domanda comprensibile, tenendo conto di quanto diverso fosse il concetto stesso di divinità tra i due culti. Per i seguaci degli Antichi gli Dèi erano parte della Natura, ad un tempo trascendenti e immanenti. Secondo i fedeli dei Setti-che-sono-uno, invece, erano esterni al mondo ed incomprensibili all’uomo.

    Accennò un piccolo sorriso.

    «Che crediate di essere loro emanazione o loro creazione, l'impronta degli Dèi è in noi.» Ciò non voleva dire essere divinità, o avere letteralmente gli innumerevoli Antichi affollati dentro di sé, quanto piuttosto riconoscere la sacralità della vita.

    «Sono stati loro a creare il mondo.» Elaborò, cercando di spiegare il punto nel modo più semplice e diretto possibile - perdersi tra le differenze sui miti della creazione avrebbe soltanto confuso ulteriormente la giovane. «La terra e il cielo. Il giorno e la notte… Nulla esisterebbe altrimenti.» E, per quanto lontano o infinitesimale, il legame con ogni elemento della loro opera persisteva. «Tutto viene dagli Dèi.»

    Anche l’imperfezione. E la sofferenza.

    Non c'era essere umano che non avesse sperimentato sulla propria pelle il dolore in qualche forma. Alcuni più di altri. Vite interrotte troppo presto, o in modo violento. Esistenze piene di tormento.

    Grimmar urðir - destini crudeli. Così venivano definiti.

    Aspetti della vita che bisognava accettare come parte delle cose e non come espressione di una qualche colpa da espiare.

    Il diafano volto della Bolton si incupì, sentendo l'antico e bruciante risentimento muoversi sotto la pelle. Allungò il braccio, afferrando il calice per prendere un nuovo sorso d'acqua e cercare di liberarsi dell’amaro sapore che il pensiero della propria condizione le lasciava.


    "Quando vi siete avvicinata al Culto degli Antichi? Non mi sembrate una Lady priva di concetti sulla Fede dei Sette, non mi stupirei se da piccola fosse stata guidata da una Septa di corte."


    Rimase a fissarla per qualche istante con un’espressione di divertita incredulità, le folte sopracciglia inarcate e le mani sospese a pochi millimetri dalle posate, bloccate in proncinto d’afferrarle. «I membri di Casa Bolton sono fedeli agli Antichi da sempre, ed io non faccio eccezione,» rispose dunque senza mostrare alcuna esitazione, sebbene dentro di lei questa domanda andasse a pizzicare le corde di radicati dubbi. Poteva definirsi vicina agli Antichi? C’erano stati periodi in cui aveva rifiutato di cercarli, chiusa in un intimo mutismo religioso pur recitando la sua parte di Lady devota agli occhi di chi le era intorno. Altri in cui l’istinto di rivolgersi a loro era stato soverchiante, tacendo ogni rimostranza per qualche istante di preghiera. La sua era una Fede costruita su domande e conflitti, più che cieca accettazione. Ripensò alle sensazioni provate al Parco degli Dèi di Grande Inverno, il timore di essere inadeguata a ricoprire il ruolo che le era stata assegnato in quella spedizione, e ritrovò la sicurezza della consapevolezza raggiunta davanti a quell’Albero del Cuore. Gli Antichi erano parte di lei e della sua cultura.

    «Quel che conosco sul Culto dei Sette è dovuto agli insegnamenti della mia tutrice, Septa Loreza.» Nel pronunciare il suo nome, i freddi lineamenti della Bolton sembrarono soffondersi di calore, lasciando trapelare l’affetto che nutriva per la donna. Un pallido residuo del profondo attaccamento filiale che aveva avuto un tempo, da bambina, prima che la nascita di Shaelyne ed Odilia le avesse ricordato quale fosse il suo posto. «É parte dell’educazione di ogni Lady al Nord, in preparazione del nostro futuro.»

    Osservò la giovane davanti a lei, impeccabile nell’aspetto quanto nei modi, ogni movimento misurato ed aggraziato. E ricordò le parole di Lady Bolton su come le maniere a tavola rivelassero, più di ogni altra cosa, le reali origini ed educazione delle persone. Un dettaglio, tuttavia, l’utilizzare un pezzo di pane per catturare la ricca salsa e ripulire a fondo il piatto di stufato, se non propriamente un errore di galateo, tradiva l’appetito con cui Lady Josephine si era seduta a tavola, conseguenza dei ripetuti digiuni - una delle tante usanze legate al culto dei Sette che la perplimevano. Appetito che, però, i discorsi che stavano affrontando, sembravano averle tolto di colpo.

    "È ciò che percepite? È ciò che percepiscono?"

    Non aveva sbagliato a paragonare la Mallister ad un fiore con delle spine. Se ne poteva chiaramente percepire l’acuminatezza nell’atteggiamento risentito quanto nel tono utilizzato, per nulla mitigato dalla forzata gentilezza impressa alle parole. Tuttavia non si era chiusa. Forse consapevole che, per quanto sgradita, quella riportata fosse una realtà con cui doveva fare i conti.

    «Io ho avuto modo di vedere oltre il muro che avete eretto.» Le rispose, nella sua voce non c’era traccia di critica o biasimo, solo la fredda e tagliente verità. «Le persone lì fuori, no.»

    Non era questione di percezioni. Aveva scelto lei di mostrarsi in tal modo, creando e nutrendo quella distanza che ora tanto le pesava.

    “Come potrei aprirmi senza timore? Non è forse il timore stesso a salvarci spesso da eventi spiacevoli e pericolosi?”

    Scosse la testa. «Aprirvi senza timore non significa certo abbandonare la prudenza!» Pensare che dall’altra parte ci fossero persone automaticamente pronte ad accettare ed accogliere era da ingenui. Una leggerezza che, nella loro posizione, poteva costare cara. «Immaginatevi in un sentiero nel bosco.» Principiò, staccando un pezzo di carne dall’osso con un delicato, ma netto, movimento del coltello. «Percorrerlo guardandovi continuamente alle spalle vi renderebbe cieca a ciò che vi aspetta - ai pericoli quanto le occasioni.» Alzò lo sguardo, per vedere se la stesse seguendo. «Al contrario, attraversarlo correndo, non vi darebbe il tempo di reagire ad eventuali ostacoli; mentre, rimanendo ferma, non concludereste nulla.» Se non ritrovarsi in balia degli eventi e di azioni altrui. «Ma avanzare, con calma, valutando ogni passo con attenzione, prendendo punti di riferimento, vi permetterebbe di essere pronta a tutto,» indi, portandosi alle labbra la forchetta con il boccone, concluse: «perfino di trovare vie alternative.»

    “Non posso rinnegare ciò che sono, o fingermi qualcun altro… Lady Vidya! E comprendo che questo non è né il vostro intento e né quello degli altri. Ma capitemi, è forse la paura di perdermi a bloccarmi.”

    Le sorrise, comprensiva. Per quanto Vidya si sentisse fuori posto, il Nord era comunque la sua casa. Anche nei luoghi in cui più sentiva il rifiuto poteva voltare lo sguardo e trovare conforto in ciò che le era familiare. La Mallister, questo, in una terra simile ma al tempo stesso profondamente differente dalla propria, non poteva farlo.

    «È per questo che vi ostinate a mettere a rischio la vostra salute?» Chiese schietta, indicando con lo sguardo l’abito marrone, simbolo della sua chiusura al Nord. «É un modo per aggrapparvi a ciò che voi credete rappresenti la vostra identità?»

    "Non posso negare che circolino così tante voci anche tra il mio seguito, sulla vostra gente e su di voi, Lady Vidya! Ma è mia premura stroncare ogni pettegolezzo ed evitare che si diffonda nella mia corte."

    Il sorrisino con cui le aveva posto la domanda permase, ma assunse una leggera tinta amara. «Apprezzo la vostra premura.» Non si aspettava altrimenti. Sentiva gli sguardi giudicanti, soprattutto da parte della ancelle, posarsi su di lei ogni qual volta uno dei suoi comportamenti si scontrava con il loro concetto di appropriato e le loro aspettative. Poteva anche avere una vaga idea di quali fossero i commenti che, forti dei loro pregiudizi, sussurravano al suo passaggio. Rea di aver allentato le catene che invece loro mostravano con orgoglio.

    Un biasimo reciproco, sebbene la Bolton cercasse di porsi quanto più gentile possibile nei loro confronti, volutamente in contrasto con la severità di Josephine.

    Agli occhi di Vidya le ancelle non erano altro che una diversa versione della Lady da manuale. Tra l'una e l'altra non c'erano che piccole variazioni. Altezza. Colore di capelli. Lineamenti del viso. Acconciature. Ma nell'atteggiamento e nel parlare sembravano tante, abbozzate, copie della Mallister. Disperatamente alla ricerca dell'approvazione della loro intransigente padrona.

