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    Josephine Mallister Nord - Barrowlands 16 febbraio 286 Mattino - Sereno Città delle Tombe - Sala delle Udienze


    ∼ Above the rest ∼


    C
    on dignità ed austera solennità Lord Jason s’era accomodato al tavolo delle trattative di fronte al Lord di Dito della Silice, che aveva mostrato poco calore nelle parole rivolte a Lady Josephine Mallister. Il sussurro paterno, ancor prima di accedere all’imponente ed illuminata Sala delle Udienze di Barrowton, aveva relegato l’animo della fanciulla di Seagard in uno stato di apprensione e somma preoccupazione per le sorti dei confini. Forse Lord Jason Mallister, sperimentata l’assenza della “Perla di Seagard” per diversi pleniluni per via del viaggio diplomatico a Grande Inverno, s’era ammorbidito nei confronti della figlia mostrandole affetto e considerazione di cui era spesso priva fin dal primo vagito. O semplicemente non desiderava perdere un orpello così prezioso ed ambito della sua corte, una vera risorsa in termini di alleanze soprattutto con il sacro vincolo matrimoniale. Eppure qualcosa nei severi e giusti occhi del padre, la spingeva a credere in reale affetto e preoccupazione per le sue sorti al Nord. La tempestività con cui erano stati condotti alla Sala delle Udienze, per non alimentare ulteriormente il malcontento del Lord di Dito della Silice, non avevano permesso alla fanciulla di Seagard di aggiornare il nobile padre sui difficili giorni che aveva vissuto nelle Barrowlands. A partire dalla difficile traversata delle desolate e pericolose colline, fino all’arresto forzato del peregrinaggio a Città delle Tombe. In entrambi i casi s’era sentita minacciata prima dal tentato rapimento da parte di ribelli e poi dalla velata prigionia al Palazzo Dustin. Pensava di poter avere un po' di tempo da trascorrere con il padre, ed invece Lord Dustin aveva negato loro quel privilegio per via di impellenti questioni da redimere al tavolo in maniera piuttosto tempestina.

    Composta, dignitosa e seriosa. Lanciò timide occhiate ai presenti, senza rivolgere lo sguardo con insistenza o imprudenza. Pietrificata sulla sua seduta, assumeva la posa più dignitosa ed aggraziata che poteva. Schiena dritta, mento alto e mani intrecciate davanti al grembo. Si sentiva così piccola, fuori posto, a dover presenziare in un tavolo di trattative così importante. Nessuno l’aveva educata per essere una buona diplomatica, ma le era stata richiesta buona etichetta ed ubbidienza fin dal primo vagito. In quei momenti di silenzio, dove le occhiate fiammeggianti dei Lord facevano clamore più di mille uomini sul campo di battaglia, si chiedeva davvero se fosse stata all’altezza del compito a cui era stata chiamata. Aveva promesso a Lady Vidya di concretizzare le aspirazioni di pace e serenità, sussurrando nelle orecchie degli uomini parole di pace e sanando le vecchie ferite. Si ritrovò ad accogliere con grazia il sorriso della Bolton, senza però riuscire ad esser troppo convincente e dissimulando i mille conflitti che agitavano l’animo. E se Lord Jason fosse davvero colpevole? E se Lord Dustin avesse dirottato le pacifiche trattative in una condanna verso i Mallister? E se Lord Flint fosse stato troppo iracondo da poter sentir le ragioni dei Mallister? Troppi pensieri affollavano la mente della Mallister, senza più riuscire a redimerli con calma e razionalità. Il cuore le martellava nel petto, soprattutto dopo aver ricevuto parole gelide dallo stesso Lord che l’aveva accolta con gaudio ed onori a Dito della Silice poco tempo prima. Sembrava che avesse dimenticato tutto, perfino il buon contegno e la dignità richiesta ad un nobiluomo. Qualcosa era pronto ad esplodere e lo sguardo chiaro della Mallister si soffermava con prudenza su ognuno dei convitati al tavolo.

    Le nocche sbiancarono e le interiora si contorcevano per l’apprensione. Vittima delle emozioni provava in ogni modo a mantenere il dignitoso contegno e un aggraziato sorriso a fior di labbra per distendere la tensione che già si respirava al tavolo. Probabilmente anche Lord Jason aveva compreso il rancore che i popoli di confine nutrivano per l’Aquila Argentea, per via delle incursioni degli Eretici di Illyria Targaryen, per questo s’era premurato di affidare la vita della figlia nelle mani di Ser Willas qualora le trattative sarebbero saltate. E se c’era della colpevolezza nell’Aquila? Si rifiutò di contemplare una simile opzione. I Mallister provenivano da una fiera e nobile discendenza di Re del Tridente, così fedeli e fieri da non poter contemplare la slealtà o l’ambiguità. Anche se molti al Nord consideravano il tradimento dei Tully in favore di Lord Caleb Stark un’astuta alleanza di sopravvivenza pur di non sedere tra le file dei vinti. Maldicenze a cui Lady Josephine Mallister non aveva mai prestato ascolto. Nonostante i sussurri o il brusio di sottofondo aveva sempre avanzato a mento alto e con dignità in ogni sala senza guardarsi mai indietro, servita e riverita dalla servitù dei più importanti Castelli del Nord e facendo sfoggio di somma eleganza e buon costume presso le corti al di là dell’Incollatura. Proprio come il motto recitava, un’Aquila non poteva guardarsi di chi non era capace di spiegare le ali.

    Sotto lo stendardo dei Dustin e con il benestare di Casa Stark, di cui Lady Elysa Flint-Stark ne era l’unica rappresentante presente sul territorio del Lupo, le trattative iniziarono. La fanciulla chinò appena il capo per render omaggio alla volontà di Lady Madre di Grande Inverno, che seppur lontana grazie alla giustizia dei Dustin e la supervisione della Bolton, avrebbe finalmente messo a tacere la “grande questione”. Ormai da diverse settimane non si mormorava d’altro tra i corridoi del Palazzo e senza dubbio anche in qualsiasi altro castello del Nord. La pace e la serenità del Nord interessava un po' ogni Lord del grande e gelato feudo del Lupo. Il Branco stava vivendo un periodo di forte instabilità, non solo religiosa ma anche politica per l’assenza del Lord Protettore. Il giovane Lupo non era ancora tornato in terra natia, venendo meno ai propri doveri e oberando di responsabilità la Lady Madre. - Sia fatta la volontà della Signora… - Mormorò in eco alle inorgoglite parole di Lord Dustin, per omaggiare Lady Elysa Flint-Stark in apertura al tavolo delle trattative. - … E dei Nuovi e Antichi Dei. - Un debole sussurro pur di non interrompere il solenne discorso del Lord di Città delle Tombe. Eppure una impellente necessità per la Mallister affinché i Nuovi ed i Vecchi Dei fossero testimoni della giustizia terrena. Senza ombra di dubbio i suoi pensieri e suppliche erano rivolte al Primo Volto del Divino, il Padre, affinché ogni uomo e donna presente al tavolo fosse ispirato dai sacri valori di equità e giustizia. Ogni rancore personale o pregiudizio andava accantonato per scorgere la verità nella menzogna, e punire gli ingiusti ricompensando i giusti. E solo il Sommo Padre poteva guidare le parole ed illuminare le menti dei mortali, affinché la Sacra Luce della Giustizia potesse debellare le ombre dell’ingiustizia. A volte i tribunali mortali erano così fallaci rispetto a quello celestiale, quando ogni uomo o donna sarebbe stato chiamato a render conto dei propri peccati alle porte dei Sette Cieli. Un’utopia, per via degli scritti che aveva letto grazie a Septon Edmund a Seagard sull’amministrazione della giustizia di corte, in molti casi. Ma la Fede di Lady Josephine era ferrea, e con passione e caritatevole fedeltà sperava che quella fredda apparenza potesse tramutarsi in sincera amicizia.

    La fanciulla di Seagard era ben conscia dei disordini al confine, anche perché un gruppo di ribelli delle Barrowlands aveva avuto l’ardire di provare a rapirla per poter chiedere un riscatto o far cedere l’orgogliosa Aquila sulle sue pretese sulle coste. Disordini che s’erano tramutati in veri e propri scontri armati, rilasciando sui cadaveri gli stemmi dell’Aquila Argentea in modo da rendere inequivocabile la responsabilità di un simile scempio. Una trappola ben architettata, a giudizio di Lady Josephine, pur di creare distanza e diffidenza tra alleati. Un modo per gli Eretici di Illyria Targaryen per penetrare nel freddo ed orgoglioso branco del Lupo. La stessa Mallister aveva versato amare lacrime di fronte al dolore e alla disperazione dei ribelli, reputando comunque giusta la punizione che Lord Dustin avrebbe riservato ai traditori. Scavalcare le autorità era come sovvertire il naturale ordine del creato, rinnegando implicitamente la supremazia dell’Onnipotente e dell’Onnipresente. Una breccia ancora sanguinolenta che gli adepti dell’Eresia sfruttavano per conquistarsi il favore dei deboli. Perché di fronte ad una perdita e al desiderio di vendetta ogni morale decadeva, soprattutto se impossibilitati a reclamare giustizia al proprio Lord. Non si trattava più di una guerra religiosa, anzi. Non lo era mai stato. La perduta Illyria Targaryen desiderava solo sovvertire l’ordine naturale delle cose, facendo insorgere le comuni genti contro chi aveva promesso di proteggerli e sfamarli. - … - Rabbrividì di fronte al livore del Lord di Dito della Silice. Nonostante la pacata diplomazia dimostrata dall’orgoglioso Lord Seagard, invocando comune sacrificio e libertà di culto in nome delle Leggi della Corona, Lord Donnor Flint vinto dal dolore del suo popolo perse la calma. Del Lord raffinato e distinto che aveva conosciuto a Dito della Silice non riconobbe alcunché, ma solo un uomo sopraffatto dalle emozioni per la sofferenza di un popolo. Seguirono le accuse di Lord Dustin, lasciando cadere in un battito di ciglio la maschera d’imparzialità di cui s’era vestito con il benestare di Lady Madre, e la diplomatica rettifica di Lady Barbrey che avvallava le parole del marito. Nemmeno di fronte a simili illazioni, il padre perse la calma ma ribatté con stoicismo ogni accusa in assenza di chiare ed inequivocabili prove.

    Quando Ser Willas scattò sull’attenti sentendo la morsa del Lupo stringersi intorno alle nobili Aquile, Lady Josephine si sentì in dovere d’intervenire per evitare che l’eccesso di zelo e la fedeltà del Capo della Guardia di Seagard potesse in qualche modo compromettere ogni tentativo di diplomazia. Reputava molto più gravi le illazioni di Lord Flint e Lord Dustin, ma in quel momento mantenere la calma e la lucidità di pensiero era prioritario. Anche di fronte all’ammissione di un tentato rapimento ai danni di un ospite, violando i sacri principi su cui la cultura del Nord si basava. Annuì debolmente alla sagace osservazione di Lady Vidya, che sottolineò quanto la guardia Mallister e la scorta del Nord si fossero adoperate per tenerla al sicuro. - Ser Willas… - Ancor prima di sollevarsi dalla comoda seduta in pregiato legno, appoggiò la piccola e pallida mano sull’avambraccio del valoroso guerriero di Seagard. Una debole stretta per invitarlo a restare al suo posto o peggio non sguainare alcuna lama. - … Non è necessario. Come vedete, siedo al tavolo illesa e priva di ogni costrizione. Il mio corpo è immacolato da alcun segno di violenza, la mia mente libera da qualsiasi vincolo e il mio cuore devoto come sempre ai Sette Dei! - Rivolse un debole sorriso al cavaliere invitandolo con un cenno della mano, la stessa che poco prima lo aveva sfiorato con delicata dolcezza, a rimettersi seduto ed evitare di apparire come una minaccia. Lei stessa permase in quella posizione, leggermente più elevata rispetto agli altri ospiti ma per far rischiarare meglio la voce tra i presenti e non per intimorire alcunché.

    - Ho perdonato. - Proruppe, mentre cercava di schiarirsi la voce inizialmente un po' malferma. - Ho perdonato chi, violando la sacra legge dell’ospitalità e prevaricando la diplomazia con la violenza, ha provato a rapirmi durante il viaggio nelle Barrowlands. - Rivolse uno sguardo verso Lord Dustin, lasciando intendere con grazia e contrita diffidenza, che il reato era stato commesso sotto lo stendardo di Città delle Tombe. - I fuorilegge sono stati catturati dai valorosi uomini della scorta ed affidati alla guardia Dustin in modo da essere processati e puniti secondo la vostra giurisdizione. - Alcun reclamo o pretesa di avere le teste dei banditi, ma la serena accettazione della Legge del Lupo, seppur era stata un’Aquila vittima del pericolo. Una debole allusione a quanto nemmeno un Lord come William Dustin era davvero capace di tener saldo il controllo in quei tempi difficili. Città delle Tombe, come Seagard o qualsiasi altro feudo del Nord, non era esente da disordini o conflitti. E di certo non era l’arrivo dell’Aquila ad aver portato venti di tempesta per via del battito delle sue ali. - Mi chiedo, se durante il piacevole soggiorno a Città delle Tombe o a Dito della Silice, avete in qualche modo dubitato della mia fedeltà verso i Sette Dei. Se in qualche occasione sia stata ambigua o degna dei vostri sospetti… perché la mia fedeltà è lo specchio della fedeltà verso il Divino della mia famiglia e del mio popolo. - Stavolta con decisione, ma senza ombra di veemenza. Anzi s’era accomodata di nuovo sul seggio, ritrovando la statica ed aggraziata posizione che l’aveva fin dal principio contraddistinta. Desiderava essere equiparata agli altri, né superiore e mai inferiore. Rivolse quella velata richiesta, vestita di supplica, verso chi l’aveva accolta tra le proprie mura e osservato con garbo ogni tradizione del Nord senza mai dimenticarsi delle proprie radici. Preferiva rinunciare a qualsiasi cerimonia che potesse in qualche modo mettere in dubbio la propria fedeltà nei Sette Dei, piuttosto che alimentare sospetto o ingiurie. La caducità della sua salute non era sempre una scusante. Rivolse un lungo sguardo a Lord Dustin, Lady Dustin e Lord Flint. Penetrante, non insistente, e senza traccia di supponenza ma solo onestà. - L’Eresia di Illyria s’insinua tra i poveri d’animo. I disordini creano campo fertile per l’Eresia, sovvertendo l’amore con l’odio e la comprensione con la diffidenza. Nessuna Guerra è mai stata combattuta per amor del Credo e ad insegnarcelo ci sono gli scritti della Cittadella. - Nessuna guerra era stata combattuta per Credo religioso, se non affiancato da mire territoriali o il desiderio di annientare nemici comuni. La stessa crociata di Illyria Targaryen ne era un esempio, le cui dottrine s’insinuavano nei cuori dei vinti per poter ribaltare il carretto dei vincitori. - La Fede insegna la comprensione, invoca la pace e promuove il dialogo. Ed è ciò che siamo qui oggi chiamati a fare! - Rammentò i nobili propositi.

    Si concesse una pausa nell’udire le diplomatiche domande che venivano poste a Lord Mallister, in quanto la maggior parte dei presenti credevano nell’arrivo dell’Eresia al Nord dall’Incollatura. Una posizione troppo comoda e forse opportunistica nell’incolpare lo straniero seduto al tavolo. Una reazione di paura, d’irrazionale terrore verso chi professava una fede diversa o venerava altri Dei, che poteva in qualche modo minacciare la ferrea tradizione del Branco. - Ciò che afferma Lady Vidya corrisponde al vero. A Piazza di Torrhen, feudo ben più a Nord di Città delle Tombe e di Dito della Silice, s’è compiuto il miracoloso ravvedimento di un eretico. Cortigiano della corte di Lord Tallhart caduto vittima dei sussurri mefitici di Illyra Targaryen… - Dunque nessun cortigiano proveniente dal Sud o peggio dal feudo dei Mallister. Una sottile allusione che le gelide terre del Meta-Lupo erano diventate campo fertile per l’eresia ancor prima dell’annessione di Seagard. - … Aldric il redento. Se gli illustri Lord e le sagge Lady che siedono a questo tavolo lo ritengono necessario posso chiamarlo al vostro cospetto. - Convenne con un debole sorriso. Per poi sollevare il palmo ed inasprire il tono. - Ma… in nessun modo verrà sottoposto a giudizio. È sotto la mia protezione e la benevolenza dei Sette Dei! - Aldric sarebbe intervenuto al tavolo delle trattative come testimone o possibile fonte d’informazioni e non come imputato. In nessun caso avrebbe tollerato la tortura o situazioni che potessero in qualche modo turbarlo.

    Untitled






    Parole: 2538

    Lady Josephine richiede l'intervento di Aldric per ottenere informazioni sulla diffusione dell'Eresia al Nord.
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    ∼ 7 Febbraio 286 • Sera - Pioggia •
    Barrowlands - Città delle Tombe • Alloggi ospiti ∼


    L
    a missiva per Seagard era partita con il sorgere della nuova alba subito dopo l’approdo della Mallister a Barrowhall. Parole cariche di affetto, prudenza e speranza che solo una figlia poteva dedicare ad un padre, pregando gli Dei per la propria salute e rammentando il vincolo che l’Aquila aveva contratto dopo la battaglia delle Torri Gemelle. In qualità di protettori dei mari dell’Ovest e nuovi alleati di Lord Caleb Stark, i confini all’incollatura andavano protetti dai conflitti che si accendevano come fuochi in ogni villaggio della costa. Una situazione di forte instabilità e profonda incertezza che gettava ombre sull’onore dell’Aquila agli occhi del branco di Lupi, che era già pronto a fiutare pericoli per l’intero Nord. Una dolce supplica da parte dell’adorata figlia, la “Perla più bella di Seagard” come Lord Jason Mallister amava annunciarla presso la sua corte, per costringere il signore del Golfo degli Uomini di Ferro ad abbandonare il seggio per raggiungere lidi ben più a Nord a cui mai s’era spinto. Se era Lady Elisa Flint-Stark a richiederlo non esisteva ragion per cui tergiversare o rimandare la partenza. Nessun’altro Lord, se non il Protettore del Nord, aveva altro ascendente sull’orgoglioso ed imperioso Lord Seagard. Addolcito forse dalla richiesta della figlia, per assicurare tempi migliori e prosperità all’Aquila Argentea presso la corte del Meta-Lupo, Lord Jason non avrebbe esitato a partire per tener fede alle promesse stipulate, sebbene molte fossero ancora disattese dallo stesso Lupo. Non era più tempo di procrastinare, mentre per Lady Josephine Mallister giungeva un lungo tempo d’attesa.

    Barrowhall era come una fredda prigione flagellata dai venti e dalle urla dei defunti. La torre di cui era ospite e dove erano state allestite stanze per lei e la servitù quasi vibrava all’ululato del vento, mentre la pioggia batteva sui vetri e la fiamma lottava con forza per non venir soffocata dai novelli ceppi. La fredda cortesia, il distaccato rispetto e la nota di diffidenza trapelavano da ogni gesto e consuetudine nel palazzo Dustin. Ricambiava con algidi sorrisi e mascherava il dissenso, per la gravosa spada di Damocle che pendeva sulla sua testa, la sua infelice condizione. Costretta a rimandare la partenza con i pellegrini fino al confine, un pellegrinaggio di speranza e riconciliazione per i villaggi tra i domini Flint-Mallister, aveva accettato con riserbo e mestizia il triste destino di essere “ospite” di Lord Dustin. Ogni servitore o cortigiano del Palazzo la trattava con massimo rispetto e gradita cortesia, al pari di un illustre ospite, anche se le differenze culturali e religiose acuivano il disagio che dilagava da tempo tra i villaggi di confine. Aveva istruito la sua piccola corte a vivere con rispetto e riserbo delle proprie tradizioni, senza rinunciare alla sacralità dei sacramenti o alle prediche di Septon Mychael. Aveva ammonito ogni libertà o licenza da parte delle più indisciplinate ancelle, condannandole con severità in caso di mancato ascolto all’invito di prudenza e discrezione. Sebbene nessuno dei Dustin potesse vietarle di professare il proprio Credo, secondo la Legge Reale in vigore in ogni Feudo del Regno, non desiderava alimentare sospetti o acuire contrasti. Per voce del soldato con più alto grado tra la sua guardia personale, aveva dettato legge sulle milizie che l’accompagnavano in quel viaggio nell’accontentarsi dell’avena più scadente o della volgare birra invece del prelibato vino. In promessa a doni provenienti dalla sua stessa tavola, aveva richiesto inflessibile condotta agli armigeri e non prestare orecchio alle maldicenze che correvano intorno alla loro protetta o a chi seguiva la Vera Fede. Una volta al giorno inviava Septon Mychael per la predica del vespro in modo da ammonirli sulla Divina Provvidenza e ricondurli al gregge dell’Onnipresente senza lasciarsi vincere da sentimenti terreni come la rabbia o la vendetta. Una minima provocazione, accolta con fervore, poteva incendiare gli animi e creare disordini. Desiderava mantenere le apparenze ed essere parte di quella rappresentazione teatrale inscenata da Lord Dustin: Lui fedele vassallo del Nord e lei gradita ospite di Barrowhall. Nutriva torbidi sospetti nei confronti del Lord delle Barrowlands, che aveva quasi imposto con il benestare di Lady Bolton, la fine del pellegrinaggio e la convocazione di un tribunale in casa sua. Velati e gravosi capi d’accusa pendevano non solo su Lord Seagard, ma anche sulla nobile e pia figlia. Eppure per la pace ed il bene comune aveva messo da parte la rabbia e l’orgoglio, reputando la sicurezza dei pellegrini e l’onore dell’Aquila sopra ogni altra cosa. Solo la richiesta di Lady Madre Stark l’aveva convinta a restare a Città delle Tombe, l’unica donna che avesse davvero autorità e giudizio in assenza del Protettore del Nord.

