Posts written by Ilariacondizionata

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    Contesto: Shea è travestita da Marinaio ed il nome del suo personaggio è Shane. Nell'add precedente ha incontrato un Mercante di nome Varyr con cui si è accordata per controllare la qualità degli schiavi del piacere che sta trasportando. L'obiettivo di Shea è scorpire il nome del Magistro per cui sono stati portati a Lorath ed il motivo per cui c'è tutta questa segretezza a riguardo.


    Soffiava una brezza gentile alle porte di Lorath. Il mare, dolcemente increspato dal vento salmastro, accarezzava la costa facendo ondeggiare le barche attraccate. Il suono dell'acqua che s'infrangeva sulle chiglie, il cielo dipinto di rosso dal tramonto imminente, la temperatura ad un passo dall'essere un po' troppo frigida, contribuivano a creare un senso di pace e beatitudine raro e prezioso. In quell'attimo sospeso nello spazio e nel tempo, Shea osserva l'orizzonte con un sorriso accennato a fior di labbra, il volto sereno e le mani intrecciate dietro alla schiena.
    Laggiù dove cielo e mare s'incontrano non è mai semplice capire se quel che vedono gli occhi sono nuvole o spumose onde bianche, il che può sfociare in una sensazione di disorientamento che ha la capacità di ribaltare tutti i punti di vista.
    Catturata all'interno di quel limbo, Shea stava contemplando i giorni passati con una nota di malinconia a tingerle l'umore altrimenti sereno. Si trovò a ripensare con sincero affetto all'attuale personaggio che stava interpretando, incredula ed anche un po' riluttante a cedere al pensiero che quella sarebbe stata l'ultima volta che ne avrebbe vestito i panni. La missione era però quasi giunta al termine: se tutto sarebbe andato come previsto quella sera avrebbe scoperto l'identità del Magistro corrotto e, con un po' di fortuna, anche lo scopo per cui acquistava da anni schiavi del piacere provenienti da altri luoghi.
    Il giorno precedente si era accordata con il mercante conosciuto al Kraken riguardo ad ora e luogo per una sorta di "controllo qualità merce". Il solo pensiero le fece ribollire lil sangue, ed una terribile sensazione di nausea rischiò di soffocarla. Aveva ancora con sé il sacchetto contenente numerosi pezzi di metallo che aveva attirato l'attenzione dell'ignaro mercante il quale, accecato dalla ricchezza, aveva erroneamente scambiato per monete d'oro. Con l'acre sapore della bile in gola, lo strinse forte tra le mani e si fece coraggio. Con qualche difficile e faticoso sforzo mentale, si preparò per recitare in quell'ultimo atto finale.

    ***



    <<Shane.>>



    La voce suadente del mercante portava con se un qualcosa di viscido e spiacevole. Stringendo i denti e nascondendo il suo disgusto sotto ad una maschera di indifferenza, Shea si girò con le mani ancora intrecciate dietro alla schiena. Puntò gli occhi in quelli dell'uomo che aveva davanti mantenendo sempre un'aria distaccata che sfociava in una leggera ma percepibile arroganza ed il tutto contribuì ad alimentare l'idea che, in segreto, il ricco marinaio Shane nutrisse ancora dei dubbi riguardo alla reale qualità degli schiavi in vendita. Questo fece subito mettere l'altro sull'attenti. Per Shea fu come leggere un libro aperto mentre osservava quel volto passare dall'orgoglio ferito, all'irritazione, alla voglia di dimostrare all'altro la sua assoluta competenza nell'ambito degli affari. Il tutto durò non più di qualche secondo. In un batter d'occhio Valyr tornò a piantarsi in faccia quel sorriso affabile ed un po' da faina che lo aveva accompagnato sin dal loro primo incontro.

    <<Hai passato una buona giornata?>>



    Quell'inutile teatrino di convenevoli fece precipitare ancora di più l'umore già precario di Shea, la quale rispose con freddezza <<Mh.>>. Valyr, con qualche perla di sudore freddo che minacciò di colargli lungo la schiena, sembrò allora capire la situazione e si affrettò a passare al dunque.

    <<Ottimo, magnifico! Dunque...>> sfregò nervosamente le mani tra loro. <<Seguimi, ti porto a vedere la merce.>> Dopo aver schiarito la voce con un filo di apprensione, finalmente si voltò per incamminarsi verso una piccola barca non molto distante.



    Con l'attenzione del mercante puntata altrove, Shea fu finalmente in grado si rilasciare un silenzioso sospiro di sollievo e rilassare il volto fino a quel momento contorto in un'espressione austera.
    Il pontile di legno lungo cui camminavano rilasciava di tanto in tanto deboli cigolii che contribuivano a rendere ancora più tesa l'atmosfera circostante. Il silenzio che avvolgeva i due personaggi era pesante e carico di aspettative, come se un solo passo falso avrebbe potuto mandare in frantumi quel debole equilibrio che erano riusciti a stabilire. Così, nonostante le preoccupazioni di entrambi fossero diametrelmente opposte, ognuno era destinato a sguazzare nei propri dubbi e nelle proprie paure portando avanti una facciata più o meno amichevole. Quando giunsero finalmente a destinazione, Valyr si fermò e sembrò ponderare con attenzione su ciò che avrebbe potuto dire.

    <<Credo sia inutile ribadirlo ma... è necessaria la massima discrezione.>>



    Si voltò e piantò lo sguardo su Shea e, per la prima volta, il tono di quella voce profonda sembrò trascinarsi dietro una nota di cauto avvertimento. Marinaio Shane rispose con un secco cenno del capo ed un'espressione solenne che sembrò far dissipare ogni dubbio che il mercante poteva aver covato fino a quel momento. Valyr sospirò impercettibilmente, si voltò di nuovo e, con il capo chino, entrò all'interno della barca.
    Come prevedibile, Shea si ritrovò circondata dal legno. Non essendo esperta di imbarcazioni non riuscì a determinarne la qualità, ma a colpo d'occhio anche un profano sarebbe stato tranquillizzato dal senso di sicurezza e stabilità fornito dall'ambiente. Incuriosita si guardò attorno. Non le sarebbe dispiaciuto vivere lì... ma ebbe la sensazione che per gli schiavi trasportati quel luogo avesse tutt'altro sapore. Valyr lasciò che il marinaio Shane esaminasse la cabina per poi indicare una piccola porta sul fondo.

    <<Seguimi.>>



    Con il cuore in gola, Shea strinse ancora una volta i denti e procedette nella direzione indicata.
    Non appena entrò nella piccola stanza, il suo cervello sembrò andare in cortocircuito. Per qualche istante non seppe cosa dire. Davanati a lei c'erano due splendide ragazze ed un ragazzo molto giovane. Molto, molto giovane... La loro bellezza era tale da togliere il fiato, ma quello che la lasciò veramente sbalordita fu che a tutti loro mancava qualcosa: un braccio alla prima, una parte di gamba alla seconda, un piede ed un orecchio al terzo. Sbattè le palpebre più volte prima di voltarsi verso Valyr.

    <<Questo carico segue specifiche ben precise per incontrare i gusti del... compratore.>> Tirò su col naso e lo strofinò qualche volta un po' imbarazzato <<Ma puoi vedere tu stesso che, al di là della disabilità di questi tre specifici schiavi, sono tutti bellissimi.>> Schiarì la voce. <<Possiamo venire incontro ad ogni tuo desiderio.>>



    Ci volle qualche secondo per digerire quell'informazione inaspettata. Dunque al Magistro piacevano persone affette da disabilità? Questo era... decisamente interessante. Shea annuì tra sé e sé. Ecco il motivo di tanta segretezza...

    <<Allora?>>
    <<Sono interessato, hai la mia attenzione mercante...>> rispose con tutta sincertià. Lo guardò dritto negli occhi. <<Non ho particolari preferenze, lascio a te la scelta.>>



    Con un movimento fluido lanciò il sacchetto di finte monere a Valyr. Quest'ultimo lo afferrò al volo con occhi scintillanti e carichi d'avidità che si fecero ancora più brillanti quando, a seguito dell'impatto con la sua mano, sentì il clangore dei soldi riempire l'abitacolo.

    <<Quando tornerai?>>
    <<Tra tre mesi.>>



    Il marinaio Shane annuì soddisfatto e si voltò senza proferire altre parole.

    <<Aspetta! Le monete in eccesso...>>


    Non fece in tempo a finire la frase che il marinaio era già sparito dalla sua vista.
    Non appena mise piede fuori dalla cabina, accaddero due cose molto diverse a seconda dei punti di vista.

    Nella barca
    Valyr aprì il sacchetto di monete con un sorriso così ampio che gli fece male alle guance e, qualche istante dopo, restò immobile sul posto in preda alla confusione. Lentamente, lo pervase la disperazione più totale. Iniziò a sudare freddo in preda al panico, si trappò i capelli e gridò così forte da squarciare il cielo. Era decisamente stato incastrato. Gli schiavi si ritrassero in preda al terrore nell'angolo più remoto della cabina mentre i due uomoni che l'avevano accompagnato durante il suo viaggio giunsero di corsa dal terzo abitacolo che componeva la nave.

    <<Portatemi immediatamente quel marinaio!>> Gridò con le vene della fronte così gonfie che rischiarono di esplodere. Gocce di saliva impattarono sul pavimento, segno dell'indignazione e del furore che l'avevano avvolto completamente. <<Chiamate il Magistro! Oddio che disastro... questo è un disastro! Se si sparge voce che...>> Continuò a gridare sull'orlo delle lacrime.


    I due decisero dunque di separarsi: uno sarebbe andato a chiamare il Magistro mentre l'altro avrebbe inseguito il truffatore... non sarebbe stato difficile, del resto erano passati solo pochi istanti da quando aveva lasciato la barca. Giusto?

    Fuori dalla barca
    Shea iniziò a correre a perdifiato mentre il più velocemente possibile si toglieva i vestiti che fino a quel momento l'avevano fatta identificare come marinaio Shane. Senza perdere tempo li annodò attorno a qualche sasso pesante, raccolti in precedenza e cautamente nascosti, e li gettò in mare senza nemmeno guardare in che direzione sarebbero atterrati. In pochi istanti, come previsto, scesero sul fondo senza lasciare alcuna traccia. Con il fiato corto e le gambe che strillavano per la fatica, non si fermò fino a quando sentì un grido disperato provenire dalla barca da cui era appena fuggita e, in automatico, si avvicinò all'acqua salmastra e la utilizzò per lavar via il trucco che aveva meticolosamente applicato per farla sembrare un uomo. In pochi istanti, non ci fu più traccia del marinaio. Decise di fermarsi appena fuori dal porto e, come previsto, qualche secondo dopo un uomo in corsa la sorpassò. Non appena la vide, si fermò di colpo.
    <<Hai visto un marinaio passare da queste parti?>> chiese senza troppi convenevoli e con tono di voce al limite dell'aggressivo.
    Shea, fingendosi spaventata, alzò lentamente un dito tremante e, mentre annuiva freneticamente, indicò una direzione a caso.
    L'uomo ripartì immediatamente di corsa.

    Shea rilasciò un sospiro di sollievo e si preparò per l'ultima parte del suo piano: l'osservazione.
    Di lì ad una mezz'ora, ecco che finalmente giunse un uomo con espressione severa e piena di rabbia: Irrys Nahaar. Soddisfatta, Shea se ne andò con un'informazione importante: il Magistro Irrys aveva spesso contatti con un mercante per acquistare schiavi con evidenti visibilità ed età al limite dell'osceno.


    Raccolta informazioni sui membri di una famiglia influente della città - addestramento informatore
    Requisiti: Spionaggio 2, tratto Spia
    Ricompense: 8 punti esperienza base + 5 bonus benvenuto + 25% tratto spia + giudizio mod + lunghezza (1636 parole), sblocca il lv2 del tratto Spia
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    Primo tiro: 13-2=11 vs 11
    Secondo tiro: 14-1=13 vs 13
    Terzo tiro: 11-1=10 vs 12
    --> due pareggi e una sconfitta per me, quindi perdo

    Per alcuni, la bellezza risiede nelle imperfezioni. Per altri nei piccoli dettagli. Per Shea invece impregnava completamente la scena che le si stava svolgendo davanti agli occhi.
    Con quel nuovo peculiare compagno di viggio al suo fianco, si avvicinò al palco per assistere al provino di Karyia. Rimase completamente rapita dalle movenze e dall'intonazione dell'attrice, dalle pause messe nei punti giusti, dall'intensità di uno sguardo che era in grado di bucarti il cuore e, con la massima sincerità, ri rese conto di non aver mai assistito ad un qualcosa di più eccezionale. Quasi a corto di fiato, sentì il battito galoppare impazzito ed i brividi ricoprirle il corpo. Erano lacrime quelle che bussavano alla porta dei suoi occhi? Mentre si immergeva totalmente nella performance, tutto attorno a lei svanì in un istante.

    <<Beh... è brava, no? Cioè... anche tu sei brava, sì. Il ruolo.... beh...>>



    Le parole di Jaron giunsero lontane ed inizialmente indistinte accarezzandole le orecchie in modo quasi superficiale. Senza distogliere lo sguardo da quella che sarebbe stata la sua più grande rivale da lì all'eternità, rispose un po' a corto di fiato.

