Votes taken by jaston

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    Benvenuta. Se ti trovi dalle parti della Cittadella nell'Altopiano ci si può fare un saluto, tra una lezione e l'altra
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    taverna
      Angus· taverna, Vecchia Città· 23 febbraio 286
    E
    rano mesi oramai che avevo lasciato Grande Inverno e la mia famiglia indietro. Mi era stato permesso un grande onore, andare così lontano per imparare di più del mondo. Tutta la famiglia mi aveva dato la sua benedizione, volevano tanto il meglio per me quanto io ne avevo voluto sempre per loro. Anche se erano così lontani continuavo a sperare e pregare per la loro salvezza. Non che ci fossero alberi diga tanto a sud a cui mandare le preghiere. Le mie preghiere sarebbero dovute bastare.
    Dovevo ricordarmi anche di scrivergli appena ne sarei stato in grado. Sarebbe stato utile trovare dei modi per mettermi in contatto con loro e gli altri amici a Grande Inverno. Sapevo che le missive venivano mandate dai corvi e quegli uccelli venivano allevati dai Maestri. Forse una volta che mi avrebbero accettato avrei potuto chiedere a chi se ne occupava se potevo mandarne uno ai miei per confermare il mio arrivo. Non avevo avuto modo di contattarli del mio percorso da quando ero partito.
    A parte che gestissero i corvi, dovevo ammettere di non sapere di preciso di cosa si occupassero i Maestri. Me li avevano sempre descritti come le persone più intelligenti di tutti i Regni, ma essere intelligenti di suo non poteva essere un vero lavoro. Quello che facevano a corte non lo sapevo dire di preciso. Mi era capitato di vedere il vecchio Luwin a palazzo muoversi con libri e bende per andare dal Lord o dai giovani rampolli, ma non gli avevo mai chiesto in cosa consistesse realmente il suo lavoro.
    Arrivato a Vecchia Città potevo però rifarmi su tutte quelle occasioni perse. Mi avevano detto di andare a riferirmi ad un sapiente che abitava da quelle parti. Si chiamava Biffus e aveva studiato alla Cittadella anche lui, molti anni fa. Ora era al servizio dei nobili che governavano Vecchia Città.
    Feci sapere di essere arrivato alle guardie del castello, e insieme alla lettera che mi era stata data dissi anche che mi sarei fatto trovare ad una locanda in città. Non era mio permesso da popolano di entrare nel castello di un Lord senza il suo permesso, e sarebbe potuto essere un grande affronto chiedere il suo permesso solo per incontrarmi con uno dei suoi servitori.
    Biffus ricevette il mio messaggio e mi venne ad incontrare dove avevo alloggio. Era un uomo vissuto, ma si vedeva che portava la conoscenza nei suoi occhi.
    “Grazie per essermi venuto incontro.” “Non capita tutti i giorni di avere visitatori da così lontano. Se ho capito bene dalla lettera del caro fratello Luwin sei venuto qui per studiare alla Cittadella, ho capito bene?” “Sì. Mi hanno sempre detto che avevo un particolare acume, quindi con la mia famiglia abbiamo messo da parte abbastanza da potermi permettere di viaggiare fino a qui.” “Come è stato il viaggio?” “Lungo. Ma ho visto molti ambienti che mai avevo incontrato al Nord.” “Posso immaginare. Una volta usciti dal proprio borgo il mondo sembra molto più grande. Ma non perdiamoci in troppe chiacchiere. Se sei venuto fino a qui saprai come è strutturata la società dei Maestri.” “Devo ammettere di no. So solo che lavorano nei castelli, ma non so cosa li distingue dagli altri servitori.” “Non c’è problema. Ammettere di non conoscere qualcosa è il primo passo per imparare. Quello che dici è in parte corretto, i Maestri mandati nelle corti servono il Lord di quel palazzo per le questioni di medicina e di educazione. Hanno anche il compito di interpreti e consiglieri, oltre che di gestire le missive nella corviera e leggerle al Lord, quando questo non è in grado. Quindi come vedi i Maestri fanno parte della struttura che sostiene il Lord, ma si occupano di lavori più delicati e importanti rispetto ai cuochi e le baglie. I Maestri sono i custodi della conoscenza di tutti i Regni, senza di loro i nobili non saprebbero imparare e regnare con giudizio. Rispetta sempre la catena quando la otterrai, è un simbolo di grande prestigio e come tale il portatore deve comportarsi.”
    “Non per tutti i Maestri che completano gli studi presso la Cittadella è riservato un futuro di servizio nelle corte dei nobili di Westeros. Chi più si mostra adatto e portato per una disciplina in particolare può continuare a rimanere alla Cittadella e approfondire lì i propri studi, oltre a insegnare quanto hanno ricercato ai nuovi Accoliti come te. Questi Maestri hanno il titolo di Arcimaestro nella disciplina in cui si sono specializzati e sono loro a determinare quando uno studente ha completato gli studi ad un livello sufficiente per ricompensarlo con un nuovo anello. Ah gli anelli, non ti ho ancora spiegato cosa sono.” Il Maestro altopianino fece uscire dalle pieghe della sua tunica una catena che portava al collo come collana. Era formata da anelli di molti materiali, metalli dai colori diversi e che riflettevano la luce in modalità differenti. “La catena di un Maestro è l’attestamento dei suoi sforzi. Dal momento in cui si entra nella Cittadella come Accolito il tuo compito è quello di studiare e mostrarti capace di apprendere quanto e più degli altri studenti. Per ogni corso che seguirai fino al suo compimento con un Arcimaestro, verrai al termine ricompensato con un nuovo anello per la tua catena. Argento per la medicina, ottone per le genealogie dei nobili, bronzo per gli astri. Questi sono solo alcuni dei tipi di anelli che puoi acquisire una volta accettato. Fai quindi attenzione a scegliere bene il tuo carico di studi. È meglio essere profondi e stretti quanto un pozzo rispetto ad essere ampi e superficiali come uno stagno. Studia quello per cui sei venuto fino a qui, e non ignorare le basi. Sono quelle che definiscono un vero studioso.”
    Dalle parole del Maestro Biffus sembrava stesse cercando di suggerirmi di specializzarmi in certi corsi, ma devo ammettere che ai tempi non avevo alcuna idea a quali si riferisse nello specifico. Con buona probabilità mi stava suggerendo di concentrarmi nei pochi anelli che mi sarebbero serviti per diventare un Maestro e di tornarmene nel Nord a servire per qualche piccolo castello. Non si aspettava molto da me. E potevo biasimarlo? Un uomo del popolo arrivato dall’altra parte del continente, con in tasca le poche monete che costituivano i risparmi di una vita e i vestiti che aveva addosso, niente di più con sé. Non era certo il ritratto classico degli studenti che si presentavano tra le mura di conoscenza della Cittadella. Ma in realtà non sapeva allora cosa volevo veramente. Avevo preso l’opportunità di studiare per come che mi era stata presentata, un modo per crescere e far migliorare la vita al resto della mia famiglia. Ero arrivato fino a lì oramai, mi aspettavo che da quel punto in poi qualcun altro per me avrebbe mostrato le opportunità che avrei potuto prendere.
    “Nella nostra società ognuno ha un ruolo. I nobili governano le terre e fanno figli a cui passeranno il loro compito, gli artigiani ereditano le botteghe ed i mestieri dai loro padri. Ma i Maestri sono diversi. Loro non seguono un legame di sangue. Una volta che prenderai la tua catena rinuncerai alla tua famiglia e le tue eredità. Perché noi non siamo legati da parentela, noi siamo uniti nella ricerca della conoscenza.”