    Le voci di per sé non la preoccupavano, la reputazione e potere dei Bolton si erano in parte costruiti su di esse e la paura che generavano. Ma era altrettanto conscia che era una strada sdrucciolevole quella che si percorreva quando del timore si faceva la propria arma. Se Roose era un maestro nel mantenersi in equilibrio, temuto ma stimato, Shaelyne, con le sue efferate azioni, aveva superato di gran lunga il confine e gettato un’ombra pericolosa sulla loro Casata. Una macchia che Vidya era determinata a cancellare, ricordando al Nord che la Casa dell’Uomo Scuoiato aveva anche le sue luci.

    "Una bugia ripetuta all’infinito può anche diventare una verità."

    «Molte di queste sono diventate Storia», chiosò. L’inchiostro che riempiva i volumi sulle vicende passate del Nord e del Continente grondava di bugie e verità indorate. Si studiava e raccontava la realtà dei vincitori, non dei fatti.

    "Vi assicuro che se avessi anche solo per un attimo prestato orecchio, o anche solo preso in considerazione le voci che circolano su di voi o la vostra famiglia, non ci troveremmo qui a condividere un pasto e non vi avrei chiesto franchezza."

    La guardò come se quelle parole l’avessero sollevata. E in parte era così. Per quanto fosse preparata ai pregiudizi e al rifiuto, non doversi scontrare con essi anche con Lady Josephine l’aiutava.

    Non poteva dire di averle mentito. Quelle esposte erano realmente le ragioni per cui aveva accettato di unirsi al pellegrinaggio, sebbene non fossero le uniche. E credeva sul serio che la Lady Madre di Grande Inverno avesse visto in lei, probabilmente per via delle età ravvicinate, qualcuno che potesse essere un sostegno per la Mallister.

    “Spero di esserlo altrettanto per voi!”

    «Lo siete,» affermò con convinzione. «Lo avete dimostrato poc’anzi con le vostre parole.»


    “Prendetemi per mano e mostratemi il Nord. Il vero Nord.”


    «Il vero Nord è quello che avete avuto modo di osservare e state scoprendo in questi giorni.» La giovane di Seagard, così come durante la sua permanenza a Grande Inverno spesso si era rifugiata nelle sue stanze, tenendosi ben lontana da ciò che la circondava, tendeva a trascorrere poco tempo fuori dalla carrozza e dalla tenda. Ma, quei pochi momenti, le offrivano l'occasione di vedere e toccare con mano il Nord.

    Vidya si alzò dal tavolo e, con passo leggero, facendole cenno di seguirla con una mano, si avviò verso l’uscita della tenda. Che la Mallister l’avesse seguita o meno, avrebbe scostato un lembo del telo, guardando verso l'esterno. «Ditemi, cosa vedete?» Domandò, indicando gli uomini e le donne che, stanchi ma in buono spirito, consumavano il proprio semplice pasto davanti al fuoco, coraggiosamente ardente contro i forti venti di quella sera.

    Per poter capire dove condurla, doveva prima vedere attraverso gli occhi di Josephine.



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    Josephine Mallister Nord 23 Gennaio 286 Crepuscolo - Nuvoloso Barrowlands - Accampamento


    ∼ Above the rest ∼


    L
    a tenda si gonfiò e l’arazzo con i doni della Madre si mosse di conseguenza, sospinta dalla gelida brezza che proveniva dalle Barrowlands. Gli ululati del vento sembravano lamenti, soprattutto in notti così fredde e desolate. Circolavano così tante voci sui tumuli delle Barrowlands, a cui la Mallister donava ben poca attenzione forse per superstizione o forse per reverenziale timore. Il non sapere in un certo senso l’avrebbe protetta, rifuggendosi nella sua calda ed accogliente tenda e provando ad isolarsi da tutto ciò che la circondava. Le marcie erano estenuanti, anche per chi passava così tante ore prigioniera di una carrozza, e con pause ben cadenzate per donare sollievo ai cavalli ed a chi li seguiva tra le intemperie del Nord. Gli esploratori mormoravano di pericoli all’orizzonte e gli armigeri erano pronti ad affilare le loro lame per proteggere il pacifico e virtuoso corteo. La guerra aveva portato con sé terribili venti di tempesta, respiri mefitici che agitavano i cuori del Nord e li rendevano tanto inquieti da non trovar pace. Terribili racconti venivano tramandati di bocca in bocca, da respiro a respiro, da renderli tangibili e pericolosamente vicini. Figlie stuprate da banditi, commercianti derubati dei loro averi e famiglie costrette a mendicare pur di riempire lo stomaco. Racconti comuni all’intero Westeros, senza includere le sommosse religiose che stavano turbando la quiete dei confini. Dopo l’Eresia Targaryen, le differenze culturali e di culto si erano acuite fino a scorgere nell’estraneo un potenziale pericolo. Appesantita da così tanti pensieri e responsabile di così tante persone al seguito aveva smesso di riposare. Le notti erano diventate un’infinita veglia, fino a quando il corpo non finiva per cedere. Sonni senza sogni, senza poter ritrovare dolci immagini o cadere in nostalgici ricordi nei più reconditi desideri.

    Sussultò quando l’arazzo si gonfiò come un gigante, facendo traballare le luci del candelabro. Le iridi chiare saettarono verso la misericordiosa Madre, che avanzava minacciosa verso il tavolo imbastito di leccornie e prelibatezze. La posata quasi le sfuggì di mano, cadendo nel caldo e succoso brodo, tradendo la tensione non solo negli occhi ma anche nella rigidità dei movimenti manifestava. Dissolse la plastica postura quando si rese conto che era solo una folata di vento, un’innocua voce proveniente dalle spoglie e desolate Barrowlands. Tirò un sospiro di sollievo, notando che la guardia Mallister di pattuglia si premurò subito di legare meglio le cinghie della nobile tenda di Lady Josephine. Si ricompose, reprimendo quel sussulto che l’aveva costretta a voltarsi verso l’iconica misericordia della Madre. Represse ogni tentativo razionale o meno di giustificare un simile evento, premurandosi di raccontarlo alla guida spirituale che aveva scelto di guidare i suoi passi da Seagard fino a Grande Inverno. Il Septon avrebbe avuto di certo una risposta, aveva sempre una parola di conforto per lei in ogni caso.

    L’imbarazzo e l’indignazione presero possesso dell’algido e serioso viso. La chioma ramata era ancora raccolta da un fermaglio in opali d’ebano e l’incarnato in contrasto con le tonalità dell’abito quasi ne risaltava il pallore. Così come ne risaltava, suo malgrado, le sfumature di disagio che si alternavano contro la sua stessa volontà. Lady Vidya aveva forse frainteso le sue parole, o non era stata troppo chiara. Era facile non comprendersi, soprattutto per due nobildonne che avevano vissuto in punti estremi dell’Incollatura. Quando si confrontava con la nobildonna di Forte Terrore era ben consapevole di poter essere fraintesa, sia nei gesti che nella favella, per la diversità delle loro radici e per una vita costruita di non comuni fondamenta. - Forse Lady Elisa Stark è stata molto lungimirante, a riguardo. - Convenne bonariamente, meno rigida. I tratti del viso si addolcirono in un tenue sorriso ed anche la posizione altezzosa si sciolse sulla comoda panca. - Inizio a comprendere il disegno. - Disegno divino? Assolutamente no. Le intenzioni di chi aveva guidato per così tanti anni Grande Inverno ed assicurato stabilità al Nord. - Affinché vengano deposte le armi e risolto il conflitto… è opportuno comprendere il punto di vista delle fazioni. Né un Lord che ha vissuto la sua intera esistenza al Nord può comprendere le esigenze di chi proviene dal Sud, e né i nuovi vassalli del Sud possono adattarsi così facilmente al regime del Nord. - Gli interessi sembravano collimare. - Siamo chiamate ad ascoltare, comprendere ed accogliere. Vinta dai sentimenti di responsabilità e dalla costante preoccupazione per l’incolumità di ogni pellegrino ho perso di vista il vero motivo per cui voi siete qui, anzi entrambe siamo qui! - La stessa Lady Josephine aveva richiesto la presenza di un Cerimoniere degli Antichi, in modo da rendere la marcia verso i confini inclusiva e dissipare ogni pericolo di minaccia. Le continue preoccupazioni e l’eccesso di zelo l’avevano resa erroneamente unica responsabile del peregrinaggio, quando in realtà non era affatto sola.