    Le giornate passavano tediose, ancor peggio che a Grande Inverno. A Barrowhall percepiva un’ospitalità forzata, nonostante la gentilezza di Lady Barbrey e Lord William Dustin non mancasse di elogiare le qualità in termini di beltà ed ubbidienza della figlia di Lord Jason Mallister. Dietro la folta barba castana non riusciva a scorgere la sincerità dei sorrisi o negli occhi scuri nemmeno la sincerità delle proprie azioni. Eppure Lady Josephine Mallister aveva imparato a danzare in sua compagnia con leggiadra compostezza, come le era stato insegnato a Seagard da Septa Ysilla, ed osservava con rigore le barbare usanze dei locali a patto che non entrassero in conflitto con la Fede dei Sette Dei. Ospite della corte Dustin riusciva a districarsi tra i finti sorrisi e le occhiate di diffidenza, molto più gravose di quelle ricevute a Grande Inverno, e splendeva come una lucciola in un cielo stellato delicata ed incerta ma capace di coprire perfino il chiarore della luna. Manteneva riserbo, senza intervenire troppo nelle “questioni tra uomini” ed interveniva brevemente solo se richiesta espressamente la sua opinione. La esponeva con grazia e garbo, soppesando le parole ma soprattutto facendo leva sull’accento straniero, fino a marcarlo. Una muta ribellione, sottraendosi a volte ad importanti banchetti o eventi ricreativi al Palazzo per manifestare la sua distanza a simili barbarie senza recar offesa ed inscenando improvvisi malori plausibili per la cagionevole salute. Gli uomini a volte erano così ottusi, di cui Lord William Dustin ne era fiero esponente, che solo le donne ben più acute e sensibili all’ineffabile diventavano una vera minaccia. Eppure mai alcuna scortesia le era stata recata durante il soggiorno a Città delle Tombe, soprattutto da Lady Barbrey abile e loquace consorte di Lord Dustin. Prendeva spesso parola, violando a volte la buona etichetta che il Sud imponeva nella sudditanza del ruolo femminile nella vita di padri, fratelli o mariti. Lady Barbrey era forse un esempio di sfrontata ribellione, anche se la fiducia della fanciulla di Seagard era ben lontana nel riporta in lei. Ben più diffidente e dura era stata la reazione di Lady Amanda Tallhart, la sorella di Lord Tallhart e moglie di Ser Erik Dustin, che a volte le rivolgeva penetranti occhiate ricambiate con sorrisi gentili e di abile mestizia. Tanto più fragile si mostrava, nell’animo e nel corpo, tanto meno appariva una minaccia agli occhi del branco. L’unica nota di letizia e conforto era Lady Vidya Bolton, che accoglieva con gioia nei suoi alloggi e con cui scambiava parole di conforto e sostegno durante i banchetti o le rare battute di caccia, quando il cielo permetteva e le lande gelate non erano flagellate dai venti. Un’alleata, l’unica davvero capace di comprenderla.

    Disciplina, riserbo, riconoscenza e osservanza dei sacramenti. Era ciò che aveva imposto alla piccola corte di cui era a capo nelle terre dei Dustin. Spogliata del potere di cui godeva e dell’alta referenza che s’era guadagnata durante il pellegrinaggio, si ritrovava “prigioniera” di un nobile Casa del Nord nonostante non le fosse impedito alcun movimento o vietato alcuna pratica. Rispettosa con i Dustin e gentile con il popolo aveva imparato ad accettare con pia rassegnazione il proprio destino, affidando il buon giudizio al Padre, il sincero perdono alla Madre, la somma saggezza alla Vecchia, le candide virtù alla Fanciulla, il valoroso coraggio al Guerriero, le quotidiane rinunce al Fabbro e l’incerto futuro allo Sconosciuto. Offriva una preghiera per ogni Divino affinché le fossero donate le sacre virtù nel giorno del giudizio. Tutto sommato, nonostante l’angoscia che provava nel futuro, riusciva a vivere come una nobildonna senza troppe rinunce alla corte dei Dustin. Anzi era lei medesima a saltare qualche banchetto per purificare il corpo o rinunciare ai giochi da tavolo con le altre dame per non cadere nel peccato dell’azzardo o esser vittima del Demone dell’oro. Rifiutava di mutare le proprie abitudini, costernate di rinunce e preghiere, per accrescere il benestare presso la corte dei Dustin. Preferiva esser considerata come una bislacca straniera dagli insoliti costumi e dalla mal pronuncia. Mai troppo vicina ma nemmeno troppo lontana. Bella come la brezza e ineffabile come il vento.

    Nell’ultima settimana Septon Mychael ad ogni preghiera del vespro rievocava nobili esempi di martirio e di come il popolo della Vera Fede era stato messo a dura prova nel corso della storia. Sanguinose ingiustizie, subdole rivolte o insensati massacri in nome della Fede. Con coraggio il Septon condannava fermamente l’eresia Targaryen, facendo vacillare anche il più coraggioso degli animi di fronte alle Sette Punizioni Eterne nei Sette Inferi. Chiunque avesse anche solo dubitato della propria fede, se non nel Dio dai Sette Volti, era invitato alla penitenza immediata e render grazia a Dio per il dono del ravvedimento. Il santo predicatore era sempre più veemente tanto da incutere timore nelle dame da compagnia di Lady Josephine e terrorizzare la servitù che non desiderava trapassare con l’animo macchiato di peccato. Per questo il Septon bandì i dolciumi ed il vino dalla tavola della Lady per sette lunghi giorni ed intensificò le sessioni di preghiera introducendone due in più per raggiungere il numero sacro. Sette penitenze, con sette ore di digiuno. Un percorso di espiazione dei peccati in modo da giungere immacolati di fronte al tribunale del Dio, non quello inscenato da Lord William Dustin.

    ∼ 14 Febbraio 286 • Mattino - Nuvoloso •
    Barrowlands - Città delle Tombe • Colline dei mulini a vento ∼


    Città delle Tombe sorgeva su una pianura brulla e fredda, costeggiata da diverse colline verdeggianti e rocciose. Solo una vegetazione bassa e rada riusciva a prendere piede sulle colline, eternamente flagellate dai venti. Le urla dei defunti, così così chiamate nelle locande della città, si mescolavano con il fischio del vento. Una terra costernata da sepolcri ed antiche catacombe, dove il misticismo incontrava il culto dei morti. Circolavano sinistri racconti intorno alle Barrowlands, ritenute tra le terre più pericolose del Nord insieme al Dono di Brando, dove ormai bruti avevano fissa dimora. Racconti a cui Lady Josephine non prestava orecchio, trincerandosi dietro la propria Fede e reputando ogni manifestazione una suggestione della mente e figlia dalla superstizione. Tra le tediose giornate di pioggia ed i banchetti in onore degli ospiti, la Mallister aveva scorto anche meraviglie nella Città dei defunti. Era un po' come essere murati vivi, nelle proprie stanze e prigionieri di intemperie capricciose e pericolose. Eppure a volte, seppur di rado, il cielo veniva squarciato dai fendenti dell’astro e faceva risplendere di smeraldo le colline vicine.

    Senza troppe difficoltà, a patto che fosse scortata per precauzione dalle milizie Dustin, era riuscita ad ottenere una visita ai grossi mulini a vento che riusciva a scorgere dagli alloggi. Le enormi pale si muovevano sospinte dai venti, macinando grano ed avena fonte di sostentamento del popolo sotto lo stendardo Dustin. Un monopolio tassato per permettere anche al più umile degli artigiani di macinare il grano che s’era guadagnato con l’onesto lavoro. Con rigore ed ordine ogni massaia attendeva il proprio turno, caricandosi i sacchi di iuta alle spalle e sorreggendo i loro bambini. Le grida degli infanti, troppo piccoli anche solo per capire, venivano portate via dal vento. - Se il seme di grano non scende nella terra e non muore, non porta frutto. - Strinse le mani, sotto lo stupore generale della milizia Dustin, di diverse donne in attesa di macinare il proprio grano. Ormai le ancelle erano ben temprate alla misericordia della Mallister, sebbene alcune non vedessero di buon occhio l’eccessiva convivialità con cui si rivolgeva a persone di rango inferiore. Un modo per entrare in empatia con loro, oltre che distribuire elemosina e pane caldo. Quel mattino aveva reclamato con cortesia un cesto di vivimi traboccante di pane caldo in modo da distribuirlo tra i più poveri di Barrowhall. Un gesto di vicinanza per quei popoli costretti a vivere di stenti e sacrifici, non baciati dalla Luce dei Sette Divini e costretti a sopravvivere tra le brulle lande delle Barrowlands. Un modo per manifestare la propria riconoscenza per l’ospitalità ed ingraziarsi il popolo. Un atto sincero, d’amore verso il prossimo.

    Aveva ignorato con garbo e dignità la scorta Dustin, suscitando forse il sospetto in Lord William Dustin di una sua eventuale fuga o un modo per mettersi in contatto con il nobile Mallister di Seagard prima dell’incontro. Mancavano ormai solo pochi giorni all’arrivo di Lord Jason Mallister, stando alle notizie che provenivano dai confini. Pregava ogni giorno affinché il viaggio paterno fosse comodo e privo di pericoli, anche se le Barrowlands non risparmiavano nessuno né amici e né alleati. Invocava il Padre affinché fosse istillata la sacra giustizia nell’animo degli uomini, il Guerriero in modo da tenersi coraggiosa anche di fronte alle più vili accuse e la Vecchia per invocare la somma saggezza e consigliarle il dignitoso silenzio di fronte alle illazioni che udiva ogni giorno tra i corridoi del palazzo. Sebbene i Dustin dominassero su un vasto feudo e potevamo vantare di un seggio raffinato e ben difeso, nulla era paragonabile alle ricchezze di Seagard e all’onore che provava al solo pensiero di ritrovare volti amici. Aveva quasi dimenticato, in quei lunghi mesi, la sensazione di essere al sicuro e di non preoccuparsi troppo di come muoversi o ben ponderare le parole.

    L’uggioso cielo faceva da cornice a quel momento di somma misericordia e felice convivialità. Paradossalmente si sentiva più al sicuro al cospetto di madri con le dita annerite per il raccolto che non in raffinate danze con cortigiani nel Palazzo Dustin. Percepiva verità negli occhi delle donne, cosa che non riusciva a scorgere in chi dimorava nel castello.

    ∼ 16 Febbraio 286 • Mattino - Sereno •
    Barrowlands - Città delle Tombe • Portico d’Ingresso ∼


    La luce del mattino filtrava appena oltre la coltre di nubi. In lontananza uno squarcio nel plumbeo cielo che permetteva alla collina più vicina di risplendere di smeraldo sotto la luce del meriggio. Lady Josephine Mallister affiancava placidamente e mestamente l’imponente figura di Lord Dustin, che aveva deciso di accogliere Lord Seagard senza armi ed in abiti da cerimonia. Una cortesia significativa per un ospite, che era stato invitato al seggio per difendere il proprio onore e ricacciare via ingiuriose accuse. Nonostante tutto il Nord non dimenticava i sacri doveri dell’ospitalità. E la Mallister ne fu grata, per quanto covasse sospetto nei confronti del Lord di Città delle Tombe, e quasi lieta di essere stata coinvolta nell’accoglienza del nobile padre. Nascondeva l’ansia che la corrodeva e le lacrime al solo pensiero di rivedere l’austero sguardo paterno. Si chiedeva se nel viso segnato dalle battaglie di Lord Jason Mallister c’era orgoglio e letizia nel ricongiungersi con la figlia. Attanagliata da mille dubbi, tanto da smorzarle il respiro in petto, si avvicinò per lunghi minuti verso il parapetto in legno del portico d’ingresso. Si trattava di una struttura di recente fattura e capace di accogliere non solo il mercato nei giorni di tempesta ma assicurare un accesso sicuro a Barrowhall. Gli stendardi dell’Aquila Argentea vibravano sotto il dominio dei venti, mentre l’armata scintillante Mallister si avvicinava ai domini dei Dustin.

    Uno squillo di trombe preannunciò l’arrivo del Lord. La guardia Mallister stava attraversando il porticato in legno con passi pesanti e fieri. La voce di Ser Willas, comandante della guardia personale di Lord Jason Mallister, riempì il cuore della fanciulla di gioia e sollievo. Suo padre, uomo accorto e prudente, aveva intrapreso un lungo viaggio da Seagard lasciandosi affiancare dai migliori uomini della guardia. Ser Willas, oltre che maestro d’arme del fratello, serviva fedelmente la famiglia da anni tanto da affiancare il Lord nelle spedizioni militari di massima importanza. Sapere che il cavaliere fosse al fianco del nobile padre sollevava il cuore in pena della fanciulla, sia da pericoli interni che esterni al Palazzo Dustin. Trattenne le lacrime nel ritrovarsi di fronte agli scintillanti elmi della Guardia ed agli stendardi violacei. L’Aquila non le era mai sembrata così maestosa sul vessillo. E suo padre mai così potente e fiero al comando degli armigeri. La lunga barba canuta, il viso sfregiato dalle mille battaglie ed i colori della famiglia impressi sul raffinato velluto. - … - Rimase in silenzio, un passo indietro a Lord Dustin e Ser Erik Dustin, il fratello minore di cui solo ora la fanciulla veniva a conoscenza della presenza. Viso imperturbabile, pallido e delicato nell’incarnato, ed avvolta nel bell’abito che s’era fatta confezionare per l’occasione. Non proferì parola, nemmeno di fronte alle velate provocazioni degli uomini che guerreggiavano ancor prima di sedersi al tavolo delle trattative. Osservante della buona etichetta rimase indietro insieme alle ancelle, adornate con abiti discreti ed orfani di gioielli.

    Aveva scelto per sé il colore del martirio: Il rosso. Si trattava di un abito in caldo velluto con spalline ampie e gonna svasata, non molto lunga tanto da permetterle di cavalcare all’amazzone se avesse voluto. Bottoni d’argento che chiudevano lo stretto e vellutato corpetto, fino a raggiungere la linea dei fianchi dove il tessuto si apriva in un argenteo damascato. Lo stesso damascato che si aggiungeva al corpetto in un essenziale ed elegante coprispalle, che celava almeno in parte il tessuto in velluto. Schiena dritta, mani intrecciate al grembo e capo appena chino per onorare l’arrivo del gradito ospite, mentre si accingeva a rispettare il rituale del Pane e del Sale. Il viso pallido era quasi coperto dal cappello piumato, che le raccoglieva parte della chioma ramata intrappolando le fastidiose ciocche che rischiavano di oscurarle il viso. Meravigliosi boccoli di rame ricadevano morbidamente sulla schiena, seguendo le linee vaporose del corpetto ed il profilo damascato del coprispalle. Un abito a metà tra l’eclettica moda del Sud e l’essenzialità del Nord. Un sibillino messaggio per chiunque avesse posato lo sguardo sulla figlia di Lord Jason Mallister. - Nobile Padre… - Un sussurro appena percettibile, quando l’uomo le accarezzò con parvenza d’affetto la guancia destra. Sprofondò in un leggero ed aggraziato inchino, proprio come Septa Ysilla le aveva insegnato a Seagard. - Ho pregato giorno e notte affinché gli Dei vi portassero a me sano e salvo! - Sciolse l’inchino per afferrare debolmente la mano paterna e baciarne le preziose dita. Un debole gesto d’affetto, non troppo espansivo o invadente, per non creare imbarazzo. - Rendete grazia ai Nuovi ed Antichi Dei. - Scandì con voce cristallina e carica d’emozione. Con un cenno della mano indicò il libro sacro tra le mani di un’ancella, come segno di ospitalità e protezione secondo la tradizione dei Nuovi Dei. Una gentile concessione di Lord Dustin.

    La spilla dell’Aquila a dichiarare la sua assoluta fedeltà, il rosso dell’abito per avvertire le fatiche del martirio e la fragranza delle primule per annunciare l’arrivo della primavera al Nord, lì dove l’inverno sembrava eterno.

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    In accordo con Lord Dustin, Lady Josephine ottiene il permesso di accogliere Lord Seagard secondo le tradizioni del Sud con la Stella a Sette Punte (Il libro sacro) per render grazia al Dio per il sicuro viaggio ed auspicare un lieto soggiorno.

    Cerca di lanciare 3 messaggi a Lord Jason tramite l’abbigliamento:
    1) Abito rosso (Martirio) ma con influenze del Nord (Velluto dei Bolton) in segno di unione;
    2) Spilla Mallister in segno di assoluta fedeltà a Seagard;
    3) Essenza di Primula in segno di cambiamento (Primavera).
  3. .
    Josephine Mallister Nord - Bosco Gennaio 286 Notte - Pioggia


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    A
    ssuefatta dal mistico richiamo, dalla voce che le riscaldava il cuore ed annichiliva il gelo della notte, avanzava verso il tronco del sempreverde. Una debole pioggia cadeva dal cielo, tramutata in lacrime di gelo per via delle basse temperature del Nord. Il Bosco di pini e querce era immerso in un silenzio. Solo il canto della pioggia, il battito del cuore ed il respiro della vita. Caldo respiro che si materializzava a pochi centimetri dalle labbra, mentre il cuore pompava linfa vitale dal petto in ogni angolo del proprio corpo. Avvolta in una pesante pelliccia d’alce, aveva dimenticato dei piedi nudi solleticati dagli aghi di pino e dall’acqua piovana. Prato tramutato in pozzanghere, che dipingevano di fango i piccoli e graziosi piedi della nobildonna. L’orlo della vestaglia era ugualmente intonso di fango, senza però più badare troppo a simili formalità. Septa Ysilla sarebbe di certo svenuta di fronte ad una simile condotta, mostrarsi in vestaglia fuori dalla tenda privata e priva di ogni compagnia femminile. Non si addiceva ad una Lady del proprio rango, oltre che a gettare ombre sulla propria reputazione. Con le ombre notturne si svegliavano demoni e mefiti sussurri. Ladri, stupratori e prostitute uscivano con il chiarore della luna. Chi aveva qualcosa da nascondere. Eppure quel richiamo era così forte, più di chiunque altra cosa. Nessuna preoccupazione, nessun pensiero.

    Sollevata sulle punte ed aggrappatosi con le graziose mani sulla ruvida corteccia dell’albero, si ritrovò di fronte ad una inaspettata beltà. Uno zaffiro incastonato nell’oro, che quasi risplendeva di luce propria. Il viso pallido della fanciulla di Seagard illuminato dalla luce del medaglione. Emanava una luce mistica, sconosciuta. Eppure non si sentiva in alcuno modo minacciata da ciò che non comprendeva. Era cose se lo avesse sempre saputo di essere una predestinata. Alcuna superstizione o credenza popolare poteva adombrare il momento di luce e gaudio che stava vivendo. Lì in un bosco dimenticato dagli Dei. E proprio dove il terreno era meno fertile e l’atmosfera meno favorevole le primule fiorivano. I bucaneve riuscivano perfino a superare la coltre di neve, affondando le proprie radici lì dove la terra gelava. Condizioni insostenibili per molti, ma non per lei. - … - Senza parole si ritrovò di fronte al medaglione. Qualcuno lo aveva lasciato lì e Lady Josephine Mallister non se ne curò. Quasi come se quell’incontro fosse predestinato e stato profetizzato dalla Vecchia in persona, un po' come nelle sacre scritture preannunciò le qualità dei figli di Hugor della Collina. Ad ogni figlio una virtù, consegnata poi dal Guerriero e dal Fabbro. Il Dio dai Sette Volti era stato clemente e magnanimo con lei, distinguendola tra tante per intelletto e virtù. Mai aveva reputato la propria vita priva di significato, anche quando la non curanza paterna provava a sminuirla e farla sentire meno dell’amato fratello Joseth. Mai aveva dubitato del proprio posto nel mondo, visto che le era stato indicato più e più volte. In quanto donna non poteva di certo ambire ad un libero arbitrio, come gli uomini, ma condannata ad un’esistenza di sacrificio ed abnegazione. Nella preghiera e nella devozione aveva trovato la propria dimensione, nonostante non le era stato mai permesso di prendere i voti e dedicare la propria vita al Divino come Septa. Se fosse nata in una famiglia d’umili origini, ultima figlia di un nutrito gruppo, di certo i genitori non avrebbero avuto remore ad abbandonarla davanti ad un convento di Septe per alleggerirsi di un’ulteriore bocca da sfamare. Ma era la figlia di un Lord dei Fiumi, un importante gioiello di scambio per favori ed alleanze.

    Non appena le sue mani sfiorarono il meraviglioso medaglione, si rese conto di essere al cospetto del gioiello più luminoso e desiderabile dei Sette Regni. Non solo la pietra preziosa incastonata al centro brillava di luce propria e le rifiniture in oro puro sembravano non risentire dello scorrere del tempo, ma sette simboli balzarono agli occhi della fanciulla di Seagard. - La sacra bilancia del Padre… - Le dita sfiorarono il simbolo della bilancia, che rappresentava equità e giustizia che il Primo Volto del Divino portava con sé. - L’affilata spada del Guerriero. - Aveva quasi timore di ferirsi nel percorrere con il dito il profilo della lama incastonata nel medaglione, simbolo di forza e coraggio del Terzo Volto del Divino. - Il possente martello del Fabbro… - Le iridi chiare percorsero ammirate le linee del martello del Quinto Volto del Divino, segno di tenacia e duro lavoro. - L’amorevole culla della Madre! - Il viso le si riempì di dolcezza nel riconoscere nel quarto simbolo la misericordia del Secondo Volto del Divino. - Il delicato fiore della Fanciulla… - Le labbra si schiusero in un dolce sorriso quando riconobbe anche l’innocenza del Quarto Volto del Divino incarnato in un delicato bocciolo, un po' come le virtù delle immacolate vergini. - La luminosa lanterna della Vecchia… - Tirò quasi un sospiro di sollievo nel riconoscere il simbolo del Sesto Volto del Dio, che s’incarnava in una ingobbita e saggia vecchia pronta a guidare le anime perdute verso la retta via. - Infine, il solitario teschio dello Sconosciuto. - Il Settimo Volto del Divino era quello che incuteva più timore, tanto che veniva adorato solo da esclusi e reietti. Eppure la morte sopraggiungeva per chiunque, come naturale conclusione di un ciclo e lieto ricongiungimento con il Dio dai Sette Volti. Seppur giovane, fin troppo giovane, guardava quel momento con rassegnata serenità e ringraziava le Sette Divinità per ogni giorno che le era concesso. Non a caso includeva preghiere allo Sconosciuto nelle omelie del vespro, implorando il Dio a concederle un giorno in più per compiere il proprio volere sul piano mortale ed eventualmente accoglierla tra le proprie grazie al momento giusto. Non si trattava di un Dio crudele, ma i disegni divini a volte erano incomprensibili all’umana comprensione.