    <<Brava...>> con uno sbuffo un po' ironico ed un po' tremante riprese a parlare <<non è brava, è semplicemente perfetta... l'inftonazione, le movenze, la passione... vedi? Guarda come intensifica lo sguardo adesso! Ed ora il braccio, messo in quella posizione, mette in completa armonia il corpo con la scenografia circostante...>> con un sorriso che avrebbe abbagliato anche il più buio dei cuori si girò finalmente verso l'uomo, le mani strette a pugno come per cercare di contenere un'emozione più grande del suo stesso petto <<questo! Questo è ciò che devo diventare! Ahhh come mi piacerebbe imparare da lei...>> mormorò a voce più lieve <<ma so che non sarebbe possibile. Cosa ci guadagnerebbe lei, oltre ad un potenziale avversario?>>

    Lasciò lo sguardo tornare sulla ragazza ed al tempo stesso vagare lontano. Il provino si era svolto senza pecche, sbavature o piccoli errori. Era stato talmente preciso e pulito che, una volta tornati alla realtà, lasciava quasi l'amaro in bocca. Perfezione è, in senso lato, uno stato di completezza ed ineccepibilità, il grado qualitativo più elevato e tale da escludere qualsiasi difetto, qualcosa di così distante dalla natura umana, così inafferrabile, che spesso può suscitare nell'essere umano innumerevoli sentimenti negativi. L'angoscia dello spettatore nel non ritenersi all'altezza di assistere a tali livelli artistici, l'alienazione dall'idealità di un mondo fittizio di cui nessuno poteva né voleva far parte, la sensazione anticlimatica a seguito della consapevolezza di essere arrivati a destinazione, tutto dava origine ad un paradosso secondo cui la vera perfezione era in realtà l'imperfezione, poiché era quest'ultima ciò che permetteva all'uomo di continuare a migliorare ed accrescere se stesso.

    <<Boh onestamente io non ne so un cazzo! E poi mica sono io che scelgo le parti, è Vogan! E a quello chissà che cazzo gli passa per la testa...>>

    Quel bagno di umiltà ebbe l'effetto di ridestarla da quello stupore malinconico. Shea, senza parole, restò qualche istante a bocca aperta per poi scoppiare in una risata fragorosa, talmente liberatoria che le fece sorgere piccole lacrime dagli occhi. Asciugandoli con il dorso della mano tornò per l'ennesima volta a guardare Jaron.

    <<Sai cosa ti dico? Hai perfettamente ragione. Chi siamo noi per comprendere gli schemi del mondo? Cosa ne sappiamo delle trame mosse dalle mani invisibili che scrivono la nostra esistenza? Ahhh Jaron... possiamo solo osservare e camminare lungo il percorso creato per noi su questa terra, godere di ciò che abbiamo e non desiderare ciò che non abbiamo. Migliorerò, ti prometto che lavorerò sodo per migliorare ma sai una cosa? Non voglio essere perfetta...>> conscia che quel fiume di parole non avrebbe avuto senso per le orecchie di Jaron e che avrebbe soltanto confuso quel pover'uomo, Shea si rese conto che a volte anch'essa stessa si capiva a malapena <<quello che voglio veramente è lasciare un segno, colpire le persone qui>> all'ungò il pugno fino ad impattare contro al petto importante del tuttofare. Corrugò le sopracciglia <<Caspita se sei in forma...>> mormorò sottovoce <<Comunque, vedremo come andrà a finire. Sì, penso di essere stata brava anche io, però... ho una strana sensazione.>>



    Dopo qualche attimo di silenzio, si spostarono nuovamente per giocare con i dadi.
    Come aveva previsto, perse. Si lasciò invadere dallo sconforto per tre secondi esatti, ma in quei tre secondi concentrò tutta la sua frustrazione e la tendenza al melodramma che riuscì ad invocare. Con un sospiro esagerato portò la mano alla fronte, disperata, e contorse il volto in una smorfia pietosa.

    <<Mondo crudele! La mia sfortuna non ha limiti! Oh come farò adesso a scoprire i segreti di questa città!!!>> e quando fu quasi sull'orlo delle lacrime, tornò immediatamente ad essere la ragazza sorridente e spensierata di sempre <<D'accordo, fammi pure una domanda.>>



    Vide Jaron corrucciarsi e sforzarsi nella ricerca di un qualcosa da chiederle. In quel momento a Shea sembrò quasi di poter finalmente prendere un respiro d'aria pulita. Stare con una persona semplice e genuina come l'uomo davanti a lei era un vero privilegio per chi era costretto a combattere tutti i giorni con le unghie e con i denti. L'ambiente del teatro era estremamente tossico, tanto intrigante dall'esterno quanto pieno di sotterfugi dall'interno. Non esistevano amicizie e non esisteva solidarietà, era un'eterna corsa disperata al successo. Nessuno poteva mai permettersi un passo falso e la banalità non era nemmeno contemplata, chi voleva far carriera era costretto a brillare come la più luminosa delle stelle senza un attimo di tregua. Era una vita estremamente malinconica e solitaria che non concedeva il lusso di poter godere delle cose più semplici della vita, dunque Shea si rese conto di provare un'immensa gratitudine ogni qual volta aveva il piacere di interfacciarsi con qualcuno che non aveva secondi fini nè pensieri torbidi nei suoi confronti.

    Completamente a corto di idee, le chiese dunque l'unica cosa che poteva aver senso

    <<Perché l'attrice?>>



    Shea ci pensò qualche istante, cercando di rivestire i panni di una lei bambina che vide per la prima volta una compagnia teatrale.
    Era sempre stata una persona molto sensibile. Quando era triste non riusciva ad alzare gli occhi da terra e piangere tutte le lecrime che aveva in corpo, quando era felice invece aveva un sorriso talmente ampio che la sera le facevano male le guance. Si era ritrovata spesso a provare emozioni talmente forti da avere una sincera difficoltà sia nell'esprimerle che nel contenerle, il che solitamente si traduceva in reazioni esagerate e completamente fuori luogo o al contrario in un'apatia malinconica che le faceva male al cuore. Ma quando aveva visto quelle persone incanalare quella stessa sensibilità in qualcosa di appartenente a mondi lontani e fantastici, aveva subito capito che quella sarebbe stata la sua strada.

    <<Perché ho talmente tante cose dentro che a volte mi sembra di scoppiare... non mi basta essere una sola persona per lasciarle andare e... se non lo faccio ho paura di perdermi...>> lasciò che la voce si affievolisse sulla frase finale, quasi stupita dalla sua stessa sincerità. Sorrise poi con affetto. <<Non ho mai conosciuto i miei genitori sai? Sono cresciuta qui per le strade di Lorath, mi sono sempre arrangiata con quello che riuscivo a recuperare giorno dopo giorno. Poi, vidi per la prima volta uno spettacolo teatrale. Non potevo credere ai miei occhi, quelle persone potevano essere chiunque volessero, anche se solo per qualche ora, ed essere persino pagate per farlo! Cosa c'è di meglio? Ho pensato "un giorno sarò un'attrice"... ed eccomi qua.>>



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      Ilariacondizionata
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      12/10/2023, 14:54
      Ilariacondizionata
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    Da qualche tempo, Shea aveva trovato rifugio all’interno di un vecchio casolare abbandonato ai margini della città. Dopo svariati anni di vagabondaggio sul ciglio della strada, godendo solo di tanto in tanto della magnanimità di qualche anziano di buon cuore che le aveva aperto la propria casa per qualche notte, era riuscita a trovare una sorta di accordo con due individui della sua stessa specie -senza dimora ed assidui frequentatori di zone dal dubbio gusto- riguardo alla condivisione di un alloggio. Come succedeva spesso quando ci si ritrovava ad un punto cruciale della vita, ogni avvenimento da quell’istante in poi non era altro che un immenso susseguirsi di casualità.
    Pochi giorni prima di incontrare quei randagi, le erano giunte voci che nella vecchia casa di una famiglia ne troppo benestante ne dalle tasche eccessivamente bucate, era sorto un qualche problema che li aveva costretti a migrare altrove. Non si sapeva esattamente quale fosse tale problema, ma quella volta sembrava che i pettegolezzi cittadini non si fossero risparmiati in quanto a fantasia. Così, dopo qualche riflessione e silenziosa pianificazione, aveva deciso di partecipare anch’ella a quella follia rimpolpando un po’ le assurdità che si andava in giro blaterando. Impiantò astutamente il suo piccolo seme che, nel giro di qualche ora, scoprì essere diventato una rigogliosa e robusta pianta. Quel sussurro che aveva lasciato le sue labbra era tornato alle sue orecchie, dopo aver compiuto un immenso giro attorno a Lorath, decisamente potenziato ed ancora più assurdo. Shea stessa rimase stupita ed un po’ orgogliosa del risvolto che aveva preso una semplice storiella gettata lì quasi con leggerezza. Da quel giorno, il motivo ufficiale per cui la famiglia era fuggita a gambe levate da quel casolare, si era condito di una certa tragicità che aveva il potere di spaventare ed affascinare i cittadini di Lorath.
    Si diceva dunque che anni e anni prima, le pareti legnose di quella casa sperduta avessero assistito ad un brutale omicidio/infanticidio/suicidio che ancora al giorno d’oggi infestava l’aria circostante rendendola pesante e quasi palpabile. Demoni mostruosi, talvolta invisibili e talvolta dalle parvenze umane, calcavano i passi degli abitanti ad un solo alito di distanza dalle loro schiene, facendo apparire brividi sulla pelle e riempiendo di panico i cuori. Si diceva che il padre, la cui sete di sangue non si era placata neanche dopo l’uccisione di tutti i componenti della sua stessa famiglia, era rimasto ad infestare quelle stanze per spaventare a morte chi osava oltrepassare quella porta. E chi non osava morire all’istante di crepacuore, sarebbe stato assassinato lentamente nel sonno da un familiare posseduto da quello stesso spirito maligno.
    Shea si rese presto conto che le persone sussurravano quella storia come se fosse l’assoluta verità, tremanti di paura mentre giuravano di non voler mai mettere piede in quel luogo. Con una piccola bugia, diventata presto una grande bugia, si era dunque assicurata che a nessuno venisse in mente di visitare quella casa degli orrori ormai disabitata.
    Comunque, tornando al succo del discorso, il giorno seguente era andata in esplorazione ed era giunta alla conclusione che la casa stava semplicemente cadendo a pezzi ma, con un po’ di lavoro manuale e forza di volontà, quel vecchio rudere sarebbe potuto diventare nuovamente abitabile. Non avendo assolutamente ne le capacità ne la voglia di occuparsene da sola, aveva afferrato due tipi a caso per la strada e aveva proposto loro di diventare una sorta di coinquilini in cambio di aiuto per la ristrutturazione. I due ovviamente, non avendo un tetto sulla testa, avevano accettato. Ed ecco che adesso abitavano assieme senza che nessuno in città lo sapesse.

    In quel momento stava fischiettando un motivetto allegro che le ronzava in testa fin da quando si era svegliata. Prese una pentola e la riempì d’acqua, la pose sul fuoco ed attese fino a che non bollì. Come consigliato dalla matusa che abitava qualche casa sotto alla sua, aveva iniziato a prepararsi quotidianamente un infuso di erbe curative che era solita raccogliere per strada quando andava a trovarla. Quando si era “trasferita” in quella zona, aveva subito avuto il piacere di fare la conoscenza di Helena, un individuo dall’età indefinita e che poteva oscillare trai settanta e i centodue anni, che a quanto pare in gioventù -o in un’epoca precedente, considerando l’aspettò preistorico- era stata una cantante di successo. Era capitato per caso che un giorno Shea stesse cantando mentre passeggiava e, a detta della megera, quel tono soave le aveva fatto ripartire il cuore ormai prossimo a fermarsi. Senza molte cerimonie e con un sorriso privo di denti, l’aveva invitata dentro casa per prepararle un decotto di erbe che le avrebbe “bagnato l’ugola e reso ancor più limpida la voce”. Shea, che mai aveva sentito la parola ugola, aveva annuito istupidita per poi seguirla all’interno di una casa che, esattamente come la vecchia, non mancava ne di antichità ne di stranezze. Con le mani dietro alla schiena e l’aria spensierata, aveva cercato di comportarsi bene e non gironzolare guidata dalla curiosità come una bambina in un negozio di dolci, ma la sua forza di volontà durò un totale di due minuti (il che diciamolo, non era un pessimo risultato considerato il soggetto in esame). Iniziò dunque a vagabondare per le stanze canticchiando una vecchia canzone imparata in taverna e riempiendosi gli occhi di tutti quegli oggetti scintillanti che Helena teneva come decorazione sulle mensole, allungando un dito di tanto in tanto per sfiorarli e rendersi conto che sì, era tutto vero. La vecchia nel frattempo aveva messo a fuoco dell’acqua e preparato un mix di erbe profumate. La stava osservando con occhi calcolatori seppur velati dall’età e, dopo un immemore tempo di contemplazione, aveva battuto le mani in un singolo applauso, spaventandola a morte e ridestandola dalla trance dell’esplorazione. Dopo aver saltato in aria un metro buono, si voltò imbarazzata solo per trovare un’espressione birichina sul volto carta impecorito dell’anziana signora.
    <<Sto preparando un te che farà bene alla tua voce. Canta, canta ancora per me!>>
    E fu così che iniziò una strana e peculiare amicizia tra una giovane ed una vecchia
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    <<Certo. Parlavamo del più o del meno... sai con i soldati e il resto.>>


    Nonostante Shea non sapesse esattamente a cosa alludeva Karyia, finse comprensione annuendo pensierosa. Rigirando quelle parole ancora e ancora nella mente, giunse alla conclusione che stessero parlando di un qualcosa che senza dubbio riguardava quella parte più buia del pettegolezzo cittadino, ma nonostante le migliaia di speculazioni che le balenavano in testa non riuscì ad afferrare il nocciolo della questione. A giudicare dalle espressioni irritate delle due ragazze e da quella fredda e distaccata del capo di quel piccolo branco, nessuna di loro aveva intenzione di sbottonare un po' la lingua in sua presenza.
    Che peccato pensò con un pizzico di delusione. Non sarà semplice ottenere informazioni qui in mezzo, realizzò con un sospiro stanco.