    Il pensiero della Mallister sulla dottrina degli Antichi Dei traballava tra serena accettazione e spietato biasimo al limite dell’eresia. Con pazienza, al pari di una Septa pronta a spiegare i precetti ed indottrinare una giovane Lady sul sentiero degli Dei, così Lady Vidya la stava guidando verso la comprensione del Culto degli Antichi. Muoveva a fatica i propri passi, come in uno stagno in cui le torbide acque non permettevano di mirare il fondo. Tastava ogni passo temendo si sprofondare o peggio macchiarsi d’eresia. Anche il solo pensiero poteva indurla in un peccato quasi mortale, o almeno era ciò che le sussurrava all’orecchio il Septon al momento delle confessioni. C’era però qualcosa di tremendamente pericoloso ed affascinante nei racconti della Bolton. - Anche l’Antico Culto contempla la caducità della nostra vita e l’imperfezione dell’animo? Solo con il contatto con i Divini si è forse possibile avvicinarsi a loro? - Imperfezione e sofferenza erano due capisaldi della dottrina dei Nuovi Dei, e solo tramite le penitenze ed i sacrifici i mortali potevano avvicinarsi alla luce dei Divini. Potevano sembrare crudeli, dall’alto dei Sette Cieli pronti ad elargire punizioni o ricompense. Si rese conto che non importava quali Divinità si adorava, Nuovi o Antichi Dei, ma in entrambi la vita assumeva i tratti di una faticosa e spirituale scalata verso di essi. - Tutto viene dagli Dei. - Ripeté convinta, senza poter contestare.

    Dopo tante diversità, barriere, accolse con piacevole sorpresa quando Lady Vidya le raccontò di Septa Loreza. Una breve parentesi della fanciullezza di una Lady vissuta in un freddo ed imponente castello del Nord. Le consuetudini e la buona etichetta regnava sovrana sull’intero Westeros, rendendo la corte di Approdo del Re un esempio da seguire. Ogni giovane e nobile fanciulla andava istruita e guidata da una pia ed intransigente Septa, capace d’iniziarla verso i segreti dell’universo femminile ed indottrinarla verso una vita fatta di rinunce e rare gioie. Un’esistenza grigia, ma che nella nascita e nel matrimonio si vedeva la rinascita ed il pieno compimento di una vita ritirata e ricca di riserbo. Si sentiva quasi sollevata che una donna del Nord avesse ricevuto un’adeguata istruzione, come si conveniva ad una Lady di così alto rango. Una dolce carezza per il futuro, nel caso fosse stata costretta a sposare un Lord del Nord. Avrebbe di certo imposto la sua voce per l’educazione dei figli e riposto i suoi sogni in loro. - Come si conviene ad una Lady del nostro lignaggio. - Sorrise. - Percepisco dell’affetto nel vostro tono! Ammetto che Lady Ysilla, la governante di Seagard, è stata intransigente come un tiranno quando ero solo un’infanta. Ma a suo modo credo che mi abbia amata tanto, come lo fa tutt’ora. - Per lungo tempo aveva creduto che la formazione delle Lady del Nord fosse diversa, al limite dei Bruti oltre l’Incollatura. Mai avrebbe permesso ad un popolo di Bruti di scandire l’educazione dei propri eredi. Il peggior timore quando era stato stipulato un contratto matrimoniale tra Joseth Mallister e Alayne Stark. Paure che via via sfiorivano ogni giorno che viveva il Nord. Riconobbe negli occhi della Bolton lo stesso affetto reverenziale che lei stessa nutriva per Septa Ysilla. Forse avrebbero potuto raccontarsi tanto, dai momenti più difficili di una fanciullezza priva dell’amore genitoriale fino alla costante ricerca di attenzioni da chi si sostituiva a tali figure. - Fin da piccole ci hanno preparate al nostro futuro. Però non si è mai davvero pronte ad accoglierlo con serenità e dolce mestizia. - C’era amarezza nel tono, ma anche orgoglio e senso del dovere. Non immaginava futuro diverso il suo, pronta a sposare un uomo per il bene della famiglia, ubbidire ciecamente ad uno sconosciuto con cui condivideva il letto e superare le prove del parto. Una vita di rinunce e costernata dall’infelicità. Eppure le donne nascondevano così tante risorse: resilienza. La capacità di adattarsi e rinunciare alla loro stessa libertà per un bene superiore. Accogliere con pazienza uno sconosciuto e renderlo oltre che marito un dolce compagno e affidabile alleato. Portare il grembo il forte seme di una dinastia e riempirlo d’amore fin dal suo primo vagito, anche se le governanti e le balie provvederanno alla sua salute e benessere. Esistere senza far udire la propria voce, un’esistenza costernata di rinunce. Abnegazione, senso del dovere e coraggiosi sacrifici. La Fede l’unica ancora di salvezza. - Alle mie orecchie sono giunte racconti di donne-guerriero, o peggio Lady che hanno rinunciato ai loro doveri nei confronti del proprio Signore. È forse vero? Fin dove si può spingere la nostra libertà senza rinnegare noi stesse? - Era forse un discorso pericoloso, che nessuna donna avrebbe mai potuto affrontare senza rinnegare se stessa. La Mallister si sporse in avanti per rendere quei terribili dubbi, che sembravano quasi blasfemia, un semplice sussurro. Un modo per negare nel caso, e ritornare sui suoi passi in un battito di ciglia.

    Aveva chiesto franchezza, e Lady Vidya non si sottrasse all’ingrato compito di metterla al cospetto della verità. Si sentiva minacciata, ma in qualche modo anche sollevata. Vittoriosa di una nuova consapevolezza, che la donna con cui stava condividendo la cena non le avrebbe mai mentito anche al costo di riportarle sgradevoli novelle. L’istinto le suggeriva l’indignazione, come somma manifestazione del proprio disappunto in merito. Eppure si contenne, ingoiando quell’amara verità come uno sgradevole cucchiaio di zuppa ormai fredda. Placati i bollori di spirito, scaricando la propria frustrazione contro la guancia. I denti non avevano più pane da mordere. Si arrese solo quando riacquistò la lucidità e con essa anche il naturale contegno. Il prezzo da pagare per lo sdegno era salato, per la distanza che aveva interposto tra lei ed il popolo del Nord. Sentiva ammirazione, muta riconoscenza, ma non calore o affetto. - Cosa vi ha spinte a vedere oltre? - Si chiedeva perché la Bolton aveva deciso di guardare oltre alla fredda cortesia e allo scostante atteggiamento di alienazione. Lady Vidya riusciva a trovare le parole giuste, toccando con prudenza corde inesplorate dell’animo senza essere mai invadente. Una qualità di pochi, che celava dietro alla fredda cortesia un vivace intelletto. Riusciva ad essere comprensiva, quando si sentiva particolarmente vulnerabile. E spietata quando aveva bisogno della cruda verità. - Affido ogni giorno la mia vita nelle mani dei Sette Divini. Saranno loro a decretare la fine della mia vita, quando il mio percorso terreno sarà compiuto. - Credeva in ciò che diceva. Non poteva però di certo negare la sua ostinazione verso la moda del Sud. Aveva più e più volte rifiutato i tessuti di fattura Nord che la stessa Lady Stark le aveva fornito, per rendere il suo soggiorno a Grande Inverno il più confortevole possibile. Era chiaro a tutti che la sua fosse una muta resistenza verso le tradizioni Nord ed il desiderio di rimarcare le proprie radici. - Inoltre i vostri abiti sono così… - Cercava le parole giuste. Miseri. - … Semplici. Pratici e funzionali, ma semplici. - Oltre che a privi di raffinatezza. La seta ed il pizzo erano una rarità oltre l’Incollatura, si prediligevano colletti d’orso e mantelli di lupo per tenersi al caldo. Inoltre c’era un briciolo di vanità, con cui doveva far i conti ad ogni crepuscolo nelle penitenze. Amava i gioielli ed i tessuti esotici. Le donavano sicurezza, oltre a valorizzarne l’incarnato ed i lineamenti del viso.

    Tirò un sospiro di sollievo quando trovò verità negli occhi della Bolton, e non solo nelle parole che le stava rivolgendo. Qualcosa o qualcuno le aveva unite, sia nell’arrivo a Grande Inverno e nella spedizione verso Dito della Silice. Aveva scorto il vivace intelletto e l’invidiabile senso di libertà nella Bolton fin da subito, libera come un usignolo da ogni costrizione e catena. La vicinanza di Lady Vidya diventava sempre più importante, quasi vitale per la Mallister. - Spero di poter far seguire fatti alle parole. - Improvvisamente la Bolton si sollevò dalla panca per scostare le tende alle sue spalle. La Mallister si alzò con timore, abbandonando il caldo pasto da cui aveva perso interesse già da un po'. Consumava piccoli pasti ed a volte aveva l’impressione che lo stomaco per i continui digiuni fosse ridotto ad una noce. Si saziava con poco, lieta di poter condividere il resto con l’intera servitù. Piccoli passi, sollevando appena l’orlo dorato della gonna. Passi esitanti, almeno all’inizio. Le iridi chiare furono abbagliate dal grosso rogo al centro, lì dove uomini e donne condividevano una misera minestra, nasi rossi dal freddo ma il sorriso abbondava sui visi. Ne scorse la serenità. Affiancò assorta nei pensieri Lady Vidya, senza staccare lo sguardo chiaro da quell’immagine. Un dono divino? Solo vita quotidiana. - Non riesco più a scorgere differenze. Uomini e donne intorno ad un fuoco. - Durante le marcie diurne gli Stark, i Cerwyn, i Mallister ed i Bolton avanzavano con rigore, seguiti dalla servitù. In quel momento, tra le ombre della sera ed illuminati da poche torce, non scorgeva insegne o differenze. Riuniti insieme, davanti allo stesso fuoco a condividere racconti o esperienze di vita. Nessuno intonava più sermoni o canti, c’era solo il desiderio di pace e serenità dopo una marcia estenuante lontani dalla propria patria. - Guidatemi tra loro, ve ne prego. - Si sorprese lei stessa di una simile richiesta. Quasi timorosa di deludere qualcuno, di creare pettegolezzi. - Sono pronta. - Immaginava già gli sguardi inorriditi delle ancelle, il viso contrito del Septon ed i rimproveri che sarebbero giunti via lettera da Septa Ysilla. Seagard non era lì, non poteva capire. Nessuno poteva, solo lei poteva comprendere ciò di cui il Nord aveva bisogno.

