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    C'era qualcosa di poetico nel comportamento umano. Ad esempio, un uomo all'angolo più remoto della sala osservava in silenzio la scena che si stava svolgendo a pochi passi dal suo tavolo e, se a primo avviso appariva un semplice guardare disinteressato, una volta che si prestava maggior attenzione era possibile accprgersi di quanto in realtà quegli occhi fossero vigili e le sopracciglia calcolatrici. Quell'uomo, esattamente come Shea, aveva parcheggiato il culo sulle sedie del Kraken per un motivo ben preciso che non era annegare nei fumi dell'alcool. Quello stesso uomo, esattamente come Shea, fingeva di godersi una serata spensierata.
    Poco distante, una ragazza aveva abbassato così tanto lo scollo del vestito da non lasciare niente all'immaginazione. Aveva caldo? Forse, ma di sicuro il modo in cui guardava i marinai meglio vestiti non lasciava dubbi sul fatto che volesse qualcosa da loro. Eppure anch'ella sentiva il bisogno di travestire un po' le sue intenzioni, così di tanto in tanto ricorreva all'uso di un ventaglio come se fosse solamente alla ricerca di un po' di fresco. Ed eccone un altro, l'oste. Dispensava sorrisi a destra e sinistra, eppure ogni volta che dava le spalle ad un cliente prendeva un respiro così profondo da risucchiare tutto l'ossigeno circostante. Era evidente che non gli piaceva stare lì ed ancora più evidente che non gli piacevano le persone che, agitando i boccali, gli chiedevano di rabboccarli. Però anche lui si armava di pazienza e si fingeva qualcun altro.
    Tutti lì dentro, chi più e chi meno consapevolmente, stavano recitando un ruolo. Perché? si era domandata più volte Shea, non sarebbe più facile se tutti dicessero chiaro e tondo quello che pensano? Se tutti agissero seguendo il proprio istinto senza dover filtrare ciò che meno compiace il resto del mondo?
    L'unica differenza tra lei e gli altri era che Shea indossava centinaia di maschere per lavoro, ma nella vita di tutti i giorni aveva sempre cercato di essere il più trasparente possibile. Eccetto quella sera. Quella sera aveva portato la missione ad un livello superiore. Quando si dice essere dedicati alla causa...
    Picchiettò le dita contro il bancone di legno.

    <<Ancora da bere, marinaio?>> chiese l'oste. Shea raschiò un po' la gola e scosse lievemente la testa <<Nah, per ora sono apposto>> dichiarò sbattendo una nocca sulla superficie del tavolo con fare gioviale.


    Riprese il suo scrutinio e con esso quelle riflessioni a tempo perso finché, dopo qualche minuto, entrò un uomo che catturò il suo ineresse. Ancora non sapeva bene i dettagli, ma dalle voci che le erano giunte a breve sarebbe approdato in città un mercante che stava trasportando qualcosa di estremo valore a cui alcuni Magistri erano interessati. Rimanevano ancora molte incognite a riguardo, come per esempio in cosa consistesse effettivamente tale carico e quali magistri fossero interessati, dunque il suo compito era quello di ottenere più informazioni possibili.
    Sarebbe stata una lunga serata.
    Ponderò per diversi minuti su quale sarebbe stato l'approccio migliore. La situazione ideale sarebbe stata quella di essere avvicinate dal mercante piuttosto che il contrario, ma per far avvenire ciò era necessario creare una situazione. Aveva bisogno di più informazioni sulla personalità di quell'uomo così, mentre meditava sul da farsi, iniziò ad osservarlo con estrema attenzione.
    I suoi vestiti erano ben curati, di ottima fattura e dai colori sgargianti. Ne dedusse che dovevano essere relativamente nuovi e decisamente costosi, dunque qualsiasi fosse stata la merce era, come le avevano detto, di estremo valore. Spezie? No, altrimenti non ci sarebbe stata tutta questa segretezza a riguardo. Stesso discorso per stoffe e pietre preziose. Doveva dunque trattarsi di qualcosa di un po' meno convenzionale. Liquore? Ma allora perché entrava nella locanda più in voga della città? Forse per vendere la propria merce? Ma l'oste, per quanto gestisse una delle attività più profique di Lorath, non avrebbe comunque potuto permettersi certi lussi. Tuttavia non escluse questa possibilità. Cosa stuzzicava l'interesse di un branco di marinai appena rientrati da un lungo viaggio?
    Sesso.
    Il carico aveva un'altra possibilità di essere costituito da schiavi del piacere.
    Interessante... pensò Shea tra se e se mentre faceva roteare il liquido all'interno del bicchiere. Se ci aveva visto giusto allora quell'uomo era lì per attirare qualcuno con le tasche piene di soldi e la bocca cucita. Adesso doveva solo capire come fare a sembrare un tipo pieno di soldi.
    Aveva bisogno di un sacchetto e di... oggetti metallici.

    <<Oste?>> chiese poggiando i gomiti al bancone. <<So che la mia richiesta potrà sembrarti strana ma... non è che potrei, diciamo... dare un'occhiata alla tua spazzatura?>>

    Non si lasciò spaventare dallo sguardo perplesso dell'uomo e decise di battere il ferro quando era ancora caldo e sfruttare al meglio quell'attimo di confusione. <<Ho solo bisogno di qualche oggetto metallico tintinnante sai... devo far credere a qualcuno di essere pieno di soldi.>> aggiunse alzando le spalle e con un grosso sorriso smagliante.

    Nessuno pensa mai a quanto sia efficace la verità in certe occasioni. Le persone, soprattutto in queste locande, erano così tanto abituate alle menzogne da non riuscire più a distinguerle dalla realtà. Chi mai avrebbe pensato che erano le sue reali intenzioni quando dette con così tanto candore? Come previsto l'uomo si fece una risata e la prese per pazza. <<Fa' pure>> ed indicò il retro della locanda.

    Senza farselo ripetere due volte Shea iniziò a scavare.
    Un bel po' di pezzi di metallo dopo si ritenne soddisfatta. Saggiò peso e rumore del gruzzoletto con un enorme sorriso e, dopo essersi data un paio di pacche sulla spalla come incoraggiamento, fu pronta per rientrare. Tenne il sacchetto tra le mani e lo fece roteare così che fosse in bella vista, poi scelse un tavolo vicino -ma non troppo- al mercante e ve lo posò sopra sonoramente con un sospiro. Aveva gettato l'amo, adesso bastava solo aspettare che la preda abboccasse.
    Non molto distante, come previsto, il mercante la osservò con la coda dell'occhio. Già pregustava un sacco pieno di pezzi d'oro... con fare elegante ed esageratamente raffinato le si avvicinò.

    <<Ey marinaio, ti dispiace se mi siedo qui con te?>>



    Shea, che da questo momento in poi chiameremo Shane e a cui ci riferiremo come se fosse un uomo, finse di corrucciarsi qualche istante. Squadrò deliberatamente e molto lentamente il mercante dall'alto al basso apparendo piuttosto giudicante e, dopo qualche altro attimo di silenzio, sbuffò un <<come ti pare.>>
    L'altro sorrise e si sedette senza togliere gli occhi di dosso al "denaro".

    <<Allora, con chi ho il piacere di parlare?>>


    Shane nascose il volto dietro al bordo del bicchiere fingendo di prendere un sorso e, nel modo più serio possibile, rispose semplicemente con la verità.

    <<Con una donna nei panni di un marinaio venuto fin qui per fotterti.>>


    Il mercante scoppiò in una fragorosa risata e batté la mano sul tavolo con fare divertito. L'allungò poi verso di luii per scambiare una stretta.

    <<Il mio nome è Valyr.>>
    <<Shane.>>
    <<Allora Shane>> disse sistemandosi meglio a sedere ed avvicinandosi un po' così che potesse abbassare il tono di voce. <<Qual è il tuo vizio?>>


    Shane inarcò un sopracciglio e ci pensò seriamente. In tutta la sua vita non aveva mai avuto il lusso di potersi permettere un vizio. Con amarezza scosse la testa.

    <<Oh andiamo... tutti hanno un vizio.>>
    <<Le donne, presumo.>> gettò lì cripticamente.


    Ancora una volta, una specie di verità che lasciava molto spazio all'interpretazione. Un'altra cosa interessante dell'essere umano era che spesso capiva ciò che voleva capire e non quello che realmente l'interlocutore intendeva, così Shea stava iniziando a perfezionare sempre di più l'arte di questo tipo di manipolazione. Se realmente il carico che trasportava Valyr si trattava di schiavi del piacere, allora quella era la sua occasione per uscire allo scoperto, ma la sua espressione guardinga le fece capire che non era ancora pronto a fidarsi e lasciar trapelare certe informazioni. Aveva ancora bisogno di capire se poteva o meno parlare liberamente e, per farlo, avrebbe cominciato ad indagare un po' di più sul passato e presente del marinaio Shane.

    <<Ah, le donne>> disse ammiccando <<e qui ce ne sono molte?>>
    <<Se sai dove cercare>> alzò le spalle.
    <<E dove bisogna cercare?>>
    <<A volte basta solo guardare davanti a se.>> era divertente dire la verità e farla franca, molto divertente.
    <<Ne deduco che sei del posto.>>


    Shane annuì.

    <<Sei nato qui? Scommetto che conoscerai molta gente.>>
    A questo sorrise. <<Nah, non conosco nessuno. O meglio, nessuno conosce me... vedi Valyr, sono orfano e cresciuto per le strade. Ho iniziato a lavorare molto presto ed il mio lavoro mi porta sempre lontano... non ho mai interagito con qualcuno in questo modo.>> ancora tutto vero.

    Fare l'attrice l'aveva sempre portata lontana anche se con la mente e non con il corpo ed era effettivamente la prima volta che interagiva con qualcuno nei panni del marinaio Shane. Nessuno lo conosceva, ma lui conosceva tutti. Ancora una volta però il messaggio che venne recepito fu completamente diverso e, senza particolari sforzi, passò per candidato perfetto: senza legami e quindi senza il desiderio di parlare a qualcuno del loro scambio, ma soprattutto senza il deisderio di mettere nei guai qualche nemico locale.

    <<Credo di aver trovato l'uomo giusto.>> concluse Valyr raggiante.
    <<L'uomo giusto per cosa?>>


    Valyr si avvicinò ancora di più tanto che adesso gli bastava un sussurro per essere udito.

    Se ti dicessi che, per il prezzo giusto>> fissò con estrema brama il sacchetto di monete posato sul tavolo per poi proseguire <<e la giusta discrezione potrei procurarti qualsiasi tipologia di donna o uomo tu voglia?>>


    Bingo... pensò Shane. Fece un mezzo sorriso e portò la mano al mento con fare dubbioso.

    <<Chi ti dice che io non abbia già accesso a tutte le tipologie di donna che voglio? Magari anche migliori di quello che mi proponi?>>


    Ed ecco che aveva attaccato il mercante proprio nel suo punto più debole... l'orgoglio. Notò come l'espressione di Valyr tramutò da famelica ad indignata così in fretta che Shane si trattenne a stendo dal ridergli in faccia.

    <<Impossibile! Nessuno ha donne migliori delle mie! Inaccettabile! Io-io...>> rosso di rabbia, sciolse finalmente la lingua <<compriamo le nostre schiave del piacere direttamente da Lys e abbiamo l'esclusiva su tutti gli articoli! Abbiamo la garanzia della prima scelta rispetto a tutti gli altri acquirenti! E' impossibile che qualcuno abbia schiavi migliori dei nostri... davvero inaccettabile!>>
    <<Rilassati Valyr... ma capirai che io sia dubbioso. Magari se potessi dare un'occhiata alla merce...>>
    <<No ecco, questo non... non è poss->>


    Prima ancora che finisse la frase Shane si alzò con un sospiro deluso e riprese il gruzzolo di monete con fare al limite del teatrale.

    <<Allora ti devo salutare. E' stato un piacere, mercante.>>


    Ma non appena si voltò di schiena e fece per camminare verso l'uscita venne nuovamente fermato da Valyr.

    <<Va bene va bene... d'accordo ma... dovremo fare molta attenzione. Il mio capo potrebbe... Ascolta, ci vediamo domani sera al porto, d'accordo?>>


    Senza voltarsi, Shane annuì ed uscì dalla locanda con la risposta ad alcune delle domande che si era fatto: il tipo di merce ed il luogo dello scambio. Adesso gli restava da svelare l'identità del Magistro.


    Esercitazioni pratiche di raccolta informazioni
    Requisiti: Livello minimo intrigo 11, Spionaggio 1
    Ricompense: Spionaggio 2, 7 punti esperienza + 5 pe bonus + pe lunghezza (1851 parole) + 25% tratto spia
  2. .

    Capitolo uno: la ragazza con i piedi scalzi



    Cala lentamente il silenzio.
    Le fiammelle tremolanti delle candele si spengono liberando un fumo leggero nell'aria.
    Dal pubblico si sente un colpo di tosse.
    <<Shhhh...>>
    L'attesa incrementa l'atmosfera, estranea dal presente, allontana dal vero, libera le menti e le prepara ad immedesimarsi nel racconto.
    Cos'è reale e cos'è finzione?
    Tutti fremono, oramai il silenzio è totale.
    Una musica leggera sibila dalle ultime fila, tamburelli che ricalcano il battito di un cuore dapprima placido e poi sempre più frenetico.
    Bum bum - bum bum - bum bum bum - bum bumb bum bum bum -
    Silenzio.
    Trattengono il fiato.
    Ed il sipario si apre.

    Una ragazza appare al centro del palco. E' seduta su uno sgabello e canticchia a labbra chiuse una melodia triste. Con le dita pettina i capelli, ha la testa piegata di lato e lo sguardo vuoto. Sembra malinconica, ma la penombra della sala nasconde parte del suo volto.
    D'improvviso ride. E' un suono che sfiora le orecchie come lo scroscio d'un rivolo d'acqua limpida e cristallina, eppure... eppure non ride nessuno.
    Incrementa l'inquietudine.
    Una singola lacrima le scorre sula guancia e le bagna le punte delle dita.

