Najla Naazari

Najla è una giovane donna in divenire, che rivela vivacità al solo sguardo. Piacevole lo è, graziosa pure: ma queste, lo riconosco, sono qualità quasi scontate da attribuire alla figlia di una cortigiana, o comunque a una che aspira ad essere tale. Di cortigiane brutte, da che mondo è mondo, non se ne conoscono.
È quindi molto bella, snella, abbastanza alta, con i capelli castano-scuro, un ovale regolare e armonioso, non affatto lungo, splendidi occhi d’ambra, non troppo distanti né troppo vicini tra loro; è molto riflessiva e, in apparenza, di piacevole compagnia. Veste secondo le ultime mode e porta addosso vari gioielli, sempre ben in sintonia con la pelle liscia e intermedia, in tonalità, tra quella delle Perle Nere e quella delle valyriane di Lys.

« Najla è cinica, critica e pur tuttavia sensibile all’arte. Crede ai miracoli, ma non è la speranza a indurla a credere. È piuttosto realista, checché se ne dica, più di quanto lo siano gli scettici. Questi ultimi, gli scettici s’intende, non credono ai miracoli. E pur se un miracolo dovesse pararglisi davanti, presentandosi come un fatto incontrovertibile, uno scettico dubiterebbe piuttosto dei suoi stessi sensi; Najla, invece, lo considererebbe un fatto naturale inspiegabile, che è tale perché tale è. Non è una giovane donna di quelle ingenue e credulone; né, al contrario, è una tanto disillusa da non credere in alcun progetto più grande di lei. È introspettiva e naturalmente ambiziosa, come devono esserlo le giovani donne che hanno un obiettivo.
Mi si potrebbe dire, appresa la sua storia, che Najla sia una ragazza banalotta, superficiale, e forse persino poco colta. E così via. Ripeterò semplicemente quello che ho già detto: ella studiò con i fratelli, appassionatamente, benché non avesse buona considerazione di nessuno di loro; dopodiché le fu concesso un maestro, a spese della madre, giacché il padre, depravato e sprovveduto, dimenticava spesso di avere dei figli. Quanto alle prime due accuse, invece, vi dirò: non era nella sua natura ammaliare gli uomini, né dipendervi completamente; conosceva la storia della madre e sapeva che dietro i primi sacrifici, si sarebbe prospettata innanzi a lei una vita di sfarzi e di lusso, di considerazione, persino d’ozio - per quanto le sia stato insegnato che vada sempre fuggito. Aggiungete a questo che ella era già, in parte, una giovane dei nostri tempi, cioè onesta di natura, una che desiderava la verità, la ricercava e ci credeva, e quando credeva in qualcosa, voleva prendervi parte immediatamente, con tutta la forza della propria anima, e poi sentiva l’esigenza dell’azione immediata e l’irresistibile desiderio di sacrificare le ore del suo tempo per essa ».

Najla Naazari era la quarta figlia di Nadjr Naazari, un mercante assai noto a suo tempo, che si arricchì con il commercio di zucchero, di sete e datteri e spezie che i westerosi definirebbero esotiche.
Per un qual certo periodo divenne celeberrimo, tanto da entrare in politica. Si maritò con una lontana cugina, una donna di nome Shaera - una che un tempo era nota come “valyriana”; che fosse o meno di sangue valyriano, poi, nessuno sapeva dirlo. Era una cortigiana onorata, questo invece è certo. Una donna di cultura, posseditrice di una bella casa e di svariati altri beni, la quale allietava soltanto i politici e ben pochi eletti tra i mercanti più influenti.
Su un uomo tanto fortunato le parole sono superflue; dirò soltanto che era un tipaccio, strano di natura, un debosciato e uno scimunito, e tuttavia abbastanza intelligente da pensare ottimamente alle cose dei soldi suoi.