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      Accampamento nelle Barrowlands · 23 gennaio 286AA
    Poteva quasi figurarsi, al di fuori della tenda, oltre i confini illuminati del piccolo accampamento, le folte fronde degli alberi incresparsi come un resinoso mare fatto d'aghi, le loro cime incurvarsi e agitarsi in un gran stormire di foglie, scosse dalle violente raffiche. Qualche ramo più debole avrebbe ceduto, spezzandosi all’ennesima sollecitazione, cadendo sul fondo della foresta con un sordo tonfo, il rumore inghiottito dal costante lamento del vento. Il pianto delle Terre delle Tombe. Le calde fiamme del candelabro poco distante tremarono, allungando e rendendo per quei pochi attimi più scure le ombre. Sussultò di riflesso quando una folata irruppe nella tenda, scuotendola fin dai picchetti, animando drappi ed arazzi. La Mallister sembrò pietrificarsi, volgendo di scatto il suo sguardo verso uno di questi raffigurante la Madre, il giovane volto congelato in una sorta di timorosa contemplazione. Vidya mascherò la propria reazione, occupandosi nel sistemare il tovagliolo che, frattanto, le era scivolato dalla spalla, sentendo la tensione abbandonarla gradualmente e il suo animo stabilizzarsi come le fiamme delle candele intorno a loro.

    Si sporse, prendendo la caraffa del vino e ne versò una piccola quantità nell’acqua già presente nel calice, iniziando a sorseggiarlo con calma, saggiandone i mitigati contrastanti sapori, mentre ascoltava Lady Josephine illustrare lo scopo della loro missione, da lei definito ‘disegno’, come se l'avesse realizzato in quel momento - o lo stesse rammentando a sé stessa. Un leggero, impercettibile, corrugarsi delle sopracciglia l’unico segno della sua confusione.

    Quando l’altra ebbe finito, tese le labbra in un principio di sorriso. «Esattamente.» Era alquanto dubbiosa e scettica sulla giustificazione addotta dalla Mallister ma, probabilmente, dare la colpa al ‘sentimento di responsabilità’ e ‘costante preoccupazione’ era sicuramente più facile dell’interrogarsi e, magari, fare i conti con lo scoprire che a muoverla ci fossero anche sentimenti con radici molto più terrene. Nulla di male se comunque si era mossi da buone intenzioni, e su questo punto - sul sincero impegno e sugli sforzi che l'altra stava profondendo per una felice riuscita della missione - Vidya non aveva alcun dubbio.

    «Nel coinvolgermi in questo viaggio, la Lady Madre disse che anche voi condividevate le sue stesse preoccupazioni,» un’affermazione quanto un cercare conferma fosse davvero così, «e la necessità di far sentire entrambe le fazioni equamente rappresentate.» Premesse imprescindibili, facenti parte dello spirito con le quali, in teoria, erano partite da Grande Inverno.

    "Anche l’Antico Culto contempla la caducità della nostra vita e l’imperfezione dell’animo?"

    C’era curiosità nella voce della giovane di Seagard, la poteva percepire, ma anche timore. Doveva essere strano, per chi non aveva conosciuto altro, entrare in contatto con un modo di vivere e concepire la fede tanto diverso.

    Annuì. «L’Antico Culto le accetta come parte dell’esperienza umana.» L’acqua con cui si era riempita nuovamente il calice non aveva sortito l’effetto sperato e l’amarezza, nell’affrontare quei temi, permaneva. Accettazione, era quella la chiave. Smettere di cercare un senso. Più facile a dirsi che a farsi. «La vita non è che una fase del percorso dell’anima prima di tornare nell’alveo del mondo.» L’Oltre. Ciò che questo esattamente fosse era tra i misteri persi nelle nebbie del tempo, echi che avevano esaurito il loro effetto prima di giungere sino a loro. Secondo alcuni si veniva riassorbiti dalla natura e, semplicemente, si cessava di esistere. Per altri c'era la pace eterna. Per altri ancora, le storie e il proprio vissuto, venivano custoditi dagli Alberi-Diga, consegnati al sempiterno fiume del ricordo che costituiva la memoria del tutto. Da lì, probabilmente, il loro nome - diga - nodi in cui le energie confluivano e che loro contenevano, tramandandone le onde nei secoli. «Un ciclo a cui tutto e tutti siamo sottoposti, sebbene con tempi diversi. Dalla breve vita dell'effimera, che trascorre gran parte del proprio ciclo vitale come larva, per poi vivere un'intera esistenza nell'arco di ore; alla lenta, millenaria vita delle sequoie.» Fece una pausa, chiedendosi, come più volte aveva già fatto in passato nell’intimo dei propri pensieri, se anche gli Dèi fossero soggetti a tale legge e avessero una fine; la loro vita, però, tanto lunga da parere agli umani infinita. «L'inverno arriva per ogni cosa.»

    Trasse un sospiro, relegando tutte quelle riflessioni nel fondo della propria mente. Non era questo il momento per certe elucubrazioni.

    «D’altronde non è proprio la sua finitezza a dare, all'esistenza, valore? Come il dolore dà la misura della gioia?» Filosofeggiò. «Non è proprio la consapevolezza della nostra imperfezione a ricordarci i nostri limiti, e a fungere da stimolo per migliorare?»


    "Solo con il contatto con i Divini è forse possibile avvicinarsi a loro?"



    «Loro ci sono sempre vicini, » ribadì, richiamando il discorso sulla loro immanenza. «Siamo noi che dobbiamo imparare a percepirli.» Nell'essere troppo concentrati sul proprio io, trascinati dalle mortali passioni, si correva il rischio di non prestare ascolto alla loro voce. Così le avevano detto, ma, nella sua esperienza, dagli Antichi, non aveva ricevuto che silenzio. «Quando posi una domanda simile alla vostra, mi venne risposto di immaginare gli Déi al centro di un cerchio.» Continuò, puntando il centro del piatto con il coltello e quindi posizionando due pezzi di pane sul bordo, distanti tra loro. «Noi esseri mortali siamo i raggi che da questo si emanano. Quando tendiamo a loro, e quindi verso il centro, di conseguenza ci avviciniamo anche agli altri.» Mosse i pezzi di pane verso il centro e, sottolineò come la distanza tra questi fosse diminuita. «Questo per dire che è nella comunione e nell'armonia, nel contatto con tutto ciò che è loro opera, che possiamo sentirli vicini.»

    Se avesse dovuto rispondere sinceramente le avrebbe detto che gli uomini dovevano semplicemente accettare che con gli Dèi era possibile solo un dialogo unilaterale. Un silenzio che poteva spiazzare e sfiancare, portando al dubbio, allo sconcerto e, a volte, alla rabbia. Solo il giorno in cui non si sarebbe più cercato il contatto con il divino, e al loro silenzio si sarebbe risposto col silenzio dell’anima, allora il collegamento sarebbe stato definitivamente reciso, rimanendo soli nel vuoto e buio dell’incertezza.


    "Come si conviene ad una Lady del nostro lignaggio. Percepisco dell’affetto nel vostro tono! Ammetto che Lady Ysilla, la governante di Seagard, è stata intransigente come un tiranno quando ero solo un’infanta. Ma a suo modo credo che mi abbia amata tanto, come lo fa tutt’ora."


    Ricambiò il sorriso, annuendo come se riconoscesse in quelle parole il suo rapporto con Septa Loreza. Non aggiunse nulla e chinò la testa, a celare istintivamente ogni sentimento ed emozione che potesse trapelare dal suo sguardo, chiudendosi nel proprio guscio protettivo nel momento in cui il discorso rischiava di diventare troppo personale. L’affetto c’era, e ci sarebbe sempre stato, ma era un affetto dal sapore nostalgico, di un qualcosa che non c’era più. Ora, da adulta, sapeva che la Septa non aveva avuto scelta. Nel momento in cui, Shae prima, ed Odilia poi, erano nate, in quanto figlie del Lord, erano diventate la priorità. Lo capiva. Ma la Vidya bambina no. E la ferita di quello strappo non si era mai davvero sanata, con i successivi dissapori e conflitti ad impedirne la guarigione, finché il rapporto si era irrimediabilmente raffreddato. Si sentiva giudicata e, a volte, persino apertamente biasimata dalla donna, incapace di comprendere le scelte della giovane Bolton.