    Parole: 1212

    Add Base (600 parole min), Conoscenza Cittadella
    Addestratore Maestro Biffus
    Tratto Studioso
    Requisiti -
    Ricompense 5 exp base

    Ho cercato di giustificare il mio arrivo (e il fatto che potessi fare gli addestramenti con gli addestratori di Alta Torre) come se fosse stato il Maestro di Grande Inverno a dirmi di andare a parlare da loro. Non mi aspetto che questo abbia valore nella quest per diventare Accolito. Se rimane comunque sbagliato lo posso correggere.
    Per la data non so quando volete decidere che io sono arrivato. Ho messo una data verso la fine di febbraio, circa quando si ambientavano le ruolate con il mio precedente pg. Anche per questo se a vostro parere deve essere anticipato o ritardato il mio arrivo non c'è problema a cambiarlo.

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    Il Duca è un Braavosiano, sono Essosi per estensione lol
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    forest
      Betyu· Gola, Oltre la Barriera· durante la sua adolescenza
    V
    edere mio papà così contento mi fece soffrire un po’ dentro, perché non lo avevo già fatto prima? Era vero che andare così a caccia non era il genere di attività che mi piaceva svolgere, così brute e violente, ma al contempo erano delle attività piene di vita e prosperità. Era grazie alla carne ed alle pelli e le ossa che i cacciatori riportavano dalle loro battute di successo che il Clan tutto poteva sfamarsi e coprirsi dal freddo. Una mansione che, se vista da quel punto di vista, poteva diventare utilitaria e positiva per la società tutta.
    Ma più di tutto, rendeva mio papà felice. Quel pover’uomo aveva sopportato le insinuazioni e offese da parte della sua famiglia per me, staccandosi da loro ma piangendo comunque la loro morte nella grande incursione al di là della Barriera. Dagli stessi occhi ora stavano scendendo altre lacrime, queste però di gioia e sorpresa. Non penso comunque si aspettasse al tempo io diventassi un cacciatore come lui, ma solo il fatto che fossi stato io a proporre di partecipare doveva essere stato abbastanza.
    Lo seguii quindi con i miei pochi vestiti pesanti, tessuti da mia madre, fuori dalla tenda e fino al limitare delle tende del Clan. Lì dove la terra battuta dai cammini giornalieri di noi membri degradava lentamente verso il prato vergine incontrammo altri cacciatori. La solita compagnia di caccia che seguiva mio padre non era composta da eroi, o guerrieri illustri. Nessuno di loro avrebbe partecipato poi alla incursione dell’anno per gli Inginocchiati 285, tutti uomini di famiglia più esperti con le trappole per cervi che per uomini. Ma i loro figli sì. Ragazzi non ancora adulti, pure più piccoli di me, portati alla morte da un capoclan troppo presuntuoso e un Capo dei Capi incapace di pensare alle conseguenze delle sue azioni per i sopravvissuti. Eppure durante quella battuta di caccia eccoli lì, gioiosi e al seguito dei loro genitori. Una memoria connotata da una patina di tristezza, dato la loro fine prematura.
    Partimmo come un gruppo unico verso il bosco. Gli adulti davanti a tracciare la via e chiacchierare, scambiandosi racconti e aneddoti involontariamente imbarazzanti riguardo i propri figli, mentre noi suddetti figli sul retro, a portare gli zaini e le attrezzature. Io provai a parlare con loro, ma era evidente che oltre alla professione condivisa dai nostri genitori non avevamo altro in comune. Ma lo accettai, dopotutto non mi era nuovo essere visto negativamente dagli altri. Delle poche persone che potevo chiamare miei amici, quelli della mia generazione erano meno della metà.
    Per mia fortuna non fui l’unico a dover rimanere in silenzio mentre gli altri chiacchieravano per molto. Raggiungemmo più in profondità nella boscaglia velocemente al passo di marcia con cui ci muovevamo, laddove era necessario mantenere l’assoluto silenzio per non fare scappare le prede che eravamo venuti a cacciare, e per non diventare a nostra volta prede di predatori più grossi e pericolosi di noi. Muovendoci con cautela in un regno che non era più dominio di noi Uomini Liberi, ma di creature molto più tribali e feroci, ci facemmo strada fino ad uno spazio aperto. Doveva trattarsi di un luogo usuale per il gruppo di cacciatori di mio padre, perché ci dirigemmo lì senza dubbi. Resti di un fuoco potevano essere riconosciuti nel centro, e lì non c’erano arboscelli o altre piante del sottobosco che crescevano, la terra era più arida e la poca erba schiacciata. Ci fecero posare tutto il materiale che avevamo portato, il cibo e le tende, tenendo con noi solo le armi da caccia. Non li abbandomanno per terra, ma ci dissero di appenderli agli alberi intorno. Così facendo avremmo evitato che animali di passaggio potessero cibarsi con quanto ci eravamo portati noi.
    Alleggeriti del peso ci muovemmo fuori da quella depressione, andando verso il fiume. Una volta sentita l’aria, da dove veniva, ci mettemmo sotto vento in modo da non spaventare alcuna possibile preda, e ci facemmo più immobili possibili. Attendemmo ore, vedendo animali di ogni tipo passare, da piccoli roditori a grandi metalupi. Ma nessuno di quelli era una delle prede che i grandi volevano catturare. Solo verso l’imbrunire si mostrarono un branco, due grossi cervi dall’ampio palco seguiti da femmine e cuccioli oramai svezzati, i maschi già stavano gemmando le loro corna. Pensavo che avremmo attaccato in quel momento, ma i cacciatori esperti li lasciarono abbeverarsi e allontanarsi. Chiesi in seguito perché, e mi dissero che lo fecero per non spaventare gli animali e rovinare quell’abbeveratoio. Ma lo venni a sapere solo dopo. Una volta che i cervi lasciarono il fiume una coppia padre-figlio li seguì, mentre noi facemmo ritorno al campo. Ero confuso, pensavo fossimo venuti fino a quella foresta per cacciare, non per osservare animali.
    I due che si erano separati da noi ritornarono quando oramai il campo era già stato attrezzato, e una zuppa di carote di terra e carne bollita già a scaldarsi sul fuoco. Comunicarono qualcosa agli altri cacciatori, e poi andammo tutti a dormire dopo esserci riforcillati. I bivacchi non erano troppi, uno per famiglia, quindi mi ritrovai a dormire affianco a mio padre, molto più a stretto contatto con lui di quanto mi era solito. Potei così osservarlo più attentamente, da una posizione di solito riservata a mia madre. Si potevano vedere le rughe e alcuni capelli bianchi, oltre che i sempre più laschi capelli nella chioma un tempo scura. Mio papà stava invecchiando, come tutti nel mondo. Per quanto ancora i miei genitori avrebbero potuto supportarmi? Avrei dovuto trovare un posto funzionale nel mondo, oppure venire travolto da tutte quelle incombenze e preoccupazioni degli adulti una volta grande oramai.
    Mi preoccupai e ripensai ai ricordi felici che avevo con mio papà fino ad addormentarmi. Il mattino dopo capii finalmente quale era il loro piano. Disfarono le tende e riappesero gli zaini tutti agli alberi, coprendo il fumo rimasto dal falò. Poi seguendo la guida dei due scouts del giorno precedente raggiungemmo dove si trovavano molti più cervi di quanti ne avevamo visto il giorno prima. Lo scopo di individuarne alcuni era di rendere loro la nostra mappa per raggiungere l’intera popolazione. A quel punto era tempo solo di scegliere chi attaccare, e colpirli una volta separatisi.
    Decidemmo come preda un gruppo di cinque o sei giovani adulti, al seguito di un grande cervo dall’ampio palco. Andammo dietro di loro una volta allontanati abbastanza dal gruppo, con parte della compagnia che li caricò da dietro, prima con una pioggia di lance e poi facendo rumore e spaventandoli. Più che ucciderli, il loro scopo era di dirigerli verso l’altra metà, che tese corde per terra tra gli alberi e si appostò con lance arpionate ai bordi del percorso. Quando la mandria passò di fronte a loro, molti caddero e altri vennero colpiti dalle lance. Tutti divennero preda per noi una volta radunati. Quella fu una buona battuta, perché potemmo tornare con più carne del solito, oltre che pelli e corna e ossa, tutti materiali utili per costruire e riparare l’accampamento. Forse fu solo fortuna che ci permise una così buona rendita, oppure è possibile che fu l’amore dei nostri genitori che volevano mostrarci un mestiere di cui erano orgogliosi a permettere loro di riuscire con così tanto successo.