    <<V'era un tempo in cui Rona correva libera per le strade.
    Aveva i piedi scalzi ed il sorriso sulle labbra.
    Molti credevano che fosse folle, uno "spirito libero" che al posto dei sandali portava le ali della sua stessa fantasia. Aveva visitato luoghi magaci e meravigliosi, navigando per mari assieme ai pirati, girovagando nel labirinto al tempo dei costruttori, visto i draghi incendiare intere città, banchettato con i ricchi e pianto con i poveri.
    Rona era bella, di quella bellezza che ti faceva impazzire. Non reagiva mai nel modo in cui era consueto, aveva un talento per sorprendere chi incrociava il suo cammino. Più di una volta era stata vista ingurgitare liquore con i più duri dei marinai e riportarli in spalla ai loro letti, ballare sui tavoli al ritmo di musica dei menestrelli incantando le folle ed incendiando l'atmosfera. La desideravano tutti ma nessuno poteva averla, perché Rona era come un bel sogno: al mattino svaniva lasciandoti con l'amaro in bocca ed un dubbio esistenziale... era stata soltanto l'immaginazione?
    >>


    Si alza di scatto dallo sgabello, è di fronte al pubblico.
    Un raggio di luce le illumina il volto, la sua espressione è cambiata così improvvisamente che ti chiedi se ci fosse mai effettivamente stata la malinconia. E' un'altra lacrima quella che le solca il viso?
    Inarca leggermente un sopracciglio, ha le labbra umide e socchiuse.
    E' sensuale mentre cammina lentamente verso i tavoli.



    <<Marinaio.>> ti sussurra all'orecchio.


    Poggia il piede sullo sgabello avvicinando la coscia al petto. Tiene la gonna tra le mani e la fa volteggiare a ritmo di musica.
    Ammicca.
    Inizia a muovere i fianchi.
    Prende il tuo bicchiere e ne beve un sorso prima di calciarlo via e salire sul tavolo.
    La folla è in delirio, la incita mentre ad occhi chiusi volteggia sulle note della canzone.
    Ti poggia la punta del piede sulla fronte, è scalza.



    <<Ci fu un uomo che provò un giorno a catturarla. "La voglio tutta per me" furono le sua avide parole "quella bellezza in carne ed ossa. Voglio godere di quel viso delicato e di quell'animo così puro, voglio la sua giovinezza e la sua spensierata fantasia" gridò al mondo stringendo forte i pugni.
    Così Rona fu messa in catene.
    >>



    Fa una piroetta e cade sul tavolo. La mani tremanti che afferranno il legno, il corpo inerme ed il volto premuto sulla superficie ruvida. Una cascata di capelli castani le fa da coperta.
    La sala trattiene il fiato. Gli occhi sono sgranati, le bocche spalancate in un muto grido d'orrore. Allunghi la mano per controllare che vada tutto bene quando-
    Alza la testa di scatto.
    Adesso i suoi occhi sembrano nubi in tempesta. Lacrime amare come il veleno accompagnano singhiozzi strazianti e piovono copiose a terra. Le sue spalle tremano mentre le guance si arrossano per lo sforzo di darsi un contegno, eppure non distoglie lo sguardo. Non si vergogna del suo pianto, ti osserva dentro e ti trasmette quella frustrazione che le mangia l'anima. E' disperata.

    <<La sua bellezza iniziò pian piano a svanire. Nessuna ruga le solcava il volto, il suo corpo rimase tonico e piacevole, i suoi sorrisi luminosi ed i piedi ancora scalzi... ma qualcosa di fondamentare si era rotto.
    E quando Rona ballava sulle note di una canzone allegra, i suoi movimenti esembravano delle caricature.
    >>


    Si esibisce nella parodia di una danza. Adesso sorride e piange, piange e sorride, singhiozza, urla.

    <<Perché?
    Perché dovete sempre rovinare tutto?
    Vedete qualcosa di bello e deve essere vostro. Ma cos'è la bellezza per voi?
    Per Rona era la libertà e con le vostre avide mani gliel'avete rubata!
    >>



    Fa gli ultimi movimenti strazianti.
    Adesso è sgraziata, grottesca, quasi spaventosa.
    Si ferma, cessa la musica, il silenzio è assordante.

    <<E pensare che era scalza perché non aveva i soldi per comprarsi dei sandali.>>



    Ride, ride a crepapelle.


    Il sipario si chiude.


    Lo so che è strana ma ho cercato di inscenare uno spettacolo teatrale.
  3. .

    1472 parole



    Oh Jellinab... pensò Nadine malinconica, trattenendo un sospiro a stento.
    La voce della donna raggiunse stridula ogni pertugio della nave, sprezzante ed offensiva verso i marinai che erano stati scelti per quella tragica traversata. Era qualcosa di osceno e profondamente corrotto in tutta quella bellezza che li circondava, nel suono cristallino delle onde sulla chiglia, nel profumo del salmastro, nella perfezione di due tonalità di blu che si incontravano in un abbraccio all'orizzonte. Quell'odio quasi tangibile nei confronti di ciurma e passeggeri era pari soltanto a quello che ciurma e passeggeri provavano per lei a loro volta; uno scambio equo forse, ma sicuramente non meno spiacevole per chi aveva la sfortuna di orbitarle attorno. L'atmosfera era pesante, Nadine si sentì soffocare.

    Azzardò uno sguardo ai marinai. Voleva discretamente assicurarsi delle condizioni dell'umore generale mentre quelle aspre parole venivano sputate, senza alcun riguardo, da una bocca che aveva la capacità di fare più danni di una spada. Un pensiero indesiderato ed improvviso si fece spazio nella sua mente.
    Il potere era un concetto strano. Mentre una gelida consapevolezza l'avvolgeva da capo a piedi, rifletté che solo in pochi lo possedevano e, ancora in meno, erano in grado di gestirlo. Il principale problema dei padroni, si era accorta dopo averne serviti a sufficienza per trovare una sorta di abitudine condivisa, era che spesso non si rendevano conto che, senza nessuno su cui esercitarlo, "potere" non era nient'altro che una parola vuota. Sbraitare ai marinai, farli sentire inferiori, non avrebbe fatto altro che alimentare un odio di fondo fino a quando non sarebbe diventato così marcio ed infetto che non ci sarebbe stato più alcun modo di curarlo. Jellinab era una, i bersagli del suo veleno erano tanti. Bastava che qualcuno con un po' più di tempra ed intelligenza decidesse di mettere un punto ai soprusi ed ecco che l'oppresso sarebbe diventato l'oppressore. Questo Nadine lo aveva capito col tempo, perché ella stessa sognava di mettere le mani al collo di quella donna e stringere forte fino a quando non avrebbe esalato il suo ultimo respiro. Se -quando- si fosse ritrovata nei panni della donna, non avrebbe trattato i suoi sottoposti con rispetto -non si illudeva di essere mossa da nobili principi-, ma quantomeno si sarebbe premurata di manipolarli in modo tale da guadagnarsi la loro fiducia e lealtà, dargli un falso senso di importanza.

    Eppure, mentre ascoltava il gracchiare spiacevole di quella voce, si rese conto che a darle i brividi era piuttosto il tono falso e mellifluo con cui si rivolgeva alle puttane. Come da copione cambiò completamente registro non appena la vide avvicinarsi assieme a Cally. Ad un osservatore poco attento, la carezza sulla guancia morbida della schiava sarebbe risultata un segno di affetto, ma il modo in cui la strinse, il modo in cui quell'unghia ricurva ed affilata minacciò di lacerare quella pelle scura, gridava tutt'altro. Un gesto possessivo, autoritario, che non perdona.
    Nadine giunse le mani dietro la schiena e strinse i pugni così forte che temette di lacerarsi i palmi. Strinse anche i denti per poi tendere le labbra in un sorriso docile, lo sguardo fisso su quella mano nemica fermo ed inscrutabile. Contò da uno a dieci e poi da dieci a uno imponendo al proprio respiro di farsi regolare, al proprio cuore di rallentare i battiti accelerati dall'ira.

    << Amorucce belle, siete desiderose di arrivare, non è vero? Ohohoh, lo capisco lo capisco...dovremmo essere già arrivate se questi scarafaggi vomitosi non avessero perso tempo con i loro inutili giri. Uomini senza palle, ecco cosa dico io, hanno il terrore che dei piratucci possano attaccarci, idioti. >>

    Ancora una volta osservò i marinai, questa volta senza riuscire a nascondere la pietà che provava nei loro confronti.

    << Oramai sento il profumo del porto di Myr, piccoline, ancora qualche ora e sono sicura che inizieremo a intravedere il porto in lontananza. >>

    Poi sorrise e Nadine, che di cose brutte ne aveva viste eccome, pensò senza alcun dubbio che quella era la peggiore. Ma restituì il sorriso, questa volta scoprendo i denti perlacei. Da una prospettiva esterna doveva sembrare un brillante raggio di luce che spacca le nubi, qualcosa di innocuo e sincero, ma dentro era un ringhio ferale come quello di una leonessa che protegge il territorio. Jellinab era una minaccia, adesso Nadine ne era certa.

    << La ragazza più dolce, dici? Oh, topolinotta bella, ne devi conoscere ancora molte di belle fanciulle allora...sai, questa bella lingua con cui abbiamo a che fare potrebbe essere una benedizione se la sapesse usare come si deve. >>

    Seguì quella mano grassoccia fino al punto in cui si posò e le ci volle ogni grammo di determinazione che aveva in corpo per trattenere i conati di vomito. Avrebbe comunque potuto dare la colpa al dondolio della nave.

    << Vorresti occuparti di Cally, piccola schiavetta senza nome? ohohoh, ma questo farebbe di te una minuscola me, topolina. Noi non vogliamo che questo accada giusto? Tu sai che dovrai occuparti solo di chi ti dirò io, vero bellezza? Che bei capelli che hai, vorrei tanto possederli io! Che invidia! >>

    Nadine spalancò gli occhi ed aggrottò le sopracciglia fingendosi confusa. Inclinò la testa di lato, si morse dolcemente il labbro inferiore mentre dondolava in modo infantile sulle punte dei piedi.

    << Mia Signora non capisco... voi siete voi e io... io sono soltanto una semplice schiava. Cosa... cosa intendete con "una minuscola me"? E'... è per caso... >> lasciò allora che una lenta consapevolezza le dipingesse i tratti già pregni di confusione, una rosa che lentamente sboccia sotto i tenui raggi del mattino. << magia? Io non voglio- >> scosse la testa come se fosse in preda al panico, gli occhi ancora spalancati così che il vento li seccasse fino a farli lacrimare. Oh, Nadine... adesso sembrava che stesse per piangere. << non voglio che nessuno mi faccia una magia Padrona, ti prego! >>

    Fece tremare il mento, con una mano andò strategicamente ad agsciugarsi gli occhi.

    << Io voglio essere Nadine... solo Nadine. >>

    Richiuse la bocca di colpo, timorosa di aver parlato a sproposito ed in modo azzardato. Per accentuare il concetto portò alle labbra la stessa mano con cui si era asciugata gli occhi, una morsa salda che impedisse ad altre parole indesiderare di fuoriuscire. Voleva che la donna continuasse a pensarla come una sedicenne ingenua, forse anche un po' frivola e dalla mente poco acuta, spaventata da ciò che non comprendeva e buona solo a fare la puttana. Non era quello che veniva loro richiesto?

    Si permise di mostrarsi gradualmente più rilassata solo in seguito all'insignificante complimento ai suoi capelli. Portò timidamente una mano alla tempia, dove lì si arricciavano ad incorniciarle il volto, apparendo rincuorata dal fatto che forse non aveva rovinato tutto. Attorcigliò l'indice attorno ad un boccolo, un piccolissimo sorriso che si faceva nuovamente spazio in quella precedente maschera di turbamento. Oh sì, Nadine voleva così disperatamente l'approvazione della schiavista...

    << I miei capelli? Li ho pettinati proprio stamattina mia Signora. >> allungò lentamente la mano libera fino ad afferrare quella della donna e se la portò sulla sommità del capo. << Sentite come sono morbidi? Pensate che piaceranno anche al mio prossimo padrone? Vorrei tanto essere bella per lui... >>

    Puntò lo sguardo ceruleo a terra, di nuovo timida e nervosa, mentre la sua mente vagava lontana lontana.
    Ripensò alle lettere che le bruciavano il ventre, alle parole che aveva letto poco prima ma che si erano già fatte spazio nel suo cuore. Jellinab non era una donna amabile e, ora più che mai, era convinta che la maggior parte delle minacce incise in nero su bianco fossero, in tutto e per tutto, rivolte a lei. La loro destinazione sembrava sempre più vicina e piena di terrore, Nadine sentì nel profondo della sua anima che qualcosa sarebbe andato spettacolarmente male. Doveva fare attenzione, rimanere vigile e pronta a fuggire a gambe levate o a chinarsi in ginocchio e sottomettersi se e quando necessario.
    Sbatté poi le palpebre e lasciò che il disgusto apparisse sul suo bellissimo volto. Questa volta non dovette fingere. Portò una mano allo stomaco ed iniziò a massaggiarlo piano ma il modo che la donna potesse facilmente accorgersene.

    << Padrona non... non penso di sentirmi molto bene... queste onde non la smettono di muovere la nave e non sono abituata a viaggiare in mare... penso che sia meglio che vada nelle mie stanze a sdraiarmi un po'. >> le rivolse poi un sorriso teso, come se volesse camuffare al meglio il suo malessere, ed attese il congedo della donna.

    Se non avesse fatto storie, allora si sarebbe ritirata sotto coperta per poter continuare a leggere le lettere mancanti, facendo attenzione durante il suo passaggio a tutti i compagni di viaggio per cercare se vi fosse qualcuno con gli occhi dai colori diversi.


    In poche parole:
    1- cerco di capire un po' l'umore dei marinai e come reagiscono all'amabile Jellinab
    2- faccio la finta tonta come se il fatto di poter prendere il suo posto non mi passasse nemmeno per l'anticamera del cervello
    3- fingo di avere il mal di mare e cerco di andarmene in camera per poter leggere le lettere in pace (se me lo permette)
    4- mentre mi allontano cerco di vedere se c'è qualcuno a bordo con gli occhi di colore diverso.
  4. .

    Nadine


    Parlato Valos (png 1)
    Parlato Talisa (png 2)
    Parlato Nadine








    << Nadine? >>

    << Nadine? >>

    << ... Nadine?! >>
    << Mh? >>

    Ci volle qualche attimo per tornare alla realtà.
    Era una mattinata splendida, il sole attraversava la finestra scaldandole la pelle con i suoi raggi tenui, gli uccelli cantavano ed il vociare del popolo giù nelle strade non faceva altro che alimentare quel senso di pace così raro nella vita di una puttana.
    Sbatté le palpebre e scosse la testa nel tentativo di diradare in fretta la nebbia che l'avviluppava. Una volta lucida, vide Talisa avvicinarsi con molta cautela al letto su cui era seduta. Le sopracciglia aggrottate, le labbra carnose inaspettatamente sottili ed il modo in cui si tormentava le mani erano un'evidente campanello d'allarme agli occhi di Nadine: c’era qualcosa che la turbava.
    Inclinò la testa di lato donandole adesso la sua più totale attenzione, gli occhi che minuziosamente la osservarono adagiarsi davanti a lei ed incrociare le gambe in un'imitazione della sua stessa posa. Era bella, Talisa, ma del resto chi non lo era lì dentro? Con la pelle chiara, gli occhi turchesi ed i capelli biondi, sembrava discendere direttamente dalla stirpe dei draghi.