    "Fin da piccole ci hanno preparate al nostro futuro. Però non si è mai davvero pronte ad accoglierlo con serenità e dolce mestizia."

    Amarezza frammista ad orgoglio e determinata accettazione. Era con questi sentimenti che la Malllister guardava al proprio avvenire. Un futuro di muta sottomissione, perennemente un passo indietro.

    Un futuro da cui Vidya aveva sempre cercato di fuggire e che, probabilmente, non avrebbe mai volontariamente scelto. Un futuro che le era stato instillato come unico possibile, collegato al concetto di realizzazione personale al punto da farla sentire in colpa e incompleta, non realizzata come donna, nel momento in cui si allontanava da esso. Divisa tra il rifiutare una condizione che soffoca e ingabbia e l'ignoto che comporta la libertà.

    Lady Jospehine si sporse verso di lei, la voce ridotta ad un timido sussurro.

    “Alle mie orecchie sono giunte racconti di donne-guerriero, o peggio Lady che hanno rinunciato ai loro doveri nei confronti del proprio Signore. È forse vero? Fin dove si può spingere la nostra libertà senza rinnegare noi stesse? “

    Una domanda pericolosa, frutto di pensieri solitamente taciuti. Vidya non rispose immediatamente, volgendo lo sguardo verso il candelabro, i bracci rifulgenti delle fiamme delle candele.

    «Forse non è questione di rinnegare se stesse» disse dunque, la voce come un fruscio vellutato, «ma di realizzare se stesse.» Il rinnegare implicava l'andare contro la propria natura, o proprio credo, ma, a meno di abiurare o forzarsi ad essere ciò che non si era, si trattava semplicemente di scoprire lati di sé e modi di vivere diversi, non necessariamente sbagliati.

    Un concetto forse rivoluzionario e ai limiti del sovversivo, quello che stava esprimendo, per chi credeva che la vita della donna dovesse essere esclusivamente sacrifico ed abnegazione.

    «Al Nord una donna guerriero, seppur non rappresentante la norma, è contemplata e non considerata disdicevole. Basti pensare alle donne dell'Isola dell'Orso.» Immagini di Odilia che si allenava in cortile, il pallido pugno stretto intorno all'elsa di una spada di legno, le balenò davanti agli occhi. Batté le palpebre per respingere la scena dello stesso pugno che, invece, giaceva inerte su un candido lenzuolo. Non aveva capito all'epoca. E tuttora faticava a capire il perché si potesse scegliere una vita sul campo di battaglia. Ma conosceva e comprendeva la pulsione verso ciò che era precluso per dei limiti arbitrariamente posti. «Una scelta, la loro, scaturita da una necessità: quella di doversi difendere dai razziatori che erano soliti attaccare i villaggi quando gli uomini erano assenti. Avrebbero dovuto continuare a subire inermi? Vedere i propri figli morire e le proprie figlie prese come mogli di sale in nome di una convenzione?» Ognuno aveva un ruolo, si diceva. Ogni eccezione vista come una minaccia all'ordine precostituito e non come opportunità di cambiamento. Quelle donne erano andate contro tali preconcetti, avevano avuto il coraggio di prendere in mano la situazione ed ora contribuivano attivamente alla sopravvivenza della propria comunità. Questo le rendeva meno degne o meno femminili? Non era, forse, la protezione la caratteristica principe di una madre?«Nel profondo Sud,» proseguì, «la loro cultura permette alle donne un'indipendenza a noi inconcepibile. Questo limite alla libertà, dunque, secondo quali criteri viene stabilito?» Perché doveva esservene uno? Era forse la domanda che si sarebbero dovute porre, benché conoscessero di già la risposta: controllo.

    “Cosa vi ha spinte a vedere oltre?”

    Ripensò alla battuta di caccia. Se non fosse stato per quel fortuito incidente, probabilmente non avrebbe avuto l'occasione di approfondire ed andare al di là di quel muro di ghiaccio.

    «La percezione di una condizione comune.» Aveva trascorso una vita ad indossare una maschera di freddezza e distacco, sapeva riconoscere quando ne vedeva un'altra. «La stessa ragione, immagino, che ha portato voi ad aprirvi.»


    “Affido ogni giorno la mia vita nelle mani dei Sette Divini. Saranno loro a decretare la fine della mia vita, quando il mio percorso terreno sarà compiuto.”

    «Come tutti noi facciamo.» Il tono solitamente gentile con cui le si rivolgeva, assunse una sfumatura più dura, con una tenue nota di rimprovero. «Non bisognerebbe comunque trattare con tanta leggerenza il dono di una vita sana. Non credete?» Ingratitudine. Agli occhi di chi, come lei, aveva visto la propria esistenza stravolta e trasformata in tormento dalla malattia, risultava inconcepibile vedere tanta sconsideratezza.

    "Inoltre i vostri abiti sono così… Semplici. Pratici e funzionali, ma semplici."

    Vidya apprezzò il tentativo di ammorbidire il suo giudizio sulla moda del Nord. Piegò la bocca, divertita. La critica non le tangeva minimamente. Lei stessa non poteva dirsi ammiratrice degli, inutilmente pomposi e scomodi, abiti con cui la giovane di Seagard, e le sue ancelle, si ostinavano a bardarsi. Troppo scollati, troppo ornati ed elaborati al punto da risultare pesanti ed eccessivi. «L’acciaio brilla meno dell’oro, ma è più resistente. Il Nord richiede l’acciaio» ribatté, le terre oltre l’Incollatura non erano adatte a chi andava dietro a certe frivolezze. Dagli stessi nobili ci si aspettava concretezza, non inutile sfoggio di agio e sfarzo. Non si era privi di gusto e senso del bello. Si indulgeva nell'adornarsi congioielli e si utilizzavano tessuti della più pregiata fattura, puntando, però, su una sobria raffinatezza.

    «Tuttavia, gli Déi, vi hanno elargito un notevole talento nel ricamo e nell’arte del cucito. Sono convinta possiate facilmente confezionare abiti che incontrino, sia il vostro gusto, che la praticità e funzionalità richiesta a queste latitudini.» Adattarsi senza cambiare. Proprio come le aveva suggerito nella carrozza giorni prima.



    Udì il lieve fruscio dell’abito della Mallister e, qualche istante dopo, la giovane le era accanto, affacciata sul gruppo di pellegrini che le stavano accompagnando.

    "Non riesco più a scorgere differenze. Uomini e donne intorno ad un fuoco."

    Quel 'non più' non le sfuggì. Sorrise. Cosa le avevano raccontato del Nord?

    «Non ce ne sono.» Annuì. «Che ci si sieda di fronte ad un volto intagliato in candida corteccia, o che si volga lo sguardo verso vetrate iridate, le domande poste sono le stesse. Così come le paure e i desideri. Sono più le cose che ci uniscono, rispetto a ciò che ci divide. È quello che dobbiamo ricordare a chi al confine lo ha dimenticato, scorgendo, per paura o rabbia, un nemico laddove non ce ne è alcuno.»

    Portare alla ragione finchè era possibile. Se lo era ancora.


    "Guidatemi tra loro, ve ne prego. Sono pronta."

    Inarcó le sopracciglia, non nascondendo la sorpresa. Se aveva anche solo compreso una parte di chi fosse Lady Josephine, sapeva quanto questo le costasse ed il conflitto interiore che stava vivendo ad ogni incerto passo che le stava portando a quel fuoco. Conosceva quella sensazione, il primo vero - concreto - passo fuori dal sentiero prestabilito. Una piccola deviazione che non l'avrebbe condotta fuori strada, quanto semplicemente a costeggiare la vecchia via, dandole un nuovo punto di vista su ciò che credeva di conoscere. Le sorrise incoraggiante, posandole una mano sul braccio, in un muto invito a seguirla.