    Parole: 1208

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    rocce
      Betyu· Gola, Oltre la Barriera· durante la sua adolescenza
    U
    n mattino come tanti feci per dirigermi verso la tenda di Grosso Falco, attraversando l’accampamento del nostro Clan, dalle posizioni più laterali dove si trovava la modesta tenda della mia famiglia, alle zone più centrali, dove la tenda ampia dello sciamano era piantata al centro dell’accampamento. O almeno sarei andato, se non fossi stato preso di peso nel mentre che camminavo, da un uomo tanto muscoloso quanto basso, che poso conoscevo. Nonostante fosse basso non poteva essere un bambino data tutta la barba e le rughe che aveva. Perché mi aveva preso allora? Era arrabbiato con me per qualche motivo? Non mi ricordavo nessun motivo per cui avevo potuto provocare la sua ira, ma non era la prima volta nella mia vita che venivo preso di mira da altri membri del Clan senza alcun apparente motivo. Abituato come ero, cercai di scusarmi preventivamente. “Scusami scusami. Non volevo offenderti, ti prego non picchiarmi.” Ma invece di accettare le mie scuse, o anche solo ridere di me, l’uomo grugnì e continuò a portarmi di peso fuori dall’accampamento, apparentemente senza fatica alcuna.
    Venni trasportato come un sacco senza fatica da quel burbero guerriero fino ad un prato coperto di neve, un terreno libero di alberi o fiumi, ma fresco lo stesso perché all’ombra di una grande parete di roccia. Non avevo avuto modo di seguire con attenzione l’intero percorso perché per tutto il tragitto il mio volto era stato contro la sua schiena e la pelliccia che lo copriva, avevo provato a girare il collo per quanto possibile, ma a malapena riuscivo a scorgere sprazzi di panorama nella mia vista periferica. Il luogo era del tutto nuovo per me, più abituato come ero io a muovermi all’interno dell’accampamento piuttosto che nelle zone esterne, quelle davvero pericolose.
    Ma anche se avessi conosciuto il percorso, come avrei potuto pensare di fuggire da quell’uomo? Per quanto le sue gambe fossero corte e lui fosse grosso, era impossibile non notare quanto fosse temprato come persona. Certamente era un individuo molto forte, capace di sollevare persone intere senza mostrare una goccia di sudore. Al contrario io non mi ero mai particolarmente impegnato nella mia vita, sempre preferendo lo studio alle uscite nei boschi. Avessi fatto un passo fuori da lì senza il suo consenso, sarei tornato immediatamente nelle sue mani.
    Se la fuga quindi non era una opzione non più valida, rimaneva solo di cercare di contrattare “Sono veramente dispiaciuto se ti ho offeso in alcun modo. Dimmi quello che vuoi e lo farò, non serve farmi del male. Uccidermi sarebbe solo un costo per te, la mia inutile vita vale davvero essere ostracizzato dal resto del Clan?” Ero sulle mie ginocchia ormai a pregarlo, gambe per metà nella neve. Chi se ne importava dell’orgoglio, non mi avrebbe certo fatto sopravvivere quello.
    Invece di colpirmi o dirmi chiaramente cosa voleva, il guerriero grugnì, puntando verso la parete. Io quindi andai verso di essa, staccando una scheggia della roccia “Vuoi questa?”
    Ma invece di accettare grugnì più forte, e poi si mise a muoversi prendendomi un polso. Mi portò di nuovo fino ad essere in fronte al muro, mise una mia mano su una delle rocce che sporgevano e mi desse un calcio in culo, spingendomi su. Io seriamente ero confuso, non capivo più cosa volesse da me. Se quello era uno scherzo non vedevo quale fosse la battuta. Ma mi aveva oramai portato lì, e rimanere fermo così vicino alle sue mani mi faceva solo temere avrebbe usato quelle per schiacciarmi contro la parete se non avessi capito cosa voleva.
    Provai a mettere un’altra mano sulla parete e tirarmi su, abbastanza da poter mettere un altro piede che prima era sulla neve contro il muro invece. Non sapevo se era quello che lui veramente voleva, ma almeno così sarei riuscito ad allontanarmi un pelo da lui forse.
    Sembrò che però non mi dovetti preoccupare di quell’ultima parte, perché il suo grugnito successivo a quando iniziai a spingermi verso l’alto sembrava approvativo. Ma cosa stavo pensando?! Credevo di riuscire davvero a comprendere quell’agglomerato di versi e grugniti? Era forse tutta quella situazione nuova e straniera per me giunta alla mia testa e causatomi danni tali da rendermi folle? Non ci capivo più niente, però sul momento decisi di fidarmi di quella intuizione di tono approvativo nei suoni del cacciatore, e continuai a tirarmi su lungo la facciata di roccia.
    Salivo con molta, molta lentezza. Le mie braccia erano flebili, non certo allenate a tenere su un corpo pesante di un ragazzo intero. Avevo la fortuna di non essere particolarmente robusto e quindi creare eccessivo sovrappeso, ma questo era di poco una consolazione. Non avevo allenato alcun muscolo nelle mie braccia, non sarei riuscito a salire in un tempo ragionevole.