    << Oggi un cliente… lui… voleva, sai? >>

    Nadine sospirò.

    << Voleva cosa? >>

    La ragazza arrossì. Dannazione, arrossì! Ancora non riusciva a capacitarsi di come, dopo tutto quel tempo in un bordello, potesse essere così pudica.

    << Voleva farlo… dai Nadine! >>

    Quanta pazienza.
    Non disse niente. La fissò e basta, in attesa.

    << Farlo strano. >>
    << Farlo strano. >> ripeté atona, il volto completamente impassibile.
    << Sì, strano. >>
    << Mh. E cosa, di grazia, sarebbe strano da queste parti? >>

    Talisa abbassò gli occhi visibilmente in imbarazzo.

    << Voleva che mentre io… per la Dea… mentre lo… toccavo, voleva che… che io gli leccassi i piedi. >> seppellì il volto tra le mani.

    Nadine sentì le sopracciglia alzarsi talmente tanto da minacciare di sfiorarle l'attaccatura dei capelli.

    << Beh? Preferivi leccargli il cazzo? >>
    << Nadine!!! >>
    << Dannazione Talisa! Guardami. >>

    La ragazza aprì le dita di una mano per sbirciarvi attraverso, stressa cosa fece con l’altra ed infine lasciò ricadere le braccia in grembo mentre alzava di nuovo la testa. Un tenue rossore le colorava le guance pallide.

    << Devi toglierti di dosso tutta questa timidezza. Va bene, per alcuni è eccitante il pensiero di sporcare la dolce Talisa innocente e pura, ma gli altri ti mangeranno viva. Non riesci nemmeno a pronunciarle certe cose, non è vero? >>

    Talisa semplicemente scosse la testa, appesantita da una spessa coltre di vergogna.

    << Ripetilo dopo di me. >>
    << Cosa? >>
    << Cazzo. >>
    << Nadine!! >>

    La osservò impassibile.

    << Cazzo. >>

    Talisa sospirò, consapevole che non aveva alcuna alternativa.

    << C-c-cazzo. >>
    << Tette. >>
    << Per la Dea… te-tette. >>
    << Capezzoli. >>
    << Ca-capezzoli. >>
    << Scopare. >>
    << S-scopare. >>
    << Vagina. >>
    << Vagina. >>
    << Culo. >>
    << Culo. >>

    Ci pensò un attimo.

    << Buco di culo. >>
    << Buco di culo. >>
    << Leccami il buco di culo. >>
    << Leccami il… >> questo si guadagnò uno sguardo perplesso. << buco di culo? >>

    Si osservarono per qualche istante in silenzio. Talisa gonfiò le guance ed inspirò profondamente finche poi, contemporaneamente, esplosero in una risata fragorosa. Con le lacrime agli occhi e gli zigomi arrossati dall’imbarazzo, Talisa mormorò << non voglio nemmeno sapere se hai chiesto per davvero a qualcuno di… di… leccarti il… buco di culo. >>

    Nadine scrollò le spalle, ancora ridendo.
    Quando sembrarono essersi entrambe calmate, Talisa continuò.

    << Questa è la conversazione più assurda che abbia mai avuto in vita mia… D’accordo, hai mai avuto un… un… >>
    << Un? >>
    << Orgasmo? >> quanta fatica le costò.
    << Sì, ma soltanto da sola. >>
    << Da sola? >>
    << Masturbandomi. >>
    << Oh. >> arrossì di nuovo.
    << Sì, oh. Quindi? >>
    << Quindi cosa? >>
    << Glieli hai leccati i piedi? >>
    << Nadine!!! >> riprese a ridere.
    << Cosa? Sono curiosa. Allora? >>
    << Sì che glielo ho leccati i piedi, dannazione! >>
    << E? >>
    << E cosa? >>
    << Ti è piaciuto? >>
    << Sempre meglio di leccargli il cazzo… >> mormorò sottovoce senza guardarla in faccia ma con un sorrisetto a tirarle le labbra. Questa volta fu Nadine a scoppiare a ridere.
    << Beh che dire… questo è… interessante. >>

    Restarono sedute in un confortevole silenzio, occhi negli occhi.

    << Sai, non sono tutti così male i clienti. >>
    << Presumo di no. >>

    Il suo sguardo si fissò nel nulla mentre la mente vagava lontana.


    Sei seduta sul letto. Indossi una leggera veste di seta con la scollatura profonda. Ti copre a malapena il seno, il laccio stretto in vita l’unica cosa che la tiene ancorata al tuo corpo. Hai le braccia tese all’indietro per sorreggerti, la testa leggermente reclinata così da scoprire il collo, senti i capelli che ti sfiorano le spalle e canti sottovoce mentre attendi l’arrivo del prossimo cliente.
    Non devi aspettare molto che la porta si apre. Istintivamente un brivido ti percorre la schiena, ma ti bastano solo pochi istanti per capire che è nervoso. Le sue spalle sono ricurve e non riesce nemmeno a guardarti in faccia, sposta il peso da un piede all’altro mentre lascia che la porta si richiuda alle sue spalle lentamente, come se fosse pronto a fuggire via da un momento all’altro. Capisci subito che è compito tuo metterlo a suo agio, che non puoi essere troppo aggressiva ma che sì, devi prendere in mano la situazione.

    << Come ti chiami? >> gli chiedi.

    Lui alza la testa e ti guarda qualche istante prima di riabbassare gli occhi. È ancora ancorato a quella porta, le dita serrate attorno alla maniglia.

    << Non… non ha importanza. >> sussurra sottovoce.

    << Certo che ha importanza tesoro. Guardami. >> ti guarda << Ha importanza. >>
    << Mi chiamo... Valos. >>
    << Piacere di conoscerti, Valos. Perchè non ti siedi qui con me? >>

    Le sue sopracciglia si aggrottano, puoi leggere chiaramente sul suo volto la guerra che sta combattendo contro se stesso.

    << Tu non… tu non sei lei… >>

    Rimani spaesata per qualche istante, come puoi rispondere ad una simile accusa? Sbatti le palpebre e decidi di tentare.

    << Sono chiunque tu voglia che io sia. >>

    Scuote la testa.

    << Come mi chiamo? >> allora gli chiedi.
    << Nadine, mi hanno detto che ti chiami Nadine. >> non capisce, ti guarda nuovamente in faccia.
    << No, come mi chiamo? >> ripeti risoluta.

    Allora comprende. Puoi vedere il momento esatto in cui cede, in cui accetta il gioco.

    << Ti chiami Phenina. >>

    Annuisci.

    << Piacere di conoscerti, Valos, io mi chiamo Phenina. Dimmi, com’è il suono della mia voce? >>

    Ti alzi lentamente e cominci a camminare verso di lui evitando movimenti bruschi, come si fa quando hai davanti un animale spaventato che al minimo errore potrebbe fuggire via.
    Si schiarisce la gola, porta la mano al colletto della maglia e slaccia i primi due bottoni come per poter incamerare più aria possibile.

    << Come una melodia. Limpida e cristallina come l’acqua di un ruscello. >>

    Ti concentri e provi a parlare in modo diverso, alzando leggermente la tonalità rispetto alla tua naturalmente più roca e graffiante.

    << Intendi così? >>

    Lui volta la testa di scatto, un’espressione sorpresa sul volto.

    << S-sì, proprio così. >> sussurra senza fiato.
    << Bene. E adesso dimmi, come sono fatta? >>

    Lo hai finalmente raggiunto. Devi alzare leggermente la testa per poterlo guardare negli occhi. Non accorci la distanza che vi separa, lasci che sia lui a fare quell’ultimo passo quando si sentirà pronto.

    << In realtà le assomigli molto. È per questo che io… >>

    Alzi una mano, lo interrompi.

    << Sono timida? Passionale? Qual è il mio mestiere? Come cammino? >>
    << Sei… sei un po’ timida, sì, ma quando poi conosci qualcuno gli dai tutta te stessa. >>

    Inizi finalmente a sentire un po’ di sicurezza nel suo tono. Fa un passo verso di te, adesso le vostre mani si sfiorano.

    << Sei molto dolce e sorridi sempre. Lavori nella bottega di un profumiere, la tua pelle sa di fiori. Sei… sei delicata, quando ti muovi a volte non riesco nemmeno a sentirti. >> un sorriso timido gli illumina il volto.

    Per qualche istante la tua facciata crolla. Ogni parola è un dardo che ti si conficca nel cuore, ti lascia senza fiato. Ma ti ricomponi in fretta.

    << Posso… posso tenerti la mano? >>

    Rientri nella parte. Abbassi la testa e ti richiudi un po’ su te stessa. Ti mordi il labbro e per qualche istante osservi il terreno, uno, due, tre, quattro secondi. Lui sta trattenendo il fiato. Sbirci nella sua direzione da sotto le palpebre e sbatti timidamente le ciglia prima di tornare a guardare altrove. Rabbrividisce.

    << Mi… piacerebbe molto. >> gli sussurri.

    Lasci che ti prenda la mano. Inizi a camminare verso il letto, dove entrambi vi sedete. Le vostre braccia si sfiorano, oh così lievemente.

    << Cosa fai per vivere? >>
    << Commercio la seta. Il tuo vestito è molto bello, a proposito. >>

    Ridacchi, fingi modestia, arrossisci.

    << Ti ringrazio. L’ho messo… l’ho messo per te, sai? >>
    << Per me? >>

    Annuisci.
    Alzi un ginocchio e lo porti sul letto girandoti completamente verso di lui. Il vestito ti scopre la spalla, vedi i suoi occhi tracciarne il profilo mentre le sue guance barbute si colorano di rosso.

    << Mi hanno detto che è molto prezioso. Mi piace sentirlo sulla pelle. >>

    Cerchi la sua mano e te la porti sulla coscia. Si prende qualche istante per accarezzare il tessuto, gli occhi fissi sul movimento cauto delle sue dita.
    Si schiarisce la gola, la voce adesso è un po’ più roca.

    << E’… davvero molto soffice. >>

    Aspetti che faccia la sua prossima mossa.
    Leggero come una piuma fa scorrere il dito lungo la tua gamba, un'espressione stupefatta a dipingergli il volto, mentre tu trattieri il fiato. Ti hanno toccata in tanti modi, ma mai con tale delicatezza e reverenza. Si ferma a giocherellare con la corda che tiene il chiusa la veste. Ti lasci ricadere lentamente sul letto, adesso stai osservando il soffitto mentre il cuore batte forte, forte, forte. Ti imita ma si adagia sul fianco così che possa osservare il tuo profilo, il salire e scendere del tuo petto, la delicata curva del tuo ventre su cui adesso lascia riposare mano.

    << Come ci siamo conosciuti? >>
    << Ti vedevo tutte le mattine passare davanti al porto. La prima volta il mio cuore ha saltato un battito ed ho pensato "questa è la ragazza più bella che io abbia mai visto". Dovevo parlarti, dovevo farlo. Non... non ho mai trovato il coraggio però. Sono passato dalla bottega sai? Ho visto come parli ai clienti, ho visto come sei tra gli amici ed io... non riesco a fare altro che guardare. >>
    << Fallo. >>

    Il movimento ritmico della sua mano si ferma.

    << Cosa? >>
    << Avvicinati, parlami, dimmi quello che pensi. >>

    Si lecca le labbra e anche tu ti giri sul fianco. Adesso siete faccia a faccia, solo pochi centimetri vi separano.

    << Non so come fare. >>

    Una lacrima gli accarezza la guancia e tu la rincorri con l'indice. Porti il dito alla bocca ed assapori il suo dolore, avida. Ha mai pianto nessuno per te?




    << Stai pensando ad un cliente? >>

    Nadine annuì mentre sentiva la gola stringersi pericolosamente.

    << Ti piace molto, non è vero? >>

    Sospirò, scosse la testa e poi sospirò ancora.

    << Mi piace ciò che sono quando sono con lui... >>
  5. .

    pegi_got_ridotta



    Nadine

    We chase misprinted lies
    We face the path of time
    And yet I fight, and yet I fight
    This battle all alone
    No one to cry to
    No place to call home

    My gift of self is raped
    My privacy is raked
    And yet I find, and yet I find
    Repeating in my head
    If I can't be my own
    I'd feel better dead





    Lasciati andare.
    Muovi i fianchi.
    Baci sul collo.
    Scendi giù, assapora la pelle ma non lasciare il segno, nessuno vuole addosso il marchio di una puttana.
    Una lieve suzione, giusto per far sentire il raschiare dei denti ma non abbastanza da provocare dolore. La vedi quella chiazza rossa sul pomo d’adamo? È il passaggio della tua bocca, destinato a durare solo una manciata di ore. Come una dedica incisa nella battigia, verrà cancellata dalle onde di un mare sempre in tempesta. Ma tanto non sai scrivere, vero? I tuoi sarebbero soltanto segni senza alcun senso, fatti per darti l’illusione che per un istante qualcosa sia stato veramente tuo. Ma tu non hai niente, puttana, se non l’abilità di dare piacere.

    Chiudi gli occhi e continui a lasciare baci bagnati e a bocca aperta sul corpo di questo sconosciuto. Lui cerca frenetico un appiglio per non annegare in quello stesso mare in tempesta che è il desiderio, desiderio di averti, di possederti, perchè lui sì che ne ha il diritto.
    Senti le mani che ti afferrano le cosce in un tentativo di riottenere il controllo, ma non glielo permetti.
    Almeno questo me lo devi, non credi? Qui, nella camera da letto di un bordello, sono io che ho preso in mano il timone della nave.
    Non può fare altro, tocca e strizza e usa la forza a suo vantaggio, ma quando raggiungi l’ombelico e vi lasci scorrere la lingua, ecco che perde di nuovo coscienza della realtà. Divarica un po’ di più le gambe perchè sapete entrambi dove vuole veramente la tua bocca. Ma tu non hai ancora finito con lui.
    Ti fermi un istante e cerchi i suoi occhi, lui li apre e li fissa nei tuoi mentre trattiene il respiro. Ammicchi, lasci che il sorriso sia malizioso mentre con la punta della lingua ricomincii a tracciare un percorso umido fino al suo inguine. Mordi l’interno coscia, sussulta, ti ho fatto male stellina? No, ti piace.
    Succhi ancora finché non vedi qualcosa di oscuro passare nel suo sguardo, sei impaziente. Presumi che siano finiti i preliminari, la sua eccitazione è così grande che quasi te la senti addosso.