    <<Temo di essere occupata ora. Devo attendere il mio turno per il provino.>>


    Tutto, a partire dal tono per arrivare alle stesse parole utilizzate, urlava a gran voce "comportamento passivo-aggressivo". Shea non poté far altro che sorridere con amarezza. Si era resa conto, nel corso degli anni, che suscitare quel genere di atteggiamento nelle persone altezzose era una sorta di sua caratteristica intrinseca, tanto quanto sembrava una prerogativa irritare quelle che non erano in grado di vivere la propria vita con spensieratezza. Quello che percepì forte e chiaro fu dunque un secco rimprovero nei suoi confronti: come osava, questa stupida ragazzina, catturare in questo modo la scena togliendo tempo da sotto i riflettori ai "veri attori"? Sempre più divertita, trattenne a stento una risata mentre osservava le schiene delle tre ragazze allontanarsi con più o meno stizza.

    <<Oh. Lasciale perdere quelle!>>


    Al suono di quella voce imponente si girò con il sorriso che ancora le tingeva le labbra. Un uomo robusto sedeva su un piccolo sgabello creando un contrasto a dir poco comico. Shea incrociò le braccia davanti al petto ed inclinò la testa di lato, ricordando vagamente un uccellino che incuriosito esce dal nido per la prima volta. Era sicura di averlo già visto da qualche parte e, a giudicare dalla stazza, non poteva trattarsi di altro se non uno dei fattorini incaricati di sistemare le scenografie, mantenere l'ordine e tutto quel genere di mansioni da retroscena.

    <<Qualcosa mi dice che le ho fatte incazzare>>


    commentò tornando con lo sguardo alla direzione in cui si erano dileguate le attrici, il tono di voce tutto condito con una sana dose di divertimento, mentre con un'alzata di spalle dimostrava quanto poco ne fosse dispiaciuta. Tuttavia, nonostante il suo atteggiamento rilassato e all'apparenza disinteressato, non si fece sfuggire il modo in cui Karyia si era avvicinata a Vogan per conferire con lui. Aggrottando lievemente le sopracciglia, cercò di sviscerare la questione. I due avevano mantenuto lo stesso tipo di atteggiamento nei suoi confronti, come se con quella esibizione fuori programma avesse in qualche modo non solo sovvertito le regole ma anche disturbato un qualcosa di più grande. Le fu naturale dunque sospettare che i due avessero una sorta accordo, o quantomento una linea generale d'azione in cui ogni cosa avrebbe dovuto svolgersi come previsto. Shea, con quella "delicatezza" che la contraddistingueva fin troppo spesso, probabilmente aveva sgretolato quel piano meticoloso e messo in atto con tanta dedizione senza nemmeno rendersene conto. Se da un lato non voleva peccare di egocentrismo e vanità giudicando la propria performance come una delle migliori mai viste nella storia del teatro, dall'altra era consapevole della propria presenza scenica e non aveva problemi ad ammettere che avrebbe potuto creare qualche grana anche agli attori oramai consolidati. C'erano delle volte in cui il "nuovo" era visto come qualcosa di fresco ed innovativo anche se acerbo e, con così tante persone testimoni della sua bravata, di certo Vogan non poteva fingere di aver assistito ad un provino scialbo. Poteva non aver apprezzato quel suo prendere l'iniziativa, ma di certo avrebbe anche dovuto tener conto dell'opinione del pubblico... che figura ci avrebbe fatto se avesse scelto come protagonista qualcuno che aveva eseguito una performance meno incisiva della sua?
    Probabilmente erano solo congetture, ma in quel momento Shea si sentì piuttosto sicura di aver appena fatto preoccupare il Re e la Regina di quel posto con la sua piccola ribellione. Che Vogan e Karyia avessero un rapporto che andava oltre la sfera professionale?

    <<Ti va una partita?>>


    Ridestata improvvisamente dai suoi pensieri si voltò di nuovo verso l'uomo e osservò con curiosità i dadi che teneva tra le mani.

    <<Non sono mai stata particolarmente fortunata con il gioco d'azzardo...>> disse pensierosa. Un piccolo ed innocente piano cominciò poi a prendere forma. <<Hey, hai per caso assistito al mio provino? Che ne dici di guardare con me quello di Karyia e dirmi con estrema sincerità cosa ne pensi e chi, secondo te, dovrebbe ottenere la parte? In cambio giocherò a dadi con te ed esaudirò un tuo desiderio, qualunque esso sia.>> ci pensò ancora qualche istante per poi aggiungere <<E ti dirò di più, la posta in gioco non saranno soldi ma domande... chi perde dovrà rispondere con sincerità alle domande dell'altro. Allora, ci stai?>>


    Gli occhi di Shea scintillarono davanti alla possibilità di lanciare una sfida. Adorava gettarsi di testa verso l'ignoto e, mentre sentiva il cuore battere sempre più forte a causa dell'adrenalina, andò a sedersi al fianco di Jaron impaziente di sentire la sua risposta. Come una bambina sovraeccitata, iniziò a muovere velocemente il piede su e giu tenendo solo la punta incollata al terreno, chiaro segno di impazienza e lieve nervosismo.
    Se avesse accettato allora avrebbero guardato in silenzio la performance e successivamente giocato a dadi, se invece avesse detto di no allora se ne sarebbe stata semplicemente lì a condividere quello spazio ristretto con questo sconosciuto.


    947 parole
  6. .
    Continuo da qui

    C'era qualcosa di poetico nel comportamento umano. Ad esempio, un uomo all'angolo più remoto della sala osservava in silenzio la scena che si stava svolgendo a pochi passi dal suo tavolo e, se a primo avviso appariva un semplice guardare disinteressato, una volta che si prestava maggior attenzione era possibile accprgersi di quanto in realtà quegli occhi fossero vigili e le sopracciglia calcolatrici. Quell'uomo, esattamente come Shea, aveva parcheggiato il culo sulle sedie del Kraken per un motivo ben preciso che non era annegare nei fumi dell'alcool. Quello stesso uomo, esattamente come Shea, fingeva di godersi una serata spensierata.
    Poco distante, una ragazza aveva abbassato così tanto lo scollo del vestito da non lasciare niente all'immaginazione. Aveva caldo? Forse, ma di sicuro il modo in cui guardava i marinai meglio vestiti non lasciava dubbi sul fatto che volesse qualcosa da loro. Eppure anch'ella sentiva il bisogno di travestire un po' le sue intenzioni, così di tanto in tanto ricorreva all'uso di un ventaglio come se fosse solamente alla ricerca di un po' di fresco. Ed eccone un altro, l'oste. Dispensava sorrisi a destra e sinistra, eppure ogni volta che dava le spalle ad un cliente prendeva un respiro così profondo da risucchiare tutto l'ossigeno circostante. Era evidente che non gli piaceva stare lì ed ancora più evidente che non gli piacevano le persone che, agitando i boccali, gli chiedevano di rabboccarli. Però anche lui si armava di pazienza e si fingeva qualcun altro.
    Tutti lì dentro, chi più e chi meno consapevolmente, stavano recitando un ruolo. Perché? si era domandata più volte Shea, non sarebbe più facile se tutti dicessero chiaro e tondo quello che pensano? Se tutti agissero seguendo il proprio istinto senza dover filtrare ciò che meno compiace il resto del mondo?
    L'unica differenza tra lei e gli altri era che Shea indossava centinaia di maschere per lavoro, ma nella vita di tutti i giorni aveva sempre cercato di essere il più trasparente possibile. Eccetto quella sera. Quella sera aveva portato la missione ad un livello superiore. Quando si dice essere dedicati alla causa...
    Picchiettò le dita contro il bancone di legno.

    <<Ancora da bere, marinaio?>> chiese l'oste. Shea raschiò un po' la gola e scosse lievemente la testa <<Nah, per ora sono apposto>> dichiarò sbattendo una nocca sulla superficie del tavolo con fare gioviale.


    Riprese il suo scrutinio e con esso quelle riflessioni a tempo perso finché, dopo qualche minuto, entrò un uomo che catturò il suo ineresse. Ancora non sapeva bene i dettagli, ma dalle voci che le erano giunte a breve sarebbe approdato in città un mercante che stava trasportando qualcosa di estremo valore a cui alcuni Magistri erano interessati. Rimanevano ancora molte incognite a riguardo, come per esempio in cosa consistesse effettivamente tale carico e quali magistri fossero interessati, dunque il suo compito era quello di ottenere più informazioni possibili.
    Sarebbe stata una lunga serata.
    Ponderò per diversi minuti su quale sarebbe stato l'approccio migliore. La situazione ideale sarebbe stata quella di essere avvicinate dal mercante piuttosto che il contrario, ma per far avvenire ciò era necessario creare una situazione. Aveva bisogno di più informazioni sulla personalità di quell'uomo così, mentre meditava sul da farsi, iniziò ad osservarlo con estrema attenzione.
    I suoi vestiti erano ben curati, di ottima fattura e dai colori sgargianti. Ne dedusse che dovevano essere relativamente nuovi e decisamente costosi, dunque qualsiasi fosse stata la merce era, come le avevano detto, di estremo valore. Spezie? No, altrimenti non ci sarebbe stata tutta questa segretezza a riguardo. Stesso discorso per stoffe e pietre preziose. Doveva dunque trattarsi di qualcosa di un po' meno convenzionale. Liquore? Ma allora perché entrava nella locanda più in voga della città? Forse per vendere la propria merce? Ma l'oste, per quanto gestisse una delle attività più profique di Lorath, non avrebbe comunque potuto permettersi certi lussi. Tuttavia non escluse questa possibilità. Cosa stuzzicava l'interesse di un branco di marinai appena rientrati da un lungo viaggio?
    Sesso.
    Il carico aveva un'altra possibilità di essere costituito da schiavi del piacere.
    Interessante... pensò Shea tra se e se mentre faceva roteare il liquido all'interno del bicchiere. Se ci aveva visto giusto allora quell'uomo era lì per attirare qualcuno con le tasche piene di soldi e la bocca cucita. Adesso doveva solo capire come fare a sembrare un tipo pieno di soldi.
    Aveva bisogno di un sacchetto e di... oggetti metallici.

    <<Oste?>> chiese poggiando i gomiti al bancone. <<So che la mia richiesta potrà sembrarti strana ma... non è che potrei, diciamo... dare un'occhiata alla tua spazzatura?>>

    Non si lasciò spaventare dallo sguardo perplesso dell'uomo e decise di battere il ferro quando era ancora caldo e sfruttare al meglio quell'attimo di confusione. <<Ho solo bisogno di qualche oggetto metallico tintinnante sai... devo far credere a qualcuno di essere pieno di soldi.>> aggiunse alzando le spalle e con un grosso sorriso smagliante.

    Nessuno pensa mai a quanto sia efficace la verità in certe occasioni. Le persone, soprattutto in queste locande, erano così tanto abituate alle menzogne da non riuscire più a distinguerle dalla realtà. Chi mai avrebbe pensato che erano le sue reali intenzioni quando dette con così tanto candore? Come previsto l'uomo si fece una risata e la prese per pazza. <<Fa' pure>> ed indicò il retro della locanda.

    Senza farselo ripetere due volte Shea iniziò a scavare.
    Un bel po' di pezzi di metallo dopo si ritenne soddisfatta. Saggiò peso e rumore del gruzzoletto con un enorme sorriso e, dopo essersi data un paio di pacche sulla spalla come incoraggiamento, fu pronta per rientrare. Tenne il sacchetto tra le mani e lo fece roteare così che fosse in bella vista, poi scelse un tavolo vicino -ma non troppo- al mercante e ve lo posò sopra sonoramente con un sospiro. Aveva gettato l'amo, adesso bastava solo aspettare che la preda abboccasse.
    Non molto distante, come previsto, il mercante la osservò con la coda dell'occhio. Già pregustava un sacco pieno di pezzi d'oro... con fare elegante ed esageratamente raffinato le si avvicinò.