    Non potevo neanche appoggiarmi sul vantaggio dei pochi muscoli del braccio mio dominante sviluppato facendo simboli chiamati scrittura su pezzi di pelle bianca come mi aveva raccontato Grosso Falco giù nelle terre degli Inginocchiati, perché noi Libero Popolo non usavamo questo sistema, ci fidavamo della nostra memoria e di quella dei nostri anziani per conservare le conoscenze. Al più facevamo uso di piccole rocce appiattite dai fiumi per mandare messaggi con acquile viaggiatrici contrassegnandole con rune. Ma quello era un sistema usato solamente per scrivere a persone lontane, ed io non avevo nessuno con cui parlare neppure vicino a me.
    Potevo quindi basarmi solo sulla mia mente, e quei risicati pezzi di carne attorno le mie ossa. Dovevo approcciare il tutto con logica, prendere la salita piano. Evitare grossi salti, rimanere sempre con più arti possibili attaccati alla parete, e fermarmi quando troppo stanco, appoggiandomi contro la parete invece che distante da essa, in modo da lasciare alla gravità di fare lo sforzo per me.
    E incredibilmente, il sistema sembrò funzionare. Ci misi ore, subendo sempre il freddo dei venti più forti a quelle altezze rispetto alla superficie, ma avevo raggiunto almeno la metà della parete. Mi esaltai al pensiero, per poi ricordarmi che non era neanche mio interesse partecipare a tutto ciò. L’unico motivo per cui lo avevo fatto era per quel folle gigante nano. Guardai in giù istintamente quando pensai a lui, ma invece di notarlo vidi solo più la neve calpestata. Se ne era davvero andato?! Prima di esaltarmi troppo decisi di porre maggiore attenzione, girando il collo un po’ di più per osservare il panorama intorno. Ma davvero sembrava sparito! Non lo vedevo più da nessuna parte, e neanche notavo luoghi dove si sarebbe potuto nascondere all’orizzonte, non essendoci boschetti, o rocce alte abbastanza in giro da coprirlo rispetto la mia visuale. Certo, poteva essersi seppellito sotto la neve in maniera divenisse inosservabile rispetto a dove mi trovavo, ma veramente?!? Sarebbe stato troppo anche per quell’uomo imperscrutabile. Quanto tempo sarebbe dovuto rimanere sotto la neve umida e fredda, aspettando solo che io mi accorgessi di essere rimasto da solo e avessi provato a fuggire? No, se avessi iniziato a pensare così avrei potuto piuttosto pensare che era diventato un uccello e stava volando intorno a me osservandomi come un falco.
    Ero finalmente libero da quell’uomo e le sue manie. Potevo andarmene finalmente, ritornare alla tenda e non uscire da lì probabilmente per una settimana intera, solo per timore di reincontrare quel folle pieno di muscoli. Non era finita però. Prima dovevo scendere da lì. Pensai per un momento di lasciarmi cadere, la neve in fondo avrebbe attutito la mia caduta. Ma mi liberai presto di quel pensiero. Per quanto soffice il tappeto di fiocchi bianchi, da quell’altezza sarebbe sembrata come una lastra di pietra. Il mio corpo tutto sarebbe volato forse alto quanto avevo raggiunto scalando per gli schizzi di sangue intorno.
    No, buttarmi era una idea suicida. Molto meglio era considerare di calarmi un po’ alla volta. Ero riuscito a salire fin lì, scendere non sarebbe dovuto essere così difficile, giusto? Autoconvincendomi iniziai a scendere.
    Ma un borbottio giunse fino a me dall’alto. Lo stesso suono che, anche se non lo sentivo da ore, aveva terrorizzato la mia psiche da quel mattino. Lentamente rivolsi lo sguardo verso l’alto, e sulla sommità della parete ecco che mi osservava quel tipo psicotico, il suo piede sul bordo, che tratteneva una roccia pronta a cadere sul mio capo.
    Pensai di essere fregato. Ogni piano di fuga era finito, potevo solo continuare a salire.
    E per continuare continuai, sentendo le mie ossa indolenzirsi e addormentarsi così tante volte quella giornata che pensai di essere spacciato. Non ero una persona religiosa, ma arrivai in quella situazione estrema pure ad invocare una protezione dagli dei e gli antenati nei grandi alberi dei volti. Ma nonostante tutto, riuscii a farcela. Avevo raggiunto praticamente la cima. Quando misi la mano destra alla stessa altezza dove quel pomeriggio avevo visto si trovava il piede del guerriero, la sua mano mi prese per il polso, tirandomi su tutto come fossi una foglia. Ero in cima finalmente! Non sapevo perché mi avesse fatto venire fino a lì, voleva ora buttarmi giù? Un po’ impaurito mi rivolsi verso di lui, ma sembrava sorridere. Abbassai i miei dubbi, forse non voleva uccidermi. Potevo osservare il panorama da quell’altezza, il sole che tramontava lontano all’orizzonte sembrava più bello di ogni altro tramonto avevo osservato nella mia vita.
    E poi mi diede un grossa pacca sulla schiena, forte tanta da spingermi quasi giù, non fosse stato che mi tenni in piedi agitando le braccia all’impazzata. Forse mi ero sbagliato. Forse voleva davvero uccidermi.