    I palmi accolsero con stupore il manufatto votivo per il Culto dei Sette Dei. L’oggetto d’oro quasi risplendeva al chiarore delle stelle, la cui luce riusciva a farsi largo tra le nubi cariche di pioggia. Il viso si sollevò proprio verso il cielo, alla ricerca delle Sette Stelle che furono poste sul capo di Hugor nella notte della sua incoronazione. Fu il Padre a comporre una corona di stelle per renderlo Re degli Andali e Capo supremo del Nuovo Culto. E sul cerchio d’oro esterno recavano passi sacri ripresi dagli scritti della Stella a Sette Punte, il testo sacro a cui si rifaceva l’intero culto. Si trattava di una citazione che ben ricordava una fervente credente come Lady Josephine Mallister. Le labbra sfiorarono l’oro del medaglione, lì dove le parole erano incise per rendere omaggio alle sacre scritture. - Così sia. - Mormorò a fior di labbra mentre accoglieva l’oggetto prezioso tra le mani. Nonostante fosse stato lasciato lì per chissà quanto tempo non recava danni o sporcizia. Era come se il tempo non avesse mai intaccato l’oro o la gemma preziosa non aveva perso lucentezza. Gli occhi della nobildonna si riempirono di gioia per la miracolosa e lieta scoperta. Miracolosa in quanto un oggetto sacro ai Sette Dei era quasi impossibile da trovare in un territorio ricolmo di eresia e dominato da divinità che si nascondevano negli alberi. Lieta per essere stata scelta dal Dio dai Sette Volti come custode di un simile oggetto volitivo. Inoltre era pesante, più del previsto. Un peso che la Mallister desiderava portare. Un curioso tintinnio però lasciava intuire che qualcosa albergava all’interno del medaglione. Agitò debolmente l’oggetto sacro per costatare della presenza di qualcosa al suo interno. Non ritrovò levo o fessure su cui applicar pressione e far aprire il medaglione. Esso sembrava sigillato a difesa di un segreto.

    Percorrendo con le dita le estremità del medaglione, lì dove erano presenti i sette simboli per i sette volti della Divinità, si rese conto ben presto che con un minimo di pressione sarebbe riuscita a sollevarli. Ma quale per prima? Un’improvvisa folata divento la privò della cuffia da notte, facendo ricadere i bei capelli ramati sulla pelle d’alce. Scossa da un brivido, che fino a quel momento ignorava, si rannicchiò contro il ruvido tronco. Avvertiva la ruvida superficie del pino raschiare la pelliccia, adagiata sul bagnato prato per offrirle un giaciglio tra le radici al riparo dalle lacrime di pioggia e delle urla del vento. Rannicchiata riaprì i palmi, lì dove custodiva gelosamente il medaglione volitivo. - … - Provò a sollevare con una debole pressione del dito il simbolo della bilancia. Il Padre, il Primo dei Volti.

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    Josephine Mallister Nord - Bosco Gennaio 286 Notte - Pioggia


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    opo le preghiere del vespro ed aver interrotto il digiuno insieme al suo seguito, aveva scelto di sottrarsi alla compagnia dei pellegrini per quella sera perché le caviglie erano troppo gonfie per il cammino e l’incarnato aveva perso vivacità. Era più pallida del solito, destando preoccupazione della corte. Le ancelle le avevano offerto, su indicazione dei preziosi insegnamenti di Maestro Edmund di Seagard, una bevanda ricostituente a base di fiori di lavanda e foglie di tiglio portate ad ebollizione con acqua di sorgente. Menta piperita tagliuzzata per rilasciare l’essenza della pianta nel cristallino infuso e bordo del calice cosparso di melassa per contrastarne l’amaro sapore. Uno stratagemma che Maestro Edmund aveva in serbo per lei, fin da quando era un’infanta e le preoccupazioni dei genitori per la cagionevole salute di Lady Josephine era al centro di discussioni per la corte intera. Restava pur sempre una secondogenita agli occhi dell’austero e severo Lord Jason Mallister, ma era coperta d’amore per quanto possibile da una Lady come Joanna Banefort-Mallister. A Septa Ysilla era affidata l’istruzione della fanciulla di Seagard ed a Maestro Edmund la cura del corpo e della salute. Un pensiero, divenuto quasi ossessione e spesso messo in pericolo dalle inconsuete abitudini della Mallister: flagellarsi con eccessivi digiuni o privarsi della fresca aria mattutina per rintanarsi nella cappella di famiglia. Il corpo era temporaneo, quasi effimero, e l’anima ancora troppo imperfetta per godere della Luce dei Sette Divini. Dopo aver assunto la calda bevanda preparata dalle ancelle, le aveva congedate per conceder loro il meritato riposo. Sulle terre del Nord, desolate e sterili, cadevano ancora lacrime di pioggia fino a tramutare acquitrini in terribili paludi.

    Rimase in solitudine, anche perché l’accampamento di fortuna offriva ben poche attrazioni ed occasioni di divertimento. I balli ed i canti, rare occasioni di distrazione per uno sfortunato convoglio di fedeli, erano stati interrotti a sera inoltrata con l’arrivo della pioggia. Il cielo s’era oscurato, facendo sprofondare l’intero accampamento in un buio ed un silenzio quasi sovrumano. Solo il profumo della pioggia e le urla del vento s’udivano oltre i pesanti tendaggi ed arazzi. In ogni dove, anche alle estreme latitudini Nord oltre l’Incollatura, Lady Josephine Mallister provava a portare qualcosa con sé della sua terra natia oltre ai ricordi ben sigillati nel proprio cuore. Capitava a volte di abbandonare le preghiere perché naufraga della nostalgia. Fingendosi ancora assorta davanti alla Stella a Sette Punte delle assidue e regolari preghiere, nel rispetto di ogni sacramento della Nuova Fede, finiva per ripensare a Seagard ed a tutti i volti amici che non rivedeva da settimane ormai. Perfino l’intransigente e severa Septa Ysilla le mancava, quando condannava lei e le ancelle più giovani a temibili punizioni per mancanza d’attenzione, spesso involontaria, all’etichetta ed al buon gusto. Investita di ulteriori responsabilità, oltre che il comando sulla piccola corte al seguito, si sentiva schiacciata dalle sorti delle terre contese. Una scintilla che aveva fatto già divampare diversi focolai di ribellione, tra gli idolatri della Vecchia Fede ed i giusti devoti della Nuova Fede. Seppur non reputava più la necessità di demonizzare coloro che avevano scelto, arbitrariamente, di rimaner digiuni della Luce dei Sette, pregava ancora per le loro anime. Erano i peccatori a necessitare di più preghiere, per il suffragio delle loro anime.

    In viaggio per il confine, dopo essere stata lieta ospite di Lady Elysa Flint-Stark, era stata investita dell’importante compito di riportare prosperità e serenità tra i territori contesi dell’Incollatura. Appena sopra tali territori, i vecchi adoratori degli Antichi erano in conflitto con i pionieri della Nuova Fede. Uno conflitto non solo religioso, ma anche sociale e politico. Usi e costumi forse troppo diversi, ma grazie a Lady Vidya Bolton aveva forse compreso che la convivenza era possibile, com’era accaduto per innumerevoli secoli prima dell’avvento dell’eretica Lady Illyria Targaryen. L’eresia gettava ombre e diffidenza nel prossimo, tramutando tutto ciò che era diverso o straniero terribilmente sbagliato e pericoloso. La tolleranza non era più possibile, lì dove gli Stark si erano fatti garante dell’integrazione e dell’accoglienza dello straniero fin dall’alba della dinastia. La paura rendeva nemico l’altro uomo, accecando anche le menti più eccelse con i miasmi della superstizione ed i demoniaci sussurri dell’eresia. E la Mallister era stata spedita al confine per sedare una simile rivolta, tramutando la spedizione in una pacifica marcia verso Sud. Un modo per riunire parti ferite e ricongiungere fedeltà tradite. Il freddo Nord sembrava più frammentato di quanto sembrasse, ferito nell’animo dall’invasione dei Bruti, dall’assenza del Protettore ed instabile per l’arrivo di stranieri nelle proprie dimore. Un Lupo non poteva mai diventare Aquila. Un’Aquila non avrebbe mai vestito la pelliccia di un Lupo, rinunciando alla propria livrea.

    Dubbi che tormentavano l’animo della Mallister, fino a privarle del ristoro che meritava. La stanchezza s’era dissolta, perdendosi in labirintici pensieri. Era impossibile dissolvere una simile matassa di pensieri, supposizioni e ragionamenti. Miglio dopo miglio comprendeva che la situazione sul confine e gli echi dell’eresia Targaryen erano più gravi di quanto pensasse. Si chiedeva come la ferrea e sicura Lady Elysa, Lady Madre di Grande Inverno avesse gestito l’emergenza. Senza dubbio con cautela e ricordando ai suoi consanguinei quale fosse la loro lealtà. Ma l’Aquila non poteva di certo appellarsi a vincoli di lealtà o alla giustizia divina, in quanto credeva in altri Dei e si affidava ad altri valori. Prigioniera di simili pensieri, era diventato impossibile riposare. Aveva più e più volte provato a chiudere gli occhi, cercando conforto nell’ancella che quella sera le faceva da compagnia. Non avvertiva nemmeno più il gelo del Nord, abituata ormai a combatterli con pellicce d’orso e mattoni caldi tra le lenzuola. Udiva accanto il ronfare dell’ancella, che non si curava dell’inquietudine della Lady di Seagard. Anch’essa era così stanca, dopo una faticosa marcia tra pozzanghere e ripide colline. L’indomani il cielo del Nord sarebbe stato inclemente e nessuno le assicurava un posto in carrozza, conquistato a fatica tramite sorteggio o meriti. Lady Josephine rimase per lungo tempo a fissare le travi del soffitto e le gocce di pioggia che scivolavano via dai teli resi impermeabili da cere. Provò a richiudere gli occhi, cercando di fissare nella mente il dolce canto dei ruscelli della Terra dei Fiumi o immaginando l’oro dei campi. Un tenue tentativo, anche perché le urla del vento e la pioggia battente facevano da padrone fino a disturbare il suo debole ed inesistente sonno.

    Dopo alcune titubanze mise piede sui tappeti che ricoprivano le umide assi di legno che ricoprivano la bagnata e brulla terra. Senza preoccuparsi troppo del recuperare le calzature, rischiando di rovinarle con il fango che si accumulava all’ingresso della tenda, lasciò che la lunga vestaglia ricadesse sulle nude e pallide gambe fino a sfiorare il pavimento. Le braci erano quasi spente, lanciando un’occhiata di biasimo verso l’ancella che sonnecchiava con malagrazia accanto a sé. Si sollevò fino a compiere qualche passo verso l’ingresso della tenda, ben sigillata da arazzi per evitare che folate di vento potessero turbare il sonno della fanciulla di Seagard. Una quiete sovrumana regnava sull’accampamento. Nessuno era in piedi, per un secondo temette che perfino le sentinelle fossero cadute nel mondo onirico, violando i propri doveri. Era certa però che se si fosse addentrata oltre la radura di cui erano ospiti, in un punto impreciso della Foresta del Lupo, sarebbe riuscito a trovare ancora qualcuno sveglio. Vinta la paura ed il disagio che provava, nell’uscire da sola senza compagnia, si gettò sulle spalle una pesante pelliccia d’alce per proteggersi dal gelo notturno. Erano ben oltre l’ora del Gufo, in quelle ore in cui secondo le credenze popolari era possibile incrociare Demoni o Diavoli sul proprio cammino. Ma Lady Josephine non aveva timore, perché protetta dalla Luce dei Sette Divini. Era la prediletta, così come le era stato insegnato da infanta.

    Ovunque posasse lo sguardo, chiaro come le acque di Seagard, c’erano uomini e donne in riposo. Non osava disturbare il loro sonno, seppur sentiva la bile dell’ira risalirle su per lo stomaco nel venir a conoscenza che chi era di guardia non fosse lì. Una quiete sconcertante, nonostante stessero attraversando terre tutt’altro che pacifiche e prive di pericoli. Si lasciò alle spalle il disappunto per l’assenza di guardie oltre l’ingresso del suo giaciglio notturno, proprio come aveva comandato. L’indomani avrebbe forse convocato il responsabile della Guardia Mallister per manifestare le proprie rimostranze, anche se non lo riteneva abbastanza saggio visto che ciò significava anche denunciare la propria fuga notturna. Le era vietato, o quantomeno fortemente sconsigliato, aggirarsi senza scorta o compagnia per le terre del Nord. In una notte di penombre un assassino o un bandito poteva rapirla con il favore della Luna e le grida d’aiuto coperte dal lamento della pioggia. Con grazia sollevò un lembo della pelliccia sulla chioma ramata, resa bruna per le gocce di pioggia che aveva già assorbito. La criniera ramata lasciata scomposta e priva di diademi, retine o orpelli. Come una fiera e coraggiosa vergine avanzava lungo l’accampamento in cerca di un’uscita. - Uh?!? - Una voce femminile sovrastava con dolcezza il canto della pioggia. Era ferma, decisa e profonda. Si voltò di scatto temendo di aver allertato una delle ancelle, e rischiato un rimprovero ufficiale tramite corvo da Septa Ysilla sulla sua condotta al Nord. Poteva fidarsi, non completamente, delle donne al seguito. Nessuno la seguiva. Ed i fagotti di pellicce e mantelli che ogni tanto incontrava lungo il cammino, riposavano sotto l’occhio e la protezione degli Dei. Ad un certo punto, ricaduta la quiete sulla radura, si chiese se non fosse la stanchezza a sussurrarle voci inesistenti. Si pizzicò la guancia, arrossata per il freddo come la punta del naso che già colava. Non si risvegliò come sperava nel caldo giaciglio della tenda. Era lì, era tutto reale.

    Di nuovo una voce femminile, che proveniva da dentro. - … - Un palpito. Un battito. Un respiro. Una voce. Si trattava della voce dell’anima che le illuminava in quel momento il sentiero. Assuefatta da una simile manifestazione dei Divini, o di forze sovrannaturali che escludevano dalla sua comprensione, non oppose resistenza. Quel fremito che l’aveva costretta ad alzarsi e raggiungere gli alberi ai limiti della radura andava seguito. Era pericoloso? L’anima era squarciata in due. La razionalità le suggeriva di tornare sui suoi passi. Il cuore pulsante e vivo le sussurrava di andare avanti e sfiorare uno degli alberi. Senza rendersene conto si ritrovò davanti ad una conifera, sempreverde ed eterno in ogni stagione. Sfidava con coraggio le gelide nevicate e le fredde piogge del Nord. Rinnovava la propria livrea aghiforme, solleticando appena i piedi della fanciulla di Seagard quando sopraggiunse alle radici dell’albero. Uno squarcio nell’albero, una luce. Qualcosa di prezioso era forse nascosto nel tronco? Era una situazione così surreale, ma le provocava benessere. Non sapeva cosa stava facendo, eppure aveva la certezza di essere nel giusto.

    Allungata la ferma mano, pallida quanto il chiarore di luna, si sollevò sulle punte dei nudi piedi per sbirciare oltre il tronco.

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    L
    a Vecchia.

    Septa Ysilla aveva sfidato una giovane Lady Josephine Mallister a contare il numero di rughe incise sul volto della Vecchia. La statua personificava lo scorrere del tempo, la caducità della vita dei mortali. Con l’abbreviarsi dell’esistenza si allungava la saggezza. Un binomio su cui così tanti teologi e pensatori, contemporanei o antichi, aveva scritto interi trattati. Un modo per giustificare l’esperienza degli anziani al confronto con l’ingenuità dei più giovani. Persa l’innocenza e vissute così tante vite, la terza età si ergeva a difensore della conoscenza e della memoria. La memoria veniva tramandata con storie, aneddoti ma soprattutto con la vita e le aspirazioni delle nuove generazioni. Un continuo rinnovo. Ed in quell’età in cui il trasferimento era alla base dell’esistenza di ogni buon devoto, non si poteva esser privi di saggezza per assicurare solidi precetti ed insegnamenti ai più giovani. Con polso deciso e voce ferma, nonostante l’avanzare del decadimento fisico, riuscivano ad ammaliare le menti più malleabili ed acerbe. Con lo scopo di poter infondere il seme della Saggezza, che sarebbe poi fiorito solo con l’avanzare dell’età. Ricordava quando Septa Ysilla ammirava con letizia il volto stanco e rugoso della Vecchia, il sesto dei Sette Volti del Dio, e sfidava l’infanta a contare le rughe che solcavano il viso per risalirne all’età. La Vecchia non aveva età, impossibile datarla con certezza. Il Dio del tutto possedeva giovinezza e saggezza in un unico spirito. Eppure nella Vecchia rammentava ai mortali quanto fosse importante la caducità della vita, che solo tramite i suoi severi insegnamenti si riusciva a raggiungere la vera illuminazione. La Saggezza, senza ombra di dubbio.

    Le mani ossute della Vecchia, secondo le illustrazioni religiose, sorreggevano malferme una torcia ad olio. Si trattava di una metafora. Solo la vera Saggezza poteva illuminare il cammino dei devoti e dissipare le ombre della perdizione. Eresia, ignoranza e credenze creavano penombra sul sentiero dei fedeli, fino ad indurli in tentazione e creare pericolose trappole. Inciampare nell’Eresia era come deviare percorso ed imboccare un sentiero oscuro e senza ritorno. La superstizione regnava sovrana tra le menti annebbiate dal male. I Demoni sussurravano maldicenze alle loro orecchie, generando divisioni ed ostilità. Era la Saggezza della Vecchia a ricongiungere il gregge verso la luce. Un percorso non privo di pericoli e tentazioni, eppure grazie alla Luce della lanterna ogni credente poteva percorrere con sicurezza la propria strada senza deviazioni.

    Oracolo per fanciulle ed alleato per uomini di cultura. Chiunque avesse bisogno di risposte, interrogandosi sul futuro o sui massimi sistemi dell’universo, si rivolgeva alla Vecchia. Incurvata dall’età e segnata nel viso da così tante primavere, sebbene i suoi occhi fossero ormai privi di luce, riusciva ad orientarsi anche nelle tenebre più oscure della superstizione e del peccato. Le fanciulle interrogavano sul loro futuro nella speranza di intercedere per vantaggiosi matrimoni o per assicurare prosperità alla famiglia. Mentre uomini illuminati cercavano risposte sugli eventi che gravavano intorno alla vita: la caduta di una mela, il motore dei venti oppure la sensibilità degli animali. Ogni forma del creato meritava una risposta, a cui solo la Vecchia sapeva rispondere. Come un oracolo accoglieva gli adepti, che in alcuni mistici culti si concedevano pratiche al limite della sacralità come la Divinazione. Pratiche che il Sommo Septon e la comunità clericale da cui avevano preso le distanze. Eppure nelle regioni più povere e desolate tale tradizione veniva coltivata in gran segreto.

    Non solo la luce della lanterna, ma anche la scia di corvi neri come la notte indicava il cammino ai fedeli. In alcune iconografie sacre la Vecchia veniva rappresentata con uno stormo di corvi appollaiati sulla schiena ingobbita. Una raffigurazione quasi macabra, al pari del Sommo Sconosciuto. Eppure mai messaggio più positivo veniva tramandato con simili iconografie. Erano i corvi, rapaci dalla spiccata intelligenza, a segnalare la retta via con il loro gracchiare. Non solo con la lanterna ma anche con i suoni ed i richiami della natura il Divino riusciva a manifestarsi. Guidare, guidare ed ancora guidare. La Vecchia con amorevole risolutezza prendeva la mano del devoto e lo conduceva verso inaspettati lidi, dove avrebbe finalmente trovato la chiarezza e la felicità.

    Il giorno della Vecchia iniziava con la Cerimonia del Pane, affinché i sacri doveri dell’elemosina e dell’uguaglianza non fossero mai dimenticati né tra nobili e né tra poveri. Infatti i fornai delle città sfornavano pane fresco accolto in cesti di vivimi e burro aromatizzato alle erbe selvatiche. Dopo le benedizioni del Septon, il clero distribuiva il cibo alla popolazione. Non importava a quale ceto sociale si apparteneva. Un tozzo di pane era garantito a tutti. Vecchi, giovani, uomini, bambini, mogli, vergini, nobili o poveri. Non esisteva alcuna distinzione tra l’uno e l’altro. L’uomo diventava commensale e fratello dell’altro uomo. Uno spirito di condivisione che tanto somigliava alla cerimonia del Pane e del Sale del Nord. Uno spirito di convivialità ed accoglienza, per poter dissipare ogni disuguaglianza. La Cerimonia delle Candele veniva celebrata con il crepuscolo, quando tutte le donne e uomini anziani della città donavano una candela al membro più giovane della famiglia. Uno scambio attivo, finalizzato a trasferire consigli e preghiere affinché i giovani potessero ben presto incontrare la luce della Saggezza. Consigli di vita, suggerimenti sulle questioni quotidiane ed opinioni sulle scelte da compiere in futuro. Il tutto per compiacere gli Dei. Ogni anziano supplicava il sesto volto del Dio affinché potesse intercedere per lui sul trasferimento di preziosi insegnamenti e donar senso alla propria esistenza. Perché si trovava tal compimento dell’essenza della vita solo quando si riusciva a tramandare qualcosa a chi sarebbe seguito, diventando immortale nei pensieri degli altri e godendosi l’eternità nella beatitudine dell’Onnipotente ed Onnipresente Dio. Un’esistenza senza trasferimento era vuota, priva di lascito. Un’esistenza vissuta nel buio e nella cecità delle ombre della superstizione e dell’egoismo.

    Ricordava ancora i canti intonati in onore della Vecchia:

    - ‘O Vecchia, non sono più giovane, sano e pieno di energia.
    Le rughe invadono il mio viso, i capelli imbiancano, i dolori aumentano, le forze diminuiscono.
    Aiutami a capire e a vivere questa stagione della vita con serenità e impegno.
    Non prigioniero del passato, ma innamorato del presente, e proteso verso il futuro.
    Verso te. -



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  6. .


    ∼ Above the rest ∼


    I
    l Fabbro.

    Simbolo di forza e vigore. La statua ne ritraeva un uomo possente e dalle mascoline fattezze. L’estrema espressione delle fatiche dei mortali. Senza impegno o sforzo alcuno traguardo non sarebbe mai stato raggiunto. Il divieto dell’accidia, l’ossimoro alla nullafacenza. Ogni patriarca invocava la santa protezione del Fabbro, non solo come buon auspicio per la propria attività ed affari, ma per infondere nella giovane e svogliata prole l’operosità e la brama di successo. Non si badava al traguardo ma al lungo percorso irto di pericoli da affrontare per raggiungerlo. Ed il Fabbro, protettore dei lavoratori, elargiva benedizioni con il suo martello affinché le loro membra non fossero mai stanche e rinvigorite al solo pensiero del premio. Arrivava la semina, dopo il duro lavoro nei campi, e solo alla fine la raccolta dei prosperi frutti. Solo dopo tanto lavoro e dedizione. Sudore, non lacrime, era ciò che traspariva dalla marmorea e silenziosa statua. Ben diversa dalle lacrime di misericordia della Madre o dal perfetto incarnato della Fanciulla. Il viso del Fabbro era solcato da profonde rughe, un’espressione austera quasi intimidatoria. Mani sporche di fuliggine e dita ustionate dal fuoco. C’era vita vissuta in una statua che doveva rappresentare il Divino. Dotato di martello, a testimonianza di uno dei lavori più umili dei mortali, così il Quinto Volto del Dio si manifestava ai suoi devoti. Avvolto in comune vesti, ricolmo di cicatrici e sporco di fuliggine. Era come se si fosse incarnato nella sua stessa creazione, i mortali. Senza timor di apparire misero o debole, così il Dio dai Sette Volti si manifestava ai pii fedeli. Un culto indirizzato senza ombra di dubbio ai più poveri.