    <<Ey marinaio, ti dispiace se mi siedo qui con te?>>



    Shea, che da questo momento in poi chiameremo Shane e a cui ci riferiremo come se fosse un uomo, finse di corrucciarsi qualche istante. Squadrò deliberatamente e molto lentamente il mercante dall'alto al basso apparendo piuttosto giudicante e, dopo qualche altro attimo di silenzio, sbuffò un <<come ti pare.>>
    L'altro sorrise e si sedette senza togliere gli occhi di dosso al "denaro".

    <<Allora, con chi ho il piacere di parlare?>>


    Shane nascose il volto dietro al bordo del bicchiere fingendo di prendere un sorso e, nel modo più serio possibile, rispose semplicemente con la verità.

    <<Con una donna nei panni di un marinaio venuto fin qui per fotterti.>>


    Il mercante scoppiò in una fragorosa risata e batté la mano sul tavolo con fare divertito. L'allungò poi verso di luii per scambiare una stretta.

    <<Il mio nome è Valyr.>>
    <<Shane.>>
    <<Allora Shane>> disse sistemandosi meglio a sedere ed avvicinandosi un po' così che potesse abbassare il tono di voce. <<Qual è il tuo vizio?>>


    Shane inarcò un sopracciglio e ci pensò seriamente. In tutta la sua vita non aveva mai avuto il lusso di potersi permettere un vizio. Con amarezza scosse la testa.

    <<Oh andiamo... tutti hanno un vizio.>>
    <<Le donne, presumo.>> gettò lì cripticamente.


    Ancora una volta, una specie di verità che lasciava molto spazio all'interpretazione. Un'altra cosa interessante dell'essere umano era che spesso capiva ciò che voleva capire e non quello che realmente l'interlocutore intendeva, così Shea stava iniziando a perfezionare sempre di più l'arte di questo tipo di manipolazione. Se realmente il carico che trasportava Valyr si trattava di schiavi del piacere, allora quella era la sua occasione per uscire allo scoperto, ma la sua espressione guardinga le fece capire che non era ancora pronto a fidarsi e lasciar trapelare certe informazioni. Aveva ancora bisogno di capire se poteva o meno parlare liberamente e, per farlo, avrebbe cominciato ad indagare un po' di più sul passato e presente del marinaio Shane.

    <<Ah, le donne>> disse ammiccando <<e qui ce ne sono molte?>>
    <<Se sai dove cercare>> alzò le spalle.
    <<E dove bisogna cercare?>>
    <<A volte basta solo guardare davanti a se.>> era divertente dire la verità e farla franca, molto divertente.
    <<Ne deduco che sei del posto.>>


    Shane annuì.

    <<Sei nato qui? Scommetto che conoscerai molta gente.>>
    A questo sorrise. <<Nah, non conosco nessuno. O meglio, nessuno conosce me... vedi Valyr, sono orfano e cresciuto per le strade. Ho iniziato a lavorare molto presto ed il mio lavoro mi porta sempre lontano... non ho mai interagito con qualcuno in questo modo.>> ancora tutto vero.

    Fare l'attrice l'aveva sempre portata lontana anche se con la mente e non con il corpo ed era effettivamente la prima volta che interagiva con qualcuno nei panni del marinaio Shane. Nessuno lo conosceva, ma lui conosceva tutti. Ancora una volta però il messaggio che venne recepito fu completamente diverso e, senza particolari sforzi, passò per candidato perfetto: senza legami e quindi senza il desiderio di parlare a qualcuno del loro scambio, ma soprattutto senza il deisderio di mettere nei guai qualche nemico locale.

    <<Credo di aver trovato l'uomo giusto.>> concluse Valyr raggiante.
    <<L'uomo giusto per cosa?>>


    Valyr si avvicinò ancora di più tanto che adesso gli bastava un sussurro per essere udito.

    Se ti dicessi che, per il prezzo giusto>> fissò con estrema brama il sacchetto di monete posato sul tavolo per poi proseguire <<e la giusta discrezione potrei procurarti qualsiasi tipologia di donna o uomo tu voglia?>>


    Bingo... pensò Shane. Fece un mezzo sorriso e portò la mano al mento con fare dubbioso.

    <<Chi ti dice che io non abbia già accesso a tutte le tipologie di donna che voglio? Magari anche migliori di quello che mi proponi?>>


    Ed ecco che aveva attaccato il mercante proprio nel suo punto più debole... l'orgoglio. Notò come l'espressione di Valyr tramutò da famelica ad indignata così in fretta che Shane si trattenne a stendo dal ridergli in faccia.

    <<Impossibile! Nessuno ha donne migliori delle mie! Inaccettabile! Io-io...>> rosso di rabbia, sciolse finalmente la lingua <<compriamo le nostre schiave del piacere direttamente da Lys e abbiamo l'esclusiva su tutti gli articoli! Abbiamo la garanzia della prima scelta rispetto a tutti gli altri acquirenti! E' impossibile che qualcuno abbia schiavi migliori dei nostri... davvero inaccettabile!>>
    <<Rilassati Valyr... ma capirai che io sia dubbioso. Magari se potessi dare un'occhiata alla merce...>>
    <<No ecco, questo non... non è poss->>


    Prima ancora che finisse la frase Shane si alzò con un sospiro deluso e riprese il gruzzolo di monete con fare al limite del teatrale.

    <<Allora ti devo salutare. E' stato un piacere, mercante.>>


    Ma non appena si voltò di schiena e fece per camminare verso l'uscita venne nuovamente fermato da Valyr.

    <<Va bene va bene... d'accordo ma... dovremo fare molta attenzione. Il mio capo potrebbe... Ascolta, ci vediamo domani sera al porto, d'accordo?>>


    Senza voltarsi, Shane annuì ed uscì dalla locanda con la risposta ad alcune delle domande che si era fatto: il tipo di merce ed il luogo dello scambio. Adesso gli restava da svelare l'identità del Magistro.


    Esercitazioni pratiche di raccolta informazioni
    Requisiti: Livello minimo intrigo 11, Spionaggio 1
    Ricompense: Spionaggio 2, 7 punti esperienza + 5 pe bonus + pe lunghezza (1851 parole) + 25% tratto spia
  7. .

    <<Bene.>> fu la gelida risposta di Vogan.



    Lentamente, dolorosamente, quel sorriso che le si era aperto sul volto a fine esibizione iniziò a svanire. Fu lo stesso effetto di una nuvola solitaria che oscura un cielo fino a qualche istante prima limpido ed intonso. Si rese conto che, per quanto si sforzasse, non era in grado di decifrare quell'espressione severa e quella voce tanto fredda. Con le sopracciglia corrugate e le mani sui fianchi si guardò attorno per testare le reazioni degli altri presenti e, suo malgrado, scoprì di non poterle riassumere con un vero e proprio sentimento unanime. Alcuni sembravano divertiti, altri piacevolmente stupiti ed altri ancora decisamente arrabbiati.
    Ahhh ma chi se ne frega... pensò alzando le spalle.
    Si schiarì la voce un po' imbarazzata per poi riprendere il suo consueto sorriso. Se nel corso della vita, e di quella che era prematuro chiamare carriera, non si era mai fatta abbattere dai giudizi altrui era anche vero che dietro alla sua aria spensierata e forse un po' folle possedeva la forte consapevolezza di essere spesso fin troppo eccentrica, non aver capito ancora alla perfezione come parlare nella maniera più adeguata alle persone che si ritrovava davanti e forse di non essere molto ferrata nel leggere al meglio le situazioni. Ciò che di certo non che le mancava, d'altro canto, erano quella grinta, passione e vena di pazzia che nel bene o nel male colpivano le persone.
    Era stata brava? Sì, era stata brava.
    Annuì tra se e se e, forte di questa rinnovata sicurezza, fece un breve inchino e saltò giù dal palchetto con il suo consueto alone di allegria quasi fastidiosa. Si inoltrò ancora una volta tra la folla e, mentre saltellava tra la gente buttando un occhio di tanto in tanto alle esibizioni, si rese conto che alla fine non le importava veramente come sarebbe andata quella sera. Le avrebbe fatto piacere ottenere per una volta il ruolo da protagonista? Assolutamente sì, ma alla fin fine ciò che le dava maggior soddisfazione era mettere tutta se stessa in ogni respiro, comunicare con il corpo e con quel suo spirito ribelle tutta la vastità dei sentimenti che si sentiva dentro e che ogni giorno minacciavano di farla esplodere. Quell'esuberanza poteva essere un'arma a doppio taglio? Certo, ma le andava bene così... non aveva mai seguito una regola in vita sua e non avrebbe di certo cominciato adesso. Se le avessero dato il ruolo dell'albero allora sarebbe stata l'albero più maestoso di tutti.

    Gli altri teatranti intanto stavano affrontando i provini. Erano tutti uguali, tutti fatti allo stesso modo e senza un accenno di colore nelle loro personalità. Certo alcuni erano molto bravi, ma erano tutti così... banali. Dov'era la passione? Annoiata, cominciò a guardarsi attorno per studiare al meglio lo spazio circostante e, sbuffando, aguzzò le orecchie. Mentre arrotolava una ciocca di capelli tra le dita ed osservava la situazione, ecco che individuò la sua preda. Non poco distante da lei v'era un trio di attrici che parlottavano di qualcosa... anzi, di qualcuno. Probabilmente lei. Divertita nascose un sorriso dietro alla mano e si avvicinò con passo allegro e leggero, le mani giunte dietro alla schiena con finta innocenza. Cercò di fare il minor rumore possibile e di capire quello che stavano dicendo, ma le frasi non ebbero molto senso per lei. Le uniche parole che destarono la sua curiosità furono "Vele Rosse", quella che probabilmente era "esibizione privata", "soldati" e la frase "se ne stanno andando da". Come poteva tutto ciò avere un significato?
    Decise di indagare.

    <<Ciao ragazze!>>



    Con la stessa delicatezza di un elefante le sorprese alle spalle. Infilò il volto all'interno del cerchio che avevano creato con un sorriso smagliante, le mani ancora dietro alla schiena ed il busto leggermente piegato in avanti. Tra di loro riconobbe Karyia, una delle attrici più promettenti della compagnia. Se a livello professionale Shea l'ammirava molto, a livello personale non sapeva che farsene. Non aveva mai avuto l'occasione di parlare con lei né si era mai particolarmente interessata alla vita e personalità della ragazza, decise dunque di mantenersi neutrale nell'approccio. O almeno, neutrale nel vocabolario di Shea.

    <<Allora? Cosa si dice in giro? Vi dispiace se mi metto qui con voi intanto che aspettiamo la fine dei provini? Stavate parlando male di qualcuno vero?>> Alzò un sopracciglio ed annuì trionfante. <<Beh, se stavate parlando male di ma allora grazie! C'è un detto che fa qualcosa come... "parlatene bene o parlatene male, l'importante è che se ne parli". O qualcosa del genere. Comunque->> Prese a braccetto le due più vicine a lei ed indicò con il mento l'attore che si stava esibendo sul palco. <<Cosa ne pensate? Io credo che qui manchi qualcosa... un po' di passione, improvvisazione, un po' di... colore? Ahhh scusate, probabilmente voi ne saprete più di me.>> Alzò le spalle con un enorme sorriso. <<Ad ogni modo, mi sto annoiando. Che ne dite di combinare qualcosa?>>



    822 parole


    Mi guardo intorno per avere più info sul luogo e capire se posso combinare qualcosa :D
  8. .
    Il Kraken era, tra le altre cose, un luogo di condivisione.
    Considerato la "bettola meno bettola" della città, vantava la presenza di un gran numero di personaggi. Alcuni erano volti conosciuti dalla popolazione locale, altri invece erano marinai di passaggio provenienti da posti lontani e spesso impazienti di condividere le loro storie. V'era chi lo frequentava per i fiumi di liquore che straripavano dalle botti, per le donne in grado di addolcire le nottate di solitudine, per la musica che scaldava corpo e anima e poi v'era chi andava alla ricerca di quei sussurri dalla capacità di distruggere o consolidare il debole gioco di potere che si svolgeva per le strade della città. Per questo il Kraken era il luogo preferito soprattutto di chi aveva pessime intenzioni.

    Si presentava come ogni altra locanda dell'isola: in legno, logora ed anche un po' lugubre.
    Shea ne osservò l'esterno con scetticismo mentre tra le mani teneva una moneta e con abilità la faceva roteare tra le dita. Quel movimento ipnotico era in grado di ingannare l'occhio di chi l'osservava al punto che la moneta, che si muoveva sopra e sotto alle nocche, sembrava sparire e riapparire come per magia. Con la testa piegata di lato, chiuse gli occhi. Nonostante si trovasse ad una decina di metri dalla soglia della locanda riuscì a sentire con estrema chiarezza le risa sguaiate della clientela, il tutto accompagnato dalle atroci note musicali di un qualche strimpellatore ubriaco.

    <<Ay marinaio...>>

    Una docile voce femminile, suadente al punto giusto, la risvegliò di soprassalto. Spalancò di colpo gli occhi aggiustando la postura e, con un lieve balbettio, rispose senza riflettere.