    Parole: 1573

    Add Intermedio (700 parole min), Resistenza 1
    Addestratore Dukemund
    Tratto Studioso
    Requisiti Marzialità 5 (Marzialità di Betyu 21)

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    clans
      Betyu· Clan delle Ossa, Gola, Oltre la Barriera· Pomeriggio · 13 febbraio 286A.A.
    Q
    uando lasciai il centro della piazza formatasi tra i membri del Clan, potei fortunatamente almeno vedere che non ero l’unico nel Clan a voler evitare di versare sangue intorno. Anche almeno uno degli anziani cercò di fermare il padre di Usignolo. Sembrava che le mie parole avessero convinto alcuni dei più importanti membri della nostra società!
    Ma quella posizione di rispetto non aveva importanza in quel momento. Per la legge delle terre perennemente innevate il padre di Usignolo aveva diritto a rifarsi su quel membro del Clan dei Fiumi Gelidi. Non che fosse qualcosa che io desiderassi, perché più il clima oltre la Barriera sarebbe stato instabile, più sarebbe stato difficile procurarsi una via di attraversamento sicura fino al di sotto del Muro di ghiaccio.

    Avevo lasciato il centro dell’attenzione a gente più desiderosa di sangue, muovendomi io invece seguendo un altro profumo, il sapore della conoscenza. Se c’era infatti qualcuno nel Clan che poteva saperne qualcosa di più riguardo ai corvi neri, forse era proprio il vecchio Tendv, o almeno così io pensai. Avevo sentito riguardo a lui solo che era stato fatto prigioniero dai Guardiani della Notte per due anni interi, doveva quindi avere certamente maggiori informazioni riguardo al mondo degli Inginocchiati rispetto agli altri membri del Clan che non si erano spinti oltre le foreste, i nostri territori di caccia.
    La mia fiducia in lui però si rivelò presta mal riposta. Capii perché gli altri anziani non lo avevano mai formalmente accettato nella loro cerchia, il vecchio Tendv aveva più cuculi per la testa che altro. Non sembrava capace di parlare chiaramente, intonando invece strani versi che potevano essere letti sia come profezie mistiche, o deliri di un anziano.
    “Una voce di quercia, una voce di pino, un freddo canterino.” Così mi rispose all’inizio. Era solo una filastrocca senza senso, oppure voleva dire qualcosa di più profondo? Io lo avevo appellato come “repositorio di conoscenze”, forse le voci di cui parlava erano quelle? La voce dei pini poteva essere le conoscenze di noi gente che vivevamo oltre la Barriera, dove le conifere erano le piante che meglio resistevano al freddo. Di conseguenza era possibile che le querce si riferissero agli Inginocchiati? Quegli alberi di ghiande sembravano preferire climi meno rigidi. Ma chi poteva essere la voce fredda? Gente ancora più a nord? C’era qualche Clans in quelle terre congelate, ma non avevamo molti contatti con loro. Non mi veniva in mente nessun altro che abitava nel freddo, a meno che parlasse di… No, non poteva essere… Stava facendo riferimento a quelle vecchie storie? Grosso Falco mi aveva parlato di un evento con creature simili, ma era avvenuto ere fa! “A cosa ti riferisci, saggio Tendv? I mostri della Lunga Notte non esistono più.”
    Tendv continuava a delirare, o parlare con più sanità di tutti noi. “Un Clan, due Clans, forse un tempo…” Anche Tendv sembrava riconoscere che noi come Popolo Libero saremmo dovuti rimanere compatti, invece che ammazzarci a vicenda. Ma cercare di fermare quel conflitto era oramai troppo tardi per me, il padre di Usignolo sembrava pronto a colpire il ceppo. “Hai ragione Tendv. Cerchiamo una vana speranza in atti di vendetta, quando dovremmo cercare di ricostruire una pace, sotterrando l’odio.” Persi il mio sguardo con lui lontano nell’orizzonte. Tutto pur di evitare di osservare una sciocca carneficina. Ma poi tornai ad ammirare gli scarponi di Tendv. Mantenevano così nascoste le sue unghie che neanche mi ero accorto gli fossero cresciute.
    “L’amarezza del buio dei corvi e ancora c’è chi vuole oltrepassare il Grande Muro di Ghiaccio.” Si stava riferendo ora a me? Possibile che quel vecchio avesse una vista superiore a tutti gli altri membri del Clan e fosse in grado di leggere nell’animo delle persone? Certamente aveva riconosciuto appieno le mie intenzioni, era fin da quando ero piccolo e per la prima volta avevo sentito storie delle terre calde più a meridione che intendevo trasferirmi verso un luogo più confortevole. Il nostro Clan era sempre stato nomade, cosa c’era di strano se io mi fossi trasferito da un’altra parte dove mi trovavo meglio? Solo crescendo imparai che quel viaggio era più difficile di quanto immaginassi, ma il seme era oramai germogliato nella mia mente, e difficilmente si sarebbe sradicato. Per questo trovai le parole di Tendv quasi offensive. Come se volesse lanciarmi una frecciatina, insinuando che le mie fossero tutte delusioni. “Mi dispiace che ciò rende amareggiati i Guardiani, ma posso comprendere chi decide di scalare la Barriera. I nostri antenati sono venuti a vivere qua perché volevano vivere liberi come gli pareva a loro, ricordi? Perché ora dovremmo vietare a chi lo vuole di seguire la propria libertà e tentare di andare dove desidera? Non possiamo tarpare le ali agli altri solo perché non vogliono seguire lo stile di vita che noi preferiamo!” Mi stavo scaldando nella discussione con Tendv. La chiamo discussione, ma era più un mio costante interpretare le sue parole, mentre lui filosofeggiava sui massimi sistemi. Era un canale a senso unico. Poi cercai di riabbassare la voce e ridarmi un contegno. Tendv magari poteva non degnarmi di attenzione, ma se qualcun altro del Clan avesse sentito la mia difesa avrebbero potuto iniziare a sospettare che io volessi abbandonarli. Il che in effetti era quanto io volevo fare, ma a mio tempo e nei miei modi.
    “Povero Usignolo, era un bravo cantastorie.” “Ha difeso il suo Clan, sai? Con la lancia e con la voce, un bravo cantastorie, sì.” Ora Tendv aveva iniziato a parlare di Usignolo. Diceva che lui fosse un cantastorie, ma non lo era per quanto io ricordassi. Era un raccoglitore, un normale membro del Clan. Ma forse quella era solo una maschera per integrarsi meglio tra la gente, ed in realtà aveva un animo dolce ed artistico. Ecco perché suo padre lo odiava così tanto. Non poteva sopportare che suo figlio non fosse un rude guerriero come lui. Un’idea sciocca: erano esistiti tanti grandi cantastorie tra la nostra gente, come il capo dei capi Bael il Bardo. Avesse speso meno tempo a frustare in giro la sua ascia e più tempo ad ascoltare le storie degli anziani avrebbe saputo che anche un atteggiamento artistico poteva fiorire e prosperare nel vero nord.
    Chissà se, ci fossimo conosciuti in un altro tempo con altri genitori, magari saremmo potuti essere amici. O forse anche qualcosa di più…
    Non potevo perdermi però in dolci fantasie. Quello che aveva detto Tendv era importante, avrebbe potuto cambiare gli esiti di quel tribunale improvvisato. “Hai detto di sapere di più di Usignolo? Hai visto cosa gli è successo? Ti prego, se sai qualcosa diccelo!” A questo punto non cercavo più di mantenere più un tono morigerato. Dovevamo fare in fretta, se c’erano nuove prove andavano portate all’attenzione di tutti prima che mai.
    Ma fu troppo tardi. Prima che Tendv avesse anche solo comprendere la mia supplica dagli altri membri salì un coro di grida. Il padre di Usignolo si trovava sopra il corpo caduto con la testa mozzata. La mostrava orgoglioso a tutti quelli che volevano vederla, ancora sangue ed interiora cadevano dal collo decapitato macchiando la terra e la neve. Era uno spettacolo orribile, veramente disgustoso. Non potevo guardare un simile scempio, caddi sulle mie ginocchia di fronte a Tendv. “Ti prego, se sai qualcosa di più su quello che è successo dimmelo.” I miei occhi si stavano facendo appannati, il mondo sembrava cadere in uno stato di nebbia.
    Ma nonostante le mie suppliche non ricevetti risposta. Solo altre parole, che sembravano tanto profetiche quanto folli “Chiameremo a noi i nostri corvi salvatori?”
    Mi stava facendo una domanda? Era diretto a me? Così sembrava, almeno da quanto mi aveva raccontato in tutto il resto del racconto. Tendv sembrava vederci più lungo di tutti gli altri nel Clan, e forse quello era il suo regalo per me. Dopo avermi visto soffrire per la sua sordità, aveva voluto darmi una direzione. Voleva dunque che chiedessi aiuto ai Guardiani? Ma sarebbe anche solo stato possibile? Non volevo abbandonare l’anziano in caso volesse condividermi altre perle, ma con gli occhi cercai nella folla Cioffatan. La donna poteva essere schiva, ma di certo lei nel Clan sapeva come si muovevano i corvi neri. Avrebbe potuto magari farmi luce sulla possibilità di avvicinarmi a qualcuno di loro per parlare, invece che attaccarci.