    C’era nobiltà anche nel lavoro. Patrono del lavoro e protettore dei lavoratori, elargiva premi e ricompense solo a chi sacrificava la propria esistenza per il bene comune. Dal bottegaio al pescatore, anche le mansioni più umili erano finalizzate all’unione della comunità. Tramite il lavoro i fedeli di basso ceto sociale trovavano la loro nobiltà. Concetti che i nobili, abituati a non macchiarsi mai d’olio o di carbone le dita, non potevano di certo comprendere. La perseveranza nel raggiungere una meta, con profusi sforzi di fronte alle comuni e quotidiane cadute. Il Fabbro donava speranza, la possibilità di percorrere con dignità anche la vita più misera. Un modo per inserirsi in un universo che per carenza di natali sembrava averli esclusi a priori. Ed invece nel Fabbro si rievocava l’unità, la comunione. Volto dai molteplici nomi: “Il Contadino” dagli agricoltori, “Il Pescatore” dagli uomini di mare, “Il Carpentiere” dai mastri costruttori, “Il Ciabattino” dagli artigiani. Nel corso dei secoli, dagli albori della Fede dei Sette Dei, il Fabbro aveva mutato così tanto aspetto e nomea da diventare quasi una mutaforma. Se lo Sconosciuto, il cui volto nessuno conosceva perché avvolto nel mistero, per il Fabbro si prefigurava un viso familiare e vicino al cuore delle comuni genti. I più poveri identificavano la Divinità nella caparbietà del nonno che arava ancora i campi a veneranda età o alla determinazione del padre che teneva la bottega aperta fino al calar dell’astro. Incarnava lo spirito di sopravvivenza, oltre alla nobiltà d’intenti e d’azione.

    Gli agricoltori pregavano il Dio affinché il raccolto fosse buono nel mese delle messi, il carpentiere invocava la benevolenza del Dio per mantenere stabile una struttura appena progettata e costruita, il marinaio sussurrava al Dio affinché le maree non fossero violente e le navi giungessero al porto sane e salve, l’artigiano pregava il Dio in modo da poter vendere quanta più merce possibile e sfamare la propria famiglia. Si trattava di vita quotidiana, ben lontana dalle glorificazioni degli altri sei volti del Dio. Non esisteva volto più vicino ai mortali, se non la statua del Fabbro. Non era infrequente che ai suoi piedi i devoti lasciassero gli strumenti del mestiere per attendere la sua benedizione nel giorno di riposo, per poi andarli a riprendere con il benestare del Septon per iniziare una nuova settimana di lavoro. I più devoti indossavano perfino ciondoli in ferro con l’effigie del martello del Fabbro.

    Lady Josephine Mallister aveva letto così tanti scritti in merito, soprattutto per comprendere come mai fosse giunto il “Fabbro” e non il “Carpentiere”, il “Pescatore”, il “Contadino” fino ad epoca contemporanea. I trattati di teologia, richiesti a Septon Mychael, s’intrecciavano con quelli di Storia ed Antropologia provenienti direttamente dalla biblioteca di Grande Inverno. Secondo la leggenda, fu proprio il Fabbro a conferire la conoscenza della lavorazione del ferro agli andali. Motivo di lustro e di vento per l’intera stirpe, che poi aveva permesso una rapida conquista del continente di Westeros, dopo aver abbandonato le colline di Essos. Una spiegazione plausibile, a cui la stessa Lady di Seagard era giunta.

    Durante la giornata del Fabbro i lavori manuali ed agresti erano prediletti sopra ogni altra attività. Perfino i nobili si dilettavano in tali pratiche: Cavalieri che partecipavano ad un palio sui ciuchi, Lord che impugnavano aratri per una gara del solco, nobiluomini che s’iscrivevano ad una gara di forgiatura e raffinate Lady che tessevano il più bel vestito. Per un giorno l’ordine naturale delle cose veniva sovvertito. I nobili erano impegnati nelle gare di cucito o nella raccolta nei campi, per riconquistare quel legame con la terra ormai perso, mentre i poveri si concedevano un attimo di pace. La servitù si godeva il castello dei padroni, senza dover servire, rassettare o pulire come ogni giorno. Ovviamente non potevano mancare le benedizioni di Septon e Septe per onorare il giorno del Fabbro. Gli articoli realizzati dai nobili venivano venduti a prezzi convenienti alle comuni genti, che potevano per un giorno sperperare i propri risparmi senza doversene preoccupare. In una grossa cerimonia finale il Septon benediva gli attrezzi del mestiere degli umili lavoratori augurando sette anni di raccolti prosperi e lavoro ben retribuito a tutto il feudo.

    In tutte le strade si sollevava un inno:

    - ‘O Gloriosissimo Fabbro, modello di sana laboriosità, aiutami a santificare il lavoro. Nella fatica intellettuale e in quella fisica, ottienimi sempre:
    di lavorare con coscienza, mettendo il dovere al di sopra delle mie inclinazioni;
    di lavorare con riconoscenza e gioia, considerando un onore il compimento del mio dovere nei confronti dell’Onnipotente Dio;
    di lavorare con ordine e pazienza, senza mai indietreggiare davanti alla stanchezza e alle difficoltà;
    di lavorare soprattutto con purezza di intenzione, pensando sempre che dovrò rendere conto del tempo perduto, dei talenti inutilizzati, del bene omesso. -



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  7. .


    ∼ Above the rest ∼


    I
    l Guerriero.

    Non esisteva effigie del Dio dai Sette Volti più simile ai mortali se non nella statua marmorea del Guerriero. Un Dio divenuto uomo, la perfezione incarnata nell’essere più imperfetto mai esistito. Brandire una lama e coprirsi di metallo, quando in realtà gli angeli dei Sette Cieli impugnavano il fuoco e si cospargevano di luce per scacciare le forze del Male. Esistevano così tanti scritti riguardo all’eterna lotta tra Angeli e Demoni, con la formazione dei Sette Inferi ed il destino degli Angeli caduti. Coloro che osarono sfidare il volere del Dio, furono scaraventati fuori dai Sette Regni Celesti per ricadere nelle viscere più profonde della terra. Ma gli influssi mefitici, sebbene non potessero raggiungere il Cielo, potevano invece influenzare la vita dei mortali. Per questo i miseri uomini erano condannati a guerre, carestie e malattie. Ostacoli che distruggevano quell’equilibrio e deviavano il percorso dei mortali dalla Luce. I Demoni sussurravano alle orecchie dei più deboli, architettando tranelli, organizzando rivolte e mal consigliando i sovrani. Unica finalità? Il Caos. Affinché l’ordine stabilito dall’Esercito Celeste potesse decadere e permettere alle forze del Male di avanzare di nuovo verso i Sette Regni Celesti. A tal proposito il Dio Onnipotente ed Onnipresente non poteva lasciare le creature del creato privi di difesa, quindi una parte di sé era ascesa nell’indomito animo del Guerriero. Raffigurato come un possente e coraggioso guerriero, impugnava una spada per offendere ed una coriacea armatura per difendere. Difendere i giusti dalle ingiustizie, gli innocenti dal peccato ed i deboli dai prepotenti. Infondere nei mortali la forza di lottare, per un futuro migliore.

    Forza e Coraggio. La forza di esser coraggiosi ed il coraggio di esser forti. L’uno non poteva sussistere senza l’altro. Perché senza le buone intenzioni non esistevano le azioni. E le azioni non potevano nascere senza nobili intenti. Il Guerriero ispirava gli animi dei mortali, per lo più uomini pronti ad affrontare il nemico sul campo di battaglia. Invocava la forza di rialzarsi anche quando si cadeva. Incitava le masse a sollevarsi di fronte alle ingiustizie. Sussurrava ai deboli la ribellione contro gli oppressori. Non si trattava solo di un mero esercizio fisico, una tempra d’animo per incitare le truppe prima di una battaglia. In ogni situazione, anche quella più quotidiana, era richiesto coraggio. Lo spirito del Guerriero discendeva sullo schiavo che puniva il proprio padrone dopo anni di schiavitù, o per la moglie che trovava il coraggio di abbandonare il tetto coniugale dopo anni di soprusi, o ancora per un figlio che era pronto a muovere i propri passi da solo abbandonando le terre natie. Il coraggio era come un salto di fede. C’era bisogno di forza, di tanta forza. La forza di mettere in pericolo la propria integrità, non solo fisica ma anche sociale e morale. Invocare il guerriero permetteva al cuore di non provar timore o paura, ed affrontare con cuor di leone ogni difficoltà. L’assenza di paura, il miglior meccanismo di auto-preservazione dei mortali, non era contemplata. Superare la paura, era ciò che il Guerriero faceva una volta chiesto il suo aiuto.

    In tempi di guerra, come quelli appena passati con la rivolta del Leone e la riconquista del Drago, i soldati chiedevano coraggio per affrontar il nemico sul campo di battaglia mentre i parenti supplicavano per la salvezza dell’anima degli armigeri. Era troppo, a volte, chiedere la salvezza del corpo. Le guerre portavano perdite, vittime e dolori. Non esisteva guerra priva di vittime. Ma onorarle fino alla fine, permettendo una degna sepoltura ai defunti e festeggiare le vittorie sul campo di battaglia erano alla base del culto del Guerriero. Non si trattava di un mero “strumento” per ottener coraggio nei momenti di debolezza, ma la capacità di affrontare con disarmante freddezza il pericolo e non perder di vista l’obbiettivo. Lo Sconosciuto avrebbe comunque reclamato le anime da portare con sé, sarebbe stato il Guerriero fiero e glorioso ad accoglierle tra i cancelli. Riuniti nel piano celestiale avrebbero continuato a brindare e banchettare insieme, in un’eterna festa. Senza dover più spargere sangue e godendosi la pace eterna. “Possa il Guerriero difenderti” oppure “Che il Guerriero doni forza alla mano con cui impugni la spada” erano frasi comuni che chiunque augurava al proprio padre o al proprio fratello in partenza per il fronte. La stessa Lady Josephine Mallister aveva recitato quella liturgia dopo aver baciato i loro elmi ed avvolto un rosario intorno all’elsa delle spade.

    Gare di giostra, duelli di spada, tiro con l'arco o di balestra erano all’ordine del giorno durante la cerimonia in onore del Guerriero, dopo una lunga sessione di preghiere e liturgie in onore del Dio dai Sette Volti. Era il Septon a benedire armi ed armature dei cavalieri, o di aspiranti tali, prima di poter dare il via alla giostra. Spiritualità e divertimento in un solo giorno, quello dedicato al Guerriero. L’eterna lotta tra il piano spirituale e materiale, l’avvento degli esseri celesti ed i guerrieri mortali. Luce ed Ombre, Bene e Male, Coraggio e Viltà. Su ogni campo e disciplina i cavalieri si fronteggiavano per stabilire il migliore. A volte era anche solo importante partecipare, per render onore alla Casata o cercare una rivalsa personale. Di certo alcun atto d’egoismo era ammesso e la spiritualità dell’evento veniva rinnovata ad ogni fase della giostra per preghiere ed inni sacri. Solo a fine giornata, il vincitore avrebbe incoronato la “Regina di Amore e di Bellezza” e chiesto qualsiasi premio al Lord. Spesso si trattava di denaro, favori, oggetti preziosi e nei casi più romantici la mano di una nobile fanciulla. Richieste lecite ma non sempre legittimate, in quanto toccava al Lord ispirato dal buon giudizio del Padre vagliare la richiesta.

    In onore del Guerriero era possibile udire:

    - ‘O Guerriero, tu che giustamente sei chiamato forza di Dio, poiché sei stato scelto per annunciare il regno dell'Onnipotente, facci conoscere i tesori racchiusi in noi e sii nostro protettore.
    ‘O Guerriero con tutte le tue legioni celesti, accompagnateci, guidateci, proteggeteci e preservateci da tutte le insidie dei nostri nemici visibili e invisibili. -



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  8. .


    ∼ Above the rest ∼


    L
    a Fanciulla.

    Dall’angelico e pio volto la statua della Fanciulla era una delle più adorate e suscitava maggior devozione, anche tra le giovanissime. L’immacolata figura di un angelo, incarnata in puro marmo, che si vestiva di ben poche beltà. Semplice nella sua naturalezza. Bella nella sua velleità. Meravigliosa nell’assoluta devozione delle proprie adepte. Ragazze e giovanissime, poco più che infante, offrivano i loro doni alla Fanciulla per ottenere grazia e portamento. Un modello da seguire, una luminosa strada già tracciata per loro e per le fanciulle che verranno. Graziose, aggraziate ed ubbidienti. Era tutto ciò che si richiedeva ad una donna. Il viso beato della statua rammentava alle fanciulle di tutta Westeros di accettare con gaudio il proprio destino ed attendere i doni del terzo volto del Dio Onnipotente. Una statua che se colpita dalla luce del meriggio o dal pallore lunare sapeva animarsi e brillare di luce propria, come un’ammaliante danzatrice che volteggiava in una sala da ballo pronta a catturare lo sguardo dei devoti. Impossibile rimaner insensibili di fronte alle virtù della Fanciulla. La massima aspirazione che una giovane nobile o contadina a cui poteva ambire. L’ambizioso destino di una sfortunata nascita, in quanto donna, ma che trovava riscatto negli ideali che la Fanciulla si faceva portavoce. Luogo di pellegrinaggio per così tante giovani donne, in cerca d’ispirazione per l’incerto futuro o di perdono per atti incestuosi. Ognuno, anche l’animo più puro ed innocente, desiderava ricongiungersi prima o poi con l’angelico viso della Fanciulla.

    L’Amor cortese narrato nelle ballate di ogni poema e decantato dai menestrelli delle locande, si concretizzava nell’ideale di donna che la Fanciulla valorizzava. Bella, virtuosa e casta. Ritrosia di fronte ai goffi corteggiamenti di un villano e pronta a cedere alle parole di un cavaliere dall’animo nobile e dalla scintillante livrea. Il bello generava altro bello. La Beltà riempiva di occhi dei fedeli. Non esisteva altra forma d’amore, per scoraggiare l’adulterio, la sodomia e qualsiasi altra pratica incestuosa. Gli istinti primordiali ingabbiati in un ideale angelico e privo di malizia, ma governato dall’ingenuità della Fanciulla e nobilitato dal supremo fine della procreazione e della continuità delle generazioni. Mai l’amore fine a se stesso, per puro diletto. Le succubi tentatrici dei bordelli, provenienti direttamente dai Sette Inferi, erano l’antitesi delle virtuose adepte della Fanciulla. Vestivano di candore, lasciavano i bei capelli sciolti e s’incoronavano di profumati fiori silvestri. Innocenza e castità. Il piacere stesso dell’attesa. Il momento giusto. L’attesa del piacere, finalizzato al percorso degli Dei. Ai piedi della statua candide candele erano accese per sugellare un voto. Le spose in virtù di un’unione felice con il proprio compagno di vita e le giovani per preservare la propria virtù. Non era infrequente supplicare il terzo volto del Dio per reclamare le virtù perdute della figlia, soprattutto da madri così devote ed attente. Chiedevano la protezione della Fanciulla affinchè le figlie non cadessero nei loschi tranelli dei demoni della lussuria e le inducessero in tentazione. Un errore fatale, concedersi ancor prima del sacro sacramento del matrimonio, che le avrebbe condannate ad un’esistenza di perdizione e di peccato. A volte madri in lacrime chiedevano l’intercessione della casta divinità per perdonare le sconsiderate azioni delle fanciulle o peggio punire chi s’era macchiato di un crimine rapendo la loro verginità.

    In nome della Fanciulle erano stati commessi così tanti crimini. L’ultimo, il cui cuore dei fedeli e devoti ancora sanguinava, s’incarnava nell’abominevole Eresia di Illyria Targaryen. La cugina del Re, condotta alla follia dai mefitici geni del Drago, così come narravano diverse leggende su Valyria, aveva condotto la Vera Fede verso il baratro della perdizione. Maestro Luthor nelle "Cronache della rivolta Illyriana" s’era duramente scagliato contro la martire del popolo, che aveva agitato intere masse di plebei contro l’attuale nobiltà. Auspicava forse ad un Colpo di Stato, che poi era culminato nella conquista di Roccia del Drago. Le mefitiche influenze della Targaryen, nonostante fosse ormai trapassata da tempo, si avvertivano ancora. Tanto da gettare ombra sul culto della Fanciulla, creando un sentimento di paura e diffidenza verso il Volto del Divino che aveva ispirato alla follia Lady Illyria. Di tutt’altro avviso era Lady Josephine Mallister, che aveva preso subito le distanze quando s’era accorta della follia che albergava dietro l’angelico viso della Targaryen. Nascondendosi dietro le virtù della Fanciulla e le beltà che essa portava con sé aveva ingannato un intero regno, agitando folle e creando disordini. Non esisteva dogma più lontano dalla Fanciulla, se non la guerra. Lei che professava pace ed amore, non poteva contemplare i precetti dell’Eresia. Un culto in lenta riabilitazione, che la Mallister non aveva mai abbandonato per affetto e devozione.

    Nel giorno della Fanciulla le strade delle città più importanti di Westeros si dipingevano di colori. Profumati petali di primavera cospargevano le strade, per coprire l’olezzo degli scarichi ed i bisogni degli animali. Palme e rami di piante erano adagiate per sollevare il variopinto corteo dalle strade di fortuna. Un corteo silenzioso di giovanissime donne dedite alla Fanciulla. Oltre che indossare semplici tonache dalle diverse sfumature, tinte con i fiori di stagione, lasciavano sciolti i bei capelli sotto la corona floreale. Intonavano canti sacri, insieme alle loro famiglie, affinché invocassero lo spirito della Fanciulla e portasse loro un matrimonio vantaggioso e conveniente. Non si trattava solo di un’unione vantaggiosa sotto il profilo sociale o economico, un salto di status che ogni donna si auspicava per sé e per l’intera famiglia, ma anche di un matrimonio felice all’insegna del rispetto e dell’amore. La Fanciulla, Dea dell’amor romantico, baciava il capo delle adepte per benedirle con un felice matrimonio. Non di rado alcune Fanciulle percepivano la chiamata dei Sette, invitandole a prender i voti e chiudersi nel Convento delle Stelle. Una via ascetica a cui molte fanciulle aspiravano, soprattutto quelle che provenivano dai ceti sociali meno abietti. Un’esistenza vissuta in sicurezza, non solo fisica ma anche economica. Del resto le Septe ricoprivano un certo ruolo sociale, anche tra le corti di nobili Lord e Lady di Westeros. Compito della “Regina di Amore e Bellezza” era quello d’iniziare le danze accanto al fuoco centrale, in modo per dilettare le fanciulle in età pre-matrimoniale e concedere un’ultima notte prima dei doveri da moglie.

    Il riverbero delle preghiere animava ancora l’animo di Lady Josephine Mallister:

    - ‘O nostra Fanciulla, unica speranza, noi ti supplichiamo: illumina le nostre menti con lo splendore della tua grazia, purifica le nostre anime con il candore della tua purezza, riscalda i nostri cuori con il calore della tua visita. La medicina della tua misericordia guarisca le ferite del peccato.
    ‘O Vergine gloriosa, a te onore e gloria per i secoli eterni. -



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  9. .


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    L
    a Madre.

    Nessun vero devoto poteva restar insensibile di fronte all’amorevole viso della Madre. Il secondo volto dei Dio, accoglieva amorevolmente ogni devoto dal migliore al peggiore per poterlo ricondurre con mano verso la retta via. Non con la violenza e non con il castigo si otteneva la vera conversione, ma con l’amorevole comprensione di una madre. Del resto anche il peggior tiranno o il più losco dei ladri era stato figlio, godendosi quel rapporto conscio o inconscio con l’amore materno. Così il Divino, l’Onnipotente ed Onnipresente, attirava a sé i propri fedeli. Alla ricerca di un benessere primordiale ed una comprensione che nessun mortale era capace di offrire. Solo l’essenza più pura della Misericordia poteva accogliere, perdonare e guidare. Perché anche di fronte al peggiore dei taglia-gola, la Madre non batteva ciglio e lo accoglieva in un caldo abbraccio di fronte ad un sincero pentimento. Un ravvedimento che doveva provenire dalla parte più intima e sincera dell’animo, dopo aver consumato ogni lacrima, si veniva accolti di nuovo sul sentiero della Luce. Era l’amore della Madre, forza attrattiva senza eguali, a far ruotare i fedeli intorno al Divino. Una figura accogliente, aperta e mai giudiziosa. I più bravi scultori di Seagard la ritraevano con un viso dolce e mai contrito. Un’espressione di beatitudine, vestita di meravigliosi abiti da impreziosirne la beltà, ed a palmi aperti in segno di accoglienza. Nessuno era mai stato rifiutato dalla Misericordia della Madre, nemmeno il peggior peccatore di Westeros. Un sincero pentimento o ravvedimento permetteva al peccatore di ritornare sul sentiero della Luce e godere dei Doni del Divino.

    Una piccola Lady Josephine Mallister, nello scrutare le gradevoli fattezze della statua, rievocava l’affetto materno. Un affetto che le era stato sempre negato, non per desiderio di Lady Joanna Banefort, ma per mera etichetta. Era sconveniente per la corte che fosse una Lady ad occuparsi della prole, affidando l’allattamento ad una balia e l’educazione dei figli ad una governante. Era stata Septa Ysilla, un’intransigente devota della Fede dei Sette, ad assumere il ruolo materno. Lei ed il fratello avevano ricevuto ben poco amore dai genitori, lasciando la loro formazione tra le mani dei più esperti del regno. Giovani e brillanti menti per poter formare l’intelletto ed austeri Maestri della Cittadella per plasmare il carattere. In più lady Josephine era stata iniziata all’arte del ricamo, della danza e dei precetti religiosi dalla stessa Septa Ysilla per renderla una perfetta Lady. Ben poche qualità le erano richieste, in quanto donna: Solo grazia, eleganza ed ubbidienza. Eppure nel fissare l’amorevole sorriso della Madre, reso esterno in una statua in marmo, si rendeva conto di quanto le fosse mancata una figura materna. Non poteva di certo mostrare rimostranze verso Lady Joanna Banefort, troppo impegnata alla gestione del feudo insieme al marito. Brillante, energica ed aggraziata. Era ciò che si augurava per sé una volta superata l’adolescenza e fiorita come donna.