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    Edited by »S« - 22/4/2023, 03:26
     
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    Josephine Mallister Nord 23 Gennaio 286 Crepuscolo - Nuvoloso Barrowlands - Accampamento


    ∼ Above the rest ∼


    R
    inunce, sacrifici e fatica. Sentiva l’animo appesantirsi a causa dei sacrifici del corpo e dello spirito. Se ai primi era consuetudine per la devota Mallister, in quanto si privava dei piaceri della tavola a volte più del dovuto e della vanità tipica dei suoi anni, per il digiuno dello spirito non c’era rimedio. Il Septon che l’accompagnava dalla sua partenza da Seagard era solo un mite rimedio per alimentare e sostenere la fede di una fervida credente. Prigioniera di un feudo in cui non c’erano luoghi di culto per i Sette Dei, a parte pochi conventi di Septe che avevano scelto di recludersi negli angoli più remoti del Regno per non cadere nelle quotidiane tentazioni delle grandi città, era alienante per lei non poter essere libera di manifestare l’amore che l’aveva sostenuta e rinvigorita fino a quel momento. Essere prudente, evitando di entrare in contatto con la Fede degli Antichi e senza ostentare troppo la sua devozione per il Dio dai Sette Volti. Una posizione scomoda, in quanto gli occhi del Nord ed anche di Seagard erano puntati su di lei. Immaginava che alcune delle ancelle al suo seguito erano state assoldate dall’intransigente e giudiziosa Septa Ysilla per tenerla aggiornata sui progressi della sua missione, ma soprattutto per essere avvertita di gesti o violazioni della buona etichetta fino a macchiare l’onore della Mallister o dell’intera famiglia. D’altro canto l’intera corte del Lupo osservava con scetticismo ed un velo di preoccupazione l’eterea creatura che si vestiva di abiti troppo leggeri per il freddo di Grande Inverno e che non rinunciava alle vanità del Sud, superflue a simili latitudini. Notava sguardi di muta disapprovazione e lieta curiosità negli occhi dell’intera corte, come se una figura mitologica fosse discesa tra i mortali o una spettrale manifestazione si fosse concretizzata tra le mura del Castello. Non aveva compiuto passi per rendersi amabile nei confronti del popolo del Nord, scegliendo di vivere rintanata nelle proprie stanze a Grande Inverno e glissando ogni invito che potesse ledere la propria reputazione. Eppure sentiva di star facendo tanto, per la pace al Nord. Aveva perfino rinunciato alla meravigliosa collana di perle che le ricordava tanto Seagard. Un sacrificio necessario, ma che dubitava sarebbe passato agli occhi giudiziosi e diffidenti del popolo devoto agli Antichi. Una generosa rinuncia per sostenere gli ingenti costi di una spedizione così ambiziosa. Del resto le bocche da sfamare crescevano di pari passo con la marcia verso i confini.

    Parole che fluirono serene a fior di labbra. Un modo per rammentare in primis a se stessa quale fosse il vero scopo del pellegrinaggio. Fratellanza, serenità ed un futuro sereno. Ma anche stabilità per le famiglie di confine, di chi viveva da tempo immemore in quei territori e di chi era stato da poco introdotto a nuovo feudatario per accordi di guerra. Veder sventolare un vessillo diverso sulla propria testa non doveva essere semplice, e per assurdo ne condivideva i timori. L’Aquila non volava più sotto gli stendardi dei Tully ma degli Stark. Il timore che la nuova alleanza avesse in qualche modo sovvertito gli equilibri o le tradizioni di un intero popolo era ancora dietro l’angolo, mai dissipato dalle rassicurazioni del Lupo o dalla tenacia dell’Aquila. Lo stesso stava accadendo ai confini, dove masse di devoti a religioni diverse non sapevano più a chi offrire i propri tributi per chiedere una vita tranquilla e quieta. Si trattava anche di una ragione meramente politica, in quanto i rapporti tra Mallister e Flint si erano improvvisamente inaspriti. Lei stessa temeva una simile catastrofe, a causa delle insormontabili differenze non solo di culto.

    Detestava sentirsi vulnerabile. La sensazione che avvertiva nell’esporsi così tanto nei confronti dell’antico culto. Il timore fu ben presto sostituito dalla curiosità e dal dovere di comprendere una concezione del creato e della vita così diversa dalla sua. Trascurò ogni interesse verso la tavola imbastita, si sentiva già sazia per via dei racconti della Bolton. Numerose erano le sue rinunce ai vizi, tra cui quelli della tavola. Inoltre le parole di Lady Vidya la stavano conducendo verso sentieri inesplorati. Con grande sorpresa si lasciò condurre, seppur sentisse dentro il timore del peccato agitarsi come un urlo soffocato da preziose vesti. Ne avvertiva forse il pericolo, timorata dalla possibilità di non aver più accesso alla Luce dei Sette ed essere condannata all’eternità alle pene dei Sette Inferi. Ma doveva capire, comprendere. Un sacrificio che le era richiesto. - L’inverno arriva per tutti. - Annuì con amarezza. Una caducità dell’esistenza che aveva già interiorizzato ed accettato fin da piccola, sebbene da infanta trovasse ingiusto che una persona dovesse riposare per sempre. Aveva trovato conforto in un’altra vita sotto la luce dei Sette, lì si sarebbe ritrovata in grazia e beltà con chi aveva significato qualcosa nel percorso terreno. Riposare nella speranza di rinascere. Il vero mistero della Fede. - In questa breve e fugace esistenza non è importante il quanto ma il come si vive. - Ed era proprio la Fede a scandirne la qualità dell’intera esistenza. - Possa la Fanciulla guidarci verso la primavera della nostra esistenza! - Annuì ancora una volta ai semplici ma significativi concetti che Lady Vidya stava enunciando. La possibilità di soppesare la gioia con il dolore o la perfezione con l’imperfezione. Un debole sorriso si delineò sul viso, lieta di poter confrontarsi liberamente e senza timore con una Lady del Nord. Con chi era nata e cresciuta nel profondo Nord. Di certo poteva assorbire così tanto dalla luce che emanava la Bolton, scegliendo di accogliere ciò che sentiva di poter abbracciare senza rinnegare se stessa. - Sagge parole, Lady Vidya! - Convenne con gentilezza.

    Osservò con aria seriosa le molliche di pane che rappresentavano il creato ed al centro di tutto le Antiche Divinità. Come raggi di un meraviglioso sole così irradiavano la loro esistenza in tutto ed era compito dei fedeli scorgerli nella quotidiana esistenza. La comunione con la natura, l’ascolto del cinguettio degli usignoli o il piacevole contatto con la rugiada sulla pelle, era una manifestazione dei Divini. Un contatto semplice, alla portata anche del più misero degli uomini o delle comuni peccatrici. Un modo per ritrovare se stessi e con essa i Divini. Esistevano così tante differenze tra i due culti e Lady Vidya era diligente ed accorta a rendere fruibili quei concetti anche a chi per un’intera esistenza ne era stata digiuna. Lady Josephine se ne nutriva fino alla sazietà, senza affrettarsi troppo ancora vinta da pregiudizi e dal desiderio sopra ogni altra cosa di aver salva la propria anima. Le era stato proibito fin da piccola di avvicinarsi a qualsiasi altro culto, considerandolo alla stregua delle eresie. Una vita vissuta in una gabbia dorata, che giorno dopo giorno rischiava di frammentarsi. - Comprendo. - Un lungo sospiro gettò silenzio tra le due. Poi allungò la mano nel cesto di vimini, dove briciole di pane miste a burro aromatizzato si erano raccolte su fondo. Allo stesso modo tracciò una linea con esse, indicando poi con diverse rette una mollica di pane più grande delle altre. - I Sentieri dei Sette sono misteriosi e sconosciuti a noi mortali. È più una retta, mai parallele ma confluenti verso il centro. È facile notare… - Tra i vari punti della retta di briciole di pane c’era chi era già più vicino al Divino e chi molto lontano. Con la punta del coltello indicò alcuni esempi, ma tutti si avvicinavano verso il punto rappresentato dal Divino. - … i percorsi di ognuno non sono identici. C’è chi nasce privilegiato o chi vivrà una vita di stenti. Eppure tutti confluiscono, con le proprie miserie e nobiltà, verso i Sette Volti del Divino! Al suo cospetto, una volta che saremo passati nell’Oltre, siamo tutti uguali. Non ci sono differenze. - Mentre l’Antico Culto professava un’esistenza di comunione e pace interiore nella ricerca del divino nella realtà, i volti dei fedeli del Nuovo Culto erano sempre rivolti verso l’alto e nonostante le disparità d’esistenza ognuno poteva raggiungere il Divino con impegno e devozione. Un’esistenza pregna di sofferenza, che solo tramite essa e le penitenze si riusciva a raggiungere la perfezione. Un difficile percorso di conoscenza di sé, dei propri limiti e della possibilità di raggiungere la perfezione solo dopo aver vissuto ed incontrato l’imperfezione. Era una realtà triste, in cui guerre, carestie e stupri erano all’ordine del giorno, ma ricolma di speranza ed un costante impegno a vivere la propria breve esperienza terrena sotto l’egida degli insegnamenti dei Sette.