    <<I-io?>>



    La cortigiana aggrottò le sopracciglia al suono cristallino di quella voce e guardò Shea - o meglio, il marinaio - con più attenzione. Era possibile che avesse visto male? La voce sembrava femmiline, eppure i vestiti...

    <<Chi altro sennò?>>



    Scrutò le vicinanze sempre più confusa e, quando appurò che non c'era effettivamente nessun altro, si avvicinò di un passo per poterlo osservare meglio. Fu proprio quando stava novamente per aprir bocca che Shea sembrò finalmente uscire da quella sorta di paralisi cerebrale indotta dall'esser stata colta di sorpresa. Tossì un paio di volte per schiarire la voce, poi avvicinò il mento al petto così da chiudere un po' la gola e, con il tono più mascolino che riuscivì ad evocare, colmò la distanza che le separava con una falcata decisa e le mise una mano sul fianco.

    <<Chiedo perdono mia signora, la tua bellezza mi ha momentaneamente tolto sia il fiato che la ragione.>>



    La ragazza arrossì e si esibì in una risata frivola.

    <<Perché non entriamo e mi fai vedere meglio la tua, di bellezza?>>



    La scena seguente sembrò svolgersi a rallentatore. La pallida mano della cortigiana cominciò ad allungarsi verso il cappuccio che copriva meticolosamente il volto di Shea. Per qualche attimo di panico rimase pietrificata ad osservare i peggiori scenari passarle dinnanzi agli occhi. Sarebbe stata scoperta, la missione fallita ed il giorno dopo probabilmente il suo corpo sarebbe stato riesumato faccia a terra in mare.
    Restò immobile un po' troppo a lungo...
    Ma fu questione di un istante e, grazie ad un misto di riflessi e fortuna, riuscì ad afferrare il braccio della fanciulla a pochissimi centimetri dal suo volto. Rilasciò un sospiro di sollievo e strinse i denti maledicendo sé stessa e la sua capacità di infilarsi sempre in situazioni tanto... peculiari.

    Qualche ora prima...

    Jaqq'r le aveva dato istruzioni precise: "Va' al Kraken e travestiti da marinaio. Sarà più facile avvicinare il soggetto e farlo parlare". L'arte del travestimento era un qualcosa di piuttosto familiare a Shea, dunque non era quella la parte della missione che più la preoccupava. Anche se era abituata ad interpretare ruoli durante gli spettacoli, non le era mai capitato di dover interagire con altri individui senza seguire un copione. Certo, qualche volta aveva dovuto improvvisare, ma era molto diverso avere in mente una scena ed arricchirla con qualche tocco personale dal dover interpretare un personaggio "reale" e raccogliere con esso informazioni utili.
    Decise di non pensarci troppo, per adesso la cosa più importante era concentrarsi sul travestimento.

    Aveva dato fuoco ad un ciocco di legno in modo tale da ottenere del carbone, cercato per le strade un po' di terriccio ed aveva infine recuperato qualche abito maschile un trasandato.
    La prima cosa che fece fu utilizzare il pigmento nero del carbone per ispessire le sopracciglia e renderne la forma meno arcuata. Prendendo poi un po' di terriccio iniziò ad applicarlo sul volto in modo tale da scolpirne al meglio la struttura. L'obiettivo era quello di rendere il mento più squadrato, gli zigomi più alti e le guance più scavate in modo tale da ingannare l'occhio con delle ombreggiature che ricordassero i tratti più convenzionalmente maschili. Stessa cosa fece con il collo ed andò ad accentuare il pomo d'adamo. Con della farina invece andò ad illuminare e schiarire altre zone del volto: le labbra per renderle più sottili e meno definite, i lati del mento per metterlo ancora più in risalto ed ancora una volta sul centro del pomo d'adamo. Prese poi un paio di forbici ed iniziò a spuntare i capelli in modo tale da averne una qualntità sufficiente per ricreare dei baffi e, una volta soddisfatta, non fece altro che incollarli sotto al naso grazie all'azione dell'albume d'uovo; per la mascella invece si limitò ad ombreggiare lievemente con il carbone così da ricreare soltanto un'ombra di barba.
    Finito il trucco legò i capelli sulla nuca ed avvolse la testa all'interno di un turbante.



    Schiarì nuovamente la gola ed accarezzò con tenerezza la guancia della cortigiana.

    <<Mi dispiace bellezza, ma stasera ho da fare.>>



    Senza attendere risposta si avviò a grosse falcate all'interno della locanda.
    La prima cosa che sentì fu il pungente odore di alcool misto a sudore maschile. Cercare di restare il più neutrale possibile con il volto si rivelò essere di per sé una sfida insormontabile, ma dopo aver preso qualche respiro profondo ed essersi abituata a quel nuovo aroma particolare, procedette all'interno fino a che non si ritrovò nei pressi del bancone. Dover interpretare un uomo richiese alcune modifiche che non si limitavano solamente ad aspetto fisico o voce ma anche al portamento ed il modo di camminare. Innanzi tutto Shea cercò di non far ondulare i fianchi ma di procedere un un'andatura un po' più ciondolante, incurvò lievemente le spalle in avanti in modo tale da risultare un po' più goffa e simultaneamente nascondere ancor meglio il seno e tenne le mani chiuse a pugno così da mostrare il meno possibile le sue dita più affusolate e femminili. Una volta giunta allo sgabello ordinò del vino con voce profonda e finse di sorseggiarlo mentre si guardava attorno alla ricerca dell'obiettivo.


    Add di camuffamento:
    Requisiti: Intrigo 8
    Ricompense: Spionaggio 1, 7 punti esperienza base + 5 bonus + 25% tratto spia + lunghezza (1127 parole)
  9. .

    <<Per la strada c'è una bambina
    resta china sul ciglio e osserva
    tutto il buono che c'è per terra
    questi ricchi, sempre a sprecar!
    Lentamente allunga la mano
    sì per coglier un pezzo di pane
    ma le risa e l'umiliazione
    poi la fermano lì sul fatto...
    >>



    Una voce soave, tenuta bassa per non divulgare quell'intimo ricordo, si disperse nel vento. Shea camminava per i sobborghi di Lorath volteggiando a ritmo della sua stessa canzone. Un piede a sinistra, poi uno a destra, una piroetta con le braccia protese verso il cielo, la testa gettata all'indietro nel completo abbandono mentre attraverso gli occhi chiusi immaginava un pubblico scrosciante di applausi.

    <<Ma la fame non fa eccezioni
    è più forte di orgoglio e pudore
    delle lecrime e dell'amore
    che ognuno prova per se stesso.
    Così senza più esitazione
    quella mano scatta ancora
    e senza più alcuna paura
    placa i crampi della fame...
    >>



    Adesso solo alcune tristi note sfuggivano dalle sue labbra serrate. Accompagnò il suono lugubre con un dondolio leggero dei fianchi mentre avanzava lentamente verso la sua destinazione.



    Le strade a quell'ora erano deserte. L'odore del pesce permeava l'aria come se ormai ne fosse l'essenza stessa ed il salmastro appiccicava la pelle donandole un riflesso umidiccio e pallido. Si sfiorò la guancia ed osservò i polpastrelli, scoprendo con rammarico che il trucco che aveva meticolosamente applicato si stava dissolvendo con l'umidità circostante. Corrucciata, strinse l'ampia manica del vestito nel pugno e la portò rapidamente davanti al volto per proteggerlo al meglio. Adesso che erano visibili solo gli occhi, immaginò di essere un bandito in procinto di derubare una rispettabile nobildonna.

    <<Ah ah ah! Cosa abbiamo qui?>>



    Aveva fatto sì che in quello sguardo si sgorgesse uno scintillio cupo e malizioso, ma non era totalmente convinta della profondità di quella risata malvagia. Si fermò per un istante e, testarda come un mulo, schiarì un paio di volte la voce. Riprese la posizione e l'espressione da bandito e provò di nuovo.

    <<Ah ah aaa- cof cof cof>>



    Iniziò a tossire con così tanta violenza che rimase per un attimo senza fiato. Mise le mani sulle ginocchia mentre, con le lacrime agli occhi, cercava di incamerare più aria possibile attraverso ampi respiri rochi. D'accordo, la risata malvagia non era il suo forte-

    <<S-s-signorina tutto... tutto bene?>>



    Quella voce la colse impreparata e solo la momentanea afonia le impedì di urlare per lo spavento. Con un poco elegante salto in avanti e gli occhi spalancati e pieni di terrore, si voltò ritrovandosi davanti ad un ragazzino che la osservava preoccupato. Shea teneva ancora una mano stretta al petto come a voler impedire al cuore di scappare dalla gabbia toracica e le guance che lentamente si stavano imporporando di rosso per l'imbarazzo. Ancora istupidita annuì con vigore e, senza proferir parola, si voltò per incamminarsi verso il punto di ritrovo della compagnia teatrale il più in fretta possibile.
    Ottima figura Shea... fu il suo ultimo pensiero.

    ***



    Quando arrivò nel cortile in cui si sarebbero svolte le prove constatò che trai presenti vi erano le stesse facce conosciute. Lo spettacolo che avrebbero inscenato quella sera stessa era intitolato "il Pavone e il Serpente" e, come suggerito dal titolo, i protagonisti erano proprio i due animali che, impegnati in un epico duello, rappresentavano l'incarnazione del bene e del male.

    Il sole aveva finalmente iniziato a riscaldare l'atmosfera togliendole quella patina lugubre che era solita discendere nelle ore notturne, così Shea alzò il viso verso il cielo e chiuse gli occhi prendendosi qualche istante per se stessa. Fu come se il fracasso dei teatranti cessasse d'improvviso. Sentì il battito del suo stesso cuore mentre prendeva un respiro profondo e cercava di calmare la mente. Già si vedeva, al centro del palco, muoversi sinuosamente mentre tra le mani agitava un sonaglio. La pelle era colorata e decorata da bellissime squame, gli occhi cerchiati di nero e sulle palpebre due linee verticali che fingevano di essere le pupille di un rettile, i capelli perfettamente acconciati sulla testa in una sontuosa coda di cavallo...
    Quando tornò in se, il presente la invase con così tanta prepotenza che si trattenne a stento dal sussultare. Risate, voci che intonavano un canto, corpi che si riscaldavano per una danza... più si guardava attorno più era facile rimanere sopraffatti da tanto chiasso. Prese un altro respiro, mise le mani all'interno della scollatura e strizzò il seno spingendone la carne dal basso verso l'alto, un trucco per renderlo più gonfio e visibile all'interno del vestito. Pettinò alla bene e meglio i capelli e, con un ampio sorriso, si avviò con passo deciso verso il centro del cortile.

    <<Andiamo, andiamo! Cerchiamo di darci una mossa, va bene?>>



    Vogan, l'uomo che dirigeva il teatrino e che aveva attualmente il potere decisionale, alzò la voce facendo tacere i presenti.

    <<Chi vuole candidarsi come protagonista si faccia avanti. I provini partono ora!>>



    Shea schiarì la voce ed alzò la mano, il sorriso ancora ampio a decorarle le labbra.

    <<Io->>



    Venne subito investita dalla piccola folla di artisti. Si avvicinarono d'improvviso urlando e cercando di farsi notare, sgomitando frenetici e noncuranti di cosa o chi avrebbero travolto al loro passaggio. Era chiaramente una spalla quella che sbatté contro il suo braccio, poi un gomito dritto nel fianco, un ginocchio all'altezza dei reni, un... cos'era quello? Meglio non farsi troppe domande...
    Come un ciocco di legno preda delle correnti venne portata a riva da quel fiume in piena e la sua espressione cambiò drasticamente. La bocca, dapprima sorridente, si tese immediatamente in una linea neutrale e gli occhi, fino a quel momento scintillanti, persero la loro luce e divennero gelidi come il mare d'inverno. Una ciocca di capelli le ricadde davanti al viso e, soffiandola via con una specie di sospiro esasperato, mise le mani sui fianchi e pensò ad un piano.
    Non era certo la prima volta che rischiava di perdere l'occasione di candidarsi come protagonista a causa della prepotenza altrui e Vogan non era certo tipo da curarsi delle ingiustizie. Shea non era forte fisicamente, non aveva mai imparato a combattere e di certo non ne aveva il corpo adatto, ma anni e anni di esperienza in strada avevano richiesto alla sua mente di farsi affilata come una lama. Molte volte nel corso della vita aveva dovuto ricorrere all'astuzia quando gli altri avevano fatto affidamento sulla forza, dunque si allontanò con cautela dalla folla per osservarsi attorno.

    Quando non hai niente ti rendi presto conto che in realtà, con un po' di fantasia, potresti avere tutto. Un pezzo di pane può diventare un banchetto sontuoso, una semplice moneta di rame il tesoro nascosto dei pirati, uno straccio il più bello dei vestiti. A quel punto della vita, Shea si sentiva come se il mondo stesso fosse il suo palcoscenico personale e lei la regista e unica protagonista di quello spettacolo tragicomico. Accanto a Vogan c'era un palchetto, ma chi diceva che bisognasse per forza utilizzare quello per la propria esibizione? Andare fuori dagli schemi, non era questa l'essenza stessa dell'arte?
    Con una nuova determinazione, afferrò le gonne e marciò con gran fervore verso una cassa di legno un po' più distante dalla fila di attori. Salì con agilità e vi ci batté i piedi con tutta la forza che aveva.