    Nella Madre la fanciulla di Seagard aveva sempre trovato conforto. Restava genuflessa davanti alla sua statua in attesa di una carezza o di una dolcezza che non sarebbe mai arrivata. Preferiva una carezza nell’anima per sentire quel calore che mai aveva ricevuto. Forse per questo stava investendo tutta se stessa nella devozione del Dio dai Sette Volti, in lui poteva trovare l’onnipotente amore che cercava. Per lungo tempo aveva sperato di prender il Velo ed essere trasferita al Tempio Stellato. Ma i progetti paterni erano orientati verso altro, come un vantaggioso matrimonio ed una duratura alleanza per il bene di Seagard. Ora più che mai, soprattutto con il tradimento della Terra dei Fiumi e la fedeltà agli Stark di Grande Inverno. Aveva inoltre notato tante nobildonne o contadine prostrarsi al cospetto della Madre per ottenere prosperità e fertilità. Proprio come la fertilità nei campi, che la Madre al solo tocco faceva fiorire sterili terreni, così molte donne si rivolgevano al secondo volto del Dio per poter rimanere gravide. In tempi in cui la donna era ridotta ad una mera allevatrice di bambini, il cui ruolo si compiva con la nascita di un erede maschio, era impossibile non provar pietà per le donne che si flagellavano di fronte alla statua della Madre. Invocavano la fertilità che aveva promesso sulla collina di Hugor, ad Andalos in Essos, dono che la prima moglie aveva concesso alle donne che le sarebbero seguite. Una promessa alla prosperità, che non poteva rimaner inattesa.

    Custode della maternità, non proteggeva solo le partorienti ma assicurava un sano parto e la salute del nascituro. In tempi così difficili per una donna, era impossibile non appellarsi alla benevolenza dei Divini per portare a termine un compito così gravoso anche a costo della vita. Come guerriere molte puerpere spiravano dopo aver dato alla luce un forte e sano bambino, ultimo dono per il Lord e meritata ricompensa per chi aveva sacrificato se stessa pur di concretizzare il proprio destino. Non c’era vergogna o timore anche di fronte alla morte, ma gli occhi vivaci e pieni di un bambino permetteva alla puerpera di abbandonarsi allo Sconosciuto con serenità. Il sorriso amorevole e rassicurante della Madre l’avrebbe accolta nei Cieli. Non solo al momento del parto, ma anche di fronte ad un imminente pericolo o presunto tale che ogni donna diventava un guerriero. La Madre vestiva le vesti di un’amazzone quando il nido familiare era in pericolo, oltre ad invocare comprensibile protezione per la famiglia le donne lanciavano anche anatemi contro chi osava metter in pericolo la vita di un bambino. Un dualismo poco conosciuto. La Madre non era solo bontà, beltà e misericordia. Alle giuste condizioni scatenava la propria ira contro chi minacciava il sacro sacramento della famiglia. Ogni madre dei Sette Regni invocava la sua protezione ogni qualvolta la famiglia si riuniva davanti al focolare. Non esisteva amore più puro di quello di una madre per il proprio figlio. Il secondo volto del Divino incarnava l’essenza dell’amore, la purezza nella sua totalità.

    Nel giorno della Madre, a cui la stessa Lady Joanna Banefort aveva partecipato in passato, le donne in età fertile dopo profuse e sincere preghiere si dissetavano con acqua benedetta dei Septon. La Cerimonia dell'Acqua aveva come finalità nell’assicurare prospera fertilità alle donne che ormai erano pronte al matrimonio. Un rito propiziatorio per i meno devoti, una vera e propria cerimonia per chi credeva fermamente nella Misericordia della Madre. Ogni donna in età fertile si sottoponeva ad una simile cerimonia per auspicare a se stessa e alla famiglia un avvenire prospero e prolifico. Dissetarsi dalla fonte benedetta era un Rito propiziatorio per la Fertilità, che ancora oggi era celebrato ogni sette anni. Di certo le nuove generazioni erano il futuro e la prosperità era auspicata per ognuno dei Sette Regni. Per la ricorrenza religiosa sia i Septon che le Septe erano disponibili ad accogliere i peccati dei devoti, dapprima i ricchi e poi i poveri, nella Rito del Pentimento. Un modo per espiare le proprie colpe e permettere all’intero popolo di giungere al rito finale immacolati e privi di peccato. Il Clero si faceva carico dei peccati dei devoti, intercedendo con preghiere e penitenze per ottenerne il perdono. Stelle a Sette Punte composte di vivimi o steli di fieno venivano bruciati in un grande rogo per abbandonare in senso figurato i propri peccati. Secondo la cerimonia religiosa il devoto doveva realizzare con le proprie mani l’oggetto votivo, girando sette volte intorno al fuoco, chiedeva perdono per i peccati alla Misericordiosa Madre. Ottenendo infine il perdono quando anche l’ultimo ramo della Stella a Sette Punte era stata ridotta in cenere.

    Al cospetto della Madre recitava:

    - ‘O Madre potente,
    Tu, grande e splendida difesa della famiglia!
    Tu, aiuto mirabile delle partorienti!
    Tu, «terribile come un esercito schierato a battaglia» contro i nemici della Fede!
    Tu, da sola, hai vinto tutte le eresie del mondo. -



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  10. .


    ∼ Above the rest ∼


    I
    l Padre.

    Fin da piccola l’autorevole statua del Padre, uno dei Sette Volti del Divino, riusciva ad incuterle timore. Sguardo severo, per incarnare al meglio il giudizio divino, che scrutavano l’animo di ogni fedele alla ricerca della verità e della menzogna. Viso barbuto, i cui scultori avevano mostrato ampia abilità nel definire la canuta barba che sporgeva fino all’ampio petto. Posizione autorevole, come quella di un Lord al cospetto della propria corte e pronto ad emettere un’ardua ed inappellabile sentenza. Il Padre però emetteva giudizi molto più importanti, di salvezza e di condanna nei confronti delle anime. Amministrare la giustizia di un feudo era poca cosa, che demandava attraverso il proprio benestare ai piccoli e grandi Lord di Westeros. Impugnava come una lama la bilancia, che spesso pendeva dall’una o dall’altra fazione. Letture esoteriche identificavano nel Padre l’equilibrio tra il Bene ed in Male. I più devoti alla Fede dei Sette invece affidavano la loro ricchezza d’animo tra le saggie e sapienti mani del Divino in attesa di giudizio. Solo chi dimostrava di aver l’animo leggero e privo di colpe poteva godere della Luce dei Sette Divini, in caso contrario erano le fiamme dei Sette Inferi ad attenderlo. In molti s’appellavano al senso di giustizia del Padre, quando ricevevano un torto da un padrone o da un mefitico vicino. Augurare il “Giudizio del Padre” era un’espressione molto comune, a volte limitata tra i ranghi sociali meno abietti. Una lunga tonaca, ben realizzata con pieghe e priva di beltà, copriva l’intera statua del Padre. Un’allegoria nel ricordare ai peccatori che di fronte alla giustizia divina tutti erano allo stesso livello. Non importava se in vita fossero stati miseri mercanti o prestigiosi cavalieri, il Buon Dio giudicava solo ed esclusivamente la nobiltà d’animo e la virtù delle scelte. Emessa l’insindacabile sentenza, priva d’appello, la decisione del Padre non poteva esser mutata o addirittura fallace. Ogni mortale doveva piegarsi al giudizio del Padre.

    Quando era a Seagard Lady Josephine Mallister guardava con timore ed ammirazione la statua del Padre nella riservata cappella a lei dedicata, poco lontana dalle sue stanze. Un piccolo gioiello incastonato della fortezza per rallegrare l’animo devoto e mite della prediletta figlia di Lord Jason Mallister e Lady Joanna Banefort. Un modo per sostenere la passione della fanciulla ed incoraggiarla a perseguire la via della vera Fede. Non esisteva donna più devota della Mallister a Seagard. Un esempio di virtù e di grazia. Anche di fronte agli inappellabili e severi, a volte, giudizi del Padre la fanciulla di Seagard accoglieva con mite rassegnazione e ardente devozione premi e punizioni da chi amministrava la giustizia divina. Aveva avuto modo di spiare quella terrena, senza venirne particolarmente attratta. La giustizia amministrata dagli imperfetti mortali non poteva che esser fallace, anche se non metteva in dubbio il buon giudizio di Lord Jason Mallister che amministrava con pugno di ferro le coste del golfo. Dietro allo sguardo inquisitorio c’era desiderio di stabilità ed affetto per i territori che gli erano stati lasciati in dono dai suoi antenati. Dietro lo sguardo severo del Padre si nascondeva desiderio di veder riunito l’intero creato nella Luce.

    Aveva letto di molti studiosi sull’infallibilità del “Giudizio Divino”. Alcuni storici laici avevano scritto di eresia nel metter in dubbio che Lord e Lady non fossero davvero ispirati dalla Luce del Padre nell’emettere sentenze nelle controversie terrene. Lady Josephine lasciava simili speculazioni intellettuali e politiche agli altri, beandosi dell’armonia che il Padre riusciva a portare con sé. Con punizioni e ricompense, inappellabili su qualsiasi piano terreno o celeste, riusciva a bilanciare l’eterna lotta tra Bene e Male. Mentre i demoni degli Inferi sussurravano mefitici pensieri ai mortali, inducendoli all’omicidio, all’eresia o all’adulterio, era il Padre a ricondurli sulla retta via con giusti castighi. La bilancia del Padre rappresentava senza ombra di dubbio l’eterna lotta tra Bene e Male, combattuta negli animi dei mortali ogni giorno. Una lotta che finiva con il volger a termine della vita del peccatore, per poi scontare ogni malefatta fino a ritornare sul sentiero della Luce e vedersi aprire le porte del Paradiso fino al ricongiungersi con l’Onnipotente ed Onnipresente. In quanto giudice del creato, spesso i fedeli si appellavano per ricevere illuminazione su una diatriba terrena. Si appellavano alla sua statua, riponendo offerte e preghiere, pur di commutare l’ingiustizia in giustizia. Mutare il corso degli eventi, che spesso avveniva tramite la sentenza di un Lord o di un Conte, che concedeva la giustizia agognata ed intensificava il legame tra il fedele ed il Divino. Non si trattava di un mero scambio di favori, ma di un rapporto proattivo. Gli stessi giuristi invocavano lo spirito del Padre, durante le diatribe nella sala di corte. In tribunale il senso religioso era molto sentito, tanto da iniziare con sincere preghiere verso il primo volto del Dio per infondere saggezza e forza nel discernere verità dalla menzogna nella commissione della sentenza. I contrasti si scioglievano come neve al sole al cospetto della Luce rivelatrice del Padre.

    Da infanta Lady Josephine Mallister aveva avuto modo di vivere il giorno del Padre, il primo dei sette in onore dei Sette Divini, in cui ogni campanile del Regno faceva risuonare la propria campana. La cerimonia della Squilla, così era conosciuta tra i devoti, era l’unica occasione in cui la Torre di Bronzo di Seagard non faceva risuonare la propria voce solo per avvisare di un pericolo all’orizzonte. Lidi in sicurezza e sorrisi sui visi dei cittadini di Seagard. Era ciò che ricordava, nonostante non fosse tanto piccola da cancellare il ricordo. Accantonato il timore di un attacco dal mare, da parte degli Uomini di Ferro, la cittadella entrava in festa. Ogni Lord o uomo veniva richiamato nel tempio per ricevere la benedizione del Buon Septon, affinché il buon giudizio fosse sempre dalla propria parte per amministrare gli affari di Stato e quelli di famiglia. Sette oli benedetti furono applicati al Lord Protettore dei Fiumi, nella cerimonia del Patriarca in modo da assicurare giustizia e serenità all’intero Feudo. Come Seagard, anche Delta delle Acqua era in festa per onorare la dinastia Tully che da secoli assicurava stabilità e prosperità alla Terra dei Fiumi. Dopo la furia Targaryen erano stati i Tully a riportare stabilità in una delle terre più prospere dei Sette Regni. Avrebbe tanto voluto presenziare alla cerimonia di accensione del Fuoco di Preghiera, tenutosi a Delta delle Acque sette anni prima, ma purtroppo per vicissitudini varie non era riuscita a partire in tempo per assistere alla cerimonia.

    Al cospetto del Padre recitava:

    - Benedicimi, ‘O Padre, all’inizio di questa nuova alba.
    Accogli la mia lode per il dono della vita.
    Con la forza del tuo Spirito guida le mie azioni: fa che siano secondo la tua volontà.
    Liberami dai peccati, dalle ingiustizie e dalle ingiurie.
    Rendimi attento alle esigenze degli altri, affinché porti giustizia con le mie azioni.
    Così sia. -



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    ∼ 25 Gennaio 286 • Mattino - Pioggia •
    Barrowlands - Accampamento ∼


    I
    n viso austera e nell’animo tormentato, Lady Josephine fronteggiava i membri del concilio come un’intrepida martire pronta a morire per la propria Fede tra le fiamme del rogo. Un sacrificio necessario, un lume di speranza per chi li avrebbe seguiti. Non un’incrinatura nel marmoreo incarnato, solo un debole sorriso a fior di labbra per rassicurare quanto possibile i rappresentati del corteo ed i pochi pellegrini accorsi per curiosità. Ognuno sedeva su uno scanno in legno di pari altezza, e tutti serviti con vino aromatizzato e pane raffermo all’origano. La parola dell’uno non valeva meno dell’altro. Con minuzia aveva predisposto ogni dettaglio della riunione, in modo da non far sentire alcun esponente della Casata del Nord o pellegrino inferiore a nessun’altro. Di fronte alla misericordia della Madre o alla giustizia del Padre ognuno diventava eguale all’altro, spogliandosi delle ricchezze o delle miserie terrene. Le tende, come da tradizione, erano tappezzate d’arazzi finemente intrecciati. Un lusso che la Mallister si concedeva, oltre che ricoprire il bagnato pavimento con pellicce e tappeti, per rendere l’ambiente accogliente e confortevole. Su ogni arazzo erano narrate i Sette Doni che Hugor ricevette sulla Collina. Il Padre calò dal cielo sette stelle e le depose sulla fronte di Hugor per formare una corona, la Fanciulla plasmò una ragazza flessuosa come un salice e dagli occhi profondi come pozze blu per offrirla come moglie a Hugor, la Madre la rese fertile a tal punto da dare alla luce ben quarantaquattro figli possenti, come predisse la Vecchia, il Guerriero donò ad ogni figlio l'abilità nell'uso delle armi, e il Fabbro lavorò per ognuno di essi un'armatura a piastre. Solo lo Sconosciuto rimase in attesa, affinché guidasse le loro anime verso l’Oltre e le ricongiungesse nell’infinita saggezza del Dio. Un inno alla Fede, immagini che le infondevano una serenità che solo la profonda preghiera riusciva ad alienarla fino a tal punto. Ed era a loro che la Mallister rivolgeva lo sguardo, ogni qualvolta un funzionario enunciava perdite e rinunce che dovevano affrontare per sopravvivere alle Barrowlands.

    Si sentiva sempre più pesante, anzi fiacca sullo scanno su cui sedeva. Quando non rivolgeva attenzione ai diversi interventi degli armigeri e dei pellegrini, offriva lo sguardo chiaro verso la coppa d’argento che conteneva lo scarlatto nettare. Raramente si concedeva simili piaceri, anche perché Septon Mychael era intransigente a tal merito. Fugaci confessioni che sollevavano il corpo dagli infiniti castighi e rinunce a cui si sottoponeva per elevarne l’anima. Eppure in quel momento, nauseata dalla situazione ed afflitta nell’animo, non riusciva a gustarsi quel piacevole tepore che scivolava giù per la gola. Un piacere che non percepiva più, e che le sarebbe stato negato fino all’arrivo al castello dei Dustin. La prima cosa da fare era razionare i viveri ed annacquare le bevande era il primo passo da fare. Un segreto che aveva appreso durante i temibili assalti degli Uomini di Ferro alla baia. Di solito razzie, fugaci e con poche vittime. Però capitava un comandante troppo ambizioso ed audace, da voler tenere sotto scacco l’intero Golfo degli Uomini di Ferro. Allora l’Aquila era costretta a rintanarsi nel proprio nido e dar fondo ai viveri. Udiva ancora il riverbero dei toneggianti ordini del padre, Lord Jason Mallister, per tenere in sicurezza Seagard e sfamare ogni cittadino entro le sue mura.

    Cinque giorni. Era la stima degli esploratori e cartografi per raggiungere Città delle Tombe. Le sembravano un’eternità. Anche perché le stime erano ottimistiche, non tenendo conto di eventuali imprevisti. Le Barrowlands celavano insidie tra i sacrileghi tumuli e le ripide colline. Inoltre la pioggia battente non lasciava respiro alle desolate e brulle terre. Acquitrini, fango ed impedimenti di ogni sorta avrebbero di certo rallentato il viaggio. Un lusso che non potevano permettersi, soprattutto in terre incolte e ricolme di banditi. La giurisdizione dei Dustin riusciva a fatica ad arrivare entro i confini di Città delle Tombe, ed era impensabile amministrare un territorio così ampio come quello delle Barrowlands. Rischi che sia Lady Josephine che Lady Vidya avevano deciso di correre ed assumersi pur di raggiungere in tempo i confini, e scongiurare una sanguinosa guerra civile in nome della religione. Così tanti conflitti erano stati giustificati dal Fede, un sacrilegio in nome dei concetti di pace e libertà come specchio del Divino. - … - Vinta dall’imbarazzo sprofondò nel silenzio. La sua idea di caccia era così lontana dalla realtà del Nord. Di solito al di sotto dell’Incollatura era stata ospite di battute di caccia tra nobili, con al seguito segugi capaci di stanare la preda ed abili arcieri pronti a scoccare la letale freccia. Si cacciava per diletto, non per necessità. Inoltre si prediligevano le giornate assolate per non avere impedimenti nella mira. Nascose il viso dietro la coppa, lasciando all’argento del calice di celare il rossore sull’alabastro incarnato. Annuì debolmente alle sagge osservazioni di Lady Bolton, che come sempre si dimostrava un’ottima alleata. Una donna forgiata dal Nord, capace di leggere i segni del cielo ed intuire gli umori che circolavano tra le sue genti. Attenta ad ogni minimo mutamento e capace di adattarsi ad ogni necessità. Una nobildonna temprata dal gelo del Nord e dall’incertezza oltre la Barriera.

    La Mallister impose un regime ferreo e deciso, al pari di un comando militare. Nonostante le sue dolci e morbide mani fossero avvezze a filare o raccogliere fiori, era pronta a stringere i pugni e mostrarsi tenace come il più valente dei veterani. Partenza immediata con le prime luci dell’alba, nonostante il terreno accidentato e modellato dagli acquitrini. Rigoroso razionamento delle scorte ed annacquamento delle bevande, una rinuncia ascetica che di certo non sarebbe gravata sugli animi dei pellegrini già temprati dai castighi della vita terrena per elevarne lo spirito. Stretta sorveglianza degli accampamenti di fortuna e durante le marcie, soprattutto nelle ore serali per assicurare protezione sia alla nobiltà che alla povertà del seguito. Rimpolpare le scorte di cibo con fresca selvaggina, affidandosi all’esperienza dei cacciatori del Nord abituati a stanare le prede anche in condizioni sfavorevoli. Inviare un esploratore a Città delle Tombe per esortare un aiuto a Casa Dustin, sovrani delle Barrowlands. E temprare l’animo dei fedeli con gli inni di Septon Michael e le preghiere di Lady Vidya. - E sia… anche se la cabina non può dar rifugio a tutti gli anziani ed i bambini al seguito. - Replicò accigliata, sentendosi nauseata al solo pensiero di godere un simile privilegio mentre la povera gente avanzava sotto la pioggia battente. Il viso pallido s’incrinò debolmente all’osservazione della Bolton, che per ora non desiderava ancora sacrificare i cavalli e la carrozza. Una rinuncia necessaria secondo il suo punto di vista, ma che poteva essere procrastinata fino a nuovo ordine. Era disposta a vestirsi di stracci e rinunciare ai gioielli di Seagard pur di raggiungere i confini. - Ciò che è mio è vostro. - Si riferiva al nutrito carico di gioielli ed abiti che si portava dietro. Una rinuncia che per ora era stata accantonata, ma che poteva valer un bel po' di denaro o provviste pur di raggiungere Casa Dustin.

    ∼ 25 Gennaio 286 •
    Pomeriggio - Pioggia • Barrowlands ∼


    La marcia era lenta ed appesantita dalle lamentele delle ancelle. I loro visi contrariati cadevano sulla minuta figura della Mallister, che avanzava insieme ai pellegrini. Aveva rinunciato al posto in cabina in favore di Myrea, una contadina dei possedimenti Cerwyn sulle sponde del Bianco Coltello, insieme al suo figlioletto di soli quattro anni. Commossa dalla loro storia aveva deciso di cedere per qualche ora il posto in carrozza per lasciar riposare la stanca madre ed offrire riparo al vivace Alfred. Un bambino pieno di vita, che negli ultimi giorni di marcia lamentava una stanchezza ai piedi per via delle logore calzature eternamente umide. Geloni che colpivano grandi e piccini, ed a volte risultava necessaria l’amputazione di alcune dita pur di salvare l’arto. Una pratica cruenta, che forse Lady Vidya aveva già praticato sotto la supervisione di un Maestro, ma che Lady Josephine desiderava scongiurare al piccolo Alfred. Rincuorata dal dolce sorriso del bambino, nel poter accedere ad una carrozza nobiliare sotto sua gentile concessione, ogni passo non le sembrava difficoltoso nonostante la terra tramutata in fango e la costante presenza di pozzanghere, che in alcuni punti dove la collina raggiungeva il punto più basso diventavano quasi acquitrini. La leggera pioggia ricedeva sul corteo, battente sul tetto della vicina carrozza e sui cappucci dei pellegrini. Seppur il corpo iniziasse ad avvertire la fatica e la cagionevole salute a risentirne, si sentiva leggera nel cuore. Guidata dallo spirito della Madre, riconosceva in quei sacrifici l’infinità bontà del Divino. Nonostante i moniti delle ancelle e le raccomandazioni del Septon, che erano lì per vegliare sulla sua salute, Lady Josephine preferiva avanzare per quel tratto insieme ai pellegrini.