    Gli accarezzi lo stomaco e lo guardi rabbrividire mentre lascia ricadere la testa sul cuscino. È tuo, ce l’hai in pugno. Questa volta ce l'hai in pugno.
    Lo accogli nella bocca, non ti piace il suo sapore, ma devi farlo comunque. Ti paga per questo, è il tuo fottuto lavoro.
    Fai vorticare la lingua, ti ricordi di quando eri piccola e ti davano le caramelle? Succhia Nadine, perchè se la mangi subito perdi il piacere di averla in bocca. E così facevi come ti veniva detto, fai sempre quello che ti viene detto.
    Torni con la mente a quei momenti, quando tra le mani tenevi una stecca colorata dal sapore zuccherino e vi racchiudevi attorno le labbra, lasciando che la consistenza liscia appagasse il tuo palato. Ti divertivi a farla scorrere trai denti, ma mai troppi denti, o rischiavi di rovinarne la superficie. Non volevi che il padrone di prendesse a schiaffi, la caramella doveva rimanere liscia. Facevi allora su e giù con la testa fino a quando non sentivi la punta sfiorarti la gola e ti veniva da vomitare, ma se vomitavi poi non avevi più niente nello stomaco e non sapevi quando ti avrebbero ridato da mangiare. Hai imparato a lasciare la muscolatura rilassata e respirare con il naso. Dentro e fuori, dentro e fuori, ingoia, le labbra che si piegano in un sorriso.
    Sto facendo bene, padrone? A vedere dall’espressione soddisfatta sul suo volto sì, sei stata brava.

    Una volta ti piacevano le caramelle, adesso non più.

    Scendi ancora, è tempo di dedicare un po' di tempo ai testicoli.
    Ne prendi uno in bocca, stringi un po’ ma fai attenzione, lo lasci roteare sulla lingua e, quando le gambe sotto di te iniziano a tremare, passi all’altro. Gli dedichi la stessa attenzione, non vogliamo che il gemello se ne risenta, no? Stai prendendo tempo, non vuoi che ti scopi, forse così se ne dimentica.
    Invece no perchè sta alzando il busto e si appoggia sui gomiti e c’è qualcosa di sinistro nel suo volto. È un’espressione che hai visto centinaia di volte, eppure non smette mai di lasciarti brividi gelidi lungo la pelle. Come sarà questa volta? Lento e dolce? Veloce e pieno di passione? Crudo e volgare? È questo ciò che ti spaventa, l’ignoto. Fino a quando non sarà dentro di te non potrai conoscere veramente il tuo destino.

    Ti afferra i capelli e ti avvicina al suo volto con poca grazia, troppa poca grazia per i tuoi gusti. Vuole un bacio, ma non glielo permetti. Ti lacrimano gli occhi mentre mille aghi ti attraversano lo scalpo, se sei fortunata lo scambia per immenso piacere.
    Ribalta la situazione ed ecco che la vera cavalcata comincia.




    Nadine tenne stretta tra le mani la sacca piena di monete. Il suo volto era imperscrutabile mentre attraversava i corridoi del bordello e, incurante di chi le passava accanto, si dirigeva a passo sostenuto verso la stanza del padrone. Bussò tre volte e lasciò per qualche istante che la sensazione familiare del legno contro alle nocche le portasse un po’ di conforto. Per quanto l’uomo che si celava dietro a quella porta fosse ancor più pericoloso di quelli che si portava a letto, almeno da lui sapeva cosa aspettarsi.
    Attese.
    Uno, due, tre... dieci.

    << Avanti. >>

    Dieci secondi, com’era prevedibile. Suo malgrado, sorrise.
    Entrò nella stanza a testa alta. Il padrone era seduto alla scrivania con un enorme libro sotto al naso e la mano stretta ad una piuma la cui punta era intinta d’inchiostro. Non alzò la testa.

    << Com’è andata? >>

    Nadine non rispose, riprese a camminare. Non appena fu abbastanza vicina lasciò cadere i soldi a pochi centimetri da quella mano che le dava da mangiare, che spesso la puniva, che conosceva intimamente. Ricaddero sulla scrivania con un tonfo sordo, il rumore attutito dal cuoio prezioso del sacchetto dentro cui erano racchiusi.
    L’uomo fermò la penna a mezz’aria e lentamente, così lentamente da risultare irritante, la posò al centro del tomo. Prese la sacca, slacciò il nodo, con un occhio chiuso e l’altro aperto vi sbirciò all’interno. Nadine potè soltanto osservare quella mente veloce calcolare la somma a colpo d’occhio, affascinante. Come faceva, dannazione? Un tempo aveva pensato che fingesse di sapere l’esatto ammontare delle monete che gli consegnava quotidianamente, ma aveva capito presto che no, era un fottuto dono della Dea. Quell’uomo era in grado di contare i soldi soltanto sentendone il peso e sbirciandone il colore.
    Assurdo.

    << Puoi andare. >>

    “Puoi andare” pensò imitando quella voce con fare canzonatorio finché non si trasformò in una lagna. Tutto nella sua testa, ovviamente.
    Che bambina che sei, Nadine.
    Incrociò le braccia al petto e sbuffò.
    Il padrone alzò finalmente lo sguardo.

    << Devi dirmi qualcosa? >>

    "Devi dirmi qualcosa?" si ripeté ancora sempre con quel tono beffardo.
    Ohhh, non aveva sospirato ma poteva sentire forte e chiara tutta la sua esasperazione. Si morse la lingua.
    Stai zitta, stai zitta, stai zitta!
    No non doveva dirgli niente dannazione, voleva solo che vedesse. Che vedesse per davvero. Era passato troppo poco tempo perché le impronte delle dita sulla sua gola diventassero lividi, ma sapeva benissimo che erano proprio lì, rosse e comunque ben visibili.

    << Scegli meglio i tuoi clienti. >>

    Delicatissima, Nadine.
    I lineamenti del padrone si indurirono.

    << Attenta. >>

    Oh se c’era una minaccia in quel tono… un semplice avvertimento ma che l’attraversò da testa a piedi e le gelò il sangue nelle vene. Tuttavia non si lasciò intimidire, era stufa cazzo. Cercò di calmare i nervi, ancora troppo scossa da ciò che era successo soltanto qualche porta più in là.
    Si lasciò cadere sulla sedia che le stava di fronte con un sospiro.

    << C’è andato vicino questa volta, davvero vicino. Pensaci padrone, ne vale davvero la pena? Sappiamo entrambi che un giorno di questi non allenterà in tempo la presa. >>

    Non c’era bisogno di dire altro, sapevano entrambi che prima o poi l’avrebbero trovata soffocata in un letto del bordello.

    << Ma oggi non è stato quel giorno. >>

    Disse alzando un sopracciglio. Un altro dei talenti del padrone: alzare il sopracciglio. Quando era più piccola passava le ore davanti allo specchio a cercare di imitare quell’espressione. Le aveva pure dato un nome, “il sopracciglio del padrone” e viva l’originalità di una bambina di sei anni. Niente da fare, o le alzava entrambe o non le alzava affatto.
    Però aveva altri talenti.

    << No, non lo è stato. >> concesse a denti stretti.

    L’uomo roteò l’indice in un muto gesto di “elabora, prego”.

    << Ma poteva esserlo. Poteva esserlo ed io non sarei stata qui a parlarne. Non sarei stata qui pronta a prenderlo nel culo dal prossimo cliente! >>

    Non le piacque la nota spezzata che aveva assunto il tono della sua voce verso la fine della frase. Si rese conto che il respiro si era fatto più corto e superficiale, le stavano tremando le mani.
    Le nascose sotto alle cosce.

    << Non essere volgare. >>

    Voleva urlare.
    Chiuse gli occhi e cercò di ricomporsi.

    << Lo sai che sono una delle poche che riesce a gestire ogni tipo di cliente, mi vuoi davvero morta? >>

    Questo lo fece riflettere per qualche istante.

    << No. Ma paga bene Nadine, molto bene. >>

    Si, paga bene.

    << Impara a non farti mettere le mani al collo. Adesso puoi andare. >>

    Fine della discussione.
    Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
    Si alzò, fece un inchino ed uscì dalla stanza lasciando che la porta le si richiudesse delicatamente alle spalle.

    Impara a non farti mettere le mani al collo.
  6. .

    1406 parole



    << Oh...sei tu...Sei...Narine? Nadine, giusto? >>

    La voce giunse flebile alle sue orecchie, un misero alito di vento appena più udibile rispetto allo scrosciare delle onde.
    Nadine aggrottò le sopracciglia, non del tutto certa su cosa avrebbe dovuto pensare riguardo al fatto che la puttana conoscesse il suo nome. Da un lato poteva essere un bene poiché significava che, in un modo o nell’altro, aveva lasciato una certa impressione nelle menti dei compagni di viaggio. Dall’altro, era un potenziale terribile disastro: la conoscenza è potere e, se si fosse resa bersaglio di invidia e malelingue, allora sì che avrebbe avuto un problema. Tuttavia, non conoscendo ancora abbastanza bene la ragazza per trarre le sue conclusioni, per il momento decise di accantonare quel genere di pensieri. Successivamente avrebbe prestato ancora più attenzione ai compagni, ma per il momento decise di concentrarsi soltanto su quello che in realtà non le stava dicendo la ragazza seduta affianco a lei. Quella voce... aveva un qualcosa di strano, come se non venisse usata poi così tanto spesso. Ed era imbarazzo ciò che risuonava tra le note di quel tono flebile? Senso di colpa?
    Decise finalmente di rivolgere la sua totale attenzione alla schiava, avida di conoscere cosa si celava dietro a quel bellissimo volto, avida di scoprire quel che stava realmente cercando. Si ritrovò così ad osservare una bambina colta con le mani nel barattolo di miele più dolce che fosse esistito al mondo, una bambina cresciuta intenta a fare qualcosa di veramente, ma veramente proibito. E adesso sì, che aveva tutta la sua totale attenzione.

    << Mi chiamo Nadine, sì. >>

    Confermò annuendo e piena di curiosità ma senza lasciar trasparire nulla, gli occhi adesso intenti a cogliere ogni più piccolo dettaglio. La ragazza riprese a parlare.

    << Io sono stata...molte...molte volte per mar.. >>

    E poi successe qualcosa di assolutamente ed incredibilmente strano. Per i primi attimi Nadine continuò ad osservarla in una nube di confusione, il suo cervello ancora incerto su quale fosse la reazione più appropriata. Si sarebbe aspettata di tutto ma non... quello. Quello era, sinceramente, fottutamente disturbante. Una sensazione di disagio le si insinuò al di sotto della pelle e sentì i suoi stessi occhi strabuzzarsi, le labbra dischiudersi in un'espressione di... shock? Orrore? Confusione? Fascinazione? La pervasero un centinaio di emozioni contrastanti, la mente confusa mentre il corpo restava immobile davanti a quello spettacolo della natura.


    La poveretta si trovava lì, la lingua penzoloni e gli occhi quasi fuori dalle orbite, il panico che le serrava la gola e Nadine non riusciva a decidere se sentisse l'urgenza di ridere o di piangere.
    Affascinante. Okay, disgustoso ma affascinante.
    Erano davvero poche le cose che riuscivano a coglierla di sorpresa, tantomeno quelle che la lasciavano perplessa e senza parole. Si sforzò tanto, ma davvero tanto per non lasciarsi andare ad una risata che aveva ben poco di divertito e tutto di isterico. Strano… davvero, davvero strano. Inclinò la testa e la studiò come se fosse una sorta di specie animale, le mani adesso intrecciate sotto al mento in una posa contemplativa e senza ancora aver deciso come reagire appropriatamente. Il famoso attacca o fuggi? Ecco, una parte di lei sentì il bisogno urgente di scappare a gambe levate, soffocata dal terrore che quella lingua potesse allungarsi ancor di più fino a leccarle la guancia, appiccicarsi ad essa e risucchiarla negli abissi della gola sottile della ragazza; l'altra, quella più oscura e viscida che le strisciava dentro come un serpente velenoso, la spingeva ad afferrare quell'appendice indisciplinata tra le mani e strapparla via dalla bocca carnosa della ragazza una volta per tutte, giusto per farle capire chi comanda dannazione! Ehi, del resto a cosa serviva la lingua ad una puttana? Sì certo, certe attività erano decisamente più piacevoli se ci aggiungevi un po' di lingua, decisamente molto più piacevoli... ma alla fine della giornata la bocca rimaneva comunque un buco stretto, caldo e bagnato con o senza lingua. Un buco in cui infilare un’appendice. Una schiava non aveva alcun diritto di esprimere il proprio parere ed anzi, il silenzio era il primo modo di manifestare obbedienza e cieca devozione. A tutti piaceva una donna capace di stare zitta, giusto? Giusto, o almeno così le avevano sempre insegnato. Dunque perché quella... cosa, era ancora attaccata alla bocca della poveretta?

    Si rese conto che quello spettacolo grottesco era finito quando sentì dei deboli singhiozzi. Adesso la ragazza... come si chiamava, ancora? Vabe, decise di chiamarla Ranocchia perché... insomma. Per la Dea, che stronza che era...
    Comunque, Ranocchia adesso aveva le mani che le coprivano il volto e lacrime amare le scorrevano sulle guance. Decise che quella vista la disgustava molto di più rispetto allo spettacolo dell'orrore a cui aveva assistito poco prima e sentì una sorta di pietà nei suoi confronti. Quasi le dispiacque per lei. Quasi.
    Allungò la mano distrattamente ed iniziò ad accarezzarle i capelli mentre la sua mente vagava e vagava e vagava. Come avrebbe potuto utilizzare tutto questo a suo vantaggio?

    << Va tutto bene tesoro... Va tutto bene. Solo... non aprire più la bocca, d'accordo? E' meglio... sei molto più graziosa con le labbra sigillate, zucchero. >> si sentì dire.