    <<Ehi!>>



    Gridò. Il suo volto adesso era contorno nell'ira. Lasciò che tutto il risentimento che aveva accumulato negli anni la guidasse in quella performance. Perché non fare il provino per il pavone, che con la sua bellezza e bontà rappresentava il bene, vi chiederete? Perché invece non fare il provino per il serpente, che con il suo ingegno e la sua astuzia era in grado di creare un'immagine così misteriosa e controversa che, in certi momenti, avrebbe portato persino il più puro dei cuori a fare il tifo per lui? avrebbe risposto Shea. Era facile essere ammirati quando avevi ogni carta a tuo favore, meno lo era quando non avevi nient'altro che te stesso. E non era forse più soddisfacente in quel caso guadagnare rispetto?
    Batté i piedi ancora ed iniziò a contorcere il corpo in movimenti languidi e sinuosi.

    <<Io, che ho sempre strisciato nell'ombra in attesa di mettere in atto la mia ultima mossa, oggi affronterò il mio nemico nell'atto finale della nostra guerra! E voi!>> indicò la piccola folla di attori che adesso la guardava attonita <<con i vostri cuori e pensieri corrotti, assisterete al mio trionfo! Oh, patetici piccoli esseri mortali! Così pronti a giudicare me il villano, quando è bastato così poco per farvi passare dalla mia parte! Ah ah ah ah ah!>> risata malvagia, ancora da rivedere, ma non si lasciò scoraggiare e proseguì <<E' stata una vostra scelta! E' solo colpa vostra! Colpa vostra per essere deboli, per cedere non appena un soffio di vento vi sfiora, ma ancor pià deboli quando anzi che ammettere il vostro errore incolpate me, animale corrotto e pieno d'odio, di avervi condotto alla rovina. Lo avete fatto con le vostre mani, ed oggi affonderete insieme a me!>>



    Un sorriso sinistro le si aprì a fior di labbra. Non appena finì il monologo ricominciò a danzare cercando di incantare chi la osservava dal basso.


    <<Questa è la danza mortale del serpente, ammiratemi nell'atto finale! Questa>> agitò la mano come avrebbe fatto con un ventaglio <<è la mia coda velenosa pronta a colpire.>>



    I suoi movimenti si fecero meno sinuosi e sempre più decisi al punto che, più che una danza, sembrò di assistere ad un combattimento. Le braccia si tesero in linee dure e precise fendendo l'aria con estrema efficacia e le gambe, seppur limitate all'interno del perimetro della cassa, accompagnarono con destrezza ogni movimento. Gli occhi erano aperti e fissati su Vogan con una certa sfumatura di sfida.
    Tuttavia, a nessuno piaceva assistere al trionfo del male. Era giunto il momento di perire con onore.
    Fece scattare il busto all'indietro, la testa lasciata mollemente sorretta dal collo, come se fosse stata colpita.

    <<Maledetto!>>

    gridò nella disperazione. Lacrime scintillanti iniziarono ad accumularsi agli angoli degli occhi finché, su quel volto adesso distorto dal dolore, comparvero due scie cristalline a solcarle le guance.
    Strinse forse i pugni fino a che le unghie non lacerarono la pelle sottostante.
    La stessa mano che prima sventolava vittoriosa il "sonaglio" adesso volò al petto, all'altezza del cuore. Si afferrò la veste e, come per magia, una chiazza di sangue iniziò ad allargarsi da sotto il suo palmo.

    Con la voce ancora dipinta da toni furiosi proseguì con il secondo monologo.

    <<Non morirò così facilmente! Il mio corpo sì, potrà perire qua, davanti ai tuoi occhi, ma il mio spirito resterà nei cuori dei corrotti! Sarò una leggenda, il mio nome verrà sussurrato come un malaugurio negli anni a venire perché un'idea, sì, un'idea non potrà mai essere estirpata!>> iniziò piano piano ad accasciarsi a terra. Aveva trattenuto il respiro così che il suo volto, in carenza d'aria, apparisse più pallido ed inscenasse l'imminente morte con ancor più convinzione.

    <<Io non... morirò... mai...>>



    Cadde finalmente a terra e lì vi rimase per diversi secondi.
    Nessuno osò fiatare.
    Attese altri cinque secondi e poi, con un sorriso estatico sulle labbra e le guance ancora rigate di lacrime, guardando Vogan chiese allegra

    <<Allora? Com'è andata?>>



    1869 parole.
    Okay, il personaggio è un po' eccentrico... dunque ecco un provino eccentrico
  10. .

    Capitolo uno: la ragazza con i piedi scalzi



    Cala lentamente il silenzio.
    Le fiammelle tremolanti delle candele si spengono liberando un fumo leggero nell'aria.
    Dal pubblico si sente un colpo di tosse.
    <<Shhhh...>>
    L'attesa incrementa l'atmosfera, estranea dal presente, allontana dal vero, libera le menti e le prepara ad immedesimarsi nel racconto.
    Cos'è reale e cos'è finzione?
    Tutti fremono, oramai il silenzio è totale.
    Una musica leggera sibila dalle ultime fila, tamburelli che ricalcano il battito di un cuore dapprima placido e poi sempre più frenetico.
    Bum bum - bum bum - bum bum bum - bum bumb bum bum bum -
    Silenzio.
    Trattengono il fiato.
    Ed il sipario si apre.

    Una ragazza appare al centro del palco. E' seduta su uno sgabello e canticchia a labbra chiuse una melodia triste. Con le dita pettina i capelli, ha la testa piegata di lato e lo sguardo vuoto. Sembra malinconica, ma la penombra della sala nasconde parte del suo volto.
    D'improvviso ride. E' un suono che sfiora le orecchie come lo scroscio d'un rivolo d'acqua limpida e cristallina, eppure... eppure non ride nessuno.
    Incrementa l'inquietudine.
    Una singola lacrima le scorre sula guancia e le bagna le punte delle dita.

    <<V'era un tempo in cui Rona correva libera per le strade.
    Aveva i piedi scalzi ed il sorriso sulle labbra.
    Molti credevano che fosse folle, uno "spirito libero" che al posto dei sandali portava le ali della sua stessa fantasia. Aveva visitato luoghi magaci e meravigliosi, navigando per mari assieme ai pirati, girovagando nel labirinto al tempo dei costruttori, visto i draghi incendiare intere città, banchettato con i ricchi e pianto con i poveri.
    Rona era bella, di quella bellezza che ti faceva impazzire. Non reagiva mai nel modo in cui era consueto, aveva un talento per sorprendere chi incrociava il suo cammino. Più di una volta era stata vista ingurgitare liquore con i più duri dei marinai e riportarli in spalla ai loro letti, ballare sui tavoli al ritmo di musica dei menestrelli incantando le folle ed incendiando l'atmosfera. La desideravano tutti ma nessuno poteva averla, perché Rona era come un bel sogno: al mattino svaniva lasciandoti con l'amaro in bocca ed un dubbio esistenziale... era stata soltanto l'immaginazione?
    >>


    Si alza di scatto dallo sgabello, è di fronte al pubblico.
    Un raggio di luce le illumina il volto, la sua espressione è cambiata così improvvisamente che ti chiedi se ci fosse mai effettivamente stata la malinconia. E' un'altra lacrima quella che le solca il viso?
    Inarca leggermente un sopracciglio, ha le labbra umide e socchiuse.
    E' sensuale mentre cammina lentamente verso i tavoli.



    <<Marinaio.>> ti sussurra all'orecchio.


    Poggia il piede sullo sgabello avvicinando la coscia al petto. Tiene la gonna tra le mani e la fa volteggiare a ritmo di musica.
    Ammicca.
    Inizia a muovere i fianchi.
    Prende il tuo bicchiere e ne beve un sorso prima di calciarlo via e salire sul tavolo.
    La folla è in delirio, la incita mentre ad occhi chiusi volteggia sulle note della canzone.
    Ti poggia la punta del piede sulla fronte, è scalza.



    <<Ci fu un uomo che provò un giorno a catturarla. "La voglio tutta per me" furono le sua avide parole "quella bellezza in carne ed ossa. Voglio godere di quel viso delicato e di quell'animo così puro, voglio la sua giovinezza e la sua spensierata fantasia" gridò al mondo stringendo forte i pugni.
    Così Rona fu messa in catene.
    >>



    Fa una piroetta e cade sul tavolo. La mani tremanti che afferranno il legno, il corpo inerme ed il volto premuto sulla superficie ruvida. Una cascata di capelli castani le fa da coperta.
    La sala trattiene il fiato. Gli occhi sono sgranati, le bocche spalancate in un muto grido d'orrore. Allunghi la mano per controllare che vada tutto bene quando-
    Alza la testa di scatto.
    Adesso i suoi occhi sembrano nubi in tempesta. Lacrime amare come il veleno accompagnano singhiozzi strazianti e piovono copiose a terra. Le sue spalle tremano mentre le guance si arrossano per lo sforzo di darsi un contegno, eppure non distoglie lo sguardo. Non si vergogna del suo pianto, ti osserva dentro e ti trasmette quella frustrazione che le mangia l'anima. E' disperata.

    <<La sua bellezza iniziò pian piano a svanire. Nessuna ruga le solcava il volto, il suo corpo rimase tonico e piacevole, i suoi sorrisi luminosi ed i piedi ancora scalzi... ma qualcosa di fondamentare si era rotto.
    E quando Rona ballava sulle note di una canzone allegra, i suoi movimenti esembravano delle caricature.
    >>


    Si esibisce nella parodia di una danza. Adesso sorride e piange, piange e sorride, singhiozza, urla.

    <<Perché?
    Perché dovete sempre rovinare tutto?
    Vedete qualcosa di bello e deve essere vostro. Ma cos'è la bellezza per voi?
    Per Rona era la libertà e con le vostre avide mani gliel'avete rubata!
    >>



    Fa gli ultimi movimenti strazianti.
    Adesso è sgraziata, grottesca, quasi spaventosa.
    Si ferma, cessa la musica, il silenzio è assordante.

    <<E pensare che era scalza perché non aveva i soldi per comprarsi dei sandali.>>



    Ride, ride a crepapelle.


    Il sipario si chiude.


    Lo so che è strana ma ho cercato di inscenare uno spettacolo teatrale.
  11. .
    Scheda pg
    Nei pressi del labirinto
    Shea
    Jaqq'r (addestratore spia)


    Il labirinto si estendeva a perdita d'occhio sotto le lugubri luci del crepuscolo, un intricato dedalo di strade costeggiate da folti cespugli alti quanto muri che si avviluppavano su loro stesse come a voler proteggere gelosamente un segreto. Un vento lieve sibilava di tanto in santo come la coda di un serpente ed accompagnava i lamenti del vecchio pazzo che tutti chiamavano il "Curioso", conferendo all'atmosfera un sapore ancor più inquietante.
    Le si accapponò la pelle.
    Nessuno ha mai saputo veramente perché i costruttori di labirinti li avessero edificati anni e anni orsono. Giovani, vecchi, uomini e donne nel corso del tempo provarono a risolvere il mistero, eppure la conclusione che ne trassero fu che non v'era alcuna testimonianza scritta e che tutte le leggende a riguardo potevano essere bollate come inaffidabili.

    Shea giocherellò con il pezzo di carta che aveva nascosto prudentemente nella manica sinistra del vestito e si chiese se quel vecchio pazzo poi così pazzo non era. Pensò alle storie che aveva sentito per le strade, quelle di giovani fanciulli e fanciulle che per provare il loro coraggio si erano avventurati nel labirinto e non ne avevano mai più fatto ritorno, di esploratori che dopo anni di spedizioni ancora non avevano raggiunto il cuore di quella struttura così vasta e, per un attimo, si chiese se forse con quell'opera non avessero voluto far altro che rispecchiare l'animo umano. Si sentì improvvisamente ella stessa un labirinto, fatta di strade tortuose e scolpite a fatica, strade buie che nessuno sarebbe mai riuscito a percorrere nella loro interezza. Cosa si nascondeva al centro di tutto? Chi era veramente Shea, spogliata di quei cespugli fitti?
    Interruppe i pensieri prima di soccombere alla malinconia e si concentrò sul compito che le era stato affidato. Il pezzo di carta con il messaggio cifrato sembrò subito più pesante, quasi caldo a contatto con la sua pelle. Prese un respiro profondo ed attese Jaqq'r. Non aveva osato provare a decifrarne il contenuto ma era curiosa, tremendamente curiosa. "Sapere è potere" aveva detto un qualche profeta di strada ubriaco o accecato dalla fame, parole che però l'avevano colpita nel profondo con la loro semplice verità.