    Alcuna distanza, alcun privilegio. Un motto marchiato a fuoco dentro, pronta ad onorarlo anche a costo della vita. Era disposta ad avvolgersi in stracci, vendere ogni suo avere pur di concludere nel miglior dei modi la traversata delle Barrowlands. In ogni dove si voltasse scrutava la nuda pianura, tempestata di tumuli funerari, e la pioggia cadeva battente rendendo difficoltosa l’avanzata. Dietro di sé lasciava piccole orme, con le calzature finemente rassettate e ben sigillate per non far penetrare l’umidità. Si sentiva una privilegiata, nonostante si fosse spogliata di ogni gioiello o orpello pur di marciare insieme alle comuni genti. La maggior parte aveva fasce di stoffa come calzature, alcuni avanzavano a piedi nudi. Ognuno di loro lasciava orme, che venivano riempite prontamente dalla pioggia. Le indelebili tracce di una marcia dai nobili intenti. Giovani e vecchi, nobili e poveri, fedeli e profani. Avanzavano in silenzio, mormorando preghiere ai loro Dei ed intonando delle Odi in onore del Dio dai Sette Volti. Il rumore della pioggia faceva solo da cornice, agli animi rinfrancati dalle benedizioni di Septon Mychael oppure dalle preghiere della Bolton.

    Sorda alle vivaci proteste delle ancelle, costrette a seguirla sotto la pioggia battente e sinceramente preoccupate dall’incolumità della Mallister. Avevano pur sempre giurato davanti alla sacra autorità di Lord Jason Mallister e Lady Joanna Banefort di proteggere l’anima ed il corpo di Lady Josephine da ogni pericolo. A volte la fanciulla di Seagard per eccesso di zelo e vincolata dalla propria Fede rendeva tale onere davvero difficile. Non ascoltava le premurose lamentele delle donne al suo servizio, scambiandole come vani tentativo di tornare nella sicura ed asciutta cabina. Per quanto il viaggio fosse scomodo e pericoloso di per sé, avere un tetto sulla propria testa e usufruire di pesanti pellicce lo rendeva senza dubbio meno gravoso. - Orsù… placate la vostra inquietudine. - Si rivolse alle ancelle che la circondavano, che le coprivano le spalle con quante più pellicce possibili o le sostenevano baldacchini con tessuti cerati per difenderla dalla pioggia. Premure quasi asfissianti, nonostante conoscesse le insidie della cagionevole salute. - A Dio piacendo, raggiungeremo Città delle Tombe! - Affidava come sempre la sua misera esistenza terrena nelle mani del Dio dai Sette Volti. - Se lo Sconosciuto reclamerà la mia vita come dazio per un sereno e rapido viaggio fino a Città delle Tombe, sia fatta la sua volontà. - Una Fede inespugnabile, come ossidiana al cospetto del respiro degli antichi Draghi. E con tali parole aumentò l’ampiezza delle falcate, in modo da seminare in qualche modo il malcontento delle ancelle. Quel mattino quando aveva ordinato loro di spogliarla di ogni beltà e vestirla d’abito troppo comuni per una nobildonna d’alto lignaggio, quasi aveva fatto svenire un paio d’ancelle o inorridire lo stoico confessore. Mai fanciulla più devota e misericordiosa avevano incrociato i loro cammini. Pur di sentirsi alla pari e condividere le medesime sofferenze che pativano i pellegrini. Con riluttanza avevano stretto il corpetto alla vita con nastri d’argento, rispolverato la sottile ed agile gonna per non impedirle i movimenti nella marcia, allacciato le coprenti calzature ed appuntato con una spilla a rosone il mantello color panna alle spalle in modo da coprirla per bene. Il cappuccio era stato sollevato durante tutta la marcia, anche se molte delle ciocche ramate che sfuggivano al diadema d’argento erano ormai gocciolanti di pioggia. L’abito rosato mostrava ben pochi dettagli, così semplice da far spavento alle ancelle abituate ad ammirare Lady Josephine eternamente pomposa ed aggraziata in eleganti vesti. Le dita nude di qualsiasi orpello ed il collo diafano senza alcuna collana d’opali o pendente di smeraldo.

    Le iridi saettarono contro l’ennesima lamentela dell’ancella che avanzava alla sua destra. Ne aveva accolto la mano, per sostenersi a vicendevolmente ed alleggerire il passo dell’una e dell’altra. Iraconda mostrava una dura espressione contro l’impudente donna, che ancora una volta osava mettere in dubbio la volontà della nobildonna ma soprattutto quella dei Sette Dei. - L’inno alla sacra triade. - Asciutta nei modi ed imperiosa nel tono, tanto da far rabbrividire chiunque. Le iridi che ricordavano il Mare del Golfo degli Uomini di Ferro incutevano timore, austere ed autorevoli nei confronti di chi era lì per servirla e non per consigliarla. Non desiderava essere considerata più come un’infanta, lo era stata per fin troppo tempo sotto la corte del nobile padre. Al momento opportuno la dolcezza nei modi e la compostezza del viso s’infrangeva contro la rigidità della postura e l’austerità nell’espressione. Autorevole reclamava rigore nella sua corte, senza superare i confini nonostante l’affetto che nutriva per ognuna di loro, da quella più frivola a quella più giudiziosa. - Insieme. - Una penitenza per la discola ed un modo per temprare gli animi. Nel Libro della Stella a Sette Punte era riportato un inno in onore della triade femminile. Tre volti devoti alle virtù femminili racchiuse in un solo Dio.

    - O’ Fanciulla, Dea bianca della nascita e della crescita;
    O’ Madre, Dea rossa dell'amore e della battaglia;
    O’ Vecchia, Dea nera della fine della vita. -



    Nell’iconografia sacra la triplice divinità femminile si traduceva con le fasi lunari. Luna nuova per la Fanciulla, luna piena per la Madre e luna calante per la Vecchia. Guidate da tali inni si lasciarono dietro diversi passi, fino a quando la nobildonna fu troppo stanca per proseguire senza carrozza.

    [ … ]



    Con dedizione furono le ancelle ad assicurarsi che alcun indumento bagnato non rimanesse a contatto con il pallido incarnato della Lady di Seagard. Una coltre di pellicce era stata ammassata in un angolo della cabina e dei vasi ricolmi d’acqua calda, riscaldata sul fuoco di un campo di fortuna, erano state poste ai piedi delle confortevoli panche per debellare ogni forma di tremore. I caldi respiri degli ospiti ed i vetri delle finestre ben chiuse creavano un confortevole ambiente, placando i tremoti di Lady Josephine in poco tempo. Una delle ancelle le allungò anche una bevanda calda, che la nobildonna assunse a piccoli sorsi e senza fretta. Il viaggio in carrozza era decisamente più confortevole, lei stessa lo riconosceva. Ma avanzare fianco a fianco con le comuni genti le aveva fatto toccare con mano l’inquietudine e la preoccupazione che serpeggiava tra loro. Nonostante gli inni religiosi di Septon Mychael e le preghiere di Lady Vidya, la preoccupazione sui visi dei pellegrini non era svanita. Non soffrivano per la carenza di cibo, le loro anime ascetiche si nutrivano d’altro. La speranza però vacillava, soprattutto per via delle numerose difficoltà che trovavano sul cammino. Il cielo non smetteva di far cadere pesanti lacrime. Nemmeno con l’avvicinarsi del meriggio le colline delle Barrowlands traevano sollievo dalle intemperie del cielo. Gli Dei sembravano adirati, lì dove credenze e superstizione si univano in un perfetto connubio nel culto dei morti.

    Improvvisamente il riposo della Mallister fu turbato. Il nitrito di un cavallo, seguito dal brusco arresto. La nobildonna faticò, almeno all’inizio, nel comprendere il pericolo a cui era esposta. Un sibilo, più forte dello scroscio incessante della pioggia, s’era udito prima dell’impatto. Un sordo tonfo e qualcosa s’era inchiodato contro la porta della carrozza. Una punta luccicante aveva appena penetrato il solido legno della carrozza. Lo sguardo allarmato della Lady di Seagard saettò in giro per l’abitacolo in cerca di risposte. Si trattava di una freccia, e c’era il rischio che ne sarebbero seguite altre. Erano sotto attacco? Si sentì tirare con poca grazia verso l’interno, in modo da allontanarsi dal finestrino. Strattonata forse da Septon Mychael che aveva giurato sull’incolumità fisica e morale per la figlia di Lord Jason Mallister. Momenti concitati, in concomitanza con il clamore all’esterno. La guardia si stava organizzando per difendere la carrozza, anche se il pensiero della Mallister andava alle povere genti all’esterno che non sarebbero sopravvissute ad una pioggia di frecce. Chi osava attaccare un corteo di pace? - S…Siamo sotto attacco? - In principio la favella iniziò a tremare, riuscendo a tenerla salda solo alla fine della frase. Un quesito a cui nessuno seppe rispondere, o almeno non per coloro che erano prigionieri nella carrozza. Alla fine erano davvero caduti vittima di un’imboscata?

    Poco dopo, quando la situazione sembrava essersi placata all’esterno, un armigero portò gravose novelle. Solo un soldato ferito era tornato dall’avanscoperta ed una pergamena, che le fu consegnata tra le mani, richiedeva un lauto riscatto per la vita d’innocenti. Ogni soldato era pronto a difendere la propria vita pur di assolvere ai propri compiti. Ma un pellegrinaggio non poteva di certo tramutarsi in un bagno di sangue. Gola asciutta, cuore martellante e occhi sbarrati. Le iridi cercavano dettagli, garanzie dietro quel messaggio di minaccia dopo averlo consegnato tra le saggie e ferme mani di Lady Vidya. L’ennesima difficoltà e l’ennesimo ostacolo che si parava dinanzi al confine. Un pericolo quasi mortale, stavolta. - Come lo affermate con così tanta certezza? - In quei momenti emergeva la sconfinata ingenuità della Mallister, che nonostante la compostezza nei modi e l’algido tono straniero, veniva tradita dal terrore che provava per mancanza di lucidità. Aveva ricevuto una educazione esemplare, da perfetta Lady di un ricco castello, agli inganni o ai sotterfugi di loschi briganti era completamente estranea. La fredda analisi della Bolton la sorprese, analizzando con minuzia ogni dettaglio e provando a trovare una via di fuga dalla trappola in cui erano cadute. Si morse l’intero della guancia fino ad avvertire il sapore ferroso del sangue, sentendosi quasi responsabile delle voci che circolavano sul corteo. In ogni villaggio si preoccupava di diffondere il verbo di pace che portavano, presentandosi al più umile contadino fino al più autorevole dei Lords. Iniziò a tastare con nervosismo il lembo della pelliccia che indossava, sotto cui aveva nascosto le sottili e fragili mani in cerca di tepore. - Cosa dovremmo fare dunque, Lady Vidya? - L’emotività e la misericordia che l’aveva fin dal principio contraddistinta le sussurrava d’immolarsi come una virtuosa martire e negoziare personalmente con i banditi. Ma le prudenti parole della Bolton riuscirono a ricondurla a ragione. - Nessuno verrà lasciato indietro. - Convenne con forza, rimarcando l’accento del Sud nella favella e cercando le occhiate complici del Septon. Conveniva con l’acume della Bolton, ma ancora non riusciva ad intravedere una soluzione.

    L’astuzia era l’unica strada percorribile. Uno stratagemma d’arguzia per depistare i banditi e ribaltare le sorti del confronto. C’era qualcosa di profondamente inquieto in Lady Vidya, capace di analizzare con minuzia la situazione senza lasciarsi vincere dalle emozioni. Fredda, analitica, essenziale. Qualità da apprezzare in terre selvagge come il Nord e rendeva grazie ogni dì ai Sette per averla messa sul suo cammino, soprattutto in un viaggio così pericoloso. - … - C’era qualcosa che trovava profondamente ingiusto. Dover occuparsi di banditi sfuggiti al controllo di Casa Dustin. Le Barrowlands erano terre selvagge, prive di legge e ricche di superstizione. Avvertiva la bile risalirle fin dallo stomaco, nauseandola fino all’inverosimile. - Cosa mi state chiedendo Lady Vidya? - Gli occhi saettavano contro la Bolton. C’era qualcosa nel tono della nobildonna di Forte Terrore che non preannunciava nulla di buono. - Tramutare il corteo di pace in un’avanguardia contro vili briganti? Noi che siamo portavoce di pace e cordialità. - Impettita rivolse lo sguardo altrove, oltre il finestrino dove gli armigeri si stavano riorganizzando. - Non verrà versata una sola goccia di sangue. La diplomazia sarà la strada preferenziale. - Impietrita al solo pensiero di dover assistere ad una battaglia sotto ai suoi occhi e rinnegare gli stessi principi per cui era stata inviata al confine. Di sani principi e di nobile d’animo, anche al costo della vita. Non a caso proveniva dalla Terra dei Fiumi, e non dal fiero Nord.

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    Parole: 3398

    Approvo le valutazioni Lady Vidya, anche se Lady Josephine per buon cuore e incapacità di guardare oltre il suo naso mostra scetticismo e ferreo idealismo. È abituata all’amor cortese e alle giostre cavalleresche, nulla a che vedere con imboscate di briganti o trattare con taglia-gola.

    Anche io pensavo di utilizzare una delle ancelle di Lady Josephine come diversivo, poi appena avremo maggior dettagli elaboreremo un piano.
  12. .


    ∼ 24 Gennaio 286 • Notte - Tempestoso •
    Barrowlands - Accampamento ∼


    G
    li Dei colpivano con la loro ira le Barrowlands. Terra disabitata, dimenticata perfino dai nativi e tramutata in un sepolcro degli Antichi. Alcun’anima viva osava aggirarsi in simili lande battute dai venti e flagellati dalle gelide piogge. Pochi alberi restavano saldi alla sterile e fredda terra, finendo per essere abbattuti dalle intemperie del Nord. Pochi sopravvivevano da fuorilegge con la speranza di depredare i tesori d’incauti nobili. Le uniche strutture che si ergevano nelle Barrowlands erano i tumuli degli Antichi, veri e propri sepolcri dove piangere i propri morti ormai abbandonati a se stessi. Perfino coloro che furono erano stati abbandonati dai vivi. Così tante storie e leggende circolavano su quelle terre, che Septon Mychael aveva vietato di ripeterle per non turbare i cuori dei timorosi. I veri fedeli temevano il peccato e le superstizioni, e l’animo fragile delle donne poteva essere condotto verso il peccato. Così imperfette, da assorbire i miasmi delle Barrowlands. Se sull’animo delle ancelle tale proibizione aveva avuto beneficio, acquietando i timori delle donne, su quello di Lady Josephine un simile monito aveva solo fatto divampare l’incendio dell’interesse. Consunta dalla curiosità si accontentava dei capitoli dedicati alle lande, dal tomo donatole da Lady Vidya Bolton.

    Riparata sotto pelli tese e rese impermeabili da preziose cere, la figlia di Lord Jason Mallister restava ferma e statuaria nella sua tenda rimirando il cielo tempestoso. In poco tempo gli uomini al seguito avevano allestito un campo di fortuna, senza riuscire a portare sulla collina i carri con le provviste. Ammirava la laboriosità degli uomini, di come si erano prontamente organizzati per soddisfare le sue richieste, compiacendola, e proteggere dalla tempesta in arrivo i pellegrini. Non batterono ciglio, curandosi di chi aveva scelto di seguirli nelle terre più pericolose dell’intero Nord. Senza mai perdere fede o speranza. Aveva predisposto di distribuire razioni di cibo per ogni tenda, meglio se calda per rimpolpare il sangue e riscaldare gli animi. Con le ciotole fumanti erano state consegnate anche parole di conforto, non tratte dai testi sacri ma dal cuore della Mallister. S’imponeva di non perdere il controllo, come a volte facevano le ancelle al seguito. Soffocavano urla quando i tuoni si abbattevano così vicini all’accampamento e le invitava alla preghiera per alleggerire i loro spiriti. - Recitate le odi del vespro. - In assenza di Septon Mychael, rintanato nella sua tenda e confinato lontano dalle donne del seguito, era Lady Josephine a doversi occupare della rettitudine delle ancelle. Le sorvegliava con biasimo ed a volte imponeva delle penitenze quando si scostavano dalla rigida educazione impartita da Septa Ysilla. - Abbandonate la paura. Gli Dei ci proteggeranno! - In poco tempo la tenda della Mallister si tramutò in un luogo di preghiera. Di fronte a pochi simboli sacri le ancelle prima, e le pellegrine poi, si riunirono nella tenda per poter pregare. Ognuno pregava i propri Dei, che fossero Nuovi o Antichi, non importava. Ogni donna affidava la propria vita tra le mani dell’onnipotente ed onnipresente. Non importava in quale lingua o idioma. Un coro di preghiere che riuscirono a rasserenarla, nonostante i fulmini ed i tuoni che si abbattevano sulle Barrowlands.

    Via via la presa sui braccioli dello scanno, foderato di velluto, si fece sempre meno salda. L’incenso ed il profumo delle corone di fiori si diffusero nella tenda. Le labbra si muovevano appena per recitare le preghiere insieme alle altre donne, assumendo le connotazioni di un leggiadro ed armonico canto. Avvolta ancora nell’abito da viaggio, seppur sconveniente per una Lady del suo rango, aveva rinunciato al bagno ed al cambio d’abito per restar vicina ai pellegrini. Dopo averli sfamati con qualcosa di caldo e sostenuto i loro animi con amorevole compassione, Lady Josephine non poteva far altro che rimirare la tempesta ed attendere la sua fine. Prima o poi il cielo si sarebbe aperto e le nubi temporalesche sospinte via dal vento. Tuoni e lampi sarebbero stati solo un lontano ricordo. La gelida pioggia era così fitta da rendere impossibile il distinguere le varie sagome che correvano fuori dall’accampamento. Nenia di preghiere ed i canti in onore delle Divinità rendevano indistinguibili le voci degli uomini. Forse era un bene, forse un male. Rimase in attesa, ed ogni qualvolta un armigero giungeva in tenda porgeva l’orecchio per ricevere aggiornamenti. Gli esploratori erano stati inviati, le sentinelle preposte per la sorveglianza ed i più coraggioso inviati ai piedi della collina per il vettovagliamento. Il pensiero della Mallister andava ad ogni uomo che rischiava la vita fuori dall’accampamento. Stava chiedendo molto, anzi troppo ai pellegrini. Eppure ogni percorso spirituale richiedeva dei sacrifici, un percorso colmo di sofferenza e rinunce, per elevare animo e spirito. Il pellegrinaggio verso Sud richiedeva anche sacrifici fisici, privazioni che una nobildonna non era abituata a compiere ma che era disposta a farlo per un bene superiore. Era in gioco la salvezza del Nord, la sua unità.

    Solo quando l’ultimo pellegrino, vinto dalla stanchezza, decise di tornare nella propria tenda allora Lady Josephine Mallister si sollevò dallo scanno. Come una matrona, la Madre che sorvegliava con amorevolezza i devoti, così la figlia di Seagard aveva accolto gli sguardi delle donne in cerca di conforto e rassicurazioni. Nemmeno lei possedeva certezze, stringeva solide speranze. Eppure non cedette allo sconforto, anche quando percepiva i nitriti nervosi dei cavalli e le urla dei soldati si facevano sempre più intense all’esterno tanto da sovrastare il clangore della tempesta. Le nubi si scontravano come spade e daghe, generando scintille e tramutandoli in terribili rombi. Il cielo era in guerra, sopra ai vivi ed ai morti che si aggiravano nelle desolate Barrowlands. Rimasta sola con le ancelle, predispose per la lunga cerimonia della svestizione e dovette accontentarsi dell’acqua piovana, raccolta in un catino posto all’esterno, per rinfrescarsi e prepararsi al sonno notturno. Il gelo era come schiaffo in pieno viso, eppure rimase ferma seppur l’esile corpo reagiva a quel gelido e mortifero tocco. Era come se lo Sconosciuto le stesse sussurrando all’orecchio, avvertendo il mortifero respiro sulla diafana pelle del collo. Un pericoloso corteggiamento, ma una scossa che le serviva per sentirsi di nuovo viva. Aveva represso ogni emozione, forzandosi di essere sorridente ed accogliente. Un po' come una recitazione teatrale di cui lei era la protagonista, unica e sola. Gli occhi della sua corte, dei pellegrini e dei soldati erano puntati su di lei. Al minimo accenno d’incertezza si sarebbe scatenato il panico. Un lusso che non poteva permettersi. Indolenzita dalle troppe ore rimasta seduta, tirò un sospiro di sollievo quando si mise a letto, un giaciglio di fortuna composto di piume e paglia. Una delle ancelle le massaggiava i piedi con tocco sapiente e svento. Un modo per drenare tutta la linfa che si era accumulata in quelle ore e donare sollievo alle articolazioni costrette all’immobilità per troppo tempo. Altre ancelle si preoccupavano di riscaldare l’ambiente con pietre roventi, lasciate accanto al fuoco per l’intera serata, e recuperare pesanti pellicce.

    Il sonno fu agitato e disturbato da tuono che cadde così vicino alla tenda. La Mallister ebbe l’impressione che una nuvola fosse caduta a pochi passi da lei, rischiando di colpirla. Molte delle ancelle erano sprofondate in un sonno profondo perché ormai esauste, solo poche si accorsero del pericolo. Soffocarono le urla, ben consapevoli che avrebbero solo irritato ed agitato inutilmente la loro protetta. - Che succede? - Accompagnata sul ciglio della tenda, ormai zuppo di acqua e ghiaccio, da alcune ancelle. - Che succede? - L’accampamento piombò nel caos.

    ∼ 25 Gennaio 286 • Mattino - Pioggia •
    Barrowlands - Accampamento ∼


    Un frammento di stoffa premeva contro il sottile naso della nobildonna. Si concedeva profonde boccate d’aria sia per normalizzare il respiro in preda al panico e sia per coprire l’olezzo di bruciato che diffondeva ai piedi della collina. Pallida come un fantasma, risplendeva eterea alle prime luci dell’alba. La tempesta era passata ma aveva portato con sé incertezza e danni. Un carro, ricco di vettovaglie e provviste, era stato ridotto in cenere. I racconti concitati dei soldati rimbombavano ancora nella mente, quando nel cuore della notte avevano chiesto udienza per aggiornarla sulla disgrazia. Un incendio divampato lontano dall’accampamento, che nemmeno la pioggia e le laboriose milizie erano riuscite a domare. Sotto gli occhi chiari e cristallini della Mallister solo macerie fumanti. Legna arsa dal fuoco, un carro distrutto dalle forze sovrannaturali. I più superstiziosi avevano subito pensato all’ira degli Dei o peggio la furia degli Spiriti delle Barrowlands. La terra consacrata a coloro che furono era stata violata dai pellegrini e dai loro carri, con il buon auspicio di raggiungere in breve tempo i confini. La Mallister aveva messo a tacere ogni superstizione, anche tra la sua corte, ed invitato di affidarsi nelle mani degli Dei. Ed ovviamente aver fiducia nelle mani di coloro che avevano promesso di tenerli al sicuro da ogni pericolo. Era stata indulgente con gli uomini di guardia, i pochi che erano stati lasciati ai carri per proteggerli da briganti o furfanti a piede libero. Erano lande pericolose, molto pericolose. Ma contro l’ira dei tuoni e la furia dei lampi non potevano di certo opporsi. Uno spiacevole e sfortunato inconveniente che avrebbe rallentato la loro marcia verso Sud.