    I discorsi tra le due donne divennero sempre più intimi e pericolosi. Perché mettere in dubbio anche solo con il pensiero la propria posizione nel Mondo era come rinnegare la stessa esistenza e le comuni radici. Septa Ysilla era sempre stata molto chiara in merito, rendendola un fiore di rara bellezza che prima o poi qualcuno avrebbe colto, con gentilezza o in assenza di essa non importava, ed avrebbe compiuto il proprio destino. Rendersi completa insieme all’uomo che avrebbe sposato, accudire la vita dentro di sé fino a morire per darla alla luce. Lady Joanna Banefort, nulla le aveva insegnato per quanto riguarda i segreti femminili e la vita domestica, ma era stato un esempio di pazienza e virtù fin dal primo istante. Per una figlia era impossibile non desiderare di vestire i panni della madre un giorno, soprattutto per una infanta che era stata cresciuta con un percorso obbligato. Remissione, dolce mestizia e rassegnata abnegazione. - Or dunque… - Il viso contrito per la disapprovazione, non per le parole di Lady Vidya ma per la sconcertante delusione di sé per l’irrefrenabile desiderio di sapere, conoscere ed ascoltare idee tanto sovversive e sbagliate. Era inconcepibile vivere un’esistenza senza un uomo, oppure sostituirsi ad esso in termini di qualità e virtù. Una donna non poteva impugnare un’arma, reclamare la giustizia fino ad ottenerla da sola senza un tribunale di eruditi e studiosi. Da una vita di sacrifici e rinunce potevano anche fiorire miracolose gioie, come sentire la vita crescere dentro di sé ed educare quei germogli per costruire un futuro di pace e prosperità. - … sareste disposta a rinunciare alla famiglia pur di realizzare voi stesse? Rifiutare il sicuro posto riservato a noi per l’ignoto? - Le parole le tremarono in gola. - Dovreste essere la donna più coraggiosa dei Sette Regni, o la più sprovveduta. - Folle, stupida, dissoluta. Aveva così tante frecce al proprio arco, ma la buona etichetta le impediva di essere troppo dura o sincera. Del resto era stata lei a far germogliare un simile discorso, non di certo un desiderio di Lady Vidya. Parole sovversive, che frantumavano anni o meglio secoli di educazione femminile. L’aria dura e pregna di biasimo, quella che usava di sovente quando qualcosa la spaventava a morte ma allo stesso tempo intimamente forse la condivideva, pian piano si affievolì rendendone la posizione meno rigida ed il viso più morbido. Al Nord esistevano realtà ben lontane dal profondo Sud e Lady Vidya era così brava ed attenta a snocciolare ogni questione, anche quella più spinosa. Mentre lei si sarebbe fermata alla comune reazione di qualsiasi donna del suo stesso lignaggio, la Bolton mostrava una maturità intellettiva ben superiore. Con una fredda analisi aveva reso le biasimevoli “donne-guerriero” quasi come eroine. Lei stessa viveva una simile condizione, con Seagard costantemente minacciata dagli Uomini Ferro. Per fortuna l’Isola dell’Orso li aveva resi prigionieri ed affievolito le razzie sulle coste occidentali di Westeros. - Del resto, se mi trovassi priva di difese e così disperata a dover proteggere i miei figli forse io stessa impugnerei la lama di un spada per difenderli e garantirgli un avvenire. - Un sacrificio necessario, dettato dalle condizioni. Di certo non immaginava se stessa, o una propria figlia adepta delle milizie. In assenza di uomini l’ordine perentorio era quello di nascondersi nei boschi o chiedere asilo nei monasteri o in luoghi di culto che uomini assennati non avrebbero mai violato. Esisteva un codice morale, un limite oltre il quale non ci si poteva spingere. Purtroppo correvano tempi pericolosi, dove le abbazie erano il covo di pericolose eresie e l’ambizione degli uomini non conosceva più alcun confine tanto da mettere in dubbio la legittimità dei Re. - Temo che a volte le donne siano migliori di molti uomini. - Con un filo di voce. Scelse con prudenza di non lasciar seguire nulla alla parola uomini, e lasciare alla libera interpretazione. Una moglie poteva essere migliore di un marito, una figlia di proprio padre o una Regina del devoto Re. Anche solo pensare che una donna, fallace e tentatrice, potesse essere migliore di un virtuoso e forte uomo era già abbastanza sovversivo in sé.

    Discorsi ben più quieti e forse frivoli seguirono tra le due nobildonne. Si parlava di abiti e delle diverse mode che dominavano sul continente. Sfarzosi e pomposi al Sud, semplici e funzionali al Nord. Aggrottò appena la fronte ed incurvò debolmente le labbra percependo la lieve nota di biasimo provenire dalla Bolton. Impiegò qualche secondo in più per ricollegare alla sua ostinazione nel vestirsi con la moda del Sud al serio rischio di mettere in pericolo la propria salute. Abbassò leggermente lo sguardo, come una discola sorpresa con le mani nella melassa. - Convengo con lei, Lady Vidya! - Si strinse nelle spalle. - Non considerate i miei gesti come atti d’incuria verso la mia persona, o peggio una ricerca vanesia della beltà. Vesto abiti forse inadatti per non cancellare il ricordo di Seagard in me o negli altri, e in un certo senso mi sono di conforto. - Accarezzò il leggero velluto, le sfumature della terra che ne risaltava il pallore dell’incarnato ed accentuava la bellezza dell’oro nei dettagli. - Sarà mia premura cercare il giusto compromesso tra praticità e beltà. - Promise. Del resto con l’aiuto delle ancelle, anch’esse capaci di confezionare interi corredi ed abiti, poteva rinnovare completamente il suo guardaroba nell’arco di pochi mesi.

    Lasciato il tavolo ancora imbastito, la Mallister affiancò la Bolton con lo sguardo cristallino che spiava oltre la tenda. Le mani di Lady Vidya s’insinuarono tra il tessuto della tenda quel che bastava per aprire uno squarcio verso la conviviale realtà che si respirava fuori. Nonostante fossero infreddoliti e stanchi per la marcia nelle Barrowlands, notava i sorrisi sui loro visi e gli sguardi rinfrancati non solo dal cibo. L’uno si stringeva all’altro, alla ricerca non solo di calore ma anche di storie e speranze. Non si udivano più inni o preghiere. Uomini e donne, di diversa estrazione sociale, che condividevano la luce di un fuoco. La voce pacata della Bolton in sottofondo, guidandola tra i giusti. - … - Le sorrise, stringendole la mano che le aveva sfiorato il braccio. Non l’avrebbe lasciata, con tutte le paure e le incertezze che nutriva aveva bisogno di qualcuno che la guidasse. Stranamente non lo percepiva come una pericolosa deviazione dalla strada maestra, ma un sentiero parallelo che le avrebbe aperto gli occhi.

    Untitled






    Parole: 2478

    Direi che con il tuo prossimo Post possiamo chiudere. Lady Josephine seguirà Lady Vidya fuori dalla tenda e vivrà sulla sua pelle le storie dei pellegrini condividendone il pasto.

    Come al solito ti ringrazio per i numerosi spunti e la possibilità di crescita per Lady Josephine. Grazie di <3
     
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      Accampamento nelle Barrowlands · 23 gennaio 286AA
    Forte degli insegnamenti sul Culto dei Sette elargiti da Septa Loreza, Vidya, aveva avuto la presunzione di sapere tutto ciò che le occorreva per poter interagire con i loro seguaci, di avere abbastanza dimestichezza con il tema da non dover temere confronti e poter, anzi, utilizzare le proprie conoscenze come una sorta di leva per superare la diffidenza e dare forza alle proprie argomentazioni. Ora, seduta al tavolo insieme alla Mallister, ascoltandola dibattere di fede, e osservandola approcciare timidamente per la prima volta il Culto degli Antichi Dèi, stava realizzando di essersi sbagliata. Nelle parole dell’altra fanciulla, stava cogliendo sfumature ed elementi che mai avrebbe potuto trovare tra le pagine dei libri che aveva letto o nella testimonianza di chi, da tempo, aveva abbandonato quelle terre e cultura; scoprendo una religione oltre le pompose cerimonie. Una fede che era forse la più concreta espressione del comune, e bruciante, umano bisogno di risposte, di credere nella promessa di un piano dell'esistenza migliore di quello che la vita offre. Opporre al caos di una realtà dettata dal caso, l'ordine di un disegno superiore. Le sofferenze e ingiustizie giornaliere assumevano così un senso, potendo trovare conforto nell'idea di un giudice supremo che avrebbe rettificato ogni male, vendicato ogni sopruso e ricompensato ogni lacrima versata. Una gioia che, però, per essere goduta, richiedeva costante dedizione, rinunce, abnegazione e sacrificio. Un tendersi ad una perfezione irraggiungibile. Guardò la mollica più grande che Lady Josephine aveva posizionato a rappresentare i Sette-che-sono-Uno, annuendo alla spiegazione di come i fedeli del Credo concepissero il rapporto con il divino, mentre mille domande, commenti e osservazioni si affollavano nella sua testa.

    Se la prospettiva di non essere pronta tanto quanto credeva, poteva destabilizzare la giovane Bolton, andando a nutrire ancor di più le sue paure e dubbi riguardo il non essere all’altezza del compito, allo stesso tempo la metteva di fronte a ciò che più amava: il piacere della scoperta.