    Parole: 1384 (di queste 64 sono dei dialoghi tuoi, solo mie 1320. Non so se serve, ho visto altri che lo facevano)

    Riguardo la questione del "suddito", era un pensiero mio per dopo, una volta che sarei entrato nei Sette Regni. Pensavo che l'unico problema fosse convincere gli Inginocchiati di essere davvero uno di loro.

    Riguardo il passaggio, invece, non ho bene capito dove si trova il Clan delle Ossa. Da quanto avevo capito dalla wiki la Gola è questa (cerchiata in rosso). Ho capito male?AHlg0ij
    Dove si trovano quindi i territori dei Fiumi Gelidi? Perché sulla wiki non trovo nessun luogo chiamato così. Si trovano oltre la Gola, nel Dono di Brandon?

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    Edited by jaston - 30/8/2023, 00:13
  7. .
    Benvenuto
  8. .
    clans
      Betyu· Clan delle Ossa, Gola, Oltre la Barriera· Pomeriggio · 13 febbraio 286A.A.
    E
    ro vicino a Grosso Falco quando la discussione prese una piega poco propositiva. Non stavano più venendo fatte proposte riguardo al problema, l’unica cosa discussa era la varietà d’insulti che i membri del mio Clan erano capaci di lanciarsi l’un l’altro. Incredibile quanto fossero in grado di scaldarsi gli animi in quelle terre gelide.
    Io cercai di non porgergli orecchio, interessandomi piuttosto più a quanto l’anziano mi poteva raccontare. Anche se ci trovavamo un po’ isolati dal resto del gruppo di discussione lo vedevo che agli altri anziani non piaceva che Grosso Falco parlasse, anche solo ad un pariah come me. Chiaramente la sua influenza era più grande di quella singola di ogni altro membro del Clan, sarebbe bastato poco alle sue parole per convincere tutti gli altri a mettersi sul piede della guerra oppure sul piede della sottomissione.
    Certo posso dire che la parabola che mi aspettavo da Grosso Falco non arrivò, ricevendo al contrario una ramanzina. Agli occhi dell’anziano il mio comportamento schivo con il Clan rischiava di lasciarmi con nessun alleato, qualora finissimo in difficoltà. E aveva ragione. Non mi piaceva quel clima freddo di neve perenne, ma cosa potevo fare, provare a scappare oltre la Barriera da solo? Se avessi voluto anche solo provarci avrei avuto bisogno di qualcuno esperto in tutto ciò. Qualcuno che aveva sia le conoscenze, come un anziano, ma che al contempo fosse ancora agile e scattante, come un giovane. Qualcuno del genere c’era sicuro nel Clan, ma se fossi rimasto zitto in tutto quel trambusto non mi avrebbe mai dato retta. Dovevo mostrarmi propositivo, pronto a lavorare per quello che fosse necessario. In quel modo sarei riuscito a convincere quell’individuo che possedeva tutti i caratteri che cercavo.
    Quando Grosso Falco si allontanò per avvicinarsi all’altro anziano rimasi a guardarlo, rimanendo in piedi accanto al suo ceppo e da lì sentendo il suo discorso. Si stava rivolgendo al Clan intero, ma sembrava stesse parlando solo a me. Le sue invocazioni risuonavano in sintonia con i consigli che mi aveva dato prima.
    Alla fine del discorso di Grosso Falco calò il silenzio, ma non sembrava più uno spazio di parola solo per gli anziani. La sua chiusura faceva capire che non era più il tempo di seguire solo i più vecchi per le loro conoscenze, toccava a noi giovani agire cercando di innovare il sistema.
    Provai a farmi avanti nel gruppo, alzando la voce per dire due parole in rispetto dei nostri caduti “Conoscevo Usignolo e Maglio Bianco di vista e per educazione comune, come molti altri di noi. Ero nato sotto la stessa luna di buon auspicio di Usignolo, un ragazzo felice e forte. È stato preso troppo presto. Posso solo immaginare quanto tutta la loro famiglia stia soffrendo, e spero che noi tutti possiamo aiutarli a riprendersi. Non possiamo lasciare a quelli dei Fiumi Gelidi di aver distrutto una famiglia. Dobbiamo mostrarci uniti contro di loro, in qualsiasi decisione prendiamo.” Non sapevo se il mio necrologio sarebbe stato apprezzato. Per età ero vicino ai due morti, ma nel Clan c’erano molti altri ragazzi più vicini a loro di me. Anzi, chiunque avrebbe potuto dire di conoscerli meglio di me. Ma questo Clan era oramai troppo congelato in vecchie idee, serviva che qualcuno gli desse una scossa con nuove opzioni.

    L’anziano che si era allontanato dopo i bisbigli di Grosso Falco era ritornato trascinando un uomo in catene. Si poteva vedere che stava soffrendo. Fossimo stati da soli avrei cercato di curarlo, ma soli non eravamo, e con me non avevo i materiali adatti ad una simile cura.
    Le parole di Grosso Falco ora più che prima urlavano necessità di azione. Qualcosa andava fatto, e qualcuno doveva spingere la palla di neve per far partire la valanga. Oramai mi ero esposto, messo un piede potevo mettere tutta la gamba.
    “Ora abbiamo tra le mani una spia di quel Clan di assassini. Ma non comportiamoci come loro, non facciamoci prendere dalla rabbia e brutalizziamolo sul posto. Dimostriamo di non essere al loro livello. Possiamo imparare molto da lui, usiamolo per conoscere e scoprire di più sulle tattiche di quei tipi. Ed allora potremo ottenere la nostra vendetta, con il vantaggio della conoscenza.” Cercai di calmare il Clan tutto da commettere atti da cui era impossibile tornare indietro. Provai a fargli comprendere che quell’uomo poteva essere usato per estrarre informazioni sull’altro Clan. O perlomeno questo era quanto io proponevo.
    Non avevo alcuna idea se la mia proposta avrebbe riscosso alcun successo dal resto della gente. Era evidente che all’interno del Clan non avessi la migliore reputazione, si poteva intuire il mio disdegno per quegli ambienti gelidi e difficili. Venti e passa anni avevo vissuto in mezzo a quel Clan ricevendo da tutti sguardi sdegnati e poco piacevoli. Poteva essere quel giorno la volta in cui tutto sarebbe cambiato? Poteva essere quello il momento in cui avrei trovato il calore nel resto del Clan necessario per farmi rimanere in quelle terre fredde? Le mie parole potevano dire di rimanere uniti, ma i miei piedi dicevano qualcosa di diverso, diretti già verso il sud, oltre la Barriera in quelle terre di cui avevo solo sentito i racconti.
    Per tutti questi motivi era più probabile che altro una risposta negativa, una grossa risata alle mie parole da parte di tutto il Clan. Ma anche se così fosse almeno qualcosa avrei ottenuto: avrei riunito il Clan intero in un’azione, deridermi. E se quello era il sacrificio per non lasciare l’eredità dei miei antenati morire invana, avrei accettato la morte sociale.


    Parole: 922

    Credo di essermi espresso abbastanza nel post, ma cerco di vedere se c'è qualcuno nella folla che conosco e che corrisponde alle caratteristiche che cerco: giovane e esperto di scalamento/attraversamento/dialogo(?) Barriera e Guardiani. Dato che vivo nel Clan da quando sono nato credo di sapere a grosse misure chi andava giù, suppongo.