    Tastava con il fazzoletto pregno di lavanda e rosa canina il pallido e delicato incarnato del viso. Pallida come il chiarore lunare, si ergeva ferma e decisa tra i pellegrini e gli uomini al seguito. Ognuno si aspettava un ordine, una direttiva o forse anche solo una parola di conforto. Uno dei contabili aveva già stimato le perdite in termini di risorse e ad occhio lei stessa, che aveva avuto una frugale istruzione in termini di gestione delle risorse, poteva intuire che sarebbero bastate appena per raggiungere i domini dei Dustin. Un azzardo: accelerare la marcia, dimezzare le razioni ed affamare il seguito. Non desiderava far sprofondare i pellegrini nel malumore, nonostante fossero stati già ampiamente provati dalla tempesta appena passata. Lo sguardo cristallino solcò su quei volti infreddoliti e preoccupati. Eppure nei loro occhi c’era ancora speranza, non sfiducia. Era forse il momento di essere coraggiosi, coraggiosi come non mai. - … - Rimase in silenzio mentre raccoglieva opinioni, rifletteva sul da farsi ed ascoltava chiunque avesse qualcosa da aggiungere. Sospirò debolmente, allontanandosi quel che bastava per non essere investita dal tanfo di bruciato e dalle provviste in cenere. Si sottrasse al piacevole abbraccio della lavanda e della rosa canina, mentre strinse quel frammento di stoffa finemente ricamato tra le mani. Lo tastava nervosamente, tradendo l’algida quiete che traspariva dal volto. Avvolta nel suo bell’abito ed accerchiata dalle ancelle, pronte a servirla e soddisfare ogni desiderio, sembrava una vergine guerriera pronta ad incitare le truppe alla rivolta. Nascose il malumore, che attanagliava l’animo in una morsa soffocante. Probabilmente Septon Mychael avrebbe costruito la sua invettiva sull’imprevedibilità della vita e su come il Dio dai Sette Volti preferisse mettere alla prova i più meritevoli. Era ben conscia che la via della Fede, quella vera, era irta di tentazioni e difficoltà. Mai una strada spianata. Erano i Demoni a mostrare una strada alternativa, che conduceva verso la perdizione dell’anima. Nonostante fosse in linea con il pensiero del confessore, non riusciva a soffocare completamente la rabbia che provava. L’ennesimo ostacolo che si parava di fronte al viaggio verso Sud, per salvare le proprie genti da soprusi e l’ostilità del Nord.

    - Tenete. Ripulitevi e meritate riposo. - Ancora una volta si dimostrò misericordiosa come la Madre. Concesse il fazzoletto pregno di oli vegetali, tanto profumato, al soldato che era rimasto di guardia nelle ore del disastro. Addolcì debolmente i delicati tratti del viso con un sorriso, provando a sollevare l’uomo dall’angoscia che si portava dietro. Probabilmente si sentiva responsabile dell’accaduto, ma nessun mortale poteva contrastare la forza della Natura. Andava assecondata, mai fermata. Ognuno ne sarebbe stato travolto e sconfitto. La Figlia di Lord Jason Mallister e Lady Joanna Banefort non era di certo priva di buonsenso, punire un’innocente avrebbe solo acuito lo sgomento che tutti i pellegrini provavano e creato sfiducia in chi era al comando. La collina era troppo ripida per poter essere percorsa dai carri. Una scelta non priva di rischi e ne stavano già pagando le conseguenze. - Non sarà questo a fermarci. Giammai desisteremo dai nostri nobili intenti! - Si rivolse stavolta a chiunque era accorso nei pressi del carro ridotto in cenere. Armigeri, ancelle o solo curiosi. - Un ruscello può essere rallentato nel cammino dalla solida roccia, ma il suo flusso non si arresterà. Troverà sempre un modo per diventare fiume. - E dovevano diventare fiume, impetuosi nel loro cammino e delicati nel nutrire con le proprie acque le terre di confine. Portatori di speranza, protettori della vita. Mai similitudine più vera poteva rispecchiare il peregrinaggio verso Sud.

    Dopo il breve sopralluogo ai piedi della collina, lì dove il carro era stato distrutto dall’ira dei tuoni, la Mallister si ritrovò insieme a pochi intimi nella sua tenda a discutere sul da farsi. Le sedeva accanto Lady Vidya Bolton, insieme al suo seguito, come sua pari. Un responsabile delle milizie per ogni Casa di appartenenza, Mallister, Bolton, Stark, Cerwyn e Tallhart. Ed un rappresentate dei pellegrini che si faceva portavoce dei bisogni delle comuni genti, oltre che sondare sul loro umore generale. La Figlia di Seagard era affiancata da un’ancella e da Septon Mycheal, che sorvegliava con stoicismo ogni cosa anche nei momenti di maggior difficoltà. - Aggiornateci sulla situazione. - Come immaginava le perdite erano state ingenti. Una leggera pioggia continuava ad abbattersi sulle Barrowlands, rendendo i percorsi e le vallate degli acquitrini. L’avanzata sarebbe stata ancor più difficoltosa, anche con meno carri al seguito. Tirò un sospiro di sollievo quando fu rassicurata sull’incolumità dei soldati e dei pellegrini. Nessun ferito. Un nodo alla gola le impedì di proferir parola per qualche minuto quando venne a conoscenza che nessuno degli esploratori era ancora tornato. I più ottimisti credevano per la tempesta, che ora si era spostata chissà dove. Mentre quelli meno ottimisti urlavano già all’ammutinamento o peggio l’imboscata dei pochi briganti che infestavano le lande. Pochi viveri erano riusciti a salvare dal carro distrutto, quindi la Mallister predispose subito di sovraccaricare quello rimasto in quanto anche una mela in più o un sacco di farina poteva fare la differenza. Presto sarebbe giunta la fame, il malcontento. Tempi difficili e lo sguardo della Mallister era diretto verso Casa Dustin, l’approdo più vicino e sicuro. Per conto di Lord Helmann Tallhart, i Dustin erano già stati allertati. Sperava che la tempesta li avrebbe fatti muovere prima. Inoltre il mancato ritorno dell’avanscoperta le provocava qualche preoccupazione in più.

    Si schiarì la voce, nella speranza di non lasciar trasparire l’inquieto animo. Era molto preoccupata. Per via delle perdite stava offrendo vino speziato e briciole di pane raffermo ai suoi ospiti. Aveva deciso di non annacquare il vino già da subito per non turbare l’animo dei presenti. Le risorse erano limitate ma non ancora ridotte all’osso. Le ancelle sotto il vigile comando della nobildonna offrivano un vassoio di pane e coppe di vino per i convitati. - Quante possibilità abbiamo di cacciare selvaggina con la pioggia? Perdonate le mie lacune in merito, ma le battute di caccia si organizzano con il bel tempo. Le prede preferiscono rimanere nelle tane con il maltempo. - Cercò consensi o dissensi nella tenda. Una battuta di caccia tra nobili era qualcosa di profondamente diverso dal lavoro di cacciatore. - Apporre delle trappole non ci garantirà una fonte di sostentamento immediata. Tempo che forse non abbiamo… vi prego smentitemi se il timore mi rende incauta o poco lucida. - Breve pausa. - Le Barrowlands sono terre sterili e desolate. Dubito che troveremo un raccolto o un frutteto. - Concluse piombando in un profondo e meditativo silenzio. Sperava con tutta se stessa che qualcuno la smentisse, che le offrisse una speranza.

    Fissò per lungo tempo l’immagine riflessa nel vino, senza profanarne la superficie scarlatta con le sottili labbra. Prestava attenzione ai dibattiti, alle opinioni e alle divergenze. Ripose il calice senza assaggiarne il prezioso nettare. Poi si distese sullo schienale della sedia ed intrecciò le mani davanti al grembo. Il sontuoso abito le cadeva morbidamente sulla minuta figura. Una bambina che indossava le vesti di una donna. Così si sentiva. Ogni rinuncia gravava sempre di più sull’umore. Si sarebbe vestita di stracci pur di garantire una facile e sicura traversata tra le Barrowlands. - Dunque… - Cercò la complicità di Lady Vidya, una preziosa alleata. Forse una delle poche che riusciva a scrutare oltre l’algida cortesia e la fredda etichetta che amava ostentare. - … Se non abbiamo altra alternativa, ci toccherà procedere con meno carri e provviste. Dimezzeremo le razioni, intensificheremo le ore di marcia e aumenteremo la sorveglianza! - Decisioni dure, implacabili. Lord Jason Mallister sarebbe stato di certo orgoglioso della figlia. - Ognuno di noi è chiamato ai sacrifici al cospetto dei propri Dei. È giunto il nostro momento. -

    Le rinunce a cui s’era piegata fino a quel momento non erano minimamente paragonabili a quelle che stava chiedendo ai pellegrini. Lei stessa ne sarebbe stato l’esempio.

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    Parole: 2849

    Strategia (Proposte):
    - Partenza immediata nonostante gli acquitrini e la leggera pioggia;
    - Razionamento delle provviste;
    - Maggior ore di marcia giornaliere con pause brevi ma frequenti;
    - Potenziamento delle ore di sorveglianza, soprattutto durante le soste serali;
    - Rinunciare alla carrozza ed utilizzare i cavalli per trainare i carri;
    - Annacquare vino e bevande per allungarne la durata;
    - Vendita di abiti e gioielli ai più vicini villaggi (anche baratto per provviste);
    - Sacrificare cavalli in caso di necessità per sfamare;
    - Possibilità di cacciare nei momenti di pausa e se il tempo lo permette;
    - Inviare immediatamente un esploratore a Casa Dustin per esortarli ad inviare aiuti;
    - Intensificare le ore di preghiere (Septon Mychael e Lady Vidya) per mantenere l’umore alto.

    Lascio a »S« il compito di approvarle/bocciarle/modificarle :3
    Io ho lanciato delle idee.
  13. .
    Josephine Mallister Nord 27 Gennaio 286 Sera - Nuvoloso Fiume delle Febbri - Convento delle Septe


    ∼ Above the rest ∼


    L
    e parole del Septon giunsero come acqua su un arido campo. I tormenti della giovane Lady di Seagard furono mitigati dall’acuta citazione del sacro libello della Stella a Sette Punte. In particolare l’immagine del Padre che donava una corona di stelle a Hugor della Collina era vivida nella sua mente, impressa su ogni arazzo che tappezzava le tende di fortuna. A Seagard aveva la fortuna di godere dei Sette misteri dei Sette su affreschi disegnati sui semiarchi del tempio. Da infanta si dilettava a procedere mano nella mano con Septa Ysilla nel riconoscere i passi salienti del testo sacro impressi nell’imponente struttura. Un esercizio di memoria per la bambina, ma anche una santa marcia per ripercorrere le glorie di chi era stato incaricato dagli Dei a diffondere il loro verbo. Nonostante la stanchezza del viaggio e l’inquietudine nello sguardo, per via dei pensieri che agitavano ogni notte il sonno, Lady Josephine sembrava una statua al cospetto degli Dei. Sempre impeccabile, anche in una leggera veste monacale che aveva scelto d’indossare per omaggiare le consorelle del convento. La chioma coperta da una cuffia, solo poche ciocche ramate sfuggivano al casto copricapo. I piedi nudi pronti ad accogliere il gelo che saliva su dal lucido pavimento. Ne lasciava le orme dietro di sé, proprio come una martire in attesa del patibolo per immolarsi per la propria Fede. Mai avrebbe rinnegato le proprie origini, ciò in cui credeva e la devozione che nutriva per i Sette Divini. A volte potevano sembrare insensibili alle umane sofferenze, in quanto durante il viaggio si era unita ai pianti delle vedeve straziate dal dolore e stretto le mani consunte dalla fatica dei lavoratori per un pugno di cereali. La guerra aveva portato con sé carestia e povertà, oltre che allontanare gli uni dagli altri. Al Nord, nonostante il rituale del Sale e del Pane che ormai recitava come una nenia ad ogni corte, avvertiva una certa diffidenza verso gli stranieri. La paura del diverso, di ritrovarsi ancora una volta un nemico alle porte. Ammirava la resilienza del popolo del Nord, il tenace attaccamento alle proprie tradizioni ed aveva imparato a tollerare le loro strambe usanze nonostante se ne tenesse ancora lontana per timore. Cercava delle risposte dal Septon, che forse aveva dentro senza accorgersene.

    Rinvigorita dall’immagine sacra evocata dal fedele ed attento confessore, staccò lo sguardo cristallino dalla Stella a Sette Punte che si ergeva sull’altare per incrociare il viso saggio e rassicurante del Septon. Sapeva di poter confessare ogni dubbio, ogni turbamento. L’incertezza era sempre dietro l’angolo. Una solida colonna su cui reggersi, e all’occasione ergersi. Avvampò per l’imbarazzo, essendo caduta in errore. Una domanda mal posta, o almeno un quesito a cui i Septon non avevano risposta. Non era loro compito decifrare i segni dei Divini, così come facevano i “Prega-Alberi”, uno sgradevole appellativo che aveva vietato d’usare sia alle ancelle che ad ogni membro del seguito. Nonostante in molti covassero quel dispregiativo appellativo, preferiva non macchiare la reputazione della corte di Seagard e non creare ulteriore distanza tra i due popoli. Rimase in ascolto, comprendendo il punto di vista del Septon. Fu rivelatore, quasi come se il confessore le avesse offerto una nuova chiave di lettura al passo letto durante le celebrazioni. - Cosa dunque possiamo fare? Se non interrogarci e provare a prevedere la divina volontà? - Chiese con un filo di voce, rivolgendo ora lo sguardo verso l’altare, quasi come se quel pezzo d’ebano intagliato potesse in qualche modo sussurrarle la risposta. Rimase lì a fissarlo con così tanta intensità, senza però aspettandosi una risposta. Era l’uomo al suo fianco, scelto tra tanti come confessore, che avrebbe dovuto prenderla per mano e condurla oltre i pericoli del suo animo fragile e fallace. Era pur sempre una donna, ciò che più si avvicinava al peccato e pronta a partorire idee che inducevano in errore. - Vivere forse gli eventi in nome della Luce dei Divini? Secondo i loro insegnamenti. - Breve pausa. - Giudiziosi per il Padre, misericordiosi per la Madre, coraggiosi per il Guerriero, innocenti per la Fanciulla, solerti per il Fabbro, Saggi per la Vecchia e pronti per lo Sconosciuto. - Se il Padre richiedeva giustizia ed equità, invece la Madre invocava la misericordia e la fratellanza verso il prossimo. La Fanciulla esortava a non nascondere la parte più fragile ed innocente dell’animo, mentre il Guerriero invitava a non abbattersi di fronte alle difficoltà ma anzi affrontarle con tenacia. La Vecchia illuminava con la lanterna della saggezza o dei buoni consigli, invece il Fabbro esortava ad essere protagonisti della propria vita ed essere operosi per raggiungere un certo fine. In ultimo, non per importanza, lo Sconosciuto rammentava la caducità della vita di ognuno esortando in qualche modo a mostrare sempre il meglio e tenersi pronti alla sua chiamata. Nutriva un timore reverenziale verso il Dio dai Sette Volti, oltre che una solida fede verso i suoi precetti ed i canti delle celebrazioni.

    Si sentì quasi rinfrancata quando il premuroso e saggio confessore, colui che custodiva in segreto i suoi tormenti ancor meglio delle ancelle o dei più intimi servitori, le offrì parole oneste e liete. Non ci si aspettava da lei un determinato comportamento, o meglio il seguire un percorso tracciato dagli Dei. Non era questo ciò che i Sette avevano in serbo per lei. Non un singolo sentiero, ma così tante alternative davanti a sé. Non avrebbe trovato le risposte negli altri, soprattutto in quell’altare che restava muto ad ogni preghiera che offriva o penitenza a cui si sottoponeva. Indossare corpetti troppo stretti fino a smorzarle il fiato o non interrompere per lungo tempo i digiuni non le avrebbe mostrato in sogno o durante le preghiere il percorso da seguire. Un’utopia che aveva già da un po' accantonato. Il sentirsi inadeguata, così fragile ed incerta sul divenire, le creavano esitazione ed agitazione nel muovere i passi verso il pellegrinaggio. Eppure doveva mostrarsi forte, tenace. Una Lady di ferro che non cedeva passo, ma avanzava verso Sud con un esercito di devoti. Nascondeva il pallore delle guance con il trucco delle ancelle e le labbra esangue pungendole con uno spillo. Assumeva le tisane ricostituenti che le aveva prescritto Maestro Edmund prima della partenza. Seguiva alla lettera ogni consiglio per mantenersi in salute, per il bene di Seagard e tenersi al sicuro. - Devoto Septon, pensate davvero che io… imperfetta e fallace creatura dei Sette… possieda talenti e capacità di favella adeguati per risolvere una così intricata questione? - Se ne sorprese, senza nascondere troppo lo stupore ed il turbamento sul pallido viso incorniciato in una cuffia scura ed una veste troppo umile per una nobildonna. Si sentiva così a proprio agio, quasi come martire pronta a distendersi sull’altare per immolarsi alla comune causa ed attendere l’intercessione divina per la salvezza della propria anima. - Vi rammento che sono stata cresciuta sotto l’egida di un autorevole padre e di una virtuosa madre, timorata degli Dei e devota a loro sopra ogni altra cosa. Mi è stato insegnato il mio posto e cosa ci si aspetta da me, Figlia di una nobile casata e destinata a garantire un divenire alla dinastia. - Si chiuse nelle spalle, quasi come una discola pronta a discolparsi davanti al proprio maestro. - Non voglio peccare di eccesso di modestia, ma non scorgo alcuna qualità in me che possa redimere la grande questione che affligge i confini. -

    Sentiva i muscoli rilassarsi sotto il tocco misericordioso delle parole del Septon. Sceglieva con arguzia le argomentazioni senza mai dimenticarsi di essere quasi paterno verso chi aveva scelto di seguire. Di certo non un ruolo prestigioso per un sacerdote dei Sette Dei, ma essere al servizio della figlia di Lord Jason Mallister e Lady Joanna Banefort era un onore che pochi Septon potevano vantare. Guidare l’animo verso gli intricati tranelli del Nord e sostenere l’ardente animo anche nelle giornate più fredde. I turbamenti di Lady Josephine via via svanivano, sciogliendosi come neve al mattino. La rugiada, diventata brina, pian piano si dissolveva sgomberando il cielo dalle nubi. Temeva il Nord per il tenace legame verso le tradizioni e la ben radicata resistenza al cambiamento. Dubitava che la sua missione di conversione avrebbe sortito l’effetto sperato, sicuramente non in un popolo ferito e impaurito dalle ferite del passato. Proprio come una fiera sanguinante, dai recenti scismi, si era rintanata nel buio della foresta timorosa di venire allo scoperto e pronta ad attaccare l’ignaro cacciatore. - Così sia. - Sussurrò a fior di labbra, ritrovando interesse verso l’altare a Sette Punte che fino a quel momento era rimasto muto. Gli Dei parlavano per mezzo del confessore, non poteva essere altrimenti. Trovare la propria strada e percorrerla senza timore, per onorare i dettami del Dio dai Sette Volti. Era ciò che le era richiesto, una scelta di vita che avrebbe comportato ben pochi cambiamenti nella sua vita. - Un viaggio alla riscoperta di me stessa. Proprio come nelle fiabe che Septa Ysilla mi leggeva da infanta. Un percorso in cui l’eroe intraprende un lungo viaggio irto di pericoli ed ostacoli. Trovare il modo, è ciò che faceva la differenza tra il successo o il fallimento. In ogni caso alla fine del viaggio non si restava mai uguali alla partenza. - Pochi ricordi di estrema dolcezza custodiva gelosamente con la governante di Seagard. Septa Ysilla era intransigente, spesso la percuoteva con la verga quando disobbediva o dava adito a pettegolezzi. Eppure la donna non perdeva mai occasione per leggerle fiabe con l’arrivo del crepuscolo, dopo le odi della sera e l’interruzione del digiuno. Fiabe dalla pesante morale e spesso anche dai misteriosi significati. In ognuna un insegnamento legato ad uno dei Sette Volti della Divinità. Ne restava estasiata alla conclusione, ed anche profondamente turbata. C’era sempre un monito alla fine, un avvertimento da non trasgredire. - Resterete con me per questo viaggio? Anche quando mi smarrirò, vinta da me stessa, promettetemi che non mi lascerete la mano. - Breve pausa. - Non possiamo prevedere i disegni dei Divini, ma possiamo vivere e scegliere come percorrerne i sentieri. Posso anche scegliere chi mi starà accanto, e desidero che uno di questi siate voi. Oltre a potermi aprire, senza remore, ad una cultura così diversa dalla nostra! - Un tenue sorriso alleggerì la plumbea espressione. - Quale ritenete sia il giusto modo per conoscere senza dimenticare? - Titubante. - Apprendere senza cambiare? Accettare senza rinunciare? - Parole sibilline. Si riferiva alla possibilità di avvicinarsi alla cultura del Nord senza dimenticare i dettami del popolo dei Fiumi. - Ho scoperto a mie spese che mostrare educazione sopraffina ed algida cortesia non basta. Il popolo del Nord deve sentirmi vicina, nonostante la generosità dei miei gesti ed i sacrifici che stiamo compiendo ogni dì. - Breve pausa. - Temo non basti. -

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    Parole: 1795
  14. .
    Josephine Mallister Nord 27 Gennaio 286 Sera - Nuvoloso Fiume delle Febbri - Convento delle Septe


    ∼ Above the rest ∼


    E
    sausta rimase per ore china sull’inginocchiatoio, nella piccola cappella dedicata ai Sette Divini, e con la sola compagnia di pochi intimi. La notte era calata sul Convento delle Acque, dove un gruppo di Septe dedicava la loro intera esistenza alla preghiera e alla devozione dei Sette Dei. A Nord dell’Incollatura, lì dove il fiume delle Febbri tagliava il confine settentrionale, sorgeva un piccolo convento in pietra. L’edera ed i cespugli lo ricoprivano quasi per intero, donandogli un aspetto trascurato ed i miasmi provenienti dalla palude diffondevano malattie e malanni in ogni dove. Lì dove c’era la desolazione solo la più profonda e tenace devozione poteva far germogliare la vita. Le Septe vivevano con poco, tutto ciò che la brulla terra era capace di offrire loro ed il vicino fiume donava loro abbondanti pesche. Nonostante l’inospitalità delle paludi, a poche miglia da Moat Cailin, le Septe avevano creato una comunità autosufficiente capace di sopravvivere anche nei territori più ostili. Carità ed accoglienza offrivano a chi smarriva la retta via tra le paludi dell’Incollatura. Lady Josephine era stata già ospite delle consorelle, durante la sua prima traversata verso il Nord, e quando le luci del giorno accennavano a spegnersi ed i cavalli faticavano ad avanzare sul terreno paludoso non aveva esitato a suggerire alla guardia dell’esistenza del piccolo rifugio. Un rifugio per i viandanti, per chi era di passaggio. Accolti da pesce fresco e benedizioni, le ancelle della Mallister si erano adoperate per rendere gli umili alloggi degni della figlia di Lord Jason Mallister e di Lady Joanna Banefort. Avevano isolato le pareti con fresca paglia e coperto le finestre con meravigliosi arazzi. Ravvivato i bracieri, cosparso le lenzuola con fiori di gelsomino e riscaldato vasi di terracotta traboccanti d’acqua per debellare quel freddo-umido che fustigava il corpo fin dalla partenza.