    L’inaspettato, il nuovo ed il diverso, per Vidya, non avevano mai fatto nascere in lei sentimenti di timore e chiusura, anzi, erano sempre stati fonte d’interesse e avevano rappresentato occasioni di crescita. Non aveva mai considerato i profili delle colline che segnavano i confini dei territori di famiglia come insormontabili limiti - sebbene, in molti casi, l’idea di poterli un giorno valicare le era parsa estremamente remota - ma, al contrario, li aveva sempre visti come promettenti orizzonti.

    Ed era con quello stesso atteggiamento, apertura e avida curiosità, che stava affrontando quella conversazione. Impedendo a quei muri ed ostacoli, che per difesa Lady Josephine erigeva e poneva tra di loro, di scoraggiarla, trovando, anzi, in ogni piccolo loro pacato scontro di opinioni, un ulteriore stimolo.

    "… sareste disposta a rinunciare alla famiglia pur di realizzare voi stesse? Rifiutare il sicuro posto riservato a noi per l’ignoto? Dovreste essere la donna più coraggiosa dei Sette Regni, o la più sprovveduta. "

    Schiuse le labbra per rispondere, quindi esitò. Non per tutti un simile scenario era un sacrificio o deterrente. Fino ad un anno prima persino lei non avrebbe avuto alcun indugio a rispondere "". La sua mente, ogni fibra del suo essere, volta totalmente allo studio e alla ricerca, affollata da miriadi di domande che pretendevano risposte. Era quello tutto ciò che desiderava. Studiare. Scoprire. Conoscere. Era circondata da libri e pergamene, sognando di percorrere i labirintici corridoi creati dagli scaffali, straripanti scienza e sapienza, dell’enorme Biblioteca della Cittadella, che più si sentiva realizzata. Una spinta che assecondava, pur consapevole, man mano che il tempo passava e il cerchio si stringeva attorno a lei, fosse solo una concessione. Vantava una libertà di fatto ancora non del tutto conquistata. Non aveva scelto, le era stato permesso di indulgere in quelle attività e, persino nel farlo, non era totalmente slegata da quelle instillate imposizioni, il suo animo gravato dal senso di colpa legato nel rifiutare ciò che per natura avrebbe dovuto volere e nell’andare contro ciò che la società le chiedeva. Un’eterna lotta tra cuore e dovere.

    Poi Odilia era rimasta incinta e, vederla spegnersi gradualmente, non aveva fatto altro che confermare le sue remore, portandola a cercare disperatamente modi per continuare a rimandare ‘il momento’ e legittimare un percorso alternativo a quello prestabilito, che non fossero le Sorelle del Silenzio o la rovina del proprio nome. Lo aveva fatto anche la mattina in cui la sua partenza per Grande Inverno era stata decisa, barattando la prospettiva di un matrimonio con la possibilità di rendersi utile al fratello. Di diventare "i suoi occhi e le sue orecchie" nella corte del Metalupo. Ma, nonostante la sua determinazione, nell’ultimo periodo, quella strada che stava cercando di percorrere, si era tinta di amarezza. Harvey. Era stato facile accettare l’idea di rinunciare ad un futuro da madre quando, in esso, non vedeva altro che costrizione e sacrificio, ignorando cosa significasse tenere tra le braccia un corpicino pieno di vita e forza, percependone il calore e tenero odore quando si accoccolava contro il suo petto…

    Sospirò, lasciando andare quelle sensazioni. Alla fine, pensò con angoscia, se non Roose, la malattia aveva deciso per lei. Non la privava della possibilità, ma rendeva il tutto molto più complicato e pericoloso.

    «A volte la scelta viene presa per noi » disse, dunque, seria, «e non si può fare altro che viverne le conseguenze.»

    "Temo che a volte le donne siano migliori di molti uomini."

    Alzò lo sguardo. Chiaro, nelle adamantine iridi, lo stupore di udire quel concetto provenire dalla Mallister che, il più delle volte, appariva, se non a proprio agio, rassegnata e vinta dal ruolo impostole. Non avrebbe tuttavia trovato alcuna traccia di biasimo o indignazione sul suo volto. «Credo di non potervi dare torto», commentò, mantenendosi sul vago così come la sua interlocutrice, piegando l'angolo delle labbra in un sorrisino complice.

    "Non considerate i miei gesti come atti d’incuria verso la mia persona, o peggio una ricerca vanesia della beltà. Vesto abiti forse inadatti per non cancellare il ricordo di Seagard in me o negli altri, e in un certo senso mi sono di conforto..."

    Di fronte a quell'ammissione annuì, comprensiva. Quando, poco prima, Vidya le aveva chiesto se gli abiti fossero un modo per aggrapparsi a qualcosa che 'riteneva simbolo della propria identità', la prima reazione dell’altra fanciulla era stata quella di deflettere e passare ad una sorta di attacco. Una reazione istintiva, di difesa, che poteva capire. «Perdonatemi se vi sono parsa troppo aspra. Non è con intento di attaccarvi o giudicarvi che mi rivolgo a voi» disse quindi, ammorbidendo la sua espressione, osservandola carezzare il pregiato velluto del proprio abito. Per quanto ci fossero differenze di vedute su molti punti, non poteva dire di non rispettare e apprezzare l'attaccamento della Mallister alle proprie origini. Benché alcuni dei modi con cui aveva deciso di farlo le risultassero incomprensibili e pericolosi, persino sciocchi, come nell’ostinazione mostrata con il vestire, non poteva esimersi dal riconoscerle un forte senso della lealtà. Ironico data la nomina che la sua famiglia si era guadagnata con l’annessione al Nord.

    «Le mie parole non sono che consigli.» Non era cambiato molto dalla loro conversazione nella carrozza, Vidya, continuava a vedere nella Mallister una potenziale se stessa e, forse per questo provava ad aiutarla, e agevolare il suo approccio ad una terra tanto lontana da ciò che conosceva e prospettava. «Uno sprone.»

    *



    Si lasciarono alle spalle il piacevole, tiepido, calore della tenda, avventurandosi nel ventoso gelo di quella notte, il rumore dei loro passi attutito dalle umide foglie morte che coprivano il terreno. Non poteva dirsi sorpresa dall’attonimento che riuscì a scorgere sul volto di chi, seduto intorno a quel fuoco, nel levare la testa, aveva scorto le due giovani appressarsi a loro.

    Una scena atipica. Raramente, se non durante le soste ai villaggi, le giovani si vedevano assieme e, anche in quei casi, una volta terminate le presentazioni, solitamente andavano in direzioni opposte. E se la presenza della sola Vidya generava ancora imbarazzo, l’arrivo della Mallister, prevedibilmente, strappò più di qualche palese reazione di sorpresa tra la gente del Nord quanto tra lo stesso seguito di Seagard. Uno stupore che subito si tinse di apprensione, appesantendo la precedentemente leggera e rilassata atmosfera, con sguardi timorosi scambiati oltre le fiamme.

    La giovane Bolton si comportò come ogni sera, prendendo posto su una delle casse utilizzate come seduta, chiedendo discretamente alle persone a cui aveva dato consigli aggiornamenti sulle loro condizioni; conscia che l’unico modo per superare il disagio, e far sciogliere la tensione, era quello di dare loro tempo di abituarsi alla nuova situazione.

    «Jaeda.» Vidya si rivolse ad una delle donne del gruppo, dal volto lungo e spigoloso, caratterizzato dai colori e tratti tipici del Nord. «Ieri raccontavate di vostro figlio e della sua decisione di rimanere al confine...»

    Alcuni dei giovani che si erano uniti agli eserciti scesi a Sud erano tornati a casa, altri no e non perché reclamati dagli Dèi nell’Oltre ma per scelta, avendone trovata una nuova. Il figlio di Jaeda era uno di loro. Era stato il cuore a trattenerlo e, per la donna, quel pellegrinaggio era più di una presa di posizione, un sostegno alla causa, ma un modo per assicurare al proprio figlio - in quanto seguace degli Antichi nelle terre dei Sette - un futuro tranquillo, protetto dagli estremismi ispirati dalla Targaryen. Un atto di puro amore e coraggio quello di attraversare la regione - per chi, come Jaeda, non aveva mai lasciato le proprie terre - che aveva colpito la giovane Bolton.

    Bastò quel semplice spunto, unito al nome del villaggio - noto a chi, tra i presenti, veniva dal Sud - e ben presto la conversazione riprese, respingendo le ombre insieme alle fatiche di quella giornata, riempiendo l’aria di aneddoti legati al luogo e storie di incontro e convivenza tra i popoli.

    Guardò la Mallister. Ciò che li univa e ciò che si poteva costruire - era su quello che ci si doveva concentrare.



    Parole: 1556

    É sempre un piacere ruolare con te <3


    Edited by »S« - 4/5/2023, 21:01
     
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