    Adesso che la sua mente si era finalmente riallineata con il corpo, conocordò con se stessa che la prima reazione logica sarebbe stata quella di provare sollievo. Ecco perchè, alla sua età, era ancora invenduta nonostante l'oggettiva bellezza. Con un difetto del genere, semplice da confondere con una sorta di maledizione per le menti più oscure e maliziose, immaginò che il mercato non fosse così clemente dei confronti di Ranocchia. Conseguenza: Nadine non avrebbe dovuto preoccuparsi della competizione inevitabile dovuta alle loro somiglianze fisiche. Ma più ci pensava e più non riusciva a far altro che cercare una soluzione. Non perché le dispiacesse per lei, assolutamente no, ma perché a Nadine piacevano le sfide. Come era possibile che Jelinnab non avesse mai fatto nulla per rendere la ragazza un po' più appetibile? C'erano così tante soluzioni al suo problema...
    Una parvenza di piano iniziò a formarlesi nella mente. Tornò con gli occhi alla figura piangente davanti a lei e si rese conto che le stava ancora accarezzando i capelli con affetto. Inarcò un sopracciglio e le portò una ciocca dietro all'orecchio con fare quasi materno. Di certo Jelinnab voleva sbarazzarsene... e se Nadine fosse riuscita in qualche modo a farla vendere? Si sarebbe distinta agli occhi della matrona o sarebbe stata percepita come una minaccia? Troppo ambiziosa? Doveva giocare bene le sue carte, passare come ingenua e compassionevole e far credere che il suo gesto fosse scaturito dal puro e semplice altruismo, rendersi una facile risorsa da cui attingere senza essere temuta fino a quando i tempi non sarebbero stati propizi per una sorta di scalata sociale.

    Si avvicinò a Ranocchia e le cinse le spalle con il braccio, poi avvicinò le la bocca all'orecchio dove vi posò un bacio casto.

    << Non piangere tesoro. E' un segno di debolezza e nessuno deve pensare che tu sia debole. Risolveremo la cosa. Vuoi essere venduta, non è vero? Allora asciugati gli occhi e guardami. >>

    Aveva diverse opzioni. La più evidente, tagliarle la lingua ed eliminare il problema alla radice. Non sarebbe stato difficile convincere un padrone del fatto che sì, magari sarebbe venuta a mancare una parte piacevole della stimolazione genitale, ma in cambio avrebbe ricevuto un confortevole silenzio. Qualsiasi cosa a cui Ranocchia avrebbe assistito, sarebbe rimasta per sempre incastrata in quella lingua mozza dato che non aveva nessun altro modo per comunicare: le puttane non sapevano leggere ne tantomeno scrivere. L'altra soluzione, meno drastica ed un po' più umiliante, sarebbe stata quella di renderla un vero e proprio fenomeno da baraccone. La gente di Essos era strana, rimaneva affascinata da tutto ciò che andava contro l'ordinario, ed una lingua camaleontica in una così bella ragazza di certo non era ordinaria. Avrebbero pagato così tante monete per vedere la donna ranocchio... maledetta dalla Dea per quale motivo? Serviva una storia che fosse convincente.

    Sentì le labbra tendersi in un sorriso quasi crudele.

    << Non so cosa tu abbia fatto per far arrabbiare la Dea, ma dannazione Ranocchia, la rigireremo a tuo vantaggio. >> "nostro vantaggio" pensò, ma fu abbastanza brava da non dirlo a voce alta. << Ci tieni molto alla tua lingua? >> Chiese curiosa, ponendo la domanda in modo che dovesse soltanto annuire o face un cenno negativo con la testa.


    Okay, il mio piano è quello di far vendere Calli ad ogni costo sia per testare le capacità di Nadine come venditrice d'aria fritta e business woman, sia per attirare l'attenzione dei piani altri (sperando che non mi si ritorca contro ma hei, chi non fa non falla). Vediamo come va.
  7. .

    pegi_got_ridotta



    Addestramento Nadine - Soralyn


    Requisiti: Nessuno
    Descrizione: La Sacerdotessa spiegherà le feste e le ricorrenze del culto
    Ricompense: 5 punti esperienza - 1 tratto spia + 5 bonus benvenuto, Conoscenze Religiose Dea dell'Amore 3
    Numero parole: 1283

    Parlato Nadine
    Parlato Soralyn
    "Ricordo"





    Oggi sarà un giorno importante... pensò Nadine con gli occhi fissi nello specchio e le mani impegnate ad intrecciare i capelli. Accarezzò quelle onde bianche e profumate inserendo con fare esperto innnumerevoli perline dorate ed altre turchesi all'interno delle ciocche, ma neanche quel ripetersi metodico di movenze ben praticate riuscì a placare il suo spirito. Sentì lo stomaco annodarsi ed una tensione crescente stringerle il petto. Non servì a nulla darsi della stupida, né pensare a quante altre volte prima di allora aveva assistito alle follie più depravate degli uomini. Diamine, quante volte era stata lei stessa attrice in certe scene? Da dove proveniva quell'improvviso pudore?


    "<< Quando doniamo il nostro corpo alla Dea dell'Amore, ci liberiamo ogni cosa. Non siamo più schiavi di noi stessi. >>

    Soralyn accarezzò la guancia morbida e bronzea di Nadine. Era solo una bambina... una bambina che aveva già scoperto cosa significasse giacere con un uomo o con una donna, per quanto ne sapesse. I suoi occhi si scaldarono di tenerezza quando lesse sul suo viso nient'altro che confusione.

    << Non siamo più schiavi. >>
    "


    Cosa le sarebbe rimasto dunque? Le parole della Sacerdotessa continuarono a rimbombarle in testa durante l'intero tragitto verso il Tempio ma, anzi che rassicurarla, la turbarono ancora di più. Non riusciva a smettere di tremare, di pensare, di chiedersi cosa avrebbe trovato quando, spogliata del suo status di puttana, sarebbe finalmente stata in grado di guardare dentro se stessa.
    La vera Nadine.
    Portò istintivamente la mano al tatuaggio che, anni prima, avevano inciso dolorosamente sulla sua pelle: una lacrima, tutto ciò che la rappresentava poteva essere riassunto in una triste, solitaria ed inutile lacrima. Le venne quasi da ridere davanti all'ironia della sorte. Chi era Nadine?

    Inspirò profondamente cercando di calmare i nervi. I suoi seni nudi strusciarono contro la seta preziosa dell'abito che aveva scelto di indossare. Era il più bello che possedeva, aveva passato ore ed ore davanti all'armadio mentre esaminava i vestiti e sceglieva tra essi il più appropriato, ma adesso piuttosto che darle sicurezza la fece sentire ancor più patetica. Una bambina che giocava a fare la grande. Aveva ricevuto da poco il fiore rosso, la sua salvezza tanto quanto la sua condanna. Soalyn le aveva detto che era il dono che la Dea concedeva alle donne rendendole così capaci di generare la vita. Cosa c'era di più prezioso di dare alla luce un bambino, un altro essere umano? Nadine se lo chiedeva spesso, ma non aveva ancora trovato risposta. Non si sentiva speciale, ed il pensiero di mettere al mondo l'ennesimo schiavo...
    Scosse la testa. No, quelli non erano pensieri che poteva permettersi di fare. Strinse tra le mani la rosa che avrebbe portato in dono a Soralyn, tanto che sentì le spine bucarle il palmo. Quel lieve dolore aiutò la sua mente a tornare al qui ed ora, ovvero il giorno del rito di ringraziamento alla Dea, il giorno in cui avrebbero pregato per l'amore, la fertilità e la libertà di provare desiderio.

    Come le aveva più volte spiegato Soralyn il culto poneva il suo punto focale sulle mille sfaccettature dell’amore. Dopo aver parlato delle origini del credo e degli aspetti fondamentali su cui esso venne costruito,la Sacerdotessa l'aveva incuriosita con il tema delle feste e ricorrenze.


    "<< Cos'è la cosa più preziosa che abbiamo, Nadine? >>

    Avevano passeggiato lungo il Tempio come loro solito, parlando della Dea dell'Amore così come degli aspetti astratti dell'esistenza. A Soralyn piaceva sorprendere Nadine con pensieri profondi ed incantarla con quel suo parlar di tutto e niente. Al bordello non si filosofeggiava, a meno che "voglio dipingere la tua pelle scura con il mio candido latte" non potesse essere considerata una forma di poesia. Era affascinata dai ragionamenti della Sacerdotessa, dal fatto che per una volta nella vita c'era qualcuno che le chiedeva di pensare, farsi domande, scoprire.

    << L'amore? >>

    Sorridendo Sorlyn scosse la testa.

    << So che ne abbiamo parlato tanto ultimamente e che in un certo senso sì, è collegato, ma... la vita, bambina mia. La vita è la cosa più preziosa che abbiamo. Lo sai come si genera la vita, vero? Dall'unione dei corpi, dall'atto d'amore, con la benedizione della nostra Dea siamo in grado di concepire. Per questo dobbiamo ringraziarla, dobbiamo continuare a chiederle in dono la fertilità. Ognuno la prega a modo suo nella quotidianeità, ma c'è un rito particolare che viene tenuto all'interno del Tempio e che raduna i fedeli. E' in quel momento che uniamo le nostre energie e le nostre speranze. >>

    Per un po' non aveva detto altro, lasciando Nadine alle sue riflessioni.

    << Che rito? >>

    << Il sesso. I fedeli giungono al Tempio per unirsi carnalmente a Sacerdoti e Sacerdotesse. Vieni domani e vedrai tu stessa. >>

    Nadine aveva aggrottato le sopracciglia, insicura sul da farsi, ma già sapeva che il giorno dopo si sarebbe presentata.
    "


    Aveva cominciato a capire che, per quanto i soldi fossero un'arma assai potente, era il sesso il vero motore di quella città, forse addirittura del mondo. Quello che per lei era un lavoro e per alcuni era piacere, per altri uno strumento. Nadine voleva impararne gli accordi, ma Soralyn le aveva detto che quel giorno avrebbe soltanto assistito, che non era ancora pronta a dedicarsi completamente al culto e alle sue pratiche come partecipante attiva.

    Si ritrovò senza accorgersene davanti alla porta dei Tempio, ma non fece ancora nessun azzardo ad entrare. Poggiò un palmo al legno e, titubante, accostò l'orecchio. Un'esplosione di suoni le giunse tanto flebile quanto potente. V'erano grida, sospiri, tonfi sordi ad indicare gli schiaffi di pelle cotro pelle, e già poté immaginare quello che si sarebbe ritrovata davanti agli occhi una volta che si fosse fatta coraggio ad entrare. Il primo passo le fece sgranare gli occhi, il secondo le tolse il fiato, il terzo la inchiodò sul posto. Era abituata ad osservare e partecipare ad ogni tipo di pratica sessuale, eppure ciò che le si aprì davanti agli occhi era qualcosa di completamente diverso. Il piacere dipinto sui volti dei presenti era così puro e genuino... vi erano mani pronte a toccare, bocche intente a baciare, fianchi che si muovevano sinuosamente nella più antica delle danze. Sentì un formicolio attraversarle la pelle, i respiri più corti e superficiali, un rivolo di sudore ad imperlarle le tempie. Ancora fissa sul posto lsciò vagare gli occhi. I corpi dei fedeli giacevano su comodi cuscini color porpora disposti al centro del Tempio ed ognuno era intento a procurarsi piacere da solo mentre altri si toccavano a vicenda, ma i veri padroni della scena erano Soralyn e l'uomo che giaceva sotto di lei. La donna cavalcava il fedele come ne andasse della sua stessa vita, la testa tirata all'indietro ed i biondi capelli a sfiorarle la parte alta dei glutei, i seni che rimbalzavano ad ogni spinta, la bocca divaricata per produrre i più sensuali dei suoni. Era quello dunque il piacere, la libertà di provare desiderio.
    Nadine si ritrovò a pregare, pregare per la Sacerdotessa, per i fedeli e soprattutto per se stessa. Avvertì una scarica di energia pervaderle il corpo e subito si sentì stretta nella sua stessa pelle. Nadine era di più, più di una semplice schiava.

    Quando raggiunsero il culmine scese il silenzio. Soralyn la guardò negli occhi e le sorrise, invitandola ad avvicinarsi.

    << Alla vita, alla fertilità, alla pace. >>

    Diede un ultimo bacio al compagno per poi focalizzarsi nuovamente su Nadine. Inclinò la testa, incuriosita da cià che aveva tra le mani.

    << Un dono alla Dea. >>

    Le sorrise e afferrò la rosa dallo stelo.

    << Un giorno le donerò anche il mio di fiore, ma quel giorno non è oggi. >>
  8. .


    Ricompense: 5 punti esperienza base - 25% tratto Spia, Conoscenze Religiose Dea dell'Amore 2
    Numero parole: 1651



    . Struttura e storia del culto

    ' Conoscenze Religiose Dea dell'Amore 2




    Parlato Soralyn
    Parlato Nadine



    << Sei tornata.>>

    Un soffio caldo sul collo, due mani delicate a cingerle la vita. Soralyn pressò i seni contro la schiena di Nadine e portò il lato del volto a sfiorarle la guancia. Erano una visione, quelle due, con i raggi del Sole del mattino ad esaltare il contrasto tra le loro pelli. Luce ed ombra.
    Sollevò un angolo delle labbra nel fantasma di un sorriso.

    << Sono tornata. >>

    Portò le mani su quelle della Sacerdotessa, che adesso riposavano teneramente contro il suo ventre, e sentì due morbide labbra indugiare in una sensuale carezza su un punto particolarmente sensibile al lato del collo. Rabbrividì, ma non osò ancora voltarsi.

    << Vuoi ancora sapere tutto? >> un sussurro.
    << Sì. >>
    << D’accordo. Entriamo nel Tempio. >>

    Mentre attraversavano, mano nella mano, i giardini di quel luogo sacro, si permise di osservare meglio ciò che la circondava. I cespugli erano rigogliosi e pieni di colore, numerose fontane adornavano il cortile cullando i sensi con il loro dolce suono d’acqua scrosciante, comode panchine erano posizionate in modo strategico per assicurare riposo e visuale completa della statua della Dea.
    Si sentì pervasa da una pace mai provata prima. Non ci aveva mai riflettuto a fondo su come si sentisse realmente nella vita di tutti i giorni. Il bordello era l’unica casa che avesse mai conosciuto, sospiri e grida di piacere gli unici suoni che le riempivano le orecchie, corpi nudi e bellissimi la prima cosa che l’accoglieva il mattino. E non era mai sola: quando doveva intrattenere un uomo o una donna, quando doveva intrecciare i capelli a una delle sue sorelle o fratelli, quando doveva imparare un nuovo modo per dare piacere e quando invece doveva mostrarlo a qualcuno.
    Si prese dunque qualche istante per decifrare i suoi stessi sentimenti. Cos’era quel senso di soffocamento, di claustrofobia, che avvertiva al centro del petto? Cos’era quel prurito che non riusciva mai a grattare, quella voglia di sapere di più, volere di più, avere il controllo, vedere qualcuno perdere la testa e prostrarsi ai suoi piedi?
    Amava e odiava la sua vita. Sì, amava il potere che poteva esercitare su un cliente tanto quanto odiava il potere che i suoi padroni esercitavano su di lei. Amava decidere cosa provare e come usare il proprio corpo tanto quanto odiava quando qualcun altro lo decideva per lei. Appartenere a qualcuno, seguire gli ordini di un padrone, era quello a renderla inquieta mentre lì, al cospetto della Dea, era come se ogni suo desiderio più recondito trovasse finalmente la giusta dimensione. Lì, Soralyn le aveva detto il giorno prima, avrebbe potuto permettersi di provare desiderio, piacere, eccitazione così come lo richiedevano il suo corpo e la sua mente. Era libera di desiderare, si essere se stessa.
    Ecco, “libera” era la parola chiave. Nadine desiderava essere libera e non nel senso più stretto e superficiale del termine. Avrebbero potuto tenerla in catene una vita intera, ma fino a quando sarebbe stata lei stessa a decidere i propri sentimenti e sensazioni, pensieri ed emozioni, si sarebbe sentita libera.