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    Edited by jaston - 6/8/2023, 00:14
  9. .
    portoViola
      Julyonno Bettheolos· Porto Viola, Braavos· 13 dicembre 285A.A.
    I
    l giorno successivo al mio incontro con la giovane nobile di Braavos mi ripresentai sul luogo del nostro incontro/scontro per visitare il negozio dove avevo lavorato il giorno prima.
    Visitai il negozio sì per far visita alla dama che avevo avuto l’onore ed il piacere di assistere il giorno prima, per dirle parole dolci e cercare di scambiare qualche carezza, ma anche per chiedere dei consigli di moda. Grazie alle parole delle mie colleghe uscii quel giorno dal negozio di vestiti con un pacchetto in mano in più, e molte monete d’oro in tasca in meno.
    Ma per quanto mi costasse quel gesto, era la scelta giusta da fare. La sera precedente avevo evitato la pena capitale per gentilezza della donna di elevata nascita, ma era meglio coprire ogni base. La legge di Braavos permetteva a lei di rivalersi in corte di giustizia per molto più tempo di una sola serata, quindi ingraziarmela con qualche dono non avrebbe fatto male. Nonostante questo mi stesse costando quasi tanto quanto avevo guadagnato lavorando dalla prima volta che avevo preso in mano uno scalpello. Ma forse era meglio così: i soldi si potevano riguadagnare, la vita no.
    Passando sulla strada delle vetrine del Porto Viola, un guizzo verde attirò la mia attenzione, due scarpette verde acqua attirarono la mia attenzione. Nonostante mi stessi prendendo la responsabilità per quanto accaduto, non ero del tutto certo sulla mia colpevolezza nell’incidente. Certo, io ero uscito di fretta, ma un buon paio di scarpe non avrebbe dovuto far volare quella ragazzina, neanche io fossi arrivato con la spinta di dodici vogatori. Decisi dunque di prendere anche quelle. Rientravano giusto giusto nel budget che mi ero predisposto per quella situazione, ed avrebbero aiutato a sistemare il tutto.

    Tornando a casa feci una deviazione, passando attraverso l’Arcipelago degli Dei. Lady Naazari mi aveva raccontato la sera prima di abitare da quelle parti insieme a suo padre. Trovata la sua casa mi fermai un momento per scrivere una nota per lei.
    “Cara Lady Najla, figlia di Nadjr Naazari,
    mi scuso per l’increscioso incidente della serata scorsa. Considerati i danni che le ho causato al vestito durante la collutazione di noi due individui, spero questo abito sia sufficiente per ricompensare il danno causatele durante il nostro incidente.
    Spero inoltre queste scarpette possano permetterle di trovarsi più stabile sui suoi piedi, al fine di evitare ulteriori incidenti come quello avvenuto durante lo scorso imbrunire.

    Cordialmente,
    mercante, fabbro, & orefice Julyonno Bettheolos”


    Consegnai poi la nota insieme ai due pacchi al servitore della casa, sperando Najla li ricevesse.



    Parole: 425
    Prodotto veste da ricevimento in seta (da Sartoria) + scarpette verdi (da Calzolaio)
    Costo 32 + 14 = 46 ori

    aiònia per ta

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  10. .
    1024px-Laurentius_de_Voltolina_001
      Julyonno Bettheolos· Palazzo del Signore del Mare· 276A.A.
    M
    a quali parole saggie stava descrivendo il mastro sapiente Tychos Morvis. Ai tempi non ero in grado di comprenderlo, esse mi sembravano corrette, questo sì, ma nulla di più, poiché non comprendevo ancora la verità delle religioni.
    Solo anni dopo, quando abbandonai quella minuscola fede senza nome alla quale i miei genitori aderivano, per la Verità, compresi pienamente quanto le sue parole fossero veritiere. Ogni culto del mondo altro non era che un riflesso, una mutazione della Venerazione del Sovrano degli Abissi, il Signore dei Mari, il Re Merling!
    Come non poteva essere chiaro a chiunque? Tutti quei riferimenti al ‘Mare’ di cui aveva parlato il sapiente Tychos, essi erano chiaramente tutti ereditati dal Regno del Dio Marittimo. E quei costanti riferimenti alla ‘Luna’, da cosa potevano provenire se non dall’astro nel cielo, creato dal Re dell’Oceano quando donò la più grande perla che mai era esistita alla Fanciulla dei Cieli, di cui si era infatuato?
    La fede del Re Merling era l’unica vera possibile, mentre le altre erano chiaramente ad essa asservite. La Corte del Monarca Marittimo si espandeva oltre le Settemila Miglia, sulla fondale marino asciutto, e nell’acqua ove noi potevamo respirare.



    Parole: 194

    una (spero non troppo breve) libera per concludere le mie lezioni con il docente Tychos. Per fare il pacchetto con il prossimo gruppo che andrò ad affrontare, gli Add religiosi, ho voluto sviscerare un po' come probabilmente interpreto il culto del Re Merling. Lo vedo come un credo enoteistico (un dio venerato, ma molti riconosciuti, spesso in posizione di inferiorità), soprattutto nella versione seguita a Braavos. Data la coesistenza con così tanti altri credi minori, non può semplicemente rigettarli, ma cerca di inglobarli a sè, riconoscendo gli altri credi come propria emanazione/aspetti/traduzione (immaginate i greci che in Egitto associavano gli dei locali ai propri, o i mille esempi degli egiziani stessi, i quali alla fine avevano delle divinità che erano patchwork di millemila diversi)

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  11. .
    portoViola
      Julyonno Bettheolos· Porto Viola, Braavos· Tramonto, 12 dicembre 285A.A.
    L
    a fanciulla che avevo avuto la sfortuna, dopo la mia lunga giornata di assistenza presso la bottega della sarta, si rialzò in piedi, riprendendo splendidamente il contegno di una dama della sua posizione.
    "Ditemi, voialtri, ma che fretta avevate, tanto da attentare alle mie facoltà motorie?" Quasi temetti dal tono che ella fosse arrabbiata, ma la sua voce seria fu subito seguita da una risata cristallina. Forse non mi erano capitate tutte le sfortune, la damigella in cui avevo colliso sembrava aver preso l’incidente in maniera positiva. Quantomeno, non sembrava volersi vendicare contro di me e la mia discendenza, nove volte nove generazioni dopo la mia morte.
    Forse per distendere lo stress accumulatosi in me in quei frenetici secondi di disastro, o forse contagiato dalla limpida risata della ragazzina, mi misi anche io a ridere di quanto accaduto.
    "È stata certamente mia la colpa se essa si è ritrovata a gambe all’aria. Mi perdoni, e mi permetta di farmi perdonare offrendole un dolce da passeggio presso il banchetto qui vicino." Cercai in qualche modo di scusarmi, offrendo quello che non potevo fare in galanteria ed educazione nobiliare, in forma di dolci forni e culinaria corruzione. Io ovviamente non ero tipo da frequentare le bancarelle di dolci offerti tra le strade del Porto Viola, a parte le rare volte che aprivano le feste anche ai Cittadini dalle parti meno ricche della Città, ed allora visitavo con la mia sorellina più piccola, lei maggiore apprezzatrice di questi cibi zuccherati. Ma avevo avuto la fortuna di sentire parlare con ottime recensioni di questo forno-in-bancarella poco distante, quel giorno stesso, da alcune delle altre lavoratrici del negozio di tessuti e abiti in cui mi ero presentato. Quel genere di trattamenti sembravano, a loro dire, essere molto in voga tra le giovani fanciulle della Città, anche quelle dei borghi più altolocati, per il loro gusto, e la praticità nel mangiarli, essendo dolcetti che potevano essere degustati mentre si passeggiava.