    <<Vedo una ragazza che guarda il labirinto.>>

    La voce giunse inaspettata alle sue spalle. La costruzione della frase rimandava all'antico culto di Boash, una forma utilizzata oramai soltanto dai nostalgici o da chi abitava gli alti borghi. Si prese qualche attimo per pensare a come rispondere finché non decise di restare fedele alle proprie umili origini.

    <<E' una struttura...>> cercò le parole giuste, ma il suo lessico risultò come al solito limitato.

    <<Imponente.>>

    Shea schioccò la lingua contro il palato mentre accennava un sorriso e portava i pugni sui fianchi ed annuiva con vigore. Si girò verso Jaqq'r con fare esuberante mentre ripeteva a bassa voce la parola "imponente". Suonava bene, le piacque molto.

    <<Proprio così, imponente. Mi fa pensare.>>

    <<E a cosa pensa la ragazza?>>

    <<A cosa c'è al centro di tutto.>>

    <<E cosa fa se non le piace la risposta?>>

    Shea corrugò le sopracciglia profondamente turbata da quella domanda. Esitò qualche secondo di troppo e perse l'occasione di rispondere.

    <<Mi hanno detto che una ragazza ha un messaggio per Jaqq'r.>>

    Annuì ed afferrò il foglietto accuratamente ripiegato. Lo strinse per qualche istante tra le dita, quasi restia a consegnare quel piccolo frammento di potere. L'uomo piegò incuriosito la testa di lato e la studiò con estrema cautela.

    <<Cosa dice?>>

    Shea alzò le spalle mentre stringeva la lingua trai denti.

    <<Non lo so, non l'ho letto.>> rispose spensierata e con un lieve accenno di divertimento.

    <<Una ragazza non è curiosa?>>

    <<Una ragazza è molto curiosa, ma ci tiene anche molto alla sua pelle.>> ribatté sincera.

    <<Leggilo per me.>>

    <<Io?>>

    Jaqq'r annuì.

    <<D'accordo...>> disse perplessa. <<Dunque...>> Aprì lentamente il foglio e lo studiò con attenzione.
    CITAZIONE
    Kgvo Aaaa

    Ripensò a quello che le aveva detto Gornak, al metodo additivo utilizzando la parola chiave: Shea. Ebbe improvvisamente bisogno di qualcosa su cui scrivere... si guardò attorno e decise che il terreno sarebbe stato più che sufficiente. Si chinò ed inizio ad incidere col dito sul fondo polveroso.

    CITAZIONE
    K --> 10 + S --> 18 = 28 - 26 = 2 --> C
    8 - 7 = 1 B --> 1 + H --> 7 = 8 --> I
    V --> 21 + 5 = 26 --> A
    14 --> O + A --> 0 --> O

    AAAA + SHEA --> SHEA

    Ciao Shea

    Sorpresa scoppiò a ridere, prima gonfiando le guance nel tentativo di trattenere il fiato e poi lasciandosi andare proprio di gusto.

    <<Lo sapevi non è vero?>>

    Jaqq's sorrise impercettibilmente senza rispondere.

    <<Ci ha messo troppo tempo questa ragazza, dovrà esercitarsi di più.>>

    Le allungò un altro pezzo di carta, questa volta da cifrare, spiegandole che la chiave era sottrarre 3 e mettre * nel caso in cui la lettera fosse A. Vi era scritto un semplice luogo, "Kraken", una delle poche locande presenti sull'Isola.

    CITAZIONE
    K --> 10-3=7
    R --> 17-3=14
    A --> *
    K --> 10-3=7
    E --> 4-3=1
    N --> 13-3=10

    7 14 * 7 1 10

    Non appena finì di cifrare, alzò lo sguardo e Jaqq'r era già andato.
    Silenziosamente si alzò e s'incamminò alla ricerca di Gornak.


    Requisiti : Intrigo 6, Criptografia 1
    Ricompense : Criptografia 2, 7 punti esperienza

    Parole: 873
    Tratto spia --> +25% pe
    Addestramento con +5 pe bonus 2/20
  12. .
    Locanda Sottocoperta
    Oste
    Shea
    Addestratore (Gornack)

    L'add vero e proprio inizia nella terza parte, prima ho solo dato il contesto.


    <<E adesso, Signore e Signori>> barcollando, l?oste portò il boccale in alto. Con una mano intimò i clienti al silenzio mentre nell?altra il liquido strabordò scivolandogli lentamente tra le dita. Corrucciato, ne portò una alla bocca e succhiò via l?alcol <<assisterete allo spettacolo degli spettacoli!>> disse, o almeno queste parvero le parole biascicate attorno al dito grassoccio che ancora aveva trai denti.
    Lo tirò via con un sonoro *pop* e mostrò il sorriso consunto al pubblico. Poi, grasse risate ed un altro sorso di liquore dopo, pulì i baffi con il dorso della mano e facendo ballare le sopracciglia continuò <<Diamo inizio alle danze!>>

    Una musica ritmata si inserì nel fracasso sovrastando lentamente le ultime tracce di ilarità del presentatore improvvisato.
    L?uomo tornò barcollante dietro al bancone e gli applausi scrosciarono fragorosi. Era peculiare assistere all?ebbra eccitazione dei presenti che, ogni sera, si riunivano in quel luogo per bere e conversare e, ogni sera, assistere al consueto spettacolo. L?entusiasmo non scemava mai. Forse quel gioire delle piccole cose che, seppur ripetitive, offrivano un attimo di svago a menti e corpi stanchi era tipico dei luoghi in cui non esistevano altro che fatica e stenti, o forse i marinai avevano soltanto bevuto un bicchiere di troppo e mangiato un boccone di meno. L?unica certezza era che al Sottocoperta Shea aveva sempre trovato spazio per racimolare qualche attenzione.

    Scrutò la folla alzandosi sulle punte dei piedi. Volti sferzati dal sole e dal vento l?accolsero come una calda coperta nelle notti invernali, le grida sguaiate e gli applausi scoordinati le incendiarono il sangue come il più potente degli afrodisiaci.
    Sistemò lo scollo del vestito e ne lisciò le gonne, si mise a testa in giù e passò energicamente le mani trai capelli per donar loro volume, poi fece passare qualche secondo in più così che il sangue potesse affluirle alle guance e renderle più rosse. Morse le labbra, le fece vibrare tra loro, sorrise e si imbronciò un paio di volte, prese un respiro profondo e? azione!
    Come al solito entrò a testa alta e con un passo leggero che sfidava il ritmo dei tamburelli. Con la bocca atteggiata in un sorriso audace osservò uno per uno gli uomini che, agitandosi sugli sgabelli con fare più o meno sgraziato, avevano concentrato su di lei tutta la loro attenzione. Se era fortunata, a fine esibizione avrebbe guadagnato qualcosa: dei soldi, del sesso, delle informazioni? solitamente non aveva forti preferenze a riguardo.

    Modulò la voce in modo tale da renderla più grave ed accattivante mentre ancora avanzava verso il centro del salone.

    <<In un tempo lontano
    una ragazza ed un ragazzo, mano nella mano,
    si avventurarono di notte nei pressi del labirinto
    ignorando completamente i segnali che il loro istinto
    aveva inviato loro per cercar di dissuadere
    il compiersi del fatto che vi sto per raccontare?
    >>

    Fece una piroetta drammatica e si mise fronte al pubblico esagerando le espressioni facciali, ondeggiando adesso da un piede all?altro ed intonando una sorta di litania ipnotica che catturò appieno l?attenzione di chi ancora era distratto. Ed ora che li aveva tutti in pugno potè iniziare il primo atto.

    ~~~



    <<Qualcosa da bere per favore>>

    L?uomo dietro il bancone si gettò un canovaccio sulla spalla e le fece l?occhiolino mettendosi subito all?opera. Shea scostò i capelli dal collo sudato e, adagiando la schiena al bancone, prese un profondo respiro assaporando l?odore di mare, di uomo, alcool e sudore. Non era piacevole ma era casa.
    Sentì qualcosa cambiare nell?aria attorno a lei: un movimento impercettibile, la sensazione d?un paio d?occhi che le bucavano la nuca. Rimase immobile a fissare l?oste quando qualcuno si sedette accanto a lei ed alzò un dito per comunicare all?uomo di raddoppiare l?ordine.
    Una spalla le sfiorò la spalla, un paio di labbra le si accostarono all?orecchio provocandole un brivido lungo la schiena ed una voce bassa le sussurrò un nome.

    <<Jaqq?r>>

    Il respiro le si mozzò in gola. In un attimo fu come se tutto attorno a lei restasse congelato nel tempo. Cessò la musica, le risate, i corpi smisero di ballare e le bocche di bere.
    Deglutì a fatica mentre il cuore partiva al galoppo.
    Finalmente, finalmente le cose si stavano sbloccando dopo anni e anni di tentativi vani. Cercò di ricomporsi facendo appello a tutti gli assi che aveva nella manica, a partire da un profondo respiro tanto silenzioso da risultare impercettibile fino all?inarcare un sopracciglio ostentando una finta indifferenza. Con cautela si voltò di tre quarti sullo sgabello e, ancora senza guardare l?uomo, con un mezzo sorriso accennato agli angoli delle labbra colse la palla al balzo.

    <<Non so chi sia.>>

    Tutti conoscevano Jaqq?r ma in pochi sapevano che per averci a che fare era necessaria la massima discrezione. In posti come quello nulla era fatto alla luce del sole ed i sussurri erano ben più importanti delle parole urlate, o perlomeno così le era parso di capire in tutti quegli anni in cui aveva silenziosamente osservato la vita sotteranea di Lorath. Fingere ignoranza le sembrò l'opzione migliore per ottenere la fiducia dell'interlocutore.
    O almeno così sperava.
    L?uomo, che ad una prima occhiata riconobbe come Gornack Ygothotha, abbassò il mento in un lieve cenno di assenso e non disse nulla mentre l?oste serviva loro le ordinazioni.
    Shea bevve un sorso di coraggio liquido e si preparò per il resto della conversazione.

    <<Ho un messaggio da mandargli, ma per certe... ragioni, non posso rischiare di essere visto in sua compagnia.>> bevve, deglutì e con calma riprese <<Mi chiedevo, perché dunque non utilizzare un messaggero? O una? messaggera>>

    Dopo qualche altro secondo di attesa si voltò completamente verso di lei e le sorrise. Ad un occhio esterno non sarebbe sembrato altro che un uomo che approccia una bella ragazza, che gioca le sue carte nella speranza di concludere la serata tra le lenzuola ruvide di una locanda, ma Shea era ben consapevole che quell'uomo avrebbe potuto stravolgerle la vita in tutt'altro senso, nel bene o nel male. Con una crescente difficoltà a contenere l?emozione, stette anch?ella al gioco piegando la testa di lato ed esponendo il collo elegante con fare sensuale.

    <<Considerami interessata>> arrotolò una ciocca di capelli attorno al dito e rise per mantenere una facciata sporca. Gornack la guardò a lungo, osservandola per davvero, tanto che il sorriso rischiò di morirle sulle labbra.

    <<Cosa sai della crittografia?>>

    Shea scosse la testa senza replicare e bevve un altro sorso dal boccale.

    <<Dovrai imparare le basi per sopravvivere, Shea.>>

    Sorpresa, girò la testa di scatto. Il suo stesso nome sulla bocca Gornack fu come un colpo di frusta in pieno viso. Si sentì improvvisamente vulnerabile, tanto che dovette sbattere le palpebre più volte per dissimulare lo stupore e renderlo più simile ad incredulità.

    <<Sono disposta a tutto>> intonò con finto risentimento, come se la possibilità che l?ignoranza in materia potesse essere per lei un possibile deterrente l?avesse offesa personalmente.

    <<Bene. Vediamoci tra qualche minuto nella stanza numero due.>>

    Lanciò un paio di monete sul bancone e con un cenno del capo salutò l?oste. Bevve d?un fiato l?ultimo sorso di liquore e, dopo aver poggiato con forza il boccale, si incamminò al piano di sopra lasciando Shea ancora una volta con il respiro corto e gli occhi scintillanti di felicità.

    ~~~



    Lisciò la veste e pettinò velocemente i capelli con le dita prima di bussare alla porta. Come in un sogno entrò nella stanza in cui Gornack l?attendeva e, silenziosamente, gli si sedette di fronte.

    <<Non potremo più incontrarci qui, non voglio rischiare che le persone pensino che sei diventata la mia amante.>>

    Shea annuì, era controproducente per tutti.

    <<Ma se vuoi veramente entrare a far parte di tutto questo allora non sarà certo l?unica volta che mi vedrai o che vedrai Jaqq?r. Oggi parleremo di come fare per comunicare i messaggi in maniera sicura. Ripeto, cosa sai di crittografia?>>

    Ancora una volta si ritrovò a scuotere la testa. Come faceva a dirgli che sapeva a malapena leggere o scrivere? Dopo qualche istante non sembrò più necessario. L?espressione di Gornack cambiò impercettibilmente, quel tanto che bastava per rendere ovvio che sì, aveva compreso e che sì, non l'avrebbe giudicata. L?uomo sospirò e roteò un dito nell?aria come alla ricerca delle parole giuste.