    Interrotto il digiuno e condivise le calde vivande, si era rintanata nel piccolo tempietto per poter rendere grazia agli Dei per la giornata appena trascorsa. Era passata già una settimana dalla loro partenza da Grande Inverno. Un peregrinaggio per la pace, un modo per sedare i conflitti sul confine. Man a mano che si avvicinavano ai confini le avvisaglie di una guerra si facevano sempre più evidenti. I poveri contadini e le loro umili famiglie non correvano più incontro alle carovane per offrire preghiere e benedizioni, ma restavano rintanati nelle loro casupole. Una traversata sempre più silenziosa, cupa. Diffidenza, paura. Gli stendardi scarlatti annunciavano l’arrivo della delegazione di Grande Inverno. Ormai sulle bocche dei bardi o dei viandanti non si parlava d’altro. Eppure la fredda accoglienza e la diffidenza testimoniava quanto quei territori fossero feriti dai recenti conflitti. Udiva in lontananza i richiami delle madri per riportare in casa i propri figli, o le occhiate di fredda tolleranza dei padri nei confronti dei soldati che marciavano sulle loro strade. C’era distanza, troppa distanza. Per questo la fanciulla di Seagard si era ritirata nel piccolo santuario per poter pregare gli Dei affinché intercedessero per lei, per donare tolleranza e dissipare i malumori tra i popoli del Nord. Rimase immobile, statuaria e algida sullo scanno. Le iridi chiare rivolte alla Setta a Sette Punte, ricolme di devozione e partecipe commozione. Tratteneva a stento le lacrime, cercando di impartirsi un contegno. Non poteva vacillare, soprattutto dopo aver trascinato fedeli armigeri, devote fanciulle e il suo stesso confessore in una spedizione così pericolosa. Manifestare dubbio o incertezza, avrebbe diffuso paura nei cuori del suo seguito. Doveva apparire forte, intransigente ed inflessibile. Solo chi era nel giusto non temeva le fiamme dei Sette Inferi. Era pronta ad attraversarli, ad uno ad uno, pur di liberare il popolo di confine dal sospetto e dal malcontento di cui erano vittima.

    Piedi nudi. Umile tunica. Ed un velo a coprirle il viso. La pelle diafana quasi risplendeva alla luce dei candelabri. Una luce soffusa si diffondeva nel tempio, accompagnata dal profumo dell’incenso e dalle nenie mormorate a fior di labbra dai fedeli. Dietro l’abside un coro femminile che intonava inni in onore dei Sette. Si elogiavano le qualità della Fanciulla e la comprensione della Madre di fronte ai comuni peccati. Un monito a non perdere la retta via, perché lo Sconosciuto prima o poi avrebbe riscosso il tributo della vita. Conclusa la funzione religiosa, le Septe si allontanarono in rigoroso silenzio. Come ombre, così come erano comparse, osservavano il voto al silenzio. Anche le ancelle si sollevarono dai gradini, dietro lo scanno in legno della loro signora, per abbandonare il tempio in rispettoso silenzio. Era così orgogliosa di chi aveva scelto di seguirla, ancora una volta. Tanto da farla commuovere. Con un cenno della mano intimò al confessore di restare. Si rimise in piedi con lo sguardo fisso verso l’altare. - Ditemi, devoto Septon, com’è possibile comprendere i percorsi che gli Dei tracciano per ognuno di noi e interpretarne i segni? - Come ogni mortale, anche se privilegiata in quanto figlia di un importante Lord della Terra dei Fiumi, a volte si ritrovava a dubitare di se stessa. Non un atto di debolezza, ma un lucido segno di razionalità. La fede a volte era cieca e misteriosa, composta più da domande che da risposte. Eppure la fanciulla di Seagard, alla vigilia del suo arrivo al confine, aveva bisogno di risposte. - Guerre, carestie, stragi. A volte mi chiedo come gli Dei possano permettere tutto questo e se non siano solo strumenti per rammentarci quanto sia effimera e fugace la nostra esistenza in questo Regno. Perché è nell’Oltre dove potremo godere della Luce dei Sette Divini. - Mistero della Fede. Lo aveva sempre accettato come tale e non aveva nessuna intenzione di dubitare. Però si chiedeva se alle porte ci fosse un nuovo conflitto religioso, a cui stavolta non poteva sottrarsi. Rivolse un debole sorriso al Septon, celato dal velo scuro che le copriva il viso. Aveva scelto d’indossare le tuniche delle consorelle per poter onorare della rinnovata ospitalità e donando i suoi gioielli al Convento in riva al fiume. Un atto di somma devozione, un modo per ringraziare la comunità per la nuova ospitalità e rinnovare quel patto di reciproca fiducia tra lei e le somme divinità. La tunica le copriva appena le affusolate dita e lasciavano sbucare i pallidi e piccoli piedi. La chioma ramata era stata raccolta in segno di rispetto, tenuta ferma dal fermaglio che sorreggeva il velo. Al pari di una donna maritata, ormai legata dal sacro vincolo del matrimonio, così la Mallister si mostrava al cospetto delle Divinità. Moglie del Padre, sorella della Madre, discepola della Vecchia, madre della Fanciulla, adepta del Fabbro, amante del Guerriero e vittima dello Sconosciuto. Sciolse l’austera posizione che aveva assunto al cospetto delle Divinità ed andò ad accomodarsi su una delle panche in legno proprio di fronte all’altare. Erano ormai soli. Schiena dritta, mani intrecciate sul grembo e testa alta verso la Stella a Sette Punte. Sfiorava con fervore, tradendo una certa impazienza, i grani del rosario nascosto tra le pieghe della vestaglia. Anche quando l’ultimo fedele abbandonò il tempietto, la Figlia di Lord Jason Mallister indicò la seduta accanto alla sua per invitare il Septon a farle compagnia. - Desidero la vostra compagnia. - Sembrava più un ordine che una vera e propria richiesta. Di certo il confessore della Mallister non poteva venir meno ai propri compiti: Ascoltare, assolvere e guidare.

    Lasciò che la discussione, almeno apparentemente, cadesse nel silenzio. Stringeva con forza i grani della Stella a Sette Punte, l’unico gioiello di cui non si era privata per quel rituale di purificazione, nella speranza di rimanere ancorata alle proprie convinzioni. Ad ogni passo dei cavalli verso il confine il suo cuore perdeva un battito. Una tragedia annunciata, una crisi che avrebbe scosso l’intero Nord in assenza del Lupo. Pensava di essere pronta per sostenere un simile fardello, eppure in quanto donna poteva cadere in errore ed essere terribilmente inadatta a quel compito. Lady Stark-Flint non aveva esitato. Non aveva battuto ciglio. In assenza della Lady di Grande Inverno, novella sposa di Lord Caleb Stark, Lady Josephine Mallister era la più qualificata a poter sedare la rivolta. Il Nord era così libertino, tollerante nei confronti delle donne. Alla corte di Seagard non avrebbe mai potuto intraprendere un simile viaggio o riporre così tanta fiducia nelle mani di un essere imperfetto e fallace come le sussurravano le Septe fin dal primo vagito. Le Lady erano inadatte al comando. Alla corte di Lord Jason Mallister erano relegate nel castello, a svolgere faccende domestiche o gare di ballo e non sventare rivolte o guerre religiose. Temeva che i sentimenti lusinghieri che provava, ogni qualvolta rammentava di essere a capo di una simile spedizione, potessero offuscare il buon giudizio. - Gli uomini e le donne del Nord non si piegheranno mai alla Luce dei Sette Dei. Sono un popolo orgoglioso, guerrafondaio ed ostinatamente legato alle tradizioni. È pur vero che sono onorevoli e dalle grandi risorse… e non mi riferisco a quelle territoriali o economiche. Vivono su una terra ghiacciata, irta di pericoli e con nemici alle porte. - Anche Seagard era minacciata dal mare, lì dove gli Uomini di Ferro progettavano razzie e stupri nei villaggi di umili pescatori. Condivideva l’incapacità di dormire sogni sereni, con la costante ombra dei nemici sul talamo. Terri fertili, popolo pacifico e intimamente legato alle tradizioni. Realtà che rischiavano il conflitto. - I tempi non sono ancora maturi. Il Nord non è ancora capace di accogliere la Luce dei Divini! Per questo dobbiamo mostrarci comprensivi, accoglienti e tolleranti. Arriveranno tempi migliori… qualcosa stà cambiando al Nord. - Accogliere una Tyrell sul seggio di Grande Inverno, tollerare la presenza di altri Credi sul territorio e trattarla con i dovuti riguardi alla Corte del Lupo erano chiari segnali di un cambiamento. Ogni forma di cambiamento era ostacolata, una naturale reazione al divenire. Era però fiduciosa, lieta di poter mantenere la propria Fede e con la promessa di poter diffondere la Luce dei Sette oltre l’Incollatura.

    Tirò un sospiro di sollievo. Poi ispirò profondamente per deliziarsi con il profumo dell’incenso, osservando le luminose candele in onore dei sette altari e nel ricordo degli inni cantati da immacolate voci. Non esistevano ricordi più dolci. Avrebbe diffuso la Legge dei Sette nei confini del Nord e difeso la propria Fede fino a quando avesse avuto respiro. - Le ombre degli Alberi-Diga ostacolano la diffusione della Luce di Sette. Come posso diffondere il vero credo quando ci sono così tanti ostacoli? Mi consigliate la prudenza e lo condivido. Anche il più piccolo gesto può diventare grande quando i tempi saranno maturi? - Elemosina, carità e comprensione. Era ciò di cui il popolo del confine aveva bisogno. Giungere ai confini con una sola delegazione di fedeli ai Sette era una sottile dichiarazione di guerra, per questo aveva coinvolto anche chi accoglieva le ombre del falso credo. Provava biasimo per chi si ostinava a pregare al cospetto degli Alberi-Diga, ma di certo costringerli con la forza ad abbandonare gli Antichi Dei li avrebbe semplicemente resi ostinati e poco inclini al cambiamento. - Del resto mi insegnate: La vera conversione nasce nel cuore dei fedeli. Non con le armi e non con gli editti. -

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    Parole: 1853

    Incipit: Incaricata da Lady Elysa Stark di sedare le rivolte tra Mallister-Flint sui confini dell’Incollatura, Lady Josephine parte con un monopolio di uomini e fedeli di entrambi i Credi (Antichi e Nuovi Dei) per offrire elemosina, ripulire i templi e piantare nuovi Alberi-Diga. Si tratta di un pacifico peregrinaggio da Grande Inverno a Dito della Silice. Un modo per dipanare le differenze culturali e dimostrare ai popolani che è possibile una reciproca tolleranza. Alle porte di Moat Cailin, nei pressi del Fiume delle Febbri la delegazione fa sosta in un convento. Dopo le celebrazioni religiose Josephine si trova sola con il suo confessore per un confronto.

    Richiesta: Durante la Quest mi è stato concesso un PNG Septon che verrà mosso dallo Staff, in quanto è plausibile che una Lady così devota e proveniente da una famiglia tanto attaccata alle tradizioni invii con lei un confessore per provvedere alla salvezza della sua anima e farle da guida spirituale. Richiedo di poter interagire con il Septon, delinearne il rapporto tra i due ed approfondire alcuni conflitti interiori che muovono la mia PG.

    Evento di San Valentino
    6) Planning to achieve = iniziate una semilibera che punti in direzione di uno degli obiettivi che avete stabilito come aspirazione per il vostro pg: Ricompensa: +1 punto parametro SOLO in quella semilibera
  15. .


    ∼ Tempio dei Sette - Maidenpool - Crepuscolo ∼


    I
    l rintocco delle campane annunciava la fine delle celebrazioni. I devoti fedeli si alzarono dai loro inginocchiatoi in religioso silenzio, lasciando offerte ed accendendo candele in onore dei Sette Divini. L’incenso diffondeva nel tempio dedicato alle somme divinità, poste a difesa della Baia dei Granchi anche nei momenti di massimo terrore. Era stata l’incrollabile fede e le encomiabili virtù dei suoi abitanti a rendere Maidenpool il centro di peregrinaggio per molti fedeli, lì dove sorgeva il porto più importante e ricco dopo la caduta Targaryen. Il Leone aveva banchettato con le carcasse del drago, ricacciato il lupo al di là dell’Incollatura ed annientato i velenosi nemici Tyrell. L’Ovest aveva trionfato con il profumo dell’oro e la Terra dei Fiumi era rimasta fedele ai propri principi, dividendo le terre conquistate con i valorosi Lannister. Erano passati decenni dalla rivolta del Leone, eppure i riverberi del suo ruggito ancora raggiungevano le orecchie di ogni viandante o straniero che giungeva a Westeros. Racconti di come l’anziano Leone aveva insediato i propri figli sul trono di Approdo del Re e su come i draghi s’erano estinti con la fine della dinastia Targaryen. Nessun nemico avrebbe più minacciato con fiamme provenienti dal cielo. Una pace ottenuta con oro e sangue, pur sempre una pace che si preannunciava duratura. Casa Mooton prosperava, come non mai. La fertile unione tra la nobile Aquila e il dorato Salmone aveva creato la miglior potenza marittima dell’intero Regno, insieme alla flotta Lannister a Lannisport. Una solida egemonia sul mare, proprio come sulla terra. Una stabilità che giovava al commercio e dissipavano ogni ombra di pestilenze e carestie abbattutesi su Westeros dopo le recenti guerre.

    Lady Mallister-Mooton rendeva grazia per questo. Con la fine di un nuovo giorno e l’arrivo della prossima alba la devota Lady non poteva non ringraziare per i doni che gli Dei le avevano inviato. Mai aveva dubitato della sua strada, nemmeno quando Lord Jason Mallister si era schiarato in favore dei Lannister, insieme ai sovrani di Delta delle Acque. Anche quando la guerra sembrava perduta, Seagard piegata dalla carestia ed assediata dai nemici. La Terra dei Fiumi, così unita per culto e virtù, si era sollevata per rivendicare la propria libertà ed appoggiare il ruggito del Leone. Un miracolo, la benedizione. Alle porte le gloriose celebrazioni per la morte dell’Ultimo Drago, la Lady di Maidenpool restava in ginocchio mentre il tempio si svuotava. C’era chi ammirava la sua devozione, chi la guardava ancora con un po' di diffidenza. Nessuno però poteva mettere in dubbio la bontà d’animo e le virtù della Signora di Maidenpool. Un modello da seguire per le numerose donne della città portuale, un esempio di grazia per le fanciulle e una guida per le madri. Elargiva elemosina, offriva preghiere per i poveri e spezzava il suo stesso pane con chi ne aveva bisogno. - E sia. - Concludeva sempre. I più devoti pensavano che Lady Mallister-Mooton fosse in ascolto con le voci dei Divini. L’unica mortale capace davvero di ascoltarli. La donna si sollevò dall’inginocchiatoio, qualcuno condusse accanto a lei due infanti. Il primo poco più alto della sorella, viso spigoloso e chioma rossiccia. La seconda poco più piccola del fratello, una cascata di rame raccolta in una treccia e con un meraviglioso abito bianco. - Jorath! Isobel! Seguitemi. - La Lady di Maidenpool sfiorò appena le schiene dei due bambini per invitarli a precederla. Un tiepido sorriso sulle labbra per incoraggiare il più timido dei figli, Jorath. Nel frattempo una delle ancelle costringeva Isobel ad indossare il velo e stirare la gonna. - Ricordatevi chi siete. Io non l’ho mai dimenticato! - Anche nei momenti più bui, in cui i Mallister avrebbero potuto voltare le spalle al Leone in favore del Lupo era stato l’orgoglio e l’ostinazione a prevalere. Joseth Mallister regnava a Seagard, sposatosi con una nobildonna dell’Ovest e divenuto uno dei Lord più potenti dell’Occidente. - Non dimenticatevi mai della luce dei Divini. - C’era calore, passione e rimprovero nelle parole. Conosceva i suoi limiti. Non poter rimboccare loro le coperte o trascorrere più tempo del necessario. La Lady di Maidenpool non poteva riposare, conducendo una vita lontana dal proprio sangue. Una completa alienazione dai genitori ed affidati alle cure dei migliori Maestri, Septe o Eruditi dell’intero Regno. Percepiva comunque il loro affetto, attraverso gli occhi dei Sette.

    Poi le porte del tempio si aprirono. Era piccolo, in ruvida ed umile pietra. Nei sotterranei le tombe di chi aveva lottato per la libertà e la gloria di Maidenpool. Nonostante le insistenze del marito, potendo permettersi un Santuario migliore per le preghiere dell’amata moglie, Lady Josephine non aveva ceduto. Desiderava che il luogo di culto fosse umile, riservato ed accessibile ad ogni casta sociale. Dal più povero al più ricco. Del resto tutti avevano il diritto di presentarsi davanti al Dio dai Sette Volti. - … - Poi il rintocco delle campane, che non segnalavano più pericolo. La pioggia di fiori, le odi dei Septon e le acclamazioni della gente. Orgogliosa avanzava, preceduta dall’amato Jorath Mooton e dalla preziosa Isobel Mooton.

    [ … ]



    ∼ Faro - Maidenpool - Mattino ∼


    La fiamma del Faro risplendeva come la luce del mattino. Costantemente alimentata dalla guardia del Faro, era di salvezza per i marinai che rientravano nel porto e di monito per chiunque osasse sconfinare nel Golfo del Granchio. Da quella posizione era facile apprezzare l’intera insenatura del golfo ed osservare le navi militari attraccate al porto. Ne intravedeva le tinte dello stendardo: Una Fanciulla avvolta da immacolate fasce. Saggezza e Forza era ciò che aveva appreso una volta approdata a Maidenpool. Spedita come una preziosa merce, era stata indirizzata ed educata dalle Septe per mesi fino al giorno del matrimonio. Una strategia politica per unire in un’unica grande flotta il Levante ed il Ponente. La nobile Aquila aveva incontrato la tenacia e la forza del Salmone. Un legame che avrebbe conferito ulteriore stabilità ad una terra che basava la propria forza su onore e tradizione. Ne aveva studiato le usanze, appreso le danze e conosciute le tradizioni. Innamorata di Maidenpool al primo sguardo. Una città portuale fondata su un altopiano roccioso a strapiombo sul mare. Una roccaforte impenetrabile ed una forza bellica senza eguali. Minime le differenze e calda l’accoglienza. Aveva avvertito l’affetto dei sudditi Mooton fin da subito. Mai freddezza, o altezzosa diffidenza. Inoltre il suo arrivo era stato benedetto con una lunga e sentita celebrazione religiosa.

    La convivenza con il promesso sposo era stata difficile, almeno all’inizio. L’uno non provava nulla per l’altro. Un unione studiata a tavolino per il bene dei due feudi e per accrescere le relative ricchezze. Non c’era nulla di romantico, ma solo gentil amor cortese. Un serrato corteggiamento con lettere e doni prima del suo arrivo, probabilmente spediti dai diplomatici di Lord William Mooton per ingraziarsi l’approvazione del fratello, e poi un sontuoso matrimonio fatto di tradizione e intrattenimento. L’intera Maidenpool prese parte ai festeggiamenti per lunghi giorni. Nonostante lo sfarzo, la gioia sui visi delle persone e l’approvazione dei nobili genitori si ritrovò comunque uno sconosciuto al talamo nuziale. Una muta accettazione all’inizio per poi far germogliare l’affetto. Con il passare degli anni e le diverse gravidanze, non tutte portate a termine con letizia, si era tramutato in una matura e serena complicità. Ognuno conosceva il proprio ruolo e le rare dimostrazioni d’affetto avvenivano spesso negli alloggi privati, come conveniva in una famiglia nobiliare.

    Tutto sommato, osservando l’astro che emergeva dalle acque, poteva capitarle una sorte peggiore. Tra i suoi peggiori incubi della giovinezza era il dover sposare un bruto, o peggio essere spedita in una remota fortezza del Nord come ostaggio. Oppure piegarsi al nemico per assicurare la sopravvivenza dell’Aquila di Seagard e rivendicare i propri diritti nella corte di uno sconosciuto. Tremava al solo pensiero. Poteva godere della compagnia di due meravigliosi figli, nonostante versasse ancora lacrime sui sepolcri di quelli morti, dell’affetto di un mite e paziente marito e della devozione di un intero popolo. Non poteva chiedere di meglio per sé, osservando la meravigliosa Maidenpool che risplendeva sotto l’oro dell’Alba.

    - Lady Josephine Mallister-Mooton, Lady di Maidenpool. - Lo ripeteva ad ogni alba, quasi temendo di dimenticare chi fosse.

    [ … ]



    ∼ Stanze di Josephine Mallister - Grande Inverno - Notte fonda ∼


    Riaprì gli occhi di soprassalto, madida di sudore. Vittima ancora una volta delle febbri, per via dell’ambiente poco salubre e del gelo del Nord. Relegata a letto per la cagionevole salute ormai da giorni. Nemmeno le bevande ricostituenti di Maestro Edmund sembravano tenere a bada i malanni. Il Maestro di Grande Inverno le aveva fatto recapitare nei suoi alloggi una tisana capace di abbassare la temperatura corporea. Le era stata somministrata con cura dalle devote ed attente ancelle, che la stavano assistendo fino a notte fonda. L’improvvisa ripresa della figlia di Lord Jason Mallister fece tirare un sospiro di sollievo alle ancelle, che mormoravano di gioia intorno al baldacchino. Alcune di loro si misero a pregare, avevano temuto il peggio durante i deliri della febbre.

    Per Lady Josephine fu un terribile risveglio. Era davvero prigioniera in un remoto castello del Nord.

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    Parole: 1528

    Evento di San Valentino!
    12) What if nel what if = fate una libera in cui il vostro pg sogna/immagina quel che sarebbe accaduto nella sua vita se qualcosa non fosse andato come poi invece è andato. Ricompensa: anche se è una libera, riceverete +1 punto parametro tra le ricompense.
28 replies since 8/3/2018
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