Najla Naazari nasce nel quartiere dell’Isola degli Dei.
L’abitazione della famiglia, finitima a una decina di altre abitazioni, si trova presso il Tempio del Dio della Luce. Nel nostro distretto tutti sono fedeli a R’hllor, con poche eccezioni. Non si riscontrano cenni di fanatismo, ma è consuetudine aderire con animata partecipazione ai riti che si compiono regolarmente al Tempio. È una bella comunità, qualcuno ce l’ invidierebbe. Pertanto, Najla viene educata al culto di R’hllor. Anche lei, non è una fanatica. Ma dacché impara a leggere, diviene una modesta appassionata di libri sacri.

Najla è cinica, critica e pur tuttavia sensibile all’arte. Crede ai miracoli, ma non è la speranza a indurla a credere. È piuttosto realista, checché se ne dica, più di quanto lo siano gli scettici. Questi ultimi, gli scettici s’intende, non credono ai miracoli. E pur se un miracolo dovesse pararglisi davanti, presentandosi come un fatto incontrovertibile, uno scettico dubiterebbe piuttosto dei suoi stessi sensi; Najla, invece, lo considererebbe un fatto naturale inspiegabile, che è tale perché tale è. Non è una giovane donna di quelle ingenue e credulone; né, al contrario, è una tanto disillusa da non credere in alcun progetto più grande di lei. È introspettiva e naturalmente ambiziosa, come devono esserlo le giovani donne che hanno un obiettivo.

Quanto all’alfabetismo: è certamente un’eccezione di non poco conto che una donna sappia leggere. Najla impara con i fratelli, all’inizio origliando soltanto, poi col permesso della madre. I progetti di quest’ultima per la figlia femmina sono chiari: iniziarla alla stessa arte che in gioventù le ha permesso di accedere ai salotti più privilegiati, ai balli più esclusivi e sfarzosi dell’intera Braavos. La politica, le corti - le spiega - sono un obiettivo a cui una donna senza arte né parte non può ambire; una donna istruita, invece, può accedervi con facilità.

Si appassiona alla poesia, alla pittura e all’architettura: trova Braavos un centro assai vivace e sempre appassionante, traboccante di storie da raccontare. Ama passeggiare tra le calli, lungo i canali, anche nelle giornate meno propense.
Sull’arte che le vuol trasmettere la madre ha poche opinioni: conosce lo status cui possono accedere le cortigiane braavosiane e a tal status ambisce; d’altra parte, essa non è nobile di sangue, né mai di nobiltà ha sentito parlare con serietà; i bassifondi sono una realtà che nel prossimo futuro potrebbe finire col toccarla. Scongiurare un tal simile scenario è la sua priorità.

Mi si potrebbe dire, a questo punto, che Najla sia una ragazza banalotta, superficiale, e forse persino poco colta. E così via. Ripeterò semplicemente quello che ho già detto: ella studiò con i fratelli, appassionatamente, benché non avesse buona considerazione di nessuno di loro; dopodiché le fu concesso un maestro, a spese della madre, giacché il padre, depravato e sprovveduto, dimenticava spesso di avere dei figli. Quanto alle prime due accuse, invece, vi dirò: non era nella sua natura ammaliare gli uomini, né dipendervi completamente; conosceva la storia della madre e sapeva che dietro i primi sacrifici, si sarebbe prospettata innanzi a lei una vita di sfarzi e di lusso, di considerazione, persino d’ozio - per quanto le sia stato insegnato che vada sempre fuggito. Aggiungete a questo che ella era già, in parte, una giovane dei nostri tempi, cioè onesta di natura, una che desiderava la verità, la ricercava e ci credeva, e quando credeva in qualcosa, voleva prendervi parte immediatamente, con tutta la forza della propria anima, e poi sentiva l’esigenza dell’azione immediata e l’irresistibile desiderio di sacrificare le ore del suo tempo per essa.

Questa, così riassunta, è la storia di Najla Naazari - perlomeno dei suoi quindici anni. Data la sua età, che è notoriamente un limbo per le fanciulle, non è ancora matura, né completamente acerba; la madre, ancora bene allacciata alla Grande Società, si riserva di presentarla a breve: frattanto le insegna le giuste maniere, dei trucchetti, le compra gli abiti e gli ornamenti necessari.