    <<Vedilo come un metodo per rendere un messaggio non comprensibile a persone non autorizzate a leggerlo. Mettiamo caso che io volessi avvertire qualcuno di un attacco alla sua persona. Potrei avvicinarlo e dirglielo a voce, certo, ma le parole spesso si perdono nel vento. D'altra parte però, se lo scrivessi non potrei rischiare che qualcuno intercetti e legga il messaggio, capisci?>>

    Shea annuì ed incrociò le gambe mettendosi comoda.

    <<Avremo bisogno di una regola più? matematica, e di una cosiddetta chiave di lettura. Pensala come ad un lucchetto ed una combinazione: il lucchetto lo potrà aprire solo chi è in possesso della chiave giusta. Dunque è così che procederemo: io creerò il messaggio cifrato, tu porterai la chiave al destinatario, lui lo decifrerà e ti riconsegnerà la risposta. Avvicinati.>>

    Gornak estrasse un foglio dalla tasca. All'apparenza le lettere non avevano alcun senso, tanto che Shea aggrottò le sopracciglia e diede la colpa alle sue scarse capacità di lettura.

    <<Questo messaggio è stato crittografato. Ci sono metodi diversi per farlo, uno di questi è ad esempio associare ogni lettera ad un numero ed utilizzare un metodo additivo. Se volessi scrivere il tuo nome, per esempio
    CITAZIONE
    SHEA

    utilizzando la chiave
    CITAZIONE
    AREA

    otterrei
    CITAZIONE
    S --> 18 + A --> 0 = 18 --> S
    H --> 7 + R --> 17 = 24 --> Y
    E --> 4 + E --> 4 = 8 --> U
    A --> 0 + A --> 0 = 0 --> A

    SYUA

    Altre volte invece è possibile utilizzare simboli o aggiungere e moltiplicare sempre la stessa cifra alle lettere... L'importante è che il destinatario abbia la giusta chiave di lettura per poter interpretare il messaggio.
    Ora, esistono diverse tipologie di crittografia ed una di queste è quella simmetrica. In questo caso esiste un'unica chiave sia per cifrare che per decifrare ma, poiché questa deve essere scambiata trai due interlocutori, esiste almeno un momento in cui una terza persona potrebbe impossessarsene durante la trasmissione.
    Se la chiave viene compromessa da una terza persona, questa non solo potrà decifrare tutto il traffico cifrato con quella chiave ma anche produrre dei messaggi falsi o alterare gli originali senza che il destinatario se ne renda conto.
    E' più conveniente dunque utilizzare chiavi diverse per cifrare e per decifrare un messaggio. In questo caso se volessi ricevere un messaggio da Jaqq'r gli manderei tramite te la chiave per crittografarlo ma, una volta fatto, solo io sarò a conoscenza di quella per decifrare.
    >>

    Shea osservò nuovamente il foglio per poi alzare nuovamente gli occhi su Gornack.

    <<Qual è la chiave?>>

    Il Maestro sorrise.

    <<Il tuo nome.>>


    Come scusa per gli addestramenti ho utilizzato quella di passare tra loro informazioni e messaggi sottobanco, quindi fare una sorta di intermediaria. Se c'è qualche fatto che vi interessa mettere in gioco ditemelo che inserisco altrimenti invento cose senza risvolti on game.

    Numero parole: 1803
    Requisiti: Nessuno
    Ricompense: Criptografia 1, 5 punti esperienza base + non so quanti ma è un add primario
  13. .
    Un alito di vento accarezzò le guance di Nadine. Per quanto non odiasse la vita del bordello, era al di fuori di quelle quattro mura che si sentiva veramente se stessa. Per anni aveva osservato i passanti immaginando storie, prendendo i loro gesti ed il loro modo di parlare ed immedesimandosi nelle loro vite, talvolta invidiandole e talvolta prendendosene gioco.
    Quel giorno sarebbe stata un ricco e grasso mercante. L'uomo camminava con il classico passo di chi ha le tasche più pesanti della testa e la bussola morale completamente smagnetizzata. Vestito d'oro, blu elettrico e sfumature di un rosso più intenso del sangue, se ne andava tronfio per le strade di Lys sudando come un maiale. Forse non era abituato al caldo esotico della città o forse la sua pelle non riusciva a trattenere tutto lo sporco che l'uomo aveva dentro, in ogni caso anche se lo avesse perso di vista le sarebbe bastato seguire la scia di gocce salate che lasciava sull'asfalto. Nadine al contrario indossava una semplice tunica bianca e leggera che le frusciava sulle gambe come fosse una carezza. Aveva tentato di imitare l'andatura dell'uomo divaricando un po' i piedi, portando indietro le spalle per sostenere quell'invisibile - e nel suo caso inesistente - peso nelle tasche, lasciando che le braccia ondeggiassero incuranti di chi le passava intorno quasi a voler reclamare anche quello di spazio, ma tutto ciò che ottenne fu soltanto una manciava ti sguardi perplessi. Trattenne l'urgenza di mettere le dita davanti alla bocca e farvi vorticare all'interno la lingua in un chiaro e poco educato gesto di meravigliosa volgarità.
    Non fu semplice.
    Tornando al mercante, lo vide farsi strada tra le botteghe, comprare oggetti preziosi, lodare gli artigiani in un modo così viscido che le accapponò la pelle, asciugarsi la fornte con il retro della mano soffice e vellutata come quella di un bambino. Gli occhi avidi di Nadine mangiarono ogni cosa. Aveva imparato ben presto che il modo migliore per imparare qualcosa era sperimentarla in prima persona e, se avesse voluto avere a che fare seriamente con un certo tipo di clientela, avrebbe dovuto calarsi in tutto e per tutto nel loro mondo. Da cui, quella sorta di pedinamenti che andavano avanti oramai da settimane. Era stata una mendicante, un lavoratore di vetro, un prete rosso, una panettiera, un profumiere, più volte un mercante.
    Ne imitava i gesti e le parole, ma alla fine della giornata... chi era veramente Nadine?

    Scusate, corto e pessimo e anche senza un effettivo senso ma meglio che nessun post.
  14. .
    La tenue luce del tramonto attraversava le ampie finestre della camera, bagnava ogni superficie di un arancio brillante ricordando vagamente la sabbia dorata che riflette la calura del deserto a mezzogiorno. Una vista da togliere il fiato, se solo avesse potuto goderne appieno. Non era raro rimanere affascinati dalla bellezza naturale di Lys, ma di certo lo era distogliere lo sguardo dal sole calante per posarlo avidamente su una figura che, volente o nolente, richiamava a se tutta l'attenzione della stanza. Sotto la potenza penetrante dello sguardo dello schiavo, Nadine si sentì piccola e vulnerabile, incerta al punto che avvertì l'insolito bisogno di muoversi o sgusciare fuori dalla sua stessa pelle. Spostare il peso del corpo da un piede all'altro e torturarsi le dita delle mani strette in grembo, però, non fece altro che suscitare uno sguardo di disapprovazione in quel volto tanto bello quanto stoico. Capì subito che non era quella la reazione più appropriata al contesto, che avrebbe dovuto fare di meglio.
    Si morse una guancia tanto forte da farla quasi sanguinare. Era diventata immediatamente consapevole di quell'infelice scivolone da parte sua ed ancor più consapevole che quel silenzio che si protraeva da fin troppo tempo, aggravato soltanto dall'incessante sfida di sguardi, era stato studiato ad arte per metterla sotto pressione.
    E che stava fallendo.
    Erano passati troppi secondi, minuti o addirittura ore in cui l'unica cosa certa erano stati gli occhi azzurri dell'istruttore nei suoi altrettanto azzurri. Nadine non aveva ricevuto il permesso di interrompere quel gioco, di godere della morte del giorno per far rinascere la sera, di assaporare gli ultimi raggi del sole prima di essere rinchiusa dentro alle camere di un bordello. Non aveva il permesso di essere nervosa, di interrompere l'immobilità del corpo anche solo per portare sollievo ai piedi gonfi e doloranti. Perché si trovava lì? Una domanda semplice, ma che racchiudeva in se significati molto più ampi per Nadine.

    Tutti gli schiavi, prima di essere venduti al miglior offerente, dovevano imparare a comportarsi rispettabilmente dinnanzi ai Signori più potenti del continente. Chinare con sottomissione la testa quando richiesto o assumere un atteggiamento di educata sfida se necessario, baciare il terreno dove un padrone camminava o sputare su quello dei più insignificanti, era tutta una questione di recitare una commedia. Un contatto visivo, una stretta di mano, un inchino galante, niente era mai lasciato al caso e, mentre la sua mente era lasciata libera si mangiarsi viva in quel lugubre silenzio, Nadine non poté far altro che soccombere allo scorrere del tempo. Cosa voleva provare questa volta il suo istruttore? Per quanto tempo sarebbe stata in grado di tenere a freno la lingua? Quanto prima che le gambe cedessero sotto il peso di un corpo così giovane eppure schiacciato a terra dal peso della vita stessa?
    No, convenne più tardi ti sta insegnando la pazienza.
    Una virtù in possesso di pochi e richiesta da molti. Doveva imparare, e doveva farlo in fretta, che il suo tempo non era veramente suo e che mai lo sarebbe stato, che se un padrone decideva di sprecarlo in silenzio osservandola negli occhi allora lei sarebbe rimasta lì, immobile e splendida, come una statua a farsi ammirare. Fu proprio quella realizzazione, il fatto di non avere scelta e di essere sollevata dal peso delle proprie decisioni, a porre la sua mente in un vero e proprio stato di pace e rassegnazione. Non doveva fare altro che essere, esistere in un mondo che non era reale bensì la fantasia di un uomo, donna, o chiunque l'avrebbe posseduta nel prossimo futuro, senza aspettative o scelte difficili che avrebbero cambiato il corso stesso della sua vita. Che non era realmente sua.

    Mentre sentiva tutta la tensione lasciare lentamente il suo corpo e la mente quietarsi fino a che nelle sue orecchie non risuonò che la piacevole melodia del silenzio, vide l'espressione dello schiavo cambiare da stoica a soddisfatta. Non seppe mai cosa lesse sul suo volto o nel linguaggio del corpo, ma l'istruttore si alzò con tutta l'eleganza possibile e richiesta ad un servo di tale livello e le si avvicinò con un sorrivo benevolo a fior di labbra. L'aveva resa morbida creta pronta per essere modellata nella sua forma più splendente soltanto con uno sguardo ed una bocca testardamente serrata. L'aveva spogliata di tutto, mettendola a nudo pur avendo addosso ancora i vestiti, lavandole via di dosso tutte le ansie e le preoccupazioni di una vita difficile.
    Perché la vita, da quel momento in poi, non le sembrò più così tanto sua.
    Un pensiero terrificante tanto quanto rincuorante.
    No si corresse allora, non è la pazienza che ti sta insegnando, è l'obbedienza.
    Adesso che era pronta ad imparare, alzò quegli occhi svuotati di tutto sul viso dello schiavo.

    << Sei una visione così vuota e compiacente, Nadine. Ti ho sempre detto che il fuoco che brilla nel tuo sguardo non ti avrebbe portata da nessuna parte se non ad una morte prematura. >>

    Alzò una mano callosa e mascolina fino a carezzarle una guancia e lei vi si poggiò docile, godendo di quel breve ed intimo contatto umano come un assetato gode anche del più misero rivolo d'acqua.

    << Accetta di essere proprietà di qualcuno. >>

    L'aveva accettato già da tempo, o almeno così pensava, eppure lì di fronte a quell'uomo impossibilmente bello si ritrovò ad indagare sulla veridicità delle sue stesse convinzioni. Ma era stanca di pensare, stanca di conversare con se stessa così come lo era di stare in piedi in silenzio. Se mostrarsi un semplice involucro di carne ed ossa avrebbe fatto concludere quella giornata, allora sarebbe stata un involucro di carne ed ossa.
    Sospirò e poggiò la sua mano più piccola e delicata su quella di lui. La strinse, la girò, si portò il palmo alle labbra, lo baciò con reverenza.
    Sono tua gli disse con quei baci leggeri come piume Sono tua, fammi solo smettere di essere me. Erano pensieri incoerenti? Non lo sapeva, non voleva ragionarci troppo.

    Sentì delle dita stringerle il mento, alzarle la testa e di nuovo si trovò a specchiarsi in quelle iridi color del mare.

    << Fai un bell'inchino Nadine. >>

    E lei lo fece.
    Piegò la testa verso il basso, lo sguardo puntato a terra che non osava offendere in alcun modo chi le stava davanti. Le mani scorseso sul fianchi carezzando un vestito sottile e morbido, afferrandone i lembi tra pollice ed indice, discostandolo dalle cosce quanto bastava per allargare e braccia nel modo più consono. Portò poi il piede destro dietro al sinistro in un movimento fluido e grazioso, poggiato a terra ma senza sostenere il grosso del suo peso corporeo. Piegò le ginocchia verso l'esterno, la schiena dritta ed il sedere in dentro, chiudendo così quel gesto di saluto dei confronti di un superiore.
    Uno, due, tre, si alzò.

    << Ancora. >>

    Lo fece di nuovo, poi di nuovo, e poi di nuovo fino a quando non le tremarono le gambe.
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