    Osservò ancora una volta la statua che si stagliava al centro del cortile. Voleva pregare, ma ancora non sapeva come.

    << Perchè si prega, Nadine? >>

    Riportò gli occhi al profilo di Soralyn ed aggrottò lievemente le sopracciglia. Perché voleva pregare? Gratitudine, buon auspicio, dovere…

    << Per avere speranza. >> ne concluse.

    Anche Soralyn si prese qualche attimo di riflessione.

    << Sì, credo si una buona risposta. Poche cose governano questo mondo e la speranza è una di quelle. Quando preghiamo doniamo una parte di noi stessi, la mettiamo nelle mani di qualcuno o qualcosa di superiore, che non riusciamo a vedere ma che sentiamo qui, nel cuore. Tutti hanno bisogno di una casa, un posto caldo in cui tornare… quattro pareti ed un tetto sono una buona casa per il nostro corpo, la religione lo è per la nostra essenza. È così che nascono i culti, quando un uomo, solo e sperduto in mezzo al mondo, si rende conto di aver bisogno di una guida. Esistono molte religioni, molti credo diversi, eppure la spiritualità si basa soltanto su una cosa: la pace dell’animo. È la pace che cerchiamo, alla fine dei nostri giorni. Pace con noi stessi se non riusciamo a trovarla negli alti. >>

    Nadine bevve ogni parola come un assetato nel deserto. Avevano oramai raggiunto il Tempio, il portico proiettava tenere ombre sui loro volti. Lasciò per qualche istante la mano di Soralyn per afferrare i lembi della lunga veste di seta e sollevarla in modo da non calpestare l’orlo una volta che avesse salito i gradini. Con la grazia che si richiedeva ad una rispettabile signora, mise un piede avanti all’altro fino a raggiungere una porta in legno ricamato. La Sacerdotessa le accarezzò una guancia, poi scese fino alla scollatura dell’abito ed allentò le corde che lo tenevano in posizione sul seno. In un dolcissimo fruscio sentì la stoffa scivolarle sulla pelle, adesso le ricopriva a malapena i capezzoli.



    << Entriamo. >>

    Nadine deglutì e fece i suoi primi passi all’interno del Tempio.

    << Lys è da sempre una città molto ricca e, tra le altre cose, tale ricchezza è dovuta agli schiavi del piacere. >>

    La voce della donna si era fatta più solenne adesso, al punto che non vi furono più dubbi: le lezioni erano cominciate. Seguì come un agnellino il suo pastore, gli occhi puntati alla nuca di Soralyn mentre raggiungeva un’ampio spazio ovale il cui pavimento era adornato di cuscini. Si sedettero a terra con le gambe incrociate e le cosce scoperte.

    << Quelli che oggi chiamiamo padroni capirono molto tempo fa l’importanza del bello, il bisogno umano di provare piacere, di essere amati. Ne fecero un vero e proprio culto. È così che nasce la nostra Dea, un simbolo di quel desiderio che si nasconde dentro ad ognuno di noi. I pescatori, i mercanti, gli alchimisti, tutti si ritrovarono ad apprezzare le gioie della carne. Appagati nel corpo, nella mente e nello spirito, iniziarono ad offrire in dono quel che era per loro più prezioso: il denaro. Fu così che l’amore divenne un momento di condivisione, di ricarica, di scambio di energie, di arricchimento dello spirito tanto quanto delle tasche. I padroni costruirono delle case in cui il piacere prettamente fisico regnava sovrano, i fedeli costruirono templi in cui potersi curare anche di quello spirituale. Era, ed è tutt'oggi, compito di noi Sacerdoti garantire la pace e l'appagamento dei sensi. Iniziarono così i riti di comunione, le unioni di corpo e mente, la condivisione. Tutto ciò che insegna la nostra Dea è frutto dei bisogni umani, e quali sono secondo te Nadine i bisogni umani? >>

    Nadine giocò distrattamente con una ciocca di capelli. Con il volto inclinato, le morbide labbra socchiuse, i seni quasi del tutto scoperti e le cosce lunghe e snelle adesso leggermente divaricate, arrotolava un boccolo perlaceo attorno all’indice.

    << Abbiamo bisogno di amare tanto quanto di essere amati. >>
    << Amore corrisposto. Da sempre viene pregata la Dea affinchè colui o colei che amiamo non ci spezzi il cuore. Ma cos’è un sentimento senza il suo contrario? Come possiamo apprezzare la gioia senza aver mai provato dolore? Vedi Nadine, l’amore corrisposto è in eterno contrasto con quello non corrisposto, quello vendicativo. Sono entrambi armi molto potenti e da maneggiare con cura. >>
    << Se ami qualcuno sei disposto a tutto e se il tuo amore non è corrisposto ti senti in diritto di infliggere tanto dolore quanto ne prova il tuo cuore. >>

    Un sospiro malinconicò lasciò le labbra di Soralyn.

    << Proprio così. >>
    << Proviamo attrazione. >>
    << Desiderio sessuale. Qui nel tempio è possibile trovarvi uno sfogo, il nostro culto permette di soddisfare l’attrazione verso un altro essere umano. Ma delle pratiche parleremo la prossima volta. Cos’altro? >>
    << Affetto? >>
    << L’amore fraterno, quello che comprende la sola sfera e motiva e non quella carnale. Molto bene. >>
    << L’ammirazione? >>
    << E’ una sfumatura dell’amore fraterno. La Dea ti insegnerà l’utilizzo delle dolci parole sussurrate e delle lusinghe, l’arte di adulare e portare gioia. Ma vedi Nadine, per ora abbiamo parlato dell’amore positivo… esistono altre sfumature, quelle che il nostro culto insegna ad evitare. La malizia, l’inganno, l’invidia, la gelosia, tutti sentimenti che nascono dall’amore tossico. >>
    << Capisco. >>
    << Noi Sacerdoti e Sacerdotesse, attraverso l’unione dei corpi e degli spiriti, nutriamo i sentimenti positivi ed allontaniamo quelli distruttivi. Il nostro compito è quello di appagare i fedeli in modo tale che non debbano trovare conforto nei posti bui e tetri delle proprie anime. >>

    Soralyn iniziò a gattonare verso Nadine, occhi azzurri puntati in occhi azzurri, fino a che non si mise a cavalcioni sulle sue cosce. Le accarezzò il seno, il collo, il volto, i capelli. Mosse i fianchi, dapprima dolcemente, quasi a testare le acque, per poi aumentare il ritmo quando si accorse che il suo stesso desiderio risplendeva nello sguardo di Nadine. Si sentì immediatamente più a suo agio. Tutte quelle parole, quei ragionamenti, quell’introspezione, l’avevano turbata. L’arte dell’amore, nel senso più puro del termine, era un campo ancora a lei sconosciuto mentre adesso, con un corpo caldo tra le braccia, poteva finalmente smettere di pensare ed affidarsi all’esperienza. Portò le mani ai fianchi della Sacerdotessa, incitandola a muoversi con ancor più foga.

    << Non dimenticare mai le origini del culto, il motivo per cui è nato e perché è ancora professato ai nostri giorni. Il nostro fine ultimo è quello di trovare la pace attraverso l’appagamento del desiderio, che sia sessuale, di amore corrisposto, amore fraterno… tutti hanno bisogno di contatto umano e, qui nel tempio, lo offriamo attraverso certe pratiche. >>

    Le labbra di Soralyn iniziarono a posare dolci baci sul collo di Nadine.

    << I Sacerdoti insegnano tutto questo sia con le parole che con il corpo. Ti insegnerò ad amare, Nadine. >>
  9. .

    Parlato Soralyn
    Parlato Nadine



    Alzò gli occhi al cielo per ritrovarsi a fissare l’imponente sagoma della Dea dell’Amore. Scolpita nel pallido marmo dalle mani dei più abili artigiani della città, era un monito costante a quel che v’era di più caro per gli abitanti dell’esotica Lys: la bellezza.
    Nadine con gli anni aveva imparato che il bello poteva risiedere in ogni cosa, a partire dal corpo di una donna per arrivare ai colori che tingono il cielo della sera, dal suono dolce della voce di un cantore allo scintillio delle pietre preziose nei bracciali di un mercante. Per le strade di quella città, così come nei palazzi dei ricchi o nelle botteghe degli alchimisti, facevano del bello uno dei punti cardine su cui erigere la propria esistenza e devozione e qui, ai piedi della Dea, poteva trovarne conferma in quelle curve sinuose, nella lucentezza del marmo, nell’armonia del volto, nell’assenza delle vesti.
    Sorrise quando, portandosi una mano al seno, lo trovò pieno tanto quanto quello che le incombeva davanti e, scendendo verso la vita, la sentì stretta e tonica. I suoi fianchi, così come quelli della Dea, erano morbidi al punto giusto e fatti per le mani di chi era impaziente di possederla.
    Nadine conosceva molto bene il bello, del resto poteva osservarlo ogni giorno riflesso nello specchio.

    Una figura solitaria catturò il suo sguardo. Scendeva i gradini del Tempio per dirigersi proprio lì, ai piedi della statua. Aveva i capelli biondi e il seno grosso, come la maggior parte delle ragazze a Lys, ma il portamento fiero di chi detiene il potere. "Ma quale potere?" si chiese Nadine.
    Terminò distrattamente l’esplorazione del proprio corpo per poi giungere le mani tra loro portarle in grembo, un gesto così automatico che non le diede alcun pensiero. Non smise tuttavia di osservare la Dea.

    - Ti vedo qui spesso. -

    Continuò a dare il profilo a quella donna fiera che le era ormai arrivata accanto, e con il mento indicò l'oggetto della sua attenzione.

    - E’ molto bella, mi piace osservarla. -
    - Hai ragione, è molto bella. Proprio come te. -

    Finalmente si girò e sorrise, offrendo alla sconosciuta la totale visuale del suo incantevole volto.

    - Vi ringrazio, siete molto gentile. -

    Finse timidezza, abbassando le iridi azzurre al suolo e facendo affiorare il porpora sulle sue guance scure. Una mano delicata le toccò il mento così che lo alzasse di nuovo.

    - Come ti chiami, incantevole fanciulla? -
    - Nadine, mia Signora. -
    - Non sono la tua Signora, sono una Sacerdotessa della Dea dell’Amore. La conosci la Dea dell’Amore? -
    - Non conosco la Dea ma conosco molto bene l’amore. -

    La Sacerdotessa le sorrise teneramente e spostò le dita dal mento ad una ciocca di capelli perlacei che le era ricaduta davanti agli occhi. Lentamente, e curandosi di lasciare al suo passaggio una serie di brividi lungo il collo sottile di Nadine, la riportò sensualmente dietro all’orecchio ornato d'oro.

    - Sono sicura che conosci molto bene la seduzione, Nadine, ma l’amore? - scosse la testa - l’amore è un’altra cosa. -
    - Cosa intendete dire?-
    - Seguimi, facciamo una passeggiata. -

    Si incamminarono dunque per i giardini del Tempio, adesso l’una a braccetto dell’altra.

    - Cosa intendete dire, Sacerdotessa? - pressò Nadine, adesso impaziente di ottenere una spiegazione.
    - Chiamami Soralyn. -
    - Soralyn... - testò il nome sulla lingua. Oh Dea, com’era musicale! La donna annuì con un sorriso a fior di labbra e continuò a camminare.
    - Ti chiedo di nuovo, conosci la Dea dell’Amore? -

    Nadine si morse il labbro inferiore, titubante. Ogni suo gesto, dal più banale ai più complessi, poteva apparire totalmente spontaneo, ma lo era veramente? Si prese qualche istante per riflettere mentre il suo corpo gridava: turbamento.

    - So che è venerata da molti, che qui a Lys la bellezza e l’amore sono tenuti molto in considerazione… - una pausa, gli occhi puntati in quelli di Soralyn - Oserei dire che sono la cosa più importante. -
    - Non posso darti torto Nadine, eppure a volte bellezza e amore non vanno di pari passo, non credi? -

    Ricordi vari le affiorarono alla mente. Al bordello dov’era nata v’erano le donne e gli uomini più belli di tutta Lys, di tutta Essos o addirittura del mondo intero, eppure più si sforzava di ricordare se qualcuno di loro fosse mai stato amato o si fosse a sua volta innamorato, più chiaramente l’unica risposta che si sentiva di dare era: no. La sua stessa madre, dalla pelle color del latte, i capelli argentati come i raggi lunari e gli occhi cerulei come il cielo del mattino, non era stata amata da suo padre. E non era ella stessa l'incarnazione della bellezza? Ciò che ogni uomo o donna di ogni continente era pronto a comprare a prezzi disumani, soltanto per veder la perfezione ornare le proprie lenzuola anche se soltanto per una notte? Non aveva mai conosciuto suo padre, eppure ricordava ancora le parole dolciamare della donna che l'aveva partorita:

    Aveva la pelle color del bronzo ed il corpo duro come quello delle statue. Era bravo con la lingua, mia dolce Nadine, oh com’era bravo… Sapeva incantare così come sapeva far cantare il tuo corpo, mi diceva che ero la creatura più bella che avesse mai visto, che nemmeno il tesoro più prezioso brillava tanto quanto me. Eppure il giorno dopo se andò come tutti gli altri. È questo che siamo, figlia mia: un tesoro prezioso, qualcosa da collezionare, ammirare e possedere ma mai amare… perchè si sa, innamorarsi di un oggetto, di qualcosa di materiale e finto come la perfezione e la bellezza non potrà essere altro che la nostra rovina.