    Parole: 324

    mi perdoni il ritardo, madamigella. L'ho fatta attendere sul battuto delle strade per quasi una settimana lol

    Accetta dunque una crespella da me offertale da me medesimo?

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  12. .
    meglio occidentale che caprone.

    Sono curioso, hai già deciso in quale delle 5 vie indirizzarti (Amministrazione, Diplomazia, Marziale, Intrigo, Conoscenza)?
    Le terre dell'Ovest sono ricche, nuotate nell'oro.

    Edit: ah visto. Un altro picchione 🥲
  13. .
    Benvenuto!
    Non ascoltare il caprone però, se vuoi venire ad Essos il Nord con Braavos (e Lorath ?) è molto più bello lol
  14. .
    portoViola
      Julyonno Bettheolos· Porto Viola, Braavos· Tramonto, 12 dicembre 285A.A.
    L
    e vie delle aree nel Porto Viola erano splendide. I sassolini squadrati sulle strade erano tutti saldamente ancorati al terreno, invece che divelti ed usati come armi improvvisate contro le finestre delle botteghe da poveri straccioni, alla ricerca di ogni pezzo di rame disponibile per ottenere un gruzzoletto necessario a comprarsi una bottiglia del peggiore alcolico disponibile. I canali del Porto dei più influenti nella Città erano limpidi, nell’acqua non galleggiavano escrementi e scarti gettati dai balconi, ma solo pesciolini e delfini. Anche i frequentatori delle vie erano più educati. Se fossero stati nel Porto degli Stracci, quegli ubriachi sarebbero stati considerati dei nobili, visto quanto eleganti erano i loro vestiti. Sembravano essere dei Principi per gli abiti di seta, e la pelle non rovinata dall’acqua salata che veniva servita per bere nelle case del Porto più povero.
    Per questi motivi mi piaceva camminare la sera nel Porto Viola. Sembrava di essere ad un ballo di nobili, ma a differenza dei frequentatori diurni di quelle vie, i veri ricchi, quelli dal sangue antico, i residenti delle vie notturne del Porto Viola non mi discriminavano per la mia provenienza dalle fasce inferiori della società.

    Il lavoro quel giorno era andato bene. Il negozio presso cui il Magistro Flaerys mi aveva trovato un impiego aveva ricevuto un grosso ordine, quindi di conseguenza noi avremmo ricevuto un grosso bonus. Ma questo aveva anche richiesto a noi tutti di rimanere nel negozio più a lungo.
    Proprio per questa ragione, quando uscii dalla bottega avendo concluso tutte le mansioni datemi, non feci attenzione di fronte a me. Stavo ancora salutando i colleghi dietro di me, che quando mi girai fu troppo tardi. Di fronte a me vidi sulla strada passeggiare una giovane ragazza, dagli occhi d’ambra, in una cornice di capelli castani. La ragazza doveva essere giovane, avrà avuto non più dell’età della mia sorellina Jinea. La madamigella sembrava avermi notato, perché il suo volto sembrò contorcersi in un sorriso, o un cenno di saluto.
    La stessa cosa non si poté dire per me. Infatti, nella mia fretta di uscire, notai la ragazza troppo tardi, e la travolsi, finendo entrambi a terra. Che disgrazia sarebbe stata se si fosse fatta male, oppure caso i suoi vestiti si fossero sporcati! Gli alti di nascita ci tenevano molto a quelle cose, io sapevo, a differenza di noi persone più normali. Se le mie sorelle ritornavano a casa con i vestiti stracciati, certamente mia madre non li buttava. Il tessuto costava, e un singolo strappo poteva essere ricoperto da una pezza, o qualche altro rimedio con ago e filo.
    "Mi scusi, non volevo farle del male! Non l’avevo notata, stavo uscendo dal mio turno di lavoro ed avevo la testa altrove." Cercai di scusarmi, e minimizzare l’evento. Per quanto la Città fosse Libera, e ci fossero legislatori onesti come il Magistro Nakeqor, che lottavano per la parità di tutti i Cittadini, le leggi dell’epoca erano ancora inique, e il rango di nascita poteva rendere un semplice incidente in un tentativo di aggressione per gli occhi di un giudice pregiudicato.
    "Lasci che la aiuti." Mi alzai in piedi, e pulendomi le mani dalla polvere sui calzoni, le porsi poi la mia mano, volendola aiutare a rialzarsi.



    Parole: 537

    bonk

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  15. .
    portoViola
      Julyonno Bettheolos· Porto Viola, Braavos· Tramonto, 12 dicembre 285A.A.
    L
    a bottega della mia famiglia era oramai chiusa da molto tempo. Le condizioni di mio padre Jorona si stavano facendo solo peggiori, ed io come suo figlio non potevo fare altro per lui che pregare.
    Anche se il nostro forno era chiuso, dovevamo comunque sfamarci in qualche modo. E senza le entrate del negozio di famiglia, era nostro compito procurarci abbastanza per non fare la fame. Soprattutto noi più grandi avevamo questo dovere morale. Io e mio fratello Jemosio eravamo sempre fuori di casa, dall’alba al tramonto, per guadagnare abbastanza da far mantenere ai nostri fratellini lo stile di vita a cui erano abituati. Finley, il primo figlio di mia madre, anche lui era spesso fuori. Ma devo ammettere che non sono ben sicuro cosa andasse a fare. Mi ricordo solo con chiarezza che lo vedevo a casa meno dei miei fratelli.
    Il Magistro Flaerys, riconoscendo la difficile situazione in cui mi trovavo, si offrì di aiutarci. Io non volevo accettare nessun denaro da lui, quindi rifiutai ogni offerta monetaria. Ma, dopo molte proposte da parte sua, accettai una delle offerte di lavoro che mi aveva trova il Magistro Keq.
    Il lavoro era presso uno dei tanti negozi eleganti delle alte vie del Porto Viola. Le strade adornate di scialli color porpora sembravano il corridoio di un palazzo reale. Non mi sarei mai abituato alla sontuosità e tutto lo sperpero che i Cittadini più ricchi impiegavano per mostrare il loro status. Attraversai tale vie al mattino presto, per raggiungere la bottega, e ne uscii solo la sera, quando il sole stava tramontando tra le gambe del Titano.
    Quando uscii da quel negozio, però, non feci subito ritorno come mio solito a casa, ma mi imbattei in una giovane fanciulla.



    Parole: 289

    aiònia apro la libera. Vediamo dove andrà a parare

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16 replies since 13/12/2022
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