    La colse un’improvvisa tristezza. Era saggia, sua madre. Prese un respiro profondo per ricomporsi.

    - No, non coincidono quasi mai. -
    - Questo perchè l’amore ha tante forme… Imparerai come il nostro culto le comprenda tutte. Imparerai a distinguere la lussuria dall’affetto, l’attrazione sessuale dalla sessualità, l’amore puro da quello carnale, l’ossessione, il possesso, la devozione, il piacere ed il dolore. -

    Quelle parole suonarono importanti anche se ancora non riusciva a coglierne il significato.

    - Ma soprattutto imparerai ad amare il piacere, il desiderio di sentire e provare l’estasi. -

    Adesso Soralyn le parlava a pochi centimetri dall’orecchio, il suo respiro caldo e profumato ad accarezzarle la pelle. Sentì caldo, il cuore che accelerava, il formicolio sulla pelle.

    - E’ dunque questo il culto che professi? -
    - È questo e molto altro. È uno stile di vita. -
    - Sono soltanto una schiava -
    - E questo di impedisce di provare piacere? Ognuno è un "soltanto" soltanto se si permette di esserlo. -

    Distolse di nuovo lo sguardo e questa volta il rossore fu sincero. Provò vergogna.

    - Non provo piacere durante il sesso. -
    - Forse perchè non lo fai nel modo giusto. Vedi Nadine, il sesso non è soltanto fisico… certo, ci sono zone del nostro corpo in grado di darci così tanto piacere da togliere il fiato, ma cos’è il nostro corpo senza una mente? Il desiderio, il godimento, la sensualità, risiedono anche qui- le sfiorò una tempia - non solo qui. - scese fino a posarle il palmo aperto sul ventre.
    - Capisco. - disse senza fiato.
    - Capisci per davvero? - soffiò di rimando.
    - Credo… credo di sì. -
    - Bene. -

    Per un po’ passeggiarono in silenzio godendosi la brezza mattutina e la presenza reciproca.

    - Vorrei saperne di più. -
    - D’accordo, cosa ti piacerebbe sapere? -
    - Tutto. -
    - Nessuno potrà mai sapere tutto, Nadine. -
    - Solo se smetti di cercare di imparare... - riflettè a voce alta, sovrapensiero. - Tutto ciò che c’è da sapere allora. -

    Soralyn rise, un suono cristallito ed armonioso come il canto degli uccelli in un giorno d’estate.

    - Dunque vediamo… devi sapere che il principio base del nostro culto è la devozione all’amore in tutte le sue forme. -
    - Perchè l’amore ha molte forme… - ricordò quanto le era stato riferito all’inizio del loro incontro.
    - Esatto. Parleremo di amore puro, ovvero quello che si prova per un fratello, un figlio o un genitore. Parleremo di affetto, ossia la forma di amore che si prova per un amico, e di attrazione, quella che invece si sente nei confronti di un amante. Esploreremo le facce della sensualità, la forza e la potenza del desiderio, andremo insieme alla ricerca del piacere e della pace dei sensi, dell’estasi. Parleremo di come sentire con tutti e cinque i sensi, ad apprezzare il nemico tanto quanto l'amico perché ogni individuo cammina su queste terre per insegnarci qualcosa. Non esistono l'odio, l'invidia, l'ira, quei sentimenti negativi che impoveriscono e seccano gli animi. Imparerai a prendere la realtà ed osservarla attraverso i tuoi occhi e tuoi soltanto, a renderla tua e trasmetterla agli altri. Imparerai non solo a desiderare, ma anche ad essere desiderata. Ti insegnerò ad amare i tuoi pregi e i tuoi difetti, perchè ricorda Nadine, che la forma più importante dell’amore è quello verso sè stessi. -

    Deglutì. Aveva la gola secca e gli occhi che bruciavano di lacrime non versate.

    - Voglio sapere tutto. -
    - Allora torna domani ed il giorno dopo ancora. -

    Si asciugò le guance e sorrise per poi posare un bacio a fior di labbra, quasi casto, sulla bocca di Soralyn.

    - Grazie. -


    Ricompense: 5 punti esperienza - 25% per tratto spia, Conoscenze Religiose Dea dell'Amore 1
    Parole 1561
  10. .
    CITAZIONE (Aeryx @ 29/8/2022, 15:22) 
    Oh! Ora capisco che volevi dire con PG opposto a Daeva! Ma ricominci dal livello 1? O.O

    Eh già, sono un po' masochista lo so... Ma personaggio nuovo, abitudini nuove ecc ecc e per sentirla veramente mia ho bisogno di costruirla dalle basi. Incrociate le dita per me :b:
  11. .

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    Nadine


    Informazioni Generali

    Titoli

    Nome titolo

    AppartenenzaSchiava
    ReligioneDea dell'Amore
    CulturaLys
    Data di Nascita270[Età Attuale: 16]
    Livello3 [Punti Esperienza: 9/40]

    Parametri

    Diplomazia15

    14+1

    Marzialità0

    Forza 0
    Destrezza 0 (2-2)

    Amministrazione2

    0+2

    Intrigo19

    11+2+4+2

    Conoscenze5

    4+1

    Vita40
    Fertilità30
    Prestigio0
    Fama0
    Pietà55

    Caratteristiche PG

    AspirazioneAssumere un ruolo di spicco all’interno del bordello o servire un padrone importante (che sia Essos o Westeros)

    Tratti

    Tratti Culturali

    Città Libere
    Effetti Immediati: +2 Amministrazione, +1 Diplomazia
    Effetti Permanenti: +10% oro iniziale



    lys

    Lys
    Modificatori di caratteristica aggiuntivi:
    Intrigo +2
    Conoscenze +1



    lys

    Nido del Ragno
    Descrizione: Il Ragno più famoso dei Sette Regni deve a Lys i suoi natali. In questa città inoltre, dove tutto è bello e profumato, mantenere l'ordine in maniera discreta è la regola; per questo motivo, chi crea scompiglio, solitamente muore dolcemente dopo qualche sorso di vino.
    Livelli: 4
    Effetti Immediati: +4 Intrigo;
    Effetti Permanenti: +10% Guadagno esperienza quando si usa Intrigo (Liv.1)
    +20% Guadagno quando si usa Intrigo (Liv.2)
    +30% Guadagno quando si usa Intrigo (Liv.3)
    +40% Guadagno quando si usa Intrigo (Liv.4)

    Tratti EducativiROYFHX9

    Spia
    Livelli: 4
    Requisiti: Non hai altri Tratti educativi
    Effetti immediati: +2 Intrigo
    Effetti permanenti: + 25% exp in Add Spia; - 25% exp altri Add (Liv. 1)
    + 15% Prova Intrigo (Liv. 2)
    + 1 punto extra di Intrigo ad ogni Level up (Liv. 3)
    + 3 Informatori a disposizione (Liv. 4)



    punto-debole-catena-allungata-11005486

    Debole
    Effetti Immediati: -2 Marzialità
    Effetti Permanenti: valore max Marzialità 15, non hai il tratto Marziale



    AbilitàLISTA TRATTI ABILITA'
    Competenze Diplomazia
    Competenze Marzialità
    Competenze Amministrazione
    Competenze Intrigo
    Competenze Conoscenzea79c23a26a612c1bb8143eafbe6daef1

    Conoscenze Religiose - Dea dell'Amore 3



    Affinità


    Affinità generichea79c23a26a612c1bb8143eafbe6daef1

    Culto della Dea dell'Amore +10



    c109dbd1a8e5b2e5a700ab01b020b2ed

    Mercanti +5



    c9337e0e1d0f70882e5a2bc1661b3533

    Prostitute +5



    b6c1471e9e1a9d551654fec91c5d180e

    Schiavi +2

    Affinità Casate

    Valore affinità

    Affinità pg specifiche

    Valore affinità

    Affinità png specifiche8ac933bd989086a74cbe6be95e90a2e3

    Pardone del bordello -2



    2b570ef0e3429c70d9f3da94efa5456e

    Talisa +4



    4e5105ebb019d2a39d73a9a8ebb801e8

    Valos +4

    Qualità2ee97779c03c034e6a8457abc09528f5

    Attrazione +7



    032ef7942200239e801d30237bc20728

    Presentazione



    615d22279e0df12508c0583c6012fe9c

    Stretta di mano




    Inventario

    Soldi8 pezzi d'oro, 3 pezzi d'argento, 5 pezzi di rame
    Equipaggiamento
    Oggetti

    Aspetto Fisico

    “La pelle ambrata di Myr incontra i capelli di Luna e gli occhi del cielo di Lys. Venite, Signori e Signore, ad ammirare colei che sfoggia un volto di Tenebra e capelli ed occhi di Luce, colei che è nata per incarnare la dicotomia tra bene e male, devozione e peccato. Ha curve sinuose e pelle liscia come la più pregiata delle sete, una bocca dolce come il vino e soffice come una piuma, mani piccole e delicate in grado di suonare tutte le corde più giuste ed intonare per voi la più tenera delle melodie: quella dell’amore.”

    Aspetto Psicologico

    Le schiave del piacere di Lys nascono, crescono e muoiono offrendo in dono il proprio corpo, questo Nadine lo ha sempre saputo e, in sedici anni di vita, ha imparato ad accettarlo.
    Non ama il sesso e nemmeno lo disprezza. Ne conosce tutti i suoni, colori ed espressioni, eppure l’arte dell’amore per lei non sarà mai un piacere o un desiderio, non quando i volti si susseguono l’uno indistinto dall’altro, quando i corpi che tocca sono soltanto un insieme di carne ed ossa, quando guardano i suoi occhi soltanto per godere del contrasto che creano con una pelle d’ebano. Sarà piuttosto uno strumento, un’abilità alla pari di quella degli artigiani che creano le più preziose delle stoffe, un’arma in grado di mettere in ginocchio un altro dei padroni. Saprà combattere con il sorriso, con la melodia della sua voce, con l’ancheggiare dei suoi fianchi e con l’affabilità di un carattere costruito per essere docile ed accomodante, ma chi è Nadine per davvero? Giorno e notte il suo corpo offre piacere, ma la mente vaga e trama la propria rinascita. Sogni di potere iniziano a disturbare il suo sonno, sarebbe così difficile prendere in mano le redini della propria vita?

    Storia

    Sua madre fu una bellissima schiava di Lys e suo padre un aitante mercante di Myr. Nove mesi dopo la più lunga notte di passione, Nadine venne al mondo con uno scopo ben preciso: servire, dare piacere ed arricchire le tasche di un padrone. Non ha visto molte cose all’infuori delle quattro mura di un bordello, ma a soli sedici anni conosce tutte le sfumature dell’animo umano, da quelle più dolci a quelle più cupe. Negli anni ha osservato, imparato e fatto pratica nell’arte dell’amore e della seduzione ed ora è giunto il momento di lasciare il nido e di spiccare il volo. Chi sarà il suo prossimo padrone? Resterà nella sua “casa natia” o potrà vedere il mondo da un’altra prospettiva?


    Edited by Ilariacondizionata - 10/10/2022, 11:46
  12. .
    CITAZIONE (Juls33 @ 29/8/2022, 11:16) 
    Io dirò solo che ti ho pensata mentre mi si spezzava il cuore per Taylor, per Dave e per quel concerto che aspettavamo ed è diventato fumo.
    Ben tornata <3

    Ho pianto due giorni interi. Con questo non aggiungo altro :cry:
  13. .
    Volevo fare un’entrata ad effetto
    Che cancellasse i momenti bui
    Darvi un ritorno che sia perfetto
    Dopo sto tempo lontana da voi
    Dirvi che sì, sono cambiata
    Ma che vi ricordi di com’ero prima
    Che un tempo sì, mi avete amata
    E cos’è meglio di qualche rima?
    Sono pur sempre la stessa Ila
    Che avete accolto con un sorriso
    Perchè era carica come una pila
    E vi mostrava sempre il suo viso

    La mia cara Daeva è ormai morta
    Fiera, guerriera ed un po’ bruttina
    Quindi che fare per questa volta?
    Un’ingobile, debole e bella put…roppo non posso finire la rimina!
    Voglio portare un po’ di scompiglio
    Farvi ridere, piangere e divertire
    E con queste parole cercare un appiglio
    All’affetto che allora ci fece unire
    E se tu che leggi ancor non sai chi sono
    Non prendere a male questa poesia
    Non passerà molto e saprai che il mio dono
    È che non ha importanza per me chi tu sia
    Vorrò sempre portare un sorriso
    Sul tuo ancora a me sconosciuto viso!

    Okay, ci ho messo tipo un’ora a scrivere sta cosa quindi commentate e siate euforici grazie :D
    Inizio la parte seria del post scusandomi per l’improvvisa e prolungata assenza. Mi dispiace davvero molto se ho messo in difficoltà qualcuno, giuro che non era mia intenzione e che proprio non sono riuscita a fare altrimenti.
    Continuo dicendo che sì, sono tornata e per ora mi occuperò di roba un po’ lontana rispetto alle vostre trame, giusto il tempo di rientrare nel gioco e riprenderci la mano.

    Il nuovo personaggio… ecco, ho letto la morte di Daeva e mentirei se dicessi che non ho versato una, due o facciamo cento lacrimucce (soprattutto dopo aver letto i post del mio JameRoote) quindi fare qualsiasi cosa me la ricordasse sarebbe stato troppo un colpo al cuore. Diciamo solo che ho preso Daeva e ho fatto l’opposto ;) A breve metterò la scheda, nel frattempo ciao di nuovo miei prodi cavalieri e fanciulle, mi siete mancati <3
  14. .
    Olenna giunse le mani tra loro. Le dita si intrecciarono come i rovi che ricoprivano i giardini delle sue terre, mentre con lo sguardo assente fissava un punto che andava ben oltre quella stanza. La sua mente vagava cullata dalle parole dei nipoti, il suo cuore aveva cominciato a rallentare così tanto che per poco temette si sarebbe addirittura potuto fermare. Era veramente questa la fine che spettava alla tanta temuta Regina delle Rose? Alla donna che aveva fatto delle spine la sua forza e protezione? Una silenziosa, lenta e dolorosissima implosione? Mentre vagava nei ricordi, cercò di comprendere quale fosse il punto esatto in cui aveva sbagliato.

    -Avete finito?-

    Due sole parole che spezzarono un silenzio che duro quanto? Secondi? Minuti? Ore? Due sole parole che stridettero come una crepa sulla superficie di un lago ghiacciato. Da una parre c'era Tosco e dall'altra Aconé, entrambi troppo pesanti per evitare l'intevitabile: allargare proprio quella crepa fino a che non sarebbero sprofondati nell'abisso. Avrebbe dovuto essere infuriata, sputare fiamme da quella bocca invecchiata dal tempo, eppure era lì davanti a loro immobile come una statua di cera. E non era forse questa la cosa che avrebbe dovuto spaventarli di più? Gelo, un'infinita distesa di gelo.

    -Complimenti, nipoti. Vi siete guadagnati una menzione speciale nella lunga vita di Lady Olenna quest'oggi: siete riusciti a lasciarmi senza parole. A me, che delle parole ho fatto la mia vita.-

    Il silenzio scese ancora, pesante come un macigno, mentre gli occhi della vecchia promettevano lampi, fulmini, toni e scintille.

    -Siete riusciti, in poco tempo, a combinare un disastro grosso quanto un Continente. Avete idea...- puntò le pupille prima su Tosco poi su Aconè -No, non avete idea.- Rischiuse le palpebre, sospirò. Le sarebbe decisamente venuto un infarto. -Sapete qual è il vostro problema?- Si puntò un dito affusolato al petto. -Il cuore. E no, non intendo che il problema è che stia ancora battendo forte e chiaro nel petto di entrambi anche se sì, in questo momento vorrei che si fermasse e cancellasse il disastro che avete combinato. Il vero problema è come lo avete usato. Vi siete innamorati.- Si portò le dita alle tempe per massaggiarle. -Oh Dei, quanto è sopravvalutato l'amore... Guardate, guardate cos'ha combinato! L'amore rende deboli, vulnerabili, crea un punto così attaccabile dai nemici che potrebbero centrarlo persino con un occhio chiuso in piena notte. Pensavo... Pensavo foste diversi, pensavo aveste capito cosa c'è in gioco. Ma a quanto pare mi sbagliavo.-

    Prese fiato. Puntò prima un dito contro Aconé. -Tu non partorirai un figlio all'infuori del matrimonio.- Si voltò poi verso Tosco indicandolo con lo stesso impeto. -E tu non tenterai l'arrampicata al potere contro il tuo stesso sangue.- Si spostò poi finalmente su Caleb. -E tu... A te non so neanche cosa dire!- Strinse i denti. -Non ho intenzione di commentare una singola parola o insulto velato che avete rivolto a me o a voi stessi durante gli sproloqui che mi avete costretta ad ascoltare. Datemi la lettera!- Sbraitò leggendo le parole del Re scritte nere su bianco. -Ecco cosa faremo. Si farà il matrimonio tra Stark e Tyrell. Mace regnerà su Alto Giardino fino al giorno della sua dipartita e, se gli Dei avranno pietà di me, spero che avverrà il più tardi possibile. Quando morirà il trono spetterà a Galuadh. Se non avrà l'età giusta, verrà affiancato da Tosco. Di una cosa siamo tutti d'accordo, ovvero che nessuno Stark siederà su Alto Giardino o, giuro su quanto mi è più caro al mondo, rinverrò dalla tomba e vi perseguiterò per tutto il resto delle vostre esistenze. Tosco si unirà in matrimonio con Lady Florent e cercherà di ottenere il favore dei Vassalli. Studieremo qualcosa, una carica militare o politica o qualsiasi cosa piaccia al popolo per far accettare il disastro che avete combinato. Aconé... voglio dare la colpa ai tuoi ormoni gravidi per il modo in cui ti sei espressa, non dico altro.-

    Ci pensò su ancora qualche istante. -Vi concedo solanto altri dieci minuti del mio tempo e voglio sentire soltanto cose poco sentimentali e volte al benessere del nostro regno e della nostra famiglia, sono stata chiara?-

    Dunque, è incazzata come una biscia. Vi fa la ramanzina ecc ecc, nella pratica si traduce il tutto in:
    - ok al matrimonio
    - no Stark su Alto Giardino: va bene che resti a Galuadh o Tosco fino a quando non avrà l'età giusta
    - unione strategica con Lyanne, madre di due Tyrell
    - proponiamo qualcosa per l'eventuale figura di Tosco nell'Altopiano. Comandante ufficale delle Truppe dato che adesso è cavaliere? Facciamo un altro giro di post e vediamo come va
  15. .
    C'era un limite di cose che un cuore era in grado di sopportare in una sola giornata?
    Ricapitolando: in mattinata era arrivata ad Approdo del Re e l'aveva trovata distrutta. Inutile dire quanto il ricordo della Capitale aveva iniziato a farsi più amaro che dolce dato che, dinnanzi ai suoi occhi, v'erano oramai soltanto macerie e tentativi di salvare il salvabile, ricostruire il ricostruibile. Era stata divorata dall'ansia al pensiero di rivedere James dopo mesi di lontananza, di guerra per lui e di viaggi estenuanti per lei. Si era sentita subito sollevata non appena Helmann aveva accettato di accompagnarla all'altare. Si era ricongiunta con James nell'incertezza, si erano baciati -forte-, aveva provato una delle emozioni più intense di tutta la sua vita ed avevano deciso di sposarsi il giorno stesso. Poi, era tornata piena di gioia in camera sua dove l'aspettava l'uragano Corinna. Era stata aggredita verbalmente ed emotivamente, aveva urlato contro alla ragazza che considerava alla pari di una sorella minore, l'aveva colpita in pieno viso, l'aveva abbracciata scusandosi, le aveva rivelato le sue paure più intime, le sue insicurezze, il suo dolore ed allo stesso modo la rossa le aveva confessato di aver tentato il suicidio, di odiare il suo futuro marito e minacciato di ammazzare sua figlia. Ah, aveva ammazzato già altri sei bambini. Poi avevano risolto*.

    Dopo quella serie di alti e bassi (ma anche destra-sinistra-in tondo), era come se la sua mente si fosse rifiutata di continuare a pensare. Tutto quello che aveva fatto dal momento esatto in cui aveva lasciato la propria stanza, era abbandonarsi al corpo facendosi trascinare dalla cosiddetta "memoria muscolare". Con la stessa attività cerebrale di una pianta, si stava dirigendo verso le stanze di Isabel perchè le sue gambe avevano deciso che quello sarebbe stato il luogo più adatto per prepararsi. Il volto di Daeva era bianco cadavere, gli occhi gonfi dal pianto ed iniettati di sangue, probabilmente cerchiati di blu e solcati dalla stanchezza, la mano che aveva colpito lo zigomo di Corinna gonfia ed arrossata. Per fortuna la ragazza aveva deciso di non farle a sua volta un occhio nero, non sarebbe stato particolarmente adatto ad una sposa. Si era rotta qualcosa? La mano si muoveva ed il fatto che non sentisse nulla, al momento, le era d'aiuto. Così, come una foglia mossa dal vento, frusciava verso la porta di legno che la separava dalla cugina.
    Bussò, un altro automatismo, ed attese che la invitasse ad entrare. -Daeva- Si annunciò con voce piatta ricordandosi che probabilmente Isabel si aspettava di conoscere l'identità del visitatore prima di aprire. Attese molto? Non lo so, ma non appena venne accolta fece un passo avanti, si richiuse la porta alle spalle e, esausta, le poggiò la fronte su una spalla. Il corpo, piegatosi in avanti solamente dalla vita in su, era rimasto rigido come se i muscoli fossero diventati un unico fascio. A dividere le cugine erano tuttavia rimasti parecchi centimetri: il suo non era un abbraccio, era una richiesta di appoggio. Si lasciò sfuggire qualche singhiozzo sommesso ed un paio di lacrime solitarie che non fecero altro che arrossarle ulteriormente gli occhi e gonfiarle a dismisura la faccia.

    -Ti prego Isabel, fa' qualcosa. Rendimi quantomeno presentabile.-

    E non aggiunse altro. Per il resto del tempo non si rese nemmeno conto di cosa stesse succedendo. Avrebbe risposto semplicemente con un -Ho preso a pugni il mio passato- nel caso in cui avesse fatto domande sulle condizioni della sua mano e -Non ti preoccupare, va tutto bene. Ho solo provato troppe emozioni per oggi e no, James non centra nulla- se avesse cercato di sincerarsi sulle sue condizioni. Per quanto le riguardava, sua cugina avrebbe potuto persino darle fuoco ai capelli che non se ne sarebbe curata. Era alla sua mercè.*
    *In attesa di un esito definitivo della libera, ma siamo sulla strada della pace.

    **Affido completamente a Sabri il compito di preparare una distruttissima Daeva. Però il vestito me lo scelgo io :)


    ***



    In qualche modo era stata vestita, pettinata e sistemata. Qualcuno si era premurato di comprarle un abito magnifico, che nonostante la sua attuale instabilità emotiva era riuscito a farle scivolare un sospiro meravigliato dalle labbra. Era un bianco caldo, molto lontano dalla tonalità più azzurrognola del manto innevato del Nord. Le ricordava piuttosto la schiuma delle onde che si infrangevano sulle scogliere di Isola dell'Orso quando i raggi del sole riuscivano ad illuminarle a mezzogiorno. Sul davanti erano stati ricamati dei motivi verde-dorato, una tonalità che sembrava essere stata creata appositamente per intonarsi con i suoi occhi. Le maniche strette le accarezzavano le braccia per aprirsi soltanto all'altezza dei polsi e la scollatura metteva in risalto quel poco seno che era riuscita a guardagnarsi con la gravidanza. Tutto sommato fu contenta del risultato. Concesse un sorriso a Isabel e se lo concesse anche a sé stessa.

    Finora era stata una giornata difficile ma adesso era il suo momento, quel giorno sarebbe dovuto rimanere suo e di James soltanto. Doveva riprendersi e pure in fretta, non aveva alcuna intenzione di guardarsi indietro e ricordare il matrimonio come uno dei momenti più instabili di tutta la sua vita. Di cosa si stava ancora crucciando? Indipendentemente dal modo in cui era successo, si era riavvicinata ad un'amica, aveva fatto un ulteriore passo avanti nella relazione con James e a breve si sarebbe sposata circondata dalle persone che l'amavano. Più o meno. In realtà, non conosceva nemmeno la metà degli invitati al matrimonio dato che le persone che avrebbe voluto accanto o erano morte, o avevano perso la memoria o erano obbligate a tenere il culo sul suo stesso seggio. Era comunque felice che fossero lì quantomeno per James.

    -Hai fatto un lavoro magnifico Isi-

    Disse sinceramente contenta. Adesso il suo petto si era fatto più leggero e la sua mente un po' più svelta. Stare in silenzio senza pensare era sempre un toccasana, le ridava quella giusta dose di anestetico di cui aveva bisogno per sopravvivere. Il problema principale per Daeva era sempre stato affrontare tutte le emozioni forti che la vita le metteva davanti, quindi non appena aveva l'occasione di non preoccuparsene e starsere un po' chiusa in sé stessa, non faceva altro che coglierla al balzo. Per quel giorno si era già aperta e disperata anche troppo, adesso era il momento di rimettersi in sella.

    -Ti spiegherò prima o poi, promesso.- Aggiunse ralludendo alle condizioni in cui si era presentata da lei. -Non adesso però, non oggi.- Finì con un tiepido sorriso.

    ***



    Era il momento.
    Mi sto per sposare.
    Il torpore in cui si era rifugiato il suo cuore stava iniziando lentamente ad andarsene.
    Cazzo.
    Sì, decisamente. E no, non così lentamente come avrebbe voluto. Si ritrovò, per l'ennesima volta quel giorno, a passare da zero e mille. Si poteva morire di batticuore? Perchè al momento faticava a credere di essere ancora viva, quell'organo così strano ed imprevedibile non le era mai esploso con tanta forza nel petto.

    -Credo di... dover vomitare- Disse con lo stomaco in subbuglio ma, proprio mentre le stavano per cedere le gambe, due grosse braccia l'afferrarono al volo e l'adagiarono su una sedia. Nelle immagini confuse che le affollarono la mente, oltre ad un paio di poltorne che le giravano attorno, riconobbe una chioma bionda.

    -Helmann?-

    -E' ora di andare ragazzina-

    Cazzo
    -Sì... presumo di sì.- Disse deglutendo a fatica.

    -Respira e, quando sei pronta, alza il culo-

    -Comandi-

    Gli afferrò il braccio. Le faceva terribilmente male la mano galeotta, ma al momento preferiva quel dolore all'umiliazione di poter cadere a terra. Così strinse con così tanta forza da poter ridurre qualcosa a brandelli. Ma Helmann, da vero signore qual era, non le chiese di mollare neanche un po' la presa.
    Grazie Helmann.
    Probabilmente si stampò in volto l'espressione più ebete che potè, una specie di sorriso di facciata che aveva come obbiettivo quello di nascondere un qualcosa di molto più isterico. Perchè stava reagendo così? Stava solo per segnare l'inizio della sua vita matrimoniale. Da quel giorno sarebbe per sempre stata accanto al suo uomo e lui a lei. Per sempre.
    Per sempre.
    Per sempre.
    Cazzo.

    In qualche modo erano arrivati al Parco degli Dei. I passi di Daeva erano un po' incerti, ma la consapevolezza di avere il Tallhart al suo fianco le dava in qualche modo sicurezza. Pochi metri e sarebbe stata di fronte al suo futuro. Solo qualche altro passo. Si strinse più forte ad Helmann e procedette senza guardarsi attorno, tanto probabilmente non avrebbe saputo dare un nome ai vari volti presenti. A parte Isabel, sua suocera e, se se la fosse sentita, Corinna.
    Respira si impose.
    Prese un grosso respiro, chiuse gli occhi, li riaprì e lo vide di sbieco. Stavano passando al suo fianco. Le si mozzò il fiato in gola e non riuscì a non voltare la testa per guardarlo. Al diavolo le buone maniere! Come ci si doveva comportare ad un matrimonio? Era lecito che la sposa si scomponesse per guardare da testa a piedi il suo futuro marito? Probabilmente no, ma lei lo fece lo stesso. Lo guardò, gli sorrise e gli fece l'occhiolino mentre Helmann la trascinava altrove.
    Giusto, l'Albero Diga.
    Suo malgrado tornò a guardare avanti e vide l'uomo numero due. Caleb. Quanto tempo era passato? Improvvisamente tutta l'ansia, la paura e le preoccupazioni svanirono del nulla. Era Daeva Mormont, era una guerriera, non poteva farsi vedere così davanti a Caleb Stark. Poi l'ansia, la paura e le preccupazioni tornarono e, quando finalmente lo raggiunse, cercò di mordersi la lingua per non dirlo. Ma fu più forte di lei, non riuscì a trattenersi.

    -Lord Stark... so che non è il momento più adatto ma...- Abbassò la voce -Sono terribilmente desolata io... ho perso Terrore dei Bruti.-


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